Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology Anno IV numero 2 - aprile 2012 | direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali Fibrosi cistica: nuove acquisizioni Carla Cimino, Maria Elena Cocuzza, Novella Rotolo, Salvatore Leonardi, Mario La Rosa Dipartimento di Pediatria, UO Broncopneumologia, Allergologia e Fibrosi Cistica - Università di Catania Introduzione Definizione La fibrosi cistica (FC) è una malattia ereditaria a trasmissione autosomica recessiva, multisistemica, ad espressività clinica variabile, caratterizzata essenzialmente da broncopneumopatia cronica evolutiva, insufficienza pancreatica, sterilità e alte concentrazioni di ioni cloro nel sudore. Il difetto di base della patologia è rappresentato da un anomalo trasporto di ioni a livello della membrana delle cellule epiteliali che rivestono il lume delle ghiandole esocrine, con conseguente produzione di muco denso e vischioso. Epidemiologia La fibrosi cistica (FC) è la più comune malattia ereditaria letale della razza caucasica, la sua frequenza è stimata a un soggetto ogni 2.500 nati vivi (1). L’incidenza della patologia varia sostanzialmente tra le diverse etnie. Negli USA la prevalenza alla nascita è 1:2500 – 1:3500 tra i bianchi non ispanici, 1:4000 – 1:10000 tra gli ispanici, 1:15000 – 1:20000 tra i neri non ispanici, anche se per questi ultimi due gruppi, recentemente, viene segnalata una frequenza più alta (2, 3, 4). Secondo i dati raccolti dal Registro Italiano FC, in Italia la prevalenza media della malattia alla nascita, tenendo conto di tutti i dati raccolti dal 1988 al 2004, è di 1:4079 nati vivi (minimo 1:4762 nel 1988; massimo 1:3425 nel 2000), inferiore quindi a quanto riportato in letteratura per la popolazione caucasica. I suddetti dati evidenziano inoltre notevoli differenze nella prevalenza della patologia tra le varie Regioni italiane. Ciò può essere imputato a diversi fattori, tra cui: diversa incidenza delle certificazioni di malattia alla nascita e in età adulta, diverse modalità di diagnosi, diverse modalità di cura, diversa frequenza di cittadini extraeuropei, diversa frequenza di interruzioni volontarie di gravidanza, ecc. (5). In Italia l’incidenza dei soggetti eterozigoti per la patologia si attesta su 1/30 (6). Gene e proteina CFTR Il gene responsabile della FC, è stato identificato per la prima volta nel 1985 e individuato successivamente sul braccio lungo del cromosoma 7 nel 1989 (7). Esso si estende per 250 kb e contiene 27 esoni che codificano per una proteina denominata CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator). La proteina CFTR è una proteina canale, contenente 1480 residui amminoacidici, espressa sulla membrana apicale delle cellule epiteliali dell’apparato respiratorio, gastrointestinale, genitourinario e delle ghiandole sudoripare. Appartiene alla famiglia dei trasportatori con cassette che legano l’ATP (ATP binding cassette). Presenta due domini transmembrana ognuno costituito da 6 α eliche, connesse a un dominio citoplasmatico, il nucleotide binding domain (NBD), atto a legare l’ATP. Il dominio centrale, detto dominio R, svolge funzione regolatoria e include siti di fosforilazione multipli da parte di differenti chinasi, fra cui la proteina chinasi AMP-ciclico dipendente (PKA) e la proteina chinasi C (PKC). La struttura della proteina CFTR è illustrata in Figura 1. Normalmente la proteina regola il passaggio di ioni cloro attraverso la membrana cellulare delle cellule epiteliali e interviene anche nella regolazione di altri canali ionici, inibendo l’attività del canale per il sodio EnaC (Endothelial Natrium Channel) e attivando un altro canale al cloro detto ORCC (Outwardly Rectified Chloride Channels) (8). La proteina è anche coinvolta nel metabolismo cellulare e cioè nel processamento di glicoproteine, nella regolazione del pH degli organelli intracellulari e sembra essere implicata