Società italiana di Microbiologia N.11 Anno 11 9 - -N. Ottobre 2009 2007 37° Congresso Nazionale della Società Italiana di Microbiologia Torino 11 - 14 ottobre 2009 RIASSUNTI Clicca qui per entrare nel libro dei Riassunti 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 2 di 288 Comitato di Presidenza Nicola Carlone Rossana Cavallo Anna Maria Cuffini Giorgio Gribaudo Santo Landolfo Alessandro Negro Ponzi Dianella Savoia Comitato Organizzatore e Segreteria Scientifica Nicola Carlone Rossana Cavallo Anna Maria Cuffini Giorgio Gribaudo Santo Landolfo Alessandro Negro Ponzi Dianella Savoia David Lembo Tiziana Musso Vivian Tullio Giuliana Banche Massimiliano Bergallo Patrizia Caposio Marco De Andrea Anna Luganini Isa Mandras Chiara Merlino Mario Zucca 37° Congresso Nazionale della Società Nazionale di Microbiologia Segreteria del Comitato di Presidenza Università degli Studi di Torino Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia Via Santena 9, 10126 Torino Elisa Piazza : Tel 011/6705641 Fax 011/6705648 e-mail : [email protected] Giuliana Banche : Tel 011/6705634 Fax 011/2365634 e-mail : [email protected] Segreteria Organizzativa eac Srl Via Sannio, 4 20137 Milano Tel. 0259902320 Fax 0259900758 [email protected] www.eac.it/sim2009.htm CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 3 di 289 RELAZIONI IMMUNIZZAZIONE VERSO I VIRUS DELL’INFLUENZA: PROBLEMI E PROSPETTIVE. Alberta Azzi (Firenze) I SISTEMI DI SECREZIONE DI TIPO VII DI MYCOBACTERIUM TUBERCULOSIS: LORO POSSIBILE RUOLO NEL RAPPORTO CON L’OSPITE Giovanna Batoni (Pisa) L’IMPORTANZA E IL SIGNIFICATO DELLE DETERMINAZIONI QUANTITATIVE IN VIROLOGIA Massimiliano Bergallo (Torino) MICROARRAY DI PROTEINE IN AMBITO MICROBIOLOGICO: POTENZIALITÀ E LIMITI Blasi Elisabetta (Modena) ORIENTAMENTI TERAPEUTICI NEL TRATTAMENTO DELLE ESACERBAZIONI DI BRONCHITE CRONICA: RUOLO DELLE BETA-LATTAMINE ORALI Francesco Blasi, (Milano) EZIOLOGIA E RESISTENZE : I DATI INTERNAZIONALI E LA REALTA’ ITALIANA E. Concia (Verona) I RISULTATI DELL'OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO GIARIR (GRUPPO ITALIANO PER LO STUDIO DELLE ANTIBIOTICO RESISTENZE NELLE INFEZIONI RESPIRATORIE) 2009:"RISULTATI DELL'ATTIVITÀ IN VITRO" G. Tempera (Catania) DIAGNOSI DI PARASSITOSI: METODI MOLECOLARI INNOVATIVI E METODI CONVENZIONALI A CONFRONTO Adriana Calderaro (Parma) APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA E DIAGNOSI DELL’INFEZIONE DA EBV. Adriana Calderaro (Parma) NUOVE ATTIVITA’ IMMUNOMODULANTI DI PIDOTIMOD. A. Caruso (Brescia) INTERAZIONI MICROBICHE E QUORUM SENSING PER LA BIOPROTEZIONE DEGLI ALIMENTI Luca Cocolin, Valentina Alessandria, Kalliopi Rantisou (Torino) PATOLOGIE VIRALI EMERGENTI NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO. Cristina Costa (Torino) PATOGENI INDIGENI DELLE ACQUE: I VIBRIONI Luciana Croci (Roma) MOLECOLE NON CONVENZIONALI NELLA PROFILASSI DELLE UTI RICORRENTI: APPROCCIO IMMUNOLOGICO. Roberto Di Marco (Campobasso) CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 4 di 288 VIRUS DELL’EPATITE C: DALL’INFEZIONE ALLA REINFEZIONE NEL PAZIENTE CON TRAPIANTO D’ ORGANO Rosa Di Stefano (Palermo) STREPTOCOCCUS SUIS Bruna Facinelli (Ancona) TERAPIE INNOVATIVE CON ANTICORPI MONOCLONALI E INFEZIONI DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE: IL CASO DEL VIRUS JC Pasquale Ferrante (Milano) LE ADESINE DI TRICHOMONAS VAGINALIS: VERITA’ O LEGGENDA? Pier Luigi Fiori (Sassari) L'EPIDERMODISPLASIA VERRUCIFORME COME MODELLO DI CARCINOGENESI CUTANEA ASSOCIATA ALL'INFEZIONE DA PAPILLOMAVIRUS Marisa Gariglio (Novara) LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DI SICUREZZA ALIMENTARE: REALIZZAZIONE E MODELLAZIONE DI UNA EFFICACE ANALISI QUANTITATIVA DEI RISCHI DA PATOGENI ALIMENTARI M. Elisabetta Guerzoni (Bologna) DISRUPTION OF PROTEIN-PROTEIN INTERACTIONS AS A NOVEL ANTIVIRAL STRATEGY: FROM HERPESVIRUSES TO INFLUENZA Arianna Loregian (Padova) RUOLO DELLA VIA DI TRASDUZIONE DEL SEGNALE TLR7/TLR9/MyD88/IRF1 NELLA DIFESA DELL’OSPITE CONTRO INFEZIONI BATTERICHE E FUNGINE. Giuseppe Mancuso (Messina) USO DI PRODOTTI NATURALI SULLE VALVOLE FONETICHE Narcisa Mandras (Torino) RIATTIVAZIONE HBV NEL PAZIENTE IMMUNODEPRESSO. Alfredo Marzano (Torino) CLOSTRIDIUM DIFFICILE ED ANAEROBI Paola Mastrantonio (Roma) ANALISI GENOTIPICA E CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI DETERMINANTI DI VIRULENZA ESPRESSI DA CEPPI DI STENOTROPHOMONAS MALTOPHILIA ISOLATI DA PAZIENTI AFFETTI DA FIBROSI CISTICA. M. Nicoletti, (Chieti) STATO DELL'ARTE DI PRINCIPI ATTIVI NATURALI DI ORIGINE VEGETALE IN MICROBIOLOGIA Antonia Nostro, Giuseppe Bisignano (Messina) CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 5 di 288 SALTO DI SPECIE: FANTASIA O REALTÀ? Riccardo Orusa (Torino) RUOLO DELL'AUTOFAGIA NELLA PATOGENESI DELLE INFEZIONI DA INFLUENZA VIRUS: SPUNTI PER L'INDIVIDUAZIONE DI STRATEGIE ANTIINFLUENZALI INNOVATIVE. A.T. Palamara (Roma) PNEUMOCOCCO: LA SORVEGLIANZA MICROBIOLOGICA DELLE MALATTIE INVASIVE PER LA VALUTAZIONE DI EFFICACIA E DI IMPATTO DEL VACCINO CONIUGATO A. Pantosti (Roma) ASPETTI POSIZIONALI E DIMENSIONALI NELLA PERCEZIONE DEL QUORUM IN BIOFILM BATTERICI Elisa Polone (Padova) RUOLO DELLE PROTEINE GAS/PHR NELLA MORFOGENESI E VIRULENZA DI CANDIDA ALBICANS Laura Popolo (Milano) MECCANISMI PATOGENETICI ALLA BASE DELL’OSTEOPENIA NEI SOGGETTI HIV-1 INFETTI Maria Carla Re (Bologna) DELL’OSTEOPOROSI E RUOLO DELLA MP65, UNA ADESINA AD ATTIVITÀ β-GLUCANASICA, NELLA MORFOGENESI E VIRULENZA DI CANDIDA ALBICANS. Sandini Silvia (Roma) MYCOBACTERIUM AVIUM SUBSPECIES PARATUBERCULOSIS E MALATTIE AUTOIMMUNI: POSSIBILE RUOLO NEL MORBO DI CROHN E NEL DIABETE MELLITO DI TIPO 1. Leonardo A Sechi (Sassari) IL RUOLO DEL LABORATORIO DI MICROBIOLOGIA NELLA SORVEGLIANZA DELLE INFEZIONI CORRELATE ALL'ASSISTENZA: I MICRORGANISMI SENTINELLA E L'ANTIBIOTICORESISTENZA R.Serra (Torino) NUOVE EZIOLOGIA ED EPIDEMIOLOGIA DELLE OTITI MEDIE Annamaria Speciale (Catania) LA CAPSULA DI CRYPTOCOCCUS NEOFORMANS. EFFETTI IMMUNOSOPPRESSIVI ED ANTINFIAMMATORI:DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA. Anna Vecchiarelli (Perugia) IL QUORUM SENSING NEI BATTERI ASSOCIATI ALLE PIANTE Vittorio Venturi (Trieste) INTERAZIONI MICROBICHE NELL’AMBIENTE MARINO: ASPETTI EMERGENTI Luigi Vezzulli (Genova) CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 6 di 288 ANTAGONISMO BATTERI LATTICI-FUNGHI: SEGNALI UTILI AL BIOCONTROLLO DEGLI ALIMENTI Emanuele Zannini (Ancona) CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 7 di 288 COMUNICAZIONI ORALI BATTERIOLOGIA IL GENE ACE, CODIFICANTE UNA ADESINA DI ENTEROCOCCUS FAECALIS, È REGOLATO DA ERS ED È COINVOLTO NELLA VIRULENZA Sanguinetti M.1, Lebreton F.2, Torelli R.1, Riboulet-Bisson E.2, Serror P.3, Posteraro B.1, Hartke A.2, Auffray Y.2, Giard JC.2, Fadda G.1 1 Istituto di Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, L.go F. Vito 1, Roma, Italy 2 Laboratoire de Microbiologie de l’Environnement, Université de Caen, 14032 Caen Cedex, France 3 Unité des Bactéries Lactiques et Pathogènes Opportunistes, INRA, 78350 Jouy-en-Josas, France PRINCIPALI CLONI DI A.BAUMANNII CARBAPENEMI-RESISTENTI CIRCOLANTI IN ITALIA Mezzatesta M.L.1, D’Andrea M.M.2, Migliavacca R.3, Giani T.2, Gona F.1, Marchese G.1, Nucleo E.3, Pagani L.3, Rossolini G.M.2 and Stefani S.1 Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Sc. Ginecologiche – Università di Catania1, Siena 2 e Pavia3 , Italia CARATTERIZZAZIONE CLINICA E MOLECOLARE DI CEPPI DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS METICILLINO-SENSIBILI E -RESISTENTI ISOLATI DA BATTERIEMIE E. Borghi1, C. Biassoni1, F. Tordato2, M. Cainarca3, R. Sciota1, AD Monforte2, G. Morace1 1 Dip. Sa.Mi.Vi, Università di Milano, 2Dip. di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria, Clinica di Malattie Infettive, AO San Paolo, Università di Milano, , 3Lab.Microbiologia, AO San Paolo, Milano. EFFETTO DELLA INATTIVAZIONE DI GENI DEL SISTEMA ESX-5 DI MYCOBACTERIUM TUBERCULOSIS SULLA SECREZIONE DI PROTEINE PE/PPE M. Di Luca, D. Bottai, G. Batoni, F. L. Brancatisano, G. Maisetta, W. Florio, C. Counoupas, S. Esin, M. Campa. Dipartimento di Patologia Sperimentale, Biotecnologie Mediche, Infettivologia ed Epidemiologia, Università di Pisa TRASFERIMENTO MEDIATO DA BATTERIOFAGO DI GENI DI RESISTENZA ALL’ERITROMICINA E ALLA TETRACICLINA IN STREPTOCOCCUS PYOGENES. M.C. Di Luca, D. Petrelli, S. D’Ercole, M. Prenna, S. Ripa, L.A. Vitali Dip. di Biologia M.C.A., Università di Camerino. STUDIO DELLE MUTAZIONI PATOADATTATIVE DEL GENE FIMH DI ESCHERICHIA COLI Iebba V1., Conte MP1., Lepanto M1., Proietti Checchi M1., Totino V.1, Aleandri M.1, Longhi C.1, Marazzato M.1, Cucchiara S.2, Schippa S1. 1Dipartimento di Scienze e Sanità Pubblica, Sapienza Università di Roma; 2 Dipartimenti di Pediatria, Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma CORRELAZIONE TRA EMM/T, SOF, SPEA-C, PRTF1-F2 E RESISTENZA AI MACROLIDI IN S.PYOGENES Carolina Ferranti1, Gianna Tempera1, Giuseppe Bisignano2, Pio Maria Furneri1 1 Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, Università degli Studi Catania. 2 Dipartimento Farmacobiologico, Università degli Studi di Messina CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 8 di 288 ACHROMOBACTER XYLOSOXIDANS ISOLATI DA PAZIENTI AFFETTI DA FIBROSI CISTICA: CORRELAZIONE TRA GENOTIPI, VALORI SPIROMETRICI E FLORA BATTERICA CONCOMITANTE. Varesi P.2, Trancassini M.1, Schippa S.1, Iebba V.2, Pecoraro C.2, Quattrucci S.2 Magni A.1 1 Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica - Università “La Sapienza” Roma 2 Centro Regionale di Fibrosi Cistica Dipartimento di Pediatria - Università “La Sapienza” Roma DETERMINAZIONE DELL’UNITA’ RIPETITIVA DEL CEPACIANO TRASLOCATA NELLO SPAZIO PERIPLASMICO DA UNA FLIPPASI CODIFICATA DAL GENE bceQ Furlanis L., Corich L., Cescutti P., Foschiatti M., Rizzo R., Dolzani L., Tonin E., Lagatolla C. Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 9 di 288 COMUNICAZIONI ORALI BATTERIOLOGIA 2 E MISCELLANEA PATOGENICITÀ ED ANTIBIOTICO-RESISTENZA DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS ISOLATO DA DERMATITE ATOPICA Cafiso V1, Spina D1, Bertuccio T1, Purrello S1, Vitale S1, Prignano G2, Capitanio B3, Pascolini C2, De Santis A 2 , Di Carlo A 2 e Stefani S1 1 Dipartimento di Microbiologia e Ginecologia–Università di Catania (CT) e-mail:[email protected]; 2 SSO Diagnostiche Microbiologiche, 3SSO Dermatologia Pediatrica-Istituto San Gallicano- IRCCSPolo Dermatologico IFO (RM) UN MODELLO DI PERSISTENZA IN HELICOBACTER PYLORI IN UN CASO DI CANCRO GASTRICO R. Grande, M. Di Giulio, E. Di Campli, S. Di Bartolomeo, L. Cellini Dipartimento di Scienze Biomediche, Facoltà di Farmacia, Università “G. d’Annunzio” Chieti – Pescara STUDIO DELLA FORMAZIONE DI BIOFILM E DELL’ADESIVITA’ A DIFFERENTI CELLULE EUCARIOTICHE DI CEPPI SENSIBILI AI β-LATTAMICI E DI CEPPI PRODUTTORI DI β-LATTAMASI Fugazza G.1, Nucleo E.1, Migliavacca R.1, Spalla M.1, Pagani L.1, Debiaggi M.1 1 Dip. S.M.E.C. sez. di Microbiologia, Univ. di Pavia, Pavia EFFETTO DEL 3-O-METHYLFUNICONE (OMF) DA PENICILLIUM PINOPHILUM SU CELLULE STAMINALI DI CANCRO Buommino E, De Filippis A, Tirino V, *Nicoletti R, Tufano MA. Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica, SUN *C.R.A. – Istituto Sperimentale del Tabacco, Scafati ATTIVAZIONE PRIMARIA DI LINFOCITI T IN SEGUITO A VACCINAZIONE MUCOSALE Medaglini Donata; Ciabattini Annalisa; Pettini Elena.; Pozzi Gianni. LA.M.M.B, Dip. Biologia Molecolare, Università di Siena, Siena. IDENTIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE FUNZIONALE DELLA TOSSINA CITOLITICA TVSAPLIP-5 DI TRICHOMONAS VAGINALIS Paola Rappelli, Nicia Diaz, Daniele Dessì, Antonella Mura, Federica Riu, Pier Luigi Fiori Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Sassari ATTIVITÀ BATTERICIDA ED ANTI-BIOFILM DI PEPTIDI ANTIMICROBICI VERSO PATOGENI MULTI-RESISTENTI ISOLATI DA PAZIENTI CON FIBROSI CISTICA. Di Bonaventura G.,1,2 Pompilio A.,1,2 Picciani C., 1,2 Confalone P.,1,2 Benincasa M.,3 Scocchi M.,3 Fiscarelli E.,4 Piccolomini R.,1,2 Gennaro R.3 1 Dipartimento Scienze Biomediche, Università di Chieti-Pescara. 2 Centro Scienze sull’Invecchiamento, Fondazione Università di Chieti-Pescara. 3 Dipartimento Scienze della Vita, Università di Trieste. 4 Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù”, Roma. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 10 di 288 INVASIONE E SOPRAVVIVENZA INTRACELLULARE DI CEPPI DEL BURKHOLDERIA CEPACIA COMPLEX IN CELLULE DENDRITICHE Antonietta Lambiase, Emanuela Roscetto, Laura Vitiello, Rosa Muoio, Maria Rosaria Catania, Mariassunta Del Pezzo, Fabio Rossano Dipartimento di Biologia e Patologia Cellulare e Molecolare “Luigi Califano”, Università di Napoli “Federico II” INDIVIDUAZIONE MOLECOLARE DI BABESIA EU1 E BABESIA DIVERGENS-LIKE IN ZECCHE IXODES RICINUS RACCOLTE NEL FRIULI-VENEZIA GIULIA. M. Cinco, R. Floris, Paola Cecco. Dipartimento Scienze della Vita, Spirochete Laboratory, Univerisità di Trieste. COMUNICAZIONE CELLULARE NEI BATTERI DEGLI ALIMENTI Raffaella Di Cagno, Maria De Angelis, Maria Calasso, Fabio Minervini, Marco Gobbetti Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università degli Studi di Bari ANALISI DELLE PROPRIETA’ ADESIVE DI CANDIDA PARAPSILOSIS, CANDIDA METAPSILOSIS E CANDIDA ORTHOPSILOSIS Arianna Tavanti, Alessia Bertini, Lambert A.M. Hensgens e Sonia Senesi Dipartimento di Biologia, Università di Pisa, Pisa CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 11 di 288 COMUNICAZIONI ORALI VIROLOGIA MUTATIONAL RESISTANCE PATTERN OF HIV-1 IN CD14+ MONOCYTES, CD4+ T CELLS AND PLASMA FROM TREATED PATIENTS Francesca Falasca1, Claudia Montagna1, Francesca Graziano1, Mauro Bucci1, Paola Maida1, Gabriela d’Ettorre2, Ivano Mezzaroma3, Guido Antonelli1, Ombretta Turriziani1. 1 Department of Experimental Medicine, Virology Section, 2Department of Clinical Medicine, 3 Department of Infectious Diseases, “Sapienza” University of Rome and Policlinico Umberto I, Rome Italy. STUDIO DELL’ATTIVITÀ TRASCRIZIONALE DI TIMOSINA ALFA 1 (Tα1) SU LINFOCITI PERIFERICI PROVENIENTI DA PAZIENTI HIV POSITIVI. Matteucci C.1, Minutolo A.1, Grelli S.1, Macchi B.2, D'Ettorre G3., Vullo V.3, Mastino A.4,5, Garaci E1. (1) Dip. di Scienze Biochimiche e Medicina Sperimentale, Università di Roma “Tor Vergata”; (2)Dip. di Neuroscienze, Università di Roma “Tor Vergata”; (3) Dip. di Malattie Tropicali ed infettive, Università di Roma Sapienza; (4) Dip. di Scienze della Vita, Sez. di Sc. Microb., Gen e Mol, Univ. di Messina; (5) IRCCS Centro Neurolesi “Bonino-Pulejo”, Messina. RUOLO DELLA PROTEINA STAT3 NELLA CARCINOGENESI CUTANEA INDOTTA DA PAPILLOMAVIRUS UMANI M. De Andrea1,2, M. Rittà1,2, M. Landini2, C. Borgogna2, M. Mondini2,3, H. Pfister4, E. Marcuzzi4, M. Baccarini5, M. Gariglio2, S. Landolfo1 1 Dip.to di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università degli Studi di Torino, Italia; 2Dip.to di Medicina Clinica e Sperimentale, Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro”, Novara, Italia; 3 NoToPharm S.r.l, Bioindustry Park del Canavese, Colleretto Giacosa - Torino, Italia; 4Institute of Virology, Università di Colonia, Germania; 5Max F. Perutz Laboratories, Dip.to di Microbiologia e Immunobiologia, Università di Vienna, Austria. REACTIVATION OF THE NOVEL KI, WU AND MC POLYOMAVIRUSES IN THE IMMUNOCOMPROMISED PATIENTS Muhammed Babakir-Mina 1, Massimo Ciccozzi 2, Massimiliano Bergallo 3, Cristina Costa 3, Rossana Cavallo 3, Carlo Federico Perno 1, and Marco Ciotti 1 1 Laboratory of Molecular Virology, University Hospital Tor Vergata, Viale Oxford, 81-00133, Rome, Italy. 2 Department of Infectious, Parasitic and Immunomediated Disease, Istituto Superiore di Sanita’, Rome, Italy. 3 SCDU Virology, University of Turin, Italy. ALTERAZIONI DELL’IMMUNITÀ INNATA IN RISPOSTA ALLA INFEZIONE CON HERPESVIRUS IN PAZIENTI CON SCLEROSI MULTIPLA. Rotola A., Caselli E., Gentili V., Rizzo R., Sattin E., Cellini A., Cassai E., Di Luca D. Dipartimento di Medicina Sperimentale Diagnostica, Università di Ferrara INIBITORI DELLE ISTONE DEACETILASI DI CLASSE II RIDUCONO LA REPLICAZIONE DEL VIRUS INFLUENZALE IN VITRO Giovanna Simonetti1, Simona Panella1, Lucia Nencioni1, Antonello Mai 2, Enrico Garaci3, Anna Teresa Palamara1 1 Dip. Scienze di Sanità Pubblica “G.Sanarelli,” 2Dip. Studi Farmaceutici “Sapienza”, Università di Roma, 3Dip. Medicina Sperimentale, Università di Roma Tor Vergata DETERMINAZIONE DEI POLYOMAVIRUS KI E WU IN LAVAGGI BRONCOALVEOLARI DI SOGGETTI ADULTI MEDIANTE UNA REAL TIME PCR HOME-MADE. Sara Astegiano, Maria Elena Terlizzi, Cristina Costa, Massimiliano Bergallo, 1Muhammed BabakirMina, 1Carlo Federico Perno, 1Marco Ciotti, Rossana Cavallo. SCDU Virologia, Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni Battista, Torino; 1Laboratorio di Virologia Molecolare, Università di Roma Tor Vergata, Roma. ANALISI DELLA COMPETENZA FUNZIONALE DI CLONI GENOMICI DI PARVOVIRUS B19 Giorgio Gallinella, Francesca Bonvicini, Elisabetta Manaresi, Giovanna Gentilomi, Simona Venturoli, Marialuisa Zerbini, Monica Musiani Dipartimento di Ematologia e Scienze Oncologiche – Microbiologia Università di Bologna. Via Massarenti, 9 40138 Bologna, Italia CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 12 di 288 MODULAZIONE DELL’ESPRESSIONE DI GENI CELLULARI COINVOLTI NEL PROCESSO INFIAMMATORIO DA PARTE DEI SOTTOTIPI A E C DI HHV-8 Matteoli B1-3, Scaccino A1, Bontempo L1, Broccolo F2, Vatteroni ML3, Ceccherini-Nelli L1-3 1 Dipartimento di Patologia Sperimentale BMIE, Università di Pisa, Pisa 2 Dipartimento di Medicina, Prevenzione e Biotecnologie, Università di Milano-Bicocca, Monza 3 U.O. Virologia, Azienda Ospedaleiro Universitaria Pisana, Pisa IDENTIFICAZIONE DI NUOVI COMPOSTI PEPTIDICI MULTIMERICI COME INIBITORI DELL’INFEZIONE DA PAPILLOMAVIRUS UMANI AD ALTO RISCHIO Manuela Donalisioa, Andrea Giulianib, Giovanna Pirrib, Silvia Fabiole Nicolettob, Donatella Allemandb, Antonella Bugattic, Marco Rusnatic, Santo Landolfod, David Lemboa. a Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi di Torino; bSpider Biotech, BioIndustry Park, Ivrea; cDipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologia, Università di Brescia; d Dipartimento di Sanità Pubblica e di Microbiologia, Università degli Studi di Torino L’IMMUNIZZAZIONE CON LINFOCITI-T AUTOLOGHI TRASDOTTI EX-VIVO ED ESPRIMENTI ENV INDUCE ALTI LIVELLI DI ANTICORPI NEUTRALIZZANTI E CONFERISCE PROTEZIONE CONTRO L’INFEZIONE DA LENTIVIRUS 1 Mauro Pistello, 1Francesca Bonci, 1Elisa Zabogli, 1Francesca Conti, 1Giulia Freer, 1Fabrizio Maggi, 2 Mario Stevenson e 1Mauro Bendinelli 1 Centro Retrovirus e Sezione Virologia, Dipartimento di Patologia Sperimentale, Università di Pisa; 2 Program in Molecular Medicine, University of Massachusetts Medical School, Worcester, MA, USA ATTIVITÀ ANTIVIRALE DI NUOVI FARMACI INIBITORI DELL’INTEGRASI IN LINFOCITI E MACROFAGI PRIMARI UMANI ACUTAMENTE INFETTATI DA HIV-1. Michela Pollicita1, Fernanda Scopelliti1, Francesca Ceccherini Silberstein1, Danilo Armenia1, CarloFederico Perno1, Stefano Aquaro1,2. 1 Dip. di Medicina Sperimentale e Scienze Biochimiche, Univ. di Roma Tor Vergata; 2Univ. della Calabria, Dip. Farmaco-Biologico. L’INVECCHIAMENTO MODIFICA LA PERMISSIVITA’ CELLULARE AL VIRUS INFLUENZALE: RELAZIONE CON LO STATO REDOX R. Sgarbanti1, K. Aquilano2, S. Piccirillo2, G. Simonetti1, M.R. Ciriolo2, A.T. Palamara1 1 Dip. Sc. San. Pubblica, Sapienza Univ. Roma; 2Dip. di Biologia, Univ. Roma Tor Vergata STUDIO DELL’ATTIVITÀ ANTIVIRALE DI ANALOGHI DEL RESVERATROLO IN UN MODELLO SPERIMENTALE IN VITRO DI INFEZIONE DA VIRUS INFLUENZALE A I. Celestino1,2, L. Nencioni2, R. Di Santo3, R. Costi3, E. Garaci4, A.T. Palamara1,2 1 Ist. Pasteur_Cenci Bolognetti Fond, 2Dip. Sc. San. Pub. e 3Dip. Studi Farmaceutici-Sapienza Univ. Roma; 4ISS_Roma SVILUPPO DI UNA REAL TIME REVERSE TRANSCRIPTASE PCR (RRT-PCR) ED ISOLAMENTO VIRALE NELLA DIAGNOSI DEI VIRUS INFLUENZALI AVIARI H5 E H7 Sidoti Francesca, 1Mandola Maria Lucia, 1Rizzo Francesca, Costa Cristina, Gambarino Stefano, Astegiano Sara, Callea Stefano, Cavallo Rossana, Bergallo Massimiliano. SCDU Virologia AOU San Giovanni Battista, Torino 1 Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Laboratorio Virologia e Sierologia virologica, Torino COMPARISON OF INDIRECT IMMUNOFLUORESCENCE ASSAY (IFA) AND REAL TIME RT-PCR IN DIAGNOSIS OF HUMAN PARAINFLUENZA VIRUSES. Maria Elena Terlizzi, Cristina Costa, Stefano Gambarino, Antonio Curtoni, Samantha Mantovani, Franca Sinesi, Rossana Cavallo, Massimiliano Bergallo. SCDU Virologia, Azienda Ospedaliera Universitaria S. Giovanni Battista Torino. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 13 di 288 VIREMIA DI TTV IN SOGGETTI IMMUNOCOMPROMESSI: UN NUOVO MARCATORE DI DISFUNZIONE IMMUNE? Maggi Fabrizio1, Albani Melania1, Focosi Daniele2, Fiorentini Simona3, Ricci Valentina1, Rocchi Jara1, Macera Lisa1, Lanini Letizia1, Andreoli Elisabetta1, Bendinelli Mauro1, Rizzardini Giuliano4, Clerici Mario5, Caruso Arnaldo3, Antonelli Guido6, Pistello Mauro1, Ceccherini-Nelli Luca1 1 Sezione di Virologia e Centro Retrovirus, Dip. di Patologia Sperimentale, Università di Pisa, 2 Divisione di Ematologia, Dip. di Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina, Università di Pisa; 3Sezione di Microbiologia, Dip. di Medicina Sperimentale e Applicata, Università di Brescia; 4Dip. Malattie Infettive, Ospedale Sacco, Milano;5Dip. di Immunologia, Scienze Precliniche Laboratorio Integrato Tecnologie Avanzate Vialba, Università di Milano; 6Sezione di Virologia, Dip. di Medicina Sperimentale, “Sapienza” Università, Roma. DETECTION AND TYPING OF RESPIRATORY VIRUSES AND EVALUATION OF INTERFERON RESPONSE IN CHILDREN SUFFERING FROM RESPIRATORY VIRUSES INFECTIONS. 1Trombetti S, 1Scagnolari C, 1Pierangeli A, 1Soldà A, 1Selvaggi C, 1Carbone T, 1Chiavuzzo L, 1Monteleone K, 1Spano L, 2Midulla F, 2Moretti C, 1Antonelli G. 1Virology Section, Dpt of Experimental Medicine; 2Dpt of Pediatrics, Sapienza University, Rome, Italy. TERAPIA PRE-SINTOMATICA DELL’INFEZIONE SISTEMICA E POLMONARE DA CITOMEGALOVIRUS UMANO IN RICEVENTI TRAPIANTO POLMONARE G. Gernaa, D. Lilleria, V. Rognonia, M. Agozzinob, F. Melonic, T. Oggionnic, C. Pellegrinid, E. Arbustinib, A.M. D’Arminid a Servizio di Virologia, b Servizio di Anatomia Patologica, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, c Malattie dell’Apparato Respiratorio e d Cardiochirurgia, Università degli Studi di Pavia, Pavia, Italia STUDIO IN VITRO DELLA CAPACITÀ DI RIASSORTIMENTO DEL NUOVO VIRUS UMANO DELL’INFLUENZA A DI ORIGINE SUINA H1N1 Simone Giannecchini, Valeria Clausi e Alberta Azzi Sezione di Virologia, Dipartimento di Sanità Pubblica, Università di Firenze, Firenze IMPORTANZA DEL SEQUENZIAMENTO GENICO DI DNA PROVIRALE ESTRATTO DA SANGUE INTERO E DI RNA ESTRATTO DA PLASMA IN SOGGETTI SOTTO TRATTAMENTO ANTIRETROVIRALE CON BASSI LIVELLI PLASMATICI DI HIVRNA. R. Santangelo1, S. Marchetti1, S. Di Giambenedetto2, M. Colafigli2, A. Di Franco1, M.Fabbiani2, P. Cattani1, A. De Luca2, G. Fadda1. 1 Istituto di Microbiologia e 2Istituto di Clinica delle Malattie Infettive, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma. PANDEMIA DA NUOVO VIRUS DELL’INFLUENZA A (H1N1)V: IDENTIFICAZIONE DEL PRIMO CASO ITALIANO E MONITORAGGIO DELLA FASE “DIAGNOSTICA” DI SORVEGLIANZA Vatteroni ML, S. Frateschi, A. Scaccino, F. Maggi, P. Mazzetti, B. Matteoli, L. Ceccherini-Nelli U.O. Virologia Universitaria, Dipartimento di Patologia Sperimentale BMIE, AOUP, Pisa SORVEGLIANZA EPIDEMIOLOGICO-MOLECOLARE DI PATOGENI VIRALI ATTRAVERSO L’ANALISI DI LIQUAMI URBANI Giuseppina La Rosa, Marcello Iaconelli, Manoochehr Pourshaban, Valentina Spuri Vennarucci, Marta Fratini, Michele Muscillo. Istituto Superiore di Sanità, Roma. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 14 di 288 EFFETTO DI AZIDOVUDINA, NEVIRAPINA ED INDINAVIR SU CELLULE DI MELANOMA ESPRIMENTI HERV-K, SOTTOPOSTE A CONDIZIONI STRESSANTI DI CRESCITA. Balestrieri E.1, Sorrentino R.1, Matteucci C.1, Al Dossary R.1, Spadafora C.2, Garaci E.1, Sinibaldi Vallebona P.1 (1) Dipartimento di Medicina Sperimentale e Scienze Biochimiche, Università di Roma “Tor Vergata”; (2) Istituto Superiore di Sanità, Roma. ALTERATA REGOLAZIONE DEL CICLO CELLULARE INDOTTA DA CITOMEGALOVIRUS UMANO IN MODELLI CELLULARI PERMISSIVI IN ATTIVA DIVISIONE O ALLO STADIO TERMINALE DI DIFFERENZIAMENTO Arcangeletti M.C.1, Germini D.1, Rodighiero I.1, Mirandola P.2, Motta F.1, Dettori G.1, Chezzi C.1 1.Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio - Sezione di Microbiologia; 2.Dipartimento di Anatomia Umana, Farmacologia e Scienze Medico-Forensi - Sezione di Anatomia Umana; Università degli Studi di Parma. PERSISTENZA DI INFEZIONE DA VIRUS HERPES UMANO DI TIPO 8 (HHV-8) IN PAZIENTI CON DIABETE DI TIPO 2 (DM2) Ingianni A.1, Saddi M.1, Reina A.2,Contini P.P.3, Coghe F.4, Pompei R.1 1 Sezione di Microbiologia Applicata, Università di Cagliari. 2Servizio di Immunoematologia, Ospedale Brotzu di Cagliari. 3Servizio di Diabetologia, Ospedale S. Giovanni di Dio, Cagliari. 4 Laboratorio analisi, Ospedale S. Giovanni di Dio, Cagliari RUOLO DIFFERENZIALE DEL CITOSCHELETRO NELLA MODULAZIONE DI FASI PRECOCI DELL’INFEZIONE DEL VIRUS INFLUENZA A/NWS/33 (H1N1) IN MODELLI CELLULARI DI RENE DI MAMMIFERO De Conto Floraa, Covan Silviaa, Arcangeletti M.Cristinaa, Gatti Ritab, Orlandini Guidob, Dettori Giuseppea, Chezzi Carloa. a Sezione di Microbiologia - Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio; bSezione di Istologia ed Embriologia Generale - Dipartimento di Medicina Sperimentale. Università degli Studi di Parma. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 15 di 288 POSTER 1. ANALISI MICROBIOLOGICA DI CAMPIONI DA TESSUTI MOLLI DI FERITE LAPAROTOMICHE. Minutolo M.1, Blandino G.1, Puleo S.2, Minutolo V.2 1 Dipartimento di Scienze Microbiologiche; 2Dipartimento di Scienze Chirurgiche,Trapianti d’Organo e Tecnologie Avanzate –Università degli Studi di Catania. 2. ASPETTI MICROBIOLOGICI DELLE INFEZIONI INTRA-ADDOMINALI Amodeo A,Caccamo F, Fichera E, Grassi P.,Grasso E.,Guardo G. Mastrojeni S., Patamia I, Scriffignano V, Sciacca A., Nicoletti G. Laboratorio Analisi Az. Policlinico Università Catania 3. BATTERI PATOGENI ISOLATI DA EMOCOLTURE: FREQUENZA E SENSIBILITÀ AGLI ANTIBIOTICI (2007-2008) Blandino G, Pisano M, Privitera S, Puglisi S, Nicolosi D, Sciacca A, Nicoletti G. Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche – Università degli Studi di Catania 4. ISOLAMENTO DI CHLAMYDOPHILA PNEUMONIAE NELLE FARINGOTONSILLITI DEGLI ADULTI C. Bonaccorso, B. Bisignano, R. Timpanaro, A. Stivala. Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Ginecologiche, Università degli Studi di Catania 5. VALUTAZIONE DELLA PRESENZA DI CHLAMYDOPHILA ABORTUS IN TAMPONI VAGINALI DI DONNE AFFETTE DA PROBLEMI D’INFERTILITÀ S Appino*, S Rocca*, P Pregel§, L Vincenti§, S Zanetti# * Dipartimento di Patologia e Clinica Veterinaria, Università di Sassari. § Dipartimento di Patologia Animale, Università di Torino # Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Sassari. 6. ENDOCARDITE DA STREPTOCOCCUS SANGUINIS SU VALVOLA PROTESICA. Liberto M.C., Cugnetto G., Caruso E., Filice S., Zicca E., Pulicari M.C., Carrabba A., Puccio R., Giancotti A., Matera G., Quirino A., Focà A. Cattedra di Microbiologia , Università di Catanzaro, via T. Campanella 115, 88100 Catanzaro. 7. TREPONEMA PALLIDUM : UN PATOGENO RIEMERGENTE. CINQUE ANNI DI ESPERIENZA NELLA DIAGNOSI DI SIFILIDE B. Pavone, M. Calapai, A. Arena, A. Speranza, G. Stassi e D. Iannello. U. O. C. di Microbiologia Clinica, A.O.U. G. Martino, Messina. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 16 di 288 8. ISOLAMENTO DI MYCOBACTERIUM BOLLETII E MYCOBACTERIUM PORCINUM DA PAZIENTI IMMUNO-COMPROMESSI * Bonura C.,**Mammina C.,*Calà C.,*Immordino R.,*Pitarresi G.L.,*Lipani G.,*Di Carlo E., *** Colomba C.,***Di Carlo P.,*Giammanco A. Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute, *Sezione di Microbiologia, **Sezione di Igiene, ***Sezione di Malattie Infettive, Università degli Studi di Palermo 9. VALUTAZIONE DEL T-SPOT. TB NELL''INFEZIONE TUBERCOLARE Amodeo A,Caccamo F, Fichera E, Grassi P.,Grasso E.,Guardo G. Mastrojeni S., Patamia I, Scriffignano V, Sciacca A., Nicoletti G. Laboratorio Analisi Az. Policlinico Università Catania 10. ELEVATA PREVALENZA DELLA COLONIZZAZIONE DI ARCOBACTER SPP. IN SOGGETTI ASINTOMATICI CON DIABETE DI TIPO 2. Fera M.T.1, Russo G.T.2, Orlando A.2, Perdichizzi G.2, La Camera E.3 Dipartimento di Patologia e Microbiologia Sperimentale1, Dipartimento di Medicina Interna2, Facoltà di Farmacia3, Università di Messina. 11. PRESENZA DI STAFILOCOCCHI METICILLINO-RESISTENTI IN CAMPIONI ISOLATI DAL CANE M. Ferretti, E. Colombo, B. Lucchini, P.A. Martino Dipartimento di Patologia Animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria, Sezione di Microbiologia e Immunologia Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Milano 12. SEDIMENTI MARINI COME RISERVE AMBIENTALI DI VIBRIONI PATOGENI PER L’UOMO NEL MAR MEDITERRANEO E. Pezzati1, M.Stauder2, M. Moreno4, M. Fabiano4, L.Pane 3, M.M. Lleò1 ,C. Pruzzo3 , L. Vezzulli3 e “VibrioSea Consortium”. 1 Dipartimento di Patologia, Sezione di Microbiologia, Università di Verona; 2Istituto di Microbiologia e Scienze Biomediche, Università Politecnica delle Marche, Ancona; 3DIBIO e 4 DIPTERIS, Università di Genova. 13. RUOLO DEL LABORATORIO DI MICROBIOLOGIA NELLA SORVEGLIANZA DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE ISOLAMENTO DI "BATTERI SENTINELLA" NEGLI ANNI 2006-2009 Amodeo A,Caccamo F, Fichera E, Grassi P.,Grasso E.,Guardo G. Mastrojeni S., Patamia I, Scriffignano V, Sciacca A., Nicoletti G. Laboratorio Analisi Az. Policlinico Università Catania 14. SIEROLOGIA DELLA SIFILIDE: SIEROPREVALENZA IN UNA POPOLAZIONE SELEZIONATA E CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE SUL TEST EUROLINEWB Amodeo A,Caccamo F, Fichera E, Grassi P.,Grasso E.,Guardo G. Mastrojeni S., Patamia I, Scriffignano V, Sciacca A., Nicoletti G. Laboratorio Analisi Az. Policlinico Università Catania 15. VALUTAZIONE COMPARATIVA DI METODI PER LA DIAGNOSI DELLA SIFILIDE Dott.ssa Daniela Zanella, Direttore struttura complessa Ospedale di Susa - Giaveno - Avigliana Dott.ssa Laura Becchio, Dirigente biologo Michela Didero, tirocinante del corso di laurea in Tecniche di laboratorio biomedico CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 17 di 288 16. CARATTERIZZAZIONE DI STIPITI DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS METICILLINO-RESISTENTI CON SCCmec DI TIPO IVa ISOLATI IN OSPEDALI PALERMITANI * Bonura C.,**Mammina C.,**Plano M.R.A.,*Calà C.,*Amato T., *Distefano S., *Virruso R., *Vella A., ***Di Carlo P.,*Giammanco A. Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute “G.D’Alessandro”, *Sezione di Microbiologia, **Sezione di Igiene, ***Sezione di Malattie Infettive, Università degli Studi di Palermo 17. CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI DI STREPTOCOCCUS PYOGENES ISOLATI DA PAZIENTI CON FARINGOTONSILLITE E DA PORTATORI Blandino G. 1, Musumeci R.2, Puglisi S. 1, Fazio D. 1, Speciale A. 1 1 Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche – Università di Catania. 2 Dipartimento di Medicina Clinica e Prevenzione – Università di Milano-Bicocca, Monza. 18. ALLESTIMENTO DI UN METODO DI IDENTIFICAZIONE RAPIDA E SAGGIO DI SUSCETTIBILITÀ ANTIMICROBICA DI COCCHI GRAM-POSITIVI IN EMOCOLTURE PER INOCULO DIRETTO NEL SISTEMA AUTOMATIZZATO PHOENIX Antonella Lupetti,1* Simona Barnini,1 Barbara Castagna,1 Peter H. Nibbering,2 and Mario Campa1 1 Dipartimento di Patologia Sperimentale, Biotecnologie Mediche, Infettivologia ed Epidemiologia, Università di Pisa, Pisa 2 Center of Infectious Diseases, Dept. of Infectious Diseases, Leiden University Medical Center, Leiden, Olanda. 19. CARATTERIZZAZIONE DI ENTEROBATTERI VIM PRODUTTORI ISOLATI IN QUATTRO OSPEDALI ITALIANI Nucleo E.1, Migliavacca R.1, Spalla M.1, Fugazza G.1, Daturi R.2, Navarra A.3, Labonia M. 4, Vismara C.5, Micheletti P.6, Pagani L.1. 1 Dip. S.M.E.C. Sez. di Microbiologia, Università di Pavia, 2Servizio Analisi Microbiologiche IRCCS S. Matteo, Pavia; 3Lab. di Microbiologia, IRCCS S. Maugeri, Pavia; 4IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo (FG); 5Lab. Microbiologia, Fondazione IRCCS Istituto Tumori; 6 Dip. Medicina Sperimentale, Università di Pavia. 20. IDENTIFICAZIONE DI MICOBATTERI DA CAMPIONI DI LATTE Simula G*, Cubeddu M**, Ruggeri M**, Molicotti P**, Mura A***, Bua A**, Sechi LA**, Mantero G*, Zanetti S**. * Isogem S.R.L. Porto Conte Ricerche; **Dipartimento Scienze Biomediche Università di Sassari; ***Azienda Sanitaria Locale N.2 di Olbia 21. ANALISI DEI BATTERI PRESENTI IN SEDIMENTI MARINI RACCOLTI NEL MAR LIGURE: MESSA A PUNTO DI SAGGI MOLECOLARI BASATI SULLA REAL-TIME PCR Vezzulli L.1, Pezzati E.2, Moreno M.3, Stauder M.4, Schito G.C.5, e Pruzzo C.1 DIBIO, Università di Genova1, Dip.Patologia, Università di Verona2, DIPTERIS Università di Genova3, Ist. Microbiologia e Scienze Biomediche, Università Politecnica delle Marche, Ancona4, e DISCMIT Sezione di Microbiologia, Università di Genova5 22. SIERODIAGNOSI DI INFEZIONI A TRASMISSIONE VERTICALE MEDIANTE MICROARRAY PROTEICO Ardizzoni A., Baschieri M.C., Manca L., Cuoghi A., Cermelli C., Peppoloni S., Blasi E. Dip. Scienze di Sanità Pubblica, Università di Modena e Reggio Emilia. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 18 di 288 23. STUDIO DELL’ESPRESSIONE DI GENI DI VIRULENZA IN CEPPI DI LISTERIA MONOCYTOGENES DI DIVERSA ORIGINE Valentina Alessandria, Kalliopi Rantsiou, Luca Cocolin Di.Va.P.R.A - Settore di Microbiologia Agraria e Tecnologie Alimentari, Facoltà di Agraria, Università di Torino 24. PORINA P2 DI HAEMOPHILUS INFLUENZAE REGOLA L’ESPRESSIONE DI MOLECOLE DI ADESIONE E DI CITOCHINE PROINFIAMMATORIE IN ASTROCITI UMANI DI LINEA Emiliana Finamore, Maria Rao, Aikaterini Kampanaraki, Paolo Bevilacqua, Eleonora Mignogna, Novella Incoronato, Marilena Galdiero Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sez. di Microbiologia e Microbiologia Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Seconda Università degli Studi di Napoli 25. MAPPA PROTEICA INDOTTA DALL’ATTIVAZIONE DA LOOP 7 DELLA PORINA P2 DI HAEMOPHILUS INFLUENZAE IN MONOCITI UMANI DI LINEA Mariateresa Vitiello1, Angela Chambery2, Valeria Severino2, Stefania Galdiero3, Marco Cantisani3, Augusto Parente2, Massimiliano Galdiero1 1 Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica, Seconda Università di Napoli 2 Dipartimento di Scienze della Vita, Seconda Università di Napoli 3 Dipartimento di Scienze Biologiche & CIRPEB, “Università di Napoli Federico II” 26. ANALISI DELLA RISPOSTA CELLULARE INDOTTA DA PORINE ED LPS DI SHIGELLA FLEXNERI IN CELLULE CACO-2 Grimaldi E., Perfetto B., Melito A., Donnarumma G. Dipartimento Di Medicina Sperimentale Sez. Microbiologia e Microbiologia Clinica – Seconda Università degli Studi di Napoli. 27. ESPRESSIONE DELLE ACQUAPORINE IN RELAZIONE ALLA PATOGENICITÀ BATTERICA Melito A.°, Perfetto B.°, Fusco A.°, Albano E.°, Braca A.*, Cartenì M.*, Tufano M.A°. °Dipartimento Di Medicina Sperimentale Sez. Microbiologia e Microbiologia Clinica *Dipartimento Di Medicina Sperimentale Sez. Biotecnologie Seconda Università degli Studi di Napoli 28. DISTRIBUTION AND RELEVANCE OF SECRETION SYSTEMS IN Pseudomonas aeruginosa ISOLATED FROM ACUTE INFECTIONS Giovanna Scalet$*, Dinesh D. Sriramulu* and Olivier Jousson* *CIBIO, University of Trento, Via delle Regole 101, Mattarello (TN) 38060, Italy $ Pathology Department-Microbiology section, University of Verona, Strada Le Grazie 8 37134 Verona-Italy 29. CARATTERIZZAZIONE E ANALISI DELL’ESPRESSIONE DELL’OPERONE GROESL DI STENOTROPHOMONAS MALTOPHILIA De Carolis E.1, Prosseda G.2, Florio A. R..1, Renzetti Lorenzetti S.1, Posteraro B.1, Fadda G.1, Colonna B.2, Sanguinetti M.1 1 Istituto di Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma e 2Dipartimento di Biologia Cellulare e dello Sviluppo, Università La Sapienza, Roma. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 19 di 288 30. ANALISI DI ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA PAZIENTI AFFETTI DA MORBO DI CROHN. T. Raso, S. Crivellaro, M.G. Chirillo*, P. Pais,** E. Gaia,** D. Savoia Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Facoltà di Medicina e Chirurgia S. Luigi Gonzaga, Università di Torino * Laboratorio, Ospedale S. Luigi Gonzaga, Orbassano (TO) ** Divisione di Gastroenterologia, Ospedale S. Luigi Gonzaga, Orbassano (TO) 31. EPIDEMIOLOGIA MOLECOLARE DEI CEPPI DI ESCHERICHIA COLI PRODUTTORI DI B-LATTAMASI A SPETTRO ESTESO ISOLATI DA PAZIENTI CON BATTERIEMIA Rosaria Porta, Paola Cerini, Barbara Fiori, Rosa Martucci, Tiziana D’Inzeo, Maurizio Sanguinetti, Teresa Spanu, Giovanni Fadda Istituto Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma 32. INCIDENZA ED ECOLOGIA DI ESCHERICHIA COLI STEC (SHIGA LIKE TOXIN PRODUCING E. COLI) IN PRODOTTI ALIMENTARI TRADIZIONALI Kalliopi Rantsiou e Luca Cocolin DI.VA.P.R.A., Sezione di Microbiologia Agraria e Tecnologie Alimentari, Facoltá di Agraria, Universitá di Torino, tel. 011/6708553, fax 011/6708549, email: [email protected] 33. EXTRACELLULAR PROTEOMIC ANALYSES ON TWO ENTEROCOCCUS FAECALIS STRAINS ISOLATED FROM A CHEESE AND FROM AN HOSPITAL PATIENT HIGHLIGHT DIFFERENT PATHOGENICITY GRADE Pessione A1, Barbiero I1, Lamberti C1, Riedel K2, Eberl L2, Bonetta S3, Andrini L4, Ferlini M4, Giunta C1, Pessione E1 1 Human and Animal Biology Department, University of Torino, Torino, Italy 2 Department of Microbiology, University of Zurich, Zurich, Switzerland 3 Life and Science Department, University of Piemonte Orientale, Alessandria, Italy 4 Microbiology Laboratory, Hospital Mauriziano, Torino, Italy 34. VALUTAZIONE DEL SISTEMA MALDI-TOF-MS PER LA IDENTIFICAZIONE DI CEPPI DI STAPHYLOCOCCUS SPP. RESPONSABILI DI BATTERIEMIA B. Fiori, E. De Carolis, T. Spanu, B. Posteraro, T. D’Inzeo, R. Porta, M. Sanguinetti, G. Fadda Istituto di Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma 35. ASPETTI MOLECOLARI DELLA FORMA PERSISTENTE DI CHLAMYDIA PNEUMONIAE De Santis F., Schiavoni G., Di Pietro M., De Biase D.1, Tramonti A.2 , Zagaglia C., del Piano M., Sessa R. Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica e 1Dipartimento di Scienze Biochimiche, Sapienza Università di Roma ; 2Istituto di Biologia e Patologia Molecolare CNR, Roma 36. STUDIO DELL’ESPRESSIONE GENICA DELLA FAMIGLIA DI PROTEINE PPE-MPTR IN MYCOBACTERIUM TUBERCULOSIS. Soldini S., Palucci I., Sali M., Fadda G., Delogu G. Istituto di Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 20 di 288 37. LE PROTEINE PE_PGRS30 E PE_PGRS26 SONO ESSENZIALI PER LA PIENA VIRULENZA DI M. TUBERCULOSIS. Iantomasi R. 1, Palucci I. 1, Zumbo A. 1, Soldini S. 1, Sali M. 1, Cascioferro A. 2, Fadda G. 1, Manganelli R. 2, Delogu G. 1 1 Istituto di Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma 2 Dipartimento di Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche, Università di Padova. 38. CARATTERISTICHE DI CEPPI DI VIBRIO ALGINOLYTICUS ISOLATI DA ACQUE COSTIERE DEL MAR LIGURE Debbia E.1, Schito A.M.1, Pruzzo C.2 e Schito G.C.1 DISCMIT, Sezione di Microbiologia1 e DIBIO2, Università di Genova 39. PERSISTENZA DI VIBRIO CHOLERAE EL TOR NELLE ACQUE: RUOLO DELLA TEMPERATURA SULL’ESPRESSIONE GENICA DELLE ADESINE GBPA E MSHA. M. Stauder1, E. Pezzati2, B. Repetto2, C. Pruzzo3, P. E. Varaldo1, L. Vezzulli3. Istituto di Microbiologia e Scienze Biomediche, Università Politecnica delle Marche, Ancona1, Dipartimento di Patologia, Sezione di Microbiologia, Università di Verona2, Dipartimento di Biologia, Università di Genova3 40. IDENTIFICAZIONE DI CICLOMODULINE IN ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA ANIMALI Sara Salvarani, Clara Tramuta, Patrizia Nebbia, Patrizia Robino Dipartimento di Produzioni animali, Epidemiologia ed Ecologia, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di Torino, Italia. 41. DIFFERENTE RISPOSTA DELLE CELLULE MICROGLIALI BV-2 VERSO MICOBATTERI PATOGENI Molicotti P* , Bua A*, Usai D*, Cannas S*, Sechi LA*, Blasi E**, Zanetti S*. *Dipartimento Scienze Biomediche, Università di Sassari, ** Dipartimento di Scienze e di Sanità Pubblica Università di Modena e Reggio Emilia 42. PREVALENZA DI DETERMINANTI DI RESISTENZA PLASMIDICI AI FLUOROCHINOLONI IN CEPPI DI ESCHERICHIA COLI DI ISOLAMENTO URINARIO 1 R. Musumeci, 1D. Migliarino, 1A. Cialdella, 1B. Sibra, 2G. Giltri, 2S. Bramati e 1C.E. Cocuzza 1 Laboratorio di Microbiologia, Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università di Milano-Bicocca 2 Unità di Microbiologia, Azienda Ospedaliera San Gerardo – Monza 43. NON PATHOGENIC VIBRIO ENVIRONMENTAL STRAINS CARRYING VIRULENCE, FITNESS AND ANTIBIOTIC RESISTENCE GENES M. Gennari, V.Ghidini, M.C Tafi, M.M. Lleo’ Department Of Pathology, Section Of Microbiology, University Of Verona, Verona, Italy. 44. CARATTERIZZAZIONE DEL MICROBIOTA FECALE E PROFILI METABOLICI IN PAZIENTI CON FIBROSI CISTICA Totino V.1, Iebba V.1, Macone A.3,Conte MP.1, Lepanto M.1, Proietti Checchi M.1, Aleandri M.1, Longhi C.1, Matarese RM.3, Quattrucci S.2, Schippa S.1 1Dipartimento di Scienze e Sanità Pubblica, Sapienza Università di Roma; 2 Dipartimento di Pediatria, Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma; 3 Dipartimento di Scienze Biochimiche, Sapienza Università di Roma CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 21 di 288 45. FATTORI DI VIRULENZA E VARIABILITA’ GENETICA DEI CEPPI DI ESCHERICHIA COLI UROPATOGENI ISOLATI DA CANI E GATTI Tramuta C.1, Robino P. 1, Nucera D. 2, Salvarani S. 1, Nebbia P. 1 1 Dipartimento di Produzioni animali, Epidemiologia ed Ecologia, Università di Torino; 2 Dipartimento di Patologia animale, Università di Torino. 46. MIGLIORAMENTO DELLE PROPRIETÀ CATALITICHE DELLA CATECOLO 1,2 DIOSSIGENASI E SUA IMMOBILIZZAZIONE PER UN’APPLICAZIONE AMBIENTALE R. Caglio1, F. Valetti1, C. Micalella2, S. Bruno2, A. Mozzarelli2, E. Pessione1, C. Giunta1 1 Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo, Università degli Studi di Torino, Italia. 2 Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare, Università degli Studi di Parma, Italia. 47. ISOLAMENTO DI CEPPI BATTERICI DA PRODOTTI AGRO-ALIMENTARI PIEMONTESI CON ATTIVITA’ ANTAGONISTA VERSO MICRORGANISMI PATOGENI E ALTERANTI Dal Bello Barbara, Rantsiou Kalliopi, Ambrosoli Roberto, Zeppa Giuseppe, Cocolin Luca Di.Va.P.R.A - Settore di Microbiologia agraria e Tecnologie alimentari, Facoltà di Agraria, Università di Torino. 48. POTENZIALITÀ APPLICATIVE DI SUPERNATANTI CONCENTRATI DI COLTURE LATTICHE PER L’INIBIZIONE DI ALCUNI PATOGENI DI INTERESSE ALIMENTARE FerriniA.M*., Aureli P*. , Pontieri E.**, De Paolis L.**,Oliva B.** * Istituto Superiore di Sanità; Dip. Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare; Rome, Italy **Università degli Studi dell’Aquila; Dip. Medicina Sperimentale; L’Aquila, Italy 49. RUOLO DI CAGA, VACA E HSPB DI HELICOBACTER PYLORI NELLA MODULAZIONE DELLA RISPOSTA INFIAMMATORIA E NELLA TRASFORMAZIONE NEOPLASTICA DI CELLULE GASTRICHE UMANE. Silvestri F, Buommino E, °Manente L, Brancato V, Petrazzuolo M, °De Luca A., Tufano M.A. Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica, °Dipartimento di Medicina Pubblica, Clinica e Preventiva. Facoltà di Medicina e Chirurgia, Seconda Università degli Studi di Napoli 50. LIPOLYTIC ACTIVITY DETECTION AND LOCALIZATION IN ACINETOBACTER RADIORESISTENS S13 Riva Violetta M.1, Riedel K.2, Fattori P., Mazzoli R.1 Giuffrida G.3, Giunta C. 1,Pessione E 1. 1 Università di Torino, Lab. Biochimica e Proteomica dei microrganismi (DBAU) 2 University of Zurich, dep. of Microbiology 3 CNR-ISPA Bioindustry park Canavese 51. ARGININE MODULATION OF BIOGENIC AMINE PRODUCTION IN LACTIC ACID BACTERIA 1 C. Lamberti, 1M. Purrotti, 1A. Pessione, 1M. Dufour, 2J.D. Coisson, 3V. Laroute, 1C. Giunta and 1E. Pessione. 1 Dipartimento di biologia Animale e dell'Uomo, Università di Torino. Torino 2 Dipartimento di Scienze dell'Ambiente e della Vita. Università del Piemonte Orinetale. Novara 3 Laboratoire Biotechnologie-Bioprocédés- INSA Toulouse. Toulouse. France. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 22 di 288 52. SELECTION OF OMEGA-OXIDANT STRAINS ON ALIPHATIC SUBSTRATES TO OBTAIN BIOPOLYMERS FROM WASTE. Zapponi M.1, Fattori P.1, Mazzoli R.1, Riva Violetta M.1, Pessione E.1, Cocolin L.2 and Giunta C.1 1. Università degli Studi di Torino, Lab. Proteomica e Biochimica dei Microrganismi, DBAU 2. Di.Va.P.R.A., via Leonardo daVinci 44, 10095 Grugliasco, Italy. 53. SEQUENTIAL STRATEGIES FOR OBTAINING PURE LACTIC ACID ISOMERS STARTING FROM CELLULOSIC WASTES. 1 P. Fattori, 1R. Mazzoli, 1M. Zapponi, 1C. Giunta and 1E. Pessione. 1 Università degli Studi di Torino, Lab. Proteomica e Biochimica dei Microrganismi, DBAU 54. PRELIMINARY PROTEOMIC INVESTIGATION ON METAL-CHELATING LACTIC ACID BACTERIA Mangiapane E1, Lamberti C1, Genovese F1, Pessione A1, Pessione E1, Giunta C1 1 University of Torino, Department of Human and Animal Biology, Via Accademia Albertina 13, 10123, Torino, Italy 55. BIORECUPERO DI BENI CULTURALI: POSSIBILE IMPIEGO DI MATRICI ORGANICHE ESTRATTE DA BATTERI CALCIFICANTI C. Ercole, P. Bozzelli, *F. Altieri, P. Cacchio, M. Del Gallo, A. Lepidi Dip. di B.B.A., Università degli Studi dell’Aquila, (Italy), *Dip. di Sc. Bioch., Università La Sapienza di Roma (Italy) 56. ANALISI GENOMICA E FENOTIPICA DEL METABOLISMO DEI BETAGLUCOSIDI IN PNEUMOCOCCO Mulas Laura1, Stefania Arioli2, Diego Mora2, Enrico Tatti3, Carlo Viti3, Gianni Pozzi1, Marco R. Oggioni1 1 Lab. Microbiologia Molecolare e Biotecnologia, Dip. Biologia Molecolare, Università di Sien. 2 DiSTAM, sez. Microbiologia Industriale, Università di Milano 3 Dipartimento di Biotecnologie Agrarie, Università di Firenze 57. ADESIONE BATTERICA SU DIVERSI POLIETILENI PROTESICI IN RELAZIONE ALLE SPECIFICHE PROPRIETÀ CHIMICO-FISICHE DEGLI STESSI Valeria Allizond, Giuliana Banche, Michele Boffanoa, Alessandro Bistolfia, Elena Brach Del Prevera, Pierangiola Braccob, Janira Roana, Narcisa Mandras, Vivian Tullio E Anna Maria Cuffini Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università degli Studi di Torino a Dipartimento di Ortopedia, Traumatologia e Medicina del Lavoro - AO CTO/Maria Adelaide, Università degli Studi di Torino b Dipartimento di Chimica IFM, Università degli Studi di Torino 58. MECCANISMI MOLECOLARI COINVOLTI NELL’INTERAZIONE TRA P.fluorescens AF181 E CELLULE A549 Fusco A, Donnarumma G, Paoletti I, , Metta G, Tufano MA Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Seconda Università degli Studi di Napoli 59. IL BIOFILM PRODOTTO DA BURKHOLDERIA CEPACIA COMPLEX NELLE INFEZIONI POLMONARI CRONICHE DI PAZIENTI AFFETTI DA FIBROSI CISTICA Corich L., Furlanis L., Dolzani L., Tonin E., Lagatolla C. Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 23 di 288 60. CONTROLLO DELLA CRESCITA E FORMAZIONE DI BIOFILM SU FILM POLIMERICI CONTENENTI NISINA. Antonia Nostro1, Manuela D'Arrigo1, Roberto Scaffaro2, Giovanna Ginestra1, Luigi Botta2, Andreana Marino1 e Giuseppe Bisignano1 1 Dipartimento Farmaco-Biologico, Università degli Studi di Messina, 2 Dipartimento di Ingegneria Chimica dei Processi e dei Materiali, Università degli Studi di Palermo. 61. COMPORTAMENTO ADESIVO DI STAFILOCOCCHI COAGULASI NEGATIVI ISOLATI DA FORMAGGI ITALIANI L. Selan (1), R. Papa (1), C. Avanzolini (1), A. Cellini (1), E. Mileto (1), T. Bertuccio (2), V. Cafiso (2), S. Stefani (2), P. S. Cocconcelli (3), M. Artini (1) G. L. Scoarughi (1) 1) Università degli Studi La Sapienza, Roma 2) Università degli Studi di Catania, Catania 3) Università Cattolica, Piacenza 62. ANALISI PROTEOMICA DEL BIOFILM FORMATO DA UN CEPPO DI STENOTROPHOMONAS MALTOPHILIA ISOLATO DA FIBROSI CISTICA Carla Picciani,1,2 Barbara Pavone,1,2 Elena De Carolis,3 Domenico Ciavardelli,1,2 Arianna Pompilio,1,2 Gioviana Masciarelli,1,2 Andrea Urbani,2,4 Maurizio Sanguinetti,3 Raffaele Piccolomini,1,2 Giovanni Di Bonaventura1,2 1 Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Chieti-Pescara. 2 Centro Scienze sull’Invecchiamento, Fondazione Università di Chieti-Pescara. 3 Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma 4 IRCCS-Fondazione Santa Lucia, Centro Europeo di Ricerca sul Cervello, Roma 63. I MATERIALI LEGNOSI UTILIZZATI NELL’INDUSTRIA LATTIERO-CASEARIA PROMUOVONO LA FORMAZIONE DI BIOFILM DI S.AUREUS Cafiso V1, Bertuccio T1, Spina D1, Purrello S1, Vitale S1, Carpino S2, Scoarughi GL3, Papa R3, Cocconcelli PS4, Artini M3, Selan L3 and Stefania Stefani1 1 Dipartimento di Microbiologia, Università di Catania. [email protected] -2CoRFiLaC-Regione Siciliana- Ragusa – Università La Sapienza, Roma – 4 Universita Cattolica, Piacenza. Italia 64. VALUTAZIONE DELL’ANTIBIOTICO RESISTENZA DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS IN FORMA PLANCTONICA E DI BIOFILM Cafiso V, Bertuccio T, Spina D, Purrello S, Vitale S e Stefani S Dipartimento di Microbiologia e Ginecologia–Università di Catania- via Androne 81–Catania tel.095-2504742 e-mail:[email protected] 65. RUOLO DI CADF NEL MANTENIMENTO DELLE PROPRIETÀ ADESIVE NELLE FORME VBNC DI CAMPYLOBACTER JEJUNI Baffone W1., Patrone V1., Campana R1., Vallorani L2., Dominici S2., Federici S1., Casadei L3., Gioacchini A.M3 e Stocchi V3. 1 Dipartimento di Scienze Biomolecolari, Sezione di Scienze Tossicologiche Igienistiche ed Ambientali; 2 Dipartimento di Scienze Biomolecolari, Sezione di Biochimica e Biologia Molecolare; 3 Dipartimento di Scienze Biomolecolari, Sezione di Scienze Motorie e della Salute. Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, Urbino CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 24 di 288 66. SIGNIFICATIVA CORRELAZIONE TRA LA PRESENZA DEI GENI ICA, LA PRODUZIONE DI BIOFILM E LA MULTI-RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI DI CEPPI DI STAPHYLOCOCCUS EPIDERMIDIS ISOLATI DA CATETERE VENOSO CENTRALE M. Cavallo1,2, F. Pagliai1,2, M. Rinaldi1,2, S. Andreoni3, G. Fortina3 e M.G. Martinotti1,2. 1 DiSCAFF – Università degli Studi del Piemonte Orientale “A. Avogadro” (Novara); 2DFB Center (Novara); 3Azienda Ospedaliera “Maggiore della Carità” (Novara) 67. ANALISI DELL’ESPRESSIONE GENICA DELLE UROPLACHINE IN MODELLI PRE-CLINICI DI VESCICA NEUROLOGICA. Sferra D.1, Paterniti I.3, Scarselli P.2, Genovese T.3, Aiello C1., Milasi A1 Notartomaso S.1, Cece G.1, Di Buono M.1, Cuzzocrea S.3 and Di Marco R.1. 1 Dipartimento di Scienze per la Salute, Università del Molise - Campobasso 2 Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed - Pozzilli (IS) 3 Dipartimento clinico Sperimentale di Medicina e Farmacologia , Università di Messina - Messina 68. RUOLO DELLA IL-17A SULLA PRODUZIONE DI IFN-γ IN CELLULE T CD4+ INFETTATE CON HELICOBACTER PYLORI. Giovanna Stassi, Bernadette Pavone, Domenica Gazzara, Gaetano Costa, Daniela Iannello, Adriana Arena. Dipartimento di Discipline Chirurgiche sez. Microbiologia, Policlinico Universitario, Università di Messina. 69. IL RUOLO DELLA PSEUDOMONAS AERUGINOSA NEL RILASCIO DI MEDIATORI INFIAMMATORI DA PARTE DI CELLULE MONONUCLEATE UMANE Rizzo A, Sorrentino S, Mazzola N, Paolillo R, Romano Carratelli C. Dipartimento di Medicina Sperimentale Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica Facoltà di Medicina e Chirurgia Seconda Università Studi di Napoli. 70. ALTERAZIONI FUNZIONALI E FENOTIPICHE DEI POLIMORFONUCLEATI NELLA SINDROME DI SEZARY Giuliana Banche, Maria Teresa Fierro*, Mauro Novelli*, Valeria Allizond, Alessandra Comessatti*, Pietro Quaglino*, Daniela Scalas, Chiara Merlino, Maria G. Bernengo* E Anna Maria Cuffini Dip. Sanità Pubblica e Microbiologia, *Dip. Scienze Biomediche e Oncologia Umana – sez. Dermatologia, Università degli Studi di Torino 71. HBHA COULD BE DISCRIMINATE BETWEEN ACTIVE AND LATENT TUBERCULAR INFECTION? Bua A1, Molicotti P1, Ruggeri M1, Pirina P2, Mura MS3, Delogu G4, Fortis C5, Zanett S1. 1 Department of Biomedical Science University of Sassari. 2Clinic of Respiratory Diseases, University of Sassari. 3Institute of Infectious Diseases, Sassari. 4Institute of Microbiology, Catholic University, Rome. 5 Scientific Institute San Raffaele of Milan 72. UN VETTORE EPISOMALE CONTENENTE IL GENE ECTO-5’-NUCLEOTIDASI F. Monica Cavaliere, Carmen Cimmino Dipartimento di Biologia Cellulare e dello Sviluppo, Università “La Sapienza”, Roma CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 25 di 288 73. INVOLVEMENT OF THE AXL/GAS6 PATHWAY IN THE TLR-MEDIATED IMMUNE RESPONSE Scutera S.1, Fraone T. 2, Rossi S., Daniele R. 1, Zucca M.3 and Musso T. 1 1 Dept. of Public Health and Microbiology, University of Torino 2 Dept. of Medicine and Experimental Oncology, University of Torino 3 Dept. of Clinical and Biological Sciences, University of Torino, Italy 74. INFEZIONI BATTERICHE E ANTIBIOTICO-RESISTENZA IN UNA POPOLAZIONE DI PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI RENE E RENE-PANCREAS Veroux M, Scriffignano V, Giuffrida G, Gagliano M, Grassi P, Giaquinta A, Grasso E , Corona D, Gona F, Amodeo A, Tallarita T, Guardo G, Veroux P. Sciacca A, Nicoletti G. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Trapianto di organi e tecnologie avanzate, Centro Trapianti d'Organo, Azienda Policlinico Università di Catania 75. RUOLO DELL’ERITROMICINA SULLA RISPOSTA DEI PMN NEI CONFRONTI DI STREPTOCOCCUS PYOGENES ERITROMICINO-RESISTENTI Nicola Carlone, Vivian Tullio, Giuliana Banche, Valeria Allizond, Narcisa Mandras, Daniela Scalas, Janira Roana, Deborah Greco E Anna Maria Cuffini Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università degli Studi di Torino 76. DATI PRELIMINARI SULLE MODIFICAZIONI DI ALCUNI PARAMETRI DEL SISTEMA IMMUNITARIO UMANO INDOTTE DAL TRATTAMENTO CON CEFACLOR Di Marco R. 1, Meloscia A. 1., Sferra D. 1., Di Zazzo E. 1, Russo R2., Costanzo C. M 2., Scalia G2., Nicoletti G. 2 1 Dipartimento di Scienze per la Salute, Università degli Studi del Molise - Campobasso 2 Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche; Università degli Studi di Catania, Laboratorio centralizzato, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “G. Rodolico” di Catania 77. VALUTAZIONE DEI POTENZIALI EFFETTI IMMUNO-MODULANTI DEL CEFACLOR: STUDIO IN VIVO DELLA CHEMIOTASSI. Quattrocchi C.2, Aiello C.2 Notartomaso. S.1, Sferra D1. , Di Rosa M2, Mangano K.2, Di Buono M.1, Cece G.1, Fagone P.2, Di Marco R.1 1 Dipartimento di Scienze per la Salute, Università del Molise – Campobasso 2 Dipartimento Scienze Biomediche, Università di Catania - Catania 78. VALUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ DELLA RIFAMICINA SV IN RATTI CON COLITE INDOTTA DA DNB E SULLA PRODUZIONE DI IFN-γ IN SPLENOCITI DI RATTO STIMOLATI CON CON-A. Quattrocchi C1., Mangano K1., Aiello C1., Milasi A1., Celasco G2., Moro L2., Bozzella R2., Surace M. M.2, Sferra D3., Di Marco R3. 1 COSMO Research & Development Srl - Lainate 2 COSMO Pharmaceuticals S.p.A. - Lainate 3 Dipartimento di Scienze per la Salute, Università del Molise - Campobasso 79. MICRORGANISMI DI ORIGINE NOSOCOMIALE E TIGECYCLINA: RISULTATI DI UN CENTRO SPERIMENTALE ITALIANO PARTECIPANTE AL “TIGECYCLINE EVALUATION AND SURVEILLANCE TRIAL” (2005-2008) R Iatta, T Cuna, C Napoli, MT Montagna Dip. di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Sez. Igiene, Università degli Studi di Bari CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 26 di 288 80. AMPLIAMENTO DELLO SPETTRO DI ATTIVITÀ DELLA VANCOMICINA NEI CONFRONTI DI BATTERI GRAM-NEGATIVI MEDIANTE INCAPSULAZIONE IN LIPOSOMI FUSOGENICI Daria Nicolosi1, Giovanna Blandino1, Carlo Genovese1, Silvana Matrojeni1, Rosario Pignatello3, Marina Scalia2, Vito Mar Nicolosi1 Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Ginecologiche1, Dipartimento di Scienze Biomediche, Sezione di Biologia Generale e Cellulare e Genetica Molecolare “G. Sichel”2, Dipartimento di Scienze Farmaceutiche3, Università di Catania. 81. VALUTAZIONE DELLA PREVALENZA E RESISTENZA AI MACROLIDI DI STREPTOCOCCUS PYOGENES ISOLATI IN UN’AREA RELATIVA AL MONREGALESE (CUNEO) Crocillà C., Vinai E., Fenoglio S., Cardone M. 82. CARATTERIZZAZIONE DI UN PLASMIDE CHIMERICO CHE VEICOLA ERM(B), TET(O) E AAD(E) IN S.AGALACTIAE 1 M.Santagati 1 ,A.Lupo, 1M. Scillato, 1O. Tomasello, 1T. Triscari Barberi, , 2J. Northwood, 2D. Farrell, e 1S. Stefani 1 Department of Microbiology- University of Catania 2 Quotient Bioresearch Ltd, Cambridgeshire 83. CARATTERIZZAZIONE DELLA REGIONE RESPONSABILE DELLA RESISTENZA AI BENZOTIAZINONI IN ISOLATI CLINICI DI Mycobacterium tuberculosis Maria Rosalia Pasca1, Giulia Degiacomi1, Ana Luisa de Jesus Lopes Ribeiro 1,2, Francesca Zara3, Patrizia De Mori4, Maurizio Mirrione4, Roberto Brerra3, Laura Pagani3, Leopoldo Pucillo4, Panajota Troupioti 5, Vadim Makarov6, Stewart T. Cole7, Giovanna Riccardi1 1 Dipartimento di Genetica e Microbiologia, Università di Pavia, Pavia; 2 DiSCAFF, Università del Piemonte Orientale, Novara; 3 Dipartimento di Scienze Morfologiche Eidologiche e Cliniche, Sezione di Microbiologia, Università di Pavia, Pavia; 4 Laboratorio di Analisi chimico Cliniche e Microbiologiche, INMI "L. Spallanzani" IRCCS, Roma; 5 Laboratorio di Analisi Chimico Cliniche e Microbiologia, Azienda Ospedaliera della Valtellina e della ValChiavenna, Presidio di Sondalo (Sondrio), 6 A.N. Bakh Institute of Biochemistry, RAS, Moscow (Russia); 7 Global Health Institute, EPFL, Lausanne (Switzerland). 84. CONFRONTO DELL’AZIONE DI DIFFERENTI PROTEASI SULLE PROPRIETÀ DI VIRULENZA DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS M. Artini (1), G.L. Scoarughi (1), A. Cellini (1), T. Bertuccio (2), V. Cafiso (2), S. Stefani (2), L. Selan (1) and R. Papa (1), 1) Università degli Studi La Sapienza, Roma, 2) Università degli Studi di Catania 85. EFFETTO DEL RESVERATROLO NELL’INFEZIONE SPERIMENTALE DA SALMONELLA ENTERICA SEROVAR TYPHIMURIUM Romano Carratelli C, Paolillo R, Mazzola N, Sorrentino S, Rizzo A. Dipartimento di Medicina Sperimentale Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica Facoltà di Medicina e Chirurgia Seconda Università degli Studi di Napoli. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 27 di 288 86. VALUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ DEL RESVERATROLO E DELL’IDROSSITIROSOLO NELLA FORMAZIONE DI CELLULE SCHIUMOSE INDOTTA DA CHLAMYDIA PNEUMONIAE Iannone M., Schiavoni G., Di Pietro M., Vanzetto A., Zagaglia C., Tofani D.*, del Piano M., Sessa R. Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica, Sapienza Università di Roma; *Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Università degli Studi “Roma Tre” 87. CHARACTERIZATION OF TWO ANTIMICROBIAL MOLECULES ACTIVE AGAINST LISTERIA MONOCYTOGENES PRODUCED BY TWO STRAINS OF CHEESEISOLATED LAB Genovese F.1, Lamberti C. 1, Coisson J. D. 2, Cocolin L. 3, Napolitano L. 4, Giuffrida M.G. 4, Giunta C. 1, Pessione E. 1 1 Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo, Università degli studi di Torino, Via Accademia Albertina 13, 10123 Torino, Italy, 2DiSCAFF, Via Bovio 6, 28100 Novara, Italy, 3Di.Va.P.R.A., Via Leonardo da Vinci 44, 10095 Grugliasco, Italy, 4ISPA-CNR, Via Ribes 5, 10010 Colleretto Giacosa, Italy 88. PHOTODYNAMIC ACTIVITY OF A NEW Zn(II) PHTHALOCYANINE DERIVATIVE: A NEW APPROACH TO CONVENTIONAL ANTIMICROBIAL TREATMENT OF PERIODONTAL DISEASES. T. Scommegna, C. Alongi, L. Fantetti and G. Roncucci Molteni Therapeutics, Via Fiorentina 1, 53100, Siena, Italy [email protected] 89. CARATTERIZZAZIONE MICROBIOLOGICA DI UN PEPTIDE ANTIMICROBICO RAMIFICATO Fabiole Nicoletto S.1, Allemand D.1, Baster I.2, Guglierame P.3, Pirri G.1, Pizzuto L.1, Giuliani A.1, Savoia D.4 1 Spider Biotech S.r.l., Colleretto Giacosa (TO) 2 Dipartimento di Microbiologia, Università di Cracovia, Polonia 3 NeED Pharma, Milano 4 Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Facoltà di Medicina e Chirurgia S. Luigi Gonzaga, Università di Torino 90. ALTERAZIONE DEI LIVELLI TESSUTALI DI IONI METALLICI IN UN MODELLO MURINO DI INFEZIONE POLMONARE DA STENOTROPHOMONAS MALTOPHILIA. Ciavardelli D.,1,2* Pompilio A.,1,2* Picciani C.,1,2 Fiscarelli E.,3 Piccolomini R.,1,2 Di Bonaventura G.1,2 1 Centro Studi Sull’invecchiamento, Fondazione Università Di Chieti-Pescara. 2 Dipartimento Di Scienze Biomediche, Università Di Chieti-Pescara. 3 Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù”, Roma. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 28 di 288 91. ATTIVITÁ ANTIBATTERICA DI SUPERFICI VETROSE RICOPERTE DI MONOSTRATI DI NANOPARTICELLE D’ARGENTO C. Dacarro a , G. Dacarro b, Y. Diaz Fernandez c, P. Grisoli a, P. Pallavicini c, M. Patrini c, G. Santucci c, A. Taglietti c a) Diparitmento di Farmacologia Sperimentale ed Applicata; b) CILSOMAF; c) Dipartimento di Chimica Generale; – Università degli Studi di Pavia, Via Taramelli 12-14. d) Dipartimento di Fisica “A.Volta” - Università degli Studi di Pavia, Via Bassi 6. 92. ATTIVITÀ ANTIMICROBICA E COMPOSIZIONE FENOLICA DEI GALBULI DI JUNIPERUS DRUPACEA LAB. DI ORIGINE TURCA A. Marino, A. Nostro, V. Bellinghieri, P. Dugo*, F. Cacciola*, M.G. Celi, N. Miceli, M.F. Taviano Dipartimento Farmaco-Biologico. *Dipartimento Farmaco-Chimico. Università degli Studi di Messina 93. EFFETTI DELL’AGLIO (Allium sativum L.) SUI BATTERI INTESTINALI Filocamo A.1; Nueno-Palop C.2; Mandalari G.1; La Camera E.3; Narbard A.2; Bisignano G.1 1 Dipartimento Farmaco-Biologico Università di Messina, Viale S.S. Annunziata, 98121 Messina, Italia; 2Integrated Biology of the GI Tract Programme, Institute of Food Research, Norwich Research Park, Colney, Norwich NR4 7UA, United Kingdom; 3Facoltà di Farmacia, Università di Messina, Viale S.S. Annunziata, 98121 Messina, Italia. 94. STUDI DELL’ATTIVITÀ ANTIFUNGINA DELL’OLIO ESSENZIALE DI ACHILLEA AGERATUM IN CANDIDA ALBICANS. 1 Vavala E., 2Ragno R., 2Sivric S., 2Sartorelli G., 1Palamara AT., 1Angiolella L. 1 Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica” G.Sanarelli”, 2 Dipartimento chimica e Tecnologia del farmaco. ”Sapienza” Università di Roma. 95. EFFETTO DI FANS SULLA FORMAZIONE DI BIOFILM DI CANDIDA ALBICANS E POTENZIAMENTO DELLA ATTIVITÀ DI FARMACI ANTIFUNGINI Emanuela Agus, Carmen C. Piras, Luisa Casula, Nadia Serra, Alessandro De Logu Sezione di Microbiologia Medica, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche, Università di Cagliari 96. RUOLO IMMUNOMODULATORIO DEI TEGUMENTI DI MANDORLA (Amygdalus communis L.) Adriana Arenaa, Giovanna Stassia, Giuseppina Mandalarib, Martin S.J. Wickhamb, Carlo Bisignanoc. a Dipartimento di Discipline Chirurgiche sez. Microbiologia Policlinico Universitario, Messina, b Model Gut Platform, Institute of Food Research, UK e cDipartimento Farmaco-biologico, Università di Messina. 97. PROPRIETA’ANTI-INFIAMMATORIE DI AV119, UNO ZUCCHERO ESTRATTO DA AVOCADO GRATISSIMA. Paoletti I, Buommino E, Baudouin C*, Msika P*, De Filippis A, Donnarumma G, Tufano MA Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Seconda Università degli Studi di Napoli *Laboratoires Expansciences Epernon, France 98. INFLUENZA MICROBICA SUL RILASCIO E SULL'IMMOBILIZZAZIONE DI ARSENICO IN UN CO-PRECIPITATO NATURALE DI FERRO E ARSENICO. R. Gorra, M. Martin DIVAPRA, Università degli Studi di Torino CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 29 di 288 99. DINAMICHE MICROBICHE IN PROVE DI DETERIORAMENTO AEROBICO DI SILOMAIS Dolci Paola1, Borreani Giorgio2, Tabacco Ernesto2, Piano Serenella2, Cocolin Luca1. 1 Dipartimento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse agroforestali, Facoltà di Agraria, Università di Torino 2 Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio, Facoltà di Agraria, Università di Torino 100. PROGETTO SIMIFF: SORVEGLIANZA ITALIANA MULTICENTRICA SULLE INFEZIONI INVASIVE DA FUNGHI FILAMENTOSI Montagna MT, Coretti C, Lovero G, Iatta R, Caggiano G & GdL Progetto SIMIFF* Dip di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Sezione di Igiene, Università degli Studi di Bari 101. VALUTAZIONE DELLA FREQUENZA DI DERMATOFITI E ALTRI MICETI IN SOGGETTI AFFERENTI AD UN CENTRO PODOLOGICO Vivian Tullio, Janira Roana, Marco De Filippi, Giuliana Banche, Valeria Allizond, Narcisa Mandras, Daniela Scalas E Nicola Carlone Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università degli Studi di Torino 102. SEPSI FUNGINA IN TERAPIA INTENSIVA NEONATALE: CONFRONTO TRA DUE METODI DIAGNOSTICI Trovato L., Oliveri S., *Betta P., *Romeo M., Nicoletti G. Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, *Dipartimento di Pediatria Università di Catania U.O. Laboratorio Analisi,* U.O. Terapia Intensiva Neonatale A.O.U. Policlinico “G. Rodolico” di Catania 103. IDENTIFICAZIONE E TIPIZZAZIONE MOLECOLARE DI CANDIDA AFRICANA IN PAZIENTE CON CANDIDOSI VAGINALE RICORRENTE Sardo V., Trovato L., Rapisarda M.F., Oliveri S. Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche U.O. Laboratorio Analisi, A.O.U. Policlinico “G. Rodolico” Catania 104. DIAGNOSI MOLECOLARE DI ONICOMICOSI DA TRICHOPHYTON RUBRUM Oliveri S., Trovato L., *Milici M.E. Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche - Università di Catania U.O. Laboratorio Analisi, A.O.U. Policlinico “G. Rodolico” Catania * Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute - Università di Palermo 105. DETERMINAZIONE DELL’INCIDENZA E DELLA BIODIVERSITA’ DI BRETTANOMYCES BRUXELLENSIS IN 87 VINI ITALIANI TRAMITE METODICHE DI BIOLOGIA MOLECOLARE. Simona Campolongo, Kalliopi Rantsiou, Vincenzo Gerbi e Luca Cocolin Università degli Studi di Torino Facoltà di Agraria, Di.VA.PRA Settore di Microbiologia Agraria e Tecnologie alimentari Via Leonardo da Vinci 44, 10095, Grugliasco (To) CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 30 di 288 106. INFLUENZA DELL’AMBROXOLO SULLA RESISTENZA AGLI AZOLI IN ISOLATI DI C.PARAPSILOSIS E C.TROPICALIS Pulcrano G., De Domenico G., Panellis D., Iula V.D., Catania M.R., Rossano F. Dip. di Biologia e Patologia Cellulare e Molecolare “L. Califano” Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Napoli “Federico II”. 107. BLASTOCYSTIS HOMINIS: CONFRONTO FRA MORFOLOGIA, SOTTOTIPI E SINTOMI CLINICI Masucci Luca, Archibusacci Carola Maria, Graffeo Rosalia e Fadda Giovanni. Istituto di Microbiologia – Università Cattolica del Sacro Cuore – Policlinico “A. Gemelli”. 108. IMPIEGO DEL TEST ISAGA IgM NELLA PREVENZIONE DELLA TOXOPLASMOSI CONNATALE TARDIVA a,c Russo R., a,cCostanzo C.M., bGarozzo R., a,cZappalà D., a,cPalermo C.I, a,cSardo V., bBarone P., a,cFranchina C., a,cScalia G. a Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, bDipartimento di Pediatria, Università degli Studi di Catania e cU.O. di Virologia Clinica, Laboratorio Centralizzato, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “G. Rodolico” di Catania. 109. PRODUZIONE DI OSTEOPONTINA DA PARTE DI MACROFAGI E CELLULE DENDRITICHE INFETTATI CON PROTOZOI DEL GENERE LEISHMANIA Daniele R.1, Scutera S.1, Rossi S.1, Zucca M.2, Savoia D.2, Musso T.1 1 Dip. di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università di Torino 2 Dip. di Scienze Cliniche e Biologiche, Università di Torino 110. EPIDEMIOLOGIA DI PATOGENI RESPIRATORI Ingianni A.*, Madeddu M.A.*, Pittau M.**, Lauterio C.**, De Montis A.**, Passotti C.**, de Virgiliis S.***, Pompei R.*. * Department of Science and Biomedical Technology, Section of Applied Microbiology, University of Cagliari ** Research and Development Group, bcs Biotech S.p.A., Cagliari *** Department of Paediatric Science and Clinic Medicine “G.Macciotta”, Chief 1st. Pediatric Clinic, University of Cagliari 111. SORVEGLIANZA VIROLOGICA DELLE INFEZIONI DAL NUOVO VIRUS INFLUENZALE A(H1N1)V M. Sali, S. Manzara, V. Prete, R. Martucci, L. Vaccaro, G. Delogu, G. Fadda Istituto di Microbiologia e Virologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma 112. VALUTAZIONE DELL’IMPATTO ANNUALE DEI RHINOVIRUS A LIVELLO DELLE VIE AEREE INFERIORI. Stefano Gambarino, Massimiliano Bergallo, Sara Astegiano, Salvatore Simeone, Maria Elena Terlizzi, Daniela Libertucci, Cristina Costa, Rossana Cavallo. SCDU Virologia; 1Divisione di Pneumologia, AOU San Giovanni Battista di Torino. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 31 di 288 113. EPIDEMIOLOGIA DI HPV IN SICILIA ORIENTALE: GENOTIPIZZAZIONE E RILEVAMENTO DELL’mRNA a,c Costanzo C.M., bBruno M.T., a,cRusso R., a,cZappalà D., a,cPalermo C.I, a,cFranchina C., a,cScalia G. Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, aSezione di Microbiologia b Sezione di Ginecologia, Università degli Studi di Catania e cU.O. di Virologia Clinica, Laboratorio Centralizzato, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “G. Rodolico” di Catania. 114. INFEZIONI DA PAPILLOMAVIRUS (HPV) E CARCINOMA ANALE IN PAZIENTI HIV POSITIVI D’onghia S., 1A. De Luca, 1S. Farina, R. Santangelo, V. Prete, 2G.F. Zannoni, 2V.G. Vellone, 3G. Maria, R. Cauda, G. Fadda, P. Cattani Istituto di Microbiologia, 1Malattie Infettive, 2Anatomia Patologica, 3Clinica Chirurgica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italia 115. INFEZIONE GENITALE HPV E FERTILIZZAZIONE IN VITRO: UNA POSSIBILE RELAZIONE? A. Giardina1, L.Giovannelli1, R.Schillaci2, M.P.Caleca1, A.Perino1, G.Ruvolo3, E.Cefalù3, D.Matranga4, e P.Ammatuna1. Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute1, Dipartimento Materno Infantile2, Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Legale4, Università di Palermo; Centro Biologia della Riproduzione, Clinica Candela, Palermo3. 116. EPIDEMIOLOGY OF HERPES SIMPLEX VIRUS INFECTION IN PREGNANCY: A PILOT STUDY 1 Anzivino E, 1Bellizzi A, 2Fioriti D, 1Mischitelli M, 1Barucca V, 3Marcone V, 3Parisi A, 3Moreira E, 4Osborn J, 1Chiarini F, 3Calzolari E, 1Pietropaolo V. 1 Department of Public Health Sciences, 2Department of Urology, 3Department of Gynaecology and Obstetrics, 4Department of Public Health, "Sapienza" University of Rome, Italy. 117. DETERMINAZIONE DI HERPESVIRUS NEL TRATTO RESPIRATORIO INFERIORE (LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE E BIOPSIA TRANSBRONCHIALE) DI TRAPIANTATI DI POLMONE: CORRELAZIONE TRA ESAME ISTOPATOLOGICO E INFEZIONE VIRALE. Antonio Curtoni, Massimiliano Bergallo, Maria Elena Terlizzi, 1Luisa Delsedime, Francesca Sidoti, Samantha Mantovani, Stefano Callea, Rossana Cavallo, Cristina Costa. SCDU Virologia; 1Dipartimento di Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni Battista, Torino 118. PREVALENZA DI HHV6 NELLE MALATTIE INFIAMMATORIE DELL’INTESTINO a,b Zappalà D., cSiringo S., a,bPalermo C.I, dInserra G., a,bRusso R., a,bCostanzo C.M., a,b Franchina C., a,bScalia G. a Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, Università degli Studi di Catania e bU.O. di Virologia Clinica, Laboratorio Centralizzato, Azienda OspedalieroUniversitaria Policlinico “Gaspare Rodolico” di Catania, cU.O. di Gastroenterologia Azienda Ospedaliera “Garibaldi” di Catania, dU.O. di Medicina Interna Azienda OspedalieroUniversitaria Policlinico “Gaspare Rodolico” di Catania e Dipartimento di Medicina Interna e Patologie Sistemiche, Università di Catania. