Il capitolo 13 - Il Pensiero Scientifico Editore

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Problemi nutrizionali negli anziani
EUGENIO DEL TOMA, ANNA SANTANOCITA
• Il progressivo declino del metabolismo basale e le modifiche della composizione corporea
che accompagnano il processo di invecchiamento non impongono drastici cambiamenti
nelle abitudini alimentari dei soggetti anziani sani, quanto un adeguamento quantitativo
sulla base delle ridotte richieste di base. Al contempo, il frequente riscontro di carenze
vitaminico-minerali impone la necessità di variare il più possibile la dieta e “correggere”
tecniche di cottura e conservazione dei cibi incongrue.
• Per fronteggiare una patologia cronica e multifattoriale come l’osteoporosi il ruolo
“preventivo” di una dieta ricca di calcio rimane fondamentale e, anche se adottata
tardivamente, resta un impegno irrinunciabile nella terza età.
L’invecchiamento della popolazione
In Italia, gli ultrasessantacinquenni sono ormai quasi il 20% della popolazione. L’aumento della vita media e la speranza di poter migliorare ulteriormente sia la longevità
sia la qualità della vita degli anziani hanno
fatto convergere un grande interesse scientifico e medico-sociale sui fenomeni che
condizionano l’invecchiamento. In particolare, è stata data una crescente e giustificata importanza al comportamento alimentare per le implicazioni fisiopatologiche insite
nella carenza o nell’eccesso abituale di alcuni nutrienti.
Non abbiamo ancora dati sufficienti per
concludere trionfalisticamente che le iniziative volte a correggere certe forzature alimentari, ormai tipiche delle diete occidentali (eccesso di energia, di lipidi, di acidi grassi saturi e di colesterolo) abbiano lo stesso
riscontro sulla morbilità e mortalità che in
passato ha avuto la correzione della malnutrizione proteico-calorica e delle endemiche
carenze vitaminico-minerali. Tuttavia, una
serie crescente di studi trasversali e longitudinali su gruppi sempre più numerosi di popolazione testimonia indiscutibilmente i
vantaggi di un’alimentazione equilibrata per
quantità e varietà di nutrienti.
Malgrado la pletorica ma poco consistente letteratura sugli adattamenti nutrizionali dell’anziano, non disponiamo, però,
di dati scientifici esaurienti o di una griglia
di riferimento dei nutrienti diversificata per
fasce di età, dal momento che non è realistico accomunare soggetti pre-senili, tra i
60 e i 70 anni, con gli ultraottantenni. Al riguardo, anche le raccomandazioni dei
LARN per l’energia sono opinabili mentre
sono accettabili l’aumento proposto per calcio e fosforo (1 g/die) e qualche ritocco, in
diminuzione, per zinco, tiamina, riboflavina,
niacina e vitamina B6.
MANCANZA DI PARAMETRI CERTI
L’insufficienza dei parametri rappresentativi dello stato nutrizionale proviene anche
dal fatto che la presenza in circolo di un
qualsiasi nutriente non testimonia, negli
anziani, l’effettiva sufficienza funzionale. Il
trasporto, la migrazione intracellulare e
l’incorporazione enzimatica di una vitamina possono risultare compromesse e quindi
carenti nell’anziano indipendentemente
dal normale apporto alimentare e dalla
constatazione che il tasso circolante rientri
nella fascia di oscillazione consentita per
l’adulto.
147
Sobrietà e varietà
alimentare rientrano
nelle abitudini dei longevi
P R E V E N Z I O N E
L’anziano sano deve
solo adeguare le
porzioni senza cambiare
il suo stile alimentare
L’eccessiva sedentarietà
condiziona le scelte
alimentari degli anziani
E
T E R A P I A
Se quindi le conoscenze attuali sulle necessità degli anziani o sulla presunta normalità permangono insoddisfacenti – almeno
rispetto a quanto si conosce per l’età evolutiva e per l’età adulta – non è ragionevole
profetizzare su limitazioni o rinunce da imporre con un’autorevolezza che tuttora poggia più sull’empirismo o sulle ipotesi epidemiologiche che non sui riscontri scientifici.
