Complementi di Istituzione di Analisi Superiore Corso di Laurea in Matematica Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Epifani Francesco Primo Semestre - Anno Accademico 2006 / 2007 Indice 1 Cardinalità e insiemi numerabili 2 2 Insieme di Cantor 7 2.1 . . . insieme di Cantor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 2.1.1 Ci eravamo lasciati con . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 3 Rappresentazione ternaria di un numero in [0, 1] 15 3.1 L’insieme di Cantor è più che numerabile . . . . . . . . . . . . 16 4 Cenni di teoria astratta della misura 18 4.1 Spazi e funzioni misurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 5 Misure positive 24 6 Integrale rispetto ad una misura 26 1 Capitolo 1 Cardinalità e insiemi numerabili Il concetto fondamentale per introdurre la cardinalità è quello di corrispondenza biunivoca, cioè un’applicazione f : A → B che sia iniettiva e suriettiva. Prima di entrare, però, nella parte più viva della questione, è necessario fornirci di alcune definizioni di supporto. Definizione 1. Due insiemi A e B sono equipotenti (oppure si dice che hanno la stessa cardinalità) se esiste una corrispondenza biunivoca tra A e B. In tal caso si scrive C(A) = C(B). Come si può facilmente osservare, la relazione di equipotenza è una relazione di equivalenza. Infatti, osserviamo che valgono la proprietà riflessiva, simmetrica e transitiva. • Sia A un insieme. Allora C(A) = C(A) e l’applicazione biunivoca da considerare è l’identità. • Siano A e B due insiemi. Allora, se C(A) = C(B), vale ovviamente che C(B) = C(A), giacchè l’applicazione tra A e B è biunivoca; • Infine, siano A, B e D tre insiemi tali che C(A) = C(B) e C(B) = C(D); segue in maniera immediata che C(A) = C(D), poichè bisogna considerare la composizione delle due applicazioni biunivoche. Osservazione 1. Quanto appena dimostrato ci fa intuire che la cardinalità di un insieme può essere pensata come la classe di equivalenza alla quale esso appartiene. Un caso particolarmente semplice è costituito dagli insiemi finiti per i quali la cardinalità coincide con il numero di elementi dell’insieme. 2 Cardinalità e insiemi numerabili Definizione 2. Un insieme è finito se è equipotente a In = {1, 2, 3 . . . n} per qualche n ∈ N. L’intero n è allora la cardinalità dell’insieme. Osservazione 2. A questo punto, osserviamo due aspetti immediati: i. Gli insiemi finiti non sono equipotenti a nessun loro sottoinsieme proprio, cioè se A è finito e B ⊂ A, allora C(B) < C(A); ii. L’insieme delle parti di un insieme di cardinalità n ha cardinalità 2n . La dimostrazione di questa proprietà si fa per induzione su n. Consideriamo {1, . . . , n}. – Sia n = 2. Tutti i sottoinsiemi di A sono: ∅, A, {1} e {2}. – Ora, supponiamo vero l’enunciato secondo cui C(parti {1, . . . , n}) = 2n . Consideriamo A0 = {1, . . . , n, n + 1}; i sottoinsiemi di A sono di due tipi: ∗ Tutti i sottoinsiemi di A, in numero di 2n ∗ I sottoinsiemi del tipo {B, n + 1} con B ⊆ A, in numero di 2n . Quindi, 2n + 2n = 2n+1 . Definizione 3. Un insieme A si dice infinito se non esiste alcun n tale che A sia equipotente a In . L’esempio più semplice di insieme infinito è N. Infatti, se esso fosse finito e B ⊂ N, allora C(B) < C(N), cioè non esisterebbe alcuna f : B → N biunivoca. Invece, l’insieme 2N dei numeri pari è un sottoinsieme proprio di N e f : N → 2N tale che f (n) = 2n è biunivoca. A latere, è possibile dare un’ulteriore definizione di insieme finito o infinito; infatti, Definizione 4 (Alternativa). A si dice infinito se ∃A0 ( A tale che C(A0 ) = C(A). e quindi, Definizione 5 (Alternativa). A si dice finito se non è infinito. 