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 32 di 288 119. RILEVAMENTO DI HUMAN HERPESVIRUS-7 (HHV-7) NEL TRATTO RESPIRATORIO INFERIORE DI UNA PAZIENTE IMMUNOCOMPETENTE CON ACUTE RESPIRATORY DISTRESS SYNDROME (ARDS). Rossana Cavallo, Massimiliano Bergallo, Samantha Mantovani, Francesca Sidoti, Stefano Gambarino, Salvatore Simeone, 1Luisa Delsedime, Cristina Costa. SCDU Virologia; 1Dipartimento di Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni Battista, Torino 120. DETECTION OF EPSTEIN-BARR VIRUS IN BRONCHOALVEOLAR LAVAGE FROM LUNG TRANSPLANT PATIENTS. Cristina Costa, Massimiliano Bergallo, Maria Elena Terlizzi, Antonio Curtoni, Salvatore Simeone, Stefano Gambarino, 1Sergio Baldi, Rossana Cavallo. Virology Unit; 1Division of Pneumology, University Hospital San Giovanni Battista, Turin. 121. CAMBIAMENTO DELL’EPIDEMIOLOGIA DI HBV IN SICILIA: UNA ANALISI FILOGENETICA DEGLI ISOLATI VIRALI Ferraro D, Urone N, Pizzillo P, Di Marco V*, Cacopardo B^ , Craxì A*, Di Stefano R. Dip. di Scienze per la Promozione della Salute “G. D’Alessandro”, Sezione di Microbiologia, *Di.Bi.MI.S.,Cattedra di Gastroenterologia, Università di Palermo ^ Dip. di Medicina Interna e Specialità Mediche, Sezione di Malattie Infettive, Università di Catania 122. SORVEGLIANZA DELLA CIRCOLAZIONE DI NOROVIRUS A PALERMO IN BAMBINI CON ENTERITE ACUTA NEL PERIODO 2005-2008 V. Rotolo1, M.A. Platia1, S. Ramirez1, P. Aiello1, C. Colomba2, S. De Grazia1, G.M. Giammanco1 Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute “G. D’Alessandro”, Università di Palermo, 1Sezione di Microbiologa e 2Sezione di Malattie Infettive 123. CMV AND EPIDEMIOLOGY IN LUNG TRANSPLANT RECIPIENTS Costa Cristina, Bergallo Massimiliano, Astegiano Sara, Sidoti Francesca, 1Solidoro Paolo, Beata Katia, Negro Ponzi Alessandro, Cavallo Rossana SCDU Virologia AOU San Giovanni Battista, Torino 1 Divisione di Pneumologia, AOU San Giovanni Battista, Torino 124. EPIDEMIOLOGIA MOLECOLARE DEI POLYOMAVIRUS UMANI KI E WU NELLA POPOLAZIONE PEDIATRICA ED IN SOGGETTI ADULTI IMMUNOCOMPROMESSI Debiaggi M, Canducci F, Brerra R, Sampaolo M, Marinozzi MC, Parea M, Nucleo E, Romero E, Clementi M. Dipartimento di Scienze Morfologiche, Eidologiche e Cliniche, Sez. Microbiologia, Università di Pavia, Servizio Analisi Microbiologiche Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia e Laboratorio di Microbiologia e Virologia, Università Vita-Salute San Raffaele e Istituto Scientifico San Raffaele, Milano. 125. JC VIRUS AND CROHN’S DISEASE: DOES IT EXIST A CORRELATION? 1 Barucca V, 1Iebba V, 2Fioriti D, 1Schippa S, 1Conte MP, 1Proietti Checchi M, 1Chiarini F, 1 Pietropaolo V. 1 Dep. of Public Health Sciences, 2Dep. of Urology, “Sapienza” University, Rome, Italy. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 33 di 288 126. LA REAL-TIME NEL RILEVAMENTO DI HSV1 IN BAL DA PAZIENTI DI RIANIMAZIONE a,b Palermo C.I, cCastiglione G., cPanascia E., a,bRusso R., a,bCostanzo C.M., a,bFranchina C., a,b Zappalà D., a,bScalia G. a Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, Università degli Studi di Catania e bU.O. di Virologia Clinica, Laboratorio Centralizzato, Azienda OspedalieroUniversitaria Policlinico “Gaspare Rodolico” di Catania, cUnità Operativa di Rianimazione Azienda Ospedaliero-Universitaria “Vittorio Emanuele II”, Catania. 127. CONFRONTO TRA SAGGI QUANTITATIVI DI REAL TIME PCR ED UN KIT COMMERCIALE PER LA RICERCA DI HPV DNA DA CAMPIONI CERVICALI. Cocuzza C, Musumeci R, Sibra B, Cialdella A, Castelli D, Battistello M, Dell’Anna T, Mangioni C, Piana A. Dipartimento di Medicina Clinica e Prevenzione, Università degli Studi di Milano-Bicocca Divisione di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale San Gerardo, Monza Istituto di Igiene e Medicina Preventiva, Università di Sassari 128. UTILIZZO DI REAL TIME PCR PER LA RICERCA DEI VIRUS HERPES,ENTERO,BK: STUDIO EPIDEMIOLOGICO 2004-2009 Pollara P.C, Perandin F, Corbellini S, Terlenghi L, Bonfanti C, Manca N. U.O. Microbiologia e Virologia Spedali Civili di Brescia e Università degli Studi di Brescia. 129. REAL TIME PCR DETECTION OF BK, JC AND MC HUMAN POLYOMAVIRUSES IN METASTASES OF MELANOMA SKIN CANCER: PRELIMINARY DATA. 1 Bellizzi A, 1Anzivino E, 2Fioriti D, 1Barucca V, 1Mischitelli M, 3Panasiti V, 3Calvieri S, 1Chiarini F, 1Pietropaolo V. 1 Department of Public Health Sciences, 2Department of Urology, 3Department of Dermatology, "Sapienza" University, Rome, Italy. 130. SVILUPPO DI UNA METODICA ELISPOT PER LA DETERMINAZIONE DELLA RISPOSTA LINFOCITARIA T BKV-SPECIFICA. Massimiliano Bergallo, Maria Elena Terlizzi, Sara Astegiano, Francesca Sidoti, Stefano Gambarino, Stefano Callea, Rossana Cavallo, Cristina Costa. SCDU Virologia, Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni Battista, Torino 131. CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DELL’INTERO GENOMA DI ROTAVIRUS G3P[9] IDENTIFICATI A PALERMO M.A. Platia1, P. Aiello1, V. Rotolo1, C. Colomba1, G.M. Giammanco1, V. Martella2, S. De Grazia1 1 Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute – Università di Palermo; 2 Dipartimento di Sanità Pubblica e Zootecnia, Università di Bari. 132. SEQUENZIAMENTO DEI GENI CODIFICANTI LA TRASCRITTASI INVERSA, LA PROTEASI E LA GP41 DAL DNA PROVIRALE ESTRATTO DA SANGUE INTERO E DALL’RNA VIRALE DI HIV, IN PAZIENTI CON BASSE CARICHE PLASMATICHE DI HIV-RNA A. Di Franco1, R. Santangelo1, S. Marchetti1, S. Di Giambenedetto2, M. Colafigli2, M.Fabbiani2, P. Cattani1, A. De Luca2, G. Fadda1. 1 Istituto di Microbiologia e 2Istituto di Clinica delle Malattie Infettive, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 34 di 288 133. RILEVAMENTO DEI GENOTIPI 1 E 2 DI PARV4 IN CAMPIONI CLINICI NORMALI E PATOLOGICI. Massimiliano Bergallo, Cristina Costa, Francesca Sidoti, Sara Astegiano, Mariangela Lorusso, 1 Paolo Solidoro, 2Renata Ponti, Rossana Cavallo. SCDU Virologia, 1Divisione di Pneumologia, 2Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Sezione di Dermatologia; Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni Battista, Torino. 134. MODULAZIONE DELL’ESPRESSIONE GENICA DI CITOMEGALOVIRUS UMANO IN RELAZIONE ALLA LOCALIZZAZIONE NUCLEOLARE DELLA PROTEINA VIRALE PPUL83 ED AL CICLO CELLULARE Arcangeletti M.C.1, Rodighiero I.1, Mirandola P.2, Germini D.1, De Conto F.1, Covan S.1, Dettori G.1, Chezzi C.1 1.Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio - Sezione di Microbiologia; 2.Dipartimento di Anatomia Umana, Farmacologia e Scienze Medico-Forensi - Sezione di Anatomia Umana; Università degli Studi di Parma. 135. ANALISI MOLECOLARE DEI GENI NSP3, NSP4, VP4, VP6 E VP7 DI UN CEPPO DI ROTAVIRUS RIVELATO NEL LIQUOR DI UNA BAMBINA CON GASTROENTERITE E MENINGISMO. Medici M.C., Abelli L.A., Guerra P., Dettori G. e Chezzi C. Sezione di Microbiologia – Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio – Università degli Studi di Parma. 136. INFEZIONE RESIDUA DA HCV DOPO RISPOSTA VIROLOGICA ALLA TERAPIA : ESISTE REALMENTE? Pizzillo P, Ferraro D, Urone N, Giglio M, Di Marco V*, Calvaruso V*, Almasio PL *, Craxì A *, Di Stefano R. Dip. di Scienze per la Promozione della Salute “G. D’Alessandro”, Sezione di Microbiologia, *Di.Bi.MI.S., Cattedra di Gastroenterologia, Università di Palermo. 137. MODIFICATIONS OF SYMPATHETIC ACTIVITY IN PRION NEUROINVASION Gianpietro Bondiolottia, Giuseppe Rossonia, Maria Puricellib, Elena Formentinb, Barbara Lucchinib, Erica Cordab, Giorgio Polib, Wilma Pontib, and Silvio R Bareggia a Department of Pharmacology, Chemotherapy and Medical Toxicology, Faculty of Medicine and Surgery, and bDepartment of Veterinary Pathology, Hygiene and Public Health, Faculty of Veterinary Medicine, Centre of Excellence on Neurodegenerative Diseases, Università degli Studi, Milano, Italy. 138. DIFFERENTE RISPOSTA ANTICORPALE AL VACCINO ANTI-INFLUENZALE PER L’INVERNO 2008/2009 IN SOGGETTI ANZIANI RESIDENTI IN DUE DIVERSE CASE DI RIPOSO Camilloni B.*, Sigismondi N.°, Committeri V.°, Lepri E.*, Neri M.*, Basileo M.*, Iorio A.M. ([email protected])* *Dip. Spec. Med. Chir. e Sanità Pubblica, Università Perugia, Perugia, ° ASL N.3, Umbria, Case di Riposo “Bartolomei-Castori” e “Casa Serena”, Foligno CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 35 di 288 139. INFLUENZA DEL MICROAMBIENTE SULLA PLASTICITÀ DI CELLULE DI MELANOMA ESPRIMENTI HERV-K. Matteucci C.1, Sorrentino R.1, Balestrieri E.1, Serafino A.2, Al Dossary R.1Spadafora C.3, Garaci E.1, Sinibaldi Vallebona P.1 (1) Dipartimento di Medicina Sperimentale e Scienze Biochimiche, Università di Roma “Tor Vergata”, (2) Istituto di . Neurobiologia e Medicina Molecolare, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma; (3) Istituto Superiore di Sanità, Roma. 140. L'INIBIZIONE DELL'ATTIVAZIONE DI NF-KB POTENZIA L'AZIONE PROAPOPTOTICA DELLA 3’-AZIDO-3’-DEOSSITIMIDINA (AZT) Matteucci C.1, Minutolo A.1, Balestrieri E.1, Marino-Merlo F.2, Grelli S.1, Macchi B. 3,4, Mastino A.2,5 1 Dip. di Medicina Sperimentale e Sc. Biochimiche, Univ. di Roma “Tor Vergata”; 2Dip. di Scienze della Vita, Sez. di Sc. Microb., Gen e Mol, Univ. di Messina; 3Dip. di Neuroscienze, Univ. di Roma “Tor Vergata"; 4IRCCS, S. Lucia, Roma; 5IRCCS Centro Neurolesi “Bonino-Pulejo”, Messina. 141. SINTESI ED ATTIVITÀ ANTIVIRALE DI ALCUNI DERIVATI DELL’ ETILE 1HINDOLO 3-CARBOSSILATO. Brunella Perfetto*, Rosanna Filosa°, Grazia Sellitto°, Aurora Faruolo°, Paolo de Caprariis°, Vincenza De Gregorio*, Maria Antonietta Tufano*. °Dipartimento Scienze Farmaceutiche Università di Salerno *Dipartimento di medicina Sperimentale Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica, Seconda Università degli Studi di Napoli. 142. EFFETTO DELLA TERAPIA FOTODINAMICA SULL’INFEZIONE DA HSV-1 IN CHERATINOCITI UMANI De Gregorio V, Iovene MR, Pagano A, Montanino G., Donnarumma G. Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Seconda Università degli Studi di Napoli 143. SINTESI E STUDIO DI NUOVE MOLECOLE ATTIVE CONTRO DIVERSE SPECIE DI ENTEROVIRUS S. Laconia, R. Timpanarob, A. Garozzob, B. Bisignanob, A. Castrob, R. Pompeia a Sezione di Microbiologia Applicata, Università di Cagliari,, bDipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, Università di Catania 144. THE ELK-1 AND SERUM RESPONSE FACTOR SITES IN THE MAJOR IMMEDIATE-EARLY PROMOTER OF THE HUMAN CYTOMEGALOVIRUS ARE REQUIRED FOR EFFICIENT VIRAL REPLICATION IN QUIESCENT CELLS P. Caposio, A. Luganini, M. Bronzini, S. Landolfo and G. Gribaudo Department of Public Health and Microbiology, University of Turin, Turin, Italy 145. ROLE OF IFI16 DOMINANT NEGATIVE PROTEINS IN SIGNAL TRANSDUCTION OF PRO-INFLAMMATORY AND PRO-APOPTOTIC PATHWAYS BY USING A LENTIVIRAL MODEL Gariano G.R.1, De Andrea M.2, Mondini M.3, Gugliesi F.1, Gariglio M.2, Landolfo S.1 1 Department of Public Health and Microbiology, University of Turin, Italy;2Department of Clinical and Experimental Medicine. University of Eastern Piedmont,Italy; 3NoToPharm S.r.l, Bioindustry Park, Colleretto Giacosa (TO), Italy CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 36 di 288 146. THE INTERFERON-INDUCIBLE GENE IFI16 DRIVES THE EARLY STEPS OF THE INFLAMMATORY RESPONSE AND MEDIATES IMMUNOMODULATORY AND PROINFLAMMATORY ACTIVITIES OF INTERFERONS IN ENDOTHELIAL CELLS. Baggetta R.1, De Andrea M.2, Mondini M.3, Gugliesi F.1, Gariglio M.2, Landolfo S.1 1 Department of Public Health and Microbiology, University of Turin, Italy; 2Department of Clinical and Experimental Medicine. University of Eastern Piedmont, Italy; 3NoToPharm S.r.l, Bioindustry Park, Colleretto Giacosa (TO), Italy. 147. HIGH BETA-HPV DNA LOADS AND STRONG SEROREACTIVITY ARE PRESENT IN EPIDERMODYSPLASIA VERRUCIFORMIS Borgogna C.1, V. Dell’Oste1, B. Azzimonti1, M. De Andrea1,2, M. Mondini3, E. Zavattaro1, G.Leigheb1, S.J. Weissenborn4, H. Pfister4, K.M. Michael5, T.Waterboer5, M. Pawlita5, S.Landolfo2 and M.Gariglio1*. 1 Department of Clinical and Experimental Medicine, Medical School of Novara, Novara, Italy; 2 Department of Public Health and Microbiology, Medical School of Turin, Turin, Italy; 3 NoToPharm S.r.l, Bioindustry Park del Canavese, Colleretto Giacosa (TO), Italy; 4 Institute of Virology, University of Cologne, Cologne, Germany; 5 Infection and Cancer Program, German Cancer Research Center (DKFZ), Heidelberg, Germany. 148. ELUCIDATION OF NATURAL β-HPV-HOST INTERACTIONS IN ORGANOTYPIC CULTURES AND SKIN BIOPSIES FROM EPIDERMODYSPLASIA VERRUCIFORMIS PATIENTS V. Dell’Oste1, B. Azzimonti1, E. Zavattaro1, C. Borgogna1, M. M. Landini1, S. Costa1,2, M. Mondini1,2, M. De Andrea1,3, S. Landolfo3, M. Gariglio2. 1 Department of Clinical and Experimental Medicine, Medical School of Novara, Novara, Italy; 2 NoToPharm S.r.l, Bioindustry Park del Canavese, Colleretto Giacosa (TO), Italy; 3Department of Public Health and Microbiology, Medical School of Turin, Turin, Italy. 149. GENERAZIONE DI UN MODELLO MURINO PER LA COMPRENSIONE DEI MECCANISMI PATOGENETICI COINVOLTI NELLA CARCINOGENESI CUTANEA INDOTTA DA HPV M. Rittà1,2, M. De Andrea1,2, M. Landini1, C. Borgogna1, M. Mondini1,3, H. Pfister4, E. Marcuzzi4, M. Baccarini5, S. Landolfo2, M. Gariglio1 1 Dip.to di Medicina Clinica e Sperimentale, Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro”, Novara, Italia; 2Dip.to di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università degli Studi di Torino, Italia; 3 NoToPharm S.r.l, Bioindustry Park del Canavese, Colleretto Giacosa - Torino, Italia; 4Institute of Virology, Università di Colonia, Germania; 5Max F. Perutz Laboratories, Dip.to di Microbiologia e Immunobiologia, Università di Vienna, Austria. 150. UTILIZZO DI IMMUNOGLOBULINE MURINE PER L’IDENTIFICAZIONE DELLA GLIOTOSSINA DI ASPERGILLUS FUMIGATUS Bugli F., Graffeo R., Paroni F., Torelli R., Posteraro B., Sanguinetti M., Fadda G. Istituto Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 37 di 288 IL GENE ACE, CODIFICANTE UNA ADESINA DI ENTEROCOCCUS FAECALIS, È REGOLATO DA ERS ED È COINVOLTO NELLA VIRULENZA Sanguinetti M.1, Lebreton F.2, Torelli R.1, Riboulet-Bisson E.2, Serror P.3, Posteraro B.1, Hartke A.2, Auffray Y.2, Giard JC.2, Fadda G.1 1 Istituto di Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, L.go F. Vito 1, Roma, Italy 2 Laboratoire de Microbiologie de l’Environnement, Université de Caen, 14032 Caen Cedex, France 3 Unité des Bactéries Lactiques et Pathogènes Opportunistes, INRA, 78350 Jouy-en-Josas, France Enterococcus faecalis è un patogeno opportunista che causa frequente di infezioni nell’uomo ed è tra i più importanti agenti di infezioni nosocomiali. In questo lavoro dimostriamo che il regolatore trascrizionale Ers (PrfA-like), da noi recentemente identificato, noto per essere nel metabolismo cellulare e nella virulenza di E. faecalis, riveste anche il ruolo di repressore del gene ace che codifica per una collagen binding protein. A tale scopo la caratterizzazione della regione promotrice del gene ace, mediante analisi trascrizionale in RT-qPCR e gel mobility shift assay, ha evidenziato che Ers regola direttamente l’espressione di ace. Inoltre la trascrizione di ace è indotta dalla presenza di sali biliari, probabilmente attraverso la deregolazione di ers. Utilizzando mutanti deleti e ricostituiti del gene ace in un modello di virulenza di insetto (Galleria mellonella) e in un modello in vivo/in vitro di fagocitosi nel topo, è stato dimostrato che ace può essere considerato un fattore di virulenza di E. faecalis. Infine, esperimenti condotti con opportuni modelli murini hanno dimostrato che ace è coinvolto nella patogenesi delle infezioni del tratto urinario causate da E. faecalis ma non nella patogenesi delle infezioni sistemiche. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 38 di 288 PRINCIPALI CLONI DI A.BAUMANNII CARBAPENEMI-RESISTENTI CIRCOLANTI IN ITALIA Mezzatesta M.L.1, D’Andrea M.M.2, Migliavacca R.3, Giani T.2, Gona F.1, Marchese G.1, Nucleo E.3, Pagani L.3, Rossolini G.M.2 and Stefani S.1 Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Sc. Ginecologiche – Università di Catania1, Siena 2 e Pavia3 , Italia Email [email protected] Acinetobacter baumannii è un microrganismo caratterizzato da bassa virulenza ma attualmente riconosciuto come rilevante patogeno opportunistico in un’ampia varietà di infezioni nosocomiali, in modo particolare nei pazienti immunocompromessi delle unità di terapia intensiva. Gli isolati clinici di A. baumannii sono spesso caratterizzati da una multi-resistenza antimicrobica, inclusi i carbapenemi utilizzati come antibiotici di elezione nella terapia clinica. Per valutare la diffusione di ceppi di A.baumannii carbapenemi-resistenti circolanti in Italia, sono stati utilizzati 2 metodi di tipizzazione: la Sequence Typing (ST) e la PFGE. In questo studio sono stati inclusi 119 A.baumannii isolati durante il 2004-2005 e provenienti da 8 regioni italiane. Tutti i ceppi erano resistenti ai carbapenemi e i geni di resistenza sono stati caratterizzati mediante PCR. La PFGE è stata eseguita secondo metodiche standard e lo schema utilizzato per MLST era basato sui frammenti dei 6 geni housekeeping pubblicati sul sito web MLST del Pasteur (http://www.pasteur.fr/recherche/genopole/PF8/mlst/), mentre i primers utilizzati per l’amplificazione del gene rpoB sono stati disegnati con il Vector NTI sulla base della sequenza pubblicata (accession number CU459141). Come ceppi di controlli sono stati utilizzati i 2 principali cloni europei RUH875 e RUH134. Dall’analisi dei profili di macrorestrizione dei ceppi inclusi nello studio, mediante PFGE, è stato possibile identificare tre cloni epidemici di A. baumannii MDR A, B e C. Tutti gli isolati, appartenenti ai 3 cloni, contenevano il gene blaOXA-58 mentre quelli appartenenti al clone C erano positive anche per il gene blaOXA-23. Nessun isolato è risultato positivo per il gene blaOXA-24. Anche con MLST sono stati ottenuti 3 ST: 1, 2 e 20. I nostri risultati hanno dimostrato che le metodiche di PFGE e MLST hanno lo stesso potere discriminante, la stessa riproducibilità e sono epidemiologicamente concordanti tra di loro: in particolare i cloni A (ST 2) e B (ST 1), maggiormente diffusi, sono simili rispettivamente ai cloni europei RUH134 e RUH875. n. strains PFGE type PFGE subtype ST Allelic profile cpn60 fusA gltA pyrG recA rpIB rpoB OXAs content 109 A 3 2 2 2 2 2 2 2 2 OXA 51-like, 58 4 B 0 1 1 1 1 1 5 1 1 OXA 51-like, 58 6 RUH 134 RUH 875 C A B 2 ─ ─ 20 2 1 3 2 1 1 2 1 1 2 1 1 2 1 5 2 5 1 2 1 1 2 1 OXA 51-like, 58, 23 ─ ─ CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 39 di 288 CARATTERIZZAZIONE CLINICA E MOLECOLARE DI CEPPI DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS METICILLINO-SENSIBILI E -RESISTENTI ISOLATI DA BATTERIEMIE E. Borghi1, C. Biassoni1, F. Tordato2, M. Cainarca3, R. Sciota1, AD Monforte2, G. Morace1 1 Dip. Sa.Mi.Vi, Università di Milano, 2Dip. di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria, Clinica di Malattie Infettive, AO San Paolo, Università di Milano, , 3Lab.Microbiologia, AO San Paolo, Milano. Staphylococcus aureus (SA) rappresenta uno dei più comuni agenti responsabili di batteriemie. Sebbene qualsiasi ceppo di SA colonizzante l'uomo possa trasformarsi in un patogeno pericoloso, alcuni cloni sono più virulenti di altri. I pattern di antibiotico-resistenza, unitamente al corredo di tossine e di altri determinanti patogenetici sono responsabili della capacità del singolo ceppo di SA di provocare infezioni di diversa origine e gravità. Al fine di produrre una fotografia epidemiologico-molecolare dei ceppi responsabili di batteriemie, sono stati raccolti, presso l'ospedale San Paolo di Milano, 41 ceppi di SA, 33 dei quali corredati da adeguata documentazione clinica. Gli isolati sono stati tipizzati, mediante PCR, per la presenza di alcuni determinanti di virulenza: tre geni codificanti per adesine (fnbA, fnbB, cna), nove per tossine (sea-see; eta ed etb; tst, e pvl), ed ica. Nei ceppi meticillino-resistenti (MRSA) si è provveduto anche alla tipizzazione della cassetta SCCmec. L’età media dei pazienti era 67 anni (range 2-99); la patologia di base più frequente è risultata essere il diabete (36%), seguita da emodialisi (21%) e cancro (18%). Il 37% delle batteriemie era correlato alla presenza di catetere venoso centrale (CVC); mentre 12/33 (36%) erano sostenute da ceppi MRSA (8 SCCmec di tipo IV e 4 di tipo I). I pazienti con infezioni da MRSA erano più anziani di quelli con batteriemie da MSSA (75 vs 66 anni; p=0.04); mentre le patologie di base erano comparabili. Il tasso di mortalità cruda è stato del 24%, unicamente in batteriemie MRSAcorrelate (67% vs 0%, p=<0.0001). Il 52% dei ceppi mostrava la presenza di un gene per le adesine ed il 42% almeno un’enterotossina. Solo ceppi MSSA sono risultati positivi per eta (5%) e tst (14%). Nessuno degli isolati è risultato pvl-positivo, mentre tutti hanno mostrato la presenza del locus ica. Nel complesso, le batteriemie sostenute da MRSA sembrano essere associate ad una più elevata mortalità. Sebbene non siano state dimostrate differenze significative in termini di tossigenicità tra ceppi MRSA e MSSA, né tra MRSA tossigeni e mortalità, è interessante notare che, tra i decessi MRSA-correlati, il 75% (6/8) mostrava almeno un gene per enterotossine e quattro (tutti SCCmec IV) il gene codificante per proteine leganti la fibronectina (fnbB). CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 40 di 288 EFFETTO DELLA INATTIVAZIONE DI GENI DEL SISTEMA ESX-5 DI MYCOBACTERIUM TUBERCULOSIS SULLA SECREZIONE DI PROTEINE PE/PPE M. Di Luca, D. Bottai, G. Batoni, F. L. Brancatisano, G. Maisetta, W. Florio, C. Counoupas, S. Esin, M. Campa. Dipartimento di Patologia Sperimentale, Biotecnologie Mediche, Infettivologia ed Epidemiologia, Università di Pisa Le proteine PE/PPE rappresentano due classi particolarmente interessanti di proteine di Mycobacterium tuberculosis. Esse, infatti, sono specifiche del genere Mycobacterium e, sebbene la loro esatta funzione biologica non sia stata ancora chiarita, sono ritenute particolarmente importanti nell’interazione del microrganismo con l’ospite. Studi recenti condotti in M. marinum hanno indicato che tali proteine sono secrete o trasportate sulla parete del batterio ad opera di uno specifico sistema di secrezione, denominato sistema di secrezione ESX-5. Allo scopo di valutare il ruolo del sistema ESX-5 nel trasporto/secrezione di proteine PE/PPE in M. tuberculosis sono stati allestiti quattro ceppi mutanti di M. tuberculosis, caratterizzati dalla distruzione di geni codificanti per proteine che rappresentano alcuni componenti dell’apparato di secrezione. In particolare, sono stati ottenuti ceppi mutanti per i geni: i) Rv1794; ii) Rv1795 e Rv1797, codificanti per due differenti proteine di membrana; iii) Rv1798, codificante per una proteina dotata di attività ATPasica. Tutti i ceppi mutanti ottenuti (H37Rv1794ko, H37Rv1795ko, H37Rv1797ko e H37Rv1798ko) hanno mostrato una cinetica di crescita in terreno liquido Middlebrook 7H9 paragonabile a quella del ceppo parentale. Al contrario, il ceppo H37Rv1798ko, analogamente a quanto descritto per altri ceppi di M. tuberculosis mutanti per proteine ad attività ATPasica, ha mostrato una ridotta capacità di crescita su terreno solido rispetto al ceppo parentale. Per studiare l’effetto dell’inattivazione dei geni Rv1794, Rv1795, Rv1797 e Rv1798 sulla secrezione di proteine PE/PPE, i filtrati di coltura ed i lisati totali dei ceppi mutanti ottenuti sono stati analizzati mediante Western blot per la presenza della proteina PPE41 e delle proteine PE_PGRS, scelte come modello per lo studio della localizzazione delle proteine PPE e PE, rispettivamente. I risultati ottenuti hanno indicato che la distruzione di singoli geni del sistema di secrezione ESX-5 di M. tuberculosis, a differenza di quanto descritto in M. marinum, non ha effetto sul trasporto/localizzazione di proteine PPE/PE_PGRS. Sono attualmente in corso studi volti a chiarire le differenze osservate tra M. marinum e M. tuberculosis. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 41 di 288 TRASFERIMENTO MEDIATO DA BATTERIOFAGO DI GENI DI RESISTENZA ALL’ERITROMICINA E ALLA TETRACICLINA IN STREPTOCOCCUS PYOGENES. M.C. Di Luca, D. Petrelli, S. D’Ercole, M. Prenna, S. Ripa, L.A. Vitali Dip. di Biologia M.C.A., Università di Camerino. Nello Streptococcus pyogenes, i geni che conferiscono la resistenza all’eritromicina mediata dall’efflusso (mefA/msr) sono veicolati da profagi funzionali e possono essere associati al determinante di resistenza alla tetraciclina tetO. Lo scopo del presente lavoro era quello di dimostrare il trasferimento lisogenico “ex vivo” della eritromicino- e tetraciclino-resistenza in S. pyogenes. Quarantuno ceppi eritromicino-sensibili appartenenti a 12 tipi emm sono stati impiegati come riceventi. Il ceppo K56 (emm12) è stato usato quale ricevente di riferimento e come indicatore delle preparazioni di fago. Il ceppo m46 (emm4, eritromicino- e tetraciclino-resistente) è stato scelto quale donatore del fago Φ-m46 (tetO+mefA+). Dopo induzione con mitomicina C (0.2 mg/L), il sopranatante ottenuto è stato filtrato, trattato con DNAsi/RNAsi, concentrato mediante precipitazione con PEG/NaCl, e, infine, aggiunto a colture dei ceppi riceventi. Dopo opportuna incubazione, queste sospensioni sono state mescolate con soft agar e versate su piastre di BHI agar per la visualizzazione e la conta delle placche di lisi. Parallelamente, le stesse sono state piastrate su BHI agar contenente eritromicina al fine di selezionare cloni lisogeni eritromicino-resistenti. La PCR è stata impiegata per controllare l’emm-tipo, e la presenza dei geni mefA e tetO prima e dopo gli esperimenti di trasferimento lisogenico e per la rilevazione del DNA del Φ-m46 nel sopranantante delle colture indotte del ceppo donatore. Il K56 e l’85.4% (n = 35) dei ceppi testati hanno acquisito la resistenza dopo infezione con Φ-m46. Tutti i ceppi emm1 (n = 7), emm12 (n = 6), emm75 (n = 2), emm18 (n = 1), emm94 (n = 1) e una parte degli emm3 (5/7), emm4 (1/3), emm5 (1/2), emm6 (4/7) sono stati lisogenizzati e convertiti a fenotipo eritromicino- e tetraciclino-resistente. Non sono stati isolati cloni da dopo infezione di riceventi di emm-tipo 77, 78 e 89. Solo i ceppi emm12 sono risultati sensibili alla lisi mostrando placche dopo infezione. In conclusione, la resistenza all’eritromicina e alla tetraciclina veicolata dal fago Φ-m46 può essere efficientemente trasferita da un ceppo di S. pyogenes ad un altro. Questa è la prima dimostrazione diretta di trasferimento genetico orizzontale fago-mediato di antibiotico-resistenza in S. pyogenes. Nel gruppo di ceppi analizzati, non è stata osservata una barriera al trasferimento liso genico dipendente dall’emm-tipo del ceppo ricevente. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 42 di 288 STUDIO DELLE MUTAZIONI PATOADATTATIVE DEL GENE FIMH DI ESCHERICHIA COLI Iebba V1., Conte MP1., Lepanto M1., Proietti Checchi M1., Totino V.1, Aleandri M.1, Longhi C.1, Marazzato M.1, Cucchiara S.2, Schippa S1. 1Dipartimento di Scienze e Sanità Pubblica, Sapienza Università di Roma; 2 Dipartimenti di Pediatria, Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sono caratterizzate da una non funzionale interazione tra la microflora ed il sistema immuno mucosale intestinale. Molti studi indicano la possibilità che ceppi di Escherichia coli associati alla mucosa siano coinvolti nell’avvio o progressione di queste patologie. L’analisi colturale di campioni bioptici dell’ileo e del colon hanno infatti confermato la presenza di elevate concentrazioni di E. coli nei pazienti con MICI, molti dei quali hanno mostrato spiccate proprietà adesive-invasive su linee cellulari epiteliali umane e colture primarie di enterociti. Elementi strutturali, comuni in tali ceppi, indispensabili al processo adesivo/invasivo sono risultati essere i pili di tipo 1. Le fimbrie di tipi 1 mediano il legame, suscettibile al mannosio, a differenti superfici dell'ospite. Il legame è dovuto alla componente della fimbria FimH. In natura esistono molte varianti della proteina FimH diversamente selezionate per la loro capacità di riconoscere specifici recettori. Alcune di queste varianti, associate a fenotipi patogenetici adattativi, conferirebbero particolari tropismi di tessuto, con aumento drammatico della capacità dei ceppi di colonizzare ad esempio la mucosa del tratto urinario o condurre tali ceppi verso fenotipi virulenti. La virulenza dei batteri potrebbe quindi essere incrementata da queste mutazioni risultando adattative in ambienti patologici ( come la una mucosa intestinale fortemente infiammata). Quindi, la transizione da fenotipo commensale a fenotipo virulento potrebbe quindi essere mediata, non solo dall'acquisizione di geni correlati alla virulenza, ma anche attraverso la selezione di varianti genetiche, in un tratto commensale, che risultano essere favorite da un ambiente patologico. Lo scopo del presente lavoro è stato quello di caratterizzare varianti della proteina FimH espresse da ceppi di E.coli isolati dalle biopsie di pazienti con MICI, al fine di studiare eventuali associazioni tra mutazioni pato-adattative del gene e i diversi habitat intestinali che si incontrano nelle due forme di MICI, malattia di Crohn (MC) e colite ulcerosa (CU). I primi risultati ottenuti mostrano una forte relazione tra i profili mutazionali del gene fimH e il tipo di patologia ( CU o MC) . Le variazioni, che avvengono naturalmente in questo gene, sono mutazioni adattative ad habitat che variano da commensali a patologici e diventano un fattore chiave per la sopravvivenza della specie in questa transizione. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 43 di 288 CORRELAZIONE TRA EMM/T, SOF, SPEA-C, PRTF1-F2 E RESISTENZA AI MACROLIDI IN S.PYOGENES Carolina Ferranti1, Gianna Tempera1, Giuseppe Bisignano2, Pio Maria Furneri1 1 Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, Università degli Studi Catania. 2Dipartimento Farmacobiologico, Università degli Studi di Messina 119 ceppi di Streptococcus piogene (GAS), isolati da tamponi tonsillari provenienti da diverse regioni d’Italia, sono stati sottoposti ad indagine fenotipica-genotipica volta a stabilirne le caratteristiche di eritromicino-resistenza e la possibile correlazione con i principali fattori di virulenza emm/T, sof, speA-C, prtF1-F2. Nella nostra casistica il fenotipo di resistenza all’eritromicina più frequente e stato il cMLSB (40,91%), seguito da iMLSB (36,36%) con il determinante di resistenza erm(B) prevalente rispetto ad erm(A) e dal fenotipo M (22,72%) caratterizzato dalla presenza di mef(A). La caratterizzazione molecolare della proteina M svolta attraverso l’emm sequencing ha consentito di individuare 18 emm tipo diversi e due nuovi sottotipo: l’emm5.66 e l’emm12.43. Gli emm tipo 1, 89, 12, 22, 28, 75 e emm 4, ricorrono complessivamente in oltre l’80% dei GAS in esame. I GAS risultati positivi alle esotossine pirogeniche speA e speC sono particolarmente frequenti e con percentuali che si attestano al 60.8% per speA e all’81.7% per speC. Il profilo dei geni spe per un dato emm tipo, delinea una distribuzione chiaramente non randomizzata e pattern geno-fenotipici di eritromicino-resistenza ricorrenti: nei ceppi emm 2, 4 6, 9 44 e 75 la presenza di speC è quasi sempre costante mentre speA è quasi sempre assente. I ceppi emm2, 4, 44, non presentano mai fenotipo cMLSb o iMLSb. Nessuno dei ceppi emm 12 è sensibile all’eritromicina; in nessuno dei ceppi emm22 emm28 è stato riscontrato il fenotipo M ed i ceppi con emm tipo 77 presentano tutti fenotipo iMLSb con genotipo erm(A). I determinanti genici prtF1 e prtF2, codificanti le FBPs, sono presenti in percentuali elevate e paragonabili sia nei GAS sensibili sia nei GAS resistenti all’eritromicina. In particolare, prtF1 è stato rilevato nel 100% dei ceppi con fenotipo M. L’analisi di distribuzione delle FBPs, in relazione ai fattori di virulenza, sia al genotipo/fenotipo di resistenza ai macrolidi ha evidenziato l’esistenza di pattern genetici comuni nei diversi emm tipo. Infine, il Multilocus Sequence Typing eseguito su un pool di ceppi rappresentativi per dato emm/T tipo ha permesso di esaminare il background genetico dei ceppi e di scoprire quattro nuovi ST 461, 462, 463, 464, di cui due generati da nuove varianti del locus dei geni housekeeping gtr e muts. Questo studio è stato, in parte, finanziato con fondi PRIN-2007: Prot. 2007RXJN5N_001 CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 44 di 288 ACHROMOBACTER XYLOSOXIDANS ISOLATI DA PAZIENTI AFFETTI DA FIBROSI CISTICA: CORRELAZIONE TRA GENOTIPI, VALORI SPIROMETRICI E FLORA BATTERICA CONCOMITANTE. Varesi P.2, Trancassini M.1, Schippa S.1, Iebba V.2, Pecoraro C.2, Quattrucci S.2 Magni A.1 1 Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica - Università “La Sapienza” Roma 2 Centro Regionale di Fibrosi Cistica Dipartimento di Pediatria - Università “La Sapienza” Roma Negli studi epidemiologici i metodi di tipizzazione molecolari su ceppi batterici sono divenuti essenziali negli ultimi anni. Nel nostro lavoro 106 ceppi di A.xylosoxidans, isolati da pazienti affetti da Fibrosi Cistica (FC) sono stati tipizzati mediante tecnica di Randomly Amplified Polymorphic DNA (RAPD). I profili ottenuti sono stati successivamente analizzati mediante Agglomerative Hierarchical Classification (AHC) e Factorial Discriminant Analysis (FDA) per valutare eventuali: a. correlazioni genetiche tra i profili RAPD; b. correlazioni tra questi profili e i valori spirometrici (FEV1); c. correlazioni con la concomitante colonizzazione cronica con Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus aureus. I risultati finali di questo studio mostrano una forte associazione tra i profili RAPD dei ceppi di A. xylosoxidans e le variabili da noi prese in esame. Una possibile spiegazione dei nostri risultati potrebbe essere cercata in quel particolare habitat qual è il polmone del paziente con FC capace di forgiare e selezionare la flora batterica colonizzante. Molti studi recenti mettono, infatti, in evidenza la potenzialità di un habitat di indurre e di produrre pressioni selettive che promuovono la colonizzazione di certe specie o ceppi batterici invece di altri. Nel nostro lavoro i ceppi con profili RAPD correlati condividono comuni tratti genetici che potrebbero permettere la loro sopravvivenza nel tessuto polmonare del paziente con FC. La persistenza di A.xylosoxidans nell’ambiente ostile del polmone dei paziente FC potrebbe selezionare varianti di A.xylosoxidans meglio adattate al tessuto polmonare infiammato di questi pazienti. I nostri risultati, quindi, potrebbero essere spiegati con i cambiamenti adattativi nella fisiologia di A.xylosoxidans nel corso di infezioni polmonari persistenti nei pazienti con FC. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 45 di 288 DETERMINAZIONE DELL’UNITA’ RIPETITIVA DEL CEPACIANO TRASLOCATA NELLO SPAZIO PERIPLASMICO DA UNA FLIPPASI CODIFICATA DAL GENE bceQ Furlanis L., Corich L., Cescutti P., Foschiatti M., Rizzo R., Dolzani L., Tonin E., Lagatolla C. Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste La maggior parte delle specie che appartengono al Burkholderia cepacia complex (Bcc) producono un esopolisaccaride (EPS) chiamato cepaciano, importante nel determinare l’espressione del fenotipo mucoide da parte di questi microrganismi. È documentato l’isolamento di ceppi Bcc che alternano l’espressione del fenotipo mucoide e di quello non mucoide: i fattori responsabili del passaggio dall’uno all’altro non sono ancora chiariti ma è probabile che siano responsabili dell’evoluzione in senso acuto oppure cronico delle infezioni respiratorie provocate. L’ipotesi che il cepaciano costituisca un importante fattore di patogenicità per questa specie batterica ha stimolato lo studio dei geni coinvolti nella sua biosintesi: un cluster di 16 kb, codificante per 12 geni (bceAbceL) e localizzato nel cromosoma 2 nelle specie di Bcc è stato inizialmente descritto da Moreira. Successivamente è stata identificata una seconda regione localizzata nello stesso cromosoma a 150 kb di distanza. Tramite esperimenti di transposon mutagenesis di un ceppo mucoide derivato da un paziente afferente al Centro Regionale per la Fibrosi Cistica del Friuli Venezia Giulia (BTS7), è stato ottenuto un isolato incapace di produrre esopolisaccaride (BTS7C). Il gene inattivato mostra alta percentuale di omologia (94%) con un gene codificante una “polysaccharide biosynthesis protein” ritrovata in due ceppi di riferimento, J2315 e B. sp. 383. Analisi in silico mostrano che questa regione localizzata nel secondo cluster è di circa 15 kb e contiene 9 geni, chiamati bceMbceU. Alcuni di questi corrispondono a geni già descritti precedentemente, con eccezione di tre che codificano per acetiltransferasi e che non hanno omologia fra loro. La “polysaccharide biosynthesis protein” è codificata dal gene bceQ e mostra alta omologia (26% identità/48% positività) con la proteina Wzx di E. coli, una proteina integrale di membrana, nota anche come “flippasi”, che media il trasferimento degli zuccheri dal citoplasma verso lo spazio periplasmico. Quindi, l’inattivazione del gene bceQ dovrebbe portare all’accumulo dell’unità ripetitiva legata al lipide carrier nella membrane interna. Nel presente lavoro abbiamo studiato la funzione della proteina codificata del gene bceQ nell’isolato BTS7, ricercando l’unità ripetitiva del cepaciano legata alla membrana citoplasmatica sia nel ceppo wild type che nel ceppo mutato. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 46 di 288 PATOGENICITÀ ED ANTIBIOTICO-RESISTENZA DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS ISOLATO DA DERMATITE ATOPICA Cafiso V1, Spina D1, Bertuccio T1, Purrello S1, Vitale S1, Prignano G2, Capitanio B3, Pascolini C2, De Santis A 2 , Di Carlo A 2 e Stefani S1 1 Dipartimento di Microbiologia e Ginecologia–Università di Catania (CT) e-mail:[email protected]; 2 SSO Diagnostiche Microbiologiche, 3SSO Dermatologia Pediatrica-Istituto San GallicanoIRCCS-Polo Dermatologico IFO (RM) La Dermatite Atopica (DA) è una affezione cutanea nella quale la colonizzazione di Staphylococcus aureus rappresenta un fattore aggravante la malattia. La caratteristica xerosi determina, infatti, un aumento dell’esposizione di adesine tissutali a cui S.aureus aderisce attraverso fattori di virulenza (adesine, tossine, capsula e biofilm) tipici del microrganismo. S.aureus, attraverso un meccanismo d’interferenza microbica dovuto al locus agr (accessory-genes-regulator), può determinare l’adesione al sito di infezione di ceppi di uno specifico gruppo di interferenza agr (I-II-III-IV) per competizione con la flora microbica residente. Il nostro lavoro ha valutato il patotipo di 70 ceppi di S.aureus isolati da lesioni cutanee, fosse nasali e cute sana di pazienti con DA in cura presso l’Istituto San Gallicano IRCCS di Roma. A tale scopo è stato determinato: il tipo di antigene capsulare (cap5-cap8), l’agr-group, il contenuto di adesine e tossine (hls-spa-icaA-atl-cna-sdrE-sdrC-fnbA-clfA/B-eta-sea-sej-sec-sed-sek-seq-tstsplB-lukE) e la presenza della leucocidina-PVL (lukS/F) mediante Multiplex-PCR; la produzione di biofilm secondo Christensen et al.; l’antibiotico-resistenza (OXA-E-DA-CN-SXT-CIP-LEV-TETRD-C) mediante Kirby-Bauer (CSLI-2009). I nostri risultati mostrano che tutti gli isolati sono meticillino-sensibili e, quindi, ampiamente sensibili a tutti agli antibiotici saggiati. Era evidente una predominanza di Cap8 (75.5 %), agr-I (48.57 %) e ceppi biofilm-produttori (82.85%) mentre solo il 5.7% presentava la leucocidina-PVL (lukS/F). Si riscontravano, inoltre, geni di virulenza presenti in tutti gli isolati tra cui le adesine: spaicaA-atl-sdrC-clfA/B e tutte le emolisine, e geni presenti in percentuale variabile tra cui le adesine fnbA (77 %), sdrE (73 %), cna (61 %), e le tossine sek/seq (64.28 %), splB/lukE (47.5 %), tst (47 %), sec (31.4 %), sea (24.2 %), sej (18 %), sed (11.42 %), eta (4.28 %). Il campione presentava, quindi, un cospicua percentuale di adesine che ne supportano l’elevata invasività, una notevole diffusione della tossina esfoliativa TSST-1 e di entero-tossine tra cui sek/seq caratteristiche dei Community Acquired-MRSA. I ceppi isolati dallo stesso paziente ma da siti di contaminazione diversi presentavano prevalentemente un patotipo simile. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 47 di 288 UN MODELLO DI PERSISTENZA IN HELICOBACTER PYLORI IN UN CASO DI CANCRO GASTRICO R. Grande, M. Di Giulio, E. Di Campli, S. Di Bartolomeo, L. Cellini Dipartimento di Scienze Biomediche, Facoltà di Farmacia, Università “G. d’Annunzio” Chieti – Pescara Scopo: Helicobacter pylori è coinvolto nell’insorgenza della gastrite cronica attiva, ulcera duodenale, cancro gastrico e linfoma di MALT. Il carcinoma gastrico è la seconda causa di morte per cancro nel mondo e, la sua associazione con H. pylori è confermata da numerosi studi epidemiologici. Nell’infezione associata ad H. pylori, un ruolo importante è attribuito ai geni di virulenza vacA e cagA. I ceppi di H. pylori che possiedono l’isola di patogenicità cagPAI sono associati a patologia gastroduodenale più severa soprattutto quando la proteina CagA, antigene immunodominante di CagPAI, traslocata all’interno di delle cellule epiteliali, viene fosforilata da parte delle chinasi della cellula ospite in corrispondenza dei motivi di fosforilazione della tirosina contenenti la sequenza EPIYA. Lo scopo del presente studio è stato quello di analizzare cloni di H. pylori, isolati da un paziente con cancro gastrico, per valutarne: i) la variabilità genetica, ii) i principali fattori di virulenza, iii) la sensibilità antimicrobica nei confronti dei farmaci più comunemente utilizzati nella terapia verso H. pylori. Metodi: Sono stati studiati 32 cloni di H. pylori provenienti da una biopsia antrale di una paziente con cancro gastrico, precedentemente trattata per l’infezione da H. pylori e analizzati per: la variabilità genetica con Amplified Fragment Lenght Polymiforfism (AFLP) analysis; i fattori di virulenza vacA e cagA con PCR; la sensibilità (CMI) verso Amoxicillina, Claritromicina, Levofloxacina e Tinidazolo con il metodo delle diluizioni in agar. Risultati: La paziente con cancro gastrico presentava un’ infezione mista con almeno 3 ceppi diversi di H. pylori. I cloni isolati presentavano i principali fattori di virulenza con differenti combinazioni alleliche (vacA s1i1m1; s1i1i2m1; s2i2m2; s2i1i2m2) unitamente alla presenza di motivi EPIYA ripetuti P1P2P3P3P3 e resistenze multiple verso Levofloxacina e Claritromicina. Conclusioni: La presenza di ceppi diversi che colonizzano lo stesso paziente, caratterizzati dalla presenza dei maggiori marker di virulenza e da una marcata multiresistenza ai farmaci utilizzati nella terapia anti-H. pylori, sottolinea la grande capacità del microrganismo di adattarsi all’ospite attraverso micro e macroevoluzioni finalizzate alla persistenza nel tempo. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 48 di 288 STUDIO DELLA FORMAZIONE DI BIOFILM E DELL’ADESIVITA’ A DIFFERENTI CELLULE EUCARIOTICHE DI CEPPI SENSIBILI AI β-LATTAMICI E DI CEPPI PRODUTTORI DI β-LATTAMASI Fugazza G.1, Nucleo E.1, Migliavacca R.1, Spalla M.1, Pagani L.1, Debiaggi M.1 1 Dip. S.M.E.C. sez. di Microbiologia, Univ. di Pavia, via Brambilla 74, 27100 Pavia Introduzione Le infezioni del tratto urinario (UTI) da P. mirabilis produttori delle β-lattamasi TEM-92 e CMY16 sono in aumento in Italia . Nei pazienti cateterizzati tali infezioni possono cronicizzare. Scopo del lavoro è stato valutare la formazione di biofilm e l’adesività a due diverse linee cellulari da parte di ceppi produttori degli enzimi TEM-92 e CMY-16. Metodi La formazione di biofilm è stata valutata in 10 isolati clinici responsabili di UTI: 4 erano CMY-16 e 3 TEM-92 produttori, i rimanenti erano β-lattamasi negativi. I ceppi sono stati studiati mediante saggi di adesione in tre terreni: Luria-Bertani (LB), LB diluito ed urina. La formazione di biofilm è stata saggiata anche in presenza di imipenem e piperacillina-tazobactam in LB ed urina. L’adesività a due linee cellulari (LLC-MK2 ed epiteliali tubulari renali umane) è stata testata per un ceppo CMY-16 produttore, un TEM-92 produttore e un isolato sensibile. La presenza del gene codificante per le fimbrie MR/P è stata verificata mediante PCR. Risultati Tutti i ceppi sono risultati buoni produttori di biofilm. Gli isolati CMY-16 e TEM-92 positivi sono risultati essere più abili nella formazione di fattori di adesione rispetto ai ceppi β-lattamasi negativi, indipendentemente dal terreno di crescita. Tutti gli isolati presentavano un incremento dei livelli di adesione in concentrazioni sub-inibenti di antibiotico. Il gene codificante la subunità maggiore delle fimbrie MR/P è stato rilevato in tutti gli isolati. I saggi in coltura hanno evidenziato per tutti gli isolati la tendenza, indipendentemente dal fenotipo di resistenza, ad aderire a superfici inerti rispetto alle cellule, dando origine alla formazione di coaggregati, evidenti negli spazi intercellulari. Questo comportamento si è verificato sia verso la linea cellulare LLC-MK2 che verso la tubulare epiteliale renale. Conclusioni La maggiore formazione di biofilm in ceppi β-lattamasi produttori oltre che, più in generale, la capacità di aderire a superfici inerti, stimolata anche dalla presenza di concentrazioni sub-MIC di antibiotici β-lattamici, sono tutti fattori che concorrono all’aumento ed alla cronicizzazione delle UTI. Studi ulteriori su linee cellulari diverse, atti a evidenziare specifiche caratteristiche di tropismo, sono comunque necessari. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 49 di 288 EFFETTO DEL 3-O-METHYLFUNICONE (OMF) DA PENICILLIUM PINOPHILUM SU CELLULE STAMINALI DI CANCRO Buommino E, De Filippis A, Tirino V, *Nicoletti R, Tufano MA. Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica, SUN *C.R.A. – Istituto Sperimentale del Tabacco, Scafati I metaboliti secondari prodotti da microrganismi che colonizzano l’ambiente hanno suscitato l’interesse della comunità scientifica allo scopo di individuare nuove molecole da aggiungere al panel di chemioterapici attualmente in uso nelle terapie antitumorali. La recente scoperta di cellule con caratteristiche staminali all’interno dei tumori solidi ha aperto nuovi scenari per una migliore comprensione dei meccanismi che regolano la crescita, l’invasione tumorale e le recidive in loco. In questo studio, abbiamo analizzato l’effetto del 3-O-methylfunicone (OMF), un metabolita secondario prodotto dal fungo Penicillium pinophilum, su cellule staminali ottenute da una linea di carcinoma mammario (MCF7). Le capacità antitumorali dell’OMF sono state già analizzate dal nostro gruppo di ricerca. In particolare, è stata dimostrata la capacità dell’OMF di inibire la crescita e la migrazione delle MCF7, non alterando, invece, la crescita della linea epiteliale normale, MCF10. Le staminali sono state isolate mediante crescita in sospensione delle MCF7; tale tecnica ci ha consentito di ottenere le mammosfere, particolari aggregati cellulari che presentano caratteri di staminalità. L’effetto dell’OMF è stato confrontato con un noto chemioterapico, il cisplatino. Le mammosfere sono state trattate con OMF (80 μg/ml) e cisplatino (40 μM) per 48 ore e i risultati analizzati mediante RT-PCR, per valutare l’induzione dell’apoptosi, e citometria a flusso per valutare i marcatori di staminalità e di differenziamento (CD44, CD24, CD133, CD184) nei diversi passaggi della coltura. Dai risultati ottenuti si evince che l’OMF induce una maggiore percentuale di mammosfere in apoptosi rispetto al cisplatino e, inoltre, induce una down-regolazione dei markers di staminalità come CD133, CD44 e del CD184. Anche lo studio sulla linea adesa (MCF7) dimostra che l’OMF ha una maggiore capacità ad indurre apoptosi e ridurre i marcatori di staminalità rispetto al cisplatino. In conclusione, l’effetto dell’OMF sulle mammosfere fa ipotizzare un possibile uso di tale molecola nel cancro della mammella, essendo capace di agire non solo sulle MCF7, ma anche sulla popolazione di staminali presenti. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 50 di 288 ATTIVAZIONE PRIMARIA DI LINFOCITI T IN SEGUITO A VACCINAZIONE MUCOSALE Medaglini Donata; Ciabattini Annalisa; Pettini Elena.; Pozzi Gianni. LA.M.M.B, Dip. Biologia Molecolare, Università di Siena, 53100 Siena. L’induzione di cellule T attivate è di cruciale importanza per lo sviluppo di vaccini. A questo scopo è stata studiata e caratterizzata l’attivazione primaria in vivo dei linfociti T helper e T citotossici antigene-specifici in seguito a vaccinazione per via intranasale, impiegando il modello di trasferimento adottivo di linfociti T transgenici CD4+ e CD8+ specifici per epitopi noti della proteina ovalbumina (OVA). L’immunizzazione è stata effettuata utilizzando un ceppo ricombinante di Streptococcus gordonii che esprime in superficie gli epitopi OVA fusi ad un antigene vaccinale modello. Il priming delle cellule T è stato saggiato nel tessuto linfoide associato al naso (NALT), nei linfonodi cervicali, iliaci e mesenterici e nella milza. Una singola somministrazione intranasale di S. gordonii ricombinante induceva il priming di linfociti T sia a livello dei siti drenanti che dei distali e nella milza. La proliferazione T appariva nel NALT e nei linfonodi cervicali già 3 giorni dopo l’immunizzazione intranasale, mentre nei linfonodi iliaci e mesenterici e nella milza appariva solo dopo 5 giorni; questi dati, insieme alla modulazione nell’espressione del marker CD62L da parte delle cellule T in divisione, suggerivano una possibile migrazione delle cellule T dal sito drenante verso i siti distali. Dall’analisi fenotipica i linfociti T risultavano CD44+CD45RBlow confermando la loro attivazione. Nei singoli animali si osservava inoltre una significativa correlazione tra la percentuale di linfociti T helper e T citotossici proliferanti. Questi dati dimostrano l’efficienza dell’immunizzazione intranasale con lo S. gordonii ricombinante nell’indurre il priming di cellule T CD4+ e CD8+ non soltanto nel tratto respiratorio, ma anche nel tratto genitale e intestinale, nonché a livello sistemico. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 51 di 288 IDENTIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE FUNZIONALE DELLA TOSSINA CITOLITICA TVSAPLIP-5 DI TRICHOMONAS VAGINALIS Paola Rappelli, Nicia Diaz, Daniele Dessì, Antonella Mura, Federica Riu, Pier Luigi Fiori Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Sassari Trichomonas vaginalis è il protozoo responsabile della tricomoniasi, una delle malattie a trasmissione sessuale più diffuse. L’infezione è caratterizzata da un importante effetto citopatico a carico dell’epitelio vaginale. Evidenze sperimentali indirette indicano che nel meccanismo di patogenicità del protozoo sono coinvolte proteine formanti poro (PFP), suggerendo un’omologia con altri protozoi, quali Entamoeba histolytica e Naegleria fowleri, che producono PFP appartenenti alla famiglia delle saposin-like proteins. Il recente sequenziamento del genoma di T.vaginalis ha permesso di individuare 12 geni (denominati TvSaplip da 1 a 12) che mostrano un altissimo grado di omologia con i geni delle saposin-like proteins di E.histolytica e di N.fowleri. In questo lavoro è stato verifcato l’effettivo ruolo dei geni Tvsaplip nei meccanismi patogenetici del protozoo. Il meccanismo di patogenicità di T.vaginalis è fortemente dipendente dall’adesione alla cellula bersaglio e da valori di pH intorno a 6.0. E’ stato perciò valutato se adesione e pH fossero in grado di modulare la trascrizione dei geni TvSaplip 1-12. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza un incremento dei livelli di trascrizione in seguito a stimolazione per i geni TvSaplip 5, TvSaplip 6, TvSaplip 10 e TvSaplip 12. Lo studio è stato quindi focalizzato sul gene TvSaplip 5, che mostra un incremento dei livelli di trascrizione particolarmente significativo. TvSaplip5 è stata ottenuta in forma ricombinante ed è stata utilizzata per la produzione di anticorpi specifici monoclonali e policlonali. Studi di immunolocalizzazione con anticorpi anti-TvSaplip5 hanno permesso di dimostrare la presenza della proteina nativa nel citoplasma del protozoo. Le immagini ottenute dimostrano che essa è confinata all'interno di granuli intracitoplasmatici, analogamente a quanto riscontrato per Amoebapore e per Naegleriapore. Il contatto con le cellule bersaglio induce in una prima fase un aumento del numero dei granuli, seguita da una loro graduale scomparsa. La proteina è inoltre presente sulle membrane delle cellule bersaglio dopo il contatto con T.vaginalis. I dati ottenuti hanno così permesso di confermare le evidenze sperimentali indirette, ottenute in precedenza, che suggerivano il coinvolgimento di proteine formanti poro nel meccanismo di patogenicità del microrganismo. TvSaplip5 è la prima proteina di T.vaginalis finora individuata coinvolta direttamente nella lisi della cellula bersaglio. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 52 di 288 ATTIVITÀ BATTERICIDA ED ANTI-BIOFILM DI PEPTIDI ANTIMICROBICI VERSO PATOGENI MULTI-RESISTENTI ISOLATI DA PAZIENTI CON FIBROSI CISTICA. Di Bonaventura G.,1,2 Pompilio A.,1,2 Picciani C., 1,2 Confalone P.,1,2 Benincasa M.,3 Scocchi M.,3 Fiscarelli E.,4 Piccolomini R.,1,2 Gennaro R.3 1 Dipartimento Scienze Biomediche, Università di Chieti-Pescara. 2 Centro Scienze sull’Invecchiamento, Fondazione Università di Chieti-Pescara. 3 Dipartimento Scienze della Vita, Università di Trieste. 4 Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù”, Roma. Background: L’infezione cronica del tratto respiratorio è la causa principale di morbilità e mortalità nei pazienti affetti da fibrosi cistica (FC). La massiva esposizione a terapie antibiotiche ripetute ha causato la comparsa di patogeni multi-resistenti agli antibiotici convenzionali, rendendo quindi necessaria l’individuazione di approcci terapeutici alternativi. Obiettivi: Saggiare in vitro l'attività battericida ed anti-biofilm di sei peptidi antimicrobici [LL-37, SMAP-29, BMAP-27, BMAP-28, indolicidina e Bac7(1-35)] nei confronti di ceppi multi-resistenti di Stenotrophomonas maltophilia (n=3), Pseudomonas aeruginosa (n=4), e Staphylococcus aureus (n = 4) isolati da pazienti FC. Materiali e Metodi: L'attività battericida dei peptidi è stata saggiata utilizzando il metodo della microdiluizione in brodo, in accordo con le linee guida CLSI. L'effetto di concentrazioni sub-inibenti di peptidi sulla formazione di biofilm in micropiastra è stato misurato mediante saggio con cristalvioletto. Risultati: SMAP-29 è risultato il più attivo tra i peptidi saggiati (MIC range: 2-32 µg/ml; MIC90: 8 µg/ml), seguito da BMAP-28 (MIC range: 4 - ≥ 64 µg/ml; MIC90: 16 µg/ml) e BMAP-27 (MIC range: 2 - ≥ 64 µg/ml; MIC90: ≥ 64 µg/ml). Al contrario, indolicidina, LL-37 e Bac7 (1-35) non hanno mostrato alcuna attività nei confronti dei ceppi saggiati (MIC ≥ 64 µg/ml). SMAP-29 e BMAP-27 sono risultati particolarmente attivi nei confronti di P. aeruginosa (MIC range: 2-4 µg/ml) e BMAP-28 vs S. aureus (MIC range: 4-8 µg/ml). A concentrazione pari a 1/2xMIC questi tre peptidi hanno significativamente ridotto la formazione di biofilm da parte di S. maltophilia e P. aeruginosa (riduzione: 26-93% e 28-83% vs controllo, rispettivamente; P<0.05). SMAP-29 saggiato a 1/2xMIC è stato l'unico peptide in grado di ridurre significativamente la formazione di biofilm da parte di S. aureus (riduzione: 70-72% vs controllo; P<0.05). Al contrario, concentrazioni sub-inibenti di indolicidina, LL-37, e Bac7 non hanno avuto alcun effetto sulla formazione di biofilm. Conclusioni: I nostri risultati suggeriscono il potenziale terapeutico delle catelicidine SMAP-29, BMAP-27 e BMAP-28 nel trattamento dell’infezione polmonare in FC. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 53 di 288 INVASIONE E SOPRAVVIVENZA INTRACELLULARE DI CEPPI DEL BURKHOLDERIA CEPACIA COMPLEX IN CELLULE DENDRITICHE Antonietta Lambiase, Emanuela Roscetto, Laura Vitiello, Rosa Muoio, Maria Rosaria Catania, Mariassunta Del Pezzo, Fabio Rossano Dipartimento di Biologia e Patologia Cellulare e Molecolare “Luigi Califano”, Università di Napoli “Federico II” Il Burkholderia cepacia complex (Bcc) è un gruppo di batteri Gram-negativi (genomovar I–IX) riportati come patogeni polmonari opportunisti in fibrosi cistica (FC) già dal 1980. All’acquisizione di infezioni o colonizzazioni sostenute da questi batteri è generalmente associato un incremento della morbilità e della mortalità. L’outcome clinico di pazienti infettati o colonizzati da batteri del Bcc è molto eterogeneo, andando da una lenta progressione della malattia polmonare ad un repentino deterioramento associato a batteriemia, polmonite necrotizzante e morte, (“sindrome da cepacia”). Isolati batterici del Bcc sono generalmente multi-resistenti agli antimicrobici ed altamente cross-trasmissibili tra pazienti. All’interno del Bcc, la maggior parte delle infezioni polmonari in FC vede come agenti eziologici B. multivorans (genomovar II), B. cenocepacia (genomovar III) e B. vietnamiensis (genomovar V). Dati di letteratura indicano la capacità di Bcc di invadere e sopravvivere all’interno di cellule umane (Burns et al Infect Immun 1996; 64: 4054-59, Lamothe et al Cell Microbiol 2006; 9: 40-53, Savoia et al Curr Microbiol 2007; 54: 440-444). Conseguentemente a queste indicazioni, il nostro studio prevede due steps: in primo luogo viene valutato se isolati clinici del Bcc riescono ad invadere e sopravvivere all’interno di cellule dendritiche, successivamente, se esistono differenze all’interno del Bcc in tale capacità di invasione e sopravvivenza. Il metodo che è stato utilizzato è quello descritto da Martin e Mohr (Infect Immun 2000; 68: 24-29). Attualmente sono stati analizzati ceppi di B. cenocepacia ed i dati sono suggestivi sia di capacità invasiva che di sopravvivenza. Questi dati, in linea anche con la letteratura riportata, indicano che B. cenocepacia, maggiore responsabile all’interno del Bcc delle infezioni polmonari in FC, risulta anche invasivo e capace di sopravvivere in cellule umane e, nel nostro caso, in cellule dendritiche. Perciò, anche se preliminari, tali dati potrebbero corroborare la validità dell’associazione tra outcome clinico, genomovar e capacità invasive e di sopravvivenza intracellulare anche in cellule diverse da quelle epiteliali. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 54 di 288 INDIVIDUAZIONE MOLECOLARE DI BABESIA EU1 E BABESIA DIVERGENS-LIKE IN ZECCHE IXODES RICINUS RACCOLTE NEL FRIULI-VENEZIA GIULIA. M. Cinco, R. Floris, Paola Cecco. Dipartimento Scienze della Vita, Spirochete Laboratory, Univerisità di Trieste. Sebbene la babesiosi – trasmessa mediante morso di zecca - rappresenti un’importante infezione in campo veterinario, si registrano anche alcuni casi umani sia negli USA che in Europa. Due pazienti sono stati individuati anche nel Nord Italia e sono stati attribuiti alla varietà Babesia EU1. Casi di babesiosi umana sono stati registrati anche in Slovenia, nella regione confinante con il Friuli Venezia Giulia. Poiché mancano totalmente dati sulla presenza di Babesia nel territorio giuliano, in questo studio ci siamo proposti di ricercare la presenza di questo microrganismo nel suo vettore Ixodes ricinus, raccogliendo 1861 esemplari di zecche in stazioni prestabilite. La ricerca di Babesia è stata fatta utilizzando una nested PCR amplificante un tratto del gene codificante per la betatubulina, ed anche sequenze del gene codificante per la subnità 18S dell’ rRNA. I risultati dopo due anni di sperimentazione indicavano che la prevalenza media di Babesia nelle zecche variava da 0.8 a 1.1%. La genospecie di Babesia è stata desunta confrontando le sequenze degli amplificati tra loro e con sequenze di riferimento. Dall’analisi dell’albero filogenetico sviluppato è risultato che dodici sequenze positive appartenevano alla genospecie EU1, mentre le due rimanenti formavano un cluster nell’ambito del gruppo B. divergens/B. capreoli. Si tratta del primo rapporto sulla presenza di Babesia in zecche raccolte in Italia. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 55 di 288 COMUNICAZIONE CELLULARE NEI BATTERI DEGLI ALIMENTI Raffaella Di Cagno, Maria De Angelis, Maria Calasso, Fabio Minervini, Marco Gobbetti Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università degli Studi di Bari Il comportamento sociale dei batteri ed in particolare la loro capacità a comunicare è di recente acquisizione. Conseguentemente, l’approccio allo studio della comunità microbica è stato in parte mutato. I batteri sintetizzano, rilasciano, rilevano e rispondono a molecole simil-ormonali chiamate autoinduttori. La concentrazione di tali molecole aumenta proporzionalmente all’intensità della popolazione fino a quando, raggiunta una specifica soglia o “quorum”, la percezione di tali segnali si traduce in una cascata di reazioni che determinano cambiamenti dell’espressione di geni target. La comunicazione cellulare tra i batteri si può avere a livello intra- ed inter-specie mediante meccanismi differenti in funzione dei batteri Gram-negativi e Gram-positivi. La presente comunicazione ha per oggetto alcuni dei meccanismi di quorum sensing identificati nei batteri degli alimenti. In particolare saranno considerati i meccanismi che regolano le interazioni microbiche (es. batteri lattici del lievito naturale, bifidobatteri di alimenti funzionali) in ecosistemi alimentari complessi. La comprensione dei segnali extracellulari potrebbe fornire uno strumento utile per il controllo dei processi molecolari e cellulari e, quindi, per l’uso o la prevenzione dei microrganismi degli alimenti. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 56 di 288 ANALISI DELLE PROPRIETA’ ADESIVE DI CANDIDA PARAPSILOSIS, CANDIDA METAPSILOSIS E CANDIDA ORTHOPSILOSIS Arianna Tavanti, Alessia Bertini, Lambert A.M. Hensgens e Sonia Senesi Dipartimento di Biologia, Università di Pisa, Via S. Zeno 35-39, 56127 Pisa L’epidemiologia delle infezioni provocate dalle specie di recente definizione Candida orthopsilosis e Candida metapsilosis non è ancora del tutto delucidata, anche se recenti studi indicano che queste specie sono responsabili di infezione nell’uomo in circa l’1-10% delle infezioni erroneamente attribuite a Candida parapsilosis. Poco è noto riguardo ai fattori di virulenza espressi da questi lieviti ed al loro contributo all’insorgenza e progressione dell’infezione, anche se delle tre specie, C. parapsilosis sembra quella più adattata all’ospite umano e caratterizzata da un maggior potenziale di virulenza. Al fine di meglio caratterizzare la virulenza del complesso “psilosis”, in questo studio sono state valutate le proprietà adesive di ceppi di C. ortho-meta- e parapsilosis in un saggio in vitro di adesione a cellule epiteliali buccali umane. Poiché per C. parapsilosis è stata descritta una attività ectofosfatasica, positivamente correlata alle capacità adesive di questo patogeno opportunista, parallelamente ai saggi di adesione, è stata quantificata spettrofotometricamente tale attività nei ceppi in studio, dopo 45 minuti di incubazione in presenza di cellule epiteliali buccali. I risultati ottenuti hanno indicato che, delle tre specie, C. metapsilosis è quella caratterizzata dalla minore capacità adesiva, in accordo con quanto osservato in un modello di tessuto epiteliale umano ricostituito. Per quanto riguarda l’esistenza di una correlazione tra proprietà adesive ed attività ectofosfatasica, dai dati ottenuti non è emersa, nelle tre specie in studio, una stretta correlazione tra questi due fattori, almeno nel modello sperimentale utilizzato. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 57 di 288 MUTATIONAL RESISTANCE PATTERN OF HIV-1 IN CD14+ MONOCYTES, CD4+ T CELLS AND PLASMA FROM TREATED PATIENTS Francesca Falasca1, Claudia Montagna1, Francesca Graziano1, Mauro Bucci1, Paola Maida1, Gabriela d’Ettorre2, Ivano Mezzaroma3, Guido Antonelli1, Ombretta Turriziani1. 1 Department of Experimental Medicine, Virology Section, 2Department of Clinical Medicine, 3 Department of Infectious Diseases, “Sapienza” University of Rome and Policlinico Umberto I, Rome Italy. Background: There is a need to fully understand the molecular nature of the virus population that persists in cellular reservoirs. The aim of this study was to characterize the patterns of resistance of HIV-1 in CD14+ monocytes, CD4+ T cells and plasma. Methods: Blood samples were collected from 42 patients treated for HIV. Levels of viremia were undetectable in ten and 32 were in virological failure. CD14+ monocytes and CD4+ T cells were isolated using magnetic beads. Genotyping of the reverse transcriptase and protease gene of HIV-1 was undertaken using the fluorescent dideoxy-terminator method. Results: Of the 32 patients’ samples analysed, 24 (75%) had resistance mutations in at least one compartment. The numbers and types of mutations from monocytes were the same as those detected in both CD4+ T cells and plasma in only 8%. In 71%, monocytes exhibited a mutation pattern different from those detected in both plasma and CD4+ T cell-associated virus. In 21% of patients, the profile of drug-resistant mutations in the virus from both blood monocytes and plasma was identical. In the 71% of patients with virological suppression, the genotypic resistance pattern differed between monocytes and CD4+ T cells. Conclusions. Circulating monocytes may harbour a viral dominant population different from those viruses circulating in blood and archived in CD4+ T cells. HIV-infected monocytes can be an indirect source of HIV-1 by carrying the virus and differentiating into tissue macrophages where HIV may replicate. Hence, monocytes might serve as an indirect source of a drug-resistant viral variant. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 58 di 288 STUDIO DELL’ATTIVITÀ TRASCRIZIONALE DI TIMOSINA ALFA 1 (Tα1) SU LINFOCITI PERIFERICI PROVENIENTI DA PAZIENTI HIV POSITIVI. Matteucci C.1, Minutolo A.1, Grelli S.1, Macchi B.2, D'Ettorre G3., Vullo V.3, Mastino A.4,5, Garaci E1. (1) Dip. di Scienze Biochimiche e Medicina Sperimentale, Università di Roma “Tor Vergata”; (2)Dip. di Neuroscienze, Università di Roma “Tor Vergata”; (3) Dip. di Malattie Tropicali ed infettive, Università di Roma Sapienza; (4) Dip. di Scienze della Vita, Sez. di Sc. Microb., Gen e Mol, Univ. di Messina; (5) IRCCS Centro Neurolesi “Bonino-Pulejo”, Messina. La Timosina alfa-1 (Tα1) mostra una varietà di effetti su cellule e vie di segnale del sistema immunitario, in particolare come effettore della maturazione dei linfociti T e delle cellule NK, nonché sull’attivazione delle cellule dendritiche. Diversi studi clinici su pazienti con infezioni o altre malattie, hanno dimostrato l’alta tollerabilità e la sicurezza della Tα1. Ciò nonostante, le informazioni riguardanti l’uso della Tα1 come immunomodulante in pazienti con infezione da HIV è molto limitata. Scopo di questo studio è stato analizzare l’attività trascrizionale di Tα1 su linfociti di pazienti HIV+ per meglio comprendere lo stato di compromissione della risposta immunitaria in questi pazienti e verificare un possibile uso della Tα1, in combinazione con l’ART, per il controllo dell’infezione da HIV. A tale scopo, linfociti di sangue periferico (PBMC) di pazienti HIV+ sono stati utilizzati in parte a fresco, per l’analisi in citometria a flusso dell’espressione delle molecole di superficie CD4 e CD8, e in parte sono stati coltivati per 48h in presenza di Tα1 per poi analizzare l’espressione di numerosi geni coinvolti della risposta immunitaria mediante microarray. L'attività trascrizionale di alcuni geni risultati modulati è stata in seguito quantificata con RealTime PCR. I risultati hanno confermato la capacità di Tα1 di regolare la risposta trascrizionale di un elevato numero di geni coinvolti nella risposta immunitaria, nei linfociti di pazienti HIV+, come nei donatori sani. Il grado di modulazione è risultato però differente tra i due gruppi, suggerendo una diversa risposta in base allo stato di attivazione cellulare dei PBMC e alla distribuzione delle cellule bersaglio della Tα1. La stimolazione della produzione di chemochine indotta dalla Tα1 in PBMC di pazienti HIV+, indica, inoltre, un possibile doppio ruolo di questo peptide, nell’attività antivirale ed immunomodulatoria. La Tα1, capace allo stesso tempo di agire come adiuvante immunitario e simultaneamente opporsi all’infezione, potrebbe rappresentare un interessante nuovo approccio terapeutico da affiancare alla terapia ART. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 59 di 288 RUOLO DELLA PROTEINA STAT3 NELLA CARCINOGENESI CUTANEA INDOTTA DA PAPILLOMAVIRUS UMANI M. De Andrea1,2, M. Rittà1,2, M. Landini2, C. Borgogna2, M. Mondini2,3, H. Pfister4, E. Marcuzzi4, M. Baccarini5, M. Gariglio2, S. Landolfo1 1 Dip.to di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università degli Studi di Torino, Italia; 2Dip.to di Medicina Clinica e Sperimentale, Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro”, Novara, Italia; 3NoToPharm S.r.l, Bioindustry Park del Canavese, Colleretto Giacosa - Torino, Italia; 4 Institute of Virology, Università di Colonia, Germania; 5Max F. Perutz Laboratories, Dip.to di Microbiologia e Immunobiologia, Università di Vienna, Austria. Il ruolo dei Papillomavirus umani (HPV) nella carcinogenesi cutanea è tuttora oggetto di studi approfonditi, complicati dalla dimostrazione della presenza di HPV come commensali a livello cutaneo nella popolazione sana. Studi recenti hanno dimostrato un probabile nesso causale tra HPV appartenenti al genere beta (β-HPV) e tumori cutanei di origine epiteliale (NMSC, Nonmelanoma skin cancer). Un modello sperimentale che ha permesso di dimostrare alcune delle attività trasformanti dei β-HPV è rappresentato dai topi transgenici esprimenti le proteine oncogene E6 ed E7 in maniera specifica a livello dell’epidermide. In particolare, l’espressione dei geni precoci di HPV8 sotto il controllo del promotore della cheratina 14 determina la comparsa spontanea di lesioni papillomatose a livello cutaneo, che frequentemente degenerano in carcinoma. Stat3 è una proteina citoplasmatica latente che in seguito a stimolazione trasloca a livello nucleare per attivare la trascrizione di numerosi geni. Molteplici lavori hanno dimostrato il suo ruolo in attività biologiche quali la proliferazione, la migrazione, la sopravvivenza cellulare e l’oncogenesi. Inoltre, l’attivazione costitutiva di Stat3 è stata dimostrata in un ampio spettro di patologie maligne umane, compresi i tumori della cute. Per chiarire il ruolo di Stat3 nella carcinogenesi cutanea indotta da HPV8, nel nostro laboratorio abbiamo generato linee di topi con inattivazione costitutiva del gene Stat3 a livello dell’epidermide e li abbiamo incrociati con topi esprimenti le oncoproteine di HPV8. Subito dopo la nascita, sia i topi Stat3-/- che i topi Stat3-/-:HPV8 mostravano riduzione nella crescita e letargia, e morivano prematuramente, rendendo impossibile l’eventuale comparsa di lesioni. Al contrario, i topi con una parziale riduzione di Stat3 (Stat3+/-:HPV8) mostravano una ridotta e ritardata comparsa di tumori cutanei (80.25% vs 20.74%) se confrontati con la controparte normale (Stat3+/+:HPV8, p<0.0001). Nell’insieme, i dati presentati dimostrano che la riduzione di Stat3 a livello della cute conferisce resistenza alla trasformazione indotta dai β-HPV. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 60 di 288 REACTIVATION OF THE NOVEL KI, WU AND MC POLYOMAVIRUSES IN THE IMMUNOCOMPROMISED PATIENTS Muhammed Babakir-Mina 1, Massimo Ciccozzi 2, Massimiliano Bergallo 3, Cristina Costa 3, Rossana Cavallo 3, Carlo Federico Perno 1, and Marco Ciotti 1 1 Laboratory of Molecular Virology, University Hospital Tor Vergata, Viale Oxford, 81-00133, Rome, Italy. 2 Department of Infectious, Parasitic and Immunomediated Disease, Istituto Superiore di Sanita’, Rome, Italy. 3 SCDU Virology, University of Turin, Italy. Recently, three novel human polyomaviruses have been discovered: KIPyV, WUPyV and MCPyV. The first two viruses have been identified in the respiratory secretions of pediatric patients with acute respiratory symptoms, while MCPyV has been found monoclonally integrated in a rare skin tumor named Merckel cell carcinoma. To investigate the reactivation of KIPyV, WUPyV and MCPyV in immunocompromised patients, samples from different body sites (stool, lower respiratory tract, lung and paranasal tissues, blood) were collected and screened by real-time PCR. Of the 31 patients with hematological disorders examined, KIPyV and WUPyV were detected in the stool of 13 transplanted patients as single infection or in combination with BKV, CMV, and adenovirus. In addition 1 of these patients were positive for KIPyV in paranasal tissue. In lung cancer patients, KIPyV was detected in 9/20 lung biopsies. MCPyV-DNA was detected in 15 out of 87 lower respiratory tract samples.Most of the infected patients were over 50 years old. Finally, 2/62 and 1/62 HIV-1 infected patients were KIPyV and WUPyV positive, respectively. Taken together these data suggest that the novel polyomaviruses reactivate frequently in immunocompromised patients. Whether these findings reflect a causal role of the viruses in human pathology remains to be established as further investigations are needed to determine their tissue tropism and the site of latency. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 61 di 288 ALTERAZIONI DELL’IMMUNITÀ INNATA IN RISPOSTA ALLA INFEZIONE CON HERPESVIRUS IN PAZIENTI CON SCLEROSI MULTIPLA. Rotola A., Caselli E., Gentili V., Rizzo R., Sattin E., Cellini A., Cassai E., Di Luca D. Dipartimento di Medicina Sperimentale Diagnostica, Università di Ferrara Recentemente si è iniziato a riconoscere il ruolo dell’Immunità Innata (II) nelle malattie autoimmuni ed, in particolare, nella Sclerosi Multipla (SM). Una risposta alterata dell’II, innescata dai Toll Like Receptors (TLR), potrebbe rappresentare un elemento critico nello sviluppo di reazioni autoimmuni. Diversi studi indicano che pazienti con SM spesso sviluppano infezioni o riattivazioni da parte di Herpesvirus Umani (HHV); queste osservazioni sono state interpretate da alcuni come indizi di associazioni eziopatogeniche. Tuttavia, l’associazione fra HHV e SM potrebbe indicare un difetto nelle risposte antivirali dell’II, e non un ruolo causale. Per verificare tale ipotesi, abbiamo studiato la risposta in vitro dei linfociti di pazienti con SM dopo infezione con HHV. Gli HHV inducono risposte antivirali di II mediante l’attivazione di TLR9, indotta da particolari sequenze CpG non metilate del genoma virale. Il nostro modello sperimentale prevede la stimolazione in vitro di cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC) con CpG, la successiva infezione con herpesvirus e la titolazione del virus prodotto. Abbiamo analizzato 10 donatori sani e 37 pazienti con SM, ottenuti al momento della prima diagnosi di malattia. Infatti nostri dati precedenti avevano dimostrato che questi pazienti possono avere dei piccoli focolai di infezione con HHV-6 (clinicamente asintomatici) nel SNC. Come atteso, i PBMC dei controlli stimolati con CpG erano più resistenti all’infezione virale e la produzione di virus era circa un logaritmo (log) inferiore rispetto alle cellule non trattate dello stesso donatore. Diciassette pazienti con SM (46%) mostravano lo stesso comportamento dei donatori sani, ma in 20 pazienti (54%) la stimolazione con CpG produceva un’aumentata sensibilità all’infezione virale e la quantità di virus prodotta era all’incirca un log superiore rispetto ai PBMC non stimolati dello stesso paziente. Il follow-up di un anno su 12 pazienti SM ha evidenziato una sostanziale stabilità di comportamento nel gruppo di pazienti con risposta al CpG simile a quella dei donatori sani; il 57% dei soggetti con SM manteneva una maggiore suscettibilità all’infezione dopo il trattamento con CpG. Questi risultati preliminari suggeriscono che alcuni pazienti con SM hanno delle alterazioni funzionali nella risposta immunitaria indotta da TLR9. Il passo successivo sarà lo studio dei meccanismi molecolari che sono alla base di questo fenomeno. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 62 di 288 INIBITORI DELLE ISTONE DEACETILASI DI CLASSE II RIDUCONO LA REPLICAZIONE DEL VIRUS INFLUENZALE IN VITRO Giovanna Simonetti1, Simona Panella1, Lucia Nencioni1, Antonello Mai 2, Enrico Garaci3, Anna Teresa Palamara1 1 Dip. Scienze di Sanità Pubblica “G.Sanarelli,” 2Dip. Studi Farmaceutici “Sapienza”, Università di Roma, 3Dip. Medicina Sperimentale, Università di Roma Tor Vergata L'acetilazione delle proteine istoniche e non istoniche è regolata a livello cellulare da una azione coordinata di istone acetil trasferasi (HAT) ed istone deacetilasi (HDAC). L'interazione delle istone deacetilasi (HDAC) con le proteine target è fondamentale nei processi cellulari che regolano la replicazione di numerosi virus. A differenza degli enzimi HDAC di classe I, a localizzazione nucleare, gli HDAC di classe II sono a localizzazione prevalentemente citoplasmatica ed acetilano diverse proteine cellulari compresa HSP90. Obiettivo del nostro studio è stato quello di verificare se e con quale meccanismo gli HDAC di classe II potessero interferire con la replicazione del virus dell’influenza A. A tal fine abbiamo utilizzato concentrazioni non citotossiche di HDAC inibitori di classe II noti e di nuova sintesi. I nostri risultati mostrano una riduzione dose dipendente del titolo virale. In particolare abbiamo dimostrato una significativa riduzione del titolo virale utilizzando MC1568, un inibitore di nuova sintesi, alla concentrazione di 5μg/ml dopo 24 ore dall'infezione in cellule MDCK. Visto il ruolo di HSP90 nella traslocazione nucleare delle polimerasi virali, ne abbiamo studiato la localizzazione utilizzando MC1568. Con esperimenti di western blot effettuati su estratti nucleari e citoplasmatici abbiamo dimostrato nell’infetto trattato una riduzione delle polimerasi PB-1 e PB-2 nel nucleo. Lo studio dell’espressione delle proteine virali, ha evidenziato una riduzione significativa della nucleoproteina (NP) e sorprendentemente un incremento della proteina di matrice (M1) e dell’emoagglutinina (HA). Questa differenza nell’espressione delle proteine virali può essere correlata all’aumento di trascrizione di specifici mRNAs e alla diminuita trascrizione di vRNA che si ottiene utilizzando inibitori di HSP90. Tali dati lasciano ipotizzare che l’iperacetilazione di HSP90, indotta dagli inibitori utilizzati, sia coinvolta nella diminuita replicazione del virus inluenzale. Visto che recenti dati della letteratura hanno messo in luce il ruolo di HSP90 nella fosforilazione di chinasi coinvolte nel processo infiammatorio, ulteriori studi saranno volti ad approfondire l’efficacia di HDAC inibitori di classe II nell’inibire la produzione di citochine. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 63 di 288 DETERMINAZIONE DEI POLYOMAVIRUS KI E WU IN LAVAGGI BRONCOALVEOLARI DI SOGGETTI ADULTI MEDIANTE UNA REAL TIME PCR HOME-MADE. Sara Astegiano, Maria Elena Terlizzi, Cristina Costa, Massimiliano Bergallo, 1Muhammed BabakirMina, 1Carlo Federico Perno, 1Marco Ciotti, Rossana Cavallo. SCDU Virologia, Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni Battista, Torino; 1Laboratorio di Virologia Molecolare, Università di Roma Tor Vergata, Roma. Introduzione. I polyomavirus KI e WU sono stati identificati per la prima volta nelle vie aeree di bambini con sintomi respiratori acuti; tuttavia l'epidemiologia e il loro ruolo patogenetico risultano ancora incerti, per questo lo sviluppo di metodi molecolari, come la PCR Real Time, può essere importante per stabilire il loro ruolo nei diversi contesti clinici. Metodi. In questo studio è stata valutata la presenza di KIV e WUV in 173 lavaggi broncoalveolari (BAL) di 129 pazienti mediante una PCR Real Time home-made. Risultati. Trenta BAL (17.3%) di altrettanti pazienti (23.2%) sono risultati positivi al KIV, mentre 27 campioni (15.6%) di 27 pazienti (19.4%) erano positivi al WUV, entrambi spesso in coinfezione con altri virus, in particolare nel 18.2% (per KIV e WUV) dei pazienti con infezioni delle vie aeree inferiori (LRTI), e nel 17.3% (per KIV) e 13.5% (per WUV) dei soggetti asintomatici in follow-up (p=n.s.). Non è stata rilevata alcuna differenza significativa di prevalenza e carica virale tra pazienti trapiantati e non. Considerando i 34 pazienti in terapia intensiva, 10 casi avevano LRTI e di questi il 20% era positivo a KIV e il 40% a WUV, mentre nei restanti il 16.7% e il 12.5% era positivo rispettivamente a KIV e WUV. Conclusione. La presenza di KIV/WUV negli adulti non differisce tra pazienti con o senza LRTI o tra soggetti trapiantati e non, ed è significativamente maggiore rispetto a quella nei bambini riportata in letteratura. Questo può suggerire che KIV/WUV non siano responsabili di LRTI negli adulti, e potrebbero quindi essere latenti nel polmone. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 64 di 288 ANALISI DELLA COMPETENZA FUNZIONALE DI CLONI GENOMICI DI PARVOVIRUS B19 Giorgio Gallinella, Francesca Bonvicini, Elisabetta Manaresi, Giovanna Gentilomi, Simona Venturoli, Marialuisa Zerbini, Monica Musiani Dipartimento di Ematologia e Scienze Oncologiche – Microbiologia Università di Bologna. Via Massarenti, 9 40138 Bologna, Italia Le basi del tropismo cellulare di parvovirus B19 sono legate alla specificità del riconoscimento recettoriale e alla presenza di fattori intracellulari di permissività, ancora non caratterizzati. L’infezione di cellule sensibili, anche ad alta molteplicità di infezione, è principalmente contraddistinta dalla restrittività della replicazione, correlata sia alla dipendenza dalla fase S del ciclo cellulare, sia al differenziamento cellulare. La disponibilità di cloni genomici di parvovirus B19 funzionalmente competenti in un sistema modello di cellule permissive, UT7/Epo-S1, consente di condurre un’indagine a livello molecolare sulle capacità replicative e trascrizionali del genoma virale e sulle caratteristiche dell’interazione virus cellula in ambienti cellulari caratterizzati da diversi gradi di restrizione alla moltiplicazione virale. In tale sistema sperimentale, inserti virali escissi da cloni plasmidici sono utilizzati in saggi di trasfezione e di infettività, ottenendo una valutazione della relativa competenza funzionale mediante una determinazione quantitativa degli acidi nucleici virali sintetizzati, con impiego di tecniche di real-time PCR. Sono stati analizzati inserti virali di differente costruzione, contenenti l’intera regione genomica, codificante per le proteine virus-specifiche, fiancheggiata da frazioni di diversa estensione, conformazione, simmetria e sequenza delle sequenze terminali ripetute, che costituiscono l’origine replicativa del genoma virale. L’osservazione in parallelo e il confronto fra i diversi inserti virali, ha prodotto una valutazione quantitativa in termini di attività replicativa e trascrizionale, anche associata alla rivelazione della produzione di proteine virus-specifiche, e ha quindi permesso di intraprendere una dettagliata analisi dei requisiti e del ruolo delle sequenze terminali nel ciclo replicativo virale. Il sistema sperimentale così sviluppato può costituire uno strumento essenziale per l’indagine delle caratteristiche biologiche e delle interazioni virus-cellula di parvovirus B19. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 65 di 288 MODULAZIONE DELL’ESPRESSIONE DI GENI CELLULARI COINVOLTI NEL PROCESSO INFIAMMATORIO DA PARTE DEI SOTTOTIPI A E C DI HHV-8 Matteoli B1-3, Scaccino A1, Bontempo L1, Broccolo F2, Vatteroni ML3, Ceccherini-Nelli L1-3 1 Dipartimento di Patologia Sperimentale BMIE, Università di Pisa, Pisa 2 Dipartimento di Medicina, Prevenzione e Biotecnologie, Università di Milano-Bicocca, Monza 3 U.O. Virologia, Azienda Ospedaleiro Universitaria Pisana, Pisa Il virus erpetico umano 8 (HHV-8) è l’agente eziologico del sarcoma di Kaposi (KS), del linfoma ad effusione primaria (PEL/BCBL) e della malattia di Castleman. Esistono 4 varianti del KS: endemica, iatrogena, epidemica, cronica o classica, caratterizzate da vari gradi di: aggressività, di incidenza a seconda del sesso, dell’età e della distribuzione geografica. HHV-8 può essere trasmesso: per contatto diretto (sessuale, saliva), per via iatrogena, raramente da madre a feto o attraverso il latte materno. L’analisi filogenetico-epidemiologica della regione ipervariabile ORF K1 del genoma virale ha identificato 5 genotipi di HHV-8 (A, B, C, D, E) associati ad una diversa prevalenza geografica; solo recentemente il sottotipo A è stato correlato ad una forma più aggressiva del KS classico. Nel presente studio sono stati analizzati il tasso replicativo e il grado di espressione antigenica virale dei sottotipi A1 e C3 di HHV-8 nei citotipi linfoide (PBMC) ed epiteliale (HEK293) infettati in vitro. I saggi di Real-Time PCR e immunofluorescenza (IFA), hanno rilevato che il sottotipo A1 sembra infettare le cellule di origine epiteliale con maggiore efficienza. Poiché l’infiammazione è alla base della patogenesi virale e può essere indotta sia direttamente dal virus che dalla cellula in reazione all’infezione, nel presente studio è stato valutato anche il pattern di espressione dei geni cellulari coinvolti in questo processo nelle colture cellulari epiteliale e linfoide infettate con i due sottotipi. L’espressione genica è risultata alterata in modo statisticamente significativo rispettivamente per 104 e 93 geni nei PBMC e per 169 e 131 geni nelle HEK293 infettate con i sottotipi A1 e C3. I geni che sono risultati maggiormente modulati sono coinvolti nel pathway delle MAPK, del ciclo cellulare e della regolazione del Actina citoscheletrica. Analizzando il totale dei geni modulati nelle due linee cellulari infettate con entrambe i ceppi, 11 geni sono risultati comunemente modulati. Nonostante i risultati non siano estendibili a tutti gli isolati, i dati ottenuti suggeriscono che l’infezione con i due ceppi virali modulerebbe diversamente l’espressione di alcuni geni coinvolti nel processo infiammatorio in cellule dello stesso citotipo, la cui entità e grado dipende probabilmente dal ceppo infettante ed è probabilmente alla base di un diverso meccanismo patogenetico. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 66 di 288 IDENTIFICAZIONE DI NUOVI COMPOSTI PEPTIDICI MULTIMERICI COME INIBITORI DELL’INFEZIONE DA PAPILLOMAVIRUS UMANI AD ALTO RISCHIO Manuela Donalisioa, Andrea Giulianib, Giovanna Pirrib, Silvia Fabiole Nicolettob, Donatella Allemandb, Antonella Bugattic, Marco Rusnatic, Santo Landolfod, David Lemboa. a Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi di Torino; bSpider Biotech, BioIndustry Park, Ivrea; cDipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologia, Università di Brescia; dDipartimento di Sanità Pubblica e di Microbiologia, Università degli Studi di Torino I Papillomavirus umani (HPV) genitali rappresentano i più comuni agenti a trasmissione sessuale e sono responsabili dello sviluppo di lesioni benigne e maligne, in particolare del carcinoma delle cervice uterina. L’impiego di un microbicida topico può affiancare la recente introduzione del vaccino al fine di prevenire nuove infezioni da HPV contro cui il vaccino non risulta efficace o ridurre la carica virale in donne già infette. In questo studio è stato eseguito lo screening di una nuova classe di molecole polivalenti, dette dendrimeri, al fine di identificare molecole che impediscano l’interazione virus-cellula. I dendrimeri peptidici risultano particolarmente interessanti come agenti terapeutici per la loro stabilità metabolica, la relativa facilità di sintesi e la capacità di disporre di copie multiple di gruppi di superficie (multivalenza) per processi di riconoscimento biologico e applicazioni antivirali. Tali molecole sono costituite da un core peptidico di residui di lisina radialmente ramificate cui sono legate diverse copie di peptidi lineari utilizzando tecniche di sintesi in fase solida. Il risultato è una struttura ramificata, il cui rivestimento superficiale costituito di peptidi lineari è in grado di interagire con un target specifico. In particolare, alcuni dei derivati oggetto del presente studio, presentano attività antivirale contro un ampio spettro di patogeni virali e microbici. In saggi cellulari basati su pseudovirioni di HPV (PsV), la molecola SB105-A10 ha dimostrato una potente capacità inibitoria nei confronti di PsV di HPV umani (HPV-16, HPV-18, HPV-6) e bovini (BPV-1) ed una bassissima tossicità. La tecnologia di risonanza plasmonica di superficie e saggi cellulari indicano che SB105-A10 previene l’infezione virale formando complessi con gli eparansolfati di superficie impedendo quindi l’interazione virus-cellula. Sulla base dei dati ottenuti riteniamo che la molecola identificata possa essere un valido candidato per lo sviluppo di un microbicida topico ad ampio spettro nei confronti delle patologie virali sessualmente trasmesse. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 67 di 288 L’IMMUNIZZAZIONE CON LINFOCITI-T AUTOLOGHI TRASDOTTI EX-VIVO ED ESPRIMENTI ENV INDUCE ALTI LIVELLI DI ANTICORPI NEUTRALIZZANTI E CONFERISCE PROTEZIONE CONTRO L’INFEZIONE DA LENTIVIRUS 1 Mauro Pistello, 1Francesca Bonci, 1Elisa Zabogli, 1Francesca Conti, 1Giulia Freer, 1Fabrizio Maggi, 2Mario Stevenson e 1Mauro Bendinelli 1 Centro Retrovirus e Sezione Virologia, Dipartimento di Patologia Sperimentale, Università di Pisa; 2Program in Molecular Medicine, University of Massachusetts Medical School, Worcester, MA, USA Le glicoproteine dell’envelope (Env) di HIV ed altri lentivirus contengono svariati epitopi protettivi. Alcuni di questi inducono anticorpi neutralizzanti estremamente efficaci nel bloccare l’infettività virale. Eppure, nonostante Env sia stato impiegato in innumerevoli tentativi di vaccinazione, non si è ancora trovato il modo di indurre immunità protettiva con questo immunogeno. Abbiamo quindi voluto affrontare il problema da un approccio diverso studiando la risposta anti-Env indotta esponendo il sistema immune ai propri linfociti T ingegnerizzati per esprimere Env sulla superficie cellulare esattamente come accade nell’infezione naturale. Questa strategia è stata testata con il virus dell’immunodeficienza felina (FIV) che causa nell’ospite naturale un’infezione cronica e progressiva del tutto sovrapponibile a quanto si osserva con il virus dell’immunodeficienza umana nell’uomo. Un gruppo di 7 animali specific-pathogen-free, inizialmente vaccinati per via intradermica con un plasmide che esprime Env e granulocyte-macrophage colony stimulating factor (priming), sono stati sottoposti a boost per via intraperitoneale con linfociti-T autologhi trasdotti ex-vivo con un vettore che codifica lo stesso immunogeno Env ed interleuchina-15 come immunoadiuvante. Mentre le risposte pre-boost erano molto flebili, l’inoculo dei linfociti trasdotti ha indotto una forte risposta umorale e cellulo-mediata con livelli particolarmente elevate di anticorpi neutralizzanti. I 7 animali vaccinati, 4 animali inoculati con plasmide vuoto e linfociti-T mock-trasdotti e 4 animali naïve sono stati sfidati per via sistemica con un isolato FIV altamente virulento. Mentre gli 8 animali di controllo si sono prontamente infettati (uno di questi è morto a due settimane dalla sfida), 5 dei 7 animali vaccinati sono risultati protetti dalla malattia. La protezione si è dimostrata correlata al titolo di anticorpi neutralizzanti alla sfida. I risultati confermano che Env è un ottimo candidato vaccinale ma per essere efficace questo immunogeno deve essere somministrato con modalità che permettono la piena espressione del suo potenziale protettivo. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 68 di 288 ATTIVITÀ ANTIVIRALE DI NUOVI FARMACI INIBITORI DELL’INTEGRASI IN LINFOCITI E MACROFAGI PRIMARI UMANI ACUTAMENTE INFETTATI DA HIV-1. Michela Pollicita1, Fernanda Scopelliti1, Francesca Ceccherini Silberstein1, Danilo Armenia1, CarloFederico Perno1, Stefano Aquaro1,2. 1 Dip. di Medicina Sperimentale e Scienze Biochimiche, Univ. di Roma Tor Vergata; 2Univ. della Calabria, Dip. Farmaco-Biologico. Gli inibitori dell’integrasi (INIs) sono una nuova classe di farmaci antiretrovirali con potente attività anti-HIV sia nei pazienti naïve sia in quelli trattati. Obiettivo dello studio è stato investigare sull’attività di INIs di nuova generazione (MK-2048, L870,70, IN2 e IN5) in cellule monocitomacrofagiche (MDM), mononucleate del sangue periferico (PBMCs) e linfociti (C8166), valutare la capacità di tali composti nel prevenire la trasmissione virale da MDM a cellule linfocitarie e l’induzione di apoptosi. MDM, PBMCs e cellule linfocitarie CD4+T (C8166) sono state infettate con ceppi di HIV in presenza di diverse concentrazioni di INIs. La produzione virale di HIV-1 p24 è stata valutata tramite test ELISA. L’apoptosi cellulare è stata analizzata tramite analisi citofluorimetrica in PBMC cocoltivati con MDM infettati con HIV-1, trattati o non trattati con INIs. Nei MDM è stato osservato che MK-2048 e L870,70 inibivano potentemente la replicazione virale, con una concentrazione di farmaco capace di inibire il 90% della replicazione virale (EC90) pari a di 4.8 e 37.5 nM, rispettivamente. La concentrazione di farmaco capace di inibire il 50% della replicazione virale (EC50) nelle C8166 era di 7.7 nM, per MK-2048 e L-870,70, mentre 26.8 nM e 9.6 nM per IN2 e IN5. I valori di EC90 nelle C8166 erano di 43 nM, 38 nM, 194.3 nM, 19.7 nM, per MK-2048, L-870,70, IN2 e IN5, rispettivamente. MK-2048, L-870,70 e IN5 (62 nM) sono in grado di prevenire completamente la formazione di sincizi in C8166 infettate con HIV-1. Inoltre la formazione di sincizi e l’induzione di apoptosi in PBMCs cocoltivati con MDM infettati con HIV-1 e pretrattati con INIs è fortemente inibita. In particolare con MK-2048 e L870,70 (123.2 nM) la protezione dall’apoptosi raggiungeva i valori di 70% e 67%, rispettivamente. Alla stessa concentrazione di farmaci, la produzione di HIV-1 dovuta alla cocultura era completamente soppressa. Questi risultati mostrano che INIs riducono fortemente la produzione di HIV-1 sia in MDM che in PBMC e che tali farmaci sono in grado di prevenire il danno cellulare correlato e la trasmissione virale da MDM infettati con HIV-1 a cellule linfocitarie CD4+T. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 69 di 288 L’INVECCHIAMENTO MODIFICA LA PERMISSIVITA’ CELLULARE AL VIRUS INFLUENZALE: RELAZIONE CON LO STATO REDOX R. Sgarbanti1, K. Aquilano2, S. Piccirillo2, G. Simonetti1, M.R. Ciriolo2, A.T. Palamara1 1 Dip. Sc. San. Pubblica, Sapienza Univ. Roma; 2Dip. di Biologia, Univ. Roma Tor Vergata L’espressione clinica dell’infezione da virus influenzale è variabile ed è influenzata non solo dal tipo di ceppo ma anche dall’età, dallo stato fisiologico e dall’immunità dell’ospite. Uno squilibrio dello stato redox in senso pro-ossidante è stato identificato come una delle caratteristiche più comuni nel corso dell’invecchiamento che può condizionare anche la risposta alle infezioni virali. Studi effettuati nei nostri laboratori hanno infatti dimostrato che la permissività di diverse popolazioni cellulari per la replicazione virale è inversamente proporzionale ai livelli di glutatione (GSH), principale antiossidante intracellulare. L’obiettivo del presente studio è stato quindi quello di valutare se e con quali meccanismi l’invecchiamento cellulare potesse condizionare il ciclo replicativo del virus influenzale. A tal fine, cellule SH-5Y6Y senescenti e non sono state infettate con virus influenzale A/PR8/H1N1 a diverse molteplicità di infezione. Sorprendentemente, i risultati ottenuti dimostrano che le cellule senescenti infettate sono meno suscettibili all’infezione rispetto alle cellule di controllo. Infatti, 24 e 48 ore dopo l’infezione, si osserva una riduzione del titolo virale dell’80%. Tale effetto è associato ad una diminuzione dell’espressione intracellulare dell’emoagglutinina, principale glicoproteina dell’envelope virale. Inoltre, il dosaggio di GSH eseguito mediante HPLC in entrambi tipi cellulari ha dimostrato che le cellule senescenti hanno livelli fisiologici di GSH più alti rispetto alle non senescenti. A questo si associa una maggiore espressione della proteina antiapoptotica Bcl-2 e una minore espressione di Hsp90, chaperone molecolare implicata nella risposta allo stress. Complessivamente i dati ottenuti suggeriscono che il processo di invecchiamento induce l’espressione di fattori di sopravvivenza cellulare (GSH e Bcl-2), mentre riduce la capacità di rispondere allo stress (Hsp90). E’ possibile ipotizzare che tali alterazioni siano coinvolte con meccanismi diversi nel determinare la diminuita replicazione virale nelle cellule senescenti contribuendo alla cronicizzazione dell’infezione, fenomeno riscontrato spesso negli anziani. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 70 di 288 STUDIO DELL’ATTIVITÀ ANTIVIRALE DI ANALOGHI DEL RESVERATROLO IN UN MODELLO SPERIMENTALE IN VITRO DI INFEZIONE DA VIRUS INFLUENZALE A I. Celestino1,2, L. Nencioni2, R. Di Santo3, R. Costi3, E. Garaci4, A.T. Palamara1,2 1 Ist. Pasteur_Cenci Bolognetti Fond, 2Dip. Sc. San. Pub. e 3Dip. Studi Farmaceutici-Sapienza Univ. Roma; 4ISS_Roma Il Resveratrolo (3,5,4’-triidrossi-trans-stilbene) (RV) è un polifenolo naturale presente nella buccia dell’uva nera ed altri frutti. I suoi benefici sulla salute includono effetti cardioprotettivi, neuro protettivi, anticarcinogeni e antivirali. In particolare, il nostro gruppo di ricerca ha dimostrato che RV è in grado di inibire sia in vitro che in vivo la replicazione del virus influenzale A attraverso un meccanismo specifico che coinvolge il blocco della traslocazione nucleo-citoplasmatica dei complessi ribonucleoproteici virali e l’inibizione dell’attività cellulare della PKC e dei suoi pathways dipendenti. Tuttavia la porzione della molecola di RV responsabile dell’attività antivirale è tuttora sconosciuta. A tal fine scopo di questo studio è stato quello di valutare in cellule MDCK infettate con il virus influenzale A PR8/H1N1, l’efficacia antivirale e l’eventuale citotossicità di alcuni derivati neo sintetizzati di RV (RDS: 1168, 1175, 1189, 1205, 1190, 1332). Dopo uno screening iniziale le molecole RDS 1175, 1189, 1205 e 1332 sono state escluse per l’elevata citotossicità dei composti sul monostrato cellulare. Gli studi sono quindi proseguiti con le sostanze RDS 1168 e RDS 1190. I risultati ottenuti hanno dimostrato che il trattamento con entrambe le molecole inibiva, in maniera dose-dipendente, la replicazione virale. In particolare, il titolo virale era inibito del 80% in cellule trattate con 10 μg/ml RDS 1168 e del 70% in quelle trattate con 20 μg/ml RDS 1190, rispetto a cellule non trattate. L’analisi in immunofluorescenza della nucleoproteina virale (NP) ha mostrato che in cellule infettate e trattate con RDS 1190, la NP era trattenuta maggiormente nel nucleo a 6 p.i. rispetto alle cellule infettate non trattate e tale effetto era ancora più evidente nelle cellule trattate con RDS 1168. Infine l’analisi in western blot delle proteine virali ha dimostrato che mentre il trattamento con RDS 1168 provocava una lieve inibizione dell’espressione di alcune proteine virali, l’aggiunta di RDS 1190 alle cellule infettate ne inibiva l’espressione del 50%. Tali dati dimostrano che entrambe le sostanze esplicano un’attività antivirale e suggeriscono che la loro diversa struttura chimica possa interferire con steps diversi del ciclo replicativo virale. Ulteriori studi sono in corso al fine di definire i meccanismi molecolari alla base dell’attività antivirale dei singoli composti. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 71 di 288 SVILUPPO DI UNA REAL TIME REVERSE TRANSCRIPTASE PCR (RRT-PCR) ED ISOLAMENTO VIRALE NELLA DIAGNOSI DEI VIRUS INFLUENZALI AVIARI H5 E H7 Sidoti Francesca, 1Mandola Maria Lucia, 1Rizzo Francesca, Costa Cristina, Gambarino Stefano, Astegiano Sara, Callea Stefano, Cavallo Rossana, Bergallo Massimiliano. SCDU Virologia AOU San Giovanni Battista, Torino 1 Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Laboratorio Virologia e Sierologia virologica, Torino Introduzione. L’influenza aviaria colpisce volatili selvatici e domestici in forme a bassa patogenicità che possono evolvere, per mutazioni, in forme ad alta patogenicità fortemente contagiose. Fino ad oggi, tutte le epidemie di influenza altamente patogena sono state causate da virus di tipo A dei sottotipi H5 e H7. Questo studio è stato effettuato al fine di allestire protocolli RRT-PCR in grado di riconoscere il maggior numero di ceppi influenzali aviari H5 e H7 registrati a partire dal 2000 ad oggi. Si sono inoltre voluti confrontare, in termini di sensibilità, i metodi sviluppati rispetto alla metodica “gold standard” di isolamento virale (VI) su uova embrionate di pollo. Metodi. La messa a punto dell’RRT-PCR ha previsto tre disegni manuali di primers e sonde. In particolare, sequenze virali codificanti l’emoagglutinina sono state importate in un software di allineamento e sulla base della sequenza consensus sono stati selezionati primers e sonda in grado di riconoscere i ceppi H5N1, H5NX (H5N2, H5N3, H5N5, H5N6, H5N7, H5N8, H5N9) e H7. Il frammento del gene di H5N1, H5N2, H7N3 è stato clonato. Diluizioni seriali del plasmide (1-1010) sono state amplificate per determinare il range dinamico. Diluizioni seriali di ceppi aviari (10-4-102), titolati su uova embrionate di pollo per la valutazione dell’EID50, sono state sia inoculate su uova sia amplificate con RRT-PCR e messe a confronto. 118 campioni clinici provenienti da uccelli selvatici e domestici (70 tamponi cloacali, 18 tamponi tracheali e 30 pools di organi sono stati testati mediante RRT-PCR ed isolamento virale. Risultati. L’RRT-PCR si è rivelata sensibile, specifica e in grado di identificare 134 ceppi H5 e 204 ceppi H7. Il range dinamico plasmidico è risultato essere di 10-1010 copie/reazione sia per H5 che per H7. La sensibilità dell’RRT-PCR è risultata di 0.1 EID50 vs 5 EID50 in VI per H5N1, 0.01 EID50 vs 100 EID50 per H5NX, 0.1 EID50 vs 10 EID50 per H7. Nessun campione clinico è risultato positivo per H5N1; 1/70 (1.4%) tampone cloacale e 1/18 (5.6%) tamponi tracheali sono risultati positivi per H5NX in RRT-PCR; 1/70 (1.4%) tampone cloacale, 7/18 (38.9%) tamponi tracheali e 6/30 (20%) pools di organi sono risultati positivi per H7 in RRT-PCR. Solo 2/18 (11.1%) tamponi tracheali sono risultati positivi per H7 in VI. Conclusioni. Entrambe le tecniche si sono rivelate utili per la diagnosi dei ceppi aviari. In particolare l’RRT-PCR ha mostrato una più alta sensibilità rispetto all’isolamento. L’RRT-PCR potrebbe permettere di comprendere i modelli di trasmissione di ceppi aviari dai volatili all’uomo e l’eventualità che un riassortimento genetico tra specie differenti possa generare una pandemia umana letale. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 72 di 288 COMPARISON OF INDIRECT IMMUNOFLUORESCENCE ASSAY (IFA) AND REAL TIME RT-PCR IN DIAGNOSIS OF HUMAN PARAINFLUENZA VIRUSES. Maria Elena Terlizzi, Cristina Costa, Stefano Gambarino, Antonio Curtoni, Samantha Mantovani, Franca Sinesi, Rossana Cavallo, Massimiliano Bergallo. SCDU Virologia, Azienda Ospedaliera Universitaria S. Giovanni Battista Torino. Introduction. Human Parainfluenza viruses (HPIVs) are RNA-viruses of the Paramyxoviridae family. Clinical manifestations range from URI (upper respiratory illness) in infants, children and adults to LRI (less respiratory illness) in immunocompromised and elderly. HPIVs are the second cause of hospitalization for viral LRI, after RSV, in USA. The aim of this work is to develop a Real Time RT-PCR and an IFA assay for HPIV1,2,3 detection. Methods. HPIV1,2,3 (ATCC VR-94, VR-92, VR-93 respectively) were expanded on Hep-2 and Vero cells. Serial 10-fold dilutions of recovered virus for TCID50 were used. To evaluate test sensitivity, each TCID50 (range 100-0.01) was analysed using a generic HPIVs MoAb at 3-fold concentrations (1:40-80-160) and days of incubation (2 to 4 days). Alignment of virus-specific sequences (CLC free Workbench 3) was analysed. Virus-specific primers and FAM-probe (Primer Express 3.0) were designed. A fragment of conserved regions (HN gene) of each virus in TOPO-TA cloning vector was cloned. Standardization of each Real Time RT-PCR was performed using tenfold dilutions of plasmid (101-1010) to evaluate dynamic range of viral plasmids. Intra and interassay variability of each Real Time RT-PCR protocol were analyzed. Amplification of TCID50 dilutions (range 100-0.0001) were used for comparison between IFA and Real Time RT-PCR. Results. HPIV1 dynamic range was from 101 to 108 copies/reaction (R2=0,992-slope 3,06). HPIV2 ranged from 102 to 108 copies/reaction (R2=0,992-slope 2,98) while HPIV3 from 101 to 107 copies/reaction (R2=0,996-slope 3,44).TCID50 values on different cell lines were calculated. HPIV1 showed a sensitivity of 0,01 TCID50 at day 3 (antiPIVs 1:80, Hep-2), HPIV2 0,01 TCID50 at day 4 (antiPIVs 1:40, Vero), HPIV3 0,1 TCID50 at day 4 (antiPIVs 1:40). Molecular sensitivity of Real Time RT-PCR was 10-4 TCID50 for HPIV1-2 and 10-3 TCID50 for HPIV3. Conclusion. Sensitivity, expressed on TCID50, evidenced that molecular methods are more suitable for HPIVs detection in comparison to IFA assays. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 73 di 288 VIREMIA DI TTV IN SOGGETTI IMMUNOCOMPROMESSI: UN NUOVO MARCATORE DI DISFUNZIONE IMMUNE? Maggi Fabrizio1, Albani Melania1, Focosi Daniele2, Fiorentini Simona3, Ricci Valentina1, Rocchi Jara1, Macera Lisa1, Lanini Letizia1, Andreoli Elisabetta1, Bendinelli Mauro1, Rizzardini Giuliano4, Clerici Mario5, Caruso Arnaldo3, Antonelli Guido6, Pistello Mauro1, Ceccherini-Nelli Luca1 1 Sezione di Virologia e Centro Retrovirus, Dip. di Patologia Sperimentale, Università di Pisa, 2 Divisione di Ematologia, Dip. di Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina, Università di Pisa; 3Sezione di Microbiologia, Dip. di Medicina Sperimentale e Applicata, Università di Brescia; 4Dip. Malattie Infettive, Ospedale Sacco, Milano;5Dip. di Immunologia, Scienze Precliniche Laboratorio Integrato Tecnologie Avanzate Vialba, Università di Milano; 6 Sezione di Virologia, Dip. di Medicina Sperimentale, “Sapienza” Università, Roma. Torquetenovirus (TTV) è il prototipo di un vasto gruppo di agenti virali, globalmente diffusi nel mondo, che instaurano infezione cronica senza apparente malattia in circa 2/3 della popolazione generale. I livelli ematici di TTV variano da individuo ad individuo (da 102 a più di 108 genomi per ml di plasma) e si mantengono stabili o subiscono ampie fluttuazioni. Recenti osservazioni suggeriscono che tali variazioni possono dipendere dall’assetto del sistema immunitario dell’ospite infettato e che la capacità di replica del virus correla con lo status dell’immunità. In questo studio, la presenza e i livelli di TTV sono stati monitorati mediante real-time PCR nel sangue periferico di soggetti sottoposti a trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche e di pazienti con infezione da HIV. La replica di TTV è stata correlata con vari parametri immunologici fra i quali alcune sottopopolazioni linfocitarie, la cui espansione nel post-trapianto e/o in corso d’infezione è ritenuta indicativa di uno status d’alterata funzionalità del sistema immune. Nei soggetti ematologici, l’incremento post-trapianto della viremia di TTV è risultato influenzato dal grado di severità dell’immunodepressione e correlava significativamente nel tempo con l’espansione dei linfociti T CD8+57+. Nei pazienti sieropositivi, i titoli di TTV erano direttamente correlati ai livelli pre-trattamento di HIV ed al numero/percentuale dei linfociti B CD21-27- circolanti. Interessantemente, nei pazienti negativi per HIV RNA dopo terapia anti-retrovirale, i titoli medi di TTV risultavano più bassi nei soggetti che ricostituivano immunologicamente rispetto a quelli in cui la ricostituzione non avveniva. In conclusione, i risultati dello studio dimostrano che la misurazione della viremia di TTV può rappresentare un valido aiuto per definire la funzionalità del sistema immune in soggetti con differenti condizioni d’immunodepressione. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 74 di 288 DETECTION AND TYPING OF RESPIRATORY VIRUSES AND EVALUATION OF INTERFERON RESPONSE IN CHILDREN SUFFERING FROM RESPIRATORY VIRUSES INFECTIONS. 1Trombetti S, 1Scagnolari C, 1Pierangeli A, 1Soldà A, 1Selvaggi C, 1Carbone T, 1Chiavuzzo L, 1Monteleone K, 1Spano L, 2Midulla F, 2Moretti C, 1Antonelli G. 1Virology Section, Dpt of Experimental Medicine; 2Dpt of Pediatrics, Sapienza University, Rome, Italy. Detection of viral respiratory agents has improved in the last decade due to new molecular techniques and availability of monoclonal antibodies for a number of different viral species. Nonetheless, the majority of all episodes of acute respiratory infection have none of the pathogen identified in pediatric as well as in adult populations. On the other hand there is also a continuously increasing list of new respiratory pathogens, identified by molecular techniques that can contribute significantly to the burden of acute respiratory infections. Interestingly in 2005 was detected Human bocavirus (HBoV) in several samples although its role in clinically relevant diseases has still to be clearly defined. In addition it must be considered that little is known about the viro/immunological markers associated to respiratory virus infections in infancy. On the light of the aforementioned considerations, a surveillance program for viral agents was conducted from November 2004 to May 2009, in 629 children hospitalized for acute respiratory infection in a Pediatric Department at the Sapienza University hospital of Rome. A molecular approach was adopted using specific RT-PCR assays detecting 13 respiratory viruses including nearly all respiratory viruses. Results obtained indicate that viral pathogens were detected in 308 children (49.0%), 30.4% being respiratory syncytial virus (RSV) and 8.7% being rhinovirus (RV) positive. HBoV was the third most common virus detected: of the 41 children (6.5%) who tested positive for HBoV, 22 (53.6%) were co-infected with another respiratory virus, mainly RSV. HBoV was the only pathogen identified in 5 pneumonia, 8 bronchiolitis and 1 bronchitis cases and was also detected in one child hospitalized with gastroenteritis and in another with erythema. One case of NL63 infection has been reported, documenting that NL63 circulates also in central Italy. In the second part of the study we determine whether there is an airway IFN response in infants with acute bronchiolitis. Specifically we measured by using RT/Real time PCR the expression of some IFN-induced genes in the cells collected from nasopharyngeal washes of 157 infants suffering from acute bronchiolitis. The results indicate that in infants with a virus-associated acute bronchiolitis there is a strong activation of IFN system. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 75 di 288 TERAPIA PRE-SINTOMATICA DELL’INFEZIONE SISTEMICA E POLMONARE DA CITOMEGALOVIRUS UMANO IN RICEVENTI TRAPIANTO POLMONARE G. Gernaa, D. Lilleria, V. Rognonia, M. Agozzinob, F. Melonic, T. Oggionnic, C. Pellegrinid, E. Arbustinib, A.M. D’Arminid a Servizio di Virologia, b Servizio di Anatomia Patologica, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, c Malattie dell’Apparato Respiratorio e d Cardiochirurgia, Università degli Studi di Pavia, Pavia, Italia Sono stati valutati l’incidenza e il trattamento dell’infezione sistemica e polmonare da citomegalovirus umano (HCMV) così come la risposta immune T-cellulare HCMV-specifica in 57 pazienti sottoposti a trapianto polmonare (LTR). L’infezione da HCMV è stata trattata utilizzando i seguenti cut-offs della terapia pre-sintomatica: 300 000 copie di DNA virale/ml di sangue intero per l’infezione sistemica, 100 000 copie di DNA virale/ml di liquido di lavaggio broncoalveolare per l’infezione polmonare. I risultati indicano che 29/57 LTR (50.9%) hanno necessitato di terapia presintomatica, 15 (51.7%) raggiungendo il cut off nel sangue, 8 (27,6%) il cut off polmonare e 6 (20,7%) entrambi i cut offs (3 contemporaneamente e 3 in tempi differenti). La ricostituzione della risposta T-cellulare HCMV-specifica è stata più precoce per le cellule T CD8+ rispetto alle cellule CD4+. Tuttavia, la protezione nei confronti della riattivazione dell’infezione da HCMV è stata conferita dalla risposta di entrambe le componenti dell’immunità T-cellulare. In due LTR che hanno raggiunto il cut off polmonare per la terapia pre-sintomatica ma non sono stati trattati, la presenza di una risposta T-cellulare sia CD4+ che CD8+ è stata accompagnata dalla risoluzione dell’infezione polmonare. La terapia steroidea anti-rigetto ha soppresso la risposta immune T-cellulare, favorendo così la riattivazione dell’infezione da HCMV. In conclusione, negli LTR il monitoraggio dell’infezione sia sistemica che polmonare può migliorare l’efficacia della terapia pre-sintomatica. Inoltre, il monitoraggio della risposta immune T-cellulare HCMV-specifica sembra essere utile per predire il controllo dell’infezione da HCMV nel periodo post-trapianto. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 76 di 288 STUDIO IN VITRO DELLA CAPACITÀ DI RIASSORTIMENTO DEL NUOVO VIRUS UMANO DELL’INFLUENZA A DI ORIGINE SUINA H1N1 Simone Giannecchini, Valeria Clausi e Alberta Azzi Sezione di Virologia, Dipartimento di Sanità Pubblica, Università di Firenze, Firenze Recentemente un nuovo virus dell’influenza H1N1v di origine suina è stato isolato dall’uomo in Messico. Sebbene fino ad oggi la sua patogenicità si sia dimostrata bassa, il suo assetto genetico determinato da un riassortimento multiplo e l’alta capacità di trasmissione nella popolazione umana, ampiamente suscettibile, ne ha determinato il carattere pandemico. In questo studio, è stata analizzata la capacità di questo nuovo virus H1N1v di generare riassortanti virali con altri virus influenzali umani H1N1 e H3N2 stagionali come anche con virus influenzali aviari H7N3 di particolare interesse. Per investigare la capacità di riassortimento virale in condizioni selettive simili a quelle delle vie respiratorie umane in cui tale evento può avvenire in natura, è stato usato il ceppo virale A/Italy/05/09, isolato nel nostro laboratorio a maggio da un paziente di ritorno dal Messico, geneticamente caratterizzato e con sensibilità agli inibitori della neuraminidasi paragonabile ai virus stagionali umani. Per il nostro scopo, il virus H1N1v è stato inoculato con rapporto di moi 1:1 con un virus umano H1N1 o H3N2 o aviaro H7N3 su cellule epiteliali umane A549 in presenza di fetuina usata come fonte di analoghi recettoriali, conducendo le co-infezioni in assenza o in presenza dell’inibitore della neuraminidasi Oseltamivir o di un pool di sieri umani immuni. Tutti gli esperimenti sono stati condotti in laboratorio BSL3. Analisi molecolari della progenie virale ottenuta dai singoli esperimenti di co-infezione e clonata biologicamente su placche hanno permesso di caratterizzare geneticamente i differenti riassortanti virali ottenuti. Dei 90 cloni biologici esaminati, 35 erano riassortanti. Tra essi, 5 possedevano il sottotipo H1N1v, 6 il sottotipo H7N3 e 24 mostravano un nuovo sottotipo/variante determinato da differenti combinazioni della HA e NA. Di nota, la maggior parte dei differenti sottotipi/varianti sono stati ottenuti in presenza di sieri umani immuni. Infine, la maggioranza dei geni interni presenti nei riassortanti ottenuti erano di origine H1N1v quando questo era inoculato con i virus umani, o di origine aviaria H7N3 quando il virus H1N1v era inoculato con questo ultimo. La capacità di riassortimento e di sviluppo di nuovi sottotitpi/varianti osservata in caso di co-infezione evidenzia la necessità di ulteriori studi molecolari per poter controllare l’emergere di nuovi virus influenzali riassortanti con caratteristiche pandemiche per la popolazione umana. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 77 di 288 IMPORTANZA DEL SEQUENZIAMENTO GENICO DI DNA PROVIRALE ESTRATTO DA SANGUE INTERO E DI RNA ESTRATTO DA PLASMA IN SOGGETTI SOTTO TRATTAMENTO ANTIRETROVIRALE CON BASSI LIVELLI PLASMATICI DI HIVRNA. R. Santangelo1, S. Marchetti1, S. Di Giambenedetto2, M. Colafigli2, A. Di Franco1, M.Fabbiani2, P. Cattani1, A. De Luca2, G. Fadda1. 1 Istituto di Microbiologia e 2Istituto di Clinica delle Malattie Infettive, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma. Nella pratica clinica, tradizionalmente, una carica virale di 1000 copie/ml è considerata necessaria per poter effettuare una analisi del genotipo virale, nei pazienti HIV positivi. Inoltre, lo studio del “reservoir” di HIV nelle cellule mononucleate del sangue periferico è considerato un interessante marcatore della risposta alla terapia antiretrovirale. Lo scopo di questo lavoro è stato, sia quello di verificare la possibilità e l’importanza clinica del sequenziamento dell’RNA virale in campioni con bassi livelli plasmatici di HIV–RNA, che verificare se l’analisi del DNA provirale ottenuto da campioni di sangue intero, potesse rilevare varianti resistenti archiviate potenzialmente in grado di compromettere l’attività delle opzioni terapeutiche future. E’ stato quindi condotto uno studio su 136 pazienti con infezione da HIV, afferenti all’ambulatorio di Malattie Infettive del Policlinico Universitario “A. Gemelli“ dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, nel periodo 2007-2009. I pazienti analizzati presentavano una carica virale (CV) inferiore alle 1500 copie/ml (c/ml) (6.6% CV >1000 c/ml, 7.4% CV 500-1000 c/ml, 23.5% CV 50500 c/ml e 62.5% CV <50 c/ml). L’RNA virale è stato sequenziato nel 34.5% dei pazienti, di cui il 14.8% con viremia <50 c/ml. Per 62 dei 136 pazienti è stato possibile analizzare anche il DNA provirale estratto da sangue intero risultando sequenziabile nel 96.7%, di cui il 55% con viremia <50 c/ml. Il sequenziamento genico in pazienti con viremie basse o non determinabili ha permesso in diversi casi di individuare mutazioni di farmaco-resistenza estremamente importanti per la gestione del paziente. Il campione di sangue intero è risultato essere un materiale idoneo per il sequenziamento del DNA virale, fornendo informazioni aggiuntive all’analisi dell’RNA ottenuto dallo stesso campione; informazioni risultate importanti nel predire un potenziale fallimento virologico. In conclusione, la diagnosi precoce delle mutazioni potrebbe avere una notevole rilevanza clinica evitando l’aumento severo della viremia e diminuendo il rischio di fallimento terapeutico. Inoltre, l’analisi del DNA può avere un valore pratico molto importante in pazienti con cariche virali basse non sequenziabili con i sistemi correnti di genotipizzazione. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 78 di 288 PANDEMIA DA NUOVO VIRUS DELL’INFLUENZA A (H1N1)V: IDENTIFICAZIONE DEL PRIMO CASO ITALIANO E MONITORAGGIO DELLA FASE “DIAGNOSTICA” DI SORVEGLIANZA Vatteroni ML, S. Frateschi, A. Scaccino, F. Maggi, P. Mazzetti, B. Matteoli, L. Ceccherini-Nelli U.O. Virologia Universitaria, Dipartimento di Patologia Sperimentale BMIE, AOUP, Pisa Il 25 Aprile 2009 l’Organizzazione Mondiale della Sanità annunciava l’inizio di una probabile pandemia, dichiarata poi l’11 Giugno u.s., per la comparsa in Messico di un triplo riassortante capace di diffondersi nella popolazione. Pertanto il Laboratorio è stato allertato come struttura deputata alla sorveglianza dell’infezione nell’Area Vasta Nord-Occidentale della Toscana. Abbiamo quindi stabilito un algoritmo che prevedeva, in una prima fase: 1) estrazione di RNA con tecnica manuale (Qiagen viral RNA mini kit) 2) real time RT-PCR per i virus dell’influenza A, già disponibile in laboratorio, con primers dedotti dalla regione M in grado di differenziare i sottotipi H1N1 da quelli H3N2, e utili per rilevare anche la nuova variante 3) sequenziamento dell’amplicon ottenuto e comparazione con le sequenze depositate in banca dati. Questa procedura è stata applicata fin dai primi campioni arrivati in laboratorio, e il 28 Aprile ha permesso di identificare il primo caso di infezione in Italia da nuovo virus dell’Influenza A H1N1v in un uomo di 52 anni reduce da un lungo soggiorno a Città del Messico. L’uomo era ricoverato presso il reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale di Massa con lievi sintomi influenzali, prontamente regrediti dopo somministrazione di Oseltamivir. L’arrivo del nuovo virus in Italia è stata resa nota il 2 Maggio dopo che i dati di laboratorio sono stati confermati e validati da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, come richiesto dal Ministero della Salute. La sequenza è stata recepita in banca dati Gene Bank con in seguente numero di accesso FJ982434 La successiva disponibilità di set di primers e probes indicati dalla CDC, ha permesso di introdurre in laboratorio real time RT-PCR specifiche per la nuova variante umana. Nel periodo 28 Aprile-28 Luglio, sono stati complessivamente esaminati 368 campioni provenienti da 183 pazienti. 43 pazienti (23%) sono risultati positivi. Il 28 Luglio il Ministero della Salute ha ritenuto terminata la fase diagnostica, limitando la diagnosi di infezione da parte del nuovo virus ai solo criteri clinici (fase sintomatica), data la quantità di soggetti rientrati da zone endemiche. Nonostante ciò, nel periodo 29 Aprile-10 Settembre, il laboratorio ha esaminato 218 campioni provenienti da 109 pazienti, di cui 24 sono risultati positivi (22%). I soli criteri clinici non sono quindi sufficienti ad identificare l’infezione da H1N1v, dato che la sintomatologia è al momento assolutamente sovrapponibile a quella dei comuni virus respiratori. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 79 di 288 SORVEGLIANZA EPIDEMIOLOGICO-MOLECOLARE DI PATOGENI VIRALI ATTRAVERSO L’ANALISI DI LIQUAMI URBANI Giuseppina La Rosa, Marcello Iaconelli, Manoochehr Pourshaban, Valentina Spuri Vennarucci, Marta Fratini, Michele Muscillo. Istituto Superiore di Sanità, Roma. Le malattie virali a diffusione oro-fecale rappresentano un problema importante di sanità pubblica. In particolare, adenovirus e norovirus sono considerati “patogeni emergenti” in quanto recenti dati mostrano un aumento nell’incidenza e/o nella virulenza delle patologie da essi provocate. Gli adenovirus sono responsabili di un ampio spettro di manifestazioni cliniche (infezioni a carico dell’occhio e degli apparati gastro-intestinale, genito-urinario e respiratorio) che possono dare forme assai gravi o letali nei bambini e nei pazienti immunocompromessi. Recenti dati hanno evidenziato l'emergenza di nuovi tipi (es. il sierotipo 14) responsabili di casi di polmonite grave e morte in pazienti di tutte le età, compresi giovani adulti sani. I norovirus sono i più comuni agenti virali responsabili di gastroenteriti epidemiche e sporadiche. Le infezioni causate da norovirus si manifestano soprattutto in contesti comunitari quali ospedali, scuole e navi da crociera. Recentemente si è registrato un aumento della morbilità e mortalità di questi patogeni soprattutto in pazienti anziani. In Italia non esiste un sistema organico di rilevamento delle patologie infettive da virus enterici e i dati relativi all'epidemiologia di questi patogeni sono scarsi e frammentari. Il presente lavoro è svolto nell’ambito di un progetto del Centro nazionale per la prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), che ha come obiettivo la sorveglianza epidemiologico-molecolare dei virus enterici in Italia, attraverso il monitoraggio di reflui urbani provenienti da impianti di depurazione. 138 campioni provenienti da 11 impianti localizzati in diverse regioni sono stati analizzati mediante tecniche molecolari mirate alla ricerca e alla caratterizzazione di sequenze geniche virali. L’86% dei campioni (100% degli ingressi e 71% delle uscite) sono risultati positivi per adenovirus, con prevalenza della Specie F (circa il 39%), seguita dalle Specie A, C e D (>10%); le specie B ed E sono state osservate raramente. L’analisi per norovirus ha mostrato positività nel 59% dei campioni (75% in entrata e 43% in uscita) con prevalenza del genogruppo I. Tale dato è in contrasto con dati clinici che indicano il genogruppo II quale principale responsabile di epidemie in Europa e di casi sporadici in Italia. La sorveglianza degli agenti virali nell’ambiente rappresenta uno strumento integrativo alla sorveglianza clinica, per comprendere l’epidemiologia dei patogeni circolanti nella popolazione. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 80 di 288 EFFETTO DI AZIDOVUDINA, NEVIRAPINA ED INDINAVIR SU CELLULE DI MELANOMA ESPRIMENTI HERV-K, SOTTOPOSTE A CONDIZIONI STRESSANTI DI CRESCITA. Balestrieri E.1, Sorrentino R.1, Matteucci C.1, Al Dossary R.1, Spadafora C.2, Garaci E.1, Sinibaldi Vallebona P.1 (1) Dipartimento di Medicina Sperimentale e Scienze Biochimiche, Università di Roma “Tor Vergata”; (2) Istituto Superiore di Sanità, Roma. I retrovirus endogeni umani (HERV) e altri retroelementi trasponibili svolgono numerose funzioni biologiche e pertanto sono stati proposti quali cofattori nell'eziologia di alcune patologie umane. In un nostro precedente studio abbiamo dimostrato che la trascrittasi inversa (RT) codificata dai retroelementi è coinvolta nel controllo della proliferazione e del differenziamento cellulare (Sinibaldi-Vallebona P, 2006; Genes Chromosomes Cancer, 45:1-10), infatti il trattamento di cellule trasformate con efavirenz e nevirapina determina la riduzione della proliferazione cellulare, induce il differenziamento delle cellule e blocca la progressione del tumore in topi nude (Sciamanna I, 2005; Oncogene, 24:3923-31). In un altro studio recentemente pubblicato dal nostro gruppo, abbiamo messo in evidenza che cellule di melanoma, coltivate in condizioni di stress (basse concentrazioni di siero), modificano il loro fenotipo di crescita, acquisendo una maggiore capacità proliferativa ed invasiva. Questi cambiamenti fenotipici risultano accompagnati da un importante aumento dell’espressione di mRNA di HERV-K e l’associazione tra i due fenomeni è dimostrata dall’assenza di cambiamenti fenotipici, nel caso in cui l'espressione di HERV-K sia bloccata mediante RNA interference (Serafino A.L. 2009; Exp. Cell Res. 315:849-62). Nel presente studio è stato valutato l’effetto del trattamento con i farmaci antiretrovirali azidovudina, nevirapina ed indinavir sulla modificazione fenotipica indotta dalla condizione di stress. In tal modo è stato evidenziato che anche il trattamento con inibitori della RT e delle proteasi è in grado di bloccare il passaggio delle cellule verso il fenotipo più aggressivo, seppure con diversa efficienza. Inoltre il trattamento con antiretrovirali (azidovudina e nevirapina) induce modificazioni morfologiche correlate con un maggior grado di differenziamento cellulare. I risultati ottenuti suggeriscono un possibile utilizzo di tali farmaci nella terapia del melanoma. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 81 di 288 ALTERATA REGOLAZIONE DEL CICLO CELLULARE INDOTTA DA CITOMEGALOVIRUS UMANO IN MODELLI CELLULARI PERMISSIVI IN ATTIVA DIVISIONE O ALLO STADIO TERMINALE DI DIFFERENZIAMENTO Arcangeletti M.C.1, Germini D.1, Rodighiero I.1, Mirandola P.2, Motta F.1, Dettori G.1, Chezzi C.1 1.Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio - Sezione di Microbiologia; 2.Dipartimento di Anatomia Umana, Farmacologia e Scienze Medico-Forensi - Sezione di Anatomia Umana; Università degli Studi di Parma. Citomegalovirus umano (HCMV) è un patogeno ubiquitario che persiste nell’ospite in una condizione di latenza dopo l’infezione primaria. La vasta gamma di patologie sostenute da HCMV è da mettere in relazione con la sua capacità di infettare differenti tipi di cellule in vivo, dando luogo ad interazioni diverse, in relazione alla tipologia cellulare coinvolta. In particolare, è noto come HCMV sia in grado di sostenere un ciclo litico in cellule epiteliali e fibroblastiche, mentre i monociti del sangue periferico rappresentano sedi di latenza e serbatoi utili per la disseminazione virale a seguito di differenziamento a macrofagi e conseguente riattivazione di HCMV. Numerosi dati di letteratura supportano l’ipotesi di una spiccata capacità del virus di modificare il “signaling” intracellulare, in particolare quello relativo alla regolazione del ciclo cellulare. Tale strategia è sicuramente vincente in quanto permette al virus di manipolare a suo vantaggio il ciclo cellulare stesso, verso la proliferazione o il differenziamento della cellula ospite. Al fine di valutare eventuali azioni di interferenza sul ciclo cellulare da parte di HCMV, in questo studio sono stati considerati, a confronto, due modelli sperimentali di infezione litica costituiti dallo stesso stipite virale di riferimento (Towne) e, alternativamente, da cellule in attiva replicazione (fibroblasti MRC5) o da cellule allo stadio terminale di differenziamento (monociti THP-1 differenziati a macrofagi). I dati ottenuti dimostrano che in fibroblasti MRC5 il virus è in grado di arrestare il ciclo cellulare in fase G1 o alla transizione G1/S, bloccando la sintesi di DNA cellulare. Al contrario, i monociti THP-1 differenziati (fase G0) sono spinti a rientrare nel ciclo cellulare. Altro aspetto saliente messo in evidenza dai risultati di questo studio è che nei suddetti modelli cellulari infettati parallelamente con HCMV inattivato mediate raggi ultravioletti, si osserva un andamento del ciclo cellulare analogo a quello riscontrato in cellule non infettate. Tale osservazione conferma il fatto che la perturbazione del ciclo cellulare è un fenomeno indotto esclusivamente dal virus attivo e supporta l’importanza di tale strategia a vantaggio della replicazione di HCMV. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 82 di 288 PERSISTENZA DI INFEZIONE DA VIRUS HERPES UMANO DI TIPO 8 (HHV-8) IN PAZIENTI CON DIABETE DI TIPO 2 (DM2) Ingianni A.1, Saddi M.1, Reina A.2,Contini P.P.3, Coghe F.4, Pompei R.1 1 Sezione di Microbiologia Applicata, Università di Cagliari. 2Servizio di Immunoematologia, Ospedale Brotzu di Cagliari. 3Servizio di Diabetologia, Ospedale S. Giovanni di Dio, Cagliari. 4 Laboratorio analisi, Ospedale S. Giovanni di Dio, Cagliari Introduzione: l’infezione da HHV-8 è talvolta associata allo sviluppo di diverse neoplasie, tra le quali il sarcoma di Kaposi, la malattia multicentrica di Castleman, i linfomi diffusi (PEL) e i linfomi primitivi della cavità sierosa (BCBL). Il passaggio dall’infezione latente a quella litica è considerato un momento fondamentale nel processo della cancerogenesi e l’open reading frame 50 (orf50), che codifica per la proteina Rta, è uno dei geni chiave di tale switch. Il presente studio intende verificare la permanenza di HHV-8 nei soggetti diabetici (DM2) ed una sua eventuale evoluzione verso una trasformazione neoplastica. Metodi: lo studio è stato eseguito su 440 campioni di sangue provenienti da pazienti affetti da DM 2 e come controlli sono stati esaminati 108 donatori sani di sangue provenienti dal centro trasfusionale di Cagliari. La rilevazione di HHV-8 è stata condotta analizzando la presenza del gene di latenza orf 26, che codifica per la proteina capsidica minore, mediante PCR del DNA estratto dai leucociti. Un potenziale switch del virus da fase latente a fase litica è stato verificato attraverso l’analisi dell’espressione del gene orf50 mediante RT-PCR. I pazienti risultati positivi per HHV-8 sono stati monitorati nel tempo. Risultati e conclusioni: nei pazienti diabetici la percentuale di positività di HHV-8 è risultata significativamente superiore (46.6%) rispetto a quella riscontrata nei soggetti di controllo (12%, p<0.01). Nessuna sostanziale differenza è stata evidenziata tra individui di sesso maschile e femminile, mentre una lieve diminuzione di HHV-8 è stata rilevata nei DM2 con il progredire dell’età. Dal monitoraggio temporale dei pazienti diabetici risultati positivi per HHV-8 si evince che il genoma virale permane latente e che in nessuno dei DM2 finora analizzati vi è stato uno switch del virus. Viene fatta una valutazione critica della elevata frequenza di infezione da HHV-8 nei pazienti diabetici in relazione allo stato immunitario e ad un possibile aumento del rischio di insorgenza di forme neoplastiche. Ringraziamenti. Lavoro finanziato dalla Regione Sardegna e dalla Fondazione Banco di Sardegna, programma Genetica e Biotecnologie. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 83 di 288 RUOLO DIFFERENZIALE DEL CITOSCHELETRO NELLA MODULAZIONE DI FASI PRECOCI DELL’INFEZIONE DEL VIRUS INFLUENZA A/NWS/33 (H1N1) IN MODELLI CELLULARI DI RENE DI MAMMIFERO De Conto Floraa, Covan Silviaa, Arcangeletti M.Cristinaa, Gatti Ritab, Orlandini Guidob, Dettori Giuseppea, Chezzi Carloa. a Sezione di Microbiologia - Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio; bSezione di Istologia ed Embriologia Generale - Dipartimento di Medicina Sperimentale. Università degli Studi di Parma. Numerosi studi hanno messo in luce la capacità dei virus di cooptare meccanismi cellulari di segnalazione molecolare e di internalizzazione, allo scopo di favorire il superamento di “barriere”, quali la membrana citoplasmatica ed il citoscheletro corticale, e rendere possibile il loro ingresso nella cellula ospite. In questo studio è stata effettuata un’analisi comparativa delle fasi precoci dell’infezione dello stipite umano NWS/33 di virus influenza A (NWS) in modelli cellulari di rene di mammifero (MDCK: rene di cane; LLC-MK2: rene di scimmia; NSK: rene di suino) caratterizzati da un diverso grado di permissività all’infezione. In particolare, è stato valutato il possibile ruolo dei meccanismi di internalizzazione e di specifiche componenti del citoscheletro [i.e. microfilamenti (MF) e microtubuli (MT)], correlate all’espletamento dell’endocitosi e del trasporto citoplasmatico, nel modulare l’esito dell’infezione. Sono, a tal fine, stati impiegati inibitori delle principali vie di ingresso, oltre che sostanze in grado di indurre la selettiva depolimerizzazione dei MF e dei MT. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza la diversa durata dell’internalizzazione del virus NWS, come anche la selezione di vie preferenziali di ingresso dipendentemente dal modello cellulare esaminato. In cellule LLC-MK2 e NSK è stata, in particolare, appurata l’esistenza di meccanismi di entrata non funzionali a consentire l’ingresso del virus NWS che potrebbero rendere ragione della bassa efficienza dell’infezione riscontrata in tali cellule, a differenza del modello MDCK. I dati ottenuti depongono, inoltre, per un ruolo differenziale svolto dai MF e dai MT nel corso di fasi precoci dell’infezione virale, in quanto si è visto che la depolimerizzazione dei MF aumenta la resa dell’infezione in cellule LLC-MK2 e non esercita effetti di rilievo in NSK, mentre la variazione di assetto dei MT promuove la replicazione virale in entrambi i modelli LLC-MK2 e NSK. Tale studio, evidenziando la complessità delle interazioni che intercorrono tra virus e cellula ospite, mette in luce l’intervento attivo di specifiche funzioni/componenti cellulari quali possibili meccanismi regolatori nei confronti dell’infezione virale. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 84 di 288 CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 85 di 288 ANALISI MICROBIOLOGICA DI CAMPIONI DA TESSUTI MOLLI DI FERITE LAPAROTOMICHE. Minutolo M.1, Blandino G.1, Puleo S.2, Minutolo V.2 1 Dipartimento di Scienze Microbiologiche; 2Dipartimento di Scienze Chirurgiche,Trapianti d’Organo e Tecnologie Avanzate –Università degli Studi di Catania. L’insorgenza di una infezione del sito chirurgico rappresenta la complicanza postoperatoria più frequente.L’analisi batteriologica della ferita chirurgica potrebbe costituire un metodo predittivo di infezione del sito chirurgico dopo chirurgia elettiva addominale.In questo studio viene effettuata l’analisi microbiologica dei tamponi prelevati da tessuti molli delle ferite laparotomiche,dopo chiusura della parete addominale.Il valore predittivo dell’analisi viene valutato correlando i germi più frequentemente coinvolti nella contaminazione della ferita e i fattori di rischio di infezione chirurgica.I tamponi del tessuto sottocutaneo,prelevati da 78 pazienti dopo la chiusura della fascia addominale e prima della sutura della cute,sono stati sottoposti ad indagine microbiologica con tecniche standardizzate e VITEK system,utilizzato,anche,per saggiare l’antibiotico sensibilità.Tutti gli interventi chirurgici sono stati classificati come puliti o puliti/contaminati.La profilassi antibiotica è stato eseguita solo in 48 pazienti 60 minuti prima dell’intervento.La presenza di infezione della ferita è stata documentata durante la degenza ospedaliera e,per un massimo di 4 settimane dopo l’intervento chirurgico,in ambulatorio. Dei 48 tamponi positivi all’analisi microbiologica soltanto 4 sono stati associati ad una infezione della ferita (2 ceppi di Escherichia coli,1 di Enterobacter cloacae ed 1 di Candida albicans).Inoltre in due interventi,in cui il tampone della ferita non aveva mostrato crescita microbica,si è avuta un’infezione causata da Bacteroides fragilis.L’infezione è insorta nei pazienti sottoposti ad interventi chirurgici di classe II e III e dalla durata media di 127,5 minuti.I batteri contaminanti isolati sono stati 36 aerobi Gram-positivi e 10 aerobi Gram-negativi;inoltre è stato isolato un ceppo di Candida albicans.Per quanto riguarda la sensibilità agli antibiotici tutti gli stafilococchi isolati erano sensibili a synercid e vancomicina,ma 14/36 erano resistenti > 4 classi di antibiotici.L’88% degli stafilococchi coagulasi negativi era resistente ad oxacillina e 61% ad eritromicina.Tutti gli enterobatteri isolati erano resistenti ad amoxicillina ma sensibili a imipenem, aztreonam, netilmicina e levofloxacina. I risultati mostrano un più alto rischio di infezione chirurgica in presenza di batteri Gram-negativi ed in pazienti con interventi di classe III e della durata superiore a due ore. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 86 di 288 ASPETTI MICROBIOLOGICI DELLE INFEZIONI INTRA-ADDOMINALI Amodeo A,Caccamo F, Fichera E, Grassi P.,Grasso E.,Guardo G. Mastrojeni S., Patamia I, Scriffignano V, Sciacca A., Nicoletti G. Laboratorio Analisi Az. Policlinico Università Catania Le infezioni intra-addominali (IAI) (o endo-addominali) rappresentano la seconda causa di infezione in ambiente ospedaliero, con conseguenze anche severe sulla salute del paziente: sono quindi infezioni associate ad elevata morbilità e mortalità, nonché responsabili di un uso importante delle risorse ospedaliere. Materiali Nel nostro studio il campione in esame è costituito da 91 ceppi batterici responsabili di infezioni intra-addominali, isolati presso il laboratorio di batteriologia dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria Policlinico “Gaspare Rodolico” di Catania, dal 2004 al 2008. I materiali patologici presi in considerazione (ascessi, drenaggi, liquidi addominali, liquidi ascitici, liquidi peritoneali, stomie, tegole) sono stati inviati al laboratorio dai reparti di Chirurgia, Trapianti, Terapia Intensiva, Terapia Intensiva Neonatale ed Ematologia del nosocomio. In particolare, sono stati studiati 75 casi di peritonite (82%), 10 casi di ascesso viscerale (11%) e 6 casi di colangite/colecistite (7%). Risultati Gli stafilococchi coagulasi negativi presentano una percentuale maggiore di isolati (24%), seguiti da Enterococcus spp. (13%), Pseudomonas aeruginosa (12%) e Acinetobacter baumannii (11%). In percentuale minore sono stati riscontrati anche: Stenotrophomonas malthophilia (8%), Escherichia coli (7%), Klebsiella spp. (7%), ed anche Enterobacter spp. (4%) e S.aureus (4%). Dalla distribuzione dei microrganismi coinvolti nelle IAI, in relazione ai differenti reparti ospedalieri, si evince che questi sono stati isolati per la maggior parte in pazienti ricoverati nei reparti di Chirurgia (49%), seguiti dai Trapianti (24%) e dalla Terapia Intensiva (14%), mentre sia nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale che di Ematologia si è avuta una minore percentuale di isolamento, rispettivamente del 9% e del 4%. Conclusioni La diagnostica microbiologica delle IAI è complessa, ed ha un ruolo importante soprattutto in certe situazioni (es. presenza di corpi estranei, sospetto di patogeni resistenti o insoliti, infezioni nosocomiali in soggetti con fattori di rischio). Problemi di antibiotico-resistenza si riscontrano attualmente nella maggioranza delle specie patogene responsabili di IAI. Le chemioresistenze interessano tutte le principali classi di antibiotici e sono spesso associate, configurando fenotipi di resistenza complessi per i quali restano attivi solo pochissimi farmaci. L’uso di antibiotici ad ampio spettro è necessario per il trattamento empirico delle infezioni complicate, spesso polimicrobiche, causate da batteri non identificabili nelle 24-48 ore e spesso da patogeni resistenti. Come è noto, un trattamento tempestivo ed adeguato ha un impatto significativamente positivo sulla risoluzione dell’infezione e sulla riduzione del rischio di morte. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 87 di 288 BATTERI PATOGENI ISOLATI DA EMOCOLTURE: FREQUENZA E SENSIBILITÀ AGLI ANTIBIOTICI (2007-2008) Blandino G, Pisano M, Privitera S, Puglisi S, Nicolosi D, Sciacca A, Nicoletti G. Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche – Università degli Studi di Catania La sorveglianza sull’antibiotico-resistenza di ceppi batterici isolati da emocolture può essere utile nella scelta terapeutica empirica antimicrobica in ambiente ospedaliero. Scopo di questo studio era valutare i patogeni predominanti nelle batteriemie ed i loro pattern di antibiotico-resistenza. Sono stati analizzati 443 ceppi batterici isolati consecutivamente da batteriemie durante il periodo Gennaio 2007 – Dicembre 2008. Il sistema Vitek (bioMerieux) è stato utilizzato per l’identificazione delle specie e per determinarne la sensibilità agli antibiotici. Le specie più frequentemente isolate sono state Escherichia coli 32%, Pseudomonas aeruginosa 18%, Klebsiella pneumoniae 13% e Staphylococcus aureus 10% Tra i batteri Gram-positivi, il 50% dei ceppi di S. aureus era oxacillino-resistente; il 33% dei ceppi di Enterococcus spp. era resistenti ad ampicillina ma nessuno era resistente a vancomicina ; tutti i ceppi di S. pneumoniae erano sensibili ad ampicillina e 43% era resistente ad eritromicina. La resistenza di S. aureus all’oxacillina presentava valori più elevati incrementando l’età; la resistenza di S. pneumoniae alla eritromicina era, invece, più alta nei bambini con meno di 5 anni. Per quanto riguarda le Enterobacteriacee, la causa più frequente di antibiotico-resistenza era la produzione di ESBL (5% in E. coli, 29% in K. pneumoniae e 57% in E. cloacae); 12% dei ceppi era resistente a gentamicina e 17% a ciprofloxacina. Per quanto riguarda P. aeruginosa 20% dei ceppi era resistente a ceftazidime, 13% a piperacillina/tazobactam e ad imipenem, 10% a ciprofloxacina e 5% ad amikacina. Le percentuali di resistenza a molti antibiotici riscontrate nei patogeni più frequentemente responsabili di batteriemie sono simili a quelle riportate da altri studi nazionali ed internazionali, confermando così l’incremento di antibiotico-resistenza soprattutto fra i Gram-negativi. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 88 di 288 ISOLAMENTO DI CHLAMYDOPHILA PNEUMONIAE NELLE FARINGOTONSILLITI DEGLI ADULTI C. Bonaccorso, B. Bisignano, R. Timpanaro, A. Stivala. Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Ginecologiche, Università degli Studi di Catania Chlamydophila pneumoniae è una causa comune di infezioni acute delle vie respiratorie. Il suo ruolo nelle faringotonsilliti dei bambini è stato ampiamente accertato ma sono ancora pochi i dati riguardati l’incidenza negli adulti. Lo scopo dello studio è stato quindi quello di valutare la frequenza di isolamento di C.pneumoniae in tamponi faringei di pazienti di età compresa tra i 20 ed i 65 anni affetti da faringotonsilliti confrontando differenti metodiche diagnostiche. Sono stati analizzati 94 tamponi faringei provenienti da pazienti a cui era stata diagnosticata una faringotonsillite acuta. La presenza delle inclusioni clamidiali in colture cellulari è stata valutata mediante colorazione di Giemsa e MAb-IFA. I dati ottenuti sono stati confrontati con due differenti PCR, una single-step ed una Nested aventi come target il gene codificante 16S rRNA. La percentuale di isolamento colturale di C.pneumoniae da tampone faringeo è risultata pari al 15.95% (15/94) con la colorazione di Giemsa e all’11.70% (11/94) con MAb-IFA. La 16S rRNA Nested PCR ha dato una percentuale di positività pari al 12.76% (12/94) e solo 2 campioni sono risultati positivi anche alla PCR single-step. La diagnosi di infezioni da C.pneumoniae risente ancora della mancanza di un “gold standard” che possa essere utilizzato come metodica di riferimento. Le colture cellulari sono spesso poco utilizzate poiché richiedono laboratori attrezzati, tempi molto lunghi e una buona esperienza e praticità dell’operatore. Tuttavia riteniamo di poter affermare che il loro utilizzo rimanga un riferimento essenziale. L’amplificazione degli acidi nucleici tramite PCR è una tecnica molto rapida ma, come è evidenziato anche dai nostri risultati, ogni protocollo ha una sua specificità e sensibilità; netta è stata infatti la superiorità della Nested PCR rispetto alla single-step nella capacità di identificare DNA clamidiale, pur avendo entrambe lo stesso target. Va comunque sottolineato che i nostri dati indicano una diffusione di C.pneumoniae negli adulti affetti da faringotonsilliti, e che in corso di trattamento terapeutico bisognerebbe tener conto anche di questo agente eziologico. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 89 di 288 VALUTAZIONE DELLA PRESENZA DI CHLAMYDOPHILA ABORTUS IN TAMPONI VAGINALI DI DONNE AFFETTE DA PROBLEMI D’INFERTILITÀ S Appino*, S Rocca*, P Pregel§, L Vincenti§, S Zanetti# * Dipartimento di Patologia e Clinica Veterinaria, Università di Sassari. § Dipartimento di Patologia Animale, Università di Torino # Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Sassari. I microrganismi appartenenti alla famiglia Chlamydiaceae sono patogeni intracellulari obbligati, Gram-negativi, responsabili di numerose malattie nell’uomo e negli animali. Le infezioni genitali causate da tali batteri costituiscono un problema per la salute pubblica mondiale poiché, per la maggior parte asintomatiche, possono determinare complicazioni che compromettono la fertilità, soprattutto nei soggetti femminili. È stato stimato che tali forme rappresentino circa il 70%-75% delle infezioni da Chlamydia trachomatis. Alla famiglia Chlamydiaceae appartengono due generi: Chlamydophila (che include le specie C. abortus, C. psittaci, C. felis, C. caviae, C. pecorum e C. pneumoniae) e Chlamydia (che comprende le specie C. trachomatis, C. suis e C. muridarum). Chlamydophila abortus rappresenta un agente eziologico capace di causare numerose zoonosi, tra cui riveste particolare importanza l’aborto nella donna. Tale microrganismo è particolarmente insidioso per il personale femminile che accudisce le greggi infette o viene a contatto con organi e tessuti infetti al macello. In ambienti rurali, come in Sardegna, le probabilità di contagio aumentano, per le maggiori attività di allevamento. I rischi maggiori derivano dal contatto con animali infetti nel gregge e dall’assistenza degli animali al parto, per inalazione dell’aerosol infetto prodottosi. Al fine di verificare la presenza di C. abortus in tamponi vaginali di donne infertili, sono stati analizzati 167 campioni di DNA risultato in precedenza negativo per C. trachomatis. Il DNA è stato valutato mediante nested PCR per evidenziare la presenza di un tratto del 5’ del gene MOMP (omp1). I risultati ottenuti hanno evidenziato la presenza dell’amplificato in 4 campioni, mentre i restanti 163 sono risultati negativi. C. abortus è l’agente causale di OEA e di aborto sporadico nella bovina, ma può causare aborto anche nella donna, rappresentando una pericolosa zoonosi. I risultati ottenuti evidenziano che la potenziale zoonosi determinata da C. abortus può essere correlata anche ad infertilità e non solo all’aborto. Va pertanto sottolineata l’utilità del test qui descritto per la diagnosi di infertilità femminile, in affiancamento all’identificazione di C. trachomatis, di cui si ben conosce la patogenicità. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 90 di 288 ENDOCARDITE DA STREPTOCOCCUS SANGUINIS SU VALVOLA PROTESICA. Liberto M.C., Cugnetto G., Caruso E., Filice S., Zicca E., Pulicari M.C., Carrabba A., Puccio R., Giancotti A., Matera G., Quirino A., Focà A. Cattedra di Microbiologia , Università di Catanzaro, via T. Campanella 115, 88100 Catanzaro. L’endocardite infettiva è una infezione dell’endotelio cardiaco, la cui lesione tipica è la vegetazione; può interessare le valvole native o le protesi valvolari. Sebbene gli agenti eziologici più comuni di endocardite infettiva su valvola nativa siano gli Streptococchi viridanti, Staphylococcus aureus è la causa più frequente di endocardite su valvola protesica. Riportiamo un caso di endocardite infettiva da Streptococcus sanguinis in una paziente di 57 anni affetta da anemia sideropenica, diabete mellito di tipo II e portatrice di protesi valvolare mitralica, con un’anamnesi positiva per malattia reumatica. Emocolture seriali sono state allestite in concomitanza di episodi febbrili. Campioni di vegetazione valvolare e protesi della valvola mitralica sono stati posti in coltura. L’identificazione batterica è stata eseguita con il sistema semi-automatico Vitek 2® (Biomerieux, Italia) e l’antibiogramma con il sistema Mini Api® (Biomerieux, Italia). Campioni di sangue sono stati prelevati al ricovero e durante la degenza, i linfociti CD25+ e i livelli di IL-10 sono stati valutati mediante fluorocitometria (FACScan; Becton Dickinson) e test ELISA (Bender MedSystems, Vienna, Austria) rispettivamente; la proteina C-reattiva (PCR), le frazioni C3 e C4 del complemento utilizzando un test nefelometrico (Nephelometer BN ProSpec Dade Behring, Marburg, Germany) e la procalcitonina (PCT) con metodica ELFA (VIDAS BRAHMS PCT® , bioMerieux, France). Streptococcus sanguinis è stato isolato ed identificato contemporaneamente dai campioni di sangue periferico, da vegetazione valvolare e dalla protesi mitralica espiantata. I mediatori solubili dell’infiammazione sistemica presentavano i seguenti valori al momento del ricovero e durante la degenza: procalcitonina (PCT) 0.16 - 2.02 ng/ml, proteina C-reattiva (PCR) 38.2 - 58.4 μg/ml, IL-10 1.01 - 11.1 pg/ml, C3 1.04 - 0.58 g/l e C4 0.25 - 0.13 g/l; mentre i linfociti CD25+ 8.5 - 20.2%. L’isolamento di Streptococcus sanguinis sia da emocoltura, che da vegetazione valvolare e da protesi testimonia l’accuratezza della diagnosi etiologica. Peraltro l’endocardite su valvola protesica è raramente sostenuta da S. sanguinis. Il dosaggio dei mediatori dell’infiammazione sistemica ha consentito di seguire la progressione della sepsi. Il decremento progressivo dei livelli di C3 è stato già riportato in corso di endocardite batterica (Arq. Bras.Cardiol. 2001;vol. 76: doi : 10.1590/S0066), mentre è spesso assente in altri episodi settici non a partenza dall’endocardio. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 91 di 288 TREPONEMA PALLIDUM : UN PATOGENO RIEMERGENTE. CINQUE ANNI DI ESPERIENZA NELLA DIAGNOSI DI SIFILIDE B. Pavone, M. Calapai, A. Arena, A. Speranza, G. Stassi e D. Iannello. U. O. C. di Microbiologia Clinica, A.O.U. G. Martino, Messina. A partire dal 1990, l’incidenza di casi di sifilide in numerosi paesi europei è aumentata. A causa delle difficoltà nella diagnosi diretta, dovuta alle caratteristiche biologiche di Treponema pallidum ed alla evoluzione in stadi della stessa patologia, la diagnosi di sifilide è basata fondamentalmente sulla dimostrazione di anticorpi mediante l’uso di diversi metodi sierologici.. Questi metodi, classicamente definiti come “non treponemici” (RPR, VDRL) o “treponemici” ( TPHA, ELISA, FTA-ABS, Western Blot ) a seconda del tipo di antigene impiegato, vengono usati da molti anni come test di screening, a scopo diagnostico specifico ed eventualmente di conferma. Le problematiche connesse alla diagnosi sierologica di sifilide, tuttavia, non sono ancora state risolte definitivamente, come riportato in numerosi studi, anche recenti, sull’argomento. In particolare, la diagnosi può essere difficile in seguito al possibile verificarsi di risultati falsamente positivi o falsamente negativi, indipendentemente dalle metodiche sierologiche impiegate. Scopo di questo studio, basato su dati preliminari riportati in precedenza, è la valutazione comparativa di diverse metodiche sierologiche impiegate presso la U.O.C. di Microbiologia Clinica: RPR, TPHA, ELISA (screening per la ricerca di anticorpi anti T. pallidum e test per le corrispondenti IgG ed IgM) e Western Blot per IgG e IgM ( test di conferma), nei sieri di soggetti risultati positivi nel test di screening. Sono stati esaminati i dati relativi al periodo Settembre 2004 - Agosto 2009. I test di screening nell’ambito di esami preconcezionali (RPR e/o TPHA) hanno dato generalmente risultati negativi, concordanti quando erano eseguiti sullo stesso campione di siero. Nel periodo preso in esame, rispetto agli anni precedenti, si è osservata una maggiore incidenza di positività per anticorpi anti T. pallidum. Nell’ambito di indagini diagnostiche specifiche, il metodo ELISA si è dimostrato più sensibile, come test di screening per anticorpi totali, rispetto al TPHA ed all’ RPR. Il Western Blot, a sua volta, eseguito su sieri di soggetti risultati positivi nel test di screening, si è confermato più sensibile nella dimostrazione di IgG anti T. pallidum e più specifico nel rilievo di IgM, rispetto ai corrispondenti test ELISA. In base alla nostra esperienza, l’impiego combinato dei diversi test disponibili può facilitare il riconoscimento di casi falsamente negativi o positivi, consentendo una maggiore accuratezza diagnostica. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 92 di 288 ISOLAMENTO DI MYCOBACTERIUM BOLLETII E MYCOBACTERIUM PORCINUM DA PAZIENTI IMMUNO-COMPROMESSI * Bonura C.,**Mammina C.,*Calà C.,*Immordino R.,*Pitarresi G.L.,*Lipani G.,*Di Carlo E., *** Colomba C.,***Di Carlo P.,*Giammanco A. Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute, *Sezione di Microbiologia, **Sezione di Igiene, ***Sezione di Malattie Infettive, Università degli Studi di Palermo I micobatteri a rapida crescita (o RGM, Rapidly Growing Mycobacteria) sono microrganismi ampiamente diffusi nell’ambiente, principalmente presenti in acque dolci, lacustri e fluviali ed anche in numerose sorgenti di acqua potabile. I più frequenti quadri morbosi sostenuti da tali microrganismi patogeni opportunisti comprendono patologie a carico della cute e dei tessuti molli, infiammazioni di tipo granulomatoso lentamente progressive, linofoadenite, batteriemie ed, infine, malattie polmonari. La maggior parte delle infezioni umane da RGM è causata da specie già inquadrate nell’ambito dei gruppi Mycobacterium fortuitum, Mycobacterium chelonae-abscessus complex (MCAC) e Mycobacterium smegmatis. Recentemente sono stati descritti casi attribuiti a nuovi isolati clinici di RGM di difficile identificazione ed affiliazione tassonomica; fra questi Mycobacterium bolletii, classificato nel gruppo MCAC come nuova specie particolarmente resistente ai farmaci antimicobatterici, inclusa la claritromicina, attivi nei confronti delle altre specie inserite nello stesso complesso, e Mycobacterium porcinum, originariamente ed esclusivamente associato a malattia degli animali, oggi riconosciuto appartenente alla stessa specie patogena umana precedentemente considerata come terza biovariante nel gruppo degli stipiti D-sorbitolo negativi di Mycobacterium fortuitum. Le infezioni opportunistiche da RGM, per la loro crescente incidenza e la gravità dei quadri che possono manifestarsi, soprattutto in pazienti immuno-compromessi ed in presenza di stipiti farmaco-resistenti, assumono un’importanza sempre maggiore; è opportuno quindi segnalarne il riscontro e definire tassonomicamente l’isolato. A tal fine riportiamo due casi di isolamento di Mycobacterium bolletii da campioni respiratori provenienti rispettivamente da un paziente affetto da ICL (Idiopathic CD4+ T-lymphocytopenia) e uno HIV-positivo, e di Mycobacterium porcinum da un campione di espettorato proveniente da un altro paziente, anch’egli HIV-positivo. Sottolineamo, altresì, l’ausilio ottenuto attraverso l’impiego di tecniche biomolecolari, ed in particolare del sequenziamento di una regione del gene rpoB, finalizzate all’identificazione di specie altrimenti difficilmente discriminabili, nell’ambito dei gruppi di appartenenza, con metodi fenotipici convenzionali. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 93 di 288 VALUTAZIONE DEL T-SPOT. TB NELL''INFEZIONE TUBERCOLARE Amodeo A,Caccamo F, Fichera E, Grassi P.,Grasso E.,Guardo G. Mastrojeni S., Patamia I, Scriffignano V, Sciacca A., Nicoletti G. Laboratorio Analisi Az. Policlinico Università Catania La tubercolosi (TB) rappresenta, ancor oggi, un problema sanitario di grande rilievo sia nei paesi in via di sviluppo, sia in quelli industrializzati. Di non secondaria importanza, in quest’ambito, sono da considerare le problematiche legate ai portatori di un’infezione latente (LTBI). Questi soggetti, soprattutto se appartenenti a “categorie ad alto rischio di riattivazione,” ( HIV+/Aids,pazienti sottoposti a terapie immunosoppressive, bambini di età inferiore a 5 anni, etc.) potrebbero trarre notevoli vantaggi da un trattamento profilattico che ridurrebbe certamente il rischio di progressione verso fasi attive di TB. A tal fine risulta però indispensabile porre diagnosi di LTBI con sicurezza. Tale diagnosi si è sinora basata principalmente sulla intradermoreazione tubercolinica secondo Mantoux. La specificità di questo test è alquanto bassa , essendo influenzata da precedente vaccinazione con BCG o da pregresso contatto con mott. Anche la sensibilità risulta modesta soprattutto nei pazienti immunocompromessi. Questi limiti implicano che soggetti che potrebbero trarre beneficio da una chemioterapia profilattica eseguita con isoniazide 300 mg/die per 9 mesi o con rifampicina 10 mg kg/die per 4 mesi, possano essere difficilmente identificati quali portatori di LTBI con conseguente possibilità di sviluppare Tb attiva Altri soggetti, non portatori di LTBI, potrebbero di converso essere esposti agli eventi avversi di una profilassi non necessaria. Recentemente, sono stati proposti per la diagnosi della TB e della LTBI, nuovi test basati sulla evidenziazione e conta delle cellule produttrici di interferone gamma (IFN-y) in seguito a stimolazione con specifici antigeni tubercolari (Early Secretory Antjgenic Target 6ESAT-6 ,Culture Filtrated Protein 10- CFP-10) Materiali e metodi Nel periodo compreso gennaio-giugno 2009 sono stati effettuati nel nostro laboratorio 70 T spot TB effettuati su pazienti trapiantati o in lista per trapianto, extracomunitari provenienti da aree ad alta prevalenza per TB, pazienti sottoposti o in attesa di intraprendere una terapia immunosoppressiva, pazienti con HIV/Aids. Sono stati inoltre sottoposti al test tre pazienti con sospetto clinico/radiografico di TB attiva e 3 pazienti con test alla tubercolina positivo e riscontro batterioscopico di micobatteri, risultati in seguito non appartenenti al complesso MTB, nel sedimento urinario Risultati In due pazienti, con sintomatologia suggestiva di TB in atto, il test ha evidenziato più di 100 spot. I pazienti candidati al trapianto renale sono risultati 4 negativi e 6 positivi. Alta positività al T spotTb in due pazienti con patologia autoimmune testati prima della somministrazione di terapia immunosoppressiva. In 4 dei soggetti di età pediatrica ed in uno dei pazienti con HIV/Aids il TspotTB ha dato esito sicuramente negativo, in accordo con l’evidenza di controllo interno con fitoemoagglutinina positivo evidenziante la normale produzione di interferon da parte delle cellule linfocitarie. Conclusioni In questo studio preliminare, il T-SPOT.TB ha dimostrato sensibilità e specificità elevate. Sia pur con i limiti legati alla modesta numerosità dei casi, ha fornito risultati inequivocabilmente negativi anche in soggetti che presentavano anamnesi positiva per pregressa vaccinazione con BCG. Questo test, infine, essendo dotato di un controllo interno che può evidenziare la produzione di IFN-γ da parte dei linfociti del soggetto testato, sottoposti a stimolo aspecifico con fitoemoagglutinina, fornisce, a differenza dell’intradermoreazione secondo Mantoux, un risultato altamente attendibile anche in bambini e immunodepressi. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 94 di 288 ELEVATA PREVALENZA DELLA COLONIZZAZIONE DI ARCOBACTER SPP. IN SOGGETTI ASINTOMATICI CON DIABETE DI TIPO 2. Fera M.T.1, Russo G.T.2, Orlando A.2, Perdichizzi G.2, La Camera E.3 Dipartimento di Patologia e Microbiologia Sperimentale1, Dipartimento di Medicina Interna2, Facoltà di Farmacia3, Università di Messina. Recenti ricerche hanno confermato il coinvolgimento di alcune specie del genere Arcobacter nelle infezioni umane, soprattutto enteriche ed occasionalmente setticemiche. Dal punto di vista epidemiologico è stato dimostrato che l’acqua, il cibo e la trasmissione interumana giocano un importante ruolo nella trasmissione delle infezioni da Arcobacter. Lo scopo del nostro studio è stato quello di indagare la prevalenza della colonizzazione di Arcobacter spp. su campioni di feci di pazienti ambulatoriali, provenienti tutti dall’area dello Stretto di Messina in cui è stata dimostrata l’esistenza di un serbatoio ambientale di questi microrganismi. Sono stati reclutati 99 soggetti senza evidenza di sintomi e/o patologie gastrointestinali (38 con e 61 senza diabete di tipo 2). Di tutti i pazienti sono stati raccolti campioni di feci per la ricerca colturale e molecolare di Arcobacter spp. La ricerca colturale è stata eseguita inoculando i campioni opportunamente trattati in terreni selettivi per la crescita di Arcobacter spp. La tipizzazione fenotipica delle colonie presuntive è stata confermata dalla PCR con l’utilizzazione di primers specifici per l’identificazione di A. butzleri, A. cryaerophilus e A. skirrowii. L’indagine molecolare è stata condotta mediante PCR sul DNA estratto dai campioni di feci, con i primers specifici. Tutti i prodotti di PCR risultati positivi sono stati poi confermati mediante sequenziamento. Complessivamente è stata riscontrata nei soggetti asintomatici un’alta prevalenza di colonizzazione di Arcobacter spp. (46.5%). La specie più frequentemente riscontrata era A. buzleri. In tutti i campioni esaminati la ricerca di A. skirrowii è risultata negativa. In particolare, l’esame colturale è risultato positivo in 3 soggetti (3%). Due colture erano positive per A. butzleri e A. cryaerophilus rispettivamente e la terza era positiva per entrambe le specie. La ricerca molecolare è risultata positiva in 46 soggetti su 99 (46.5%). In particolare la positività riguardava 30 soggetti (79%) con diabete di tipo 2 e 15 soggetti (24.6%) senza diabete di tipo 2. I nostri dati indicano che l’elevato riscontro di Arcobacter spp. nelle acque dello Stretto di Messina si traduce in un’elevata prevalenza di colonizzazione in soggetti asintomatici. I soggetti con diabete di tipo 2, soprattutto quelli più anziani sono esposti ad un rischio maggiore di infezione da parte di Arcobacter spp. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 95 di 288 PRESENZA DI STAFILOCOCCHI METICILLINO-RESISTENTI IN CAMPIONI ISOLATI DAL CANE M. Ferretti, E. Colombo, B. Lucchini, P.A. Martino Dipartimento di Patologia Animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria, Sezione di Microbiologia e Immunologia Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Milano La meticillino-resistenza riveste una notevole importanza in medicina umana, mentre è un problema ancora emergente in medicina veterinaria. Lo scopo di questo lavoro è la valutazione della diffusione dei ceppi di stafilococchi meticillino-resistenti (MR) nel cane, con un confronto tra i dati ottenuti e quelli della letteratura. I campioni da noi raccolti provenivano per la maggior parte da tamponi cutanei, auricolari e campioni di urine, che rappresentano la tipologia di prelievo più sottoposta ad indagine microbiologica. Nell’ambito del presente lavoro, concordemente a quanto indicato anche dalla letteratura, il microrganismo più isolato è stato S. intermedius (84,78%) rispetto a S. aureus (15,22%) che rimane la specie tipicamente presente nell’uomo. S. intermedius è anche la specie in cui si è osservata una percentuale maggiore di ceppi MR (8/39 ceppi pari al 20,51%). Questo risultato concorda con quanto riportato in letteratura sulla comparsa di tali ceppi nel cane e questa situazione sembra essersi mantenuta pressoché invariata rispetto a quanto da noi ottenuto in passato. Inoltre, in accordo con la letteratura, tutti i ceppi di S. intermedius MR da noi isolati in questo studio hanno mostrato resistenza anche ad altri principi attivi (amoxicillina+acido clavulanico, cefalexina, enrofloxacina, sulfamidico+trimethoprim). Non ci è stato possibile verificare se i ceppi isolati dai cani fossero presenti anche sui loro proprietari; nella letteratura più recente, infatti, sono riportati studi che dimostrano la trasmissibilità tra cane e uomo degli stafilococchi MR attraverso il trasferimento orizzontale del gene mecA, responsabile della meticillino-resistenza. Si tratta di un dato di grande interesse nell’ambito delle zoonosi, in quanto sottolinea la potenziale funzione del cane di reservoir per S. aureus e S. intermedius in ambito domestico e ospedaliero (pet-therapy). D’altro canto lo staff delle cliniche veterinarie è identificabile come una prima possibile fonte di infezione da stafilococchi per il cane e altri animali domestici. E’ pertanto necessario continuare l’attività di monitoraggio sui ceppi MR, in accordo con le più recenti direttive UE sulla sorveglianza delle resistenze agli antibiotici (Direttiva 2003/99/EC e seguenti), per poter valutare un eventuale trend in ascesa, identificare le possibilità di controllo della loro diffusione e il loro reale impatto zoonosico. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 96 di 288 SEDIMENTI MARINI COME RISERVE AMBIENTALI DI VIBRIONI PATOGENI PER L’UOMO NEL MAR MEDITERRANEO E. Pezzati1, M.Stauder2, M. Moreno4, M. Fabiano4, L.Pane 3, M.M. Lleò1 ,C. Pruzzo3 , L. Vezzulli3 e “VibrioSea Consortium”. 1 Dipartimento di Patologia, Sezione di Microbiologia, Università di Verona; 2Istituto di Microbiologia e Scienze Biomediche, Università Politecnica delle Marche, Ancona; 3DIBIO e 4 DIPTERIS, Università di Genova. I vibrioni sono batteri indigeni delle acque e comprendono numerose specie patogene per l’uomo, come Vibrio cholerae, Vibrio vulnificus e Vibrio parahaemolyticus. L’esistenza di riserve ambientali nelle quali questi batteri sopravvivono e si sviluppano al di fuori dell’ospite (e.g., plancton, larve e uova di insetti) rende difficile il loro controllo e l’attuazione di misure adeguate per impedirne la trasmissione all’uomo. E’stato condotto uno studio in situ di 16 mesi per studiare la presenza di vibrioni patogeni e non in sedimenti costali del Mar Mediterraneo, e analizzare i parametri ambientali che ne regolano maggiormente la persistenza nell’ambiente bentonico. E’ stata inoltre esaminata l’associazione tra vibrioni e organismi della meiofauna che rappresentano la componente più ampia dell’ecosistema bentonico. La quantificazione dei vibrioni coltivabili e totali effettuata mediante MPN-PCR e Real Time PCR, rispettivamente, ha messo in evidenza la presenza di vibrioni in concentrazioni maggiori nel sedimento rispetto alla colonna d’acqua. Nel sedimento, sono state anche ritrovate le specie V. cholerae, V. vulnificus e V. parahaemolyticus. Utilizzando un’analisi di regressione multipla, è stato osservato che nell’ambiente pelagico, il 60% della varianza totale dei vibrioni coltivabili è spiegata dalla temperatura superficiale dell’acqua (40%), dalla salinità (13%) e dalla concentrazione della sostanza organica (7%); nell’ambiente bentonico, la temperatura dell’acqua è l’unico fattore che sembra avere un ruolo significativo. Non è stata trovata alcuna correlazione fra la concentrazione di Vibrio spp. coltivabili e copepodi arpacticoidi nel sedimento, mentre è stata evidenziata una correlazione negativa tra Vibrio spp. e nematodi, organismi che rappresentano il 90% della meiofauna totale. L’analisi tassonomica ha mostrato che quasi il 50% della comunità di nematodi è composta da individui che si nutrono selettivamente di batteri, caratteristica che potrebbe avere un ruolo nell’influenzare la presenza di vibrioni nel sedimento. In conclusione, i nostri dati indicano che il sedimento rappresenta una riserva di Vibrio spp. e di vibrioni patogeni la cui presenza in questo compartimento è influenzata da fattori differenti da quelli dell’ambiente pelagico. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 97 di 288 RUOLO DEL LABORATORIO DI MICROBIOLOGIA NELLA SORVEGLIANZA DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE ISOLAMENTO DI "BATTERI SENTINELLA" NEGLI ANNI 2006-2009 Amodeo A,Caccamo F, Fichera E, Grassi P.,Grasso E.,Guardo G. Mastrojeni S., Patamia I, Scriffignano V, Sciacca A., Nicoletti G. Laboratorio Analisi Az. Policlinico Università Catania La sorveglianza delle infezioni nosocomiali è riconosciuta, da parte di tutti gli operatori come una componente fondamentale dei programmi di controllo ospedalieri. Si discute però sulle modalità di questo controllo, gli strumenti da utilizzare e gli eventi da monitorare. Il Laboratorio è una fonte sicura ed economica per tale sorveglianza che prevede la segnalazione dei germi “sentinella” al fine di orientare la pratica clinica e assistenziale verso idonei comportamenti . Materiali e Metodi I dati che vengono riportati in questo studio si riferiscono al periodo di tempo che va dal 01/01/2006 al 01/07/2009. In tale periodo di tempo, è stata valutata la frequenza di isolamento dei microrganismi, il loro comportamento verso gli antibiotici di uso comune e l’andamento nel tempo dei valori della MIC per i microrganismi più frequentemente isolati appartenenti alla categoria dei germi “sentinella”.I batteri sentinella considerati sono: A. baumannii, P. aeruginosa multiresistente, Stafilococchi meticillino resistenti, Enterococchi vancomicino resistenti , Gram negativi con EBSL. In particolare abbiamo focalizzato la nostra attenzione sugli isolati provenienti dai reparti con pazienti a rischio maggiore di contrarre un’infezione: rianimazione, terapia intensiva neonatale, chirurgia, trapianti, ematologia. I materiali biologici indagati sono rappresentati da: urine, feci, broncoaspirati, espettorati, cateteri venosi, emocolture, materiale ferita, liquor. Risultati Sono stati segnalati P. aeruginosa quando è risultato resistente ad almeno 3 classi di antibiotici ed A. baumanni sensibile solamente a colistina e tigiciclina. Enterobatteri ESBL positivi sono stati isolati soprattutto nei pazienti trapiantati ospedalizzati e ambulatoriali. Si sono riscontrati pochi casi di Enterococchi vancomicino resistenti e nessun isolamento di S. aureus resistente alla meticillina Gli isolati ripetuti dallo stesso paziente sono stati conteggiati una sola volta al fine di non avere una stima distorta da quella vera, perché dipendenti dal numero di controlli ripetuti fatti sullo stesso paziente o dal numero di colture di sorveglianza effettuate in reparto. Conclusioni I batteri sentinella sono stati riscontrati sia nei reparti con pazienti a rischio ( terapia intensiva trapianti, ematologia, neonatologia) sia nei reparti di day hospital e ambulatoriali esterni(trapianti). Questo dato evidenzia come la farmaco resistenza non è solo un problema di pertinenza ospedaliera ma è diffuso anche nei pazienti ambulatoriali. Nei reparti ospedalieri si evidenzia solo la punta di un iceberg si ha cioè un numero di pazienti relativamente piccolo con una infezione da batteri resistenti e in concomitanza un vasto numero di pazienti asintomatici ma colonizzati da patogeni resistenti. Il supporto informatico, con la possibilità di disporre dei dati in tempo reale, viene oggi in aiuto al laboratorio di microbiologia. Si ha infatti la possibilità di avere dati aggiornati sulle resistenze batteriche, sui patogeni nosocomiali resistenti, sulla prevalenza di un patogeno opportunista in un reparto. Di conseguenza è più facile la predisposizione di piani di controllo e sorveglianza delle infezioni. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 98 di 288 SIEROLOGIA DELLA SIFILIDE: SIEROPREVALENZA IN UNA POPOLAZIONE SELEZIONATA E CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE SUL TEST EUROLINEWB Amodeo A,Caccamo F, Fichera E, Grassi P.,Grasso E.,Guardo G. Mastrojeni S., Patamia I, Scriffignano V, Sciacca A., Nicoletti G. Laboratorio Analisi Az. Policlinico Università Catania La diagnosi della sifilide primaria si basa su dati clinici, ma nelle forme secondarie tardive e ancor più nelle forme latenti l’impegno dei test sierologici è fondamentale. L’impiego di test basati sulla ricerca nel paziente di anticorpi che riconoscono sia antigeni treponemici che reaginici aumenta le possibilità diagnostiche. Materiali e metodi Presso il nostro laboratorio sono stati analizzati 224 sieri e 2 liquor (122 Fe 104 M). N°155 provenienti da soggetti a basso rischio per infezione luetica tra cui donne in gravidanza, pazienti sottoposti o candidati a trapianti d’organo, pazienti esterni o ospedalizzati sottoposti ad analisi sierologiche di routine e n°71 da pazienti con sifilide accertata tra cui 4 donne in gravidanza in trattamento antibiotico, pazienti con malattia sospetta, HIV positivi e afferenti a reparti a rischio . Tutti i sieri sono stati testati con test ELISA Anti-Treponema pallidum Screen (IgG/IgM) e in parallelo con test di agglutinazione VDRL e TPHA. Su tutti i sieri positivi è stato testato Euroline-WB EUROIMMUN e la lettura effettuata con il programma EuroLineScan. Valutazione di una strip con EuroLineScan Risultati con il test ELISA anti-Treponema pallidum Screen IgG/ IgM 142 sieri sono risultati negativi, 84 sieri positivi (37 %) così distribuiti: 34(40%) con un valore superiore a 200 RU/ml, 36(43%) con un valore > 22 RU/ml e 14(17%) con un valore borderline compreso tra >16 a <22 RU/ml Nella tab. sono confrontati i risultati riscontrati con i test VDRL, TPHA e Anti-Treponema pallidum EUROLINE-WB. ELISA VDRL TPHA EUROLINE-WB 84+ 53+ 57+ 74+ 25 cardiolipina + 312710142142142L’esecuzione del Blot IgG ha evidenziato:10 sieri negativi, 6 con un valore borderline con una sola banda degli antigeni specifici (p15, p45, p47 o p17), mentre 68, tra cui i 2 liquor (neurolue), sono risultati sicuramente positivi presentando più di una banda anticorpale agli antigeni treponemici. Non sono state riscontrate positività nette nelle bande proteiche IgM, e solamente 4 positività per Cardiolipina IgM indice che nessuno dei pazienti presentava in atto, al momento dello screening, una prima infezione. Cardiolipina IgG è stata riscontrata con una positività elevata in 25 sieri. Commenti Il test immunoenzimatico ha dato delle informazioni utili a livello epidemiologico e clinico infatti è stato in grado di identificare sia le infezioni luetiche recenti che le forme latenti e le pregresse infezioni trattate e superate. 10 sieri positivi al test di screening sono falsi positivi non presentando questi nessuna tra le bande proteiche dell’antigene treponemico. L’approfondimento con un test di conferma con antigeni proteici e cardiolipina individua le false reattività e le possibili interferenze in una popolazione ma soprattutto indica la reattività specifica a un’infezione pregressa e una migliore caratterizzazione nelle varie fasi della malattia. Nel nostro studio nelle forme latenti si hanno le maggiori discrepanze tra i vari test effettuati. La positività ai test VDRL e RPR indica una diagnosi di sifilide primaria o recente. La positività degli anticorpi anti-cardiolipina nel test di conferma da noi usato ha il vantaggio, rispetto ai metodi tradizionali, di una interpretazione non soggettiva ma elaborata con il programma Eurolinescan. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 99 di 288 VALUTAZIONE COMPARATIVA DI METODI PER LA DIAGNOSI DELLA SIFILIDE Dott.ssa Daniela Zanella, Direttore struttura complessa Ospedale di Susa - Giaveno - Avigliana Dott.ssa Laura Becchio, Dirigente biologo Michela Didero, tirocinante del corso di laurea in Tecniche di laboratorio biomedico La sifilide è una malattia a trasmissione sessuale il cui agente eziologico è un batterio appartenente all'ordine delle Spirochaetales, il Treponema Pallidum. La diagnosi di laboratorio viene effettuata attraverso test diretti, che mettono in evidenza l’agente eziologico, e test indiretti, cioè con l'utilizzo di reazioni sierologiche capaci di evidenziarne gli anticorpi. Lo scopo del nostro lavoro è stato la valutazione comparativa di due metodi sierologici utilizzati nella routine con un metodo automatico in chemiluminescenza. Sono stati valutati 130 sieri giunti in laboratorio durante lo svolgimento degli esami di routine per i quali era richiesta un'indagine per la sifilide. Su tutti i campioni sono stati effettuati il test RPR (Rapid Plasma Reagin), che è una variazione della tecnica standard VDRL al quale vengono aggiunte particelle di carbone che favoriscono la lettura dei dati e il test TPHA (Treponema Pallidum Haemoagglutination) che consiste nella agglutinazione di emazie rivestite di antigeni specifici per il Treponema pallidum. Successivamente i campioni sono stati processati con il test Liaison Treponema Screen (Diasorin) che utilizza la tecnologia della chemiluminescenza (CLIA) in un saggio immunologico per la determinazione qualitativa di anticorpi totali specifici diretti contro il Treponema pallidum. La valutazione comparativa dei campioni presi in esame è risultata concordante per 129 sieri mentre per 1 siero si è ottenuta una positività con la metodica Liaison rispetto ad una negatività con le metodiche RPR e TPHA. Si è quindi dimostrato che il test Liaison Treponema Screen, rispetto alle metodiche tradizionali (RPR e TPHA), è un metodo molto sensibile e specifico per la diagnosi di laboratorio della sifilide. Il test Liaison, rilevando gli anticorpi anti-Treponema pallidum che possono persistere per sempre, può infatti fornire risultati positivi che risultano essere negativi con test come RPR. Questa metodica, inoltre, è completamente automatizzabile e quindi può offrire dei vantaggi operativi e di sicurezza. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 100 di 288 CARATTERIZZAZIONE DI STIPITI DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS METICILLINORESISTENTI CON SCCmec DI TIPO IVa ISOLATI IN OSPEDALI PALERMITANI * Bonura C.,**Mammina C.,**Plano M.R.A.,*Calà C.,*Amato T., *Distefano S., *Virruso R., *Vella A., ***Di Carlo P.,*Giammanco A. Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute “G.D’Alessandro”, *Sezione di Microbiologia, **Sezione di Igiene, ***Sezione di Malattie Infettive, Università degli Studi di Palermo Il ruolo degli stipiti di Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA) come causa di infezioni nosocomiali di origine sia endogena che esogena è stato confermato anche da indagini condotte in diversi ospedali italiani. Nella maggioranza dei casi la resistenza alla meticillina è dovuta alla produzione di una Penicillin Binding Protein modificata, codificata da un gene cromosomale, mecA, contenuto all’interno di un elemento genetico mobile denominato SCCmec (Staphylococcal Chromosome Cassette mec). Tale tipo di resistenza si esprime sia nei ceppi di origine nosocomiale (HA-MRSA) che in quelli di origine comunitaria (CA-MRSA). I ceppi HA-MRSA, tuttavia, sono più resistenti agli antibiotici e solitamente contengono una SCCmec di tipo I, II, o III, mentre quelli CA-MRSA che sembrano presentare una SCCmec di tipo IV o V, sono caratterizzati da più bassi livelli di resistenza e sono frequenti produttori di tossina di Panton-Valentine. Proprio per la capacità di produrre tale tossina, il sempre più frequente riscontro di isolati di CA-MRSA da strutture ospedaliere desta preoccupazione per il loro grado di virulenza potenzialmente più elevato, oltre che per la possibilità che essi possano proprio in ambiente ospedaliero acquisire resistenze e, per effetto della pressione selettiva degli antibiotici, andare incontro ad ulteriore diffusione. Nel corso di un’indagine finalizzata alla valutazione della circolazione nella nostra area geografica di stipiti di MRSA, isolati da campioni clinici provenienti da pazienti ricoverati in differenti reparti dei più importanti nosocomi palermitani, abbiamo tipizzato 94 ceppi caratterizzandoli da un punto di vista sia genotipico che fenotipico, nel primo caso ricorrendo all’uso di tecniche biomolecolari (SCCmec typing, PFGE, MLVA), nell’altro mediante la valutazione dei pattern di resistenza farmacologica. Diciassette stipiti che presentavano una SCCmec di tipo IVa, e, quindi, correlabili ad una possibile origine comunitaria, sono stati ulteriormente tipizzati mediante multi locus sequence typing (MLST) allo scopo di approfondirne le relazioni genetiche ed epidemiologiche. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 101 di 288 CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI DI STREPTOCOCCUS PYOGENES ISOLATI DA PAZIENTI CON FARINGOTONSILLITE E DA PORTATORI Blandino G. 1, Musumeci R.2, Puglisi S. 1, Fazio D. 1, Speciale A. 1 1 Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche – Università di Catania. 2 Dipartimento di Medicina Clinica e Prevenzione – Università di Milano-Bicocca, Monza. S. pyogenes presenta diverse proteine di superficie in grado di legarsi alla fibronectina delle cellule ospiti, favorendo in alcuni casi l’internalizzazione e, quindi, l’instaurarsi dello stato di portatore. Scopo di questo studio è stato quello di determinare la presenza del gene sof (serum opacity factor) ed il tipo di gene emm presente in 58 ceppi di S. pyogenes isolati da portatori (29) e da pazienti con faringotonsillite (29). Questi ceppi erano stati precedentemente studiati per valutare la presenza delle proteine F1 (gene prtF1) e F2 (gene prtF2), ed il fenotipo di resistenza all’eritromicina. Il gene sof è stato evidenziato ed amplificato mediante PCR; i frammenti amplificati sono stati separati su gel d’agarosio all’1% mediante corsa elettroforetica, e visualizzati secondo tecniche standardizzate. L’“emm-typing” è stato eseguito preparando lisati dei ceppi, amplificando il gene emm mediante PCR e sequenziando i frammenti ottenuti. Il gene sof è stato individuato più frequentemente nei ceppi di S. pyogenes isolati da faringotonsillite (51,7% vs. 41,3%); inoltre, in questo gruppo i geni codificanti per le proteine F1, F2 e SOF sono stati riscontrati contemporaneamente con una frequenza più alta che non nel gruppo dei portatori (31,0% vs. 17,2%). In quest’ultimo gruppo sono stati riscontrati, invece, con maggiore frequenza ceppi contenenti i geni prtF1 e prtF2, ma non il gene sof (44,8% vs. 27,5%). Nei ceppi isolati da faringotonsillite i più frequenti tipi emm sono stati: emm1 (31%), emm89 (24,1%), emm6 (10,3%) ed emm28 (10,3%). Nei ceppi isolati da portatori i più frequenti tipi emm sono stati: emm12 (51,7%) ed emm94 (10,3%). Paragonando i due gruppi in esame, il tipo emm28 è stato trovato soltanto nei ceppi isolati da faringotonsilliti, mentre emm77 ed emm87 soltanto nei ceppi isolati da portatori. La correlazione con i fenotipi di resistenza ha evidenziato che l’88,8% dei ceppi emm89 ed il 93,7% dei ceppi emm12 era resistente all’eritromicina. I risultati di questo studio suggeriscono una maggiore virulenza dei ceppi di S. pyogenes appartenenti al tipo emm 89, isolati soprattutto da faringotonsilliti e positivi per i geni prtF1, prtF2 e SOF, ed un probabile ruolo dei ceppi di tipo emm 12 nell’instaurarsi dello stato di portatore. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 102 di 288 ALLESTIMENTO DI UN METODO DI IDENTIFICAZIONE RAPIDA E SAGGIO DI SUSCETTIBILITÀ ANTIMICROBICA DI COCCHI GRAM-POSITIVI IN EMOCOLTURE PER INOCULO DIRETTO NEL SISTEMA AUTOMATIZZATO PHOENIX Antonella Lupetti,1* Simona Barnini,1 Barbara Castagna,1 Peter H. Nibbering,2 and Mario Campa1 1 Dipartimento di Patologia Sperimentale, Biotecnologie Mediche, Infettivologia ed Epidemiologia, Università di Pisa, Pisa 2 Center of Infectious Diseases, Dept. of Infectious Diseases, Leiden University Medical Center, Leiden, Olanda. Al fine di consentire al clinico di selezionare precocemente la terapia antimicrobica più appropriata per l’agente che sostiene batteriemia/setticemia è stato condotto uno studio per allestire un metodo rapido per l’identificazione microbica e il saggio di suscettibilità antimicrobica dell’agente patogeno, utilizzando direttamente il terreno di una emocoltura positivizzata al Bactec 9240. Una aliquota del terreno di tale flacone di emocoltura che sia risultata, al microscopio ottico, monomicrobica per cocchi Gram positivi, è stata trattata con saponina. Dopo 15 minuti di incubazione, i batteri sono stati raccolti e utilizzati per l’allestimento degli appropriati pannelli di identificazione e saggio di suscettibilità antimicrobica con il sistema automatizzato Phoenix. Con questo metodo rapido, sono state concordemente o correttamente (dopo test di conferma) identificate 56 (82%) delle 68 colture monomicrobiche, usando come controllo i risultati ottenuti con il metodo correntemente utilizzato in laboratorio, 2 (3%) degli isolati non è stato identificato e 10 (15%) sono stati erroneamente identificati. Le categorie cliniche (suscettibile, intermedio, resistente) o i valori di MIC tra il saggio di suscettibilità antimicrobica eseguito con il metodo rapido e il metodo corrente sono risultati perfettamente corrispondenti per 32 (55%) dei 58 isolati. Il test di conferma, eseguito tramite E-test, ha indicato che il profilo di suscettibilità antimicrobico era corretto per 13 delle restanti 26 emocolture. Pertanto, 45 (77%) delle 58 emocolture hanno mostrato un profilo di suscettibilità antimicrobico concorde/corretto per tutti gli agenti antimicrobici saggiati. L’indice di errore complessivo è risultato essere 1.9%. Essendo i risultati ottenuti con il metodo rapido disponibili con 12-24 ore di anticipo rispetto al metodo correntemente utilizzato, questo metodo rapido può essere rilevante per il trattamento dei pazienti affetti da batteriemia/setticemia. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 103 di 288 CARATTERIZZAZIONE DI ENTEROBATTERI VIM PRODUTTORI ISOLATI IN QUATTRO OSPEDALI ITALIANI Nucleo E.1, Migliavacca R.1, Spalla M.1, Fugazza G.1, Daturi R.2, Navarra A.3, Labonia M. 4, Vismara C.5, Micheletti P.6, Pagani L.1. 1 Dip. S.M.E.C. Sez. di Microbiologia, Università di Pavia, 2Servizio Analisi Microbiologiche IRCCS S. Matteo, Pavia; 3Lab. di Microbiologia, IRCCS S. Maugeri, Pavia; 4IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo (FG); 5Lab. Microbiologia, Fondazione IRCCS Istituto Tumori; 6 Dip. Medicina Sperimentale, Università di Pavia. La resistenza ai carbapenemi negli enterobatteri può essere dovuta alla produzione di metallo-βlattamasi (MBL), che conferiscono MIC tipicamente basse o variabili. Obiettivo del lavoro è stato caratterizzare isolati clinici di enterobatteri con ridotta sensibilità ai carbapenemi. Metodi. Nel periodo 2007-2009, 32 isolati di Klebsiella pneumoniae ed 1 di Enterobacter cloacae con MIC dell’imipenem (IPM) > 1 mg/L mediante Vitek 2, sono stati raccolti da 4 ospedali italiani. La produzione di MBL e di β-lattamasi a spettro esteso (ESBL) è stata valutata mediante test di sinergia IPM-EDTA e del doppio disco. Le MIC dell’IPM sono state determinate con E-test e macrodiluizione in brodo (CLSI 2009). Le β-lattamasi, caratterizzate mediante IEF, sono state identificate mediante PCR e sequenziamento. La trasferibilità dei geni di resistenza è stata stabilita con coniugazione e gli isolati MBL positivi sono stati sottoposti a PFGE. Risultati. Il test di sinergia IPM-EDTA è risultato positivo per 16/32 isolati di K. pneumoniae e per il ceppo di E. cloacae, con MIC dell’IPM comprese fra 2-128 mg/L. PCR e sequenziamento hanno rilevato il gene blaVIM-1 nei 17 isolati IPM-EDTA positivi ed il gene blaCTX-M-1 in 8/16 K. pneumoniae VIM positive. VIM-1 produttori erano presenti in tutti gli ospedali. In K. pneumoniae il gene blaVIM-1 era presente su un plasmide coniugativo, in 8/16 casi associato al determinante blaCTX-M-1. Sono stati individuati due cloni di K. pneumoniae, entrambi responsabili di outbreak. Gli isolati di K. pneumoniae provenienti da differenti reparti dell’ospedale S. Matteo e dalla clinica S. Maugeri di Pavia, clonalmente correlati, albergavano differenti plasmidi coniugativi (80-90 Kb); un plasmide delle dimensioni di 85 Kb era caratteristico del clone presente dell’ospedale di S. Giovanni Rotondo. Conclusioni. Abbiamo rilevato l’emergere di enterobatteri produttori degli enzimi trasferibili VIM1 e CTX-M-1. Al fine di individuare tali isolati e contrastarne la diffusione in strutture per acuti e di lungodegenza, è auspicabile l’utilizzo routinario di test fenotipici specifici o metodi di screening molecolari. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 104 di 288 IDENTIFICAZIONE DI MICOBATTERI DA CAMPIONI DI LATTE Simula G*, Cubeddu M**, Ruggeri M**, Molicotti P**, Mura A***, Bua A**, Sechi LA**, Mantero G*, Zanetti S**. * Isogem S.R.L. Porto Conte Ricerche; **Dipartimento Scienze Biomediche Università di Sassari; ***Azienda Sanitaria Locale N.2 di Olbia I microrganismi patogeni che possono essere trasmessi attraverso gli alimenti costituiscono un serio problema di sanità pubblica. Tra questi agenti patogeni ci sono Mycobacterium bovis e Mycobacterium avium spp. paratuberculosis. In diversi lavori è stato dimostrato che M. bovis, l’agente eziologico della tubercolosi bovina, e M. paratuberculosis, agente eziologico della malattia di Johne’s nei ruminanti, possono essere presenti nel latte di animali infetti. Di conseguenza il latte e i prodotti che derivano da esso, potrebbero costituire una via di trasmissione di tali microrganismi dall’animale all’uomo. In questo studio abbiamo valutato la presenza di M. bovis, M. tuberculosis e M. paratuberculosis, in 37 campioni di latte prelevati da animali con sospetta infezione tubercolare, appartenenti ad allevamenti del Nord Sardegna. Da tutti i campioni è stato estratto il DNA ed eseguita la Nested PCR e la Real Time PCR utilizzando come sequenze target la 500bp per M. bovis, la IS6110 per M. tuberculosis e la IS900 per M. paratuberculosis. I risultati ottenuti con la Nested PCR hanno indicato una positività per M. bovis, una per M. paratuberculosis, tutti i campioni sono risultati negativi per M. tuberculosis. La Real Time PCR è risultata negativa per M. bovis e per M. tuberculosis mentre 10 campioni sono risultati positivi per M. paratuberculosis. I nostri dati hanno indicato una maggiore sensibilità della Real Time PCR nell’identificare M. paratuberculosis, inoltre la presenza di micobatteri nel latte sottolinea l’importanza di un controllo sanitario sugli animali sospetti e sui prodotti di loro derivazione. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 105 di 288 ANALISI DEI BATTERI PRESENTI IN SEDIMENTI MARINI RACCOLTI NEL MAR LIGURE: MESSA A PUNTO DI SAGGI MOLECOLARI BASATI SULLA REAL-TIME PCR Vezzulli L.1, Pezzati E.2, Moreno M.3, Stauder M.4, Schito G.C.5, e Pruzzo C.1 DIBIO, Università di Genova1, Dip.Patologia, Università di Verona2, DIPTERIS Università di Genova3, Ist. Microbiologia e Scienze Biomediche, Università Politecnica delle Marche, Ancona4, e DISCMIT Sezione di Microbiologia, Università di Genova5 Il sedimento marino rappresenta un sito preferenziale di concentrazione e sopravvivenza di molti batteri acquatici anche in forma latente non coltivabile. Allo scopo di valutarne correttamente la presenza, è necessario utilizzare saggi molecolari (PCR e real time PCR) alternativi a quelli colturali che potrebbero sottostimare la reale concentrazione batterica. Prima dell’applicazione di tali saggi è però opportuno valutarne l’efficienza e il limite di rilevamento. Sono stati utilizzati sedimenti marini raccolti nel Mar Ligure a circa 10 m di profondità, nel corso di diversi campionamenti. Le reazioni di PCR sono state eseguite utilizzando due coppie di primer delle quali una, universale, era diretta verso l’rRNA 16S batterico, l’altra, specie-specifica, verso il gene toxR di Vibrio parahaemolyticus. Aliquote di sospensioni di cellule batteriche bersaglio, a concentrazione nota, sono state inoculate nei vari campioni di sedimento. Come standard sono state utilizzate colture batteriche diluite in acqua di mare o aggiunte a sedimenti calcinati (trattati a 450°C per 2h). L’estrazione del DNA è stata eseguita secondo tecniche standardizzate nel nostro laboratorio. In generale, l’efficienza della “real-time” PCR ottenuta con i sedimenti marini si è mostrata inferiore a quella ottenuta con le sospensioni batteriche in acqua di mare, ma superiore a quella ottenuta con il sedimento calcinato; in entrambi i casi, le differenze erano attribuibili a inibitori della reazione di amplificazione. I valori di efficienza più elevati sono stati ottenuti con i primer specie-specifici. Come atteso, la sensibilità della “real- time” PCR è risultata fino a 10 volte superiore a quella della reazione di PCR tradizionale. Questi risultati suggeriscono che per quantificare le cellule microbiche in campioni di sedimento marino mediante “real-time” PCR, è necessario misurare l'efficienza della reazione sia negli standard che nei campioni in esame ed, eventualmente, applicare opportuni fattori di correzione ai risultati ottenuti nella quantificazione. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 106 di 288 SIERODIAGNOSI DI INFEZIONI A TRASMISSIONE VERTICALE MEDIANTE MICROARRAY PROTEICO Ardizzoni A., Baschieri M.C., Manca L., Cuoghi A., Cermelli C., Peppoloni S., Blasi E. Dip. Scienze di Sanità Pubblica, Università di Modena e Reggio Emilia. La diagnosi precoce e precisa, nella madre, delle infezioni a trasmissione verticale è di primaria importanza, poiché i patogeni che ne sono responsabili possono provocare nel nascituro sindromi congenite severe. Per questo motivo, recentemente nel nostro laboratorio è stato messo a punto un test sierologico basato sui microarray proteici (Ardizzoni et al., Eur J Clin Microbiol Infect Dis, 2009) per la determinazione simultanea e quantitativa degli anticorpi sierici specifici (IgM e IgG) contro patogeni (microbici e virali) responsabili di malattie a trasmissione verticale. Il microarray consiste di 7 estratti antigenici (T. gondii, Rosolia, CMV, HSV1, HSV2, VZV, C. trachomatis), curve di diluizione IgG e IgM umane, controlli positivi e negativi. Una volta allestito, all’array si aggiunge il siero e successivamente un anticorpo secondario (anti-IgG o anti-IgM umane), marcato in fluorescenza, per la determinazione quali-quantitativa degli immunocomplessi formatisi. Il nostro studio ha comportato l’ottimizzazione delle condizioni di deposizione e del protocollo di processazione e successivamente la validazione del test sul siero. I parametri analitici hanno fornito i seguenti risultati: sensibilità analitica 400 fg (test IgG) e 40 fg (test IgM); specificità analitica >98%; riproducibilità media dal 4,4% al 10%; ripetibilità media dal 7,9% al 18%; precisione media tra differenti batches di vetrini dall’8% al 20,2%. I parametri clinici hanno fornito i seguenti valori medi: sensibilità 78%; specificità >96%; valori predittivi >73%; efficienza >88%. Al momento stiamo valutando l’applicabilità di questo sistema ad altre matrici biologiche; in particolare, stiamo analizzando fluidi follicolari di pazienti sottoposte a fertilizzazione in vitro, il cui esito è correlato negativamente con infezioni da patogeni a trasmissione verticale. In conclusione, consentendo analisi multiparametriche nei confronti di tutti i patogeni inclusi nell’array con un solo prelievo, riducendo tempi e costi, il microarray ha tutte le potenzialità per l’impiego nella diagnostica clinica di routine in parallelo (e in futuro come possibile alternativa) agli ELISA, anche e particolarmente nello screening di massa. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 107 di 288 STUDIO DELL’ESPRESSIONE DI GENI DI VIRULENZA IN CEPPI DI LISTERIA MONOCYTOGENES DI DIVERSA ORIGINE Valentina Alessandria, Kalliopi Rantsiou, Luca Cocolin Di.Va.P.R.A - Settore di Microbiologia Agraria e Tecnologie Alimentari, Facoltà di Agraria, Università di Torino Listeria monocytogenes è un batterio ben conosciuto per la sua patogenicità verso l’uomo. Microrganismo ubiquitario, isolato più comunemente in alimenti di origine animale, data la sua capacità di sviluppo a temperature di refrigerazione, rappresenta un potenziale pericolo in seguito a consumo di alimenti “ready to eat”. L’incidenza della malattia dipende da numerosi fattori compresi la dose infettante e lo stato immunitario dell’ospite. E’ stata ampiamente dimostrata la variabilità della virulenza a seconda dei ceppi in causa. Il presente lavoro è incentrato sull’analisi di espressione di 4 geni codificanti fattori di virulenza e di risposta agli stress (hly, sigB, plcA e iap) in 11 differenti ceppi di L. monocytogenes, tra cui 3 ceppi di collezione (EGDe, NCTC, SCOTT A), 7 isolati da matrici alimentari (di cui 4 isolati da prodotti a base di carne e 3 da prodotti lattiero caseari) e un ceppo isolato da umani (V7). In particolare si è valutata l’espressione in vitro, coltivandoli in brodo di coltura BHI (Brain Heart Infusion) al fine di individuare possibili differenze di espressione dei geni considerati. Per questo scopo è stata utilizzata la tecnica della trascrittasi inversa e PCR quantitativa (qRT-PCR) con l’uso di primers specifici per ciascun gene in analisi. Differenze di espressione significative sono emerse per i geni sigB e plcA, dove il primo è risultato espresso maggiormente nei ceppi 3 e 36 isolati da prodotti carnei mentre il secondo nel 5 e nel 70 isolati rispettivamente da prodotti carnei e da prodotti lattiero caseari. Il gene plcA é risultato inoltre sotto-espresso nel ceppo V7 isolato da umani. Nel caso dei geni iap e hly non sono risultate differenze significative di espressione. Dai risultati ottenuti non è emersa alcuna associazione significativa tra i profili di espressione dei geni studiati e l’origine di provenienza dei vari ceppi, tuttavia si è osservato un certo livello di eterogeneità nella loro espressione genica. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 108 di 288 PORINA P2 DI HAEMOPHILUS INFLUENZAE REGOLA L’ESPRESSIONE DI MOLECOLE DI ADESIONE E DI CITOCHINE PROINFIAMMATORIE IN ASTROCITI UMANI DI LINEA Emiliana Finamore, Maria Rao, Aikaterini Kampanaraki, Paolo Bevilacqua, Eleonora Mignogna, Novella Incoronato, Marilena Galdiero Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sez. di Microbiologia e Microbiologia Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Seconda Università degli Studi di Napoli I batteri gram-negativi rappresentano una causa importante di infezioni del sistema nervoso centrale (SNC) sia con manifestazioni patologiche acute che probabilmente croniche. In seguito a batteriemie, i batteri possono aderire e successivamente attraversare la barriera ematoencefalica penetrando nello spazio subaracnoideo, determinando processi infiammatori acuti. La reazione infiammatoria risulta definita dall’interazione di numerosi fattori tra cui citochine, monochine, molecole di adesione espresse da differenti cellule del SNC. Haemophilus influenzae è un coccobacillo gram negativo; nella maggior parte dei casi si limita alla colonizzazione asintomatica delle alte vie respiratorie, a volte, però, le forme capsulari possono rendersi responsabili di infezioni invasive quasi sempre sostenute da Haemophilus influenzae di tipo b (Hib). In più della metà dei casi la malattia invasiva si manifesta con un quadro di meningite con caratteristiche cliniche e prognostiche gravi ma gli eventi patofisiologici che generano tale malattia non sono stati ancora del tutto chiariti. Gli astrociti rivestono un ruolo centrale nella risposta immunitaria del SNC agli stimoli batterici poiché in grado di sintetizzare e secernere diverse molecole proinfiammatorie ed immunoregolatrici. Abbiamo precedentemente dimostrato che in cellule di linea astrocitaria umana, U-87 MG, il loop 7 della porina P2 di Haemophylus influenzae induce l’attivazione delle chinasi ERK1/2 e p38. Pertanto, in questo lavoro, abbiamo ritenuto opportuno approfondire lo studio riguardante i meccanismi coinvolti nella meningite e nelle complicanze da sepsi valutando la produzione di citochine proinfiammatorie e l’espressione di molecole di adesione quali ICAM-1, VCAM-1 ed E-selettina. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 109 di 288 MAPPA PROTEICA INDOTTA DALL’ATTIVAZIONE DA LOOP 7 DELLA PORINA P2 DI HAEMOPHILUS INFLUENZAE IN MONOCITI UMANI DI LINEA Mariateresa Vitiello1, Angela Chambery2, Valeria Severino2, Stefania Galdiero3, Marco Cantisani3, Augusto Parente2, Massimiliano Galdiero1 1 Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica, Seconda Università di Napoli 2 Dipartimento di Scienze della Vita, Seconda Università di Napoli 3 Dipartimento di Scienze Biologiche & CIRPEB, “Università di Napoli Federico II” Sebbene sia ampiamente documentato che il lipopolisaccaride (LPS) rivesta un ruolo fondamentale nella patologia associata alle infezioni mediate dai batteri Gram-negativi, numerosi lavori dimostrano che anche altri componenti di superficie, tra cui le proteine della membrana esterna, sono direttamente coinvolte nell’interazione con l’ospite. Negli ultimi anni abbiamo dimostrato che una delle componenti più abbondanti della membrana esterna dell’Haemophilus influenzae di tipo b (Hib), la porina P2, ed in particolare uno tra i suoi loop superficiali, il loop 7 attivano il pathway delle Mitogen-Activated Protein Kinase ed inducono il rilascio di citochine coinvolte nel processo infiammatorio. Per poter meglio delineare le basi molecolari di questi fenomeni, il presente lavoro di ricerca è stato finalizzato alla comparazione, mediante tecniche di proteomica e spettrometria di massa, dei profili di espressione proteica di monociti umani di linea, cellule U937, stimolati con la porina P2, con il loop 7 o con l’LPS di Hib. Dopo aver messo a punto i parametri operativi per la separazione, mediante 2D-PAGE, degli estratti proteici dei campioni in esame, è stata effettuata un’analisi comparativa dei pattern bidimensionali ottenuti evidenziando la presenza di proteine differenzialmente espresse sia a livello qualitativo che quantitativo. Queste proteine sono state successivamente identificate tramite la spettrometria di massa MALDI-TOF mediante l’approccio del “peptide mass fingerprint”. L’analisi comparativa del proteoma delle cellule U937, trattate con i diversi stimoli, ha evidenziato che la maggior parte delle proteine differentemente espresse sono direttamente o indirettamente implicate nelle risposte infiammatorie ed immunologiche permettendo l’identificazione delle molecole coinvolte negli eventi fisiopatologici che caratterizzano la meningite o le complicanze da sepsi. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 110 di 288 ANALISI DELLA RISPOSTA CELLULARE INDOTTA DA PORINE ED LPS DI SHIGELLA FLEXNERI IN CELLULE CACO-2 Grimaldi E., Perfetto B., Melito A., Donnarumma G. Dipartimento Di Medicina Sperimentale Sez. Microbiologia e Microbiologia Clinica – Seconda Università degli Studi di Napoli. Nella membrana esterna dei batteri Gram negativi sono presenti LPS e proteine idrofobiche, le porine, che, rilasciate durante la replicazione e la lisi batterica interagiscono con la membrana plasmatica delle cellule dell’ospite. Porine purificate posseggono attività immunomodulatorie e procoagulanti dose-dipendente e sono considerate determinanti di patogenicità. In cellule epiteliali intestinali, l’attivazione del fattore trascrizionale NF-kB è mediata dal riconoscimento tra componenti batterici (PAMPs) e alcuni recettori di membrana appartenenti alla famiglia dei Tolllike receptors (TLRs). Scopo del nostro lavoro è stata l’ analisi della risposta cellulare indotta da porine ed LPS di Shigella flexneri. A questo fine abbiamo analizzato il pathway di traduzione del segnale proinfiammatorio in cellule di adenocarcinoma di colon (Caco2) dopo stimolazione con porine ed LPS di Shigella flexneri, l’espressione di alcune citochine (IL-8, TNF-alfa e IL-1beta), di molecole di adesione (ICAM-1), di peptidi antimicrobici (HBD-2) e della forma inducibile dell’ossido nitrico sintetasi (iNOS). I risultati ottenuti indicano che, nel nostro modello sperimentale, l’attivazione di NFkB si verifica mediante due differenti pathways: attraverso l’incremento di espressione del recettore TLR2 e MyD88 in seguito a stimolazione con porine, e attraverso la formazione del complesso TLR4/MD2 e l’attivazione di MyD88 in seguito a stimolazione con LPS. Abbiamo inoltre evidenziato una differente espressione del pattern citochinico, di ICAM1 , di iNOS e delle HBD in risposta alla stimolazione con le porine rispetto a quella indotta dal trattamento con LPS. Questi risultati suggeriscono che TLR2 e non TLR4 svolge un ruolo centrale nella risposta immune indotta dalle porine e che TLR4, invece, in stretta associazione con la molecola di secrezione MD2, abbia un chiaro coinvolgimento nella risposta indotta da LPS. Sebbene i pathways di trasduzione a monte siano in parte differenti, porine ed LPS sono entrambi necessari per la produzione ed il rilascio di mediatori infiammatori del colon durante l’invasione di Shigella flexneri in cellule epiteliali intestinali. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 111 di 288 ESPRESSIONE DELLE ACQUAPORINE IN RELAZIONE ALLA PATOGENICITÀ BATTERICA Melito A.°, Perfetto B.°, Fusco A.°, Albano E.°, Braca A.*, Cartenì M.*, Tufano M.A°. °Dipartimento Di Medicina Sperimentale Sez. Microbiologia e Microbiologia Clinica *Dipartimento Di Medicina Sperimentale Sez. Biotecnologie Seconda Università degli Studi di Napoli Patogeni enterici come Shigella flexneri ed i ceppi enteropatogeni ed enteroemorragici di E.coli (EPEC, EHEC) colonizzano le cellule gastrointestinali causando fenomeni diarroici talvolta gravi. Le acquaporine sono glicoproteine transmembrana con un peso molecolare di 36 – 78 KDalton, il cui nome riflette il ruolo di canali molecolari dell’acqua, presenti in ogni forma di vita, dai batteri alle alghe, dalle piante all’uomo. Alcuni autori hanno studiato il loro nella disidratazione delle feci durante l’ infezione da batteri enteroinvasivi in un modello murino. Ammontano a 12 le acquaporine conosciute nei mammiferi (AQP 0-11), espresse in differenti linee cellulari mentre l’acquaporina Z (AQPZ) e l’acquagliceroporina (GLPF) sono quelle note nei batteri. Le informazioni sulle acquaporine batteriche derivano da studi condotti sul batterio E.coli, in cui è stata individuata la prima acquaporina (AqpZ) Nei batteri espletano un ruolo nella risposta osmoregolatrice sia a breve che a lungo termine in seguito a cambiamenti ambientali come uno stress ipoosmotico e durante le varie fasi di crescita cellulare. Il nostro lavoro si prefigge un duplice scopo: 1) valutare l’espressione delle acquaporine in ceppi batterici enteroinvasivi (Shigella flexneri e E. coli enteroinvasivo) e non (E.coli spp) correlandola alle diverse fasi di crescita. 2) valutare la modulazione dell’espressione delle acquaporine in cellule intestinali infettate e non con i differenti ceppi batterici e/o con i surnatanti delle brodocolture. IL modello sperimentale prevede l’ utilizzo di un ceppo di Shigella flexneri, un ceppo di E. coli enteroinvasivo, transfettato con il plasmide di Shigella ed un ceppo di Escherichia coli spp. coltivati in terreno liquido Lattosate Broth (LB), e cellule di carcinoma del colon Caco 2. I risultati ottenuti mostrano un differente andamento dell’ espressione di AQPZ e GLPF in relazione alle diverse fasi di crescita (latenza, logaritmica e stazionaria) nei differenti ceppi batterici. Inoltre nelle cellule intestinali, delle acquaporine testate 2,3,4,5 e 8, risultano espresse e modulate in risposta all’invasione dei monostrati con germi enteroinvasivi e/o non invasivi solo la AQP3 e AQP8. Ulteriori esperimenti saranno necessari per aumentare i dati in nostro possesso che correlino l’espressione delle acquaporine con la patogenicità di alcuni microrganismi enteroinvasivi. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 112 di 288 DISTRIBUTION AND RELEVANCE OF SECRETION SYSTEMS IN Pseudomonas aeruginosa ISOLATED FROM ACUTE INFECTIONS Giovanna Scalet$*, Dinesh D. Sriramulu* and Olivier Jousson* *CIBIO, University of Trento, Via delle Regole 101, Mattarello (TN) 38060, Italy $ Pathology Department-Microbiology section, University of Verona, Strada Le Grazie 8 37134 Verona-Italy P. aeruginosa possesses an arsenal of virulence factors and displays a remarkable range of virulence, from non-virulent to highly virulent broad spectrum strains. Protein secretion systems are among virulence determinants that mediate interactions between bacteria and eukaryotic host cells, and contribute to the severity of infections. There are 6 secretion systems known in gram negative bacteria. Type I, II, III, IV, V and VI have been detected in P. aeruginosa. Whereas some secretion systems of P. aeruginosa have been intensively studied in a small number of reference strains, there is, with the exception of type III secretion system, a lack of data regarding their distribution and relevance in clinical strains. This study focused on the analysis of the protein secretion systems in clinical isolates of P. aeruginosa involved in acute infections. Our collection consists of 113 P. aeruginosa strains isolated from 69 patients: 65% from intensive care unit, 29% from hematology and 6% from other clinical departments. 