Geometrie di Maestrale “Geometrie del maestrale” racconta e dedica attraverso l’immaginazione pittorica surrealista dell’artista, la “forza” e il “carattere” del vento più predominante sull’isola. Il MAESTRALE piega, travolge, trascina con se istantanee di vita vissuta su imbarcazioni a vela, rievocando esperienze, virtù e ricchezze del popolo sardo. Colori, forme e prospettive impossibili, esprimono equilibri cromatici e geometrici universali. È proprio attraverso il colore e la luce che le sue opere hanno lo straordinario potere di attirare lo sguardo dello spettatore, coinvolgendolo nell’insieme e nella forza della linearità dei colori che possiamo paragonare e ritrovare nella complessità del nostro vivere e come esseri umani vorremmo impadronirci dei miliardi di informazioni e significati che manifestano. Ma come ci ricorda Morin il pensiero complesso è consapevole in partenza dell’impossibilità della conoscenza completa (E. Morin,1993). Allora, un elemento, che consentirebbe all’uomo postmoderno di far fronte al disorientamento sarebbe proprio il mantenere vivo il senso di umanità attraverso un’opera di mediazione per una educazione alla complessità (Mollo G., 2005). Per educare l’uomo postmoderno è necessario partire da un diverso approccio verso la conoscenza quindi dobbiamo chiederci se esiste un nucleo essenziale di saperi che possa accomunare la specie umana, ed è a questa domanda che la scuola dovrebbe cercare di rispondere. Oggi i saperi, le discipline hanno confini labili e si fondono tra loro (Bauman, 2002). La cultura e i suoi artefatti (scrittura, opere d’arte, invenzioni scientifiche e tecnologiche) costituiscono gli elementi che mediano la nostra relazione con il mondo e contribuiscono alla nostra educazione e formazione. L’educazione estetica (come altri saperi) sviluppa il giudizio critico e aiuta l’educando a reagire contro il conformismo e la consumazione passiva di forme. Occorre che le forme dell’arte non vengano decodificate secondo schemi prefissati ma in base alla propria intelligenza creativa. Interpretare gli oggetti culturali come mezzi per formare significa anche collocarli all’interno di contesti nei quali essi assumono certe forme, certi confini e certe funzioni. Tra i molti contesti identifichiamo anche le mostre artistiche nel museo. Il museo oltre a rappresentare i luoghi della nostra esperienza, condivide una natura intenzionale come istituzione tesa a realizzare una progettualità educativa espressa in modalità non formale (Martini B., 2011). L’attività di ricerca, da parte dell’artista, ha inizio dallo studio degli oggetti, delle collezioni e li accresce, l’educazione assume queste testimonianze come mezzo per la conoscenza dell’uomo e del mondo. Per molto tempo a partire dal 500 il valore degli oggetti è stato di tipo politico economico. Le pratiche della loro acquisizione e conservazione erano legate al lavoro di mercanti, nobili le cui collezioni erano rappresentative o del loro status sociale o del loro predominio politico. La funzione delle loro raccolte di oggetti era prima di tutto quella di segnalare una superiorità economica e politica. Anche la nascita del primo museo europeo palazzo medici, nella Firenze del XV secolo può essere letta in questa chiave. In epoca illuminista e positivista, l’oggetto culturale assume valore conoscitivo. Parallelamente gli oggetti sono stati rivestiti di un valore in sé, di tipo assoluto, legato alla loro rilevanza come prodotti della creatività umana (Goffi L., 2013). Gli oggetti possono essere rivestiti anche di un valore testuale cioè possono essere interpretati come documenti. Anziché alla loro materialità si guarda al loro significato, a quello che sono in grado di dirci. In questo senso gli oggetti ci permettono di interpretare una civiltà o comprendere una cultura. Ci dicono chi siamo stati, chi siamo e chi potremmo essere. Hanno un valore formativo. Attraverso gli oggetti passano contenuti di conoscenza. La comunicazione è intrinseca all’opera d’arte e la funzione educativa diventa comunicativa. Il significato della rappresentazione pittorica non risiede nella rappresentazione fisica, né nello stato emotivo dell’autore ma nella loro fusione. Porci di fronte a quel quadro significa fare esperienza di quel proprio significato. Il pittore si avvicina ad una scena caricando di significato certi rapporti di linee e colori, i quali non separatamente dalla sua esperienza, dai suoi interessi si cristallizzano in una certa visione espressiva (Ceva L., 2004). L’artista deve avere qualcosa da dire perché il suo compito non è quello di dominare la forma ma di adattare la forma al contenuto. Perché un oggetto segnico svolga la sua funzione comunicativa occorre che il destinatario disponga del codice dal quale dipende la comprensione e l’interpretazione di quei segni ed il museo ha questa funzione comunicativa e formativa. Raffaela Tore - Curatrice