In realtà, allo stato attuale delle conoscenze, si può convenire che l’anziano sano
e fisicamente attivo non ha motivo di cambiare le sue abitudini alimentari, ma semmai di adeguarle, quantitativamente, alle ridotte richieste di base (soprattutto per la
perdita di massa magra) e quindi al minor
costo energetico dei consumi vitali. Soltanto la forzata sedentarietà o la lesione anatomica o funzionale di singoli organi richiedono degli accorgimenti dietetici qualitativi
che la moderna Scienza dell’Alimentazione
sta imparando a dosare, non soltanto sotto
l’aspetto biochimico, ma anche ad umanizzare, nel maggior rispetto possibile dell’individualità e dei gusti del singolo paziente.
Orientando meglio le scelte alimentari
dei giovani si possono gettare le basi per una
longevità che non dovrà essere pagata con
una serie di rinunce o di proibizioni alimentari ma soltanto con una varietà programmata, con scelte compensatorie che assicurino il mantenimento del giusto peso corporeo nonché l’equilibrio percentuale tra i
nutrienti plastico-energetici e la costante
presenza degli elementi bioregolatori.
I problemi nutrizionali, quando realmente esistono, finiscono per assumere una
particolare complessità negli anziani, sia
per un’obiettiva difficoltà di attuare le direttive dietetiche, sia per le ridotte possibilità
biologiche di adattamento e di compenso
funzionale di cui dispongono i più anziani.
Stato di nutrizione e fabbisogno
energetico
La composizione corporea dell’anziano risente di una serie di cambiamenti fisiologi-
148
D I E T E T I C A
ci, tra cui l’aumento del tessuto adiposo
(con localizzazione prevalentemente addominale) e la diminuzione sia del volume plasmatico e dell’acqua corporea, sia delle
masse muscolari (comprovata dalla ridotta
escrezione urinaria di creatinina e di metilistidina) (tabella 13.1).
Tabella 13.1 - VARIAZIONI DELLA
COMPOSIZIONE CORPOREA DEGLI ANZIANI
Tessuto adiposo
Muscoli scheletrici
Volume plasmatico
Acqua corporea totale
Acqua extracellulare
+ 35%
– 40%
– 8%
– 17%
– 40%
Come diretta conseguenza della diminuzione della massa protoplasmatica attiva, si
osserva negli anziani una proporzionale riduzione del costo energetico del metabolismo basale.
A questa riduzione, relativamente modesta per fasce progressive di età (del 7-8%
dai 50 ai 70 anni, e del 7-10% tra i 70 e gli 80
anni) ma assai prossima al 30-40% rispetto
ad un giovane adulto, va aggiunto il progressivo declino dell’attività fisica volontaria che si traduce percentualmente in una
caduta di spesa energetica ancora più sensibile (figure 13.1 e 13.2).
In sostanza le diminuite necessità energetiche dell’anziano hanno come causa predominante la sedentarietà o peggio la forzata limitazione del movimento a cui gli anziani possono essere costretti da molteplici
patologie; pertanto, non è realistico stabilire quali possano essere i consumi medi degli anziani, data l’entità dello scostamento
che si può riscontrare, anche in una ristretta fascia di età, tra un anziano attivo ed un
coetaneo che vive tra il letto e la poltrona.
Il riferimento generico alle necessità
energetiche fornite dai LARN per gli anziani o le indicazioni annesse alle lineeguida non sono destinate al singolo soggetto ma a delle collettività di anziani e
P r o b l e m i
n u t r i z i o n a l i
n = 13
3000
n = 33
n = 39
n e g l i
n = 34
a n z i a n i
n = 35
13
FIGURA 13.1
n = 13
Bilancio energetico nei
maschi dai 30 agli 80 anni
di età (da: Del Toma E.
Dietoterapia
e Nutrizione clinica, 1995)
2500
2000
1166
982
950
928
640
1500
2716
2612
2415
2259
2280
2006
1000
1636
1545
1564
1468
1428
1374
500
0
30
40
50
Età (anni)
Spesa energetica
60
70
Introito totale
80
MB (cal X 24 ore)
3000
= Introito energetico totale
2800
= Spesa per MB/die
2600
= Spesa per attività energetica/die
2400
2200
Calorie/24 ore
Calorie/24 ore
1175
2000
1800
1600
1400
1200
1000
800
600
FIGURA 13.2
28
40
50
60
70
Introito e spesa
energetica in maschi sani
(da: Del Toma E.
Dietoterapia e
Nutrizione clinica, 1995)
80
Età (anni)
149
P R E V E N Z I O N E
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T E R A P I A
perciò sono utili per l’elaborazione di diete per case di cura o di riposo destinate
agli anziani (tabella 13.2).