55% of strains were isolated from severe infections (e.g septicemia) while the remaining isolates originated from cases of suspected respiratory tract colonization. Genotyping using rep-PCR allowed to identify 13 clusters in our collection, but 37 strains showed an unrelated unique rep-PCR profile. Strains that were not unambiguously identified by rep-PCR, that showed an unrelated unique rep-PCR profile, as well as one strain of each repPCR type (from A to O) were subsequently characterized by PFGE. Rep-PCR results were confirmed by PFGE, supporting the reliability of the method. Genotyping revealed the presence of a clone (rep-PCR clone A) isolated both from Haematology and Intensive Care Unit demonstrating that it has been cross-transmitted in the nosocomial environment. 70% of the clinical strains were resistant to carbapenems, 60% to cephalosporins, 57% to aminoglycosides and 53% were multiresistant strains. Though the bacterial isolates showed variable distribution of effector proteins belonging to the type I-IV secretion systems, all isolates carried the genes that encode effector proteins associated with the type V and VI secretion system. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 113 di 288 CARATTERIZZAZIONE E ANALISI DELL’ESPRESSIONE DELL’OPERONE GROESL DI STENOTROPHOMONAS MALTOPHILIA De Carolis E.1, Prosseda G.2, Florio A. R..1, Renzetti Lorenzetti S.1, Posteraro B.1, Fadda G.1, Colonna B.2, Sanguinetti M.1 1 Istituto di Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma e 2Dipartimento di Biologia Cellulare e dello Sviluppo, Università La Sapienza, Roma. Per caratterizzare l’interazione ospite-patogeno e la virulenza di Stenotrophomonas maltophilia, agente microbico emergente in particolare nei pazienti affetti da fibrosi cistica, sono stati comparati i proteomi del ceppo di riferimento K279a coltivato a temperatura ambiente (26°C) e a quella dell’ospite (37°C). Sebbene l’espressione di diverse proteine sia risultata aumentata in risposta alla variazione di temperatura, ne sono state identificate tre aventi elevata omologia con le quelle coinvolte nella risposta allo stress in E. coli, denominate GroEL, DegP e GrpE. Una regione del cromosoma di S. maltophilia contenente l’operone groESL è stata clonata ed utilizzata per trasformare due ceppi di E. coli con mutazioni nei geni groES e groEL che non permettono la crescita del fago λ e la formazione di colonie normali alla temperatura di 42°C. Il test di complementazione effettuato alle temperature di 26°C, 37°C e 42°C ha mostrato come i geni groES/groEL di S. maltophilia siano in grado di complementare i mutanti groES e groEL di E. coli consentendo la formazione di colonie normali a 42°C e la crescita del fago λ. L’analisi Northern blot ha poi consentito di determinare che groES e groEL risultano co-trascritti in un singolo mRNA. Mediante esperimenti di ‘primer extension’ effettuati in E. coli trasformato con l’operone groESL di S. maltophilia e la sua regione promotrice, sono state individuate due sequenze omologhe alle sequenze ‘consensus’ di E. coli riconosciute dai fattori σ32 e σ70. Si è osservata una più elevata induzione del promotore σ32 alla temperatura di 42°C rispetto a quella di 30°C, è stato inoltre valutato il livello dell’espressione dell’mRNA di groESL in cellule di S. maltophilia cresciute per una notte a 26°C e poi sottoposte a shock termico a 37°C, 42°C e 50°C a diversi intervalli di tempo (10, 30, 60 e 180 minuti). Il livello più alto di espressione di groESL veniva raggiunto entro 10 minuti dallo shock termico a 42°C. Alla luce dei dati ottenuti e dell’importante ruolo svolto dalle proteine ‘heat-shock’nella patogenicità microbica, sarà in futuro valutata l’immunogenicità della proteina GroESL di S. maltophilia al fine di sviluppare un vaccino per prevenire le infezioni causate da tale patogeno. Questo studio è stato finanziato in parte dalla Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica (grant FFC#7/2007) CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 114 di 288 ANALISI DI ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA PAZIENTI AFFETTI DA MORBO DI CROHN. T. Raso, S. Crivellaro, M.G. Chirillo*, P. Pais,** E. Gaia,** D. Savoia Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Facoltà di Medicina e Chirurgia S. Luigi Gonzaga, Università di Torino * Laboratorio, Ospedale S. Luigi Gonzaga, Orbassano (TO) ** Divisione di Gastroenterologia, Ospedale S. Luigi Gonzaga, Orbassano (TO) Il morbo di Crohn (MC) è un’infiammazione cronica granulomatosa ad eziologia ignota che si manifesta con ulcere, fistole e stenosi del tratto gastrointestinale. Molti studi indicano alcuni microorganismi quali agenti eziologici e ipotizzano che una infezione lenta possa determinare una risposta immunitaria tissutale autolesiva. I due organismi prevalentemente investigati sono Mycobacterium paratuberculosis e Escherichia coli aderenti/invasivi (AIEC). Gli AIEC sono stati trovati frequentemente associati con la mucosa dell’ileo nei pazienti affetti da MC. Al fine di meglio definire il ruolo patogenetico, ancora controverso, di tali batteri, frammenti bioptici, ottenuti per endoscopia da bordi di ulcere ileali e coliche di pazienti con MC, sono stati trattati con gentamicina per eliminare i batteri di superficie e quindi lisati con Triton X-100; da alcuni campioni sono stati isolati ceppi di E.coli rappresentativi di cloni intracellulari. Tali organismi sono stati confrontati con ceppi di E.coli provenienti da isolamenti clinici diversi al fine di valutare la presenza di particolari caratteri di virulenza. I ceppi sono stati sottoposti ad analisi genetica mediante PFGE. Sul DNA estratto è stata inoltre effettuata mediante PCR la ricerca dei geni chuA e yjaA al fine di definire il gruppo filogenetico dei batteri e dei geni escV e bfpB, correlati rispettivamente al sistema di secrezione di tipo III e al plasmide che codifica per il pilo di tipo IV. La capacità di aderenza e invasività degli E.coli alle cellule epiteliali è stata saggiata mediante infezione di cellule Caco-2. I risultati ottenuti hanno evidenziato che alcuni ceppi di E.coli provenienti dagli isolamenti bioptici appartengono al gruppo filogenetico B2 e una relazione è stata riscontrata con l’invasività cellulare. I nostri dati confermano l’esistenza di AIEC all’interno dei tessuti di pazienti affetti da MC. Le caratteristiche di aderenza e la capacità di invasione delle cellule da parte dei microorganismi suggeriscono un coinvolgimento causale nel MC legato all’espressione di un fattore di virulenza. Gli AIEC potrebbero quindi svolgere un ruolo nell’inizio del processo infiammatorio e non solo come invasori secondari; potrebbero essere quindi importanti organismi target e gli antibiotici potrebbero rappresentare un logico approccio e supporto alla terapia del MC. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 115 di 288 EPIDEMIOLOGIA MOLECOLARE DEI CEPPI DI ESCHERICHIA COLI PRODUTTORI DI B-LATTAMASI A SPETTRO ESTESO ISOLATI DA PAZIENTI CON BATTERIEMIA Rosaria Porta, Paola Cerini, Barbara Fiori, Rosa Martucci, Tiziana D’Inzeo, Maurizio Sanguinetti, Teresa Spanu, Giovanni Fadda Istituto Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Escherichia coli è un commensale intestinale che è causa di severe infezioni nell’uomo. I ceppi virulenti extraintestinali appartengono principalmente al gruppo filogenetico B2 e meno frequentemente al gruppo D, mentre la maggior parte dei ceppi commensali appartengono ai gruppi filogenetici A e B1. Negli ultimi anni si è osservato un incremento delle batteriemie nosocomiali e comunitarie causate da ceppi di E. coli produttori di β-lattamasi a spettro esteso (ESBL) tipo CTXM. In questo studio è stata analizzata la correlazione tra gruppo filogenetico, presenza di determinanti di patogenicità e presenza di ESBL in ceppi di E. coli isolati dalle emocolture di pazienti ricoverati presso il Policlinico Universitario “A. Gemelli” negli anni 2006- 2008. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 116 di 288 INCIDENZA ED ECOLOGIA DI ESCHERICHIA COLI STEC (SHIGA LIKE TOXIN PRODUCING E. COLI) IN PRODOTTI ALIMENTARI TRADIZIONALI Kalliopi Rantsiou e Luca Cocolin DI.VA.P.R.A., Sezione di Microbiologia Agraria e Tecnologie Alimentari, Facoltá di Agraria, Universitá di Torino, tel. 011/6708553, fax 011/6708549, email: [email protected] Anche se Escherichia coli é un componente dell’ecosistema dell’intestino umano, esistono ceppi che sono patogeni per l’uomo. La specie é eterogenea ed una seria di ceppi, con diverse carateristiche di virulenza, possono causare malattie, anche gravi, in seguito all’ingestione di alimenti contaminati. Per questo motivo, lo sviluppo di metodi che possano rilevare la presenza di popolazioni di E. coli patogeni e la loro quantificazione in maniera rapida e sicura, é di primaria importanza per il controllo di questo microrganismo nella filiera alimentare. In questo studio, si é ottimizzato un metodo, basato sulla PCR quantitativa (qPCR), per la rilevazione e quantificazione di popolazioni di E. coli e di E. coli STEC (ceppi che producono le tossine ‘Shiga’, responsabili per patologie gastrointestinali) in alimenti. Il metodo amplifica i geni rpoB (presente in tutti i ceppi di E. coli), stx1, stx2 ed eae (determinanti di virulenza, specifici per STEC). Per studiare l’incidenza di E. coli STEC in prodotti alimentari tradizionali della regione Piemonte, i protocolli di qPCR sono stati applicati, assieme al metodo tradizionale, basato sulla la conta in piastra e seguita da identificazione e caratterizzazione di ceppi con metodi molecolari. Dopo analisi di 102 campioni di prodotti di origine animale (formaggi e salumi), la presenza di E. coli STEC é risultata elevata. Il 52% dei campioni era positivo con la qPCR applicata direttamente sui campioni (senza coltivazione), mentre con il metodo tradizionale la percentuale era del 42%. I salumi hanno presentato una contaminazione piú alta rispeto ai formaggi. Dall’identificazione molecolare dei ceppi isolati dal terreno selettivo per E. coli, é emersa una distribuzione di geni stx diversa tra formaggi e salumi. In particolare, i ceppi isolati da formaggi presentavano principalmente il gene stx2, mentre per i ceppi isolati da salumi si é vista una distribuzione piú omogenea dei tre geni. In base alla caratterizzazione molecolare dei ceppi é possibile asserire che le popolazioni di E. coli STEC erano eterogenee. Inoltre, é di relevante importanza, l’isolamento ed identificazione, dai prodotti tradizionali studiati, di ceppi appartenenti al sierotipo O157:H7. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 117 di 288 EXTRACELLULAR PROTEOMIC ANALYSES ON TWO ENTEROCOCCUS FAECALIS STRAINS ISOLATED FROM A CHEESE AND FROM AN HOSPITAL PATIENT HIGHLIGHT DIFFERENT PATHOGENICITY GRADE Pessione A1, Barbiero I1, Lamberti C1, Riedel K2, Eberl L2, Bonetta S3, Andrini L4, Ferlini M4, Giunta C1, Pessione E1 1 Human and Animal Biology Department, University of Torino, Torino, Italy 2 Department of Microbiology, University of Zurich, Zurich, Switzerland 3 Life and Science Department, University of Piemonte Orientale, Alessandria, Italy 4 Microbiology Laboratory, Hospital Mauriziano, Torino, Italy The interest towards Enterococcus faecalis species is increasing because of both its employment in food industries and its impact on human health. The importance of E. faecalis in fermented food industry is mainly due to its lypolitic and proteolytic activities useful in cheese industry. Furthermore some strains may be interesting being able to produce bacteriocins active towards bacterial food contaminants. On the contrary other strains of this same species are potentially pathogens being often involved in nosocomial infections; furthermore they may be particularly dangerous because of their natural resistance towards antibiotics. Bacterial pathogenicity mainly depends by the secreted molecules that directly interact with the host. For this reason we compare the extracellular proteomes of E. faecalis DISAV 1022 and E. faecalis H1 isolated from a Piedmont cheese and from an open surgical wound exudate, respectively. Both the strains were grown in M17 medium at 37°C without shaking. Supernatants were recovered in the exponential phase and proteins were precipitated with TCA. Proteomic analyses were performed by two-dimensional electrophoresis coupled with MALDI TOF/TOF mass spectrometry. The results highlighted the presence of proteins linked to pathogenicity only in E. faecalis H1: in particular an extracellular serine protease and the coccolysin, a gelatinase, which are among the main virulence factors of this species, were produced. Furthermore it expresses also a superoxide dismutase and some glycolytic enzymes probably present in extracellular broth as moonlighting proteins which are known to be virulence factors. On the contrary the food strain didn’t produce potentially dangerous extracellular proteins but rather pheromones and other cross-comunication molecules. The expression of serine protease and coccolysin (in E. faecalis H1) were confirmed also by phenotypical assays. This preliminary study highlights as two strains belonging to the same species may be very different: if this difference is linked to differential expression of virulence characters or rather to genetical acquisition of pathogenicity island is under investigation. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 118 di 288 VALUTAZIONE DEL SISTEMA MALDI-TOF-MS PER LA IDENTIFICAZIONE DI CEPPI DI STAPHYLOCOCCUS SPP. RESPONSABILI DI BATTERIEMIA B. Fiori, E. De Carolis, T. Spanu, B. Posteraro, T. D’Inzeo, R. Porta, M. Sanguinetti, G. Fadda Istituto di Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Le infezioni causate da Staphylococcus aureus e dagli stafilococchi coagulasi-negativi (CoNS) sono un problema crescente in ambito nosocomiali e comunitario. Una rapida e affidabile identificazione di specie è essenziale per la diagnosi, il trattamento e la sorveglianza epidemiologica delle infezioni da essi causate. Il metodo di riferimento di Kloos e Schleifer è indaginoso, e grava sulla diagnostica routinaria microbiologica, e sul tempo dei risultati. Il potere discriminatorio dei metodi fenotipici automatici, comunemente utilizzati nei laboratori, è insufficiente per l’accurata identificazione di tutte le specie e sottospecie. Al fine di superare i limiti dell’approccio fenotipico, negli ultimi anni sono stati sviluppati numerosi metodi molecolari che hanno differenti target quali l’ rRNA 16S, il gene sodA, il gene gap, il gene rpoB, ed il gene tuf. Recentemente è emersa una nuova tecnologia, MALDI-TOF-MS, che attraverso l’analisi delle componenti proteiche delle cellule batteriche, consente l’identificazione rapida, accurata e riproducibile dei principali patogeni umani. Obiettivo di questo studio è stato la valutazione del sistema MALDITOF (Brkler Daltonik GmbH, Bremen). Sono stati saggiati 270 ceppi di Staphylococcus spp. (102 S. aureus , 168 CoNS), isolati negli anni 2008-2009 nel Laboratorio di Microbiologia del Policlinico Universitario “A. Gemelli” dalle emocolture di pazienti con batteriemia. I risultati ottenuti con il sistema MALDITOF-MS sono stati confrontati con i risultati dei metodi molecolari. Il sistema ha correttamente identificato il 99,2% (268/270) dei ceppi analizzati. Il tempo medio di identificazione per ceppo è stato di 6 minuti. I risultati di questo studio suggeriscono che il sistema MALDI-TOF-MS identifica accuratamente e rapidamente le principali specie di stafilococchi isolati dalle emocolture. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 119 di 288 ASPETTI MOLECOLARI DELLA FORMA PERSISTENTE DI CHLAMYDIA PNEUMONIAE De Santis F., Schiavoni G., Di Pietro M., De Biase D.1, Tramonti A.2 , Zagaglia C., del Piano M., Sessa R. Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica e 1Dipartimento di Scienze Biochimiche, Sapienza Università di Roma ; 2Istituto di Biologia e Patologia Molecolare CNR, Roma Negli ultimi anni Chlamydia pneumoniae è stata implicata nella patogenesi dell'aterosclerosi ed il suo coinvolgimento sembra essere correlato alla capacità del microrganismo di dar luogo a forme persistenti, quindi, ad infezioni croniche. C. pneumoniae, patogeno intracellulare obbligato, presenta un ciclo di sviluppo peculiare caratterizzato dall'alternarsi di due forme funzionalmente e morfologicamente distinte: il corpo elementare ed il corpo reticolato. Recentemente, oltre al corpo elementare e al corpo reticolato, è stata evidenziata mediante studi in vitro, una forma persistente in grado di permanere nella cellula ospite per lungo tempo, di eludere la risposta immunitaria e al tempo stesso di resistere all'azione degli antibiotici. Lo scopo della nostra ricerca è stato quello di studiare i meccanismi molecolari coinvolti nello sviluppo della forma persistente di C. pneumoniae, mediante l’immunofluorescenza diretta, per la valutazione delle progenie infettanti e la real-time PCR per la determinazione della quantità di DNA di Clamidia. E’ stato, quindi, analizzato il profilo di espressione di differenti geni implicati nella differenzazione fra forma persistente e forma replicativa di C. pneumoniae. Dall’analisi dei risultati è stato evidenziato che la forma persistente rispetto alla forma replicativa è caratterizzata da una marcata riduzione di progenie infettanti e di DNA genomico clamidiale e da uno specifico profilo genico. I risultati di questi studi potranno contribuire all’identificazione di marker molecolari e, quindi, all’individuazione di nuovi target per la diagnosi e il trattamento terapeutico di infezioni croniche da C. pneumoniae. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 120 di 288 STUDIO DELL’ESPRESSIONE GENICA DELLA FAMIGLIA DI PROTEINE PPE-MPTR IN MYCOBACTERIUM TUBERCULOSIS. Soldini S., Palucci I., Sali M., Fadda G., Delogu G. Istituto di Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma La sotto-famiglia di proteine PPE-MPTR appartiene ad una grande famiglia multigenica di proteine, le PPE, la cui funzione è sconosciuta e che, insieme alle proteine PE, rappresentano circa il 10% del potenziale codificante del M.tuberculosis. Tali proteine sono altamente conservate, risultano distribuite su tutto il genoma e fatto molto importante, sono presenti soltanto in micobatteri del Mtb complex ed in pochi altri micobatteri patogeni. La determinazione dei livelli di espressione di tali proteine in vivo ed in vitro potrebbe fornire importanti informazioni per comprendere il ruolo di queste nella patogenesi di M. tuberculosis. A tal proposito sono stati analizzati i livelli di espressione mediante Real Time RT-PCR di 10 geni appartenenti alla famiglia delle PPE-MPTR in polmoni e milze di topi infettati con un ceppo virulento di M. tuberculosis, TMC 107, sacrificati a diversi time points (14-21-28-70 giorni). Tutti i geni analizzati mostrano diversi profili di espressione ma significative differenze si sono osservate in 4 dei 10 geni ( rv0305c, rv1135c, rv1917, rv3159c), che presentano una significativa upregulation al progredire dell’infezione sia nel polmone che nella milza. Il ruolo delle proteine PPE nell’infezione tubercolare non è noto ma si ipotizza che siano associate alla parete cellulare del M.tuberculosis e che siano coinvolte nell’interazione con i tessuti dell’ospite. A tale proposito sono stati studiati i livelli di espressione di questi 4 geni in vitro in condizioni di stress e in presenza di sostanze capaci di alterare la parete cellulare, osservando un’alta variabilità nei livelli di espressione. I risultati di questo studio mostrano che M. tuberculosis può differentemente regolare i livelli di espressione dei geni PPE-MPTR nelle cellule e nei tessuti dell’ospite. I 4 geni selezionati in questo studio saranno utilizzati per creare costrutti plasmidici know out allo scopo di valutarne la patogenicità in modelli murini. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 121 di 288 LE PROTEINE PE_PGRS30 E PE_PGRS26 SONO ESSENZIALI PER LA PIENA VIRULENZA DI M. TUBERCULOSIS. Iantomasi R. 1, Palucci I. 1, Zumbo A. 1, Soldini S. 1, Sali M. 1, Cascioferro A. 2, Fadda G. 1, Manganelli R. 2, Delogu G. 1 1 Istituto di Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma 2 Dipartimento di Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche, Università di Padova. Circa l’8% del genoma di Mycobacterium tubercolosis codifica per due famiglie proteiche chiamate PE/PPE. Di questo, 67 geni codificano per le proteine PE_PGRS. Tali proteine sono caratterizzate da un dominio conservato PE all’N-terminale e da una regione C_terminale con ripetizioni multiple in tandem di Gly-Gly-Ala o Gly-Gly-Asn di diverse dimensioni. Non è chiaro se ciascuna delle proteine svolge un ruolo unico e preciso nella biologia del batterio o se vi sia una ridondanza nella loro funzione, così come rimane da comprendere il loro coinvolgimento nella patogenesi della tubercolosi. Per comprendere il ruolo singolo di queste proteine abbiamo ottenuto, mediante ricombinazione omologa, ceppi knock-out di M. tuberculosis per i due geni. PE_PGRS26 e PE_PGRS30. Per valutare il ruolo nella replicazione intracellulare, cellule J774 sono state infettate con i ceppi di Mtb KO e WT e la persistenza valutata in termini di CFU a 4 ore, 3 giorni e 10 giorni di infezione. Abbiamo così notato una differente capacità di infezione dei ceppi knock-out, soprattutto per la PE_PGRS30 rispetto al ceppo wild-type H37Rv che trova riscontro anche a livello citopatologico. Studi successivi condotti in vivo infettando per via aerogena topi BalbC sacrificati al giorno1, 14, 28 e 70 hanno ancor più evidenziato una ridotta capacità di colonizzazione polmonare del ceppo knock-out per la proteina PE_PGRS30 con una riduzione al giorno 70 di 2 logaritmi, risultata statisticamente significativa (p<0.05). CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 122 di 288 CARATTERISTICHE DI CEPPI DI VIBRIO ALGINOLYTICUS ISOLATI DA ACQUE COSTIERE DEL MAR LIGURE Debbia E.1, Schito A.M.1, Pruzzo C.2 e Schito G.C.1 DISCMIT, Sezione di Microbiologia1 e DIBIO2, Università di Genova Il nostro gruppo sta conducendo da tempo uno studio sulle variabili ambientali che modulano la presenza di Vibrio spp. nelle acque costiere e sulle caratteristiche di patogenicità degli isolati. E’ noto che i batteri appartenenti al genere Vibrio sono indigeni dell’ambiente marino da dove possono essere isolati sia in forma libera che in associazione con diversi organismi acquatici. In questo lavoro abbiamo proseguito l’analisi dei ceppi di Vibrio alginolyticus isolati da campioni di acqua e plancton raccolti lungo la costa del Mar Ligure. I ceppi (n=35) sono stati dapprima analizzati per la capacità di aderire a monostrati cellulari (Caco e Intestino 407) e di formare biofilm su piastre multi pozzetto di polivinilcloruro (PVC). Venticinque ceppi si sono mostrati in grado di aderire alle cellule intestinali con un’efficienza variabile da 25 cfu/monostrato a >120 cfu/monostrato. Risultati comparabili sono stati ottenuti con entrambi i monostrati. Nessuno dei ceppi in esame si è mostrato in grado di formare biofilm su PVC. Sugli stessi ceppi sono state eseguite reazioni di PCR utilizzando coppie di primer diretti contro i geni tdh e trh di V. parahaemolyticus, vvhA e vllY di V. vulnificus, ctx, zot, ace, tcpA, toxR, toxT e toxS di V. cholerae. Quattro isolati hanno prodotto amplificati delle dimensioni attese per geni toxT e toxS di V. cholerae e altri tre per trh di V. parahaemolyticus. I geni di V. vulnificus non sono stati amplificati in nessuno dei ceppi esaminati. Questi dati sostengono l’ipotesi che V. alginolyticus possa rappresentare un serbatoio di geni derivanti da altri batteri indigeni delle acque. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 123 di 288 PERSISTENZA DI VIBRIO CHOLERAE EL TOR NELLE ACQUE: RUOLO DELLA TEMPERATURA SULL’ESPRESSIONE GENICA DELLE ADESINE GBPA E MSHA. M. Stauder1, E. Pezzati2, B. Repetto2, C. Pruzzo3, P. E. Varaldo1, L. Vezzulli3. Istituto di Microbiologia e Scienze Biomediche, Università Politecnica delle Marche, Ancona1, Dipartimento di Patologia, Sezione di Microbiologia, Università di Verona2, Dipartimento di Biologia, Università di Genova3 Vibrio cholerae, l’agente eziologico del colera, è un batterio marino in grado di persistere a lungo nell’ambiente acquatico mediante varie strategie di sopravvivenza quali l’attivazione dello stato vitale ma non coltivabile e la colonizzazione di substrati biotici e abiotici. In particolare, la formazione di biofilm su superfici nutritive (es., chitina) consente al batterio di proteggersi dallo stress e di recuperare, mediante la degradazione del substrato, i nutrienti necessari per la propria crescita. Nel presente studio, è stato valutato l’effetto della temperatura e della salinità (saggiate a valori corrispondenti alle condizioni tipiche dell’ambiente acquatico) sull’attacco di V. cholerae O1 El Tor alla chitina e sulla formazione di biofilm su superfici di polivinilcloruro (PVC). In particolare, è stato analizzato il ruolo, in tali interazioni, delle adesine GbpA (N-acetylglucosaminebinding protein A) e MSHA (mannose-sensitive haemoagglutinin), i due principali fattori di colonizzazione della chitina di V. cholerae. Lo studio dei mutanti gbpA- e mshA- difettivi ha evidenziato per entrambi, in tutte le condizioni ambientali, una riduzione significativa nell’efficienza di attacco alla chitina rispetto al ceppo selvaggio ma, solo per il ceppo mancante di mshA, una riduzione nell’efficienza di formazione di biofilm. L’aumento della temperatura da 15°C a 25°C, oltre a indurre un aumento nell’ attacco alla chitina e nella formazione del biofilm da parte del ceppo parentale, ha causato un incremento dell’espressione genica di entrambe le adesine, GbpA e MshA. Dati in situ, ottenuti dall’analisi di campioni di zooplankton e acqua di mare raccolti nell’arco di un anno nel Mar Ligure di fronte a Genova, hanno mostrato che la percentuale di V. cholerae associata allo zooplankton rispetto al numero totale presente nell’acqua di mare è correlata positivamente con la temperatura di superficie dell’acqua, aumentando in modo rilevante a temperature maggiori di 22°C. In conclusione, i nostri risultati suggeriscono che il ruolo della temperatura nella persistenza di V. cholerae nelle acque sia legato, almeno in parte, al suo effetto sull’attacco alla chitina e sull’espressione dei geni che codificano per le adesine GbpA e MSHA. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 124 di 288 IDENTIFICAZIONE DI CICLOMODULINE IN ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA ANIMALI Sara Salvarani, Clara Tramuta, Patrizia Nebbia, Patrizia Robino Dipartimento di Produzioni animali, Epidemiologia ed Ecologia, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di Torino, Italia. Le ciclomoduline sono una famiglia di tossine presenti in molti batteri che interferiscono con il ciclo delle cellule eucariote. In Escherichia coli si riconoscono al momento tre tipi di ciclomoduline: cif (cycle inhibiting factor) e cdt (cytolethal distending toxin) che hanno un effetto inibitorio sul ciclo cellulare e cnf (cytotoxic necrotizing factor) che promuove la proliferazione cellulare interferendo con il processo di differenziazione. Diversi studi evidenziano che i ceppi di E. coli possono essere distribuiti in quattro gruppi filogenetici (A, B1, B2, D) a seconda della differente patogenicità; i ceppi EPEC, EHEC e UPEC appartengono principalmente al gruppo B2, mentre la maggior parte dei ceppi commensali appartiene al gruppo A e B1. La maggior parte dei dati bibliografici riferiscono sulla presenza di ciclomoduline in E. coli isolati da infezioni umane. Scopo di questo lavoro è stato esaminare la presenza, la distribuzione filogenetica e la funzionalità delle ciclomoduline cif, cdt e cnf in E. coli isolati da infezioni intestinali e urinarie di animali da compagnia e da reddito. Sono stati selezionati 85 ceppi di E. coli, di cui 44 appartenenti a ceppi intestinali (EHEC ed EPEC) isolati da feci di animali diarroici (23 bovini, 16 suini, 5 cani) e 41 appartenenti a ceppi urinari (UPEC) isolati da 30 cani e 11 gatti. Per il riconoscimento dei geni codificanti le ciclomoduline sono state utilizzate metodiche PCR e la distribuzione all’interno dei gruppi filogenetici e’ stata analizzata mediante multiplex PCR. Sul totale dei campioni esaminati 14 sono risultati positivi alla ricerca del gene cif, 7 alla presenza di cdt e 27 a cnf. I ceppi EHEC si sono distribuiti prevalentemente nei gruppi A e B1, i ceppi EPEC nei gruppi B1 e B2, i ceppi UPEC soprattutto nel gruppo filogenetico B2 e nel gruppo A. I ceppi di origine urinaria sono stati sierotipizzati e sono state effettuate prove di citotossicità sulle linee cellulari Hep-2 e Vero. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 125 di 288 DIFFERENTE RISPOSTA DELLE CELLULE MICROGLIALI BV-2 VERSO MICOBATTERI PATOGENI Molicotti P* , Bua A*, Usai D*, Cannas S*, Sechi LA*, Blasi E**, Zanetti S*. *Dipartimento Scienze Biomediche, Università di Sassari, ** Dipartimento di Scienze e di Sanità Pubblica Università di Modena e Reggio Emilia La tubercolosi (TB) del sistema nervoso centrale (SNC), interessa circa l’1-10% dei pazienti con TB attiva e costituisce la forma più grave di TB sistemica a causa del suo alto tasso di mortalità e delle possibili gravi complicazioni neurologiche. In vitro è stato dimostrato che Mycobacterium tuberculosis infetta le cellule della microglia mentre sono poche le informazioni riguardanti la risposta di queste cellule all’infezione. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare la capacità di M. tuberculosis H37Rv, M. bovis e M. paratuberculosis di infettare e sopravvivere all’interno di cellule microgliali BV-2 murino-derivate, nonché di valutare il pattern di citochine prodotte a seguito dell’infezione micobatterica. La capacità dei ceppi micobatterici di infettare e persistere all’interno delle cellule BV-2 è stata valutata determinando il numero delle colonie su terreno solido 7H10. Inoltre, dopo 6 ore di incubazione, è stata aggiunta la kanamicina per verificare l’effetto sulla moltiplicazione batterica. Il pattern delle citochine è stato valutato tramite saggio ELISA. Confrontando la capacità di M. paratuberculosis, M. bovis e M. tuberculosis, di moltiplicarsi all’interno delle cellule, non è stata riscontrata nessuna differenza significativa fra M. bovis e M. tuberculosis. Mentre per quanto riguarda M. paratuberculosis è stata registrata crescita solo dopo 6 ore dall’infezione. L’aggiunta della kanamicina determina una riduzione della crescita batterica di circa un logaritmo. Le cellule BV-2 infettate con M. paratuberculosis, M. bovis e M. tuberculosis producono una buona quantità di IL-1a. M. bovis induce la produzione di IL-6 e solo M. paratuberculosis stimola le cellule a produrre IL-1b. Sia M. bovis che M. tuberculosis determinano la produzione di TNF-alfa, G-CSF e GM-CSF. I risultati ottenuti dimostrano che M. paratuberculosis, a differenza di M. tuberculosis e M. bovis, non ha la capacità di sopravvivere e moltiplicarsi all’interno delle cellule microgliali. Inoltre dai nostri dati, seppure preliminari, è emerso che M. bovis e M. tuberculosis, rispetto a M. paratuberculosis, stimolano una maggiore risposta delle cellule BV-2 inducendo in particolar modo la produzione delle citochine IL-1, TNFalfa, G-CSF e GM-CSF. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 126 di 288 PREVALENZA DI DETERMINANTI DI RESISTENZA PLASMIDICI AI FLUOROCHINOLONI IN CEPPI DI ESCHERICHIA COLI DI ISOLAMENTO URINARIO 1 R. Musumeci, 1D. Migliarino, 1A. Cialdella, 1B. Sibra, 2G. Giltri, 2S. Bramati e 1C.E. Cocuzza 1 Laboratorio di Microbiologia, Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università di Milano-Bicocca 2 Unità di Microbiologia, Azienda Ospedaliera San Gerardo – Monza Negli ultimi anni è stata riportata da diversi Autori in tutto il mondo la diffusione di ceppi batterici tra le Enterobacteriaceae e non, esprimenti un particolare profilo di resistenza determinato dalla presenza di uno o più geni di origine plasmidica. Enzimi quali l'aminoglucoside acetil-transferasi, responsabile delle resistenza ad alcuni aminoglucosidi nella sua variante aac(6’)-Ib-cr, sono stati associati ad un nuovo meccanismo di resistenza specifico per la classe dei fluorochinoloni, grazie alla proprietà di acetilare l’azoto non sostituito nell’anello piperazinico in posizione C7 della struttura fondamentale, proprio di alcuni membri (norfloxacina e ciprofloxacina) di questa classe antibiotica. Sono state ampiamente descritte le proteine codificate dai geni qnrA, qnrB, qnrC, qnrD, e qnrS, appartenenti alla famiglia dei pentapeptidi che si legano alla DNA-girasi e alla topoisomerasi IV proteggendole dal legame dei fluorochinoloni ed infine è stata più recentemente descritta la pompa d'efflusso codificata dal gene qepA. La contemporanea presenza di associazioni tra questi determinanti correlati alla resistenza ai fluorochinoloni e di geni plasmidici codificanti per beta-lattamasi ed ESBL (blaTEM, blaOXA, blaSHV e blaCTX-M), nonché geni codificanti per la resistenza al cotrimossazolo, su integroni veicolati da plasmidi ad alto peso molecolare, propone un nuovo problema nel trattamento terapeutico di questi ceppi multiresistenti. Appare quindi indispensabile monitorare la loro diffusione e caratterizzare sia questi plasmidi che verificare la clonalità dei batteri recanti tali determinanti. Sono stati valutati 148 ceppi di Escherichia coli acido nalidixico-resistenti collezionati da urinocolture positive raccolti nel 2004 e nello stesso periodo del 2006 presso l’Ospedale San Gerardo di Monza. La positività per il gene aac(6’)-Ib-cr è stata confermata solo nei ceppi con valori di MIC alla norfloxacina e alla ciprofloxacina rispettivamente > 16 e > 4 μg/ml e ha evidenziato una prevalenza, per i ceppi del 2004, del 3,9% (3/76), mentre per i ceppi del 2006 tale percentuale è salita al 11,1% (8/72). Non si sono riscontati ceppi positivi per il gene qepA. I ceppi aac(6’)-Ib-cr-positivi sono risultati tutti positivi per la presenza dei geni blaTEM-1, blaOXA-1/30 e blaCTX-M15. L'analisi PFGE ha dimostrano la presenza di un clone comune tra questi ceppi. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 127 di 288 NON PATHOGENIC VIBRIO ENVIRONMENTAL STRAINS CARRYING VIRULENCE, FITNESS AND ANTIBIOTIC RESISTENCE GENES M. Gennari, V.Ghidini, M.C Tafi, M.M. Lleo’ Department Of Pathology, Section Of Microbiology, University Of Verona, Verona, Italy. Vibrios are important members of the autochthonous flora of marine and estuarine environments and include non pathogenic bacteria and pathogenic species causing human diseases. Recent studies report that some Vibrio species found in the environment, and up to date considered non pathogenic, instead carry virulence, fitness and antibiotic resistance genes usually found in clinical strains. On the basis of these data, we have considered of interest to screening a collection of nonpathogenic vibrios as regards genes generally found in clinical strains. Vibrio strains were isolated from water, plankton and sediment samples obtained in the northern Adriatic Sea. A battery of genes, usually found in V.cholerae and V.parahaemolyticus, was selected: two of the virulence genes, yopP and trh are considered virulence determinants in V.parahaemolyticus while the nanH gene from V.cholerae encodes a neuraminidase. flrA is a gene involved in the regulation of V.cholerae flagella synthesis and response to environmental changes. V.cholerae vpsR is involved in biofilm formation and environmental persistence, while V.cholerae luxA gene is involved in bioluminescent expression. int15’cs is a gene included in a cassette of antibiotic resistance determinants in V.cholerae. About 40/114 strains resulted positive to PCR using primers selected on the described genes: 11 strains carried the gene nanH and 3 the yopP gene while no strains carried the trh gene. 13, 6 and 7 strains presented respectively the expected amplicons for flrA, vpsR and luxA while 7 strains carried int15’cs, a sequence from an integron involved in antibiotic resistance. Some of the PCR products were analyzed by sequencing and demonstrated to be exactly the expected DNA fragment. Further analysis of the strains resulting positive to the presence of the gene nanH, which in V. cholerae is located in the pathogenicity island VPI-2, showed that 5 out of 11 strains carried the mobile genetic element. Biochemical and molecular methods were applied to the PCR-positive strains in order to identify them at the species level: 32 strains resulted to be V.alginolyticus, 5 V.metschnikovii, 1 V.mimicus, 1 V.campdellii and 1 P.damselae. One strain was eliminated from the study in that resulted to be V.cholerae. The results obtained in this study indicate that environmental vibrios strains could constitute a marine reservoir of virulence and antibiotic resistance genes and thus could represent a risk for human health. Moreover, the data obtained provide further support to the fact that gene exchange occurs in the aquatic environment between pathogenic and non pathogenic bacterial species. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 128 di 288 CARATTERIZZAZIONE DEL MICROBIOTA FECALE E PROFILI METABOLICI IN PAZIENTI CON FIBROSI CISTICA Totino V.1, Iebba V.1, Macone A.3,Conte MP.1, Lepanto M.1, Proietti Checchi M.1, Aleandri M.1, Longhi C.1, Matarese RM.3, Quattrucci S.2, Schippa S.1 1Dipartimento di Scienze e Sanità Pubblica, Sapienza Università di Roma; 2 Dipartimento di Pediatria, Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma; 3 Dipartimento di Scienze Biochimiche, Sapienza Università di Roma La principale manifestazione clinica della fibrosi cistica (FC), riconducibile a mutazioni nel gene regolatore della conduttanza transmembranale (fibrosis transmembrane conductance regulator: CFTR), consiste nell’accumulo di muco alla superficie delle cellule epiteliali del tratto respiratorio del pancreas e del tratto gastrointestinale. In particolare, nell’intestino tale fenomeno induce uno stato di disidratazione del lume che si ritiene possa contribuire alla non solubilizzazione del muco e delle glicoproteine secrete, con insorgenza di diversi disturbi intestinali. Numerosi dati della letteratura riportano una eccessiva moltiplicazione batterica nell’intestino tenue di pazienti con fibrosi cistica che potrebbe svolgere un ruolo rilevante nelle complicanze descritte a livello intestinale. In topi affetti da FC, riducendo la carica microbica con la somministrazione di antibiotici a largo spettro, è stata ottenuta sia una riduzione dell’infiltrazione da parte di cellule immuni che dell’espressione di geni dell’infiammazione, con conseguente aumento di peso degli animali. É’ oramai accertato che alterazioni nella composizione di gruppi microbici intestinali dominanti hanno forti influenze sulla salute dell’ospite e sono coinvolti nell’eziopatogenesi di diverse sindromi con effetto sul metabolismo, tossicità e efficacia di medicinali. Cooperazioni tra il metabolismo del microbiota e dei mammiferi sono elementi di studio essenziali per la comprensione della metabolomica degli esseri umani. Il metabolismo umano, infatti, coinvolge l’integrazione di processi metabolici indigeni ( codificati dal genoma dell’ospite ), con i processi metabolici del microbiota. Tutto ciò risulta in un ampio cometabolismo di molti substrati. Lo scopo della presente ricerca è stato quello di caratterizzare molecolarmente il microbiota dominante intestinale da campioni fecali di pazienti pediatrici con FC e contemporaneamente determinare i profili metabolici da campioni urinari e fecali degli stessi pazienti, al fine di avere una migliore conoscenza del dell’ecosistema microbico in tali pazienti e delle sue interazioni metaboliche con la fisiologia dell’ospite. Analisi di statistica multivariata sono state utilizzate per mettere in relazione composizione del microbiota intestinale e fenotipo metabolico. I risultati preliminari mostrano interessanti differenze nel microbiota dominante nei due gruppi studiati ( pazienti con FC e controlli ) indicando che alterazioni della flora intestinale potrebbero svolgere un ruolo rilevante nelle complicanze descritte a livello intestinale in questa patologia. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 129 di 288 FATTORI DI VIRULENZA E VARIABILITA’ GENETICA DEI CEPPI DI ESCHERICHIA COLI UROPATOGENI ISOLATI DA CANI E GATTI Tramuta C.1, Robino P. 1, Nucera D. 2, Salvarani S. 1, Nebbia P. 1 1 Dipartimento di Produzioni animali, Epidemiologia ed Ecologia, Università di Torino; 2 Dipartimento di Patologia animale, Università di Torino. Escherichia coli è una delle principali cause di patologie nell’uomo, nel cane e nel gatto, e rappresenta una importante fonte di infezione del tratto urinario (UTI). I ceppi di E. coli che causano UTI sono definiti uropatogeni (UPEC) e possono essere considerati un sottogruppo dei ceppi di E. coli extraintestinali (ExPEC). Le caratteristiche biologiche e genetiche dei ceppi UPEC includono la produzione di emolisina, di aerobactina, l’espressione delle fimbrie P, S e di tipo 1 e di ciclomoduline (CNF, CDT). Recenti studi hanno mostrato che E. coli può essere distinto in quattro gruppi filogenetici principali:A, B1, B2 e D. I ceppi UPEC appartengono principalmente al gruppo B2, mentre la maggior parte dei ceppi commensali appartiene al gruppo A e B1. L’amplificazione di regioni ripetitive disperse lungo il genoma batterico, dette REP (Ripetitive Extragenic Palindromic sequences) ed ERIC (Enterobacterial Ripetitive Intergenic Consensus), permette una chiara distinzione tra ceppi batterici. Lo scopo del lavoro è stato caratterizzare ceppi UPEC mediante amplificazione di sequenze ripetute sul genoma e comparare i risultati ottenuti sia con patterns biologici (fattori di virulenza) che filogenetici. Sono stati esaminati 40 ceppi di UPEC isolati da urina di cani (n=30) e gatti (n=10) prelevata mediante cistocentesi. Il DNA estratto dalle colonie è stato utilizzato per evidenziare, tramite PCR, i geni codificanti: fimA, papC, cdt, sfa, afa, iutA, hlyA, e cnf1. Per discriminare i gruppi filogenetici e’ stata utilizzata una multiplex PCR, infine REP-PCR ed ERIC-PCR sono state eseguite su tutti gli stipiti e le immagine dei gel ottenuti dalle corse elettroforetiche sono state analizzate mediante l’impiego del software BioNumerics. Per quanto riguarda la diffusione di fattori di virulenza, i nostri risultati hanno mostrato le seguenti frequenze: 85% fimA, 57.5% sfa, 52.5% cnf1, 37.5% pap, 37.5% iutA, 27.5% hly, 7.5% cdt and 2.5% afa. L’analisi filogenetica ha mostrato che il 65% degli isolati apparteneva al gruppo filogenetico B2, il 10% al gruppo D, il 15% a B1 e il 10% al gruppo A. Le PCR REP ed ERIC hanno permesso di distinguere i batteri in due cluster principali, uno corrispondente ai gruppi filogenetici B2 e D, l’altro in cui rientravano i gruppi A e B1. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 130 di 288 MIGLIORAMENTO DELLE PROPRIETÀ CATALITICHE DELLA CATECOLO 1,2 DIOSSIGENASI E SUA IMMOBILIZZAZIONE PER UN’APPLICAZIONE AMBIENTALE R. Caglio1, F. Valetti1, C. Micalella2, S. Bruno2, A. Mozzarelli2, E. Pessione1, C. Giunta1 1 Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo, Università degli Studi di Torino, Italia. 2 Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare, Università degli Studi di Parma, Italia. Le diossigenasi sono enzimi con ruolo rilevante nei processi di degradazione di composti tossici derivanti sia dagli inquinanti di origine industriale sia dall’uso di fertilizzanti, erbicidi e pesticidi. La catecolo 1,2 diossigenasi (C1,2O) è un enzima prodotto dal batterio Acinetobacter radioresistens S13, in grado di promuovere la scissione dell’anello aromatico del catecolo e liberare acido cis-cis muconico. Al fine di ampliare la capacità dell’enzima di riconoscere substrati più tossici quali catecoli con residui alchilici e diclorurati, si sono applicate delle tecniche di mutagenesi sito specifica e random mutagenesi ottenendo 8 mutanti (L69A, L69G A72G, A72S, A72T, A72G, A72P, A72D e A72N). I mutanti della posizione 69 presentano un’inversione di specificità verso il 4-clorocatecolo (abbassamento della KM di un fattore 20 rispetto al catecolo) e il riconoscimento di un nuovo composto il 4,5- diclorocatecolo. Inoltre il mutante L69A ha acquisito la capacità di riconoscere il 4-terz-butilcatecolo, un contaminante nocivo nella preparazione dei cosmetici la cui presenza è regolamentata da un decreto della Comunità Europea. Le mutazioni della posizione 72 conferiscono una maggiore affinità per i composti clorurati1. Nell’ottica di trovare un’applicazione ambientale, la C1,2O wt ed alcuni mutanti (L69A, A72G, A72S), più promettenti per il riconoscimento di clorocatecoli, sono stati immobilizzati in gel di silossano; le proprietà catalitiche sono state analizzate e paragonate a quelle degli enzimi in soluzione. Si sono utilizzate due miscele di gel, il tetrametilortosilicato e l’ormosile che differiscono per la capacità di legare molecole più idrofobiche. I risultati ottenuti dimostrano come l’ormosile riesca a stabilizzare l’enzima aumentando considerevolmente la sua capacità catalitica2,3. Maggiori informazioni si otterranno a breve dalla risoluzione della struttura cristallografica degli enzimi. Bibliografia 1 R. Caglio, F. Valetti, P. Caposio, G. Gribaudo, E. Pessione, C. Giunta, ChemBioChem, 2009, 10, 1015-1024. 2 R. Caglio, C. Giunta, E. Pessione, F. Valetti, S. Bruno, C. Micalella, A. Mozzarelli, Domanda di brevetto depositata alla Camera di Commercio di Torino in data 09/02/2009 numero TO2009A000082. 3 C. Micalella, S. Bruno, A. Mozzarelli, R. Caglio, F. Valetti, E. Pessione, C. Giunta, 2009 (article submitted) CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 131 di 288 ISOLAMENTO DI CEPPI BATTERICI DA PRODOTTI AGRO-ALIMENTARI PIEMONTESI CON ATTIVITA’ ANTAGONISTA VERSO MICRORGANISMI PATOGENI E ALTERANTI Dal Bello Barbara, Rantsiou Kalliopi, Ambrosoli Roberto, Zeppa Giuseppe, Cocolin Luca Di.Va.P.R.A - Settore di Microbiologia agraria e Tecnologie alimentari, Facoltà di Agraria, Università di Torino. I batteri lattici sono i principali microrganismi coinvolti nella produzione di molti alimenti fermentati. Essi contribuiscono alla salvaguardia delle caratteristiche nutritive degli alimenti e possono inibire la crescita di batteri patogeni ed alteranti. Questa inibizione è dovuta alla produzione di alcuni metaboliti come acidi organici (acido lattico e acetico), acqua ossigenata e diacetile, o attraverso la produzione di molecole proteiche di sintesi ribosomiale ad attività antimicrobica come le batteriocine. La famiglia delle batteriocine comprende un’ampia gamma di proteine che si differenziano in termini di dimensioni, struttura chimica, cellule target, modalità di azione e meccanismi immunitari indotti. La loro produzione è effettuata indifferentemente da batteri Gram-positivi e Gram-negativi. Negli ultimi anni su queste sostanze a spiccata attività antimicrobica si è focalizzata l’attenzione soprattutto per il loro possibile utilizzo sia in campo clinico che in quello alimentare. In campo alimentare le batteriocine possono essere utilizzate come bio-conservanti per controllare e contenere popolazioni batteriche indesiderate, responsabili di intossicazioni e/o deterioramento della matrice alimentare. Lo studio qui presentato ha riguardato l’ecologia microbica di prodotti fermentati piemontesi (formaggi e prodotti a base di carne) cui è seguito l’isolamento e la caratterizzazione di batteri con attività antagonista nei confronti di microrganismi patogeni e/o alteranti dei prodotti alimentari, tra cui Staphylococcus aureus, Escherichia coli O157:H7, Clostridium tyrobutyricum, Listeria monocytogenes, Salmonella enteritidis e Brochotrix thermosphacta. Sono stati isolati e caratterizzati 104 ceppi produttori di batteriocine di cui 41 con attività inibente nei confronti di Staphylococcus aureus ATCC® 6538™, 32 verso Brochotrix thermosphacta ATCC® 11509™, 27 verso Listeria monocytogenes e 4 verso Clostridium tyrobutyricum DSM 2637. Considerando l’elevato potenziale applicativo delle batteriocine, l’approfondimento della ricerca riguarderà il futuro utilizzo dei ceppi attivi come starters o co-starters in differenti produzioni alimentari. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 132 di 288 POTENZIALITÀ APPLICATIVE DI SUPERNATANTI CONCENTRATI DI COLTURE LATTICHE PER L’INIBIZIONE DI ALCUNI PATOGENI DI INTERESSE ALIMENTARE FerriniA.M*., Aureli P*. , Pontieri E.**, De Paolis L.**,Oliva B.** * Istituto Superiore di Sanità; Dip. Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare; Rome, Italy **Università degli Studi dell’Aquila; Dip. Medicina Sperimentale; L’Aquila, Italy Da lunga i batteri lattici (LAB) sono utilizzati nell’industria alimentare nella preparazione e conservazione dei prodotti alimentari fermentati ed inoltre, recentemente, hanno ricevuto ulteriore attenzione per i loro effetti benefici sulla salute. Al fine di verificare l’applicabilità di tali microrganismi - in qualità di conservanti naturali - anche nella preparazione alimenti non fermentati, è stato saggiato l’ effetto inibente di supernatanti concentrati su specifici microrganismi di interesse alimentare (patogeni e non patogeni) mediante metodo di diffusione in agar. I surnatanti, selezionati per la maggiore attività antibatterica, sono stati testati per la loro capacità di inibire o rallentare la crescita in coltura in brodo di differenti microrganismi test (tra cui S.aureus, E.coli, Salmonella typhimurium e Salmonella enteriditis) mediante conta delle C.F.U.con e senza aggiunta dei supernatanti concentrati (5X incoltura) ottenuti mediante liofilizzazione I supernatanti di Lactococcus garviae ISS19 and Lactobacillus casei ISS51 sono stati in grado di produrre una riduzione di 3 Lg in 4 h su colture in brodo di Salmonella typhimurium e S.entiritidis a 10°C e rispettivamente in 48-4 ore in latte a 10°C. Colture in brodo di E.coli a 10°C sono ridotte di 4 lg in 8 h . S.aureus enterotossigeno risulta nel latte per 24h a 30°C e o per 21 giorni a 10 °C. L’attività antimicrobica non è risultata correlata a pH, produzione di acido e perossido di idrogeno. Questi risultati suggeriscono una possibile applicazione nell’industria alimentare dei surnatanti concentrati di colture lattiche (bio-conservanti) per prodotti alimentari non fermentati CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 133 di 288 RUOLO DI CAGA, VACA E HSPB DI HELICOBACTER PYLORI NELLA MODULAZIONE DELLA RISPOSTA INFIAMMATORIA E NELLA TRASFORMAZIONE NEOPLASTICA DI CELLULE GASTRICHE UMANE. Silvestri F, Buommino E, °Manente L, Brancato V, Petrazzuolo M, °De Luca A., Tufano M.A. Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica, °Dipartimento di Medicina Pubblica, Clinica e Preventiva. Facoltà di Medicina e Chirurgia, Seconda Università degli Studi di Napoli L’infezione di Helicobacter pylori è la causa più frequente di gastrite, ulcera peptica e adenocarcinoma gastrico nel mondo. Studi epidemiologici hanno dimostrato un rischio sei volte maggiore di sviluppare adenocarcinoma in pazienti infettati da H. pylori, suggerendo un legame tra le infezioni gastriche croniche da H. pylori e sviluppo di carcinoma gastrico. H. pylori ospita geni di virulenza, come CagA, VacA, HspB. Nostre ricerche preliminari hanno evidenziato che l’overespressione di due proteine, CagA ed HspB, trasfettate in cellule gastriche AGS, è in grado di influenzarne la crescita cellulare inducendo proliferazione del ciclo cellulare attraverso un aumento della fase S-G2-M. Inoltre, abbiamo osservato, con lo stesso modello sperimentale, che l’overespressione di VacA induce un aumento dell’apoptosi in cellule gastriche. Scopo della ricerca è stato di analizzare il ruolo svolto dai geni CagA, VacA e HspB, trasfettati in cellule epiteliali gastriche AGS singolarmente ed in diverse combinazioni tra loro, nell’attivazione della risposta infiammatoria e nella espressione differenziale delle varie citochine coinvolte nei processi infiammatori. Inoltre, è stato valutato se le proteine VacA, CagA e HspB possono influenzare la capacità migratoria delle cellule epiteliali gastriche AGS, accelerando il processo metastatico. L’analisi della risposta infiammatoria nelle cellule AGS trasfettate con i tre geni di H.pylori , è stata valutata mediante RT-PCR. I risultati mostrano un aumento dell’espressione delle citochine pro-infiammatorie IL8 e IL1β, del gene della osteopontina OPN, noto marker tumorale, e del fattore proangiogenico VEGF, nelle cellule trasfettate con la combinazione dei tre geni rispetto alla doppia e singola trasfezione. Inoltre, il saggio di chemiotassi ha evidenziato una maggiore capacità migratoria delle cellule con tripla trasfezione rispetto a quelle con doppia e singola trasfezione. Tali risultati mostrano un’azione additiva delle tre proteine nell’indurre una risposta infiammatoria, nell’attivare l’angiogenesi e la migrazione di cellule AGS. Questa ricerca porrà le basi per uno studio più approfondito dei pathway molecolari in cui sono coinvolte tali proteine allo scopo di individuare terapie geniche mirate. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 134 di 288 LIPOLYTIC ACTIVITY DETECTION AND LOCALIZATION IN ACINETOBACTER RADIORESISTENS S13 Riva Violetta M.1, Riedel K.2, Fattori P., Mazzoli R.1 Giuffrida G.3, Giunta C. 1,Pessione E 1. 1 Università di Torino, Lab. Biochimica e Proteomica dei microrganismi (DBAU) 2 University of Zurich, dep. of Microbiology 3 CNR-ISPA Bioindustry park Canavese A. radioresistens S13 is able to degrade aromatics and therefore is very interesting for bioremediation processes. This genus is known in the literature for its ability to synthesize lipases belonging to the subfamily I.1, water-soluble enzymes catalyzing hydrolysis of ester bonds in water-insoluble lipid substrates. The lypolitic activity could play an important role in the release of a surface-bound glycoprotein (Alasan) with surfactant activity in the extracellular enviroment. This glycoprotein can improve bioavailability and intracellular uptake of very hydrophobic substrates such as Phenol and Benzoate. The aim of the study was to investigate the production and the localization of lypolitic enzymes and to characterize the substrate selectivity. To evaluate the production of lipases the bacteria was grown on plates using several lipidic substrates (tributyrin, egg-yolk emulsion and Tween 80); only tributyrin was hydrolyzed suggesting an esterase activity. This result was also confirmed by the API ZYM® semi-quantitative micromethod system which revealed two esterasic activities: esterase C 4 and an esterase-lipase C8. In order to find out the localization of the esterase activity, samples coming from different subcellular fractions (intracellular, membrane and extracellular) were tested by a zymogram associated to monodimensional electrophoresis gels. The bacteria was grown on Luria Bertani medium, the cells harvested in the middle of the exponential phase to avoid intracellular contaminations in the supernatants. The supernatants were filtered and concentrated before loading on SDS-page. The pellet resuspended in a Tris-HCl buffer and cells broked using a French press. The intracellular fraction was separated by the membranes by high speed centrifugation. The soluble membrane extracts were prepared by treatment of the cell debris pellet with SDS. The samples coming from the intracellular, membrane and extracellular fractions were loaded on a SDS-page in double in order to perform a zymogram. One gel was stained with Comassie brilliant blu and the other incubated with MUF-butyrate in DMF after the rinaturation by whashing with isopropanol. Esterase activity was detected in both the intracellular and membrane fractions but not in the extracellular compartment. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 135 di 288 ARGININE MODULATION OF BIOGENIC AMINE PRODUCTION IN LACTIC ACID BACTERIA 1 C. Lamberti, 1M. Purrotti, 1A. Pessione, 1M. Dufour, 2J.D. Coisson, 3V. Laroute, 1C. Giunta and 1E. Pessione. 1 Dipartimento di biologia Animale e dell'Uomo, Università di Torino. Torino 2 Dipartimento di Scienze dell'Ambiente e della Vita. Università del Piemonte Orinetale. Novara 3 Laboratoire Biotechnologie-Bioprocédés- INSA Toulouse. Toulouse. France. Lactic Acid Bacteria (LABs) are microaerophylic Gram-positive microorganisms involved in several industrial processes like fermented food production. They lack the ability to biosynthesise heme, so the can't obtain metabolic energy by respiration without external heme supplementation. For these reasons they have developed alternative strategies to complementate glycolysis in energy production. Among these systems the best known are the PLP- or pyruvoyl-dependet decarboxylation of amino acids and the ADI (Arginine deiminase) pathway. In this work we tried, by means of a proteomic approach, to understand whether these two metabolic pathways can go on in parallel, as a global response to high energy requirement, or if competitive interactions among them occur. To gain this goal we worked on two different LABs: Lactobacillus hilgardii ISE 5211 able to decarboxylate histidine into histamine and Lactococcus lactis NCDO 2118 able to produce γ-aminobutyric acid (GABA) from glutammic acid. Both strains are reported in literature as able to perform ADI pathway. we analyzed both cytosolic and membrane districts for L.lactis and only cytosolic proteins for L.hilgardii. We set up comparative proteomic experiments based on twodimensional electrophoresis followed by mass spectrometry identification (MALDI and ESI). We observed an up-regulation of histidine decarboxylase in presence of precursor amino acid, in L.hilgardii; on the contrary, glutamate decarboxylase was not expressed in a significantrly different ratio among the two conditions in L.lactis either in cytosolic or membrane extracts. We also observed a down-regulation of ADI pathway enzymes and glycolitic enzymes in the stimulted conditions in both strains. The overall results suggest a biosynthetic control exerted by the precursor amino acids on histidine decarboxylase in L.hilgardii and a catalytic control on L.lactis glutamate decarboxylase. Furthermore the modulation exerted by both glutamate and histidine on ADI pathway and glycolisis underline that a competition among these energy producing pathways eixists. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 136 di 288 SELECTION OF OMEGA-OXIDANT STRAINS ON ALIPHATIC SUBSTRATES TO OBTAIN BIOPOLYMERS FROM WASTE. Zapponi M.1, Fattori P.1, Mazzoli R.1, Riva Violetta M.1, Pessione E.1, Cocolin L.2 and Giunta C.1 3. Università degli Studi di Torino, Lab. Proteomica e Biochimica dei Microrganismi, DBAU 4. Di.Va.P.R.A., via Leonardo daVinci 44, 10095 Grugliasco, Italy. Polyesters find application in a number of commercial products such as bottles, sheets, films, fibres, adhesives, resins, plasticizing and lubricating agents. To overcome limitations of synthetic polyesters, biodegradable polyesters may be obtained from vegetable oils, a renewable source of supply of fatty acids (FA) representing an interesting substrate thanks to their large availability,low cost, and biodegradability. However, to make FA suitable to polycondensation, a second chemical function is needed besides the carboxyl group. This implies a terminal or subterminal oxidation to produce dicarboxylic (D) or hydroxyl (H) acids from the monocarboxylic FA. Chemical processes capable to produce dicarboxylic or hydroxyl acids starting from FA already exist, nevertheless all these processes have intrinsic drawbacks. As a consequence, new oxidative processes are needed, capable of introducing a second chemical function besides the carboxyl group in natural FA. The purpose of this study is to select microorganisms able to oxidize FA in ω position and to maximize this reaction minimizing β-oxidation. We selected two strains able to grow on an alkane (Nonane, decane, dodecane, hexadecane and octadecane) as sole carbon source. The first strain isolated is Acinetobacter radioresistens S13, a Gram negative bacterium able to hydroxylate aromatic compounds (phenol, benzoate) and to grow on surfactants like Tween 40, 60, 80 (Pessione et al. 1997). The second strain is a Gram positive bacillus, now under identification. It was selected from a freeze-dried obtained from the soil surrounding an activated sludge pilot plant. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 137 di 288 SEQUENTIAL STRATEGIES FOR OBTAINING PURE LACTIC ACID ISOMERS STARTING FROM CELLULOSIC WASTES. 1 P. Fattori, 1R. Mazzoli, 1M. Zapponi, 1C. Giunta and 1E. Pessione. 1 Università degli Studi di Torino, Lab. Proteomica e Biochimica dei Microrganismi, DBAU The demand of lactic acid (LA) has been considerably increasing recently, owing to the promising applications of its polymer, the polylactic acid or polylactide (PLA), as an environment-friendly alternative to plastics derived from petrochemicals. High biodegradability and biocompatibility of such materials, render them particularly suitable for surgical (e.g. orthopaedic, cardiovascular and sutures) applications. For synthesizing polylactides with adequate physical properties, it is essential to polymerize optically pure LA: the best way to obtain optically pure LA is by microbial fermentation, while chemical synthesis always results in a racemic mixture of LA. LAB prove to be optimal candidates for these fermentations because of their safety and acid pH tolerance. The present project is aimed to set up a consolidate bio-processing for the conversion of lignocellulosic wastes into lactic acid. Lactic acid bacteria (LAB) are among the chief sources of lactic acid: unfortunately, natural LAB strains are not able to degrade cellulose. Among the LAB present in the microbial collection of our laboratory, a Lactococcus lactis strain (110A) has been selected for its ability to catabolize both xylose (the main constituent of hemicellulose) and cellobiose (the repeating unit of cellulose) besides glucose. Heterologous expression of the main components of the cellulosome (the protein complex responsible for cellulose hydrolysis) of Clostridium cellulovorans in L. lactis 110A is currently underway. The aim is to express a minicellulosome containing the minimum number of components needed for a functional cellulase system. At the same time a metabolic engineering approach leads us to maximize L-LA production in L.lactis 110A. The main parameters considered where oxygenation, pH and acetate supplementation: only this latter proved to be effective in stereoisomers selection, enhancing production of the L-LA form. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 138 di 288 PRELIMINARY PROTEOMIC INVESTIGATION ON METAL-CHELATING LACTIC ACID BACTERIA Mangiapane E1, Lamberti C1, Genovese F1, Pessione A1, Pessione E1, Giunta C1 1 University of Torino, Department of Human and Animal Biology, Via Accademia Albertina 13, 10123, Torino, Italy Selenium (Se) is an essential dietary trace element for both humans and microorganisms. While toxic at high concentrations, it is a required micronutrient and the recommended human intake is about 55 μg/die. It is well known in the literature that Se deficiency is associated with various chronic diseases including cancer. Generally, Se may be considered as an anticarcinogenic agent. Moreover it has strong antioxidant properties that depend on its chemical form. In nature Se occurs in four oxidation states: selenate Se(VI), selenite Se(IV), elemental selenium Se(0) and selenide Se(-II). In proteins Se is incorporated as selenocysteine or selenomethionine: human glutathione peroxidase, involved in the protection from oxidative stress, has a selenocysteine in its active site. To reduce Se deficiency it’s possibile to employ some food integrators, such as yeasts or lactic acid bacteria, able to accumulate Se and then to release it at gut level. We focused our attention on a strain of Lactobacillus buchneri, able to over-accumulate Se during its growth in a MRS modified medium supplemented with sodium selenite. Our purpose was to understand, by means of comparative proteomic analysis, if Se addition could modify protein expression causing variations in the metabolism of our strain. Two-dimensional electrophoresis followed by MALDI-TOF/TOF mass spectrometry were performed on Lactobacillus buchneri 26 grown in a MRS medium fortified with Se (2,19 g/l of sodium selenite) and in a control condition (same medium without Se). We analyzed cytosolic fractions in the acidic pI range (4-7). 20 differentially expressed proteins were detected comparing the two conditions: 15 up-regulated and 5 down-regulated in the stimulated condition. We divided these proteins in 7 main functional groups: sugar, RNA and metal metabolisms, ADI pathway, transport proteins, stress proteins and other proteins. We highlighted a general up-regulation of sugar metabolism and a down-regulation of ADI pathway, an alternative route used by LABs to produce energy. We also observed the upregulation of a selenocysteine lyase, a specific enzyme involved in the Se insertion in proteins as selenocysteine and of a protein translocase subunit SecA. Finally we found an up-regulation of GroEL, a chaperonin usually involved in stress events, suggesting that Se represents a stress source for bacteria, even when added in low amounts. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 139 di 288 BIORECUPERO DI BENI CULTURALI: POSSIBILE IMPIEGO DI MATRICI ORGANICHE ESTRATTE DA BATTERI CALCIFICANTI C. Ercole, P. Bozzelli, *F. Altieri, P. Cacchio, M. Del Gallo, A. Lepidi Dip. di B.B.A., Università degli Studi dell’Aquila, (Italy), *Dip. di Sc. Bioch., Università La Sapienza di Roma (Italy) In opportune condizioni, naturali e sperimentali, numerose specie batteriche, appartenenti a gruppi tassonomici diversi, sono in grado di depositare cristalli di calcite. La carbonatogenesi batterica, può trovare importanti applicazioni: nella protezione e consolidamento di monumenti lapidei e del patrimonio in terra cruda, nel biorisanamento di falde acquifere, nella coibentazione di pozzi petroliferi; infine essa può intervenire negli equilibri interni alla trasformazione della CO2 che controllano l’effetto serra. L’impiego di tali batteri, denominati calcinogeni, su manufatti artistici di natura calcarea degradati, permette di operare un riconsolidamento bioindotto, ricostruendo la matrice minerale del manufatto tramite la deposizione di strati di materiale neogenico a struttura simile a quella della pietra. Sono riportati diversi casi di applicazione biotecnologica dei batteri calcificanti su superfici calcaree degradate. Nel nostro laboratorio stiamo sviluppando un nuovo approccio d’intervento che esclude l’utilizzo delle cellule vive e fa uso di matrici cellulari estratte da ceppi batterici calcificanti. I microrganismi utilizzati in questo lavoro derivano da campionamenti effettuati nelle Grotte di Stiffe (L’Aquila), tra questi sono stati selezionati due ceppi batterici: Bacillus firmus e Nocardia calcarea. Tali ceppi microbici crescono come biofilm di cellule adese a supporti e come tali agiscono da centri di nucleazione per la formazione di cristalli di calcite, tenuti insieme da una matrice mucosa. I batteri sono stati fatti crescere in mezzo di coltura con e senza ioni calcio, quindi sono state isolate sostanze esopolimeriche capsulari (EPS), e polisaccaridi capsulari (CPS); tali frazioni cellulari sono state caratterizzate e utilizzate per verificare l’efficacia di ognuna quale fattore di nucleazione di cristalli di calcite in vitro. Studi condotti al SEM dimostrano che i cristalli depositati sono strettamente legati alle matrici organiche. Alcune proteine isolate da tali matrici e prodotte da entrambi i ceppi batterici, sono sovraespresse o inducibili quando i ceppi sono coltivati su mezzi di coltura contenenti ioni calcio. Attualmente stiamo isolando e caratterizzando le suddette proteine. Ciò consentirà di chiarire le loro funzioni e sviluppare una nuova tecnologia che permetta, mediante l’applicazione in situ, il consolidamento e il ripristino delle superfici degradate dei manufatti lapidei. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 140 di 288 ANALISI GENOMICA E FENOTIPICA DEL METABOLISMO DEI BETA-GLUCOSIDI IN PNEUMOCOCCO Mulas Laura1, Stefania Arioli2, Diego Mora2, Enrico Tatti3, Carlo Viti3, Gianni Pozzi1, Marco R. Oggioni1 1 Lab. Microbiologia Molecolare e Biotecnologia, Dip. Biologia Molecolare, Università di Sien. 2 DiSTAM, sez. Microbiologia Industriale, Università di Milano 3 Dipartimento di Biotecnologie Agrarie, Università di Firenze Streptococcus pneumoniae è capace di utilizzare un’ampia varietà di carboidrati come fonte di carbonio. L’analisi dell’informazione genomica nei diversi ceppi di pneumococco ha rivelato un alto grado di variabilità nei phosphoenolpyruvate transport systems (PTS), sistemi responsasbili dell’uptake degli zuccheri. La valutazione della capacità di fermentare 44 carboidrati diversi da parte dei 26 ceppi di pneumococco con genoma sequenziato, ha mostrato un’ampia variabilità nell’utilizzo dei betaglucosidi e degli alpha-galattosidi. L’utilizzo di ceppi wild-type, di mutanti nei sistemi PTS e di ceppi complementati ha permesso di caratterizzare il trasporto, il metabolismo dei beta glucosidi e la loro regolazione. I dati mostrano che cellobioso, arbutina, amigdalina e gentibioso sono trasportati dal medesimo PTS, mentre l’uptake della salicina e dell’acido ialuronico è a carico di altri sistemi. Confrontando la capacità di formare acido, le curve di crescita e la formazione di ATP e NADH in presenza di diversi substrati abbiamo potuto definire una serie di parametri per valutare l’utilizzo metabolico e la repressione da catabolita. Questi dati indicano come carboidrati trasportati dallo stesso sistema possono avere effetti diversi sulla regolazione genica e sul metabolismo centrale. Studi epidemiologici hanno indicato un’associazione tra l’operone dei betaglucosidi ed il carriage. Per valutare questa ipotesi siamo partiti da un ceppo privo dell’operone per i betaglucosidi ed abbiamo isolato un ceppo isogenico utilizzando la capacità di metabolizzare questi zuccheri come sistema di selezione. Esperimenti in vivo con il ceppo wild type ed il suo mutante isogenico hanno mostrato che la presenza dell’operone non influenza il carriage oltre il 4 giorno dalla colonizzazione e che la sua presenza era sempre correlata negativamente durante la colonizzazione del nasofaringe per più di una settimana. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 141 di 288 ADESIONE BATTERICA SU DIVERSI POLIETILENI PROTESICI IN RELAZIONE ALLE SPECIFICHE PROPRIETÀ CHIMICO-FISICHE DEGLI STESSI Valeria Allizond, Giuliana Banche, Michele Boffanoa, Alessandro Bistolfia, Elena Brach Del Prevera, Pierangiola Braccob, Janira Roana, Narcisa Mandras, Vivian Tullio E Anna Maria Cuffini Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università degli Studi di Torino a Dipartimento di Ortopedia, Traumatologia e Medicina del Lavoro - AO CTO/Maria Adelaide, Università degli Studi di Torino b Dipartimento di Chimica IFM, Università degli Studi di Torino In chirurgia ortopedica la maggior parte delle protesi utilizzano come superficie articolare un inserto in polietilene ad altissimo peso molecolare (UHMWPE), caratterizzato da ottime proprietà chimico-fisiche e meccaniche. La capacità batterica di aderire ad un biomateriale, formare colonie di biofilm e disseminare a distanza in forma planctonica, oggi inizia a dare ragione a molte malattie di tipo cronico, ma soprattutto si è visto che con tale meccanismo i batteri competono per la colonizzazione sia dei tessuti sia degli impianti protesici. I fattori favorenti l’adesione batterica sui biomateriali utilizzati in ortopedia sono la rugosità della superficie, l’idrofilia e la carica elettrica, parametri variabili a seconda dei materiali usati nel corso dell’intervento e ciò spiega la loro differente sensibilità alle infezioni. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare l’eventuale diversa capacità adesiva di due ceppi di Staphylococcus epidermidis (ATCC 35984 produttore di biofilm e ATCC 12228 non produttore di biofilm), su vari tipi di polietilene protesici (UHMWPE tradizionale, ossidato e stabilizzato con vitamina-E) per diversi tempi di incubazione, supponendo che una diversa superficie del biomateriale corrisponda ad una diversa adesività da parte dei batteri stessi. Per quanto riguarda lo S. epidermidis produttore di biofilm, i dati relativi alle cariche batteriche riscontrate sui biomateriali, riferibili al confronto tra l’UHMWPE tradizionale, ossidato e quello stabilizzato con vitamina-E, mostrano per quest’ultimo valori decisamente inferiore rispetto a quelli ottenuti per gli altri due biomateriali saggiati. Al contrario, confrontando i dati relativi agli stafilococchi non produttori di biofilm, non emergono differenze significative tra i tre materiali protesici. Questi risultati preliminari suggeriscono che l’UHMWPE stabilizzato con vitamina-E potrebbe, quindi, essere un valido biomateriale innovativo nell’ambito della chirurgia ortopedica in ragione delle sue proprietà antiossidanti e della minor capacità adesiva da parte dei batteri. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 142 di 288 MECCANISMI MOLECOLARI COINVOLTI NELL’INTERAZIONE TRA P.fluorescens AF181 E CELLULE A549 Fusco A, Donnarumma G, Paoletti I, , Metta G, Tufano MA Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Seconda Università degli Studi di Napoli L’interazione dei batteri patogeni con le cellule umane è solitamente un passaggio essenziale nel processo d’ infezione.L’invasione intracellulare di numerosi batteri patogeni è stimolata dal legame tra il microrganismo e alcune delle proteine della matrice extracellulare, come la vitronectina o la fibronectina, e dalle integrine, loro recettori naturali. Le integrine sono una classe di recettori eterodimerici transmembranari, costituiti da due subunità, alfae beta, di natura glicoproteica. La stimolazione delle integrine dovuta al legame col ligando è tradotta in una varietà di segnali intracellulari che consistono, almeno in parte, in riarrangiamenti del citoscheletro e attivazione delle tirosin chinasi. Pseudomonas fluorescens, specie strettamente correlata al patogeno opportunista P. aeruginosa, è un bacillo Gram-negativo ambientale, isolato in ambiente ospedaliero, da acque e disinfettanti o dalle superfici di strumentazioni mediche, e capace di moltiplicarsi durante la conservazione a freddo di campioni di sangue, tanto da essere ritenuto responsabili di setticemie post-trasfusionali. In questo studio, utilizzando cellule epiteliali polmonari di linea A549, è stato analizzato il coinvolgimento di integrine, quali alfavbeta5, alfavbeta3 e alfavbeta1, nel processo di adesione di P. fluorescens AF181. La modulazione delle singole catene integriniche è stata valutata mediante real time PCR, e confermata mediante western blot e immunoprecipitazione. Inoltre, utilizzando specifici inbitori, quali genestein (inibitore delle tirosin chinasi) e citocalsina D (inibitore della formazione del citoscheletro) è stato valutato anche l’eventuale coinvolgimento del citoscheletro e delle tirosin chinasi nel processo di adesione e invasione di P. fluorescens. A tal fine, monostrati semiconfluenti di A549, sono stati pretrattati con gli specifici inbitori e successivamente infettati con P. fluorescens AF181. La capacità adesiva ed invasiva è stata valutata mediante conta di unità formanti colonie (CFU). I dati ottenuti, indicano che alfavbeta5 è il dimero integrinico coinvolto nell’interazione di P. fluorescens AF181 con le A549; inoltre i nostri risultati suggeriscono che l’ interazione microrganismo/cellula ospite induce modificazioni citoscheletriche e attivazione delle tirosin chinasi. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 143 di 288 IL BIOFILM PRODOTTO DA BURKHOLDERIA CEPACIA COMPLEX NELLE INFEZIONI POLMONARI CRONICHE DI PAZIENTI AFFETTI DA FIBROSI CISTICA Corich L., Furlanis L., Dolzani L., Tonin E., Lagatolla C. Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste Dagli anni ’80 i microrganismi appartenenti al Burkholderia cepacia complex (Bcc) sono stati annoverati tra i patogeni rilevanti di pazienti affetti da fibrosi cistica. Nell’epitelio polmonare di tali pazienti, la maggior parte dei microrganismi si trova in una condizione sessile che si sviluppa all’interno di biofilm. Nel 1999 abbiamo iniziato uno studio epidemiologico in collaborazione con il Centro per la Fibrosi Cistica del Friuli-Venezia Giulia per caratterizzare i ceppi di Bcc isolati dall’espettorato dei pazienti afferenti a tale centro. Si è valutata la loro capacità di produrre esopolisaccaridi (EPS), principali costituenti della matrice del biofilm. Coltivati in diversi terreni, molti ceppi evidenziavano eterogeneità tra gli EPS prodotti, a differenza di precedenti studi che indicavano il cepaciano come l’unico EPS presente. Abbiamo analizzato la produzione di biofilm di isolati di Bcc, in funzione della loro capacità di produrre EPS. Risultati preliminari indicano un ruolo marginale del cepaciano nella formazione del biofilm: non si sono riscontrate differenze significative tra l’isolato BTS7, buon produttore di cepaciano, e i suoi derivati BTS7C e BTS7E, ottenuti mediante transposon mutagenesis, incapaci di produrre cepaciano. Questo risultato ha stimolato l’inizio di un’indagine per identificare la produzione, da parte di questa specie batterica, di EPS diversi a seconda che cresca all’interno del biofilm oppure allo stato planctonico. Un altro risultato preliminare interessante riguarda il cambiamento nella capacità di produrre biofilm da parte di un altro isolato clinico, BTS2, che risulta ottimo produttore nel prelievo del 2000 mentre mostra una significativa diminuzione di tale capacità a distanza di anni. Tale riduzione non sembra associata alla mancanza dei fattori richiesti per l’adesione iniziale alla superficie, in quanto la produzione di biofilm nelle prime 8 ore risulta pressoché la stessa. Si prevede di investigare i fattori responsabili della modificazione fenotipica identificata seguendo contemporaneamente, in collaborazione con i clinici, eventuali modificazioni dello stato del paziente, per ottenere informazioni sull’importanza della produzione del biofilm nell’evoluzione dell’infezione in senso acuto oppure nel mantenimento dello stato cronico. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 144 di 288 CONTROLLO DELLA CRESCITA E FORMAZIONE DI BIOFILM SU FILM POLIMERICI CONTENENTI NISINA. Antonia Nostro1, Manuela D'Arrigo1, Roberto Scaffaro2, Giovanna Ginestra1, Luigi Botta2, Andreana Marino1 e Giuseppe Bisignano1 1 Dipartimento Farmaco-Biologico, Università degli Studi di Messina, 2 Dipartimento di Ingegneria Chimica dei Processi e dei Materiali, Università degli Studi di Palermo. I film polimerici, noti per le loro applicazioni in campo biomedico, alimentare e industriale, sono, tuttavia, facili alla colonizzazione batterica. Creare film contenenti molecole antibatteriche che permettano il controllo della crescita e adesione batterica rappresenta una tematica di grande attualità. La nisina è un polipeptide naturale con documentata efficacia nei confronti di batteri Gram-positivi. Tuttavia, poco si conosce sulla sua attività quando adsorbita o incorporata in un film polimerico. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare l'effetto di polimeri di etilene contenenti nisina sulla crescita e formazione di biofilm. A tal fine sono stati studiati copolimeri di etilene e acido acrilico (EAA) trattati in soluzione acquosa di nisina in ambiente acido e basico e copolimeri di etilene e vinilacetato (EVA) trattati mediante incorporazione della nisina (1%-0,1%) nella matrice durante un’operazione di filmatura in bolla. L'attività antibatterica dei films (1 cm2) è stata valutata su Staphylococcus epidermidis ATCC 35984, S. epidermidis ATCC 12228, S. aureus 815 e Listeria monocytogenes ATCC 7644 mediante prove di diffusione in terreno agarizzato e quantificazione della crescita espressa come densità ottica. La produzione di biofilm è stata rilevata collocando i tasselli in TSB inoculato con i ceppi in esame e valutando alle 24 ore il biofilm formato mediante colorazione della biomassa con safranina 0,1% e successiva solubilizzazione in acido acetico 30% (v/v) e mediante colorazione fluorescente differenziale delle cellule vive/morte (Live/Dead Kit). Gli studi sono stati completati mediante osservazione della morfologia dei films (SEM) e misure delle proprietà di superficie. Le prove di diffusione hanno evidenziato una leggera attività per i polimeri EAA e EVA contenenti nisina 1% nei confronti di L. monocytogenes, aloni di inibizione di 11±0,5 mm, ed una generale riduzione della crescita del 5-15% nei confronti dei batteri studiati. Di rilievo è, invece, l’effetto dei films EVA contenenti nisina sulla formazione di biofilm. Sono state registrate, infatti, riduzioni del 70%, 40% e 30% della biomassa per S. epidermidis, S. aureus e L. monocytogenes rispettivamente. I films EAA non hanno mostrato attività inibente il biofilm. Tali risultati sono stati confermati dalle immagini al microscopio a fluorescenza. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 145 di 288 COMPORTAMENTO ADESIVO DI STAFILOCOCCHI COAGULASI NEGATIVI ISOLATI DA FORMAGGI ITALIANI L. Selan (1), R. Papa (1), C. Avanzolini (1), A. Cellini (1), E. Mileto (1), T. Bertuccio (2), V. Cafiso (2), S. Stefani (2), P. S. Cocconcelli (3), M. Artini (1) G. L. Scoarughi (1) 1) Università degli Studi La Sapienza, Roma 2) Università degli Studi di Catania, Catania 3) Università Cattolica, Piacenza Scopo: Gli stafilococchi coagulasi negativi (CNS) sono saprofiti della cute e delle mucose degli animali a sangue caldo e dell’uomo, ma possono essere isolati anche da materiale alimentare, come carne, formaggio e latte (1). Durante la caseificazione del formaggio, la maggior parte dei ceppi con un riconosciuto valore tecnologico coinvolti in reazioni favorevoli per la formazione del gusto e dell’aroma appartengono a specie di CNS. In particolari circostanze, alcuni CNS possono tuttavia comportarsi come patogeni (2). Per esempio S. saprophyticus, una specie ubiquitaria nell’ambiente, può causare infezioni acute del tratto urinario. È stato studiato il comportamento adesivo di CNS isolati da vari formaggi, a differenti temperature corrispondenti alla caseificazione, alla maturazione e alla temperatura dell’ospite. Metodi: Sono stati usati 112 ceppi CNS isolati da 5 tipi differenti di formaggi italiani e 4 ceppi di riferimento. La crescita planctonica e la formazione del biofilm è stata studiata a 8°C, 20°C e 37°C. Le proteine di superficie di alcuni ceppi selezionati sono state separate mediante SDS-PAGE e i pattern autolitici sono stati studiati mediante zimografia. È stato disegnato uno studio proteomico per evidenziare proteine di superficie presenti alle differenti temperature analizzate. Risultati: Nei 112 ceppi di CNS erano prevalenti 4 specie: S. saprophyticus, S. vitulinus, S. equorum e S. caprae. Per ogni ceppo è stata analizzata la capacità di crescere e formare biofilm a 20°C e 37°C. Tra questi, 8 ceppi (capaci di formare biofilm a 8°C) sono stati selezionati per ulteriori studi. È stato analizzato il pattern proteico di superficie alle varie temperature. Inoltre, è stato effettuata un’analisi genomica del locus icaADBC e di atlE. Conclusioni: ceppi appartenenti alla stessa specie hanno mostrato differenti proprietà di adesione; inoltre, la temperatura ottimale per la crescita planctonica non necessariamente risultava ottimale per la crescita nel fenotipo sessile. Le proteine di superficie e i pattern autolitici non hanno mostrato cambiamenti rilevanti alle differenti temperature studiate. Questi pattern non mostrano correlazione all’interno della stessa specie o con la sorgente dell’isolamento. Bibliografia: 1 Irlinger. Int J Food Microbiol 2008;126:302. 2 Piette, et al., Vet Microbiol 2009;134:45. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 146 di 288 ANALISI PROTEOMICA DEL BIOFILM FORMATO DA UN CEPPO DI STENOTROPHOMONAS MALTOPHILIA ISOLATO DA FIBROSI CISTICA Carla Picciani,1,2 Barbara Pavone,1,2 Elena De Carolis,3 Domenico Ciavardelli,1,2 Arianna Pompilio,1,2 Gioviana Masciarelli,1,2 Andrea Urbani,2,4 Maurizio Sanguinetti,3 Raffaele 1,2 1,2 Piccolomini, Giovanni Di Bonaventura 1 Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Chieti-Pescara. 2 Centro Scienze sull’Invecchiamento, Fondazione Università di Chieti-Pescara. 3 Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma 4 IRCCS-Fondazione Santa Lucia, Centro Europeo di Ricerca sul Cervello, Roma Background: Stenotrophomonas maltophilia è un patogeno opportunista il cui impatto, in termini di morbilità e mortalità, è particolarmente rilevante nei pazienti neutropenici. Recenti evidenze cliniche indicano un costante incremento della frequenza di isolamento del microrganismo dalle vie respiratorie di pazienti con fibrosi cistica (FC), sebbene il suo ruolo patogenetico non sia stato ancora chiarito. Recentemente, è stata dimostrata la capacità di S. maltophilia di formare biofilm sia su plastica che alla superficie dell’epitelio bronchiale. Obiettivo: Valutare, mediante analisi proteomica, le differenze tra i profili di espressione proteica esibiti dalla forma sessile (biofilm) e planctonica di un ceppo di S. maltophilia isolato da paziente FC. Materiali e Metodi: Dopo l’estrazione e la purificazione le proteine sono state separate mediante elettroforesi 2-D. Sono stati considerati soltanto gli spots con intensità > 1000 PPM e fold planctonico/biofilm > 3. Le proteine differenzialmente espresse sono state quindi identificate mediante spettroscopia di massa (MALDITOF-MS) e ricerca in banca dati. Risultati: L’analisi comparativa delle mappe elettroforetiche ha evidenziato significative differenze nel profilo proteico espresso dai due fenotipi esaminati: nel fenotipo “biofilm” 15 proteine sono risultate iper-espresse e 31 down-espresse, rispetto alla forma planctonica. Inoltre, 16 e 7 proteine risultavano essere espresse soltanto nel biofilm o nella forma planctonica, rispettivamente. L’analisi funzionale degli spots di interesse rivelava la presenza di enzimi del metabolismo (urocanato-idratasi, serina-idrossimetil-transferasi, corismato-sintasi, isocitrato-deidrogenasi, isopropilmalato- deidrogenasi), proteine di risposta allo stress (chaperonina dello shock termico), proteine associate alla patogenesi ed alla motilità (OmpA/MotB). Conclusioni: Le variazioni dei profili proteici osservati nella forma libera ed in quella sessile suggeriscono come lo sviluppo di biofilm in S. maltophilia sia probabilmente controllato da regolazioni specifiche dell’espressione proteica. L’identificazione di proteine in grado di modulare criticamente il processo di formazione del biofilm da parte di S. maltophilia potrebbe rappresentare un interessante approccio per l’individuazione di nuove strategie terapeutiche in FC. Questo studio è stato, in parte, finanziato dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica (Progetto FFC 7/2007, adottato da Vicenzi Biscotti Spa). CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 147 di 288 I MATERIALI LEGNOSI UTILIZZATI NELL’INDUSTRIA LATTIERO-CASEARIA PROMUOVONO LA FORMAZIONE DI BIOFILM DI S.AUREUS Cafiso V1, Bertuccio T1, Spina D1, Purrello S1, Vitale S1, Carpino S2, Scoarughi GL3, Papa R3, Cocconcelli PS4, Artini M3, Selan L3 and Stefania Stefani1 1 Dipartimento di Microbiologia, Università di Catania. [email protected] -2CoRFiLaC-Regione Siciliana- Ragusa – Università La Sapienza, Roma – 4 Universita Cattolica, Piacenza. Italia S.aureus, produttore di biofilm, rappresenta una importante fonte di contaminazione batterica nell’industria alimentare ed in particolare nel settore lattiero-caseario, dove il suo isolamento è stato riscontrato in differenti varietà di formaggio così come nelle attrezzature impiegate nella sua produzione. Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di studiare la virulenza di 28 ceppi di S.aureus provenienti dall’industria lattiero-casearia isolati dal CorFilaC-Ragusa-Latte. Il campione in studio era isolato da latte non pastorizzato, superfici legnose di attrezzature usate per i processi di lavorazione del formaggio e latte non pastorizzato dopo contatto con queste. In tali ceppi, è stata analizzata la produzione di biofilm, l’agr-typing, il contenuto di adesine, tossine e l’antibiotico-resistenza. I saggi condotti per l’analisi del campione sono stati: 1) il saggio spettrofotometrico quantitativo per la produzione di biofilm secondo il metodo Christensen et al.; 2) l’agr-typing mediante MultiplexPCR e ScaI-RFLP; 3) l’analisi del contenuto dei geni della virulenza (spa-cna-atl-sdrE-sdrC-fnbAclfA/B-icaA-sea-sej-sec-sed-sek-seq) mediante Multiplex-PCR; 4) i saggi di antibiotico-resistenza (OXA-E-DA-CN-SXT-CIP-LEV-TET-RD) tramite KB secondo le linee guida del CLSI 2009. I nostri risultati evidenziavano la presenza di ceppi produttori di biofilm tra gli isolati da superfici legnose (80%) e da latte dopo contatto con queste (75%). In tutto il campione, indipendentemente dal sito di isolamento, l’agr-group I era il più diffuso (75100%), mentre il 20-25% degli isolati provenienti dagli altri siti di isolamento appartenevano all’agr-type III. Una simile distribuzione dei geni di adesione era evidente in tutti i ceppi in studio per tutti i geni analizzati. Si riscontrava, inoltre, una elevata diffusione dei geni codificanti le tossine sej, sec e sed, mentre non sono erano mai presenti i geni sea, sek-seq. Il campione in studio, infine, presentava un diffusa antibiotico-sensibilità a tutti gli antimicrobici saggiati. In conclusione, i nostri studi supportano l’ipotesi che i materiali legnosi utilizzati per la lavorazione del formaggio nell’industria lattiero-casearia promuovano la produzione di biofilm da parte di ceppi di S.aureus. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 148 di 288 VALUTAZIONE DELL’ANTIBIOTICO RESISTENZA DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS IN FORMA PLANCTONICA E DI BIOFILM Cafiso V, Bertuccio T, Spina D, Purrello S, Vitale S e Stefani S Dipartimento di Microbiologia e Ginecologia–Università di Catania- via Androne 81–Catania tel.095-2504742 e-mail:[email protected] I biofilm batterici rappresentano comunità sessili e “pluricellulari” con caratteristiche metaboliche e fisiologiche diverse dalle forme planctoniche tra cui un’aumentata resistenza agli agenti antimicrobici con meccanismi di resistenza essenzialmente riconducibili a problemi di penetrazione dell’antibiotico nella matrice biofilm. Scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare l’antibiotico-resistenza di Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA) in forma planctonica e di biofilm di un gruppo di isolati verso levofloxacina, linezolid, daptomicina, tigeciclina, tobramicina e rifampicina. A tale scopo, sono state determinate, per le forme planctoniche, le MIC e le MBC secondo metodologie standard, e per i biofilm le MBIC (Minimum-Biofilm-Inhibent-Concentration) e le MBEC (Minimum-BiofilmEradication-Concentration), modificando la metodica standard “Calgary-Biofilm-Device” (CBD). Considerando i risultati ottenuti nei saggi planctonici, tutti gli antibiotici saggiati, ad eccezione del linezolid, sono risultati battericidi, con valori di MIC90 sovrapponibili a quelli di MBC90. Si evidenzia, inoltre, che la MIC90 e la MBIC90 di tigeciclina e rifampicina differiscono per una sola diluizione, quelle di linezolid, daptomicina e tobramicina per 2 o 4 diluizioni, mentre quelle di levofloxacina coincidono e sono pari a 16 mg/L. E’ interessante sottolineare che la MBIC90 di tigeciclina è pari a 0.5 mg/L e quella di rifampicina è <2 mg/L. I saggi antimicrobici sui biofilm stafilococcici maturi mostrano che i valori di MBEC90 sono più alti di almeno due diluizioni rispetto alle MBC90 per tutti gli antibiotici saggiati. E’ da considerare, però, che mentre la MBEC90 di daptomicina e rifampicina è pari a 16 mg/L, quelle di levofloxacina, linezolid, tobramicina e tigeciclina risultano ≥128 mg/L. In conclusione, il nostro lavoro dimostra come sia importante saggiare l’attività degli antibiotici nei confronti di microrganismi organizzati in biofilm dimostrando, inoltre, come questi saggi divengano necessari laddove l’infezione sia sostenuta da “biofilm microbici”. Inoltre, rifampicina presenta una spiccata attività sia inibente che eradicante, mentre tigeciclina e daptomicina presentano, rispettivamente, una buona attività inibente ed una eradicante nei confronti dei biofilm maturi prodotti da MRSA. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 149 di 288 RUOLO DI CADF NEL MANTENIMENTO DELLE PROPRIETÀ ADESIVE NELLE FORME VBNC DI CAMPYLOBACTER JEJUNI Baffone W1., Patrone V1., Campana R1., Vallorani L2., Dominici S2., Federici S1., Casadei L3., Gioacchini A.M3 e Stocchi V3. 1 Dipartimento di Scienze Biomolecolari, Sezione di Scienze Tossicologiche Igienistiche ed Ambientali; 2 Dipartimento di Scienze Biomolecolari, Sezione di Biochimica e Biologia Molecolare; 3 Dipartimento di Scienze Biomolecolari, Sezione di Scienze Motorie e della Salute. Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, Urbino Il processo patogenetico di Campylobacter jejuni, uno dei principali agenti responsabili di infezioni gastroenteriche, inizia con la colonizzazione del tratto intestinale mediante adesione alla superficie degli enterociti. Fra le molecole implicate nell’adesione alla cellula ospite, importanza assume CadF, una proteina legante la fibronectina. La conservazione della capacità di aderire alle cellule intestinali e, quindi, di dare inizio al processo infettivo, è un aspetto ampiamente dibattuto per questo microrganismo anche quando, in condizioni ambientali sfavorevoli, adotta strategie di sopravvivenza entrando in uno stato vitale ma non coltivabile (VBNC). Lo scopo del presente lavoro, pertanto, è stato quello di studiare in vitro la persistenza delle capacità adesive di ceppi di C. jejuni indotte alla forma VBNC, e di valutare se CadF possa contribuire al processo adesivo delle cellule non coltivabili ottenute. A questo proposito, contestualmente alla valutazione in vitro della efficienza di adesione a monostrati di Caco-2, è stata determinata l’espressione del gene cadF mediante una tecnica di RT-PCR. Lo studio è stato condotto su due ceppi di C. jejuni, uno di riferimento (C. jejuni ATCC 33291) e uno di origine umana (C. jejuni 241) conservati ciascuno in specifico microcosmo a 4°C per l’induzione dello stato VBNC e periodicamente monitorati per valutare i cambiamenti nelle loro capacità adesive. Parallelamente è stata determinata l’espressione del gene cadF mediante una tecnica di RT-PCR. Oltre al mantenimento da parte dei ceppi di C. jejuni della capacità di aderire alle Caco-2, anche se con una più modesta efficienza durante l’evoluzione verso lo stato VBNC, un frammento di 400 bp, indicante la presenza dell’mRNA per CadF, è stato osservato nei campioni prelevati da entrambi i microcosmi raccolti ai tempi 0, 7, 21, 35 e 46. Negli stessi campioni è stata effettuata la valutazione dell’espressione della proteina CadF mediante elettroforesi bidimensionale. Nella mappa 2D, la proteina CadF è stata localizzata tramite western blot utilizzando un anticorpo anti-CadF; l’identificazione è stata confermata attraverso analisi di spettrometria di massa. La continua amplificazione dell’mRNA per CadF durante tutto il periodo che porta all’entrata in VBNC dimostra che il gene cadF è mantenuto ed espresso persino in questo particolare stato fisiologico. Inoltre, la sua ricerca con metodi molecolari potrebbe risultare di grande utilità nell’individuazione di questi batteri nell’ambiente anche in forma non coltivabile. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 150 di 288 SIGNIFICATIVA CORRELAZIONE TRA LA PRESENZA DEI GENI ICA, LA PRODUZIONE DI BIOFILM E LA MULTI-RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI DI CEPPI DI STAPHYLOCOCCUS EPIDERMIDIS ISOLATI DA CATETERE VENOSO CENTRALE M. Cavallo1,2, F. Pagliai1,2, M. Rinaldi1,2, S. Andreoni3, G. Fortina3 e M.G. Martinotti1,2. 1 DiSCAFF – Università degli Studi del Piemonte Orientale “A. Avogadro” (Novara); 2DFB Center (Novara); 3Azienda Ospedaliera “Maggiore della Carità” (Novara) La capacità di ceppi di Staphylococcus epidermidis di aderire alla superficie dei cateteri venosi centrali (CVC) e di produrre biofilm rappresenta un importante fattore di virulenza associato ad un significativo incremento della morbilità e mortalità, specialmente nei pazienti immunocompromessi. Inoltre, la resistenza agli antibiotici rappresenta un ulteriore importante fattore di virulenza nei ceppi produttori di biofilm. In questo lavoro sono stati investigati 59 S. epidermidis isolati da CVC di differenti pazienti con lo scopo di: a) valutare la capacità di produrre biofilm e rilevare la presenza dei geni coinvolti nella produzione di biofilm (atlE, icaADBC e aap); b) evidenziare la presenza del gene per la resistenza all’oxacillina (mecA); c) correlare la presenza dei geni icaADBC e la multi-resistenza agli antibiotici. Il 51% dei ceppi di S. epidermidis sono risultati positivi per la presenza di icaADBC, circa il 90% per aap e il 100% per atlE. La presenza di icaADBC è risultata fortemente correlata con la produzione di slime (p-value ≤0.001). L’ottantatre percento dei ceppi è risultato mecA+; tutti i ceppi icaADBC+, atlE+ e aap+ erano resistenti alla penicillina e circa il 90% all’oxacillina: nessun ceppo era resistente alla vancomicina. Infine, circa il 47% dei ceppi icaADBC+ e solo il 20% degli icaADBC- sono risultati resistenti ad almeno 5 antibiotici su 7 saggiati. Una significativa correlazione tra la presenza di icaADBC e la produzione di biofilm suggerisce che questi geni possono essere utilizzati come markers di virulenza dei ceppi di S. epidermidis associati ai CVC; al contrario, i geni aap e atlE non sembrano essere candidati affidabili. La significativa correlazione tra la produzione di biofilm e la multi-resistenza agli antibiotici sottolinea l’importanza di questi markers per caratterizzare la virulenza dei ceppi. Questo lavoro è stato eseguito con i fondi del progetto “Ricerca Sanitaria Finalizzata 2006”Regione Piemonte. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 151 di 288 ANALISI DELL’ESPRESSIONE GENICA DELLE UROPLACHINE IN MODELLI PRECLINICI DI VESCICA NEUROLOGICA. Sferra D.1, Paterniti I.3, Scarselli P.2, Genovese T.3, Aiello C1., Milasi A1 Notartomaso S.1, Cece G.1, Di Buono M.1, Cuzzocrea S.3 and Di Marco R.1. 1 Dipartimento di Scienze per la Salute, Università del Molise - Campobasso 2 Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed - Pozzilli (IS) 3 Dipartimento clinico Sperimentale di Medicina e Farmacologia , Università di Messina - Messina Le modificazioni morfo fisiologiche della mucosa vescicale secondarie a trauma midollare possono contribuire all’instaurarsi di infezioni batteriche. Recenti dati di letteratura supportano l’ipotesi secondo cui la discinesia vescicale conseguente alla denervazione non è l’unico elemento in grado di favorire la colonizzazione batterica. In seguito al trauma si assiste ad un cambiamento morfologico e funzionale dell’uroepitelio, caratterizzato da perdita superficiale delle cellule a ombrello, rapido differenziamento delle cellule dello strato intermedio ed incremento dell’espressione di alcune molecole di superficie, le uroplachine, le quali sembrano possano essere coinvolte nella più frequente ricorrenza di episodi di cistite batterica tra i pazienti con lesione midollare. Le uroplachine (UPs) Ia, Ib, II, IIIa sono le quattro proteine transmembrana delle placche uroteliali, che ricoprono la superficie apicale delle cellule ad ombrello e che appaiono di notevole interesse per la loro interazione con specie batteriche uropatogene; contribuendo alla formazione del glicocalice nell’urotelio, costituiscono una barriera fisica che respinge e previene l’invasione di batteri nel lume urinario. Inoltre, le uroplachine 1a e 1b hanno anche importanti funzioni immunologiche nella vescica, agendo come recettori di ceppi di E. coli uropatogeni provvisti di fimbrie di tipo 1. Obiettivo dello studio è stato quello di verificare i livelli di espressione delle quattro maggiori uroplachine in modelli murini di vescica neurologica e in cellule uroteliali isolate da modelli murini di sclerosi multipla (EAE), anche al fine di monitorare la cinetica di colonizzazione batterica conseguente a trauma midollare. L’espressione di tutte le uroplachine nelle vesciche dei topi traumatizzati o affetti da encefalite allergica sperimentale ha mostrato profondi cambiamenti durante il time course stabilito, riflettendo i diversi cambiamenti morfologici a cui va incontro l’uroepitelio in seguito a danni midollari, nel confronto con i tessuti di controllo. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 152 di 288 RUOLO DELLA IL-17A SULLA PRODUZIONE DI IFN-γ IN CELLULE T CD4+ INFETTATE CON HELICOBACTER PYLORI. Giovanna Stassi, Bernadette Pavone, Domenica Gazzara, Gaetano Costa, Daniela Iannello, Adriana Arena. Dipartimento di Discipline Chirurgiche sez. Microbiologia, Policlinico Universitario, Università di Messina. Helicobacter pylori è un bacillo gram negativo che può colonizzare la mucosa gastrica. I quadri clinici successivi ad un infezione da H. pylori sono estremamente variabili. L’infezione da H. pylori determina una marcata infiltrazione nella lamina propria della mucosa gastrica di T linfociti che contribuiscono alla patogenesi della gastrite sintetizzando citochine di tipo Th1, come IL-12 e IFN-γ. Evidenze recenti hanno documentato, in corso malattie infiammatorie sostenute da microrganismi extracellulari, la co-presenza di una popolazione linfocitaria T CD4+ caratterizzata dalla produzione di IL-17 e chiamata per tale motivo Th17. Una risposta di tipo Th17 è documentata anche per le gastriti da H. pylori. Scopo del nostro progetto è quello di studiare, in un sistema in “vitro”costituito da linfociti T CD4+ , la produzione di IL-17A e di IFN-γ allo scopo di valutare un’ eventuale correlazione della risposta Th 1/Th 17 indotta dall’infezione con H. pylori . I risultati ottenuti mostrano che l’infezione da H. pylori induce un significativo incremento di produzione di IL-17A tempo dipendente, con picco di produzione alle 72 ore. Parallelamente l’andamento della cinetica di IFN-γ mostra un picco di produzione alle 12 ore dall’infezione seguito da un significativo decremento fino alle 72 ore. Allo scopo di capire se esisteva una correlazione tra la produzione della IL-17A e dell’IFN-γ, in una prima serie di esperimenti abbiamo dosato i livelli di produzione di IFN-γ sia in seguito alla neutralizzazione di IL-17A con anticorpi monoclonali che all’addizione di IL-17A ricombinante. I risultati ottenuti in seguito alla neutralizzazione di IL-17A mostrano un incremento della produzione di IFN-γ, mentre, l’addizione di IL-17A ricombinante, determina un modesto decremento di IFN-γ. In un’altra serie di esperimenti abbiamo dosato i livelli di produzione di IL-17A sia in seguito alla neutralizzazione di IFN-γ con anticorpi monoclonali che all’addizione di IFN-γ ricombinante. I risultati ottenuti mostravano che IFN-γ non influenza la produzione di IL-17A. In conclusione i nostri risultati indicano che l’ infezione “in vitro” con H. pylori induce sia una risposta Th1 [IFN-γ] che una risposta di tipo Th17 [IL17A] e che tali risposte sembrano agire in concerto nel determinare il processo infiammatorio. Inoltre, i nostri dati suggeriscono un possibile ruolo della IL-17A nel modulare la produzione di IFN-γdurante l’infezione da H.pylori. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 153 di 288 IL RUOLO DELLA PSEUDOMONAS AERUGINOSA NEL RILASCIO DI MEDIATORI INFIAMMATORI DA PARTE DI CELLULE MONONUCLEATE UMANE Rizzo A, Sorrentino S, Mazzola N, Paolillo R, Romano Carratelli C. Dipartimento di Medicina Sperimentale Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica Facoltà di Medicina e Chirurgia Seconda Università Studi di Napoli. Pseudomonas aeruginosa è un patogeno opportunista che può infettare piante ed animali. In particolare, P. aeruginosa provoca infezioni nei pazienti immunocompromessi ed è di considerevole importanza nelle infezioni nosocomiali rappresentando un grave problema nelle unità di cura intensiva. Durante il processo della malattia, nell’ospite le prime cellule ad essere infettate sono i macrofagi alveolari ed i monociti (MN). Il microrganismo stimola la liberazione di una vasta gamma di prodotti extracellulari come elastasi, fosfolipasi C, ramnolipidi, lipopolisaccaridi e lipasi, che risultano essere importanti nella stimolazione della risposta immune cellulo-mediata. Nel presente studio si è dimostrato che supernatanti provenienti dalla cultura batterica in fase di crescita stazionaria risultano possedere un potente effetto proliferativo ed essere induttori di IL-23 in cellule mononucleate umane, indicando la presenza di fattori solubili coinvolti nel processo di attivazione cellulare. Cellule U937 e MN esposti a P. aeruginosa (MOI = 20, 50, 100) mostrano un incremento dose-dipendente della secrezione di IL-23 rispetto ai controlli. Allo stesso modo cellule U937 e MN esposti ai supernatanti provenienti dalla cultura batterica rilasciano IL-23 ad una concentrazione quasi simile a quella indotta da soli batteri. In aggiunta, i supernatanti provenienti dalla cultura batterica inducono proliferazione di cellule U937 e MN, determinata mediante saggio colorimetrico 3-[4.5-dimethyl-2.5 thiazolyl]-2.5 diphenyl tetrazolium bromide (MTT), in rapporto alle concentrazioni usate. Le cellule U937 e MN esposte ai supernatanti ottenuti dalla cultura batterica in presenza di hexadecylsulfonyl fluoride, potente inibitore dell’enzima lipasi, presentano una diminuzione della proliferazione e del rilascio di IL-23 del 50% e 70%, rispettivamente, rispetto ai controlli (supernatanti di cultura non trattati). I nostri risultati suggeriscono che i supernatanti provenienti dalle culture di P. aeruginosa presentano fattori solubili che potrebbero intervenire nella stimolazione della difesa dell’ospite. Ulteriori studi sono necessari per chiarire il meccanismo mediato dalle varie molecole presenti nei supernatanti della coltura batterica ed il loro effetto sulle cellule effettrici dell’infiammazione. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 154 di 288 ALTERAZIONI FUNZIONALI E FENOTIPICHE DEI POLIMORFONUCLEATI NELLA SINDROME DI SEZARY Giuliana BANCHE, Maria Teresa FIERRO*, Mauro NOVELLI*, Valeria ALLIZOND, Alessandra COMESSATTI*, Pietro QUAGLINO*, Daniela SCALAS, Chiara MERLINO, Maria G. BERNENGO* e Anna Maria CUFFINI Dip. Sanità Pubblica e Microbiologia, *Dip. Scienze Biomediche e Oncologia Umana – sez. Dermatologia, Università degli Studi di Torino La Sindrome di Sézary (SS) è una rara forma di linfoma primitivo cutaneo a cellule T a evoluzione infausta, caratterizzata da eritrodermia desquamativa generalizzata, proliferazione di linfociti T neoplastici e linfoadenopatia generalizzata. La prima linea di difesa nei confronti degli agenti patogeni infettanti è rappresentata dall’attività dei polimorfonucleati (PMN) che si esplica anche attraverso il riconoscimento di profili molecolari microbici (PAMP, componenti molecolari dei patogeni) mediante l’espressione dei Toll-like receptors (TLR). Le scarse segnalazioni in letteratura su eventuali deficit dei PMN nella SS ci hanno indotto a studiare i PMN mediante un approccio multifattoriale. L’attività funzionale è stata valutata mediante test di fagocitosi e killing intraPMN. Il pattern di espressione di membrana dei TLR (2,4,5,8,9) e l’attivazione fenotipica (CD11b, CD62L e CD66b) sono stati studiati in citometria a flusso. I PMN derivati da 17 pazienti affetti da SS hanno mostrato un’attività fagocitaria nei confronti di K. pneumoniae comparabile a quella dei soggetti sani solo nei primi 30’ ma diminuita nei tempi successivi (15.8% vs 19.7% a 60’e 12.5% vs 15.5% a 90’; p<0.01) associata ad una ridotta efficienza nel killing intraPMN. Inoltre, il deficit fagocitario dei PMN è risultato più accentuato nei pazienti più immunocompromessi con frequenti infezioni rispetto a quelli senza infezioni. Il fenotipo dei PMN non ha evidenziato differenze percentuali dell’espressione di CD11b, CD62L, CD66b, mentre è stata riscontrata una netta downregolazione di CD62L (p=0.001) e un moderato incremento dell’intensità di espressione di CD11b e di CD66b. Lo studio del pattern di espressione dei TLR ha mostrato un’aumentata espressione percentuale di TLR5, ligando della flagellina (88.1 vs 75.55, p=0.0087) e di TLR9, recettore del CpGDNA non metilato (85.1 vs 71.2, p=0.053). Nessuna differenza è stata riscontrata nell’espressione di TLR 2, 4 e 8. I dati sinora ottenuti evidenziano la presenza di numerose alterazioni dei PMN nel controllo delle infezioni batteriche, per minor capacità di extravasazione dovuta alla down-regolazione di CD62L e per ridotta attività di fagocitosi e killing. L’aumento percentuale dell’espressione dei TLR 5 e 9 potrebbe rappresentare un tentativo di compensare i deficit funzionali sopracitati. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 155 di 288 HBHA COULD BE DISCRIMINATE BETWEEN ACTIVE AND LATENT TUBERCULAR INFECTION? Bua A1, Molicotti P1, Ruggeri M1, Pirina P2, Mura MS3, Delogu G4, Fortis C5, Zanett S1. 1 Department of Biomedical Science University of Sassari. 2Clinic of Respiratory Diseases, University of Sassari. 3Institute of Infectious Diseases, Sassari. 4Institute of Microbiology, Catholic University, Rome. 5 Scientific Institute San Raffaele of Milan In this study we compared, in subjects with suspect tubercular infection, the production of interferon-γ induced by antigens ESAT-6, CFP-10 and TB7 used in the QuantiFERON Gold in tube, with the one induced by HBHA and by a pool of five peptides (MTPs) deriving from the sequence of ESAT-6 and CFP-10. Blood specimens were collected from different subjects and stimulated with QuantiFERON Gold-in tube antigens, with HBHA and with the pool of five peptides. IFN- concentration was calculated by ELISA assay as indicated by the manufacturer of QuantiFERON Gold-in tube. The response found in patients with active disease to QuantiFERON Gold-in tube and the pool of five peptides was statistically different from that to HBHA, whereas there was not a statistically difference among the response found in subjects with latent infection of Group II between QuantiFERON Gold-in tube, the pool of five peptides and HBHA. In the healthy subjects between QuantiFERON Gold-in tube and HBHA was observed a statistically difference but no between the pool of five peptides and HBHA. Our results indicated that HBHA could distinguish between latent and active tuberculosis and might be an antigen that could improve the immunological assay now available. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 156 di 288 UN VETTORE EPISOMALE CONTENENTE IL GENE ECTO-5’-NUCLEOTIDASI F. Monica Cavaliere, Carmen Cimmino Dipartimento di Biologia Cellulare e dello Sviluppo, Università “La Sapienza”, Roma I principali ostacoli per gli xenotrapianti sono il rigetto iperacuto (HAR), il rigetto umorale ritardato acuto (AHXR) ed il rigetto mediato da cellule. Mentre l’HAR è stato ampiamente debellato nei maiali privati dell’antigene alfa1,3Gal od in maiali che sovraesprimono i regolatori umani del complemento quali hDAF, gli altri due aspetti del problema rimangono insoluti. L’enzima ecto-5’-nucleotidasi (E5’N), presente sulla superficie delle cellule endoteliali, regola la conversione dei nucleotidi extracellulari in adenosina che ha effetti citoprotettivi, immunosoppressivi ed antiinfiammatori e contrasta anche l’attività citotossica delle cellule NK; per questo può contribuire al controllo del rigetto. L’attività di E5’N è molto più debole nei maiali rispetto a quella presente nell’uomo, particolarmente nel cuore, differenza che può creare problemi nello xenotrapianto di organi, tessuti e cellule. Ci siamo proposti di clonare il gene umano E5’N (hE5’N) in un vettore con l’intento di inserire questo gene in maiali precedentemente modificati per l’HAR. Per lo xenotrapianto sono particolarmente indicati vettori episomali in grado di replicarsi autonomamente nelle cellule ospiti e che pertanto non modificano il genoma, evitando così danni negli organi da trapiantare. pEPI-eGFP è un vettore episomale mitoticamente stabile in cellule di mammifero e permette una efficiente espressione dei transgeni: con questo vettore sono stati prodotti maiali modificati, nelle cellule dei quali il plasmide era episomale ed esprimeva la proteina GFP nei diversi tessuti. Abbiano clonato il gene hE5’N in pEPI-eGFP (pEPI-E5’N) ed abbiamo dimostrato che il suddetto gene presentava una sequenza identica a quella contenuta nel database NCBI e che tutti i geni di pEPI-eGFP erano presenti in pEPI-E5’N. Dopo trasferimento di pEPI-E5’N in cellule di maiale PIEC, l’analisi RT-PCR ha dimostrato che E5’N risultava espresso efficientemente. Il DNA plasmidico è stato estratto dalle cellule PIEC ed utilizzato per trasformare Escherichia coli: sono stati ottenuti cloni batterici a dimostrazione che il plasmide era localizzato episomalmente nelle cellule. Mediante analisi di restrizione abbiamo dimostrato che pEPI-E5’N non aveva subito significative alterazioni strutturali nel passaggio in cellule di maiale. Ci si può attendere che l’introduzione di pEPI-E5’N in maiali modificati geneticamente per ovviare all’HAR fornirà un importante contributo per risolvere gli altri due ostacoli immunologici causa di rigetto e potrà essere utile in altri approcci terapeutici che richiedono una immunosoppressione intensiva in sostituzione della terapia medica. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 157 di 288 INVOLVEMENT OF THE AXL/GAS6 PATHWAY IN THE TLR-MEDIATED IMMUNE RESPONSE Scutera S.1, Fraone T. 2, Rossi S., Daniele R. 1, Zucca M.3 and Musso T. 1 1 Dept. of Public Health and Microbiology, University of Torino 2 Dept. of Medicine and Experimental Oncology, University of Torino 3 Dept. of Clinical and Biological Sciences, University of Torino, Italy The innate immune response to pathogens represents the first line of defense against infectious diseases. The most potent mediators of this response are the TLRs, a set of “pattern-recognition receptors” that detect invariant molecular signatures displayed by invading pathogens and activate host defenses. Axl is an important member of the receptor tyrosine-kinase family constituted by Tyro3, Axl, and Mer (TAM family). It has been verified in vivo that loss of function of the three TAM receptors, Tyro3, Axl, and Mer, results in profound dysregulation of the immune response. Moreover recently it has been demonstrated that, in murine macrophages and dendritic cells (DC), TAM receptor signaling limits the TLR-induced production of proinflammatory cytokines through the induction of the inhibitory proteins suppressor of cytokine signaling SOCS1 and SOCS3. We evaluated the effect of these interesting on human DC. Our study revealed that IFN generated DC, but not IL-4 generated DC, acquire cell surface Axl during their differentiation, but IFN-α did not affect the expression of Tyro3 and Mer, whose level was comparable in both IFN/DC and IL4/DC.TLR-dependent maturation stimuli (LPS, polyI:C, TLR7/8 ligand) significantly down-regulate the Axl expression on IFN/DC through increased proteolytic cleavage and that Gas6, the vitamin Kdependent Axl ligand, regulates TLR-induced cytokine release by human DC in vitro. These data indicate that the Axl/Gas6 system is involved in the regulation of the early immune response to pathogens. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 158 di 288 INFEZIONI BATTERICHE E ANTIBIOTICO-RESISTENZA IN UNA POPOLAZIONE DI PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI RENE E RENE-PANCREAS Veroux M, Scriffignano V, Giuffrida G, Gagliano M, Grassi P, Giaquinta A, Grasso E , Corona D, Gona F, Amodeo A, Tallarita T, Guardo G, Veroux P. Sciacca A, Nicoletti G. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Trapianto di organi e tecnologie avanzate, Centro Trapianti d'Organo, Azienda Policlinico Università di Catania Obiettivo: identificare le resistenze agli antibiotici in una popolazione di trapianti di rene. Materiali e metodi: Sono stati analizzati retrospettivamente gli esami colturali in una popolazione di 307 trapianti di rene eseguiti nel periodo Gennaio 2004- Marzo 2009. Risultati: Un totale di 886 isolati significativi sono stati identificati : 469 E. coli (53%), 63 P. aeruginosa (7,%), 50 K. pneumoniae (6%), 138 Enterorobatteri (15%), 101 Gram negativi non fermentanti : 14 Acìnetohacter (2%) 6 Stenotrophomonas( 1%) e_81 Enterococchi (9,%), 29 Stafilococchi coagulasi negativi (3%), 36 S.Aureus ( 4%) (Tab.l). Gli Enterococchi e l'Acinetobacter hanno mostrato un incremento della resistenza ai chinolonici dal 60% al 100%. Conclusioni: il progressivo incremento delle resistenze microbiche nel follow up dei pazienti sottoposti a trapianto di rene, potrà rendere in un futuro prossimo il trattamento delle comuni infezioni batteriche potenzialmente difficoltoso, con un prevedibile incremento di morbilità e ospedalizzazione di questi pazienti, con un probabile incremento di perdita per graft Un approccio mirato e diversificato al trattamento antibiotico delle complicanze batteriche appare quindi indispensabile al fine di evitare la selezione di ceppi multi-resistenti alle terapie antibiotiche. Tab.1 Resistenze microbiche durante il periodo 2004-2009 E. Coli Pseudomonas Piperacillina Piperacillina+tazobactam Carbapenemici Ciprofloxacina Levofloxacina CHIUDI 2004 60% 50% 10% 60% 60% STAMPA 2009 60% 50% 10% 72% 72% RELAZIONI 2004 35% 35% 10% 50% 50% 2009 35% 35% 10% 80% 80% COMUNICAZIONI ORALI K. Pneumoniae 2004 100% 25% 10% 10% 10% POSTER 2009 100% 25% 10% 65% 65% 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 159 di 288 RUOLO DELL’ERITROMICINA SULLA RISPOSTA DEI PMN NEI CONFRONTI DI STREPTOCOCCUS PYOGENES ERITROMICINO-RESISTENTI Nicola Carlone, Vivian Tullio, Giuliana Banche, Valeria Allizond, Narcisa Mandras, Daniela Scalas, Janira Roana, Deborah Greco E Anna Maria Cuffini Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università degli Studi di Torino Nonostante la prevalenza della resistenza ai macrolidi in Streptococcus pyogenes, riportata da diversi paesi come l'Europa e l'Asia, sia notevolmente aumentata, questi allarmanti risultati in vitro non sempre confermano un impatto negativo sull’efficacia clinica in vivo. Infatti, il successo nel trattamento delle infezioni microbiche è correlato al sinergismo tra la risposta immunitaria innata, con i polimorfonucleati (PMN) quali fagociti-prima linea di difesa, ed i farmaci antibatterici impiegati nel contrastare l’infezione. Un approccio terapeutico corretto deve quindi tendere sia all’eradicazione del microrganismo patogeno sia al potenziamento dei meccanismi di difesa dell’ospite. Al fine di valutare l’eventuale attività immunomodulante dell’eritromicina sul binomio batterio antibiotico-resistente/ospite, è stato determinato l’effetto del macrolide sull’attività fagocitaria e battericida dei PMN nei confronti di isolati clinici di S. pyogenes sia eritromicinosensibili (ES) sia eritromicino-resistenti (ER). In particolare, sono stati oggetto dello studio 1 ceppo sensibile, 3 fenotipi altamente resistenti (cMLS, iMLSB-A, iMLSB-B) e 2 fenotipi moderatamente resistenti (M e iMLSB-C), determinati mediante il test del triplo disco. I risultati ottenuti mostrano che, in condizioni in cui eritromicina, fagociti e streptococchi sono contemporaneamente presenti nel mezzo di coltura, l’attività fagocitaria dei granulociti si attesta su valori sovrapponibili a quelli dei controlli privi di farmaco. Al contrario, i dati enfatizzano un significativo aumento (p<0.05, p<0.01) del killing intracellulare dei fagociti in presenza dell’eritromicina nei confronti non solo dei ceppi ES ma anche di quelli ER appartenenti ai fenotipi altamente e moderatamente resistenti. Questi dati, pertanto, forniscono un valido contributo alla comprensione della cooperazione che si attua tra il sistema immunitario aspecifico e l’eritromicina che risulta capace di influenzare positivamente l’interazione ospite-batterio, determinando un considerevole aumento dell’attività microbicida dei fagociti umani nei confronti di tutti i ceppi di S. pyogenes, sia sensibili che resistenti, limitando, dunque, la diffusione dell’infezione e prevenendo le manifestazioni cliniche associate. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 160 di 288 DATI PRELIMINARI SULLE MODIFICAZIONI DI ALCUNI PARAMETRI DEL SISTEMA IMMUNITARIO UMANO INDOTTE DAL TRATTAMENTO CON CEFACLOR Di Marco R. 1, Meloscia A. 1., Sferra D. 1., Di Zazzo E. 1, Russo R2., Costanzo C. M 2., Scalia G2., Nicoletti G. 2 1 Dipartimento di Scienze per la Salute, Università degli Studi del Molise - Campobasso 2 Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche; Università degli Studi di Catania, Laboratorio centralizzato, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “G. Rodolico” di Catania Numerosi antibiotici comunemente usati nella pratica clinica sono anche in grado di influenzare, sia “in vitro” che “in vivo”, il Sistema Immunitario. Diversi studi hanno dimostrato che il cefaclor è in grado di modificare alcune componenti della risposta immunitaria quali, ad esempio, produzione di leucotrieni, la formazione di radicali di ossigeno e della istamina. Altri dati riportano che il cefaclor è in grado di ripristinare la chemiotassi ed il potenziale ossidativo dei fagociti nella condizione di immunocompromissione in modelli animali e nell’uomo. Più recentemente abbiamo descritto l’incremento di alcune citochine Th-1 e Th-2 in seguito al trattamento con cefaclor sia “in vitro” che “ex vivo” in un modello animale. Abbiamo voluto approfondire gli effetti immunoregolatori del trattamento con cefaclor in pazienti affetti da faringotonsillite acuta, una delle più frequenti patologie infettive in età pediatrica. Pazienti affetti da faringotonsillite sono stati trattati con cefaclor o con amoxicillina per 7 gg se positivi al test rapido per streptococco β-emolitico di gruppo A o non sottoposti ad alcun trattamento se negativi. Per la valutazione dell’assetto immunitario si è proceduto alla determinazione dell’espressione di mRNA di citochine mediante metodiche PCR nei linfomonociti circolanti, prelevati al reclutamento e 7 giorni dopo l’inizio del trattamento. Inoltre, sono stati valutati i livelli sierici di TNF-α e IFN-γ e quelli delle IgA secretorie nella saliva. Il gruppo di pazienti trattato con antibiotico ha mostrato livelli di espressione del TNF-α e l’IFN-γ significativamente superiori rispetto ai non trattati. In aggiunta, il gruppo sottoposto al trattamento con cefaclor ha mostrato livelli superiori di queste citochine rispetto al gruppo trattato con amoxicillina. I pazienti trattati con cefaclor hanno mostrato di mantenere livelli salivari di IgA nettamente superiori rispetto ai pazienti trattati con amoxicillina, in cui sono apparsi, invece, decisamente diminuiti. In accordo a dati precedenti generati sia da noi che da altri autori “in vitro” e in modelli preclinici, il cefaclor conferma possedere un effetto immunostimolante anche nell’uomo. In particolar modo, i livelli di citochine essenziali per la clearance batterica, quali TNF-α ed IFN-γ, risultano considerevolmente aumentati nei pazienti trattati con cefaclor rispetto ad amoxicillina. L’osservazione che i livelli di IgA secretorie nella saliva risultano notevolmente aumentati in seguito al trattamento con cefaclor viene descritta da noi per la prima volta. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 161 di 288 VALUTAZIONE DEI POTENZIALI EFFETTI IMMUNO-MODULANTI DEL CEFACLOR: STUDIO IN VIVO DELLA CHEMIOTASSI. Quattrocchi C.2, Aiello C.2 Notartomaso. S.1, Sferra D1. , Di Rosa M2, Mangano K.2, Di Buono M.1, Cece G.1, Fagone P.2, Di Marco R.1 1 Dipartimento di Scienze per la Salute, Università del Molise – Campobasso 2 Dipartimento Scienze Biomediche, Università di Catania - Catania La chemiotassi è una componente centrale della risposta immune. La conoscenza della sua fisiologia è di grande rilevanza sia nello studio dei meccanismi patogenetici di malattie su base immuno-infiammatoria che ai fini della ricerca farmacologica del settore. Gli studi classici sulla chemiotassi valutano la migrazione direzionale delle cellule bersaglio in risposta ai gradienti di mediatori chemioattrattanti. Lo studio in questa area è particolarmente complesso se si considera che l’intero processo è finemente regolato “in vivo” attraverso la liberazione di una moltitudine di mediatori e che l’intero network di mediatori non è riproducibile “in vitro”. Partendo da queste basi, abbiamo recentemente messo a punto un protocollo sperimentale utile per lo studio della chemiotassi “in vivo”, insufflando sottocute 2 ml di aria sterile nel dorso di topi CD1 femmine ed inducendo 5 gg dopo la chemiotassi nella bolla d’aria mediante l’inoculo di agenti chemiotattici (LPS o Zymoxan) al fine di valutare la migrazione e/o la produzione di citochine nelle ore successive. Utilizzando questo modello animale, abbiamo potuto verificare il potenziale effetto immunomodulante di alcuni antibiotici beta lattamici con i quali gli animali erano stati pretrattati nei 7 gg giorni antecedenti il sacrificio. E’ stata valutata la migrazione leucocitaria, l’attivita mieloperossidasica e la produzione di citochine. I dati emersi dallo studio confermano che il trattamento con antibiotici è sostanzialmente in grado di influenzare il processo chemiotattico. In breve: in seguito al trattamento con cefixima, ceftibuten amoxicillina/acido clavulanico ed amoxicillina si è registrato in lieve incremento delle conte cellulari, mentre il cefaclor ha mostrato di possedere effetti immunofarmacologici più marcati, in grado di favorire la chemiotassi dei fagociti e l’attività antimicrobica dei polimorfonucleati, dato confermato, inoltre, mediante la misurazione dell’attività mieloperossidasica. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 162 di 288 VALUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ DELLA RIFAMICINA SV IN RATTI CON COLITE INDOTTA DA DNB E SULLA PRODUZIONE DI IFN-γ IN SPLENOCITI DI RATTO STIMOLATI CON CON-A. Quattrocchi C1., Mangano K1., Aiello C1., Milasi A1., Celasco G2., Moro L2., Bozzella R2., Surace M. M.2, Sferra D3., Di Marco R3. 1 COSMO Research & Development Srl - Lainate 2 COSMO Pharmaceuticals S.p.A. - Lainate 3 Dipartimento di Scienze per la Salute, Università del Molise - Campobasso Scopo dello studio è stato quello di valutare l’attività della rifamicina SV somministrata per os in ratti con colite indotta da dinitrobenzene (DNB) e sulla produzione di citochine in splenociti di ratti stimolati con Concanavalina A (Con A) e sottoposti al medesimo trattamento. La colite è state indotta in ratti Wistar mediante una singola somministrazione intracolonica di 30 mg di DNB in 0.25 ml di etanolo al 50%. Gli animali sono stati suddivisi in 5 gruppi di 10 animali per gruppo e trattati, a partire dai 5 giorni precedenti l’induzione della colite, per 9 giorni consecutivi, come segue: veicolo, rifamicina SV 2, 10, 20 mg/ratto p.o., desametasone 0.2 mg/rat i.p.. La produzione delle citochine (IFN-γ, IL-2, IL-10, TNF-α) è stata valutata in splenociti di ratti non trattati isolati e incubati in terreno contenente Con A e rifamicina SV alle concentrazioni di 10-9 M e 10-3 M mediante ELISA. I ratti di controllo dopo l’induzione della colite hanno esibito una significativa riduzione del peso corporeo, un incremento del peso del colon ed una evidente comparsa di area di necrosi macroscopica (ANM) nel contesto della mucosa del colon. Come atteso, il trattamento intraperitoneale con 0.2 mg di desametasone ha ridotto il danno alla mucosa, il peso del colon e dell’animale. Analogamente, il trattamento con rifamicina SV ha indotto un significativo decremento della ANM a tutte le dosi testate, mentre il peso del colon era significativamente diminuito in seguito al trattamento con rifamicina SV alla dose più bassa. Tra le citochine testate, la percentuale di inibizione della produzione di IFN-γ alle due concentrazioni di rifamicina SV in splenociti stimolati con ConA è stata rispettivamente del 10,4 % e 46,9% a 48h e del 54,2% e 77,6% a 72 h. I risultati ottenuti mostrano che la somministrazione orale di rifamicina SV migliora i segni locali di colite indotta da DNB nei ratti. In aggiunta, la rifamicina ha evidenziato una significativa riduzione della produzione di IFN-γ in splenociti di ratto stimolati con ConA. Questi risultati suggeriscono un ruolo della rifamicina SV nelle patologie intestinali, non solo come agente antimicrobico utile nelle infezioni, ma anche come possibile agente anti-infiammatorio. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 163 di 288 MICRORGANISMI DI ORIGINE NOSOCOMIALE E TIGECYCLINA: RISULTATI DI UN CENTRO SPERIMENTALE ITALIANO PARTECIPANTE AL “TIGECYCLINE EVALUATION AND SURVEILLANCE TRIAL” (2005-2008) R Iatta, T Cuna, C Napoli, MT Montagna Dip. di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Sez. Igiene, Università degli Studi di Bari Introduzione. La farmacoresistenza in ambito nosocomiale è un problema ampiamente discusso, per cui sorge sempre più imperativa la necessità di nuove molecole antibiotiche. Lo studio T.E.S.T. coordinato a livello internazionale da Wyeth Pharmaceuticals, ha lo scopo di valutare l’attività in vitro di Tigecyclina nei confronti di isolati clinici Gram(+) e Gram(-). Materiali e Metodi. Sono stati esaminati 250 ceppi di cui 50 S.aureus (16% MRSA), 30 Enterococcus spp, 50 E.coli, 50 Klebsiella spp, 40 P.aeruginosa e 30 A.baumannii. L’attività di Tigecyclina è stata valutata mediante microdiluizione in brodo verso Amoxicillina/ac.clavulanico, Minocyclina, Piperacillina/Tazobactam, Levofloxacina, Ceftriaxone e Ampicillina; inoltre, i Gram(+) sono stati testati anche verso Linezolid, Vancomicina e Penicillina; i Gram(-) verso Cefepime, Amikacina e Ceftazidime. Risultati. Le molecole che hanno dimostrato una buona attività verso i Gram(+) sono state Linezolid, Vancomicina e Tigecyclina con valori di MIC50 e MIC90 più bassi rispetto agli altri antibiotici testati (Tab.1). I Gram(-), escluso P.aeruginosa, hanno presentato valori di MIC molto bassi per Tigecyclina. In particolare per gli enterobatteri si sono registrati valori di MIC50= 0.25mg/l e MIC90=0.5mg/l e per A.baumanni MIC50 =0.5mg/l e MIC90 = 2mg/l (Tab.2). Tab.1 - MIC50 e MIC90 (mg/l) per Gram(+) S.aureus Antibiotico MIC50 Enterococcus spp MIC90 MIC50 Tab.2 - MIC50 e MIC90 (mg/l) per Gram(-) P.aeruginosa Antibiotico MIC90 A.baumannii Klebsiella spp E.coli MIC50 MIC90 MIC50 MIC90 MIC50 MIC90 MIC50 MIC90 PiperacillinaTazobactam 1 16 4 >16 PiperacillinaTazobactam Ceftriaxone 4 64 >64 >64 Levofloxacina 2 >8 8 >8 0,5 >8 0,06 4 Linezolid 1 2 1 2 Amikacina 4 64 64 >64 2 8 2 16 Minocyclina < 0,25 0,5 2 8 Minocyclina 16 >16 1 1 2 16 2 4 Vancomicina 1 1 1 2 Ceftazidime <8 32 32 >32 <8 32 <8 32 Ampicillina 2 16 1 16 Tigecyclina 4 16 0,5 2 0,25 0,5 0,25 0.5 Tigecyclina 0,12 0,5 0,06 0,25 4 128 >128 >128 2 64 4 >128 Conclusioni. Tigecyclina ha presentato una buona attività nei confronti di isolati nosocomiali, ad eccezione – come previsto - di P.aeruginosa. Questo antibiotico rappresenta una nuova speranza nel trattamento delle infezioni causate da germi nosocomiali, tra i quali ceppi MRSA, enterococchi e pneumococchi resistenti a macrolidi e tetracicline e A.baumannii considerato particolarmente pericoloso nei pazienti immunocompromossi. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 164 di 288 AMPLIAMENTO DELLO SPETTRO DI ATTIVITÀ DELLA VANCOMICINA NEI CONFRONTI DI BATTERI GRAM-NEGATIVI MEDIANTE INCAPSULAZIONE IN LIPOSOMI FUSOGENICI Daria Nicolosi1, Giovanna Blandino1, Carlo Genovese1, Silvana Matrojeni1, Rosario Pignatello3, Marina Scalia2, Vito Mar Nicolosi1 Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Ginecologiche1, Dipartimento di Scienze Biomediche, Sezione di Biologia Generale e Cellulare e Genetica Molecolare “G. Sichel”2, Dipartimento di Scienze Farmaceutiche3, Università di Catania. Molti antibiotici, tra i quali i glicopeptidi, sono inattivi nei confronti dei batteri gram-negativi a causa della loro incapacità di attraversare la membrana esterna. Per superare questo limite sono stati utilizzati diversi metodi chimici e tecnologici. In questo studio abbiamo utilizzato liposomi fusogenici, fino ad ora utilizzati per trasportare vari composti biologici all’interno delle cellule, per veicolare un antibiotico glicopeptidico, la vancomicina, nello spazio periplasmico in modo da permettergli di esercitare la sua attività battericida.. Piccoli liposomi unilamellari, di dimensioni < 100 nm, sono stati preparati mediante la tecnica dell’estrusione (SUVET) partendo da una miscela di fosfolipidi-colesterolo emisuccinato, conosciuta per le sue proprietà fusogeniche con la membrana delle cellule eucariotiche. La vancomicina così incorporata è stata sottoposta a saggi microbiologici per calcolare i valori di MIC nei confronti di diverse specie di gram-negativi. Sono stati registrati valori di MIC di circa 6 µg/ml per isolati clinici di Escherichia coli e Acinetobacter baumannii. I test sono stati eseguiti anche con liposomi non caricati con l’antibiotico che, però, non hanno mostrato nessuna attività nei confronti degli stessi batteri. Infine, sono stati eseguiti studi di microscopia elettronica a trasmissione (TEM) ed a scansione (SEM) per visualizzare l’interazione/fusione di questi liposomi con le cellule di batteri Gram-negativi. Questi esperimenti preliminari indicano che questa tecnologia potrebbe essere impiegata con successo per ampliare lo spettro di attività della vancomicina. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 165 di 288 VALUTAZIONE DELLA PREVALENZA E RESISTENZA AI MACROLIDI DI STREPTOCOCCUS PYOGENES ISOLATI IN UN’AREA RELATIVA AL MONREGALESE (CUNEO) Crocillà C., Vinai E., Fenoglio S., Cardone M. Introduzione: Lo Streptococcus pyogenes è uno dei più importanti agenti patogeni delle faringotonsilliti batteriche. Numerosi studi segnalano un aumento di ceppi resistenti ai macrolidi, con una distribuzione geografica disomogenea sia per quanto riguarda l’incidenza delle resistenze che per la distribuzione dei tre diversi fenotipi di resistenza. Scopo del lavoro: Analizzare la situazione nella popolazione afferente alla nostra struttura, verificando le percentuali di isolamento di S. pyogenes dai tamponi faringei e le percentuali di resistenza crociata tra macrolidi a 14 atomi e lincosamidi. Inoltre si è inteso verificare il comportamento di rokitamicina, cotrimossazolo e penicillina. Materiali e metodi: Sono stati esaminati 394 tamponi faringei per la ricerca di S. pyogenes; le colture sono state effettuate su piastra di agar sangue ed incubate per 18-24 ore a 37° C in aerobiosi. L’identificazione di S. pyogenes è stata effettuata sulla base della beta-emolisi e della reazione sierologica di agglutinazione al lattice per gli antigeni gruppo-specifici. Si è proceduto, per tutti gli isolati, alla determinazione della sensibilità in vitro e all’interpretazione degli aloni di inibizione di eritromicina, rokitamicina, clindamicina, cotrimossazolo e penicillina, su piastra di agar Mueller Hinton addizionato con 5% di sangue di montone. Risultati: Nel periodo di osservazione, fra i 394 tamponi faringei, 77(19,5%) sono risultati positivi per S. pyogenes; 61 isolati provenivano da soggetti pediatrici e 16 da soggetti adulti. Fra i ceppi isolati, tutti sensibili alla penicillina e resistenti al cotrimossazolo, 67 si sono dimostrati sensibili all’eritromicina(87%) e 10(13%) resistenti di cui 9(90%) con meccanismo ad efflusso attivo e uno inducibile. La resistenza ad efflusso attivo(M) è apparsa più diffusa in pazienti pediatrici(8 su 9) rispetto a quelli adulti. La rokitamicina si è rivelata attiva in tutti gli isolati tranne che nell’unico ceppo con fenotipo di resistenza inducibile. Conclusioni: La percentuale di resistenza(13%) ai macrolidi a 14 atomi, riscontrata nel presente studio, è bassa rispetto ai valori attuali del 25-30% registrati nel nostro paese. Tale resistenza è conferita soprattutto dal meccanismo di efflusso e non influenza l’attività dei macrolidi a 16 atomi, tra cui rokitamicina.E’ interessante sottolineare che non è stato isolato alcun stipite di S. pyogenes con fenotipo di resistenza costitutivo cMLS ma, per confermare questo dato, sarà opportuno analizzare un maggior numero di ceppi resistenti ai macrolidi. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 166 di 288 CARATTERIZZAZIONE DI UN PLASMIDE CHIMERICO CHE VEICOLA ERM(B), TET(O) E AAD(E) IN S.AGALACTIAE 1 M.Santagati 1 ,A.Lupo, 1M. Scillato, 1O. Tomasello, 1T. Triscari Barberi, , 2J. Northwood, 2D. Farrell, e 1S. Stefani 1 Department of Microbiology- University of Catania 2 Quotient Bioresearch Ltd, Cambridgeshire Introduzione S.agalactiae è considerato uno tra i più importanti patogeni in età neonatale responsabile di setticemie, polmoniti, meningiti e nei pazienti immunocompromessi è causa di batteriemie, di infezioni del tratto urinario, gastrointestinale. Negli streptococchi, la resistenza ai macrolidi è associato alla presenza della classe dei geni erm erm(B), erm(A), erm(C) – che conferiscono un fenotipo di resistenza MLSB ed alla classe mef(A) responsabile del fenotipo M. Obiettivo del nostro studio è stato quello di caratterizzare un isolato clinico di S.agalactiae 022 che mostrava un fenotipo MLSB e resistenza verso tetraciclina, streptomicina e kanamicina, al fine di determinare l’elemento genico che veicola i geni di resistenza, la sua localizzazione e mobilità mediante coniugazione. Risultati: S.agalactiae 022GBS veicola i geni di resistenza erm(B), tet(O) ed aadE. L’amplificazione, mediante Long-PCR, ed il sequenziamento delle sequenza compresa tra erm(B), tet(O) e delle regioni fiancheggianti tali geni nonché la successiva analisi di sequenza hanno dimostrato la presenza di un elemento di dimensioni maggiori di 10 kb organizzato in 17 orfs,ed in particolare orf1 con il 97% di omologia con TnpV di Streptococcus pyogenes MGAS 2096, orf2-34 omologhe a 3 orfs del un plasmide,pCG8245 di Campylobacter jejuni e di questi l’orf2 codifica il gene tet(O). La sequenza nucleotidica compresa tra orf6 e l’orf16 è identica a quella del plasmide, pEOCO1, di Pediococcus acidilactici ed in particolare orf6 e 7 codificano una resolvase e topoisomerase di tipo I, orf10 è il gene erm(B) e orf12 codifica una ATPase associata con il “partitioning” plasmidico. In fine, a monte dell’estremità sinistra dell’elemento, è presente l’orf17 che codifica una adeniltransferase responsabile della resistenza verso streptomicina e kanamicina. La localizzazione dei geni di resistenza condotta con il metodo PFGE/ICeuI, in grado di discriminare tra localizzazione cromosomica e plasmidica, mostra una localizzazione plasmidica. In fine gli esperimenti di coniugazione utilizzando come ricevente il ceppo OG1SS di Enterococcus faecalis dimostra la non mobilità dell’elemento. Conclusione L’organizzazione genica del plasmide, pEOC01-like, descritta nel nostro studio, rappresenta il primo caso di un elemento chimerico che veicola erm(B)-tet(O)-aad(E) con geni di provenienza sia da Gram-positivi che Gram-negativi negli streptococchi. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 167 di 288 CARATTERIZZAZIONE DELLA REGIONE RESPONSABILE DELLA RESISTENZA AI BENZOTIAZINONI IN ISOLATI CLINICI DI Mycobacterium tuberculosis Maria Rosalia Pasca1, Giulia Degiacomi1, Ana Luisa de Jesus Lopes Ribeiro 1,2, Francesca Zara3, Patrizia De Mori4, Maurizio Mirrione4, Roberto Brerra3, Laura Pagani3, Leopoldo Pucillo4, Panajota Troupioti 5, Vadim Makarov6, Stewart T. Cole7, Giovanna Riccardi1 1 Dipartimento di Genetica e Microbiologia, Università di Pavia, Pavia; 2 DiSCAFF, Università del Piemonte Orientale, Novara; 3 Dipartimento di Scienze Morfologiche Eidologiche e Cliniche, Sezione di Microbiologia, Università di Pavia, Pavia; 4 Laboratorio di Analisi chimico Cliniche e Microbiologiche, INMI "L. Spallanzani" IRCCS, Roma; 5 Laboratorio di Analisi Chimico Cliniche e Microbiologia, Azienda Ospedaliera della Valtellina e della ValChiavenna, Presidio di Sondalo (Sondrio), 6 A.N. Bakh Institute of Biochemistry, RAS, Moscow (Russia); 7 Global Health Institute, EPFL, Lausanne (Switzerland). La comparsa di ceppi di Mycobacterium tuberculosis multi-resistenti ai farmaci (MDR e XDR) costituisce una minaccia per il controllo della tubercolosi. Si pone quindi l’esigenza di trovare nuovi farmaci e nuovi bersagli terapeutici. Nell’ambito del progetto “New medicines for tuberculosis” (EC-VI) è stato identificato il bersaglio terapeutico di una nuova classe di farmaci antitubercolari, i benzotiazinoni (BTZ). Il bersaglio è l’enzima Rv3790 essenziale per la biosintesi dell'arabinogalattano, uno dei principali costituenti della parete cellulare di M. tuberculosis. Tutti i mutanti isolati di M. tuberculosis resistenti ai BTZ presentano una mutazione nel codone 387 di Rv3790, dove una cisteina è sostituita da una glicina o una serina. Obiettivo del lavoro è stato quello di valutare la eventuale presenza di isolati clinici di M. tuberculosis resistenti ai BTZ. A tale scopo, sono stati studiati 196 ceppi clinici di M. tuberculosis con diverso fenotipo (farmacosensibile, MDR e XDR), isolati da due ospedali italiani (Sondalo e Roma) nel periodo 2005-2009. In tutti gli isolati è stato sequenziato il gene Rv3790 ed è stata determinata la minima concentrazione inibente di BTZ. Tutti gli isolati non presentano mutazioni nel gene Rv3790 e sono sensibili a BTZ. Di conseguenza i BTZ sono attivi contro tutti gli isolati clinici di M. tuberculosis analizzati, sia sensibili che multiresistenti ai farmaci antitubercolari. Tali risultati evidenziano l’importanza dell’enzima Rv3790 quale bersaglio dei BTZ e di nuovi possibili farmaci antitubercolari che colpiscano questo vulnerabile target. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 168 di 288 CONFRONTO DELL’AZIONE DI DIFFERENTI PROTEASI SULLE PROPRIETÀ DI VIRULENZA DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS M. Artini (1), G.L. Scoarughi (1), A. Cellini (1), T. Bertuccio (2), V. Cafiso (2), S. Stefani (2), L. Selan (1) and R. Papa (1), 1) Università degli Studi La Sapienza, Roma, 2) Università degli Studi di Catania Scopo: in precedenti studi abbiamo dimostrato l’efficacia di una metallo-proteasi (serratiopeptidasi/SPEP) come molecola anti-virulenza su varie specie batteriche Gram-positive, incluse specie di Listeria e Staphylococcus spp. In particolare abbiamo dimostrato l’interferenza con l’adesione, l’invasione cellulare e la formazione di biofilm (1, 2, 3). L’analisi dei profili delle proteine di superficie ha rivelato che la SPEP modula l’espressione di adesine, autolisine e proteine coinvolte nel metabolismo. Al fine di far luce sui meccanismi di azione della SPEP abbiamo studiato l’azione di differenti proteasi (metallo-proteasi e serin-proteasi) confrontando la loro capacità di interferire con la formazione del biofilm. Sono in corso di attuazione studi di proteomica allo scopo di valutare aspetti molecolari dell’azione delle varie proteasi. Metodi: sono stati studiati ceppi di S. aureus con differenti capacità di formare biofilm. La formazione di biofilm e i pattern delle proteine di superficie sono stati valutati in presenza delle seguenti proteasi: SPEP, carbossipeptidasi-A, proteinasi-K, tripsina, chimotripsina. L’analisi SDSPAGE e la zimografia sono stati utilizzati per valutare modificazioni degli enzimi autolitici; la tipizzazione dell’agr è stata effettuata in RT-PCR. L’influenza di alcune proteasi sull’adesione e l’invasione su cellule eucariotiche è stata condotta mediante antibiotic protection assays. Risultati: l’azione delle proteasi studiate non è correlabile alla classe enzimatica ed è ceppodipendente. Le metallo-proteasi modulano il fenotipo come dimostrato dalle modificazioni del pattern delle proteine di superficie, mentre le altre proteasi effettuano una proteolisi completa. La SPEP è un forte inibitore del biofilm, soprattutto su ceppi forti produttori di biofilm. La SPEP è anche capace di ridurre l’invasione di cellule eucariotiche da parte S. aureus, mentre la carbossipeptidasi-A influenza solo l’adesione dei batteri alle cellule HeLa. Conclusioni: dal confronto della SPEP con le altre proteasi emerge come la sua azione sia specifica nel modulare il fenotipo virulento. Bibliografia: 1. Longhi, et al., 2008. Microb. Pathog. 45:45-52. 2. Selan, et al., 1993. Antimicrob. Agents Chemother. 37:2618–21. 3. Artini et al.l., 2009 Appl. Environ. Microbiol. Submitted CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 169 di 288 EFFETTO DEL RESVERATROLO NELL’INFEZIONE SPERIMENTALE DA SALMONELLA ENTERICA SEROVAR TYPHIMURIUM Romano Carratelli C, Paolillo R, Mazzola N, Sorrentino S, Rizzo A. Dipartimento di Medicina Sperimentale Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica Facoltà di Medicina e Chirurgia Seconda Università degli Studi di Napoli. I polifenoli sono composti che esercitano un’importante attività biologica sull’organismo umano correlabile ad un’attività antiossidante contro il danno svolto dai radicali liberi. Il resveratrolo (3,5, 4’- tri-idrossi-trans-stilbene), fitoalessina polifenolica presente nel vino rosso ed in varie piante come l'uva e le arachidi, mostra attività antiossidante, antinfiammatoria, antiapoptotica ed antiangiogenetica, tra l’altro, anche a carico dell’apparato gastroenterico. L'infiammazione è un processo di difesa dell’ospite, che si verifica in risposta a lesioni e stimoli nocivi. La Salmonella enterica serovar Typhimurium, enterobatterio capace di invadere e moltiplicarsi in cellule fagocitiche mononucleate, è uno dei principali agenti eziologici di gastroenterite nell'uomo con conseguente reazione infiammatoria della mucosa intestinale, associata alla produzione di radicali tossici e all’induzione di proteine pro- e anti-apoptotiche. Il monossido d’azoto (NO), radicale libero rilasciato nei vari sistemi biologici, regola una diversa gamma di funzioni fisiologiche determinando da un lato effetti benefici sui meccanismi di difesa contro alcuni batteri patogeni e dall’altro la liberazione incontrollata di sostanze citotossiche e di mediatori proinfiammatori, implicati nel danneggiamento del tessuto. Nel presente lavoro viene studiato l’effetto, nel tempo, del resveratrolo usato a diverse concentrazioni in cellule U937 e monociti umani (MN) infettati con S. enterica. I risultati ottenuti dimostrano che le cellule infettate e trattate con resveratrolo a varie concentrazioni presentano un leggero anche se graduale decremento di produzione di NO ed una diminuzione tempo e dosedipendente della vitalità e della proliferazione cellulare rispetto alle cellule controllo. Inoltre, il resveratrolo riduce significativamente il numero delle cellule apoptotiche correlate ad un’aumentata espressione di geni anti-apoptotici Bcl-2. Il resveratrolo mostra quindi, di esercitare la sua azione su molteplici targets attraverso diversi meccanismi d’azione, ed in particolare sembra agire mediante riduzione dell’infiammazione cronica. Esso, quindi, rappresenta una promettente strategia per prevenire il danneggiamento tissutale, suggerendo un possibile effetto protettivo dei polifenoli nel ruffling delle cellule epiteliali intestinali ed una diminuzione del segnale infiammatorio nell’infezione da S. enterica. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 170 di 288 VALUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ DEL RESVERATROLO E DELL’IDROSSITIROSOLO NELLA FORMAZIONE DI CELLULE SCHIUMOSE INDOTTA DA CHLAMYDIA PNEUMONIAE Iannone M., Schiavoni G., Di Pietro M., Vanzetto A., Zagaglia C., Tofani D.*, del Piano M., Sessa R. Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica, Sapienza Università di Roma; *Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Università degli Studi “Roma Tre” Chlamydia pneumoniae, da tempo correlata all’aterosclerosi, induce la trasformazione dei macrofagi in cellule schiumose in seguito all’ossidazione delle lipoproteine a bassa densità; infatti le cellule schiumose rappresentano la prima e fondamentale fase nello sviluppo della placca aterosclerotica. Recentemente l’attenzione dei ricercatori si è rivolta alla individuazione di sostanze in grado di contrastare i processi ossidativi che contribuiscono alla patogenesi dell’aterosclerosi e quindi delle malattie cardiovascolari. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare l’attività del resveratrolo e dell’idrossitirosolo, sostanze antiossidanti di origine naturale, nel processo di formazione di cellule schiumose indotto da C. pneumoniae. Macrofagi della linea cellulare J774, in presenza di LDL (100 μg/ml), sono stati infettati con C. pneumoniae (MOI=1) e quindi trattati con resveratrolo (50 μM) o idrossitirosolo (50 μM). Contemporaneamente sono state allestite, come controllo, colture di macrofagi infettati con C. pneumoniae in assenza delle sostanze polifenoliche. La formazione di cellule schiumose è stata valutata osservando al microscopio ottico il numero di inclusioni lipidiche nei macrofagi, dopo 48 h dall’infezione mediante colorazione Oil red O. I risultati ottenuti hanno evidenziato che il resveratrolo e l’idrossitirosolo hanno attività antiaterogena poiché riducono la formazione di cellule schiumose indotta da C. pneumoniae. Questi risultati permetteranno di ampliare la ricerca di sostanze naturali per la prevenzione delle malattie cardiovascolari associate ad infezioni croniche da C. pneumoniae. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 171 di 288 CHARACTERIZATION OF TWO ANTIMICROBIAL MOLECULES ACTIVE AGAINST LISTERIA MONOCYTOGENES PRODUCED BY TWO STRAINS OF CHEESE-ISOLATED LAB Genovese F.1, Lamberti C. 1, Coisson J. D. 2, Cocolin L. 3, Napolitano L. 4, Giuffrida M.G. 4, Giunta C. 1, Pessione E. 1 1 Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo, Università degli studi di Torino, Via Accademia Albertina 13, 10123 Torino, Italy, 2DiSCAFF, Via Bovio 6, 28100 Novara, Italy, 3Di.Va.P.R.A., Via Leonardo da Vinci 44, 10095 Grugliasco, Italy, 4ISPA-CNR, Via Ribes 5, 10010 Colleretto Giacosa, Italy Lactic acid bacteria are able to inhibit food pathogens by producing organic acids and antimicrobial molecules (bacteriocins), therefore their application can be considered a natural biocontrol strategy to enhance food safety. In this work the antimicrobial molecules produced by two LAB strains isolated from an Italian cheese have been characterized. Lactococcus lactis 110A and Lactobacillus plantarum 37A have been previously selected for their antimicrobial activity against Listeria monocytogenes. Different growth parameters were tested to establish the best culture conditions for antimicrobial compounds production, then a 60% ammonium sulfate precipitation of cell-free supernatants allowed to obtain the inhibitory fractions. To clean up the obtained fractions, other precipitation methods were used. L. lactis 110A maintained its activity, while L. plantarum 37A wasn’t able to inhibit L. monocytogenes after a cut-off 1000 Da dialysis, suggesting the production of an antimicrobial molecule smaller than 1 kDa. Both molecules are heat-stable, maintaining their inhibitory activity after a 30 minutes heating at 80°C. HPLC, TLC and IR studies revealed that the inhibitory compound produced by L. plantarum 37A is lactic acid. This strain is actually able to produce a large amount of this organic acid (up till 37g/l). In order to determine the size of the L. lactis 110A antimicrobial molecule, the inhibitory fraction was separated by using Tricine SDS-PAGE leading to the determination of an apparent molecular mass around 10 kDa. By using different cut-off membranes, the size of the molecule was determined between 10 and 30 kDa. As SDS interference prevented a satisfactory separation, a native Tricine PAGE was set up. This method led to the detection of a single band showing antimicrobial activity; N-terminal sequencing of the peptide corresponding to this band led to the identification of the following sequence: DEVYTVKSGDSL. In BLASTP a 100% match with LysM domain was found, allowing a preliminary identification of the molecule as bacteriolysin-like protein (class III bacteriocin). CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 172 di 288 PHOTODYNAMIC ACTIVITY OF A NEW Zn(II) PHTHALOCYANINE DERIVATIVE: A NEW APPROACH TO CONVENTIONAL ANTIMICROBIAL TREATMENT OF PERIODONTAL DISEASES. T. Scommegna, C. Alongi, L. Fantetti and G. Roncucci Molteni Therapeutics, Via Fiorentina 1, 53100, Siena, Italy [email protected] The growing resistance of pathogenic microorganisms against antimicrobial agents has generated a search for alternative treatments for localized infections1. Photodynamic therapy (PDT), currently applied as a treatment for cancer and for certain benign conditions2, is a promising candidate. Superficial acute infections are potentially suitable for treatment by PDT because of the ready accessibility of these wounds for both topical delivery of the photosensitizer and light1. Here we report results concerning the activity of a new photodynamic agent (RLP068/Cl, a cationic Zn (II) phthalocyanine derivative), synthesized in our laboratories3. Specifically we studied the antibacterial effects of RLP068/Cl-mediated PDT on Porphyromonas gingivalis, one of the major responsible organisms of periodontitis4, as compared with Toluidine Blue, a cationic phenotiazinium photosensitizer. The promising bactericidal activity of RLP068/Cl in vitro has driven the preliminary in vivo treatment of experimental oral localized infections (such as acute abscesses in rats), caused by Porphyromonas gingivalis. A visible decrease of the formed abscess was obtained in the PDT treated group following only one application. In conclusion, our experiments indicate that RLP068/Cl-mediated PDT could be effective and may represent a potential alternative to conventional antimicrobial treatment of periodontal diseases. References 1. Saskia A.G. et al, Photodynamic therapy for Staphylococcus aureus infected burn wounds in mice, Photochem. Photobiol. Sci., 2005, Vol.4, 503-509. 2. Oleinick N.L. et al, The role of apoptosis in response to photodynamic therapy: what, where, why, and how, Photochem. Photobiol. Sci., 2002, Vol.1, 1-21. 3. Roncucci G. et al, EP 0906758 A1 (1999). 4. Komerik N. et al, In vivo killing of Porphyromonas gingivalis by Toluidine Blue-mediated photosensitization in an animal model, Antimicrobial agents and Chemoterapy, 2003, Vol.47, 932-940. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 173 di 288 CARATTERIZZAZIONE MICROBIOLOGICA DI UN PEPTIDE ANTIMICROBICO RAMIFICATO Fabiole Nicoletto S.1, Allemand D.1, Baster I.2, Guglierame P.3, Pirri G.1, Pizzuto L.1, Giuliani A.1, Savoia D.4 1 Spider Biotech S.r.l., Colleretto Giacosa (TO) 2 Dipartimento di Microbiologia, Università di Cracovia, Polonia 3 NeED Pharma, Milano 4 Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Facoltà di Medicina e Chirurgia S. Luigi Gonzaga, Università di Torino I peptidi antimicrobici naturali costituiscono un numeroso gruppo di molecole eterogenee in termini di composizione e di lunghezza aminoacidica che rivestono un ruolo fondamentale nel sistema immunitario innato di molte specie viventi. L’interesse dei peptidi antimicrobici nell’uso clinico è legato soprattutto al loro meccanismo d’azione che è in grado di superare la resistenza batterica agli antibiotici tradizionali. Il principale problema nell’utilizzo dei peptidi in terapia è tuttavia determinato dalla loro instabilità e suscettibilità all’azione delle proteasi. Recentemente è stato dimostrato che la sintesi in forma multimerica MAP (Multiple Antigen Peptide) conferisce ai peptidi una notevole resistenza all’azione proteolitica del sangue, aumentandone l’emivita e mantenendo generalmente intatta l’attività biologica. Inoltre i MAP possono essere più efficaci rispetto ai loro omologhi lineari in diverse applicazioni in vitro e in vivo in virtù della loro natura multimerica che conferisce la capacità di effettuare interazioni polivalenti. Uno di tali composti, denominato SB006, è stato saggiato nei confronti di batteri multiresistenti Gram-positivi (Stafilococchi e Enterococchi) e Gram-negativi (Enterobatteri e batteri nonfermentanti) utilizzando la colistina come antibiotico di riferimento. Inoltre l’effetto di modificazioni del pH, della presenza di ioni Mg++ e Ca++ e dell’inoculo batterico usato per le prove è stato preso in esame per valutarne l’influenza sull’attività antimicrobica. SB006 è risultato particolarmente attivo nei confronti dei microorganismi Gram-negativi e non sono state rilevate particolari interferenze sull’attività antimicrobica legate al pH, agli ioni e all’aumento dell’inoculo batterico. Uno studio di induzione di resistenza in vitro ha inoltre evidenziato il mancato sviluppo di resistenza dopo 15 passaggi seriali in presenza di concentrazioni sub-MIC del peptide. SB006 rappresenta pertanto un ottimo precursore per la sintesi di derivati antibatterici attivi verso microorganismi Gram-negativi multi-antibiotico-resistenti. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 174 di 288 ALTERAZIONE DEI LIVELLI TESSUTALI DI IONI METALLICI IN UN MODELLO MURINO DI INFEZIONE POLMONARE DA STENOTROPHOMONAS MALTOPHILIA. Ciavardelli D.,1,2* Pompilio A.,1,2* Picciani C.,1,2 Fiscarelli E.,3 Piccolomini R.,1,2 Di Bonaventura G.1,2 1 Centro Studi sull’Invecchiamento, Fondazione Università di Chieti-Pescara. 2 Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Chieti-Pescara. 3 Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù”, Roma. Background: Numerosi microrganismi inducono una significativa disomeostasi cationica a carico dei tessuti infetti. Tale fenomeno sembra essere riconducibile sia alla risposta immune dell’ospite che all’azione diretta dei patogeni e può avere un ruolo rilevante nei meccanismi patogenetici. Non sono a tutt’oggi disponibili dati relativi allo squilibrio del metabolismo cationico nell’ospite in seguito ad infezione da Stenotrophomonas maltophilia, patogeno multi-resistente ed emergente in fibrosi cistica. Obiettivo: Studiare le modificazioni delle concentrazioni di metalli osservate durante l’infezione polmonare causata da S. maltophilia in un modello murino. Materiali e Metodi: Topi “specific pathogen-free” DBA-2N sono stati esposti ad aerosol contenente una sospensione batterica standardizzata (1-2 x 1010 CFU/ml in PBS; n=3) del ceppo di S. maltophilia SM111, isolato da un paziente FC. Topi “controllo” (n=3) sono stati esposti a solo PBS. A tre giorni dall’esposizione i topi sono stati sacrificati e perfusi con NaCl 0.9%. I polmoni sono stati prelevati, omogenati, sottoposti ad esame microbiologico e, dopo liofilizzazione e digestione acida, analizzati mediante spettrometria di massa con sorgente al plasma (ICP-MS). Risultati: L’analisi ICP-MS ha evidenziato nei topi infetti un significativo (p < 0.05) aumento dei livelli polmonari di Mg, P, Zn, Se, Rb. E’ stata inoltre osservata una correlazione lineare statisticamente significativa (p < 0.05) tra la carica batterica polmonare ed i livelli di tali elementi. Conclusioni: L’infezione polmonare da S. maltophilia determina una significativa alterazione delle concentrazioni di elementi biologicamente importanti nel tessuto polmonare murino. L’analisi di correlazione tra le concentrazioni di tali elementi e la carica batterica sembra confermare una stretta dipendenza tra infezione e disomeostasi cationica. Ulteriori studi in vivo ed in vitro saranno condotti per comprendere il reale significato fisiopatologico delle alterazioni osservate. * Ciavardelli D. e Pompilio A. hanno ugualmente contribuito alla realizzazione del lavoro. Questo studio è stato, in parte, finanziato dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica (Progetto FFC 7/2007, adottato da Vicenzi Biscotti Spa). CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 175 di 288 ATTIVITÁ ANTIBATTERICA DI SUPERFICI VETROSE RICOPERTE DI MONOSTRATI DI NANOPARTICELLE D’ARGENTO C. Dacarro a , G. Dacarro b, Y. Diaz Fernandez c, P. Grisoli a, P. Pallavicini c, M. Patrini c, G. Santucci c, A. Taglietti c a) Diparitmento di Farmacologia Sperimentale ed Applicata; b) CILSOMAF; c) Dipartimento di Chimica Generale; – Università degli Studi di Pavia, Via Taramelli 12-14. d) Dipartimento di Fisica “A.Volta” - Università degli Studi di Pavia, Via Bassi 6. Questo progetto di ricerca si propone di ottenere smart materials con innovative proprietà antimicrobiche, ponendosi all’intersezione tra chimica di coordinazione, surface science e applicazioni biomediche della scienza dei materiali. Con lo sviluppo delle nanotecnologie l’argento è stato preparato sotto forma di di nanoparticelle (AgNPs) la cui attività antimicrobica è stata oggetto di numerosi studi. Lo scopo della ricerca è quello di ottenere superfici vetrose modificate con la presenza di NPs adese, per ottenere il loro confinamento sulla superficie e per esercitare l’attività antimicrobica direttamente a contatto con la superficie stessa. La funzionalizzazione delle superfici vetrose è stata ottenuta adottando l’approccio del Self Assembled Monolayer (SAM). L’attività antibatterica è stata valutata contro S. aureus ATCC 6538 e E. coli ATCC 10356. Il saggio è stato realizzato depositando le sospensioni microbiche sulla superficie del vetro funzionalizzato con SAM di AgNPs; la superficie è stata successivamente ricoperta con un vetro non modificato. In questo modo si ottiene il contatto dei batteri con AgNPs in un sottilissimo film liquido. Il tempo di riduzione decimale, Effetto Microbicida (ME), è stato calcolato utilizzando la seguente formula: ME = log NC – log NE , dove NC è il valore di CFU/ml ottenuto sui vetri non modificati e NE è il valore di CFU/ml ottenuto dopo l’esposizione ai vetri funzionalizzati. L’attività antibatterica si osserva già dopo 5 h di contatto con valori di ME pari a 0,92 per S. aureus e 3,77 per E. coli. Dopo 24 ore di contatto ME è pari a 5,5 S. aureus e 5,06 per E. coli. I risultati mostrano che i vetri funzionalizzati esercitano una notevole attività antimicrobica a contatto con le superfici ricoperte di SAM di AgNPs. E' stato evidenziato inoltre come l'azione antibatterica sia svolta per rilascio continuo nel tempo di ioni Ag(I) dalle NPs, che restano invece saldamente ancorate alla superficie senza disperdersi nell'ambiente, evitando così eventuali rischi connessi all'azione di NPs libere su organismi viventi. Questa applicazione delle nanotecnologie mostra di essere particolarmente promettente per la preparazione di materiali antibatterici di applicazione industriale e medica. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 176 di 288 ATTIVITÀ ANTIMICROBICA E COMPOSIZIONE FENOLICA DEI GALBULI DI JUNIPERUS DRUPACEA LAB. DI ORIGINE TURCA A. Marino, A. Nostro, V. Bellinghieri, P. Dugo*, F. Cacciola*, M.G. Celi, N. Miceli, M.F. Taviano Dipartimento Farmaco-Biologico. *Dipartimento Farmaco-Chimico. Università degli Studi di Messina Introduzione. In Turchia i galbuli di Juniperus drupacea, localmente noti come andiz, trovano impiego in medicina tradizionale nel trattamento di infezioni da elminti, dolori addominali ed emorroidi (Kozan et al. 2006; Yesilada et al. 1995). Obiettivo. Valutare l’azione antimicrobica dell’estratto metanolico dei galbuli di Juniperus drupacea Lab. di origine turca e caratterizzare i composti fenolici in esso contenuti. Metodi. L’attività antimicrobica è stata saggiata su S. aureus ATCC 6538P, S. epidermidis G1, E. hirae AM, B. subtilis P3, E. coli ATCC 25922, P. aeruginosa ATCC 9021, P. vulgaris G5, Candida albicans ATCC 10231 e Aspergillus niger ATCC 16404 mediante i test: Minima Concentrazione Inibente (MIC) e Minima Concentrazione Battericida (MBC) secondo le linee guida CLSI 2003. L’inibizione della formazione di biofilm è stata valutata sui batteri mediante il test di Cramton (Cramton et al. 1999). Indagini fitochimiche sono state condotte sull’estratto: il contenuto in polifenoli totali è stato determinato secondo il metodo di Folin-Ciocalteau; i flavonoidi e gli acidi fenolici sono stati caratterizzati mediante analisi HPLC/DAD (Gao et al. 2000; Miceli et al. 2009). Risultati. L’estratto ha dimostrato di avere attività battericida su S. aureus ATCC 6538P con valori di MIC pari a 625µg/ml e MBC pari a 1250 µg/ml. Sugli altri batteri Gram-positivi ha mostrato invece, solo un’azione batteriostatica con valori di MIC tra 1250-2500 µg/ml. Nessuna attività è stata rilevata sui batteri Gram-negativi e sui funghi. L’estratto inoltre, alla concentrazione di 1/2MIC, ha ridotto la formazione di biofilm di S. aureus (72%), S. epidermidis (55%) e B. subtilis (67%). Il contenuto in polifenoli totali è risultato pari a 48,06 ± 0,99 mgGAE/g di estratto. L’analisi HPLC ha portato all’identificazione di 15 composti fenolici: quattro flavonoidi, tra i quali ipolaetina-7-pentoside (311 µg/g estratto) e quercetina-3-Oesoside (239 µg/g estratto); sei biflavonoidi, tra i quali amentoflavone (927 µg/g estratto) ed un metilbiflavone (660 µg/g estratto); cinque acidi fenolici, tra i quali tirosolo (1324 µg/g estratto) ed acido protocatecuico (1097 µg/g estratto). Conclusioni. L’estratto metanolico di J. drupacea ha mostrato attività sui batteri Gram-positivi dovuta probabilmente al contenuto in acidi fenolici, flavonoidi e biflavonoidi. Studi sono in corso per identificare ulteriori composti ad azione antibatterica. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 177 di 288 EFFETTI DELL’AGLIO (Allium sativum L.) SUI BATTERI INTESTINALI Filocamo A.1; Nueno-Palop C.2; Mandalari G.1; La Camera E.3; Narbard A.2; Bisignano G.1 1 Dipartimento Farmaco-Biologico Università di Messina, Viale S.S. Annunziata, 98121 Messina, Italia; 2Integrated Biology of the GI Tract Programme, Institute of Food Research, Norwich Research Park, Colney, Norwich NR4 7UA, United Kingdom; 3Facoltà di Farmacia, Università di Messina, Viale S.S. Annunziata, 98121 Messina, Italia. L’uso di rimedi a base di erbe è sempre più diffuso, guidato dalla convinzione che le sostanze naturali hanno meno effetti collaterali dei farmaci. Inoltre, l’interesse delle industrie alimentari verso l’uso di sostanze naturali con attività antimicrobica è in costante aumento al fine di migliorare la shelf-life degli alimenti. L’aglio (Allium sativum L.) è una delle più antiche piante medicinali usata per il trattamento e la prevenzione di molte malattie. Le sue molteplici proprietà (antibatterica, antifungina, antivirale, ipotensiva, cardioprotettiva, immunostimolante, antiossidante e anticancro) legate principalmente all’allicina e ad altri sulfuro-composti presenti, sono state valutate per gli effetti benefici sulla salute, per cui viene oggi considerato un agente di prevenzione per diverse patologie. Numerosi studi sono presenti sull`attività dell’aglio contro patogeni, tra cui Neisseria Gonorrhoeae, Staphylococcus aureus ed Enterococcus faecalis. Tuttavia, l’effetto dell’aglio sui batteri intestinali non è stato finora considerato. L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’effetto di una polvere di aglio commerciale, usata comunemente a scopo domestico per la preparazione di cibi, su un range rappresentativo di batteri intestinali mediante modelli di fermentazione in vitro, sia statici che dinamici. Fermentazioni statiche sono state condotte in anaerobiosi con culture pure di lattobacilli, bifidobatteri, batteroidi e clostridi. Successivamente un modello di colon è stato utilizzato per valutare gli effetti dell’aglio su una coltura fecale mista del tratto distale del colon. I risultati ottenuti hanno dimostrato che Lactobacillus casei DSMZ 20011 è resistente alla polvere di aglio mentre Bifidobacterium longum DSMZ 20090 e Clostridium nexile A2-232 subisce un abbattimento della carica dopo 6 ore di incubazione, con una ricrescita dopo 8 e 24 ore. Riesponendo le colture alle stesse concentrazioni di aglio, non si sono riscontrati effetti sulla crescita, indicando l’acquisizione di una resistenza all’effetto antibatterico dopo il primo contatto. Risultati analoghi sono stati ottenuti nel modello dinamico di fermentazione in vitro. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 178 di 288 STUDI DELL’ATTIVITÀ ANTIFUNGINA DELL’OLIO ESSENZIALE DI ACHILLEA AGERATUM IN CANDIDA ALBICANS. 1 Vavala E., 2Ragno R., 2Sivric S., 2Sartorelli G., 1Palamara AT., 1Angiolella L. 1 Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica” G.Sanarelli”, 2 Dipartimento chimica e Tecnologia del farmaco. ”Sapienza” Università di Roma. In questi ultimi anni assistiamo ad un crescente interesse per lo studio di sostanze naturali estratte dalle piante, tra questi diversi oli essenziali vengono utilizzati sempre più spesso per risolvere problemi di diversa natura. Lo studio di molecole naturali ha acquisito un forte interesse a causa dello sviluppo sempre più diffuso di microrganismi resistenti ai farmaci utilizzati nelle terapie antinfettive. Tra i diversi microrganismi in grado di produrre ceppi farmaco-resistenti i funghi rappresentano un problema piuttosto rilevante per la difficoltà a reperire nuovi farmaci antimicotici. Candida albicans, fungo dimorfo opportunista, è frequentemente isolato nell’uomo, in particolare nei pazienti immunocompromessi da HIV/AIDS, pazienti sottoposti a chemioterapia, neutropenici, trapiantati o con diabete. Sulla base di queste evidenze e nel tentativo di trovare nuovi oli essenziali da poter utilizzare come antimicotici, è stato utilizzato l’olio essenziale di Achillea ageratum, la cui pianta cresce sulla costa ovest del mediterraneo ed è stata utilizzata sin dai tempi antichi per diversi usi. Il principale componente dell’olio essenziale è lo Yomogi alcool presente per circa il 44% insieme all’1,8 cineolo presente al 20%, più altri componenti con percentuali più basse. Vari autori ne hanno studiato l’attività citostatica, spasmolitica e le sue proprietà antibatteriche ma nessuno fino ad ora ne aveva dimostrato l’attività antimicotica. A tale scopo il nostro gruppo ne ha studiato sia l’attività fungistatica che fungicida, l’inibizione della formazione del tubo germinativo e del biofilm, importanti fattori di virulenza di C. albicans. Lo studio condotto su diversi ceppi di diversa provenienza e con differente sensibilità ai comuni farmaci antimicotici ha messo in evidenza una buona attività fungistatica e fungicida anche sui ceppi resistenti, una inibizione completa del tubo germinativo a concentrazioni sub-inibenti e una inibizione circa del 60% del biofilm alla concentrazione di 0,25%. In conclusione abbiamo dimostrato per primi, l’attività antimicotica dell’olio essenziale di Achillea ageratum contro diversi ceppi di C.albicans, inclusi i ceppi resistenti al fluconazolo. La sua capacità di inibire il tubo germinativo ed il biofilm a concentrazioni sub-inibenti suggerisce un suo potenziale uso come alternativa terapeutica ai farmaci di sintesi che più frequentemente determinano resistenza. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 179 di 288 EFFETTO DI FANS SULLA FORMAZIONE DI BIOFILM DI CANDIDA ALBICANS E POTENZIAMENTO DELLA ATTIVITÀ DI FARMACI ANTIFUNGINI Emanuela Agus, Carmen C. Piras, Luisa Casula, Nadia Serra, Alessandro De Logu Sezione di Microbiologia Medica, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche, Università di Cagliari C. albicans può determinare serie infezioni superficiali e sistemiche. In conseguenza della capacità di formare biofilm sulla superficie di cateteri, dispositivi medici e tessuti, è considerata uno tra i più importanti agenti patogeni coinvolti nelle infezioni nosocomiali. Seppure la setticemia determinata da cellule fungine liberate dal biofilm risponda generalmente al trattamento con i farmaci antifungini convenzionali, le cellule dei biofilm si dimostrano, con poche eccezioni, resistenti e pertanto rappresentano la causa principale delle difficoltà incontrate in corso di terapia nell’eradicazione dell’infezione. Le prostaglandine prodotte da C. albicans giocano un ruolo importante nella colonizzazione fungina. La loro sintesi coinvolge le cicloossigenasi COX-1 e COX-2 che convertono l’acido arachidonico in PGH2 che viene quindi convertita in PGI2, PGF2, PGD2 e PGE2. Abbiamo valutato gli effetti di farmaci antinfiammatori non steroidei inibitori della cicloossigenasi sulla formazione di biofilm di C. albicans. Diversi farmaci testati inibiscono a basse concentrazioni la formazione di biofilm. Gli effetti più evidenti si sono osservati con piroxicam, ibuprofene, aspirina, etodolac, diclofenac e meloxicam (fino al 95% di inibizione). L’inibizione è stata determinata sia nei confronti di biofilm in formazione che su biofilm formato per 48 ore. L’effetto è dose-dipendente ed è in grado di indurre una significativa inibizione a dosi farmacologicamente attive. L’azione concomitante di PGE2 annulla l’effetto inibitorio dovuto a 25 o 50 μM di piroxicam. Il trattamento con altri inibitori delle cicloossigenasi quali etodolac, determina la formazione di biofilm costituito quasi esclusivamente da lieviti. I risultati indicano che la sintesi cicloossigensai-dipendente delle prostaglandine fungine è importante sia per lo sviluppo di biofilm che per la morfogenesi di C. albicans e può agire come regolatore di questi processi fisiologici. Il trattamento con concentrazioni subinibenti di piroxicam e diclofenac durante e dopo la formazione del biofilm aumentano inoltre significativamente la sensibilità nei confronti di fluconazolo, itraconazolo e derivati ciclici isotiosemicarbazonici. Diversi FANS possono pertanto essere utili nei protocolli terapeutici in combinazione con agenti antifungini nel trattamento e prevenzione delle infezioni sostenute da C. albicans. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 180 di 288 RUOLO IMMUNOMODULATORIO DEI TEGUMENTI DI MANDORLA (Amygdalus communis L.) Adriana Arenaa, Giovanna Stassia, Giuseppina Mandalarib, Martin S.J. Wickhamb, Carlo Bisignanoc. a Dipartimento di Discipline Chirurgiche sez. Microbiologia Policlinico Universitario, Messina, b Model Gut Platform, Institute of Food Research, UK e cDipartimento Farmaco-biologico, Università di Messina. Studi recenti hanno evidenziato come alcuni prodotti naturali possano rappresentare un potenziale approccio terapeutico alternativo e/o sinergico per il trattamento di alcune patologie infettive. È noto che una efficiente eliminazione virale è legata ad una risposta immune di tipo Th1, caratterizzata dall’attivazione di cellule mononucleate e dalla produzione di citochine proinfiammatorie, come gli Interferoni, il Tumor Necrosis Factor-α e l’Interleuchina-12. E’, altresì, noto che la risposta Th2, legata alla produzione di interleuchine come IL-4 e IL-10, è in grado di contrastare una esagerata risposta di tipo Th1. Questo rapporto dinamico è alla base dell’efficace risposta immune dell’ospite. Nel presente studio abbiamo valutato sia gli effetti dei tegumenti di mandorle naturali [NS] ricchi in polifenoli , sia gli effetti delle stesse sottoposte al processo industriale di blanching con acqua calda [BS] sia gli effetti dei loro rispettivi prodotti di digestione gastrica e duodenale. Tali effetti sono stati effettuati in un sistema in “vitro” costituito da cellule mononucleate del sangue periferico [PBMC] infettate o no con Herpes Simplex tipo 2 [HSV2]. In particolare, abbiamo valutato sia la loro capacità di indurre la produzione di citochine pro- e antiinfiammatorie che la loro attività antivirale. I risultati ottenuti hanno dimostrato che solo NS era in grado di ridurre significativamente la replicazione virale. Per capire se tale effetto antivirale potesse essere correlato ad una azione stimolatoria dell’NS sulla risposta immune antivirale, abbiamo testato la produzione di citochine come IFN-α, IL-12, IFN-γ e TNF-α. NS risultava capace di indurre le PBMC, sia infettate che non infettate, a rilasciare alti livelli delle citochine prese in esame. Inoltre, con nostra grande sorpresa NS risultava in grado, nel nostro modello sperimentale, di indurre anche una risposta di tipo Th2 evidenziata da un’alta produzione di IL-4 e IL-10.I nostri dati suggeriscono l’ipotesi che NS può comportarsi in modo bivalente, come fattore co-stimolatorio sia della risposta Th1 che della risposta Th2, in relazione al profilo citochinico presente nel microambiente. Questa sua capacità immunomodulatoria potrebbe rappresentare quindi un valido approccio terapeutico, atto ad equilibrare la risposta immune dell’ospite durante un’infezione virale. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 181 di 288 PROPRIETA’ANTI-INFIAMMATORIE DI AV119, UNO ZUCCHERO ESTRATTO DA AVOCADO GRATISSIMA. Paoletti I, Buommino E, Baudouin C*, Msika P*, De Filippis A, Donnarumma G, Tufano MA Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Microbiologia e Microbiologia Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Seconda Università degli Studi di Napoli *Laboratoires Expansciences Epernon, France La funzione della cute è quella di creare una barriera di protezione dell’organismo rispetto all’ambiente esterno. Tale barriera può essere interrotta in seguito a traumi fisici o come conseguenza di processi infettivi, cui segue la risposta infiammatoria e/o immune delle cellule residenti nella cute. In particolare, è noto che i cheratinociti, cellule presenti nella cute, oltre ad avere un ruolo strutturale mediano anche la reazione immune cutanea. Gli zuccheri in forma di monosaccaridi, oligosaccaridi, polisaccaridi e glicoproteine sono componenti fondamentali di microrganismi infettanti e cellule ospiti. Essi sono coinvolti nel signalling associato alla modulazione dell’infiammazione in tutte le strutture di rivestimento. Due gruppi di recettori, recettori di tipo C lectine (CTLs) e recettori toll-like (TLRs) rendono capace l’ospite di riconoscere i pattern molecolari patogeno-associati (PAMPs). I CTLs sono in grado di riconoscere una grande varietà di batteri, funghi e parassiti e sono importanti per l’endocitosi e la fagocitosi. I TLRs, espressi sulla superficie di una varietà di cellule, compresi i cheratinociti, svolgono un ruolo importante nella immunità innata. L’ interazione di TLRs con PAMPs avvia una cascata di eventi che portano alla produzione di radicali liberi, citochine e chemochine, promuovendo infiammazione. Zuccheri esogeni in grado di bloccare questi recettori potrebbero fornire un effetto anti-infiammatorio e/o antimicrobico. In questo studio, utilizzando cheratinociti umani pretrattati con lipopolisaccaride (LPS), è stata valutata l’attività anti-infiammatoria di AV119, uno zucchero di origine naturale. In particolare, mediante real time PCR è stata analizzata la modulazione dell’espressione di citochine proinfiammatorie quali IL-1α, IL-6, TNF-α, molecole di adesione intercellulare-1 (ICAM-1) e HSP70. I dati di mRNA sono stati confermati, misurando la concentrazione proteica delle sopracitate molecole nei surnatanti cellulari, mediante saggi ELISA e/o western blot. Infine, utilizzando saggi di attività e western blot è stato valutato anche il coinvolgimento del fattore trascrizionale NF-kB. I nostri risultati indicano che AV119, inibendo il fattore trascrizionale NF-kB, down-regola significativamente l’overespressione LPS-indotta, di citochine infiammatorie e molecole di adesione. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 182 di 288 INFLUENZA MICROBICA SUL RILASCIO E SULL'IMMOBILIZZAZIONE ARSENICO IN UN CO-PRECIPITATO NATURALE DI FERRO E ARSENICO. R. Gorra, M. Martin DIVAPRA, Università degli Studi di Torino DI Per la sua diffusione nell'ambiente e tossicità, l'arsenico (As) è il primo tra gli elementi tossici nella lista della Agency for Toxic Substances and Diseases Registry (ATSDR). La contaminazione da arsenico è un problema gravissimo in molti Paesi, soprattutto asiatici. Purtroppo anche in diverse zone italiane (Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Sardegna), le acque possono contenere concentrazioni di As superiori al limite di 10 μg L-1 e numerosi suoli sono contaminati. Non solo l'acqua potabile, ma anche le colture cresciute in presenza del contaminante possono rappresentare un rischio per la salute. La mobilità ambientale e la disponibilità dell'As sono limitate, oltre che dall'adsorbimento sulle fasi minerali, da reazioni di precipitazione e co-precipitazione. In acque ricche di As e metalli in soluzione, come quelle del Bangladesh, o nei drenaggi di miniera, la formazione di co-precipitati è documentata e spesso favorita dalla presenza di microrganismi ferroossidanti, che possono promuovere una bio-decontaminazione naturale. Le comunità microbiche che si sviluppano negli ambienti ricchi di As sono direttamente o indirettamente coinvolte nel regolarne la mobilità favorendone il passaggio in soluzione (riducendo l'As o gli ossidi di ferro) oppure l'immobilizzazione in fase solida (mediando l'ossidazione dell'As o del ferro). I prodotti di co-precipitazione, specialmente quando è coinvolta l'attività microbica, possono contenere una notevole quantità di sostanza organica, il cui ruolo nel regolare la stabilità della fase solida e la mobilità ambientale dell'As è ancora da chiarire. Alcuni ceppi Fe- o Mn-ossidanti, partecipano attivamente alla formazione di prodotti di coprecipitazione Fe-As, promuovendo una bio-decontaminazione naturale. L'eventuale presenza di microrganismi in grado di ridurre l'As (o il Fe) può invece favorire il rilascio del contaminante. Il ruolo dei microrganismi nel favorire l’immobilizzazione o il rilascio di As da prodotti di coprecipitazione, riveste quindi notevole interesse per la sua rilevanza ambientale. Perciò è stato svolto uno studio atto a valutare la stabilità di co-precipitati naturali di Fe-As in relazione a microrganismi presenti negli stessi co-precipitati, potenzialmente attivi nel promuovere l’immobilizzazione o la solubilizzazione dell’As. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 183 di 288 DINAMICHE MICROBICHE IN PROVE DI DETERIORAMENTO AEROBICO DI SILOMAIS Dolci Paola1, Borreani Giorgio2, Tabacco Ernesto2, Piano Serenella2, Cocolin Luca1. 1 Dipartimento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse agroforestali, Facoltà di Agraria, Università di Torino 2 Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio, Facoltà di Agraria, Università di Torino L’esposizione di silomais all’aria, quindi all’ossigeno, provoca la crescita di microrganismi alteranti. Gli insilati esposti all’aria, infatti, vanno incontro a processi di deterioramento dovuti ad un’intensa attività microbica aerobia. Inizialmente sono i lieviti a innescare questo processo, in un secondo tempo vengono sostituiti da bacilli, clostridi, Enterobacteriaceae e muffe. La stabilità degli insilati esposti all’aria può variare da poche ore ad alcuni giorni in funzione di diversi fattori, tra cui le specie di microrganismi e la loro carica. In questa ricerca sono state valutate le dinamiche con cui diverse specie batteriche colonizzano e competono nella matrice silomais durante l’insilamento e all’esposizione all’aria dopo l’apertura. Il confronto ha previsto la valutazione di due tipologie di film plastico per la copertura di sili da laboratorio da 30 l:sili coperti con telo polietilene dello spessore di 120 μm (PE) e sili coperti con un telo a bassa permeabilità all’ossigeno dello spessore di 125 μm (OB) a base di poliammide. Per ogni trattamento sono stati analizzati 3 sili. I campionamenti sono stati effettuati sul foraggio verde prima dell’insilamento, sull’insilato dopo circa 110 giorni di conservazione a silo chiuso e sui campioni di insilato esposti all’aria per 2, 5, 7, 9 e 14 giorni. Le dinamiche microbiche sono state seguite mediante un approccio colturaindipendente, in particolare è stata utilizzata la tecnica DGGE (Denaturing gradient gel electrophoresis) preceduta da un’estrazione totale del DNA dalle matrici e dall’amplificazione della regione V3 del gene che codifica per l’rRNA 16S. La Cluster Analysis applicata ai profili DGGE delle matrici evidenzia una parziale influenza dei due diversi trattamenti sulla microflora batterica. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 184 di 288 PROGETTO SIMIFF: SORVEGLIANZA ITALIANA MULTICENTRICA SULLE INFEZIONI INVASIVE DA FUNGHI FILAMENTOSI Montagna MT, Coretti C, Lovero G, Iatta R, Caggiano G & GdL Progetto SIMIFF* Dip di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Sezione di Igiene, Università degli Studi di Bari Premessa. Negli ultimi decenni, oltre ai classici miceti (es. Aspergillus), altri funghi filamentosi sono stati riconosciuti responsabili di gravi patologie (Acremonium, Fusarium, Scedosporium, Mucor e Rhyzopus). Studi sempre più aggiornati sulla biologia di questi microrganismi hanno permesso di ampliare le conoscenze sul loro saprofitismo e parassitismo e la messa a punto di nuove tecniche di laboratorio in grado di fornire una diagnosi precoce. In Italia manca un sistema centralizzato di sorveglianza sulle infezioni fungine gravi, per cui i dati epidemiologici sono poco omogenei e si riferiscono per lo più a studi condotti su singoli ospedali o su una tipologia di paziente. Poiché le indicazioni epidemiologiche sono spesso legate alla realtà territoriale, é importante conoscere l’incidenza delle micosi e i fattori di rischio ad esse correlati, allo scopo di contenere la diffusione di tali complicanze infettive ancora oggi sottostimate e di difficile risoluzione. Obiettivi. Il progetto SIMIFF, coordinato dall’Università di Bari (CC) sotto l’egida della Federazione Italiana di Micopatologia Umana e Animale (FIMUA, www.fimua.it), ha lo scopo di valutare l’epidemiologia delle micosi invasive da funghi filamentosi in Italia negli anni 2009-2010. Percorso operativo. A tuttoggi partecipano allo studio 14 Centri distribuiti su territorio nazionale. Per ogni caso di micosi certa e probabile il Centro Arruolato (CA) deve compilare una scheda in formato elettronico per la raccolta delle informazioni cliniche e di laboratorio (fattori di rischio, approcci diagnostici e terapeutici adottati nelle diverse realtà territoriali, outcome del paziente a 60 gg dalla diagnosi, etc). I dati sono inseriti in un database dal CC ed elaborati da una Unità di Statistica. Successivamente, sugli stipiti isolati e inviati al CC sarà valutata la sensibilità in vitro nei confronti degli antimicotici di comune impiego, compresi quelli di più recente introduzione. (*) Partecipanti allo studio: Ancona (F Barchiesi, E Manso), Bari (MT Montagna, G Specchia), Bologna (V Sambri), Catania (S Oliveri), Firenze (PL Nicoletti, P Pecile), Foggia (M Li Bergoli), Genova (C Viscoli, M Malgorzata, O Soro), Milano (C Farina, AM Tortorano), Novara (S Andreoni), Palermo (S Giordano, R Monastero), Pescara (D D’Antonio, V Savini), Roma (L Pagano, M Sanguinetti), Treviso (R Rigoli), Udine (PL Viale) CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 185 di 288 VALUTAZIONE DELLA FREQUENZA DI DERMATOFITI E ALTRI MICETI IN SOGGETTI AFFERENTI AD UN CENTRO PODOLOGICO Vivian Tullio, Janira Roana, Marco De Filippi, Giuliana Banche, Valeria Allizond, Narcisa Mandras, Daniela Scalas E Nicola Carlone Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università degli Studi di Torino Le dermatofizie del piede e delle unghie (tinea pedis e tinea unguium) sono estremamente frequenti nei paesi più sviluppati e industrializzati con una prevalenza tra il 10 e il 25%. La diversa prevalenza della tinea pedis nei paesi a più alto tenore di vita rispetto a quelli del terzo mondo, trova la causa essenzialmente nell’uso, spesso incongruo, di calzature non idonee che, anche per cause climatiche più favorevoli, non sono ugualmente utilizzate nei paesi in via di sviluppo. Benché tinea pedis e tinea unguium non siano particolarmente pericolose, sono pur tuttavia forme morbose, tendenti alla rapida diffusione e cronicizzazione e spesso non diagnosticate: i portatori “sani” e quelli con tinea pedis inapparente potrebbero essere numerosi e in grado di diffondere l’infezione nell’ambiente e fra la popolazione. Scopo del lavoro è stato quello di valutare se i soggetti afferenti ad un “centro podologico” privato per la cura e l’estetica del piede potessero risultare portatori sani di dermatofiti e rappresentare, quindi, un veicolo asintomatico di trasmissione. Un campione di 157 soggetti, rappresentativo della popolazione della città di Chieri (Torino) è stato analizzato dal punto di vista micologico, valutando la presenza e la distribuzione di dermatofiti ed altri miceti. I prelievi sono stati eseguiti anche in base ad una serie di altri possibili fattori di rischio: sesso, classe di età, presenza di sintomatologia concomitante e attività sportive praticate. In totale, 130 (82.8%) individui sono risultati positivi per una o più specie micotiche (dermatofiti, muffe filamentose, lieviti). Tra i dermatofiti sono stati isolati per lo più T. mentagrophytes, T. rubrum ed in parte anche E. floccosum, riconosciuti agenti di tinea pedis e t. unguium, mentre tra i non dermatofiti i più rappresentati sono risultati i funghi demaziacei. Non è stata osservata una differenza significativa tra soggetti asintomatici e sintomatici, indicando che l’assenza di sintomi non è indice di negatività per dermatofiti. I risultati ottenuti indicano che, a livello epidemiologico, risulta importante e auspicabile attuare una maggiore sorveglianza, soprattutto estesa a sedi di campionamento dove i soggetti afferiscono non necessariamente per motivi legati a patologie, così da ottenere un più ampio quadro della situazione anche in soggetti in apparenti buone condizioni di salute. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 186 di 288 SEPSI FUNGINA IN TERAPIA INTENSIVA NEONATALE: CONFRONTO TRA DUE METODI DIAGNOSTICI Trovato L., Oliveri S., *Betta P., *Romeo M., Nicoletti G. Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, *Dipartimento di Pediatria Università di Catania U.O. Laboratorio Analisi,* U.O. Terapia Intensiva Neonatale A.O.U. Policlinico “G. Rodolico” di Catania La fungemia, e più precisamente la candidemia, rappresenta la terza causa più comune di sepsi, con un’incidenza compresa tra 1.6% e 9% nei neonati pre-termine con peso alla nascita ≤ 1500 grammi e del 10-16% in quelli con peso ≤ 1000 grammi, con un tasso di mortalità, riportato da diversi studi multicentrici, pari al 20-30%. La diagnosi certa di IFI nel nato pre-termine, si basa ancora oggi prevalentemente sull’isolamento di Candida dall’emocoltura che peraltro, risulta positiva, solamente nel 24-60% dei casi di candidosi invasiva. In particolare, la sensibilità delle emocolture tende a ridursi ulteriormente per la bassa quantità di volume di sangue prelevabile dai nati pretermine. Esistono comunque dei metodi, tra cui la lisi-centrifugazione, studiato per la raccolta di piccoli volumi di sangue. In questo studio osservazionale retrospettivo riportiamo i dati relativi alle emocolture effettuate tra agosto 2008 e agosto 2009 su neonati pre-termine ricoverati presso l’UTIN al fine di comparare il sistema di lisi centrifugazione con il sistema Bactec Ped Plus/F. Sono stati selezionati 21 neonati, 9 maschi e 12 femmine, e analizzate 34 emocolture eseguite contemporaneamente con i due metodi. Con il sistema lisi-centrifugazione è stata diagnosticata IFI in due pazienti (9.5%), mentre con il sistema Bactec in un solo paziente (4.75%). Delle 34 emocolture analizzate, il 20.6% sono risultate positive con il sistema lisi centrifugazione e il 5.8% mediante Bactec, con una differenza statisticamente significativa (test esatto di Fisher: P=0,045). Complessivamente sono state isolate tre specie, C. albicans (1 pz), C. parapsilosis e M. furfur (1 pz). L’isolamento di C. albicans è stato evidenziato solo con il sistema lisi centrifugazione insieme all’isolamento simultaneo di batteri (S. epidermidis), evidenziati successivamente anche con il Bactect. C. parapsilosis è stata evidenziata con entrambi i metodi. Relativamente a M. furfur, con il sistema lisi centrifugazione sono state ottenute 5 emocolture positive, mentre con il Bactec solamente una. In conclusione, comparando il metodo lisi centrifugazione con i sistemi convenzionali utilizzati per l’emocoltura, si osserva una maggiore sensibilità e una riduzione dei tempi relativi alla detenzione della fungemia, specialmente quando sono implicati lieviti che richiedono particolari condizioni di crescita. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 187 di 288 IDENTIFICAZIONE E TIPIZZAZIONE MOLECOLARE DI CANDIDA AFRICANA IN PAZIENTE CON CANDIDOSI VAGINALE RICORRENTE Sardo V., Trovato L., Rapisarda M.F., Oliveri S. Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche U.O. Laboratorio Analisi, A.O.U. Policlinico “G. Rodolico” Catania La candidosi vulvovaginale rappresenta, dopo la vaginosi batterica, la più frequente causa di infezione vaginale. C. albicans è la specie più frequentemente isolata; recentemente sono stati segnalati come agenti di vaginite anche ceppi atipici di tale specie identificati, mediante indagini molecolari, come C. africana. In questo lavoro riportiamo un caso di candidosi vaginale da Candida africana osservata in una paziente con storia clinica di VVCR da circa tre anni e trattata per lungo tempo con diverse terapie topiche e sistemiche risultate inefficaci. Dopo un’accurata anamnesi e wash-out dalle terapie eseguite, abbiamo avviato gli esami standard per escludere la possibile presenza di infezioni vaginali concomitanti ed effettuato esami micologici seriali per un periodo di sei mesi. In particolare, sono stati effettuati 3 campionamenti, sia a livello vulvare che vaginale, in concomitanza della presenza della sintomatologia e due campionamenti a livello vaginale in fase di controllo. Da tutti i campioni sono stati isolati lieviti con caratteristiche morfologiche e fisiologiche atipiche. In particolare, tutti ceppi formavano tubulo germinativo in siero bovino a 37°C, ma non producevano clamidospore in corn-meal agar e rice extract agar con aggiunta di tween 80. In questi terreni inoltre si osservavano cellule da sferiche a ovoidali, con scarsa produzione di pseudioife. L’identificazione biochimica effettuata con il Vitek 2 mostrava un profilo di identificazione non accettabile così come l’utilizzo del sistema ID 32 C. Tenuto conto dei risultati ottenuti abbiamo avviato una multiplex PCR specifica per l’identificazione di C. albicans. Oltre i ceppi atipici, sono stati inseriti un ceppo isolato dalla stessa paziente 16 mesi prima e identificato come C. albicans e il ceppo di controllo C. albicans ATCC 2921. Solamente in quest’ultimo sono stati evidenziati due prodotti di amplificazione pari a 219 bp e 110 bp, escludendo, nonostante la positività della formazione del tubulo germinativo, l’identificazione degli altri ceppi come C. albicans. L’ipotesi che i ceppi isolati siano riconducibili a C. africana, oltre che con altri test fisiologici e biochimici, è stata verificata attraverso PCR, utilizzando una singola coppia di primers aventi come target il gene hwp1, in grado di discriminare C. albicans, C. dubliniensis e C. africana. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 188 di 288 DIAGNOSI MOLECOLARE DI ONICOMICOSI DA TRICHOPHYTON RUBRUM Oliveri S., Trovato L., *Milici M.E. Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche - Università di Catania U.O. Laboratorio Analisi, A.O.U. Policlinico “G. Rodolico” Catania * Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute - Università di Palermo I dermatofiti sono tra i principali agenti eziologici causa di onicomicosi ed in particolare, tra questi, T. rubrum e T. mentagrophytes sono quelli principalmente implicati. L’attuale diagnosi di laboratorio è basata sull’osservazione microscopica mediante KOH degli elementi fungini, seguita dall’esame colturale e dall’identificazione morfologica. Questi metodi presentano in alcuni casi bassa specificità e sensibilità da riferirsi prevalentemente ad esami microscopici positivi e a nessun isolamento in coltura o all’isolamento di funghi non responsabili dell’infezione che tendono ad inibire la crescita dei dermatofiti. L’introduzione di metodi molecolari, più sensibili e specifici, consente una più rapida e accurata identificazione dell’agente eziologico causa dell’infezione. A partire da un caso clinico di onicomicosi è stata messa a punto una metodica in multiplex PCR per il rilevamento di dermatofiti e l’identificazione di T. rubrum. L’esame microscopico del primo campione clinico era positivo per ife e in coltura si isolava Aspergillus. Il 2° campione, raccolto dopo 15 gg è stato inizialmente trattato con un tampone di lisi e successivamente posto per 2 ore a 65°C. Dopo centrifugazione a 5000 rpm, il pellet ottenuto è stato utilizzato per l’estrazione del DNA fungino utilizzando il kit DNeasy® Plant Mini Kit. È stata quindi avviata una multiplex PCR utilizzando una coppia di primers specifici per i dermatofiti aventi come target il gene della chitin sintetasi e un’altra coppia di primers specifici per l’identificazione del T. rubrum. Oltre al campione clinico è stato inserito come controllo il ceppo ATCC 9533 di T. mentagrophytes. La corsa elettroforetica in gel di agarosio ha evidenziato per il ceppo di controllo una banda pari a 435-bp specifica per i dermatofiti e nel campione clinico oltre alla presenza di tale banda ne è stata evidenziata una seconda pari a 203-bp specifica per il T. rubrum. Successivamente i prodotti di amplificazione sono stati purificati e digeriti con MvaI, Eco RI e HaeIII per 90 minuti a 37°C. Dei tre enzimi utilizzati, solamente MvaI e HaeIII hanno permesso di differenziare il ceppo di T. rubrum dal T. mentagrophytes. In conclusione, il metodo da noi utilizzato ha permesso, rispetto alle tecniche convenzionali, una rapida e accurata diagnosi molecolare di onicomicosi da T. rubrum. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 189 di 288 DETERMINAZIONE DELL’INCIDENZA E DELLA BIODIVERSITA’ DI BRETTANOMYCES BRUXELLENSIS IN 87 VINI ITALIANI TRAMITE METODICHE DI BIOLOGIA MOLECOLARE. Simona Campolongo, Kalliopi Rantsiou, Vincenzo Gerbi e Luca Cocolin Università degli Studi di Torino Facoltà di Agraria, Di.VA.PRA Settore di Microbiologia Agraria e Tecnologie alimentari Via Leonardo da Vinci 44, 10095, Grugliasco (To) I lieviti appartenenti al genere Brettanomyces-Dekkera costituiscono oggi un grave problema a causa della loro larga diffusione nelle bevande alcoliche. Tra le forme oggi conosciute di questo microrganismo quella più diffusa nel vino è B. bruxellensis, ma talvolta sono stati isolati anche ceppi di B. anomalus. Questo microorganismo è tra i maggiori responsabili dell’origine di odori sgradevoli nel vino, che possono causarne notevoli deprezzamenti. I difetti organolettici causati da Brettanomyces spp. e riscontrati nei vini di tutto il mondo sono riconducibili a odori simili a cane bagnato, orina di topo, sudore di cavallo, stalla, vernice, plastica, etc, che vengono nell’insieme definiti come “nota Brett”. La presenza del difetto condiziona pesantemente il profilo aromatico dei vini causando da un appiattimento dell’aroma alla comparsa della nota Brett. La presenza di questi odori è attribuibile alla produzione da parte di Brettanomyces spp. di alcuni fenoli volatili, come il 4-etil guaiacolo, 4etilfenolo, 4-vinilguaiacolo ed il 4-vinilfenolo. Nella corrente ricerca è stata investigata la presenza in vino del lievito Brettanomyces spp. sotto diversi aspetti, utilizzando tecniche di microbiologia tradizionale (coltura dipendenti) e biologia molecolare (coltura indipendenti). Tramite campionamenti di microbiologia tradizionale è stata analizzata la carica microbica relativa a questo lievito in 87 vini provenienti dalle regioni Piemonte e Liguria. Sono stati perciò isolati circa 210 ceppi di Brettanomyces spp. poi sottoposti ad ulteriori analisi di biologia molecolare (PCR specie-specifica e restrizione enzimatica) per stabilirne con precisione l’appartenenza alla specie bruxellensis. E’ stata poi studiata l’ecologia microbica dei ceppi così isolati tramite SAU-PCR e tramite l’analisi dei profili così ottenuti. La combinazione di queste analisi ha condotto alla conclusione che non esiste una diretta correlazione tra i risultati ottenuti tramite i metodi coltura dipendenti ed indipendenti. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 190 di 288 INFLUENZA DELL’AMBROXOLO SULLA RESISTENZA AGLI AZOLI IN ISOLATI DI C.PARAPSILOSIS E C.TROPICALIS Pulcrano G., De Domenico G., Panellis D., Iula V.D., Catania M.R., Rossano F. Dip. di Biologia e Patologia Cellulare e Molecolare “L. Califano” Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Napoli “Federico II”. La capacità di aderire a superfici diverse formando biofilm è tipica della maggior parte dei microrganismi,compresi quelli appartenenti al genere Candida. La struttura microscopica e gli aspetti genetici dei biofilm fungini sono oggetto di studi sempre più frequenti. Dati recenti hanno evidenziato che la formazione di biofilm procede attraverso fasi successive: una fase precoce, in cui la maggior parte delle cellule, presenti come blastospore aderenti alla superficie, comincia ad aggregarsi lungo aree di superficie irregolari; una fase intermedia, caratterizzata dalla deposizione di materiale extracellulare composto da polisaccaridi ricchi di mannosio e glucosio; una fase finale, in cui il biofilm maturo si presenta molto eterogeneo in termini di distribuzione di cellule e matrice. Il biofilm delle Candide non-albicans è strutturalmente molto simile a quello di C. albicans tranne per C. parapsilosis che non forma ife, per cui la struttura del biofilm è costituita essenzialmente da pseudoife e cellule lievitiformi (Kuhn et al., 2002. Infect. Immun. 70:878–888). Come i biofilm batterici, anche quelli fungini sono molto resistenti agli antimicrobici, sia per la scarsa permeabilità della matrice esterna, che per le alterazioni nel metabolismo delle cellule fungine (Pfaller et al., 2007. Clin. Microbiol. Rev. 20:133–163). Nel nostro studio, ceppi di C. parapsilosis e C. tropicalis, isolati da vari siti anatomici e saggiati per la loro capacità di produrre biofilm, sono stati analizzati in riferimento alla sensibilità a voriconazolo e fluconazolo, mediante metodo colorimetrico con XTT, per le cellule allo stato sessile, e saggio in micro diluizione, per le cellule allo stato planctonico. Il saggio dell’attività antimicrobica su biofilm ha rivelato MIC molto elevate per i ceppi in esame. L’aggiunta di ambroxolo come agente mucolitico ha permesso il distacco delle cellule formanti biofilm aumentando così la suscettibilità al voriconazolo anche a MIC più basse. In conclusione, i dati ottenuti sembrerebbero incoraggiare l’utilizzo di sostanze diverse in combinazione con i classici antimicotici, per risolvere il problema sempre crescente delle resistenze dei biofilm formati da Candida non-albicans su dispositivi medici. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 191 di 288 BLASTOCYSTIS HOMINIS: CONFRONTO FRA MORFOLOGIA, SOTTOTIPI SINTOMI CLINICI Masucci Luca, Archibusacci Carola Maria, Graffeo Rosalia e Fadda Giovanni. Istituto di Microbiologia – Università Cattolica del Sacro Cuore – Policlinico “A. Gemelli”. E Nel 1911 Alexeieff presentò la Blastocystis hominis come organismo ben distinto e propose il nome di Blastocystis enterocola, dandone una buona descrizione morfologica, paragonandola ai funghi e proponendo un ciclo vitale. Alcuni autori tutt’oggi la classificano “in incerta sede” e rappresenta un organismo di dibattuta eziopatogenicità. Mediante reazione di amplificazione di acidi nucleici (PCR) con primers specie specifici, si è potuto chiarire che B. hominis non sia una specie “unica” ma suddivisa in sette sottotipi numerati da I a VII. Nel periodo Gennaio 2008-Maggio 2009, su un totale di 3253 pazienti indagati per la ricerca di parassiti intestinali in campioni fecali, sono stati da noi identificati, mediante microscopia ottica, 157 ceppi di B. hominis. Le morfologie evidenziate sono state vacuolare 60 (38.5%), granulare 28 (17.5%), ameboide (0%), cistica (0%), vacuolare + granulare 50 (31.8%), vacuolare +granulare+cistica 8 (5.5%), vacuolare + ameboide 11 (6.7%). La tipizzazione molecolare ha fornito dei risultati che distribuiscono variamente i sette sottotipi nell’ambito delle morfologie, portando così a ritenere che non esista un’associazione tra morfologia e sottotipi. Dei 157 campioni, sono state valutate contemporanee positività per microrganismi patogeni (batteri, miceti, virus). Pertanto dallo studio anamnestico sono stati esclusi 90 (57.3%) pazienti che presentavano coinfezioni. i rimanenti 67 (42.7%) pazienti sono stati valutati per la presenza di sintomatologia intestinale riconducibile a Sindrome del Colon Irritabile. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 192 di 288 IMPIEGO DEL TEST ISAGA IgM NELLA PREVENZIONE DELLA TOXOPLASMOSI CONNATALE TARDIVA a,c Russo R., a,cCostanzo C.M., bGarozzo R., a,cZappalà D., a,cPalermo C.I, a,cSardo V., bBarone P., a,cFranchina C., a,cScalia G. a Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, bDipartimento di Pediatria, Università degli Studi di Catania e cU.O. di Virologia Clinica, Laboratorio Centralizzato, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “G. Rodolico” di Catania. Tra le infezioni che possono indurre patologie di rilievo nel neonato, quella da Toxoplasma gondii è da considerarsi tra le più importanti se acquisita per la prima volta in corso di gestazione. Anche in corso di infezione primaria, il corretto e tempestivo intervento terapeutico, strettamente connesso ad una valida diagnosi e ad un adeguato schema di controllo della gestante a rischio, può condurre alla nascita di neonati sani e non infetti. Nel caso in cui la terapia nella gestante non riesca ad eliminare il rischio di passaggio dell’infezione, è fondamentale riuscire a porre rapidamente e con adeguata certezza una diagnosi nel neonato che definisca l’infezione acquisita in utero. E’ quindi indispensabile un idoneo follow-up neonatale che indichi l’eventuale infezione connatale. Il primo passo è rappresentato da una diagnostica sensibile, soprattutto per la ricerca delle IgM in siero fetale o cordonale. Nella maggior parte dei casi, basandosi solo sui dati relativi alle metodiche di routine (antigeni solubili), il test per la valutazione delle IgM risulta negativo mentre viene considerato più valido l’uso della metodica ISAGA che impiega antigeni figurati. Sono stati analizzati campioni di siero provenienti da 117 neonati figli di donne con comprovata infezione primaria da T. gondii in gestazione. Tutti i neonati venivano monitorati ogni mese, clinicamente e sierologicamente, per almeno un anno dalla nascita per osservare l’andamento delle IgG specifiche o la comparsa delle IgM. Dei campioni ottenuti alla nascita, solo 2 erano positivi con metodiche di routine, mentre mediante il test ISAGA (Toxo-ISAGA, bioMérieux sa, France) i soggetti francamente positivi erano 6 ed in 3 si osservava un risultato “dubbio”. Da quanto emerge, l’impiego solo di test basati su antigeni solubili non avrebbe permesso un adeguato controllo di 5 neonati a rischio che avrebbero potuto andare incontro a patologia tardiva da toxoplasmosi connatale. I risultati ottenuti appaiono di particolare interesse in quanto tutti i casi di positività coincidevano con almeno uno dei seguenti parametri: epoca tardiva di gestazione in cui avviene l’infezione, tipo di terapia o sua ritardata instaurazione. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 193 di 288 PRODUZIONE DI OSTEOPONTINA DA PARTE DI MACROFAGI E CELLULE DENDRITICHE INFETTATI CON PROTOZOI DEL GENERE LEISHMANIA Daniele R.1, Scutera S.1, Rossi S.1, Zucca M.2, Savoia D.2, Musso T.1 1 Dip. di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università di Torino 2 Dip. di Scienze Cliniche e Biologiche, Università di Torino L’osteopontina (OPN), una citochina sintetizzata da cellule del sistema immunitario quali macrofagi e cellule dendritiche (DC), partecipa ai meccanismi immunitari di difesa contro i germi patogeni. I topi knock-out per OPN non riescono a eliminare i patogeni intracellulari (quali HSV-1 e Listeria monocytogenes), probabilmente a causa di una ridotta capacità di produrre IL-12 e IFN-gamma e di un aumento della produzione di IL-10. Inoltre i topi OPN-/- in seguito a infezione con Mycobacterium bovis sviluppano dei granulomi con delle anomalie funzionali. E’ stata riconosciuta un’associazione tra OPN, risposta cellulo-mediata e formazione di granulomi: l’OPN è presente nei linfociti T, nei macrofagi e nelle cellule epiteliali presenti all’interno dei granulomi e può regolare il processo di calcificazione dei granulomi stessi. La risposta di tipo granulomatoso è indotta da diversi patogeni intracellulari tra cui le leishmanie. Le interazioni tra leishmanie e DC si sono dimostrate importanti riguardo all’evoluzione dell’infezione. Noi abbiamo valutato in vitro l’effetto dell’infezione di macrofagi e DC umane da parte di due specie di leishmania sulla produzione di OPN. Monociti umani isolati da sangue periferico sono stati coltivati per 5 giorni in presenza di M-CSF, in modo da indurne il differenziamento in macrofagi o per 6 giorni in presenza di GM-CSF e IL-4, per generare DC (Mo-DC). Le cellule così ottenute sono state infettate con amastigoti di Leishmania major o Leishmania infantum ed è stata quindi valutata mediante ELISA la quantità di OPN secreta nel surnatante delle colture cellulari. I risultati indicano che monociti e DC producono, in condizioni basali, circa 200 ng/ml di OPN. In seguito all’infezione con le leishmanie è stato osservato un significativo aumento della quantità di OPN (da 1400 a 7000 ng/ml, a seconda delle condizioni), mentre la stimolazione con LPS comporta una diminuzione della produzione di OPN rispetto ai livelli basali. Risultati preliminari indicano che l’induzione di OPN da parte di leishmania sia mediata da TLR2 mentre il segnale mediato da TLR4 avrebbe un effetto inibitorio sulla produzione di OPN. Questi dati suggeriscono che l’OPN possa avere un ruolo nella regolazione della risposta immunitaria ai parassiti del genere Leishmania. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 194 di 288 EPIDEMIOLOGIA DI PATOGENI RESPIRATORI Ingianni A.*, Madeddu M.A.*, Pittau M.**, Lauterio C.**, De Montis A.**, Passotti C.**, de Virgiliis S.***, Pompei R.*. * Department of Science and Biomedical Technology, Section of Applied Microbiology, University of Cagliari ** Research and Development Group, bcs Biotech S.p.A., Cagliari *** Department of Paediatric Science and Clinic Medicine “G.Macciotta”, Chief 1st. Pediatric Clinic, University of Cagliari Le infezioni respiratorie acute rappresentano circa il 75% di tutti gli stati morbosi acuti nei paesi sviluppati e quasi l’80% sono dovute ad infezioni virali. Le sindromi respiratorie, che spesso hanno dei quadri clinici molto simili, sono causate da patogeni a volte assai differenti. La rapida ricerca dei differenti patogeni respiratori è di fondamentale importanza, specialmente in neonati o nei bambini, per effettuare una corretta diagnosi, per condurre una idonea terapia se possibile, per studiare la stagionalità dei diversi patogeni e per evitare la loro diffusione. Di recente sono stati realizzati 2 nuovi kit: ProDect® CHIP RV e ProDect® CHIP RB che utilizzando delle sonde specifiche nei confronti di 11 virus (Parainfluenza virus type I, Parainfluenza virus type II, Parainfluenza virus type III, Respiratory syncytial virus, Influenza A virus, Influenza A virus H1N1, Avian Flu virus H5N1, Influenza B virus, Human Metapneumo Virus, Adenovirus, Sars Corona Virus) e 3 batteri (M.pneumoniae, L pneumophila, C.pneumoniae) identificandoli in maniera assolutamente specifica e sensibile (bcs Biotech S.p.A.,Cagliari). E’ stata condotta una ricerca epidemiologica nel nostro laboratorio in collaborazione con la 1a cattedra di clinica pediatrica per verificare la specificità e sensibilità di questo nuovo sistema di identificazione. Sono stati analizzati 158 tamponi faringei prelevati a bambini e neonati (88 maschi e 70 femmine), che sono stati ricoverati da Giugno 2008 a Maggio 2009 presso la Clinica Pediatrica con sintomi riferibili a infezioni respiratorie, quali febbre, vomito, diarrea, faringite, gastroenterite, etc. Sono stati identificati un totale di 33 patogeni respiratori (21.1%): 14 parainfluenza virus tipo III , 5 influenza A virus, 2 virus respiratorio sinciziale, 5 C.pneumoniae e 7 M. pneumoniae. L’uso dei 2 nuovi chips per il saggio delle infezioni respiratorie mediante ibridizzazione del DNA risulta uno strumento molto utile per verificare in un tempo molto breve una possibile co-infezione da parte di due o più agenti patogeni, virus o batteri. Inoltre, l’uso continuo di questi test in reparti ospedalieri a rischio può contribuire a definire l’incidenza stagionale e la diffusione dei patogeni respiratori. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 195 di 288 SORVEGLIANZA VIROLOGICA DELLE INFEZIONI DAL NUOVO INFLUENZALE A(H1N1)V M. Sali, S. Manzara, V. Prete, R. Martucci, L. Vaccaro, G. Delogu, G. Fadda Istituto di Microbiologia e Virologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma VIRUS Il nuovo ceppo del virus dell’influenza A(H1N1), responsabile dell’attuale pandemia influenzale è il risultato di una ricombinazione genica di virus influenzali suini, aviari ed umani, diffusi fra i suini in Europa, Asia, ed America. Il Laboratorio di Analisi II(Microbiologia e Virologia) del Policlinico Universitario “A.Gemelli” di Roma costituisce il Laboratorio di riferimento per il monitoraggio della diffusione di virus influenzali nella Regione Lazio. In questo lavoro vengono riportati i risultati ottenuti dall’esame dei campioni analizzati nel periodo Maggio-Settembre 2009 provenienti da pazienti afferenti ai DEA di alcuni ospedali di Roma e della Regione Lazio con quadro clinico riferibile a sindrome influenzale Sono stati esaminati 525 campioni clinici (tamponi faringei e/o nasali) utilizzando per ciascuno tre diverse tecniche di diagnosi diretta: - Test rapido immunocromatografico Directigen EZ Flu A-B(BD) - Esame molecolare che prevede l’amplificazione genica Real-Time RT- PCR per l’identificazione e sottotipizzazione del ceppo A(H1N1)v - esame colturale attraverso inoculo su colture cellulari (MDCK-SIAT1) sensibili al virus influenzale Dei 525 campioni clinici esaminati 200 sono risultati positivi ad uno o più test, in particolare 59(28,5%) positivi al test rapido, 181(90,5%)alla Real-time RT-PCR e 188(95%) all’esame colturale. I risultati ottenuti hanno permesso di valutare la diversa sensibilità e specificità dei test utilizzati che saranno di grande utilità per individuare un percorso diagnostico da utilizzare in previsione di una prossima emergenza influenzale. In accordo con i dati pubblicati dal CDC e dall’OMS l’analisi epidemiologica del nostro studio rivela una significativa correlazione tra la diffusione del virus e l’età dei soggetti infettati evidenziando la massima diffusione (80%) dei positivi nella fascia d’età tra gli 11 e i 25 anni, 13.5% tra i 26 e 40 anni contro un 8% in bambini sotto i 10 anni ed un 7.5% in soggetti di età superiore ai 41anni CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 196 di 288 VALUTAZIONE DELL’IMPATTO ANNUALE DEI RHINOVIRUS A LIVELLO DELLE VIE AEREE INFERIORI. Stefano Gambarino, Massimiliano Bergallo, Sara Astegiano, Salvatore Simeone, Maria Elena Terlizzi, Daniela Libertucci, Cristina Costa, Rossana Cavallo. SCDU Virologia; 1Divisione di Pneumologia, AOU San Giovanni Battista di Torino. Introduzione. I Rhinovirus umani sono gli agenti virali di più comune riscontro. Sebbene l’infezione sia solitamente limitata alle vie aeree superiori e i rhinovirus presentino una capacità replicativa ottimale a temperature inferiori a 37°C, è stato evidenziato il possibile coinvolgimento del tratto respiratorio inferiore in condizioni particolari, quali immunocompromissione, con manifestazioni patologiche variabili a seconda del background patologico del paziente (polmonite, rigetto nel trapiantato di polmone, esacerbazione di broncopneumopatie preesistenti). In questo studio è stata valutata l’epidemiologia molecolare dei rhinovirus a livello delle vie aeree inferiori mediante real time RT-PCR. Metodi. Sono stati studiati tutti i 374 campioni di lavaggio broncoalveolare (BAL) consecutivamente raccolti in 1 anno e ottenuti da 247 pazienti adulti ospedalizzati, in particolare: 167 campioni di 74 pazienti trapiantati e 207 campioni di pazienti non trapiantati. I campioni sono stati esaminati mediante una tecnica in real time RT-PCR messa a punto nel nostro laboratorio e in grado di rilevare la maggior parte dei sierotipi di rhinovirus. Tutti i campioni sono stati inoltre valutati mediante un pannello diagnostico in grado di rilevare 16 virus potenzialmente responsabili di infezioni delle vie aeree inferiori. Risultati. 23/167 (13.8%) campioni di altrettanti pazienti (31.1%) trapiantati e 26/207 (12.6%) di 26/173 (15.0%) pazienti non trapiantati sono risultati positivi per rhinovirus. La differenza di prevalenza tra pazienti trapiantati e non trapiantati risultava altamente significativa (p = 0.006). Frequente è stato il rilievo di confezione con almeno un altro virus (prevalentemente beta-herpesvirus). Non è stata riscontrata una distribuzione stagionale significativamente preferenziale. Conclusioni. Rhinovirus sono frequentemente rilevati nelle vie aeree inferiori con una significativa associazione alla condizione di immunocompromissione propria del paziente trapiantato. La frequenza di coinfezioni rapprsenta un problema nell’interpretazione dell’impatto clinico. Studi futuri dovranno investigare il possibile ruolo nella patogenesi del rigetto nel trapianto di polmone. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 197 di 288 EPIDEMIOLOGIA DI HPV IN SICILIA ORIENTALE: GENOTIPIZZAZIONE E RILEVAMENTO DELL’mRNA a,c Costanzo C.M., bBruno M.T., a,cRusso R., a,cZappalà D., a,cPalermo C.I, a,cFranchina C., a,cScalia G. Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, aSezione di Microbiologia b Sezione di Ginecologia, Università degli Studi di Catania e cU.O. di Virologia Clinica, Laboratorio Centralizzato, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “G. Rodolico” di Catania. Fra le infezioni sessualmente trasmesse, quella da HPV è certamente una delle più diffuse al mondo. L’infezione può dare esito a forme non clinicamente evidenti o ad alterazioni di vario grado della mucosa genitale che possono arrivare fino al carcinoma invasivo. Sono noti oltre 120 genotipi di HPV ed oltre 40 sono in grado di infettare l’apparato genitale femminile e maschile. Questi virus sono stati suddivisi genericamente in HPV ad alto rischio (HRHPV), comunemente associati ad evoluzione maligna delle lesioni genitali, e HPV a basso rischio (LR-HPV), che di norma non evolvono negativamente. La distribuzione genotipica di questi virus, specie degli HR-HPV, varia significativamente sulla base delle aree geografiche: l’HPV 16 è il più diffuso a livello mondiale, mentre il 18, considerato il secondo come frequenza di rischio di evoluzione neoplastica, è poco rappresentato in Europa in generale ed in Italia in particolare. E’ noto, inoltre, che solo una piccola percentuale di soggetti infetti andranno incontro ad una patologia neoplastica e che, quindi, il mero reperimento del DNA virale non implica un’evoluzione verso il carcinoma, ma solo un rischio. Per una più accurata valutazione prognostica è certamente di grande ausilio la ricerca dell’mRNA di E6 ed E7 che consente di valutare l’attività replicativa del virus. Nel nostro studio sono stati valutati campioni di “brushing” provenienti da donne che venivano indirizzate all’indagine per alterazioni citologiche di vario grado. In tutti i campioni veniva effettuata la ricerca del DNA di HPV e successiva genotipizzazione nei casi positivi (HPV AlphaStrip II, Alphagenics Diaco, Italia). In tutti i casi in cui si rilevava DNA di HPV 16, 18, 31 33 o 45, si valutava anche l’mRNA di E6/E7 (NucliSENS EasyQ HPV v1.0, NASBA DIAGNOSTICS, bioMérieux, France). Venivano reperiti 12 diversi genotipi di HR-HPV e se ne descrive la prevalenza anche in comparazione con i genotipi LR. Si osservava inoltre una rilevante frequenza di infezioni multiple di HPV sia HR che LR. Per ciò che attiene al mRNA, nei casi analizzati si evidenziava una positività di oltre il 45%. Questo dato viene analizzato alla luce dei dati clinici ed anatomopatologici. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 198 di 288 INFEZIONI DA PAPILLOMAVIRUS (HPV) E CARCINOMA ANALE IN PAZIENTI HIV POSITIVI D’onghia S., 1A. De Luca, 1S. Farina, R. Santangelo, V. Prete, 2G.F. Zannoni, 2V.G. Vellone, 3G. Maria, R. Cauda, G. Fadda, P. Cattani Istituto di Microbiologia, 1Malattie Infettive, 2Anatomia Patologica, 3Clinica Chirurgica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italia Il carcinoma anale è una patologia emergente nei soggetti con infezione da HIV e, come per il cancro della cervice, è preceduto da lesioni precancerose. La stretta associazione con l’infezione da HPV suggerisce la possibilità di una prevenzione mediante la ricerca di DNA e/o RNA virale. In questo studio è stata valutata la prevalenza di HPV ad alto rischio (HR) e l’espressione degli oncogeni virali E6/E7 in lesioni perianali di pazienti HIV-positivi. I dati virologici sono stati correlati con lo screening citologico per lesioni preneoplastiche perianali. Sono stati esaminati 198 soggetti afferenti all’Ambulatorio della Clinica delle Malattie Infettive (77% maschi, 42% omosessuali, età 20-68 anni, 90% in terapia HAART, 72% con HIV-RNA <400 cp/ml, CD4: mediana 209 cell/ul), tutti sottoposti a visita proctologica, anoscopia, esame citologico e ricerca di HPV. I tamponi perianali sono stati esaminati mediante Hybrid Capture II HPV Test, multiplex-PCR (HPV 6-11-16-18-31-33-45) per la genotipizzazione e NucliSENS EasyQ HPV assay per la ricerca dell’mRNA di E6/E7 (HPV 16, 18, 31, 33, 45). I risultati virologici sono stati correlati con i dati clinici e citologici. Infezioni da HPV sono state riscontrate nel 70% dei soggetti. DNA di HR-HPV è stato rilevato nell’86% di questi (nel 51% con infezione multipla). Il genotipo prevalente è stato HPV 16 (46%) seguito da HPV 31, 18, 33 e 45. L’espressione degli oncogeni E6/E7 era presente nel 68 % dei pazienti positivi per HR-HPV e l’HPV 16 è stato il genotipo prevalente (47%). L’esame citologico è risultato positivo nel 16% dei pazienti per lesioni intraepiteliali ASCUS (n=9), AIN1 (n=18) e carcinoma (n=2). L’RNA di HPV è stato riscontrato nei 2 casi di carcinoma e nei 15/18 casi di AIN1 (complessivamente in 25/29 casi [86%] con displasia/cancro). L’RNA è risultato positivo in 58/169 (34%) pazienti con citologia negativa. I risultati mostrano un’alta prevalenza di infezioni multiple da HPV con elevata espressione degli oncogeni E6/E7, specialmente nei pazienti con lesioni displasiche o neoplastiche. Il valore predittivo di tale riscontro è in corso di valutazione in un’indagine prospettica.Una preliminare valutazione della sensibilità e specificità dei test virologici suggerisce un elevato valore prognostico dell’RNA di HPV, rilevante nello screening per la prevenzione del carcinoma anale in soggetti a rischio. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 199 di 288 INFEZIONE GENITALE HPV E FERTILIZZAZIONE IN VITRO: UNA POSSIBILE RELAZIONE? A. Giardina1, L.Giovannelli1, R.Schillaci2, M.P.Caleca1, A.Perino1, G.Ruvolo3, E.Cefalù3, D.Matranga4, e P.Ammatuna1. Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute1, Dipartimento Materno Infantile2, Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Legale4, Università di Palermo; Centro Biologia della Riproduzione, Clinica Candela, Palermo3. Introduzione. Le infezioni sessualmente trasmesse sono una delle cause maggiori di infertilità. Nonostante il papillomavirus umano (HPV) sia una delle infezioni più comuni, l’associazione tra HPV e fertilizzazione in vitro (IVF) è stata ancora poco analizzata. Obiettivo. Valutare la prevalenza dell’ infezione da HPV in coppie sterili che si sottopongono a IVF, in relazione ai parametri e gli esiti dell’ IVF. Materiali e Metodi. Sono state esaminate 104 coppie (età media: donne, 34,7 a.; uomini, 38,0 a.). Le cause di infertilità erano femminili (24,1%), maschili (58,6%), di coppia (6,8%) e idiopatica (10,5%). Le pazienti non presentavano anomalie citologiche al Pap-test. I parametri di IVF esaminati sono stati età, numero di ovociti, numero di ovociti maturi, numero di embrioni trasferiti e tasso di gravidanza. I campioni cervicali e seminali sono stati raccolti prima della raccolta degli ovociti; l’HPV DNA è stato ricercato usando il kit HPV INNOLiPa Genotyping (Innogenetics). Sono stati impiegati protocolli di induzione di ovulazione standard, e la gravidanza è stata diagnosticata attraverso rilevazione del battito fetale. I dati sono stati esaminati con test Χ2 e un modello di regressione logistica. Risultati. L’infezione di HPV è stata diagnosticata in 18 donne (17,3%) e 8 uomini (7,7%; p=0.04), per un totale di 22 (21,1%) coppie HPV positive; HPV-16 e HPV-66 erano i tipi più frequenti. Nessuna differenza era evidente fra le coppie con o senza infezione da HPV in termini di infertilità e parametri dell’IVF (p=0,20). La gravidanza è stata ottenuta in 7/22 (31,8%) coppie HPV-positive e 24/82 (29, 2%) coppie non infettate (p>0.05). Età media (36,7 contro 38,4), numero di ovociti (4,08 contro 4,2), numero di ovociti maturi (3,1 contro 3,3), embrioni trasferiti (2,2 contro 2,1) e gravidanza clinica (31,8 contro 29,2) non differivano (p>0.05) tra le coppie con o senza infezione da HPV. Il fallimento dell’ IVF era indipendente dall’infezione da HPV (OR’=0,91; 95% CI:0,28-2,79), ed era invece associato all’età delle donne (OR’=3,08; 95% CI:1,11-8,53) e al numero di embrioni trasferiti (OR’=0,26; 95%CI:0,07-0,91). Conclusioni. I nostri dati preliminari sembrano non indicare alcuna associazione tra infezione da HPV ed esiti dell’ IVF. Le analisi di altre coppie sono attualmente in corso. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 200 di 288 EPIDEMIOLOGY OF HERPES SIMPLEX VIRUS INFECTION IN PREGNANCY: A PILOT STUDY 1 Anzivino E, 1Bellizzi A, 2Fioriti D, 1Mischitelli M, 1Barucca V, 3Marcone V, 3Parisi A, 3Moreira E, 4Osborn J, 1Chiarini F, 3Calzolari E, 1Pietropaolo V. 1 Department of Public Health Sciences, 2Department of Urology, 3Department of Gynaecology and Obstetrics, 4Department of Public Health, "Sapienza" University of Rome, Italy. Herpes simplex virus (HSV) infection is one of the most common sexually transmitted viral diseases worldwide. HSV type 2 causes most genital herpes and HSV type 1 is usually transmitted via non-sexual contacts. However, HSV1 has emerged as a principle causative agent of genital herpes in some developed countries. Since the greatest incidence of HSV infections occurs in women of reproductive age, the risk of maternal transmission of the virus to the foetus/neonate has become a major health concern. We have studied 109 pregnant women between January 2007 and December 2008, in relation to their age, condom use, number of sexual partners, age at first intercourse, parity and smoking habit. The aim of this study was to evaluate the prevalence of HSV cervical infection and HSV coinfection with other genital microorganisms associated with poor neonatal outcome. Our results showed that of the 109 enrolled outpatients, 30% was HSV1 and/or HSV2 positive, of which 30% was infected with both HSV1 and HSV2, 18% was infected with HSV1 only and 52% with HSV2 only. A significant association between HSV1 and HSV2 infection was found and the prevalence of HSV2 infection in women infected with HSV1 was 63%. The prevalence of HSV1/2 varied in presence of other vaginal microorganisms but a statistical significant association was not found. This pilot study is probably too small to obtain statistically significant results. Nevertheless using these observed results we have calculated that about 530 patients with comparable features should be enrolled to detect an increase of 50% in HSV infection due to the presence of other genital infection and potential risk factors. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 201 di 288 DETERMINAZIONE DI HERPESVIRUS NEL TRATTO RESPIRATORIO INFERIORE (LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE E BIOPSIA TRANSBRONCHIALE) DI TRAPIANTATI DI POLMONE: CORRELAZIONE TRA ESAME ISTOPATOLOGICO E INFEZIONE VIRALE. Antonio Curtoni, Massimiliano Bergallo, Maria Elena Terlizzi, 1Luisa Delsedime, Francesca Sidoti, Samantha Mantovani, Stefano Callea, Rossana Cavallo, Cristina Costa. SCDU Virologia; 1Dipartimento di Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni Battista, Torino Introduzione: Il monitoraggio delle infezioni da Herpesvirus è di fondamentale importanza per la prognosi dei pazienti trapiantati di polmone. In questo studio è stata valutata la prevalenza di HCMV, HHV6, HHV7, EBV in campioni di lavaggio broncoalveolare (BAL) e biopsia transbronchiale (TBB) di trapiantati di polmone in relazione al riscontro all’esame istopatologico di rigetto, infiammazione delle vie aeree e polmonite organizzativa. Metodi: La presenza di HCMV, HHV6, HHV7 ed EBV DNA è stata valutata in 34 campioni (ciascuno costituito da 1 BAL e 1 TBB) di 20 pazienti mediante Real-time-PCR Quantitativa. Ogni paziente era sottoposto a profilassi combinata (CMV-IG per 12 mesi e ganciclovir o valganciclovir per 3 settimane dal 21° giorno post operatorio). L’esame istopatologico su TBB è stato effettuato in accordo ai criteri della “ISHLT working formulation” del 2007. Risultati: HCMV è stato rilevato in 11/34 (32%) campioni (BAL e/o TBB), HHV6 in 9 (26%), HHV7 in 18 (53%), ed EBV in 4 (12%). 9/34 TBB (26%) presentavano rigetto acuto, di queste 4 (44%) erano positive per HCMV, 2 (22%) per HHV6, 4 (44%) per HHV7, 0% per EBV (p=n.s.). Nessun campione presentava rigetto cronico. La presenza di polmonite organizzativa è stata rilevata in 4 campioni (12%), di cui il 100% positivo per HHV6, il 50% HHV7, il 25% HCMV e lo 0% EBV. Conclusioni: La prevalenza di HCMV DNA è risultata inferiore rispetto a quella riportata in letteratura (32% contro il 60%), confermando l'importanza del protocollo di profilassi combinata, indipendentemente dal matching sierologico. Nonostante il numero ristretto di campioni, i nostri risultati confermano il ruolo di HCMV nella patogenesi del rigetto acuto, mentre necessitano ulteriori studi per chiarire il ruolo degli altri herpesvirus nella patogenesi del rigetto e della polmonite organizzativa. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 202 di 288 PREVALENZA DI HHV6 NELLE MALATTIE INFIAMMATORIE DELL’INTESTINO a,b Zappalà D., cSiringo S., a,bPalermo C.I, dInserra G., a,bRusso R., a,bCostanzo C.M., a,b Franchina C., a,bScalia G. a Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, Università degli Studi di Catania e bU.O. di Virologia Clinica, Laboratorio Centralizzato, Azienda OspedalieroUniversitaria Policlinico “Gaspare Rodolico” di Catania, cU.O. di Gastroenterologia Azienda Ospedaliera “Garibaldi” di Catania, dU.O. di Medicina Interna Azienda OspedalieroUniversitaria Policlinico “Gaspare Rodolico” di Catania e Dipartimento di Medicina Interna e Patologie Sistemiche, Università di Catania. La retto-colite ulcerosa (RCU) e la malattia di Crohn sono processi infiammatori dell’intestino; ancora oggi non è stata identificata in modo certo la loro etiologia. La patogenesi è molto complessa e consiste di tre componenti interattive: fattori di suscettibilità genetica, danno tissutale immunomediato e agenti infettivi. Sulla base delle caratteristiche istomorfologiche dei due eventi morbosi, si pensa che la persistenza per lunghi periodi di forme microbiche patogene possa costituire un fattore di rischio importante. Tra esse si ascrivono gli Herpesviridae che permangono in forma latente o a bassi livelli replicativi per tutta la vita dell’organismo ospite. Inoltre, nei soggetti affetti da RCU, si osservano cambiamenti morfo-funzionali, causati dalla presenza del virus, nelle cellule dell’intestino dell’organismo ospite. L’alta prevalenza degli herpesvirus nel tratto gastroduodenale è descritta in letteratura ed i virus più frequentemente reperiti sono CMV, EBV ed HHV6 variante B. In questo studio è stato valutato il possibile ruolo di HHV6 in campioni bioptici colon-rettali. Sono state analizzate 46 biopsie provenienti da 42 soggetti affetti da R.C.U. (66%) o morbo di Crohn (34%). L’acido nucleico di HHV6 veniva reperito mediante Real-Time PCR (HHV6 Q-PCR Alert Kit Nanogen Advenced Diagnostics s.r.l., Italia) in un rilevante numero di biopsie. L’acido nucleico di HHV6 non veniva, invece, rilevato nei campioni ematici e nei tessuti derivati dalle stomie, utilizzati in qualità di controllo. I dati ottenuti, per quanto solo preliminari, indicano l’HHV6 quale possibile importante cofattore, se non potenziale agente etiologico, nelle patologie infiammatorie intestinali. Appare, inoltre, interessante valutare se in patologia manifesta vi sia una prevalenza di una variante (A o B) sull’altra. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 203 di 288 RILEVAMENTO DI HUMAN HERPESVIRUS-7 (HHV-7) NEL TRATTO RESPIRATORIO INFERIORE DI UNA PAZIENTE IMMUNOCOMPETENTE CON ACUTE RESPIRATORY DISTRESS SYNDROME (ARDS). Rossana Cavallo, Massimiliano Bergallo, Samantha Mantovani, Francesca Sidoti, Stefano Gambarino, Salvatore Simeone, 1Luisa Delsedime, Cristina Costa. SCDU Virologia; 1Dipartimento di Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni Battista, Torino Acute respiratory distress syndrome (ARDS) attribuibile a polmonite virale è descritta principalmente in soggetti immunocompromessi, mentre è stato descritto solo un caso di ARDS associato a Human herpesvirus-6 in un paziente immunocompetente. L’associazione di HHV-7 a malattie polmonari è poco nota e non sono descritti casi di ARDS e HHV-7, sebbene il polmone rappresenti un sito di persistenza/latenza. In questo studio è descritta l’associazione di ARDS e HHV-7 in una paziente immunocompetente di 71 anni con dispnea ingravescente da 1 settimana, tosse secca, dolore toracico, in assenza di febbre e patologie di base rilevanti. All’esame obiettivo erano presenti tachipnea e riduzione del murmure con crepiti bilaterali; gli esami laboratoristici evidenziavano leucocitosi, anemia, incremento della proteina C reattiva e grave insufficienza respiratoria tipo I; alla radiografia del torace era rilevabile addensamento alveolare. Sulla base degli esami effettuati è stata posta diagnosi di ARDS e la paziente è stata sottoposta a ventilazione meccanica. L’esame microbiologico e virologico del lavaggio broncoalveolare (BAL) a 7 giorni evidenziava positività a HHV-6 (544 genomi/ml) e HHV-7 (384 genomi/ml). Alla biopsia polmonare si rilevava la presenza di infiltrato interstiziale e polmonite di probabile eziologia virale. Inoltre, la paziente presentava a 30 giorni polineuropatia periferica. Gli esami virologici su BAL a 30 giorni evidenziavano una carica di HHV-6 di 297 copie/ml con un incremento di HHV-7 fino a >12.5 x 106 copie/ml). Il supporto ventilatorio associato alla somministrazione di vitamina B12 e fisioterapia ha determinato un progressivo miglioramento, infatti la radiografia del torace a 1 mese non evidenziava la presenza di polmonite interstiziale, mentre a 5 mesi persistevano segni residui di polineuropatia. L’elevato titolo di HHV-7 DNA nel BAL, il riscontro di infiltrato interstiziale e polmonite alla biopsia polmonare e l’insorgenza di complicanze neurologiche hanno condotto a ipotizzare una possibile associazione tra HHV-7 e ARDS. Il profilo temporale della carica virale del BAL suggerisce che il danno tissutale polmonare prodotto dall’ARDS abbia contribuito alla riattivazione di HHV-7. Tuttavia, la definizione di eventuali associazioni tra HHV-7 e patologie polmonari deve tenere conto dell’elevata prevalenza e del frequente rilevamento concomitante di altri virus nei campioni respiratori. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 204 di 288 DETECTION OF EPSTEIN-BARR VIRUS IN BRONCHOALVEOLAR LAVAGE FROM LUNG TRANSPLANT PATIENTS. Cristina Costa, Massimiliano Bergallo, Maria Elena Terlizzi, Antonio Curtoni, Salvatore Simeone, Stefano Gambarino, 1Sergio Baldi, Rossana Cavallo. Virology Unit; 1Division of Pneumology, University Hospital San Giovanni Battista, Turin. Introduction. Epstein-Barr virus belongs to the herpesviridae family (particularly to the gherpesvirus) and is ubiquitous. Primary EBV infection in childhood is usually subclinical, while in adolescent and adults a syndrome of infectious mononucleosis may develop. The lower respiratory tract has been suggested to be a major site of EBV latency, so the virus could have a pathogenetic role in immunocompromised patients such as transplant recipients. In this study we evaluated the prevalence and role of EBV in lung transplant recipients in comparison to other solid-organ and hematopoietic stem cell transplant. Methods. We studied one-hundred-eight bronchoalveolar lavages (BAL) from 60 transplants (25 lung transplants LT, 22 other solid organ transplants SOT and 13 heamatopoietic stem cell transplants HSCT). The BAL procedure was performed in order to investigate the cause of unexplained fever, respiratory symptoms (dispnea, cough, hemoptysis) and new infiltrates on chest X-ray. Moreover we included patients who had a previous positivity or as routine follow-up in lung-transplant recipients at month 1 post transplantation and at three-month intervals. Specimens were evaluated with a panel that detected 16 respiratory viruses by rapid shell vial culture and/or nuclear acid testings (NATs, real time PCR, real time RT-PCR) following automated extraction of total nucleic acids with the NucliSens easyMAG platform (bioMeriéux, Marcy l’Etoile, France). In particular, EBV DNA was evaluated by real time PCR using a commercial kit (Q-EBV Alert Kit, Nanogen Advanced Diagnostics, Milano, Italy), following the manufacturer’s instructions, with the 7300 Real Time PCR System (Applied Biosystems, Monza, Italy). For statistical analysis the chi square test and the t test were applied. Results. Overall, EBV was detected in 29/108 (26.8%) specimens from 23/60 (38.3%) patients; in particular, 17/68(25%) from 12/25 (48%) LT recipients; 8/23 (34.8%) from 8/22 (36.4%) other SOT recipients, and 4/17 (23.5%) from 3/13 (23.1%) HSCT recipients. Prevalence of EBV did not significantly differ between LT patients and other SOT and/or HSCT recipients. None of the EBVpositive transplant recipients was diagnosed an-EBV associated PTLD. EBV viral load was analyzed taking into account the highest value in each patient and resulted significantly lower in LT vs all the other transplantation. Conclusion. These results suggest that although EBV positivity is frequent in lung transplant, the clinical impact of EBV in this group of patients could be lower. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 205 di 288 CAMBIAMENTO DELL’EPIDEMIOLOGIA DI HBV IN SICILIA: UNA ANALISI FILOGENETICA DEGLI ISOLATI VIRALI Ferraro D, Urone N, Pizzillo P, Di Marco V*, Cacopardo B^ , Craxì A*, Di Stefano R. Dip. di Scienze per la Promozione della Salute “G. D’Alessandro”, Sezione di Microbiologia, *Di.Bi.MI.S.,Cattedra di Gastroenterologia, Università di Palermo ^ Dip. di Medicina Interna e Specialità Mediche, Sezione di Malattie Infettive, Università di Catania L’epidemiologia di HBV nell’area Mediterranea ha mostrato tradizionalmente un forte effetto di clustering del genotipo D. La prevalenza del genotipo D condiziona la probabilità di evoluzione sia dell’infezione cronica, per la maggiore evenienza di mutazioni della regione preC/C, che della malattia, probabilmente per ridotta sensibilità del virus agli IFN. La recente introduzione di genotipi di HBV a minore prevalenza da altre aree geografiche, legata fondamentalmente alle migrazioni, offre la possibilità di valutare la differenziazione filogenetica di HBV nella nostra regione. Allo scopo di studiare le relazioni filogenetiche tra gli isolati virali di soggetti siciliani con infezione acuta e cronica e isolati provenienti da altre parti del mondo, sono stati esaminati 34 pazienti con epatite acuta da HBV, M/F 31/3, età media 45 (18-81) e 20 pazienti con infezione cronica e malattia, M/F 15/5, età media 59 (38-78) provenienti dalle province di Palermo e Catania. Le sequenze nucleotidiche corrispondenti al gene PreS/S, derivate dagli isolati virali dei pazienti, sono state allineate con sequenze di riferimento ricavate da GenBank, con il programma BioEdit. L’analisi filogenetica è stata eseguita mediante il software Mega 4.0 con i metodi Neighbor-Joining e Kimura-2 parametri e la topologia degli alberi filogenetici è stata confermata con il metodo Maximun-likelihood. Tra i soggetti con epatite acuta, sono stati identificati 11 isolati di genotipo A (1 sottotipo A1, 10 A2), 22 di genotipo D (15 sottotipi D1, 1 D2, 4 D3, 1 non sottotipizzabile) ed 1 genotipo E. L’analisi filogenetica ha mostrato che gli isolati A2 formano un cluster con quelli dell’Europa continentale. Gli isolati di genotipo D segregano separatamente da quelli derivati da pazienti siciliani con epatite cronica, mostrando una maggiore somiglianza con quelli dell’Europa centroorientale. I nostri dati evidenziano un possibile aumento di nuovi casi di infezione da HBV genotipo A in Sicilia, mentre la contemporanea presenza di un elevato numero di infezioni da genotipo A2 e di isolati di genotipo D, differenti da quelli circolanti nel passato, suggerisce un cambiamento nell’epidemiologia dell’infezione da HBV dovuta all’introduzione di nuovi ceppi virali importati da Paesi Europei lontani dal bacino del Mediterraneo. I nuovi casi di epatite acuta da HBV osservati in Sicilia potrebbero essere dovuti all’introduzione di nuove varianti virali provenienti dall’Europa continentale Nonostante l’efficace programma vaccinale per HBV attivo in Italia dal 1991 per i nuovi nati e dalla fine degli anni 80 per le categorie a rischio, ancora oggi vengono registrati nuovi casi di epatite acuta da HBV, in soggetti vaccinati e non, appartenenti ad un ampio range di età. L’infezione da HBV in soggetti vaccinati può attribuirsi ad una non efficiente risposta immunitaria, o all’introduzione da altre aree geografiche di nuove varianti virali. L’introduzione nella nostra area geografica di nuovi isolati virali provenienti dall’Europa continentale è dimostrato dal riscontro di un elevato numero di HBV genotipo A e dalla diversità delle sequenze di HBV genotipo D ottenute da pazienti con epatite acuta da quelle dei pazienti con epatite cronica. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 206 di 288 SORVEGLIANZA DELLA CIRCOLAZIONE DI NOROVIRUS A PALERMO IN BAMBINI CON ENTERITE ACUTA NEL PERIODO 2005-2008 V. Rotolo1, M.A. Platia1, S. Ramirez1, P. Aiello1, C. Colomba2, S. De Grazia1, G.M. Giammanco1 Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute “G. D’Alessandro”, Università di Palermo, 1Sezione di Microbiologa e 2Sezione di Malattie Infettive I Norovirus (NoV) sono diffusi e ubiquitari agenti di enteriti sporadiche o epidemiche. Tre genogruppi di NoV (I, II e IV) sono in grado di determinare patologia nell’uomo ma il genogruppo II è quello di gran lunga più diffuso. Nel genogruppo II sono stati identificati numerosi genotipi ma la gran parte dei casi di enterite sono dovuti ai tipi GII.4 e GIIb. I GII.4 NoV vanno incontro a rapida evoluzione con generazione di varianti svelabili mediante analisi dei geni della polimerasi (ORF1) e del capside (ORF2). Allo scopo di indagare la circolazione di NoV a Palermo, tra il 2005 e il 2008 è stata effettuata una raccolta di campioni fecali da bambini di età <5 anni ricoverati per enterite presso l’Ospedale “G. Di Cristina”. I campioni sono stati analizzati mediante PCR realtime. I campioni positivi sono stati tipizzati tramite restrizione enzimatica (RFLP) di ORF1 e sequenziamento di ORF1 e ORF2. Durante il periodo di sorveglianza è stata riscontrata la presenza di NoV in 181 campioni fecali su 836 esaminati (21%). La tipizzazione molecolare ha permesso di individuare la prevalente circolazione del genotipo GII.4 (79%), omogeneamente distribuito nei 4 anni. Il GIIb rappresentava il secondo genotipo, con percentuali fra il 13 e il 17% nel 2005-2007 e con un aumento al 30% nel 2008. Una piccola percentuale di ceppi GI (4-6%) è stata riscontrata in tutti gli anni tranne che nel 2008. All’interno del genotipo GII.4, la variante v2004, l’unica circolante nel 2005, si riduceva al 24% nel 2006 per poi scomparire nel 2007 e riemergere a basso livello (10%) nel 2008. Al contrario, la variante v2006a compariva nel 2006 (18%) per poi permanere nel 2007 (26%) e nel 2008 (20%); così come la variante v2006b, che a partire dal 2006 si riscontrava in percentuale crescente nel corso degli anni (dal 59 al 70%). La sorveglianza della circolazione di NoV a Palermo ha permesso di dimostrare il loro ruolo nelle enteriti infantili. La tipizzazione molecolare dei ceppi isolati ha mostrato la prevalenza del genotipo GII.4 e ha permesso di evidenziare l’introduzione di due nuove varianti, v2006a e v2006b, che dal 2006 hanno soppiantato i ceppi precedentemente circolanti. Questi risultati rafforzano la necessità di una continua sorveglianza epidemiologica per sviluppare le più opportune strategie di controllo e prevenzione delle infezioni da NoV. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 207 di 288 CMV AND EPIDEMIOLOGY IN LUNG TRANSPLANT RECIPIENTS Costa Cristina, Bergallo Massimiliano, Astegiano Sara, Sidoti Francesca, 1Solidoro Paolo, Beata Katia, Negro Ponzi Alessandro, Cavallo Rossana SCDU Virologia AOU San Giovanni Battista, Torino 1 Divisione di Pneumologia, AOU San Giovanni Battista, Torino Introduction. HCMV is an important pathogen in transplant recipients. Infection is often subclinical, whereas clinical disease can assume several forms. Moreover, it is difficult to unravel the pulmonary manifestations of CMV infection in lung transplant recipients, as the clinical presentation and features can easily be mistaken for acute rejection. Detection in bronchoalveolar lavage (BAL) from lung transplant patients should be interpreted taking into account the viral load and clinical context. This study investigates the clinical epidemiology of HCMV in lung transplant recipients vs other solid organ transplant recipients. Materials and methods. 91 BAL from 26 lung transplant recipients and 31 from other solid organ transplant patients (13 liver, 11 kidney, 7 hearth) were analysed. BAL procedure was performed for investigating the cause of unexplained fever and/or respiratory symptoms and/or new infiltrates on chest X-ray or for checking up a previous positivity or as routine follow-up in lung transplant recipients. HCMV infection was determined by rapid shell vial culture on HELF and Real Time PCR. Extraction was performed by the EasyMag extractor (BioMérieux). Real Time PCR was performed with the 7300 Real Time PCR system (Applied Biosystems) using a commercial kit (Nanogen Adv. Diagnostics). Results. HCMV was positive in 32/91 (35.2%) specimens from 15/26 (57.7%) lung transplant patients vs 10/31 (32.2%) in other solid organ transplant recipients (p = n.s.). In lung transplant patients, HCMV was found both in the absence and in the presence of clinical and/or radiological signs or symptoms, including transplant complications, respiratory insufficiency, and other pneumopathies. In particular, a diagnosis of pneumonia was made in 13/32 (40.6%) samples from 5/15 (33.3%) patients, all of them with a viral load >105 copies/ml BAL. In other solid organ transplant recipients, a diagnosis of pneumonia was made in 6 HCMV-positive patients, however viral load was >105 only in one kidney transplant recipient. Conclusions. Results confirm the relevant role of HCMV as pathogen responsible of pneumonia in transplant recipients. A viral load >105 copies/ml BAL is associated with a diagnosis of penumonia in solid organ transplant recipients. Viral load tended to be higher in lung transplant recipients, thus suggesting that an impaired pulmonary background may favour viral replication. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 208 di 288 EPIDEMIOLOGIA MOLECOLARE DEI POLYOMAVIRUS UMANI KI E WU NELLA POPOLAZIONE PEDIATRICA ED IN SOGGETTI ADULTI IMMUNOCOMPROMESSI Debiaggi M, Canducci F, Brerra R, Sampaolo M, Marinozzi MC, Parea M, Nucleo E, Romero E, Clementi M. Dipartimento di Scienze Morfologiche, Eidologiche e Cliniche, Sez. Microbiologia, Università di Pavia, Servizio Analisi Microbiologiche Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia e Laboratorio di Microbiologia e Virologia, Università Vita-Salute San Raffaele e Istituto Scientifico San Raffaele, Milano. I polyomavirus KI (KIPyV) e WU (WUPyV) sono stati recentemente isolati da campioni delle vie aeree superiori di bambini e soggetti immunocompromessi con sindromi respiratorie acute. Il loro ruolo patogeno non è ancora stato determinato anche se alcuni studi hanno rilevato una correlazione tra immunosoppressione e riattivazione dell’infezione. Nel presente studio si sono analizzati retrospettivamente, per la presenza dei polyomavirus WU e KI, campioni respiratori ottenuti da bambini con infezione respiratoria acuta e da pazienti adulti asintomatici, sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche, valutati in differenti tempi prima e dopo il trapianto. Dei 31 soggetti immunocompromessi e asintomatici, sono stati valutati 126 campioni di cui due sono risultati positivi per la presenza di KIPyV (1 campione, 0.79%) e WUPyV (1 campione, 0.79%). Entrambi i campioni positivi erano ottenuti 15 giorni dopo il trapianto e non è stata osservata persistenza virale nei campioni ottenuti nei tempi successivi di raccolta (30 e 60 giorni dopo il trapianto). Entrambi i campioni positivi, hanno mostrato coinfezione con metapneumovirus umano. Nei bambini con infezione respiratoria acuta, 7 dei 486 campioni analizzati risultavano positivi per WUPyV (1.4%) ed uno per KIPyV (0.2%). I bambini positivi avevano un’età tra i 2 e i 9 mesi (età media 5,3 mesi). I casi positivi erano ottenuti da pazienti ricoverati per infezione respiratoria acuta nei mesi invernali (novembre-gennaio) del periodo 2004-2006 e primaverili del periodo 2007-2008. Nei soggetti positivi la diagnosi è stata di bronchiolite (3 casi), bronchite o broncopolmonite (4 casi), febbre (1 caso). L’infezione singola da WUPyV o KIPyV è stata rilevata in 4 degli 8 casi (50%), mentre in 3 dei restanti casi è stata evidenziata una coinfezione da parte del virus respiratorio sinciziale e in un caso da adenovirus. I risultati ottenuti suggeriscono che, in Italia, i polyomavirus KI e WU hanno una circolazione limitata e un basso potenziale patogeno in età pediatrica. Nei pazienti adulti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche si può verificare una breve ed asintomatica infezione. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 209 di 288 JC VIRUS AND CROHN’S DISEASE: DOES IT EXIST A CORRELATION? 1 Barucca V, 1Iebba V, 2Fioriti D, 1Schippa S, 1Conte MP, 1Proietti Checchi M, 1Chiarini F, 1 Pietropaolo V. 1 Dep. of Public Health Sciences, 2Dep. of Urology, “Sapienza” University, Rome, Italy. Crohn’s disease (CD) is a chronic inflammatory bowel disease (IBD). CD frequently occurs in the ileum, but it can affect any part of the digestive tract, from the mouth to the anus. The most common symptoms of CD are abdominal pain and diarrhea, causing a condition of severe morbidity with impaired of quality of life. There is a scientific evidence that mucosal inflammation in IBD is regulated by the interplay of resident microbiota, intestinal epithelium and the mucosal immune system, with genetic allelism and environmental factors. Clinical and experimental studies indicate that intestinal bacteria and/or viruses are involved in the initiation and amplification of IBD. The possibility that infectious agents could play a role in the aetiology of IBD remains an open question. In particular, regarding viral involvement, some Authors have found that the human polyomavirus JC (JCV) actively infects the enteroglial cells of the myenteric plexus of patients with Chronic Idiopathic Intestinal Pseudo-Obstruction, a rare syndrome characterized by severely impaired gastrointestinal motility. JCV asymptomatically infects up to 80% of the worldwide human population and establishes latency in the kidney. In the case of immunodeficiency, it can cause Progressive Multifocal Leukoencephalopathy (PML) and it is associated with several human cancers. In fact, JCV genomic sequences and oncogenic T antigen expression have been reported in brain, colon, gastric and esophageal cancers. Actually the attention is focalized on the possible association between PML and natalizumab or rituximab treatment in patients with multiple sclerosis, Crohn’s disease and non Hodgkin limphoma, whereas there are no data about the direct correlation among JCV and inflammatory intestinal diseases. In this study we examined 9 bioptic samples from different bowel districts (ileum, colon, rectum) of a pediatric patient with Crohn’s disease. These samples were obtained within two progressive pharmacological treatment namely 5-ASA and polymeric diet and were analyzed by Quantitative PCR (Q-PCR) to investigate the presence of JCV DNA. Q-PCR results showed the presence of JCV DNA in 1 sample derived from rectum after therapy with 5-ASA. Since this is the first report concerning JCV in pediatric patient with Crohn’s disease, these data may be important in the role that JCV may play in autoimmune diseases and poses a particular focus on the possible viral reactivation in response to drug treatments. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 210 di 288 LA REAL-TIME NEL RILEVAMENTO DI HSV1 IN BAL DA PAZIENTI DI RIANIMAZIONE a,b Palermo C.I, cCastiglione G., cPanascia E., a,bRusso R., a,bCostanzo C.M., a,bFranchina C., a,b Zappalà D., a,bScalia G. a Dipartimento di Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche, Università degli Studi di Catania e bU.O. di Virologia Clinica, Laboratorio Centralizzato, Azienda OspedalieroUniversitaria Policlinico “Gaspare Rodolico” di Catania, cUnità Operativa di Rianimazione Azienda Ospedaliero-Universitaria “Vittorio Emanuele II”, Catania. Le patologie a carico delle basse vie respiratorie sono da considerarsi fra le principali cause di morbidità e mortalità a livello mondiale. La loro incidenza è in continuo aumento: l’OMS stima che nel 2020 queste patologie rappresenteranno la terza causa di morte nel mondo. L’etiologia di queste patologie è varia ed i microorganismi ne rappresentano certamente una delle più rilevanti. Nelle polmoniti ad etiologia virale sono spesso chiamati in causa i Paramyxovirus o gli Orthomyxovirus; raramente fanno parte del protocollo di indagine diagnostica il gruppo dei virus herpetici, poiché le conoscenze sul ruolo patogenetico di tali virus sono scarse, l’epidemiologia clinica è poco nota e spesso sottostimata. Scopo dello studio è stato la valutazione della prevalenza di HSV1 nei BAL di pazienti ricoverati presso le Unità Operative di rianimazione di alcuni nosocomi cittadini. La metodica impiegata a tale scopo è stata una Real-time PCR (HSV1 Q-PCR Alert Kit, Nanogen Advanced Diagnostics s.r.l, Italia). In particolare sono stati analizzati 31 BAL provenienti da altrettanti soggetti ricoverati per gravi patologie respiratorie acute. Una rilevante percentuale dei campioni era positivo per almeno uno dei virus herpetici ricercati (HSV1, VZV, CMV, EBV, HHV6 ed HHV7). L’HSV1 veniva reperito nel 13% (4/31) dei campioni, spesso in concomitanza con HHV7 e solo in un caso con altri virus herpetici ricercati. Il ruolo dell’HHV7 non è chiaro, essendo reperibile in gran parte dei BAL in coinfezione con altri herpetici, cosa che fa supporre una alta frequenza di riattivazione di questo virus in soggetti defedati. A causa del ridotto numero di campioni analizzati, questo studio è da considerarsi preliminare, ma mette in luce la potenziale importanza di HSV1 nelle patologie respiratorie gravi specie nell’immunodepresso. Una maggiore frequenza di indagine per HSV1, in questo genere di patologie, potrebbe meglio chiarirne il ruolo, consentendo una più pronta diagnosi differenziale ed una conseguente tempestiva terapia mirata. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 211 di 288 CONFRONTO TRA SAGGI QUANTITATIVI DI REAL TIME PCR ED UN KIT COMMERCIALE PER LA RICERCA DI HPV DNA DA CAMPIONI CERVICALI. Cocuzza C, Musumeci R, Sibra B, Cialdella A, Castelli D, Battistello M, Dell’Anna T, Mangioni C, Piana A. Dipartimento di Medicina Clinica e Prevenzione, Università degli Studi di Milano-Bicocca Divisione di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale San Gerardo, Monza Istituto di Igiene e Medicina Preventiva, Università di Sassari Negli ultimi anni sono stati messi a punto numerosi saggi molecolari per la diagnosi di infezione da HPV, sia commerciali che “home-made”. Il presente lavoro riporta i risultati relativi al confronto tra un saggio commerciale e saggi quantitativi “home made” di Real time PCR per la ricerca di HPV DNA da campioni cervicali. MATERIALI E METODI Il lavoro, svolto in collaborazione tra la Divisione di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale San Gerardo di Monza, la sezione di Microbiologia del Dipartimento di Clinica Medica e Prevenzione dell’Università di Milano-Bicocca e, ha previsto l’analisi di n. 312 campioni di cellule cervicali prelevati nel periodo gennaio 2008-giugno 2009. Per la ricerca del HPV DNA dai campioni clinici sono stati utilizzati il CLINICAL ARRAYS® HPV (Genomica) che identifica 35 genotipi ad alto e basso rischio e saggi in Real time PCR per la ricerca e quantificazione dei genotipi 16, 18, 31, 45 e 33/58/67. I risultati ottenuti sono stati analizzati allo scopo di valutare la concordanza mediante l’indice k di Cohen, successivamente interpretato sulla base dei criteri di Landis e Koch. RIASSUNTO DEI RISULTATI Il 79% (247/312) dei campioni sono risultati moderatamente concordanti (k: 0,58; ES: 0,05). Allo scopo di evitare l’influenza di risultati di dubbio significato clinico (campioni positivi alla PCR, ma caratterizzati da un viral load ≤ 10 copie/104 cellule, e negativi alla tecnica commerciale), sono stati esclusi n. 7 campioni, modificando il k di concordanza a 0,6 (254/312; 81%). Dei 62 campioni, risultati positivi al kit e negativi con la PCR, 57 hanno evidenziato la presenza di genotipi non rilevabili con i primers utilizzati nei saggi di Real-time PCR. Per tale motivo, il set di dati è stato sottoposto a clearing evidenziando una concordanza del 98% (k: 0,95; ES: 0,06). CONCLUSIONI I test hanno dimostrato un elevato agreement nell’identificazione dei tipi di HPV più frequentemente responsabili di lesioni a carico della cervice. Il test “home made”, con la valutazione quantitativa del DNA virale, è particolarmente indicato per valutazioni diagnostiche e prognostiche, mentre il test commerciale se da un lato incrementa il range di genotipi identificabili, dall’altro, è poco esaustivo nella definizione prognostica dell’infezione. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 212 di 288 UTILIZZO DI REAL TIME PCR PER LA RICERCA DEI VIRUS HERPES,ENTERO,BK: STUDIO EPIDEMIOLOGICO 2004-2009 Pollara P.C, Perandin F, Corbellini S, Terlenghi L, Bonfanti C, Manca N. U.O. Microbiologia e Virologia Spedali Civili di Brescia e Università degli Studi di Brescia. Introduzione. Nel 2004 è stato introdotto nel nostro laboratorio il saggio molecolare Real Time PCR (RT) per la diagnosi di infezione da HCMV ed EBV nei pazienti immunocompromessi quali trapiantati di midollo e organi solidi, sieropositivi per HIV, pazienti con patologie ematologiche. Successivamente sono state introdotte indagini per la ricerca di HSV1, HSV2, VZV, HHV6, Enterovirus nel liquor in casi sospetti di infezione a carico del sistema nervoso; in seguito è stata introdotta la ricerca del BKV responsabile di nefropatia con perdita d’organo nei trapiantati renali. In questo studio vengono riportati i risultati ottenuti (come carica virale quantitativa) nel periodo 2004-2009 nei diversi campioni biologici analizzati Materiali e metodi. Per la ricerca quantitativa di CMV, EBV, HSV1, HSV2, VZV, HHV6, BKV, Enterovirus sono stati usati i Kit forniti dalla Ditta Nanogen Advanced Diagnostics (San Diego, USA) utilizzando lo strumento ABI PRISM 7300 della Ditta Applied Biosystem (Fostercity,CA). Per l’estrazione del DNA/RNA dei campioni è stato utilizzato un sistema automatico (EasymagBiomerieux) Risultati. Dal 2004 al 2009 sono stati analizzati 18227 campioni totali, suddivisi a seconda del virus ricercato (vedi tabella). Totale P CMV 2839 EBV 258 BKV 169 Enterovirus 5 Varicella 8 HSV-1 4 HSV-2 1 HHV-6 12 N 10977 2550 148 190 265 266 269 266 13816 2808 317 195 273 270 270 278 Durante i 5 anni presi in considerazione, si è notato un incremento del numero di richieste delle indagini; infatti la percentuale degli esami eseguiti è aumentata del 61.7% per CMV, del 50.5% per EBV, del 16.7% per BKV, del 59.6% per HSV1/ HSV2/ VZV/ HHV6 e del 36.5% per Enterovirus. Discussione. Il saggio RT ha dimostrato ottime performances per la rilevazione e la quantificazione di target virali. Per la facilità di utilizzo e rapidità dei tempi di esecuzione si è rivelato particolarmente adatto per una diagnosi rapida e accurata nei pazienti affetti da patologie indotte dai virus sopracitati. Attualmente questa tecnica è stata impiegata anche per porre diagnosi di infezione da virus Influenzali A/B e per la rivelazione di protozoi ematici ( Toxoplasma gondii e Plasmodio spp). CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 213 di 288 REAL TIME PCR DETECTION OF BK, JC AND MC HUMAN POLYOMAVIRUSES IN METASTASES OF MELANOMA SKIN CANCER: PRELIMINARY DATA. 1 Bellizzi A, 1Anzivino E, 2Fioriti D, 1Barucca V, 1Mischitelli M, 3Panasiti V, 3Calvieri S, 1Chiarini F, 1Pietropaolo V. 1 Department of Public Health Sciences, 2Department of Urology, 3Department of Dermatology, "Sapienza" University, Rome, Italy. The Polyomaviridae is a family of DNA tumourviruses that frequently cause cancer upon inoculation into heterologous hosts. The human polyomaviruses BK (BKV) and JC (JCV) was recovered from the urine of a renal allograft recipient and from the brain of a patient with progressive multifocal leukoencephalopathy (PML), respectively. Then serological surveys have shown that both viruses are acquired during childhood and the worldwide seroprevalence rates in adults is of ~75%–80%. Recently, a newly described human polyomavirus, Merkel cell polyomavirus (MCV), has been associated with Merkel cell carcinoma (MCC), an unusual and aggressive neuroendocrine carcinoma of the skin. It was shown that MCV positive MCCs contain viral DNA in an integrated and clonal form, suggesting an involvement of this virus in the aetiology of those tumours. Moreover, MCC affects elderly and immunosuppressed individuals, a suggestive feature of an infectious origin, as the case of JCV infection-associated PML. Finally, melanocytes are of neuroepithelial origin. This background impelled us to detect in a preliminary study the possible presence of BKV, JCV and MCV DNAs in metastatic skin melanomas in order to investigate if these viruses could play a role in the development of melanomas, taking into account the neurotropism of JCV and potentially the neurotropic features of MCV, given the neuroepithelial origin of melanocytes, and of BKV, considering the metastatic origin of the samples. For this purpose, 17 paraffin wax embedded tissue samples of metastatic skin melanomas were examined, using a TaqMan Real Time PCR to detect BKV and JCV DNAs and a SYBR Green Real Time PCR for MCV DNA. Surprisingly no MCV DNA was detected in any samples, while 5/17 samples were positive for BKV DNA and 2/17 for JCV DNA, one of which presented a co-infection. This results suggest that, considering the sample’s type, the DNA of MCV may be lost as a result of metastatic migration: thus in order to support this hypothesis, it is necessary to obtain tissue for primary malignant melanoma. As for BKV and JCV, their presence could be due to the inclusion of surrounding non-metastatic cells on sample tissues. However, these data do not allow us to conclude that BKV, JCV and MCV contribute to the development of cutaneous melanoma and therefore further investigations are required. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 214 di 288 SVILUPPO DI UNA METODICA ELISPOT PER LA DETERMINAZIONE DELLA RISPOSTA LINFOCITARIA T BKV-SPECIFICA. Massimiliano Bergallo, Maria Elena Terlizzi, Sara Astegiano, Francesca Sidoti, Stefano Gambarino, Stefano Callea, Rossana Cavallo, Cristina Costa. SCDU Virologia, Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni Battista, Torino Introduzione. La metodica EliSPOT per la valutazione della risposta cellulo-mediata specifica all'infezione da polyomavirus BKV consente di determinare e quantificare i linfociti T BKVspecifici che producono interferone-γ (IFN-γ), previa incubazione con l'antigene virale. Gli obiettivi di questo lavoro sono stati l'ottimizzazione e la standardizzazione della metodica per la valutazione della risposta IFN-mediata anti-BKV. Metodi. I linfociti CD3+ sono stati separati negativamente utilizzando Robosep (EasySep® HLA WB Human T Cell Enrichment Kit, StemCell Technology). Il saggio EliSPOT è stato ottimizzato modificando un protocollo fornito dalla ditta Nanogen, utilizzando il kit Elispot Interferon- γ Basic Kit. Per quanto riguarda la messa a punto della metodica sono stati considerati diversi parametri, quali il numero di cellule da stimolare (200000 – 300000), il tempo di incubazione (18 – 20 - 22 – 24h), il tempo e il numero di lavaggi, le condizioni di incubazione con l'anticorpo secondario e le condizioni di sviluppo del substrato. Risultati. 200000 linfociti CD3+/pozzetto sono stati stimolati con l’antigene BK Virus Peptide mix per 18h a 37°C in camera umida; in seguito sono stati effettuati una serie di lavaggi e l’incubazione con l’anticorpo secondario a temperatura ambiente in camera umida per 2h. Ad una seconda serie di lavaggi è seguita l’incubazione con il substrato per 15 min. L’avvenuta reazione è stata letta mediante il lettore di piastre AID EliSpot. Conclusione. L'ottimizzazione e la standardizzazione del saggio EliSPOT, descritti in questo studio, per la valutazione della risposta immunitaria T-specifica nei confronti del polyomavirus BK, uniti al monitoraggio virologico, possono essere un valido strumento per la gestione clinica dei pazienti trapiantati renali. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 215 di 288 CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DELL’INTERO GENOMA DI ROTAVIRUS G3P[9] IDENTIFICATI A PALERMO M.A. Platia1, P. Aiello1, V. Rotolo1, C. Colomba1, G.M. Giammanco1, V. Martella2, S. De Grazia1 1 Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute – Università di Palermo; 2 Dipartimento di Sanità Pubblica e Zootecnia, Università di Bari. I rotavirus di gruppo A sono i più frequenti agenti eziologici di gastroenterite virale sia nell’uomo che in numerose specie animali. Nel corso di una sorveglianza attiva delle infezioni da rotavirus, in bambini ospedalizzati a Palermo dal 1986 ad oggi, è stata effettuata un’analisi molecolare dei geni codificanti per le proteine del capside esterno VP7 e VP4, per la proteina del capside interno VP6 e per la proteina non strutturale NSP4 che ne permette la caratterizzazione come tipi G, P, I ed E, rispettivamente. Tale indagine ha permesso di svelare la presenza di ceppi con un inusuale associazione VP7, VP4, VP6 ed NSP4. In particolare, sono stati identificati due rotavirus G3P[9] isolati in bambini di 2 anni, ricoverati con gastroenterite acuta presso l’Ospedale dei Bambini “G. Di Cristina” di Palermo nel 1996 (PAI58/96 e PAH136/96). Essi presentavano un genotipo di origine umana/felina per i geni VP7 e VP4 incongruente con la tipizzazione dei geni VP6 e NSP4. Tale risultato suggeriva un possibile evento di ricombinazione tra ceppi di diversa derivazione. Allo scopo di investigare sull’effettiva origine dei ceppi PAI58/96 e PAH136/96 è stata effettuato il sequenziamento e l’analisi filogenetica dell’intero genoma virale. Quattro degli undici segmenti genici (VP7, VP4, NSP1 e NSP5) sono risultati di origine umana/felina (AU-1-like), mentre almeno cinque geni sono risultati geneticamente correlati con il ceppo RF di origine bovina. Tuttavia, è stato possibile escludere un’origine clonale dei due ceppi palermitani G3P[9], in quanto sono state rilevate differenze sostanziali in diversi segmenti genici e principalmente nel gene codificante per la proteina NSP2. Nel corso dell’evoluzione dei ceppi di rotavirus l’evenienza di fenomeni di ricombinazione o riassortimento con ceppi animali è probabilmente più frequente di quanto atteso. L’analisi del genoma completo dei rotavirus atipici si è rivelata utile per investigare in dettaglio i meccanismi genetici che guidano la loro evoluzione. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 216 di 288 SEQUENZIAMENTO DEI GENI CODIFICANTI LA TRASCRITTASI INVERSA, LA PROTEASI E LA GP41 DAL DNA PROVIRALE ESTRATTO DA SANGUE INTERO E DALL’RNA VIRALE DI HIV, IN PAZIENTI CON BASSE CARICHE PLASMATICHE DI HIV-RNA A. Di Franco1, R. Santangelo1, S. Marchetti1, S. Di Giambenedetto2, M. Colafigli2, M.Fabbiani2, P. Cattani1, A. De Luca2, G. Fadda1. 1 Istituto di Microbiologia e 2Istituto di Clinica delle Malattie Infettive, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma. La diagnosi precoce di mutazioni di farmaco resistenza ha un ruolo importante nella scelta della terapia antiretrovirale nei pazienti HIV positivi. Anche lo studio del “reservoir” di HIV nelle cellule mononucleate del sangue periferico è considerato un interessante marcatore della risposta alla terapia antiretrovirale. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di migliorare le metodiche di sequenziamento delle regioni codificanti la Proteasi (PR), la Retrotrascrittasi (RT) e la Glicoproteina 41 (gp41), dell’RNA virale plasmatico e del DNA provirale estratto da sangue intero, in campioni di pazienti con bassi livelli plasmatici di HIV–RNA, plurifalliti a diversi regimi terapeutici. E’ stato quindi condotto uno studio su 18 pazienti con infezione da HIV afferenti all’ambulatorio di Malattie Infettive del Policlinico Universitario “A. Gemelli“ dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. I pazienti analizzati presentavano una carica virale inferiore alle 800 copie/ml . Il sequenziamento dell’RNA virale è stato ottenuto per le regioni codificanti la PR e la RT in 5 pazienti su 18 (27,8%), mentre per la regione HR1 della gp41 in 7 pazienti su 18 (38,9%). In totale è stato possibile sequenziare il 33,3 % degli RNA virali analizzati. Nel caso del DNA provirale, il sequenziamento è stato ottenuto nel 100% dei casi in tutte le regioni analizzate. Il sequenziamento genico del DNA provirale si è rivelato più sensibile rispetto a quello dell’RNA virale (χ2 =36, p<0,0005). In totale sono state rilevate 277 mutazioni correlate con le resistenze ai farmaci antiretrovirali (Drug Resistance Mutation, DRM): 141 di queste DRM (50,9%) sono mutazioni correlate alla resistenza agli inibitori della RT, 129 (46,6%) alla resistenza agli inibitori della PR e 7 (2,5%) alla resistenza all’inibitore dell’entrata. In molti pazienti per i quali non è stato possibile sequenziare l’RNA virale, nel DNA provirale sono state evidenziate mutazioni in grado di conferire farmaco-resistenza. In conclusione, l’analisi del DNA provirale estratto da sangue intero si è rivelata importante ai fini di una corretta valutazione della farmaco-resistenza e potrebbe essere considerata un buon marcatore di progressione dell’infezione di HIV, soprattutto in pazienti con cariche virali basse. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 217 di 288 RILEVAMENTO DEI GENOTIPI 1 E 2 DI PARV4 IN CAMPIONI CLINICI NORMALI E PATOLOGICI. Massimiliano Bergallo, Cristina Costa, Francesca Sidoti, Sara Astegiano, Mariangela Lorusso, 1 Paolo Solidoro, 2Renata Ponti, Rossana Cavallo. SCDU Virologia, 1Divisione di Pneumologia, 2Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Sezione di Dermatologia; Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni Battista, Torino. L’epidemiologia molecolare e la distribuzione tessutale del parvovirus umano PARV4 e della sua variante PARV5 (anche denominati genotipo 1 e 2), appartenenti alla famiglia Parvoviridae sono poco noti. In questo studio sono stati valutati il ruolo epidemiologico e la prevalenza di PARV4/5 in differenti campioni clinici provenienti da soggetti sani e non. In totale sono stati esaminati 234 campioni: 53 campioni di sangue di donatori sani, 37 campioni di cute sana di donatori, 105 campioni di cute con diverse patologie dermatologiche (infiammatorie e neoplastiche), 39 lavaggi bronco alveolari ottenuti da pazienti trapiantati (di polmone o altro organo solido). La prevalenza di PARV4/5 è stata valutata mediante una nested PCR home-made con profilo fast che utilizza primer disegnati all’interno della regione ORF1 di PARV4/5. Sono stati ottenuti i seguenti risultati di positività per PARV4/5: 2/53 (4%) campioni di sangue intero da donatori sani; 3/37 (8%) campioni di cute sana; 23/105 (21%) campioni di cute patologica, mentre nessun campione di lavaggio broncoalveolare è risultato positivo. In base a questi e altri risultati della letteratura, PARV4 sembra essere presente in differenti campioni, tra cui sangue intero e cute, provenienti da soggetti sia sani che affetti da differenti patologie. Al contrario, PARV4 non è stato rilevato in campioni di lavaggio broncoalveolare suggerendo quindi una differente distribuzione tessutale di questo parvovirus rispetto allo Human Bocavirus (appartenenente alla stessa famiglia) che è stato identificato in campioni delle vie aeree. Si può quindi ritenere che la via aerea non rappresenti la modalità di trasmissione di PARV4, a differenza di altri parvovirus. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 218 di 288 MODULAZIONE DELL’ESPRESSIONE GENICA DI CITOMEGALOVIRUS UMANO IN RELAZIONE ALLA LOCALIZZAZIONE NUCLEOLARE DELLA PROTEINA VIRALE PPUL83 ED AL CICLO CELLULARE Arcangeletti M.C.1, Rodighiero I.1, Mirandola P.2, Germini D.1, De Conto F.1, Covan S.1, Dettori G.1, Chezzi C.1 1.Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio - Sezione di Microbiologia; 2.Dipartimento di Anatomia Umana, Farmacologia e Scienze Medico-Forensi - Sezione di Anatomia Umana; Università degli Studi di Parma. La compartimentalizzazione funzionale del nucleo delle cellule eucariote ed il suo utilizzo da parte di numerosi agenti virali sono fatti ormai ampiamente documentati in letteratura. Per quel che riguarda, in particolare, citomegalovirus umano (HCMV), dati pubblicati recentemente dal nostro gruppo di ricerca hanno evidenziato, in un modello di infezione litica in vitro, uno spiccato tropismo nucleolare della fosfoproteina pp65 (ppUL83) del virione infettante a tempi molto precoci dopo l’infezione. I risultati ottenuti hanno anche avvalorato l’ipotesi di una relazione tra la localizzazione nucleolare di tale proteina, la sintesi di rRNA ed il corretto avvio del programma di espressione genica di HCMV. Tra le possibili ipotesi sul significato funzionale dell’insediamento di componenti di HCMV nel nucleolo, in questo studio è stata verificata quella di una relazione tra il suddetto evento, una azione interferente sul ciclo cellulare indotta dal virus attraverso la localizzazione nucleolare e l’espletamento del programma di espressione litica virale. Utilizzando lo stipite virale di riferimento AD169 e fibroblasti MRC5 quale modello sperimentale, è stato dimostrato che HCMV è in grado di raggiungere la sede nucleare indipendentemente dalla fase del ciclo cellulare in cui avviene l’infezione, ma che l’espressione genica virale ha una efficienza significativamente più elevata in fase G1 o alla transizione G1/S, rispetto ad S o G2/M. Inoltre, le cellule infettate in G1 subiscono anche un arresto del ciclo cellulare, contrariamente a quanto accade in cellule non infettate. Altro aspetto interessante è che solo in G1 e G1/S la proteina virale pp65 mostra una spiccata compartimentalizzazione nucleolare. Tali dati supportano l’ipotesi secondo la quale l’insediamento nucleolare di pp65 consentirebbe ad HCMV di interferire con i meccanismi di controllo del ciclo cellulare e della trascrizione di rDNA, eventi per i quali il nucleolo ha un ruolo di spicco. Il virus avrebbe così la possibilità di cooptare a proprio vantaggio un maggiore contingente di ribosomi, così come gli enzimi necessari alla successiva sintesi di DNA, impedendone l’utilizzo da parte della cellula ospite attraverso l’inibizione dell’ulteriore avanzamento del ciclo cellulare. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI ORALI POSTER 37° Congresso della Società Italiana di Microbiologia SIM 11-14 ottobre 2009 Pagina 219 di 288 ANALISI MOLECOLARE DEI GENI NSP3, NSP4, VP4, VP6 E VP7 DI UN CEPPO DI ROTAVIRUS RIVELATO NEL LIQUOR DI UNA BAMBINA CON GASTROENTERITE E MENINGISMO. Medici M.C., Abelli L.A., Guerra P., Dettori G. e Chezzi C. Sezione di Microbiologia – Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio – Università degli Studi di Parma. Si ritiene che alcune proteine virali di rotavirus di gruppo A, tra le quali quella non strutturale NSP4 e le proteine del capside esterno VP4 e VP7 siano implicate in meccanismi che determinano la virulenza dei ceppi. Inoltre, il gene NSP3 sembra essere un determinante genetico per la diffusione extra-intestinale del virus. In gennaio 2008 presso l’ospedale Maggiore di Parma si era presentato un caso di gastroenterite da rotavirus associata a meningismo in una bambina di 27 mesi, negativa per batteri ed altri virus alle indagini condotte a scopo diagnostico. Sequenze del gene VP6 di rotavirus con identità nucleotidica del 100% e del gene virale VP4 con stessa specificità erano state identificate mediante RT-PCR nel liquor e nelle feci della bambina (Abelli L.A. e coll., XXXVII Congresso Nazionale AMCLI, Stresa 5-8 ottobre 2008, abstract 103). La caratterizzazione molecolare del ceppo aveva dimostrato che si trattava di rotavirus di genotipo G1P[8] con elettroferotipo lungo. Allo scopo di indagare sulle possibili basi genetiche della diffusione extraintestinale e della patogenicità del ceppo denominato PR267/08/M, i geni NSP3, NSP4, VP4 e VP7 di questo ceppo sono stati amplificati e sequenziati e le sequenze aminoacidiche dedotte sono state confrontate con quelle di geni cognati di ceppi G1P[8] circolanti localmente in bambini affetti solo da gastroenterite (ceppi GE). Nelle sequenze del ceppo PR267/08/M sono state rivelate mutazioni aminoacidiche non conservative presenti solo in 2 ceppi GE: due nel gene NSP3, una nel gene NSP4 e una nel gene VP4. Nessuna sostituzione è stata invece osservata nel gene VP7. L’identità delle sequenze del gene VP6 e delle specificità P[8] degli RNA virali rivelati nelle feci e nel liquor della bambina con gastroenterite e meningismo dimostrano che il ceppo di rotavirus che ha invaso il SNC era lo stesso che aveva infettato l’intestino. E’ ragionevole ipotizzare che le mutazioni aminoacidiche non conservative dimostrate nei geni NSP3, NSP4 e VP4 possano aver permesso o favorito con un’azione sinergica la diffusione extraintestinale del virus e causato la neuropatia nella piccola bambina, senza escludere il possibile intervento di fattori ospite-correlati. Studi di bioinformatica potrebbero dimostrare se tali mutazioni sono in grado di modificare la conformazione e l’attività delle proteine coinvolte, a supporto dell’ipotesi formulata. CHIUDI STAMPA RELAZIONI COMUNICAZIONI O