SUPERFICIE
POPOLAZIONE
LINGUA
RELIGIONE
CAPITALE
FORMA ISTITUZIONALE
UNITA’ MONETARIA
TASSO DI CAMBIO
3.287.263 kmq
1.213.762.370 (Stima)
Hindi
(ufficiale),costituzionalmente
riconosciute altre 18 lingue
Induismo (80,5%), Islam
(13,4%),Cattolicesimo
(2,3%),Sikh
(1,9%),Buddhisti (0,8%)
New Delhi
Repubblica Federale
parlamentare
Rupia Indiana (INR)
1 euro = 60.5878 INR
(2011)
Ufficio E-Commerce e Commercio Estero
Camera di Commercio di Genova
Quadro macroeconomico
Il sistema economico indiano da più di un ventennio sta attirando l’attenzione
degli operatori economici mondiali per la velocità del suo sviluppo e per i
possibili investimenti nel Paese.
Il Pil cresce ad un ritmo pari all’8% annuo. Questo boom economico ha avuto
inizio a partire dagli anni ’90 ed è legato a riforme strutturali che hanno ridotto
sempre più il ruolo del settore pubblico per lasciare spazio all’iniziativa privata
in molti campi, quali l’industria pesante, il settore bancario, le
telecomunicazioni, l’energia elettrica. Queste riforme hanno cercato di
eliminare le disparità di trattamento tra le imprese locali e quelle straniere, in
modo da aprire maggiormente il mercato ai capitali ed agli investitori esteri.
Dal Gennaio 2011, con la liberalizzazione degli investimenti diretti esteri (Ide)
e degli scambi commerciali, il mercato finanziario è aperto agli investitori
stranieri. I settori per i quali l’investitore straniero deve richiedere
l’autorizzazione governativa sono pochi e nella maggior parte dei casi gli Ide
sono consentiti in via automatica. Tuttavia, nell’ultimo anno gli investimenti
hanno riscontrato un calo a causa di fattori quali il rallentamento della crescita
(entro la fine del 2011 si prevedeva un aumento del 10%, ma non si è andati
oltre il 7%), l’elevata inflazione e la crisi dell’eurozona.
Il settore dei servizi, in particolare quello della c.d. Information Technology
(IT), rappresenta sicuramente il traino del “miracolo economico indiano”. Il
decollo dell’economia indiana è cominciato dal settore dei servizi, favorito dalla
presenza di una ampia manodopera relativamente qualificata a costi contenuti
rispetto a quelli occidentali. Oggi l’IT indiano costituisce una realtà a livello
globale, con una serie di aziende di punta a livello internazionale nel settore
del software engineering.
L’industrializzazione è piuttosto diffusa anche grazie alla recente istituzione di
Regioni economiche speciali, dove il trattamento fiscale delle imprese attira
investimenti privati stranieri e nazionali e, grazie a specifiche opere
infrastrutturali che mirano a connettere tra loro le regioni del cosiddetto
quadrilatero d’oro: Delhi, Calcutta, Chennai e Mumbai, i principali centri
economici del Paese. Oltre alle grandi megalopoli, nuovi Stati stanno
emergendo come nuovi mercati ad alto potenziale, per il momento ancora
quasi sconosciuti da parte degli investitori stranieri, quali lo Stato costiero di
Gujarat, il Rajasthan e lo Stato di Karnataka.
Il settore agricolo è il più arretrato e critico, basti pensare al fatto che circa il
40% della produzione non riesce a raggiungere il mercato, in virtù del
deperimento durante il trasporto.
Il mercato del lavoro è ancora estremamente problematico, la forza lavoro
cresce del 2,5% l’anno, mentre l’occupazione va ad un ritmo più lento. Fuori
dal mercato del lavoro restano soprattutto le popolazioni delle aree rurali,
spesso prive di servizi adeguati ed infrastrutture. Il governo indiano ha varato
un piano contro l’occupazione minorile.
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Nel 2010 la Cina è diventata il principale partner commerciale dell’India, con
un volume di scambi commerciali pari a 62 milioni di dollari. New Delhi ha
inoltre siglato accordi di cooperazione strategica con Vietnam, Singapore e
Giappone. I capitali esteri rappresentano per l’India la principale fonte di
finanziamento per progetti infrastrutturali e copertura del deficit di parte
corrente. Il settore dei grandi progetti infrastrutturali è in rapida crescita,
alimentato dall’enorme domanda domestica e dalle politiche governative di
incentivo agli investimenti privati. A tal proposito, il governo ha annunciato
investimenti per mille miliardi di dollari nei prossimi cinque anni.