3 Cardinalità e insiemi numerabili Definizione 6. Un insieme si dice numerabile se può essere messo in corrispondenza biunivoca con N. Si dice che un insieme è al più numerabile se è numerabile o finito. Osservazione 3. Osserviamo due aspetti: ½ Ogni sottoinsieme B di un insieme numerabile A è al più numerabile; infatti, B non è altro che una successione estratta da A. Ma dimostriamolo in maniera più ponderata. A è numerabile, quindi A = {ai |i ∈ N Sia B ⊆ A. Costruiamo B: – b1 = aj1 dove j1 è il minimo naturale tale che aj1 ∈ B; – b2 = aj2 dove j2 è il minimo naturale, maggiore o uguale a j1 tale che aj2 ∈ B; e così via, generando un sottoinsieme finito o infinito di A. ½ L’unione numerabile di insiemi finiti è numerabile; infatti, se A1 , A2 , . . . An , . . . sono finiti, possiamo definire tra la loro unione e N la seguente corrispondenza biunivoca: A1 ↔ {1, 2, . . . n1 }, A2 ↔ {1, 2, . . . n2 } ↔ {n1 + 1, . . . , n1 + n2 }, · · · . Proposizione 1 (Esercizio). L’insieme Q è numerabile. Dimostrazione. É chiaro che basta dimostrare che l’insieme dei razionali positivi è numerabile. i. Ogni numero razionale positivo r si può scrivere nella forma r = m , con n m e n interi e primi tra loro. Definiamo l’altezza di r con h(r) = m + n. Per ogni k naturale, esistono al più k −1 razionali con altezza k; infatti, – 1 + (k − 1) – 2 + (k − 2) – 3 + (k − 3) 4 Cardinalità e insiemi numerabili . – .. – (k − 1) + (k − (k − 1)) e quanti sono? Esattamente k−1. Quindi l’insieme dei numeri razionali positivi è unione numerabile di insiemi finiti, ovvero: Q+ = ∞ [ {r ∈ Q+ : h(r) = k} k=1 ii. Un’altra dimostrazione è quella che utilizza il processo di diagonalizzazione di Cantor; possiamo creare la seguente tabella delle frazioni m : n 1 1/2 1/3 1/4 1/5 ... 2 2/2 2/3 2/4 2/5 ... 3 3/2 3/3 3/4 3/5 ... 4 4/2 4/3 4/4 4/5 ... 5 5/2 5/3 5/4 5/5 ... ... ... ... ... ... ... e così via. Tramite la cosiddetta diagonalizzazione si può quindi ottenere la seguente lista: 1/1, 2/1, 1/2, 1/3, 2/2, 3/1, 4/1, 3/2, 2/3, 1/4, 1/5, 2/4, 3/3, 4/2, 5/1, . . . Se da questa lista cancelliamo le frazioni che non sono ridotte ai minimi termini ci rimane la seguente successione: 1, 2, 1/2, 1/3, 3, 4, 3/2, 2/3, 1/4, 1/5, 5, . . . Corollario 1. Le coppie ordinate di numeri naturali sono un insieme numerabile. Quindi Q è numerabile. Proposizione 2. L’unione di una infinità numerabile di insiemi numerabili è numerabile. 5 Cardinalità e insiemi numerabili Dimostrazione. Per la dimostrazione, utilizziamo il processo di diagonalizzazione sulla lista A1 = {a11 , a12 , a13 , . . . , a1n , . . .} A2 = {a21 , a22 , a23 , . . . , a2n , . . .} A3 = {a31 , a32 , a33 , . . . , a3n , . . .} contando prima gli elementi aij con i + j = 2, poi quelli con i + j = 3 e così via. Osservazione 4. Non tutti gli insiemi infiniti sono numerabili. Esempio 1. L’intervallo (0, 1) non è numerabile. Infatti, se fosse numerabile si potrebbero elencare i suoi elementi, scrivendoli in forma decimale: x1 = 0, a11 a12 a13 . . . x2 = 0, a21 a22 a23 . . . x3 = 0, a31 a32 a33 . . . dove gli aij sono numeri interi compresi tra 0 e 91 . Però, il numero x = 0, a1 a2 a3 . . . con a1 6= a11 , a2 6= a22 , a3 6= a33 e così via. Questo numero è per costruzione diverso da ogni numero presente nella lista, e di conseguenza non fa parte di essa. Ciò costituisce un assurdo, perché avevamo supposto che la lista contenesse tutti i numeri reali. Si dirà, pertanto, che l’intervallo (0, 1) ha la potenza del continuo. 1 Includere 0 e 9 potrebbe provocare casi di ambiguità dovuti a rappresentazioni come 0, 99999 . . . = 1. Imporre che le cifre siano comprese tra 1 e 8 è molto più prudente. 