Tabella 13.2 - APPORTO GIORNALIERO MEDIO
DI KCAL
ETÀ
60-74 anni
75 anni
UOMO
DONNA
1900-2250 kcal
1700-1950 kcal
1600-1900 kcal
1500-1750 kcal
Il mantenimento dell’equilibrio ponderale
rappresenta un traguardo sempre consigliabile, ma da perseguire con un impegno meno
drastico di quello che si deve pretendere nel
caso di soggetti più giovani. Con il trascorrere degli anni una modica eccedenza di peso
può essere tollerata, secondo le più recenti
evidenze epidemiologiche, purché non coesistano situazioni patologiche che richiedono
obbligatoriamente la riduzione dell’eccesso
ponderale, come l’ipertensione, il diabete
non insulino-dipendente in soggetti obesi, le
iperlipidemie o l’insufficienza respiratoria.
Tuttora non disponiamo di statistiche
sufficientemente rappresentative dello stato di nutrizione degli anziani in Italia. La
malnutrizione proteico-calorica non è risultata particolarmente frequente, ma è stato
riscontrato, invece, il deficit di uno o più
nutrienti (soprattutto calcio, ferro, zinco e
singole vitamine). La prevalenza del sovrappeso è sorprendentemente elevata, sia
a livello nazionale che regionale.
Fabbisogno proteico
Per l’anziano occorrono
quantitativi di proteine
pari a 0,80-1 g/kg
Il fabbisogno proteico degli anziani è un
problema tuttora controverso. La quantità
di proteine da introdurre con l’alimentazione sembrerebbe intuitivamente inferiore a
quella stimata per un giovane adulto, dato
che il pool proteico dell’organismo si riduce
con l’età ed il turnover è più lento.
In realtà gli studi sul bilancio azotato e la
frequenza con cui si riscontra ipoalbumine-
150
D I E T E T I C A
mia denotano la necessità di mantenere introiti analoghi a quelli dell’adulto o almeno
tra 0,80 e 1 g per kg/peso, anche in caso di
una modesta iperazotemia (le raccomandazioni delle RDA americane presuppongono
che 0,75 g per kg/peso coprano già il fabbisogno del 97% della popolazione).
Numerose osservazioni sperimentali documentano che gli apporti, sia eccessivi sia
insufficienti, della quota proteica influenzano negativamente il bilancio del calcio. È
noto che le diete iperproteiche si associano
ad ipercalciuria e ad iper-paratiroidismo
con inibizione del riassorbimento renale del
calcio. D’altra parte, esistono osservazioni
recenti sul fatto che la normalizzazione dell’apporto proteico può migliorare non soltanto l’evoluzione clinica delle fratture ma
anche il bilancio del calcio nella osteoporosi senile.
Quota lipidica e ipercolesterolemia
Una prima interpretazione dei dati di Framingham aveva sminuito l’importanza dell’ipercolesterolemia negli ultrasessantacinquenni,
ma l’acquisizione di altri dati longitudinali e la
pubblicazione di nuovi studi confermano che
la riduzione dei livelli di LDL-colesterolo è
vantaggiosa anche negli anziani.
I livelli di colesterolo tendono comunque
a stabilizzarsi dopo i 60 anni per l’uomo e i
70 per le donne.
L’aliquota di calorie da lipidi non dovrebbe essere diversa da quella già raccomandata per gli adulti; cioè non più del 30%, con
netta prevalenza per gli acidi grassi monoinsaturi, e non più del 7-8% ciascuno per
i saturi e per i polinsaturi.
L’olio extravergine di oliva trova una collocazione ideale nella dieta dell’anziano per
la ricchezza di vitamina E e di antiossidanti
naturali; va ricordata anche l’opportunità di
assumere qualche porzione settimanale di
pesce (pesce azzurro, trote e salmonidi) come fonte naturale di acidi grassi della serie
ω3 e in particolare di EPA e DHA (vedi Ca-
P r o b l e m i
n u t r i z i o n a l i
pitolo 1) la cui derivazione dall’acido linolenico risulta spesso insufficiente per l’accertato declino funzionale enzimatico, in particolare della delta-6-desaturasi.
Carboidrati semplici e complessi,
ridotta tolleranza glicidica
Una volta fissato il 10-15% di calorie da protidi ed il 25-30% da lipidi, è evidente che ai
carboidrati compete il 50-60%, salvo un 710% di energia da etanolo che, da caso a caso, potrebbe essere concesso agli anziani
che abbiano sempre avuto l’abitudine di bere vino o birra.