Interscambio commerciale
L’interscambio commerciale tra Italia e India nel 2010 è stato molto intenso,
con un volume d’affari del 7,2% e nel 2011 del 6,4%. L’Italia è il diciottesimo
Paese di destinazione delle esportazioni indiane, le quali hanno rilevato nel
2011 un incremento del 31% rispetto all’anno precedente. Le imprese italiane
già presenti sul territorio indiano sono oltre 400, anche se l’Italia è solo al
diciassettesimo posto nella classifica degli investitori esteri nel paese ed al
settimo fra quelli europei.
Nel 2011 i rapporti bilaterali sono stati intensi, con l’organizzazione di tre
missioni imprenditoriali organizzate sul suolo indiano.
A livello europeo, l’Ue e l’India sono legate da un accordo di partenariato
strategico conclusosi nel 2004 e completato da un ampio piano di azione
adottato nel 2005. Tale piano ha riguardato diversi campi quali la cultura,
l’ambiente e la politica economica, per la quale nel 2007 sono state lanciate
delle negoziazioni per la realizzazione di un accordo di libero scambio.
Sistema fiscale
Il sistema fiscale indiano è in piena evoluzione e presenta un regime complesso
ed oneroso per le aziende.
L’imposta sul reddito sia per le società di proprietà indiana che per le succursali
indiane di proprietà straniera è del 30%, mentre per quanto riguarda le società
estere sale al 40%.
L’imposta sul valore aggiunto si applica soltanto ai beni e non ai servizi, in ogni
fase della vendita. Vi sono quattro categorie di beni: prodotti base; oro,
argento e pietre preziose; prodotti industriali, beni d’investimento e prodotti di
largo consumo; rimanenti prodotti quali derivati del petrolio, tabacchi e liquori.
Tutte le aziende hanno l’obbligo di effettuare la registrazione ai fini IVA, tranne
le attività con fatturato inferiore a 500,00 rupie indiane (circa 7.600 euro).
La ritenuta d’acconto sui dividendi è del 15%, mentre i profitti rimpatriati da
una succursale estera ad una società indiana impone una ritenuta del 30%.
Il regime fiscale indiano prevede diverse categorie di aliquota che dipendono
dal reddito, dal sesso e dall’età della persona. Le aliquote possono variare
dall’esenzione totale ad un massimo del 30%. L’imposta sul reddito delle
persone fisiche si basa anche sulla residenza dell’individuo e sulla fonte del suo
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reddito. Un individuo sarà considerato residente in India qualora si verifichi una
delle seguenti condizioni:
- permanenza in India, nell’anno di riferimento, per un periodo, o più
periodi aggregati, pari o superiore a 182 giorni; oppure
- permanenza in India, durante i quattro anni precedenti l’anno di
riferimento, per un periodo, o più periodi aggregati, pari o superiore a
365 giorni, accompagnato da 60 o più giorni di permanenza nell’anno di
riferimento.
I residenti sono passibili d’imposta in base al loro reddito globale, mentre i non
residenti soltanto per il reddito generato, ricevuto o maturato in India.
Prospettive future
Attualmente l’India è la decima economia mondiale, e secondo la banca d’affari
Goldman Sachs nel 2050 sarà la terza dopo Cina e Usa. Secondo un recente
studio dell’istituto britannico indipendente Centre for Economics and Business
Research, nel 2020 sarà al quinto posto dopo Usa, Cina, Giappone e Russia.
Gli investimenti riguardano anche il settore dell’astronautica; infatti nel 2008 è
stata inviata la prima navicella lunare senza equipaggio ed entro il 2020
saranno inviati i primi astronauti sulla Luna.
Per mantenere il suo ruolo di leader regionale e per contrastare lo strapotere
delle potenze nucleari ai suoi confini (Cina e Pakistan), nel quinquennio 2012 –
2017, il governo ha prospettato la spesa di 73 miliardi di euro nel settore della
difesa.
Marzo 2012
Ufficio E-Commerce e Commercio Estero
Camera di Commercio di Genova