6 Capitolo 2 Insieme di Cantor Definizione 7 (Insieme di Cantor). Si divide l’intervallo chiuso [0, 1] in 3 sottointervalli uguali e si rimuove l’intervallo centrale aperto. A1 = (1/3, 2/3), C1 = [0, 1] \ A1 = [0, 1/3] ∪ [2/3, 1] Indichiamo rispettivamente con ∆0 e ∆1 le componenti connesse di sinistra e di destra dell’insieme C1 . Si suddivide poi in 3 parti uguali ognuno dei sottointervalli ∆0 e ∆1 e si rimuovono gli intervalli centrali aperti: A2 = (1/32 , 2/32 ) ∪ (7/32 , 8/32 ), è l’insieme rimosso, mentre C2 = [0, 1] \ (A1 ∪ A2 ) = [0, 1/32 ] ∪ [2/32 , 3/32 ] ∪ [6/32 , 7/32 ] ∪ [8/32 , 1] è quello che rimane. Procedendo come prima, indichiamo rispettivamente con ∆00 e ∆01 le componenti connesse di sinistra e di destra dell’intervallo ∆0 e con ∆10 e ∆11 le componenti connesse di sinistra e di destra dell’intervallo ∆1 . 7 Insieme di Cantor Figura 2.1: La costruzione dell’insieme di Cantor Analogamente, in una visione tridimensionale, appare come Figura 2.2: L’insieme di Cantor in tridimensione Si procede in questo modo definendo una successione di insiemi aperti An , ognuno dei quali è unione finita di intervalli aperti di lunghezza uguale a 3−n . 8 Insieme di Cantor L’insieme Cn sarà allora: Cn = [0, 1] \ n [ [ Ak = k=1 ∆ε1 ,...,εn ε1 ,...,εn ∈{0,1} L’insieme di Cantor è quello che resta dopo aver rimosso gli An , cioè ∞ [ K = [0, 1] \ An . n=1 In modo analogo, K= ∞ \ Cn n=1 Definizione 8 (Proprietà dell’insieme di Cantor). i. L’insieme di Cann−1 tor ha misura 0. Infatti, osserviamo che m(An ) = 2 3n e quindi m(∪An ) = ∞ X m(An ) = 1 n=1 per cui m(K) = 0. ii. K contiene tutti gli estremi degli intervalli in An . iii. K è compatto. iv. K è perfetto (cioè è chiuso e ogni suo punto è di accumulazione). Infatti, se x ∈ K allora x ∈ Cn per ogni n. Cn è formato da 2n intervalli di lunghezza 3−n . Sia xn l’estremo sinistro dell’intervallo di Cn che contiene x (l’estremo destro se quello sinistro coincide con x). In questo modo, 0 < |x − xn | < 1/3n ⇒ xn → x v. K non è numerabile. Questo fatto è una conseguenza del fatto che K è perfetto. Proposizione 3. I sottoinsiemi perfetti di Rn non sono numerabili. 9 Insieme di Cantor Dimostrazione. Supponiamo che esista un insieme perfetto I ⊂ Rn numerabile. Allora I = {x1 , x2 , . . .}. Sia B1 una palla chiusa di raggio 1 e centro in x1 . Si può supporre che x2 6= x1 appartenga a B1 . Altrimenti si considera il primo elemento della successione I che appartiene a B1 , si eliminano tutti gli elementi (un numero finito) tra x1 e questo elemento. Dal momento che I è perfetto, tale elemento esiste sicuramente. Sia B2 una palla chiusa centrata in x2 , con raggio minore di 1/2 e che non contiene x1 . Come prima supponiamo x3 ∈ B2 e costruiamo una palla chiusa B3 ⊂ B2 di centro x3 e raggio minore di 1/4 che non contiene x2 . Con questa procedura si costruisce una successione di palle chiuse e non vuote tali che Bn+1 ⊂ Bn , ogni palla è centrata in un punto di I ma esclude tutti i precedenti. Inoltre, il raggio di Bn è minore di 1/2n . Dal momento che B1 è limitata, possiamo concludere che ∞ \ Bn 6= ∅ n=1 Quindi conterrà almeno un punto x. Tale punto deve appartenere ad I perchè risulta punto di accumulazione della successione dei centri delle palle. Questo però è assurdo perchè ogni punto di I non appartiene a Bm per m abbastanza grande. 10 Insieme di Cantor Georg Cantor Figura 2.3: Georg Ferdinand Ludwig Philipp Cantor Georg Ferdinand Ludwig Philipp Cantor (San Pietroburgo, 3 marzo 1845, Halle, Germania, 6 gennaio 1918), matematico tedesco, è il padre della moderna teoria degli insiemi. Cantor ha allargato la teoria degli insiemi fino a comprendere al suo interno i concetti di numeri transfiniti, numeri cardinali e ordinali. Cantor nacque a San Pietroburgo, figlio di George Waldemar Cantor, un mercante danese, e di Maria Anna Böhm, una musicista russa. Nel 1856 la famiglia si trasferì in Germania e Georg continuò la sua educazione presso le scuole tedesche, conseguendo il dottorato presso l’Università di Berlino nel 1867. Cantor riconobbe che gli insiemi infiniti possono avere differenti cardinalità, separò gli insiemi in numerabili e più che numerabili e provò che l’insieme di tutti i numeri razionali