Un argomento di grande interesse riguarda l’aliquota di zuccheri semplici o la
preferenza da assegnare agli alimenti con
più basso indice glicemico, a causa della
grande frequenza con cui si manifestano,
nell’invecchiamento, le alterazioni del metabolismo glicidico e una ridotta sensibilità
periferica all’insulina.
Oltre i 65 anni di età, la prevalenza del
diabete sarebbe pari al 9%, mentre un ulteriore 9% degli anziani sarebbe affetto da ridotta tolleranza glicidica.
È stato dimostrato da Reaven che in un
gruppo di diabetici ultrasessantacinquenni
obesi, con glicemie a digiuno superiori a
200 mg/dl, messi a dieta ipocalorica (1550
kcal) fino a perdere il 10% del peso di partenza, si registravano miglioramenti sorprendenti assai prima di raggiungere il peso
ideale. Negli anziani in forte sovrappeso anche il bersaglio parziale di una modesta riduzione ponderale può dare risposte utili,
senza stravolgimenti controproducenti delle abitudini alimentari.
Pur non dovendo sopravvalutare un modesto rialzo della glicemia a digiuno o sotto
carico nell’età più avanzata, sarà comunque
opportuno mantenere l’aliquota giornaliera
di zuccheri semplici al di sotto del 10-15%
delle calorie totali, con l’avvertenza di sconsigliare l’assunzione di bevande dolci o dolcificate lontano dai pasti, quando manca l’a-
n e g l i
a n z i a n i
13
zione modulante degli altri nutrienti sull’assorbimento. Sarà prudente utilizzare l’aspartame o altri sostituti dello zucchero, in
modo da lasciare più campo, nell’aliquota
del 10%, a qualche dolce da forno, da consumare nella prima colazione e agli zuccheri semplici della frutta e del latte.
Fabbisogno di liquidi
L’equilibrio del bilancio idrico è particolarmente importante per l’omeostasi degli anziani e richiede un attento monitoraggio,
soprattutto in caso di malattia renale. La
necessità giornaliera di liquidi è mediamente di 1 ml/kcal o di 30 ml/kg di peso corporeo, ma va tenuto conto anche del ricorso
troppo frequente ai diuretici da parte degli
anziani. Inoltre, il segnale della sete, in risposta alla disidratazione, sembra meno
pronto e meno intenso rispetto ai giovani; è
un’osservazione diffusa che gli anziani bevono nella giornata meno di quanto sembrerebbe opportuno per loro.
Fabbisogno vitaminico-minerale
Le carenze che più frequentemente ricorrono nelle inchieste sullo stato nutrizionale
degli anziani riguardano le vitamine A e C,
l’acido folico, il ferro e il calcio. Anche l’introito proteico tende a decrescere pur senza arrivare alla malnutrizione proteica conclamata.
Ferro-Luzzi et al. hanno riscontrato, nel
6-13% di un campione di anziani, valori inferiori al 75% di quanto raccomandato dai
LARN per energia, proteine, vitamina C e
calcio; nel 14-22% per ferro, B1 e B2; nel
49% per vitamina A. La prevalenza del deficit di ferro è risultata più alta (36%) in altri
studi, più recenti.
Negli anziani è frequente il riscontro di
carenze da errori alimentari, da mancanza
di varietà nella scelta dei cibi, da limitazioni
dovute a protesi dentarie inadatte, da tecni-
151
Gli anziani sono
più esposti ai pericoli
della disidratazione
Per gli anziani
diabetici obesi
anche un dimagrimento
di pochi chili può dare
vantaggi sorprendenti
P R E V E N Z I O N E
La longevità ha
premesse genetiche
ma si realizza al meglio
quando si associano
sobrietà alimentare
e adeguata attività fisica
Un uso eccessivo
di crusca e di fibre
può interferire
con l’assorbimento
di vitamine e minerali
E
T E R A P I A
che di cottura incongrue (cottura prolungata in molta acqua, riscaldamenti ripetuti
delle porzioni avanzate, uso di temperature
eccessivamente alte, ecc.).
Diverse funzioni digestive risultano meno efficienti nella senescenza ma se non intervengono eventi patologici le riserve funzionali garantiscono comunque un sufficiente assorbimento di macro e micronutrienti.