nell’esagerata e persistente risposta infiammatoria dell’ospite (9). La perdita di funzione della proteina determina gravi alterazioni idroelettriche, conducendo ad una disidratazione relativa delle secrezioni mucose dei pazienti FC (10). Fig 1. La struttura della proteina CFTR (56) Mutazioni del gene CFTR Attualmente sono state identificate 1894 mutazioni del gene CFTR (11). La prima mutazione descritta e la più frequente è la δF508, determinata dalla delezione della fenilalanina in posizione 508. Essa è riscontrabile nel 70% dei pazienti FC (8). Tra le popolazioni del Nord Europa si riscontra una ridotta varietà delle mutazioni CFTR, con una predominanza assoluta della δF508, a differenza di quello che si verifica nelle altre Regioni Europee dove si evidenzia la presenza, con diversa frequenza, di molte altre mutazioni (12). Anche in Italia si è verificata una notevole variabilità genetica, ciò è dimostrato dai risultati dell’analisi molecolare disponibile per l’82% dei pazienti: la mutazione δF508 interessa solo il 49% di tutti i cromosomi FC e il restante è caratterizzato da numerose altre mutazioni, con differenze sensibili in relazione alla Regione di origine (13). Le mutazioni CFTR possono essere di vario tipo: missense (sostituzione di una base del DNA che da origine ad un codone codificante per un diverso aminoacido), non sense (sostituzione di una base di DNA che introduce un codone di stop), frameshift (delezioni o inserzioni di un numero di bp non multiplo di 3, che altera la lettura dei codoni) e mutazioni che alterano lo splicing (14). In base al tipo di mutazione, il gene CFTR produce diversi effetti sull'espressione e sulla funzionalità della proteina. Sono state identificate sei classi di mutazioni (15, 16): Classe I (difetto di produzione): si tratta di mutazioni che causano l'interruzione prematura della trascrizione. La proteina è assente. Classe II (difetto di maturazione): le proteine mutate non raggiungono come proteine mature la membrana cellulare. Esse vengono degradate nell'apparato del Golgi. Classe III (difetto di regolazione): le proteine mutate sono normalmente espresse sulla membrana cellulare, ma non possono essere attivate; Classe IV (difetto di trasporto): le proteine mutate sono normalmente espresse sulle membrana cellulare e attive ma sono presenti alterazioni nella conduttanza agli ioni cloro; Classe V (rallentata sintesi): si verifica la sintesi di proteine normali ma in quantità notevolmente ridotte; Classe VI (degradazione precoce): le proteine sono normalmente espresse e attive, ma vanno incontro a degradazione precoce. La δF508, mutazione più frequente, appartiene alla II classe. I meccanismi patogenetici attraverso cui le mutazioni FC compromettono le espressioni della proteina CFTR a livello della membrana cellulare sono mostrate in Figura 2. Fig 2. Classificazione delle mutazioni CFTR (78) E’ stata dimostrata una forte correlazione tra il genotipo CFTR e la funzionalità pancreatica. Le mutazioni che appartengono alla I, II e III classe (definite anche “mutazioni severe”) sono presenti in pazienti con insufficienza pancreatica. Le mutazioni di classe IV, V e VI (“mutazioni mild”) sono presenti invece in pazienti con sufficienza pancreatica (17). Inoltre se una mutazione di classe I-III è associata a un’altra mutazione appartenente alle prime tre classi, il paziente presenterà insufficienza pancreatica; la sola presenza di una mutazione appartenente alla classe IV-VI determina sufficienza pancreatica (18). Patogenesi della FC Patogenesi della broncopneumopatia della FC Sebbene alla nascita non siano osservabili alterazioni strutturali a carico dell’apparato respiratorio, la compromissione della clearence mucociliare, la precoce colonizzazione delle vie aeree da parte di agenti patogeni e la risposta infiammatoria eccessiva sono già osservabili sin dalla prima infanzia. In condizioni normali, il