Q è numerabile mentre l’insieme di tutti i numeri reali R è più che numerabile, dimostrando in questo modo che esistono almeno due ordini di infinità. Egli inventò anche il simbolo che oggi viene usato per indicare i numeri reali. Il metodo di cui si servì per condurre le sue dimostrazioni è noto come metodo della diagonale di Cantor. In seguito, cercò invano di dimostrare l’ipotesi del continuo. Durante la seconda metà della sua vita soffri di attacchi di depressione, che compromisero seriamente la sua abilità di matematico e lo costrinsero a ripetuti ricoveri. La scoperta del paradosso di Russell lo portò a una crisi nervosa da cui non si seppe più riprendere. Cominciò allora a leggere testi di letteratura e di religione, in cui sviluppò il suo concetto d’infinito assoluto che identificò con Dio. Egli scrisse: « L’infinito attuale si presenta in tre contesti: in primo luogo quando si realizza nella forma più completa, in un’essenza mistica completamente indipendente, in Deo, che io chiamo Infinito Assoluto 11 Insieme di Cantor o, semplicemente, Assoluto; in secondo luogo quando si realizza nel mondo contingente, creato; in terzo luogo quando la mente lo coglie in abstracto come una grandezza, un numero o un tipo di ordine matematico ». Impoveritosi durante la Prima Guerra Mondiale, morì ad Halle dove era ricoverato in un ospedale psichiatrico. Leopold Kronecker giudicò le sue scoperte prive di senso. Cantor diede origine alla teoria degli insiemi (1874-1884). Fu il primo a capire che gli insiemi infiniti possono avere diverse grandezze: dapprima mostrò che dato un qualsiasi insieme A, esiste l’insieme di tutti i possibili sottoinsiemi di A, chiamato l’insieme potenza di A. Poi dimostrò che l’insieme potenza di un insieme infinito A ha una grandezza maggiore della grandezza di A stesso (qesto fatto è oggi noto con il nome di teorema di Cantor). Dunque esiste una gerarchia infinita di grandezze di insiemi infiniti, dalla quale sorgono i numeri cardinali e ordinali transfiniti, e la loro peculiare aritmetica. Per denotare i numeri cardinali usò la lettera dell’alfabeto ebraico aleph dotata di un numero naturale come indice; per gli ordinali utilizzò la lettera dell’alfabeto greco omega. L’innovativa teoria cantoriana, osteggiata durante la vita del suo creatore, è stata completamente accettata dai matematici moderni, che hanno riconosciuto nella teoria degli insiemi transfiniti uno slittamento di paradigma di prima grandezza. A Cantor è stato intitolato il cratere Cantor, sulla Luna. 12 2.1 . . . insieme di Cantor 2.1 . . . insieme di Cantor Continuiamo a parlare dell’insieme di Cantor e continuiamo a studiarne le proprietà. 2.1.1 Ci eravamo lasciati con . . . Definizione 9. Si divide l’intervallo chiuso [0, 1] in 3 parti, in 3 sottointervalli uguali e si rimuove l’intervallo centrale aperto. Ovvero, iterando il ragionamento, ∞ ∞ [ \ K = [0, 1] \ An = Cn n=1 n=1 dove con An intendiamo l’insieme che si toglie al passo n−esimo e Cn = [0, 1] \ n [ Ak = k=1 [ ∆ε1 ,...,εn ε1 ,...,εn ∈{0,1} Proprietà 1. Abbiamo dimostrato che l’insieme di Cantor ha misura nulla, è compatto, perfetto, contiene gli estremi in An e non è numerabile. v. K − K contiene tutto l’intervallo [−1, 1], cioè per ogni z ∈ [−1, 1], esistono x, y in K tali che x − y = z. Infatti, si π la proiezione da [0, 1] × [0, 1] su [−1, 1] così definita: π(x, y) = x − y Osserviamo, con l’aiuto della figura, che π(C1 ×C1 ) ⊃ [−1, 1], π(C2 ×C2 ) ⊃ [−1, 1], . . . , π(Cn ×Cn ) ⊃ [−1, 1], . . . Se z∈ ∞ \ π(Cn × Cn ), n=0 per ogni n esistono xn , yn tali che z = xn − yn . Quando n → ∞, xn e yn convergono rispettivamente a due punti x ed y di K e quindi z = x − y. Dunque, ∞ \ π(K × K) ⊃ π(Cn × Cn ) ⊃ [−1, 1] n=0 13 2.1 . . . insieme di Cantor Figura 2.4: Ogni retta x − y = z, −1 ≤ z ≤ 1, interseca ogni Cn × Cn in almeno un