Un’esagerata introduzione di fibre alimentari può contribuire, invece, all’insorgenza di
specifiche carenze, non tanto per un improbabile eccesso di introduzione con gli alimenti ma per l’autoprescrizione di prodotti
dietetici a base di crusca, nella speranza di
attivare la ridotta motilità dell’intestino e di
fronteggiare l’abituale stipsi. Anche i farmaci, che gli anziani sono spesso costretti ad
assumere in gran copia e cronicamente,
possono interferire con l’assorbimento di vitamine e di minerali.
Il frazionamento dei pasti
È un consiglio banale ma sempre utile
perché l’abitudine di molti anziani di accentrare su uno o due soli pasti il fabbisogno
alimentare giornaliero è dannoso per una
serie di fattori, tra cui l’impegno digestivo,
l’elevazione dei valori ematici (glicemia, lipemia, trigliceridemia), il sovraccarico cardiorespiratorio.
Invecchiamento e radicali liberi:
lo stress ossidativo
Per quanto sia arbitrario collegare il cosiddetto “invecchiamento” o senescenza ad
una precisa età anagrafica, per lo più si considera il limite dei 65 anni come inizio convenzionale della senilità.
È innegabile, tuttavia, che già tra i 40 e i
50 anni di età compaiono modificazioni
obiettive della composizione e della funzionalità corporea (diminuzione del tessuto
muscolare, aumento della massa grassa, in-
152
D I E T E T I C A
debolimento della vista, dell’udito e di altri
organi e sistemi).
Il co-fattore genetico, certamente importante, si combina nella vita di ognuno
con tutta una serie di altri fattori, positivi
o negativi, in grado di esercitare complessivamente un’influenza perfino superiore
a quella del marchio di fabbrica genetico.
Sul piano epidemiologico, sperimentale e
clinico, la teoria della “restrizione calorica” ha trovato dei convinti sostenitori, ancor prima che si approfondissero gli studi
sui radicali liberi o meglio sullo stress ossidativo.
La teoria della restrizione calorica si basa, in estrema sintesi, sul fatto che un apporto calorico-alimentare ridotto (ma non
così scarso da creare malnutrizione) garantisce negli animali da laboratorio e spesso
nell’uomo un aumento della vita media, verosimilmente per la riduzione dello stress
ossidativo. Lo stress ossidativo è dovuto ad
uno sbilanciamento tra produzione di radicali liberi e difese antiossidanti endogene o
esogene, subordinate al tipo di alimentazione.
Senza addentrarci in disquisizioni teoriche, inappropriate in questa sede, possiamo
convenire che il sovrappeso (ancor di più
l’obesità) ed il fumo di sigaretta sono fattori negativi per la longevità, mentre un metodico grado di attività fisica, prevalentemente aerobica, è un fattore positivo.
Del resto la combinazione esercizio fisico aerobico e dieta equilibrata-normocalorica comporta naturalmente sia il mantenimento del peso ideale che degli indici lipidici, secondo le risultanze più attendibili della
ricerca scientifica (LiGIO’99). Una volta accettato il principio che una dieta frugale ma
ricca di antiossidanti naturali può aiutare a
fronteggiare meglio lo stress ossidativo del
vivere è logico che la medicina moderna
raccomandi a tutti, ma in particolare agli
anziani, delle diete ricche di verdure e frutta e povere di grassi.
P r o b l e m i
n u t r i z i o n a l i
Osteoporosi e apporti privilegiati
di calcio
Quei progressi della medicina che hanno
aggiunto molti anni alla “spettanza di vita”
hanno posto in risalto anche i problemi legati all’invecchiamento ed in particolare il
maggior rischio di malattie croniche e di invalidità che incombe sui soggetti anziani.
L’osteoporosi, ovvero la progressiva demineralizzazione dello scheletro, oltre ad essere un retaggio tipico della terza e quarta
età, coinvolge anche il periodo menopausale
femminile con delle conseguenze patologiche di notevole rilevanza medico-sociale.
Peraltro, in Italia la popolazione anziana è
caratterizzata dalla prevalenza del sesso
femminile.
Fra le molte definizioni possibili dell’osteoporosi riportiamo quella formulata dagli esperti dell’OMS: “L’osteoporosi è una
malattia caratterizzata da ridotta densità
della massa ossea e da alterazione microstrutturale del tessuto osseo, responsabili
di una incrementata fragilità dello stesso e
di un conseguente aumento del rischio di
fratture”.
L’espressione clinica dell’osteoporosi si
manifesta, infatti, con le fratture ed in particolare con le fratture femorali e vertebrali. Si tratta di eventi addebitabili a traumi
anche modesti, talvolta al limite della frattura “spontanea”.
