significa “separato”, ma questo non vuol dire che il credente sia un extraterrestre;
indica, invece, che egli appartiene già da ora alla speciale famiglia di Dio. La santità di
cui Paolo parla non è una qualità morale, come se Paolo scrivesse solo a colo¬ro che
tra gli efesini sono già santi, ma indica la dignità della persona.
I cristiani sono inoltre chiamati “credenti”. Con questo termine si esprime sia l’idea
di fedeltà a qualcuno, sia quella di affidamento: coloro che sono in Cristo sono
credenti in lui e chiamati alla fedeltà.
Catechesi adulti
“Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo ” (vs 2). È un saluto
che è anche un augurio e un’assicurazione di benedizione (la grazia di Dio che
produce la pace). Paolo utilizza il saluto giudaico (shalom) e non quello greco
(chaire). Invece di “rallegrarsi” o “rallegrati", tipici dell’uso greco, Paolo usa il
sostantivo “grazia” per sottolineare il carattere oggettivo della benevolenza, del
favore e della bontà di Dio: tutto questo è già presente, si tratta di accoglierlo.
L’uomo è liberato dall’affanno della ricerca, ma non dall’impegno di fare proprio il
dono ricevuto. Paolo non ha inventato il termine “grazia”, ma l’ha adottato dandogli
rilievo nei suoi saluti e indicando con esso che i cristiani si mettono sotto la custodia
di Dio. Non lo omette mai nell’inizio delle sue lettere e lo accompagna con “pace” e
“misericordia” nelle Lettere Pastorali.
Il sostantivo “pace” (in ebraico shalom) nell’Antico Testamento esprime soprattutto
il benessere materiale, ma, dal momento che il benessere è un dono di Dio, può
avere anche il senso di “relazione amicale con Dio”. Aggiunto a “grazia” nel saluto,
“pace” deve essere preso nel suo senso più largo. Se “grazia” è il favore e la
protezione divina, “pace” è la somma dei beni che l’uomo riceve: benessere,
prosperità spirituale totale, gioia dei doni divini; è la felicità del cristiano.
La grazia e la pace provengono da Dio nostro Padre, quale sorgente di tutte le cose, e
dal Signore Gesù Cristo, il quale, mediante la sua azione, le ha recate entrambe agli
uomini.
Rit. Spirito di Dio scendi su di noi… Spirito di Dio scendi su di noi!
Domande
1. Ef 1,1 - “Apostolo di Cristo per volontà di Dio”. L’autore ricorda il suo essere
“uomo mandato da Dio” non per porsi in condizione di privilegiato bensì per
presentare la sua condizione, che gli permette di scrivere con autorità il
messaggio destinato alla chiesa di Efeso. Siamo consapevoli di essere “apostoli”,
cioè inviati da Dio? A chi ci sentiamo inviati? Riusciamo a essere portatori del
messaggio evangelico soprattutto negli ambienti di lavoro? Rischiamo anche noi
di confondere apostolato e proselitismo?
2. Ef 1,1 -“Apostolo di Cristo Gesù”. L’apostolo deriva la propria identità da Cristo, è
interamente vincolato nel proprio essere a lui e dipende da lui come sua
proprietà. Non deve quindi fare da schermo al vero e unico Signore della chiesa. Il
cristianesimo è “la religione di una persona, cioè Gesù Cristo” (De Lubac). Quanto
la catechesi e la predicazione sono originate e sostenute da un rapporto
personale con Cristo? Quali le maggiori difficoltà a cogliere questa centralità
cristologica?
14 ottobre 2013
Invocazione allo Spirito
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo
Amen
Vieni Santo Spirito manda noi dal cielo un raggio della Tua Luce.
Vieni padre dei poveri, vieni datore dei doni, vieni luce dei cuori.
Consolatore perfetto, ospite dolce dell'anima, dolcissimo sollievo.
Nella fatica, riposo; nella calura, riparo; nel pianto, conforto.
O Luce beatissima, invadi nell'intimo il cuore dei tuoi fedeli.
Senza la Tua forza, nulla è nell'uomo, nulla è senza colpa.
Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato.
Dona ai Tuoi fedeli, che solo in te confidano, i Tuoi Santi doni.
Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna
Rit. Spirito di Dio scendi su di noi… Spirito di Dio scendi su di noi!
Elementi introduttivi
Come si scrive una lettera?
Noi non abbiamo idea di cosa significhi scrivere una lettera nel I secolo. Paolo non ha
scritto di sua mano nessuna lettera, perchè non sapeva scrivere su lettera, su
pergamena o su papiro, e siccome era molto umile lo stato dei primi cristiani non
sapeva scrivere su papiri, non è semplice scrivere su papiri, più semplice romperli,
usava sempre uno scrivano. Paolo sceglie tra i suoi collaboratori qualcuno che sappia
scrivere su papiro, sono dettate tutte le lettere di Paolo, su papiro, e poi verranno
trasmesse su pergamene. Noi sappiamo di alcuni nomi di segretari, alla fine della
lettera Paolo apponeva la sua firma di autentificazione. Gal 6,11, vedete con quali
grandi caratteri io vi scrivo, Paolo ha messo la sua firma apposta alla lettera. Paolo
non ha scritto di sua mano nessuna lettera ma ha messo la sua firma come
autentificazione.
Accanto al segretario agisce il latore o la latrice, è colui che porta a destinazione la
lettera, o colei che ricevuta la lettera la porta nella comunità destinataria.
Infine colui che leggeva nelle comunità le lettere che poteva anche essere lo stesso
segretario o latore, le lettere di Paolo non sono lette singolarmente. Chi le leggeva
aveva il compito di spiegarle perchè aveva partecipato alla stesura di Paolo.