punto 14 Capitolo 3 Rappresentazione ternaria di un numero in [0, 1] Proposizione 4. Per ogni numero reale x, 0 ≤ x ≤ 1, esiste una successione {in }n=1... di interi, in ∈ {0, 1, 2} tale che x= ∞ X in 3n n=1 Tale successione è unica, tranne quando x è della forma 3qn con q ∈ N, nel qual caso esistono esattamente due successioni. Viceversa, per ogni successione {in }n=1... di interi, in ∈ {0, 1, 2}, la serie ∞ X in 3n n=1 converge ad un numero reale x, 0 ≤ x ≤ 1. à Costruiamo la successione. Si divide l’intervallo [0, 1] in 3 intervalli: B0 = [0, 1/3], B1 = (1/3, 2/3), B2 = [2/3, 1] cioè Bi = [i/3, (i + 1)/3], per i = 0, 1, 2, e si prende i1 = i se x ∈ Bi . Una volta scelto i1 , si divide l’intervallo che contiene x, Bi1 , in 3 sottointervalli, Bi1 = [i1 /3 + 1/32 , i1 /3 + (i + 1)/32 ] i = 0, 1, 2 15 3.1 L’insieme di Cantor è più che numerabile e si prende i2 = i se x ∈ Bi1 i , e così via . . . Se però x = q/3n (per esempio x = 8/9), allora esiste un indice in tale che x ∈ Bi1 ...in−1 (in −1) ∩ Bi1 ...in−1 in (e.g. 8/9 ∈ B21 ∩ B22 ), e quindi x appartiene a tutti gli intervalli Bi1 ...in−1 22... e Bi1 ...in 00... (e.g. 8/9 ∈ B2122... ∩ B2200... ) 3.1 L’insieme di Cantor è più che numerabile Enunciato 1. L’insieme di Cantor contiene tanti punti quanti ce ne sono in tutto l’intervallo [0, 1]. Dimostrazione. Per dimostrare questo fatto costruiamo una funzione f suriettiva dall’insieme di Cantor all’intervallo [0, 1]. L’esistenza di una funzione suriettiva implica che l’insieme d’arrivo (l’intervallo) non può avere cardinalità superiore a quello di partenza (l’insieme di Cantor). Poiché l’insieme di Cantor è un sottoinsieme dell’intervallo, non può avere neanche cardinalità superiore, e quindi i due insiemi hanno la stessa cardinalità. Per costruire questa funzione, scriviamo i punti in [0, 1] in base tre. Con questa notazione, 1/3 si scrive come 0.13 e 2/3 si scrive come 0.23 , quindi il primo pezzo centrale rimosso consiste di tutti i numeri del tipo 0.1xxxxx . . .3 , dove xxxxx . . .3 è una qualsiasi sequenza di numeri diversi dagli «estremi» 00000 . . .3 e 22222 . . .3 (perché rimuoviamo un intervallo aperto, quindi gli estremi rimangono dove sono). Quindi i numeri che restano dopo il primo passo sono esattamente quelli scrivibili come 0.0xxxxx . . .3 o 0.2xxxxx . . .3 . Infatti i numeri 1/3 e 2/3 sono anche scrivibili rispettivamente come 0.022222 . . .3 e 2/3 = 0.122222 . . .3 = 0.23 (i numeri razionali si possono scrivere sempre in due modi diversi, in qualsiasi base: ad esempio in base dieci 0.299999 . . . e 0.3 sono lo stesso numero). Al secondo passo si rimuovono tutti i numeri del tipo 0.01xxxx . . .3 e 0.21xxxx . . .3 e così via: segue che i numeri che non vengono mai rimossi sono esattamente quelli che possono essere scritti come 0.xxxx . . .3 usando solo le cifre 0 e 2. Se sostituisco ogni cifra 2 con la cifra 1, e leggo il nuovo numero in base binaria, ottengo un altro numero in [0, 1]: in questo modo ho associato ad ogni numero dell’insieme di Cantor un altro numero dell’intervallo, e questa 16 3.1 L’insieme di Cantor è più che numerabile è la funzione che voglio considerare. La funzione è suriettiva perché ogni numero di [0, 1] si scrive come 0.yyyy . . .2 . Quindi l’insieme di Cantor ha la stessa cardinalità dell’intervallo (che poi è la stessa cardinalità dei numeri reali). Quanto appena dimostrato si può riassumere nella seguente Proposizione 5. Se K è l’insieme di Cantor, allora K sarà uguale all’insieme dei punti di [0, 1] che hanno almeno una espansione ternaria che non contiene 1 17 Capitolo 4 Cenni di teoria astratta della misura 4.1 Spazi e funzioni misurabili Definizione 10. Una collezione M di sottoinsiemi di X è una σ−algebra se contiene X ed è chiusa rispetto alle operazioni di unione numerabile, intersezione numerabile e complementazione; ovvero: S i. Dati T A1 . . . An aperti della σ − algebra, allora i Ai ⊂ σ − algebra ∀i e i Ai ⊂ σ − algebra ∀i. ii. X, ∅ ⊂ σ − algebra iii. {(A), {(B) ⊂ σ − algebra Esempio 1. Facciamo alcuni esempi: • L’insieme delle parti di X è una σ−algebra • {∅, X} è la σ−algebra banale • I sottoinsiemi di RN misurabili secondo Lebesgue sono una σ−algebra. Proposizione 6. Sia F una qualsiasi collezione di sottoinsiemi di X. Esiste una σ−algebra M∗ in X che è la più piccola σ−algebra contenente F. M∗ si dice la σ−algebra generata da F. 18 4.1 Spazi e funzioni misurabili Dimostrazione. Sia Ω la famiglia di σ−algebre in X contenenti F. Ω non è vuota perchè contiene almeno l’insieme delle parti di X. Sia \ M∗ = M. M∈Ω A questo punto osserviamo che: • Intersezione di σ−algebre è una σ−algebra. • M∗ è una σ−algebra. • M∗ ⊇ F, poichè F è una collezione di sottoinsiemi inclusa in tutte le σ−algebre contenute in Ω. • M∗ è la più piccola σ−algebra contenente F; infatti, sia M0 ⊇ F ; allora M0 ∈ Ω, per definizione; pertanto M∗ ⊆ M0 perchè è l’intersezione. Definizione 11. Sia X uno spazio topologico e A la famiglia degli aperti di X. Gli elementi della σ−algebra generata da A (indicati con B) si dicono insiemi boreliani e rappresentano la più piccola σ −algebra contenente tutti gli aperti di X. Esempio 2. Sono boreliani, ad esempio: • Le unioni numerabili di chiusi Dimostrazione. Infatti, consideriamo [ [ \ Ci = (X \ Ai ) = X \ Ai i i i per la Legge di Morgan, con Ai = X \ Ci aperto e tale che Ai ∈ M ∀ i; pertanto, poichè l’intersezione di aperti appartiene alla σ−algebra e il complemetare di un insieme appartiene alla σ−algebra, ho la tesi. • Le intersezioni numerabili di aperti Osservazione 5. Tutti i boreliani sono insiemi misurabili secondo Lebesgue, perchè fra questi ci sono anche gli aperti. 19 4.1 Spazi e funzioni misurabili Dimostrazione. Consideriamo infatti la σ −algebra M generata dagli insiemi L−misurabili. Allora, M include l’insieme di tutti gli aperti, per la teoria della misura di Lebesgue. Quindi, l’insieme di tutti i boreliani appartiene a M. Definizione 12. Se M è una σ − algebra in X, X si dice uno spazio misurabile e gli elementi di M si dicono insiemi misurabili. Definizione 13. Siano X uno spazio misurabile e Y uno spazio topologico. Una funzione f : X → Y è misurabile se f −1 (V ) è misurabile in X per ogni aperto V in Y . Proposizione 7. Vale che • Siano Y, Z spazi topologici e X uno spazio misurabile. Se f : X → Y è misurabile e g : Y → Z è continua, allora g ◦ f : X → Z è misurabile. Inoltre, se l’insieme di arrivo coincide con l’insieme dei Reali, vale che: 1. Se f e g sono misurabili, allora f + g e f · g sono misurabili. 2. E è misurabile se e solo se χE è misurabile 3. Se {fn }n=1,2... è una successione di funzioni misurabili, allora le funzioni supn fn e lim supn fn sono ancora misurabili. Dimostrazione. Lasciamo al lettore la volontà di dimostrare i punti 2 e 4. Proponiamo, invece, la dimostrazione di: 1. Consideriamo f : X −→ Y g : Y −→ Z con f misurabile e g continua. Ora, ∀ V ∈ Z aperto, (g ◦ f )−1 (V ) = {x ∈ X| g(f (x)) ∈ V } = {x ∈ X| f (x) ∈ g −1 (V )} A questo punto, V è un aperto di Z, g è continua, quindi g −1 (V ) è un aperto di Y , che chiamiamo W . Concludendo, (g ◦ f )−1 (V ) = f −1 (W ) | {z } è misurabile, per la Definizione 4 20 4.1 Spazi e funzioni misurabili 3. Dimostriamo il primo verso. Abbiamo che E è misurabile; si voglia dimostrare che χE è misurabile. Sia A ⊆ R, un insieme aperto. Proviamo che χ−1 E (A) è misurabile per ogni A. Infatti: • {0, 1} non appartengono ad A. Allora χ−1 E (A) ≡ ∅ che è misurabile. • 0 ∈ A ma 1 non apparteniene ad A. Allora χ−1 E (A) ≡ X \ E che è misurabile. • 1 ∈ A ma 0 non apparteniene ad A. Allora χ−1 E (A) ≡ E che è misurabile. • 0, 1 ∈ A. Allora χ−1 E (A) ≡ X che è misurabile. Dimostriamo il viceversa. Sia χE misurabile. Supponiamo di considerare A = (1/2, 3/2) aperto. χ−1 E (A) = E Definizione 14. Siano X e Y spazi topologici. Si dice che f : X → Y è boreliana (o misurabile secondo Borel) se f −1 (V ) ∈ BX , per ogni aperto V ⊂ Y. Se f : RN → R è boreliana, allora f è misurabile secondo Lebesgue. Proposizione 8. Siano X e Y due spazi topologici e sia f : X → Y una funzione boreliana. Allora risulta che f −1 (B) è un boreliano di X per ogni boreliano Bdi Y . Dimostrazione. La famiglia Ω = {B ⊆ Y : f −1 (B) ∈ BX } è una σ−algebra in Y [Provate a verificarlo!]