Nei Paesi a più alto sviluppo, dove maggiore è la speranza di vita, l’osteoporosi sta
diventando un problema di sanità pubblica,
n e g l i
a n z i a n i
13
a causa della morbilità, della mortalità e
dell’alto costo sociale delle fratture ad essa
associate.
EZIOPATOGENESI MULTIFATTORIALE
DELL’OSTEOPOROSI SENILE
Fino a pochi decenni fa l’osteoporosi è stata accettata con rassegnazione quasi fatalistica come un portato inevitabile dell’invecchiamento, un tributo da pagare all’allungamento della vita media. Se questo è in
gran parte vero è altrettanto certo che migliorando il grado di conoscenza e quindi di
responsabilizzazione dei cittadini, in modo
da coinvolgerli più direttamente nella prevenzione, si possono ridurre o ritardare notevolmente gli eventi più dolorosi e invalidanti.
Dalle ricerche degli ultimi anni scaturisce, tuttavia, la certezza che per fronteggiare una patologia cronica e multifattoriale, come l’osteoporosi, occorra un impegno multidisciplinare ed il coinvolgimento
di più specialisti – compresi i dietisti – per
anticipare i tempi di alcuni interventi che
non possono essere rimandati al geriatra.
Il fabbisogno e la biodisponibilità del calcio restano comunque un punto fondamentale per la prevenzione (tabella 13.3)
sia pure entro la cornice di uno stile di vita adeguato.
Il latte e i suoi derivati coprono, nei Paesi europei, quasi i due terzi della quota di
calcio raccomandata dagli esperti. Quando
per una vera (o presunta!) intolleranza al
Tabella 13.3 - FABBISOGNO DI CALCIO E QUANTITÀ DI LATTE PER COPRIRNE UN TERZO
FASCE
DI ETÀ
10-30
31-60
oltre 60
Gravidanza
Allattamento
Menopausa
FABBISOGNO GIORNALIERO DI CA
(LARN REV. 1996)
1000 mg
800 mg
1000 mg
1200 mg
1200 mg
1200-1500 mg
QUANTITÀ
DI LATTE CHE COPRE
UN TERZO DEL FABBISOGNO
385 ml
310 ml
385 ml
465 ml
465 ml
580 ml
153
L’osteoporosi senile
può essere contenuta
e ritardata migliorando
alimentazione
e stile di vita
P R E V E N Z I O N E
È necessario prevenire
l’effetto decalcificante
della menopausa
e dell’invecchiamento
con maggiore apporto
di calcio
Ereditarietà, esercizio
fisico e alimentazione
ricca di calcio
condizionano il destino
dello scheletro osseo
E
T E R A P I A
lattosio si escludono questi alimenti, non è
facile capitalizzare nella dieta quel grammo
di calcio giornaliero che i LARN assegnano
agli anziani (tabella 13.4).
Sappiamo ormai quanto sia utile la supervisione del pediatra sui possibili e frequenti errori nutrizionali dei ragazzi, proprio negli anni in cui si gioca anche la futura robustezza dell’osso, garantita dalla
massima acquisizione possibile di calcio
negli anni giovanili (“picco osseo”), e sappiamo anche quale grave pericolo rappresentano, per il futuro dello scheletro, i disturbi del comportamento alimentare (ovviamente l’anoressia nervosa) e la
magrezza (IMC inferiore a 18,5), sia per
l’intake di calcio, sia per l’ipofunzione ormonale secondaria.
Pediatra, ginecologo, internista, psicologo
e dietisti, devono collaborare, al di là delle loro competenze specialistiche, nel prospettare ai pazienti i danni anche irreversibili del
deficit nutrizionale, non di rado aggravato da
un cattivo stile di vita (tabella 13.5).
Si ritiene che l’effetto combinato della menopausa e dell’invecchiamento
porti mediamente ad una riduzione del
20-25% della capacità di assorbimento e
di deposizione del calcio nelle donne di
età compresa fra i 40-60 anni. Comunque,
la perdita di calcio è massima nei primi
cinque anni che seguono la menopausa fisiologica ed un eventuale sostegno ormonale, per la prevenzione dell’osteoporosi
femminile, risulterà più vantaggioso nell’immediato post-menopausa.