Deismann dice che le lettere di Paolo vanno distinte dalle epistole, se le epistole
sono protocollari, le lettere sono immediate, traspare la naturalezza del mittente, si
abbandona lo stile ufficiale e si entra in uno personale. Questa distinzione è stata
messa in crisi, perchè non sempre possiamo distinguere una lettera da una epistola,
tra una comunicazione ufficiale e personale. Nessun manuale, nessun trattato di
epistolografia antica fa questa distinzione.
Le lettere di Paolo sono lettere reali inviate a persone precise, non sono come le
lettere a Luciglio di Seneca, Luciglio è un personaggio immaginario, serve a Seneca
per comunicare la sua filosofia, le lettere di Paolo sono inviate a comunità ben
precise. Le lettere di Paolo non sono improvvisate, sono scritte per raggiungere delle
comunità ma non sono senza ordine.
Le parti delle lettere di Paolo
Le lettere di Paolo hanno degli elementi standardizzati e fissi, che sono sia nelle
lettere di Paolo che in quelle della seconda e della terza tradizione. Gli elementi fissi
sono sostanzialmente 3:
 un prescrictum
 un corpus
 un post scriptum.
Questi sono elementi che troviamo in ogni lettera di Paolo, i dati fondamentali fissi
della prescrictum sono:
 la titolatio, ciò che chiamiamo mittente, "Paolo schiavo di Cristo";
 il destinatario della lettera
 infine la salutatio che ha due dati comuni il saluto di origine giudaica e quello
di origine greca "grazia e pace".
Il corpus epistolarium è la parte che muta in ogni lettera, è il contenuto, la parte
centrale del corpo. Il corpus rappresenta la parte più variabile e complessa, cambia
per ogni lettera, nel corpus intervengono diversi fattori o elementi tratti dalla
inventio, ciò che gli serve per creare un corpus.
Il post scriptum comprende:
 le raccomandazioni finali, ogni lettera ha delle raccomandazioni conclusive,
raccomandazioni finali molto brevi.
 i saluti, sono da-a, i saluti più ampi li troviamo alla lettera ai romani, una
serie di saluti alle persone.
• l'autentificazione, con cui si diceva che tutto quello che era scritto era opera
di Paolo che mette la sua firma.
Ai credenti in Cristo (Ef 1,1-2)
Secondo le convenzioni epistolari del tempo, riscontrabili anche nell’intero
epistolario paolino, la Lettera agli Efesini si apre con la menzione del mittente, dei
destinatari e con la formula di saluto. Il primo è presentato come paolo e qualificato
come apostolo, con una terminologia identica a 2Cor 1,1 e Col 1,1. I secondi sono
qualificati santi e fedeli, vocabolario affine a Col 1,2. La coppia di sostantivi «grazia e
pace» è standardizzata nell’epistolario paolino. Rispetto alle aperture delle altre
lettere* si rilevano la mancanza di committenti della lettera e l’amplificazione
contenuta dei vari elementi del prescritto, fatto che rende il presente tra i più brevi
di tutto il corpo paolino.
* 1 Cor 1,1-3
Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene,
alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi
per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro
Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore
Gesù Cristo!
1 Tes 1,1
Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore
Gesù Cristo: a voi, grazia e pace.
Lo scopo della Lettera è comunicare ai lettori il mistero di Cristo che l’autore, che si
presenta come Paolo, dice di conoscere per grazia di Dio.
“Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, ai santi che sono (in Efeso) e
credenti in Cristo Gesù” (vs 1). Secondo lo stile epistolare ci vengono presentati il
mittente, i destinatari della lettera e, nel versetto seguente, i saluti.
Tradizionalmente si riteneva che Paolo avesse scritto questa lettera verso la fine
della sua prigionia a Roma (anni 61-63). Per un insieme di argomentazioni (la
particolare teologia della chiesa che appare in questo scritto, alcuni tratti della
cristologia inediti rispetto alle altre lettere, il parallelismo con la Lettera ai Colossesi
e la probabile dipendenza da essa) oggi molti studiosi ritengono che la Lettera agli
Efesini appartenga alla scuola paolina e non direttamente a Paolo. A noi non
interessa entrare nel dibattito, e comunque niente viene tolto al carattere di Parola
ispirata e di pensiero paolino dello scritto.
“Apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio”. È’ la carta d’identità di Paolo: in quanto
apostolo/inviato egli si riconosce vincolato alla chiamata che Dio gli ha rivolto. Non
sente, tuttavia, tale legame come una limitazione alla sua libertà personale o come
una perdita di essa. Nella chiamata di Dio, Paolo ha sperimentato anzitutto la nuova
possibilità, offerta da Cristo, di attuare la propria vita come servizio e di realizzarla
completamente quale suo inviato. Il richiamo alla “volontà di Dio” indica che
l’autorità di Paolo non è autoreferenziale, ma fa affidamento su Dio stesso.
“Ai santi che sono (in Efeso) e credenti in Cristo Gesù”. L’inciso “in Efeso ” manca in
alcuni importanti manoscritti antichi ed è ignorato anche da molti scrittori greci, a
cominciare dal grande Origene. Questa assenza ha fatto ipotizzare che si tratti di una
“lettera circolare”, che doveva essere letta dalle varie chiese dell’Asia.
Ai cristiani sono riconosciute due qualità: la santità (santi) e la fede (credenti).
Entrambe sono possibili in Cristo; Lui è il “luogo figurato” dove il credente cresce
nella santità e nella fede. Con l’aggettivo “santo” Paolo vuole sottolineare che i fedeli
partecipano della vita di Dio, il Santo per eccellenza. Etimologicamente “santo”