. É chiaro che Ω contiene tutti gli aperti di Y , dato che f è boreliana. Perciò BY ⊆ Ω e quindi f −1 (B) è un boreliano di X se B è un boreliano di Y . Definizione 15 (Funzioni Semplici). Una funzione s definita su uno spazio misurabile X si dice una funzione semplice se assume solo un numero finito di valori, cioè se n X ci χEi , s= i=1 dove Ei = {x : s(x) = ci } e ci 6= cj . 21 4.1 Spazi e funzioni misurabili Osservazione 6. s è misurabile se e solo se gli Ei sono tutti misurabili. Dimostrazione. Un verso è ovvio, ovvero quello che ha come ipotesi la misurabilità di tutti gli Ei . Dimostriamo il verso contrario. Abbiamo come ipotesi che X s= ci χEi i è misurabile. Vogliamo provare che s−1 (A) = Ei , per ogni A aperto. Consideriamo A = {ci }, il singoletto. É ovvio che s−1 (A) = Ei . Il singoletto, però, è un chiuso. Allora ci basterà considerare A = (ci − εi , ci + εi ) ed ho la tesi. Proposizione 9. Ogni funzione misurabile non negativa è limite puntuale di una successione crescente di funzioni semplici non negative. La volontà di dimostrarlo è affidata esclusivamente al lettore! Proposizione 10. Abbiamo dimostrato che se f : R → R è misurabile e g : R → R è continua, allora la composizione g ◦ f : R → R è misurabile. Facciamo vedere adesso, portando un controesempio, che non vale il viceversa. Dimostrazione. Osserviamo un aspetto preliminare. Se A ⊂ R e m(A) > 0, allora esiste un sottoinsieme E di A non misurabile [aspetto già visto durante le ore di esercitazione tenute dal Prof. Rolando Magnanini]. Consideriamo ora la funzione l(x) = s(x) + x con s(x) la scala di Cantor. La funzione l è strettamente crescente e continua; quindi l è un omeomorfismo tra [0, 1] e [0, 2]. Inoltre, à Ã∞ !! Ã∞ ! [ [ m l An =m An , n=1 n=1 poichè l, per come è stata definita, agisce puntualmente come una traslazione; pertanto, la misura coincide. Quindi, poichè ³ ³[ ´´ ³[ ´ m(l([0, 1] \ C)) = m l An =m An = 1 22 4.1 Spazi e funzioni misurabili allora m(l(C)) = m(l([0, 1])) − m(l([0, 1] \ C)) = 2 − 1 = 1. Dal momento che l(C) ha misura positiva, esiste un sottoinsieme E ⊂ l(C) non misurabile1 . Osserviamo che l−1 (E) ⊂ C quindi è misurabile e ha misura 0. Si può allora scrivere χE (x) = χl−1 (E) (l−1 (x)) La funzione l−1 è continua, χl−1 (E) è una funzione misurabile [per quanto s’è detto prima!], ma χE non è misurabile. Corollario 2. In R esistono insiemi misurabili che non sono Boreliani. 1 Ricorda: se m(E) = 0 e F ⊆ E, F è misurabile e m(F ) = 0. 23 Capitolo 5 Misure positive Definizione 16 (Misura). Una misura è una funzione µ definita su una σ−algebra M a valori in [0, ∞] e numerabilmente additiva, cioè Ã∞ ! ∞ [ X µ Ei = µ(Ei ) i=1 i=1 per ogni collezione numerabile di elementi Ei di M a due a due disgiunti. Pertanto, (X, M, µ) si dice uno spazio di misura. Esempio 3. Facciamo alcuni esempi: • X = RN , M = σ−algebra degli insiemi misurabili secondo Lebesgue, µ = m = misura di Lebesgue. • f : Rn → [0, ∞] sommabile; X = RNR , M = σ−algebra degli insiemi misurabili secondo Lebesgue, µ(E) = E f (x)dx per E ∈ M. µ si dice assolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue, ovvero che L(B) = 0 =⇒ µ(B) = 0 [provarlo è banale!]