D I E T E T I C A
Tabella 13.5 - AGGRAVANTI DEL RISCHIO
OSTEOPOROTICO
• Abitudini alimentari incongrue (diete iper o ipoproteiche, scarso apporto di calcio, eccesso di sodio, di cola, di caffè, ecc.)
• Stile di vita (tabagismo, alcolismo, eccessiva sedentarietà)
• Ridotta esposizione ai raggi solari
• Menopausa precoce o chirurgica
• Ipogonadismo primario
• Terapie farmacologiche osteopenizzanti (corticosteroidi, immunosoppressori, ecc.)
L’ATTIVITÀ FISICA
Un doveroso accenno va fatto all’attività fisica che tutti gli specialisti reputano ormai
utilissima, soprattutto quando praticata
lungo tutto l’arco della vita. Non importa
quale attività fisica (camminare mezz’ora
tutti i giorni è già una prevenzione adeguata), perché uno stile di vita fisicamente attivo è più importante del tipo specifico di
esercizio. È ovvio che l’esercizio fisico abituale sarà tanto più utile per lo scheletro in
rapporto alla disponibilità alimentare di
calcio.
La triade “ereditarietà, esercizio fisico,
alimentazione” domina dunque il destino
delle nostre ossa. I fattori genetici influiscono molto, soprattutto nel periodo giovanile
di raggiungimento del picco osseo, ma – per
ora – l’attività fisica e l’apporto di calcio alimentare (due aspetti fondamentali dello
stile di vita) sono gli elementi meglio controllabili da chiunque.
Tabella 13.4 - QUALI E QUANTI ALIMENTI PER TOTALIZZARE 1 g DI CALCIO
Latte o yogurt
Formaggio da condimento
Formaggio stagionato da tavola
Pesce e carne
Pasta (90 g) e pane (100 g)
Legumi secchi
Verdure
Acqua
Totale
154
una tazza da 140 ml o un vasetto
due cucchiaini da 5 g
una porzione da 50 g
una porzione da ristorante
una porzione (50 g)
Ca poco utilizzabile
a seconda delle caratteristiche minerali
140 mg Ca
115 mg Ca
580 mg Ca
30 mg Ca
40 mg Ca
75 mg Ca
980 mg Ca
P r o b l e m i
n u t r i z i o n a l i
n e g l i
a n z i a n i
13
La sostanza che chiamiamo vitamina D,
e che dovremmo chiamare più correttamente “ormone” anziché vitamina, ha un
ruolo importante nel sistema di regolazione
del calcio. Il calcio infatti può essere assorbito con un meccanismo di trasporto attivo
o con la diffusione passiva. In carenza di vitamina D, oppure quando manca la possibilità di esporsi ai raggi solari – come spesso
avviene negli anziani – si riduce la capacità
di adattamento ad una dieta povera di calcio: se la moda dell’abbronzatura ha i suoi
pericoli anche la non esposizione al sole ha
i suoi svantaggi.
Fa parte dello stile di vita anche la consapevolezza del valore protettivo della diagnosi precoce, tanto più nell’osteoporosi dove il
momento rivelatore è troppo spesso la prima frattura; senza contare che non poche
fratture da compressione della colonna vertebrale passano inosservate (magari scambiate per fastidi artrosici) e vengono diagnosticate solo a posteriori in occasione di qualche accertamento radiologico. Purtroppo
sono ancora poche le donne che attivano
una verifica preventiva innocua e preziosa
come la mineralometria in condizioni di benessere.
In conclusione, si può convenire che
pur nella molteplicità delle concause favorenti, la nutrizione ha un ruolo non
secondario nella comparsa e nel decorso
dell’osteoporosi, se non altro per l’innocuità e i vantaggi preventivi di un trattamento dietetico adeguato.
preferenze o alle avversioni dei pazienti
per alcuni cibi. Sarà l’esperienza ed il
buonsenso dei dietisti a sfumare alcune
rigidità concettuali per guadagnare la
compliance dei pazienti sui capisaldi della
dieta stessa.
In modo generale le linee-guida dell’INRAN elencano alcune generiche ma non banali raccomandazioni che riportiamo nella
tabella 13.6.
Massima personalizzazione
degli schemi dietetici
Da: Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana. INRAN, 2003
La prescrizione di una dieta, per quanto
assoggettata ai principi teorici relativi alla fisiologia degli anziani e all’eventuale
patologia di base, è sempre un atto da
perfezionare in base ai dati raccolti nell’anamnesi alimentare, alle abitudini, alle
Sommario
Tabella 13.6 - RACCOMANDAZIONI
LINEE-GUIDA INRAN
• Sforzati di consumare sistematicamente una dieta variata e appetibile
• Evita il ricorso troppo frequente a pasti freddi, piatti
precucinati o riscaldati
• Scegli gli alimenti sulla base delle condizioni del tuo apparato masticatorio, anche per facilitare i processi digestivi che nell’anziano sono meno efficienti, e preparali in modo adeguato come ad esempio: tritare le carni, grattugiare o schiacciare frutta ben matura,
preparare minestre, purea e frullati, scegliere un pane
morbido o ammorbidito in un liquido, ecc.
• Evita pasti pesanti e fraziona l’alimentazione in più occasioni nell’arco della giornata
• Fai una buona prima colazione comprendente anche
latte o yogurt
• Conserva un peso corporeo accettabile, continuando a
mantenere, se possibile, un buon livello di attività motoria ed evitando di abusare di condimenti grassi e di
dolci
• Riduci i grassi animali, scegli frequentemente il pesce
e le carni alternative (pollo, tacchino, coniglio, ecc.),
non esagerare con i formaggi
• Consuma spesso legumi, frutta e ortaggi freschi
• Bevi frequentemente acqua nel corso della giornata,
anche prima di avvertire lo stimolo della sete che nell’anziano diventa meno pronto e sensibile
• Non esagerare con il consumo di bevande alcoliche e
con l’aggiunta di sale da cucina
I concetti fondamentali a cui si ispirano le
raccomandazioni dietetiche per gli anziani
sani non differiscono da quegli stessi principi che regolano la dieta dell’adulto. La
155
P R E V E N Z I O N E
E
T E R A P I A
vera diversità sta nell’adeguamento quantitativo della dieta rispetto al progressivo
declino del metabolismo di base e ancor di
più in caso di crescente o forzata sedentarietà. In nessun’altra fascia di età si riscontrano, tra coetanei, differenze così importanti come negli anziani e di ciò va tenuto
conto per personalizzare al massimo i consigli dietetici.
Alcuni traguardi preventivi della moderna dietologia sono ovviamente perduti o
meno raggiungibili se adottati tardivamente ma restano comunque un impegno irrinunciabile nella terza età (ad esempio, l’introito di calcio nei confronti dell’osteoporosi o la riduzione di sodio per gli ipertesi).
Talvolta la dieta rappresenta il mezzo elettivo per contrastare delle affezioni quasi
abituali nella vecchiaia senza dover eccedere nel ricorso ai farmaci. Anche il prezioso apporto di calcio va inquadrato in un’alimentazione pur sempre rispettosa degli
equilibri necessari nell’apporto energetico
complessivo o nel rispetto del fabbisogno
proteico, fermo restando il valore dello stile di vita di cui l’alimentazione è solo un
aspetto.
Infine, l’anziano sano deve poter sedere
alla stessa tavola dei suoi familiari utilizzando gli stessi alimenti, possibilmente variati e
senza piatti particolari (salvo per poche
diete speciali) ma soltanto con porzioni ragionevolmente ridotte e adeguate al suo
personale fabbisogno energetico.
156
D I E T E T I C A
Autovalutazione
• Quali variazioni nella composizione corporea dell’anziano incidono sul suo MB?
• Il fabbisogno proteico degli anziani è diverso rispetto a quello degli adulti?
• Quale apporto idrico si raccomanda agli
anziani?
• Quali avvertenze occorre dare riguardo
al consumo di fibre?
• Per gli anziani intolleranti al latte come
si può soddisfare il fabbisogno quotidiano di calcio?
Letture di riferimento
Arrigo L, Rondinone R. Il metabolismo dei
carboidrati nell’anziano. Alim Nutr Metab
1987; 8: 137-58.
D’Amicis A, Ferro-Luzzi A. Proceedings of
International Meeting on Nutrition in old
age CNR-IPRA. INN, 1988.
Del Toma E. Dietoterapia e Nutrizione Clinica. Seconda Edizione. Roma: Il Pensiero
Scientifico Editore, 1995.
Del Toma E, Tubili C. Le fonti alimentari di
calcio. Annali degli Ospedali San Camillo
Forlanini 2001; 3: 4380-7.
INRAN. Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana. Roma, 2003. Disponibile
online: http://www.inran.it
NIH, Consensus Development Panel on
Osteoporosis: Prevention, Diagnosis and
Therapy. JAMA 2001; 285: 785-95.
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