. • X spazio qualunque, M = P (X), µ(E) = +∞ se E è infinito e µ(E) = numero di punti di E se E è finito (e.g. X = N). • La delta di Dirac1 . X insieme qualsiasi, M = P (X), x0 ∈ X e δx0 (E) = 1 se x0 ∈ E, mentre δx0 (E) = 0 se x0 non appartiene a E. 1 La delta di Dirac, o impulso di Dirac, introdotta da Paul Dirac, è una funzione generalizzata la cui introduzione formale ha spianato la strada per lo studio della teoria delle distribuzioni. La funzione delta è una funzione nulla nei punti diversi dallo zero utilizzata 24 Misure positive Proprietà 2 (Proprietà di una misura). Vediamo le proprietà fondamentali: 1. µ(∅) = 0 se almeno un E ∈ M ha misura finita. 2. µ(E1 ∪ . . . ∪ En ) = µ(E1 ) + . . . + µ(En ) se gli Ei sono disgiunti. 3. Se E ⊂ F , allora µ(E) ≤ µ(F ). 4. Se En ∈ M per n = 1, 2, . . . e E1 ⊂ E2 ⊂ . . . ⊂ . . ., allora à ! [ µ(En ) → µ En . n 5. Se En ∈ M per n = 1, 2, . . . e E1 ⊃ E2 ⊃ . . ., e µ(E1 ) < +∞, allora µ(En ) → µ (∩n En ) Teorema 1 (Caratterizzazione della misura di Lebesgue). Esiste una misura positiva m definita su una σ−algebra M in RN , con le seguenti proprietà: 1. m(W ) = vol (W ) per ogni N −poliedro W . 2. M contiene tutti i boreliani di RN . 3. m è invariante per traslazioni, cioè m(E + x) = m(E) per ogni E ∈ M e x ∈ RN . 4. Se µ è una qualsiasi misura di Borel positiva in RN , invariante per traslazioni e tale che µ(K) < ∞ per ogni insieme compatto K, esiste una costante c tale che µ(E) < c per ogni E incluso in RN . per rappresentare approssimativamente fenomeni come i picchi alti e stretti di alcune funzioni o le loro discontinuità: è lo stesso tipo di astrazione che si fa per la carica puntiforme, la massa puntiforme, l’elettrone puntiforme. 25 Capitolo 6 Integrale rispetto ad una misura Definizione 17 (Integrali di funzioni semplici). Se s è una funzione semplice misurabile su X della forma s= n X ci χEi , i=1 dove Ei = {x : s(x) = ci } e ci 6= cj , si definisce l’integrale su X di s rispetto alla misura µ, Z n X sdµ = ci µ(Ei ) X i=1 Definizione 18 (Integrali di funzioni non negative). Sia f una funzione misurabile non negativa. Si definisce l’integrale di f su X rispetto a µ, ¾ ½Z Z f dµ = sup sdµ tale che s è semplice 0 ≤ s ≤ f X X Definizione 19 (Integrali di funzioni misurabili). Una funzione f si dice sommabile rispetto a µ se esistono finiti gli integrali Z Z + [f ] dµ e [f ]− dµ X X e l’integrale di f è dato da Z Z Z + f dµ = [f ] dµ − [f ]− dµ X X X 26 Integrale rispetto ad una misura Osserviamo anche che si definisce Z Z f dµ = f χE dµ E X Esempio 4. Sia µ = δx0 , la delta di Dirac concentrata in x0 ∈ X. Se s= n X ci χEi i=1 è una funzione semplice, allora x0 appartiene ad un solo Ei , cioè µ(Ej ) = 0 se j 6= i e µ(Ei ) = 0; quindi Z sdµ = ci = s(x0 ) X Se f è misurabile e non negativa, si ha dunque Z f dµ = sup{s(x0 ) : ssemplice, 0 ≤ s ≤ f } = f (x0 ); X si ottiene lo stesso risultato anche se f è una qualsiasi funzione sommabile. Proprietà 3. Enunciamone le proprietà: R R 1. 0 ≤ f ≤ g allora f dµ ≤ gdµ R R 2. Se E ⊂ F e f ≥ 0, allora E f dµ ≤ F f dµ R R 3. Se c ∈ R allora X cf dµ = c X f dµ 4. Se f e g sono sommabili, allora Z Z Z (f + g)dµ = f dµ + gdµ X X X Valgono inoltre i principali teoremi sul passaggio al limite sotto segno di integrale, in particolare: Teorema 2 (Teorema di Beppo Levi sulla convergenza monotona). Sia {fn } una successione di funzioni misurabili in X tale che 0 ≤ f1 ≤ f2 ≤ . . . Allora f è misurabile è e Z lim fn (x) = f (x) n→∞ Z fn dµ → X f dµ X 27 Integrale rispetto ad una misura Teorema 3 (Lemma di Fatou). Sia {fn } una successione di funzioni misurabili in X, allora Z Z (lim inf fn )dµ ≤ lim inf fn dµ X n n X Teorema 4 (Teorema di Lebesgue della convergenza dominata). Sia {fn } una successione di funzioni misurabili in X tale che lim fn (x) = f (x), x ∈ X n→∞ Se esiste una funzione g sommabile in X tale che |fn | ≤ g per ogni n ∈ N allora Z |fn − f |dµ → 0 X ed in particolare Z Z fn dµ → X f dµ X 28