muco prodotto dalle cellule caliciformi non è a contatto diretto con le ciglia, ma è fatto scorrere sul liquido periciliare. Clunes e coll hanno dimostrato che il liquido periciliare nella FC è povero di acqua e che quindi si presenta in concentrazioni ridotte (19). Ciò determina alterazioni della clearence mucociliare con ristagno delle secrezioni e creazione di un microambiente favorevole alla colonizzazione da parte di agenti patogeni. Si svilupperanno pertanto infezioni respiratorie croniche inizialmente sostenute dallo Stafilococcus Aureus e quindi da Pseudomonas aeruginosa o Burkholderia cepacia (20). Le infezioni croniche e l’infiammazione conseguente determinano nel tempo una progressiva distruzione del parenchima polmonare che porterà il paziente inevitabilmente all’evoluzione in insufficienza respiratoria cronica, che è causa di morte in circa il 90% dei pazienti FC (21). Nonostante il ruolo chiave delle infezioni nello stabilire un processo infiammatorio cronico, è generalmente ritenuto che i tessuti dei pazienti FC presentino una predisposizione intrinseca ad innescare un’esagerata risposta infiammatoria (22, 23). Nei fluidi delle vie aeree dei soggetti malati si riscontra infatti un elevato numero di neutrofili, di citochine proinfiammatorie quali TNF-α, IL-8, IL-6 e leucotriene B4 e ridotti livelli di IL-10 (24, 25). I batteri stimolano le cellule epiteliali a produrre IL-6 e IL-8, quest’ultima favorisce la migrazione di neutrofili nel sito dell’infiammazione. I neutrofili e i macrofagi attivati rilasciano sostanze ossidanti e proteasi che contribuiscono al danno strutturale delle vie aeree, stimolano la secrezione di mucina e di citochine da parte dell’epitelio, completando così il circolo vizioso dell’infiammazione polmonare FC. La ridotta espressione di IL-10, documentata nei pazienti, riduce le capacità antinfiammatorie dell’ospite, sbilanciando il processo verso un’infiammazione cronica. Il primo patogeno che in genere è isolato nel muco dei bambini con FC è lo Staphylococcus aureus (SA). L’intensa risposta infiammatoria provocata da esso distrugge parte del tessuto polmonare e pone le basi per la successiva colonizzazione da parte di Pseudomonas aeruginosa (PA), presente nel 70-80% dei bambini che hanno più di tre anni, prima con ceppi non mucoidi, poi con ceppi mucoidi (26). L’infezione da PA incide sul decorso clinico e sulla prognosi dei pazienti FC, essendo il batterio difficile da eradicare, a causa delle molteplici resistenze che mostra nei confronti di molte classi di antibiotici. Nel corso degli anni, probabilmente come conseguenza dell'aumento della durata media di vita, ma certamente anche a causa della massiva esposizione a terapie antibiotiche ripetute, si è assistito alla comparsa sempre più frequente di patogeni emergenti opportunisti; tra i vari microrganismi, un particolare incremento degli isolamenti è stato segnalato per alcuni batteri specifici quali la Burkholderia cepacia, lo Stenotrophomonas maltophilia, l'Achromobacter xylosoxidans e il gruppo dei Micobatteri non-tubercolari (27, 28). Patogenesi delle alterazioni gastrointestinali Coinvolgimento del pancreas esocrino ed endocrino Circa il 92% dei pazienti FC presenta insufficienza pancreatica (29). Più fattori contribuiscono a questo, ma il deficit di enzimi pancreatici rappresenta la causa più comune (30, 31). Le mutazioni responsabili di FC che determinano una funzionalità residua della proteina CFTR<2% si accompagnano tipicamente a insufficienza pancreatica (32). La gravità del quadro clinico correla fortemente con il genotipo CFTR (18). Nel pancreas esocrino umano la proteina CFTR, espressa sulla membrana apicale delle cellule duttali, regola la secrezione di ioni bicarbonato all’interno dei dotti pancreatici. La riduzione o la perdita della funzione della proteina determina quindi una mancata secrezione di ioni cloro, bicarbonato e acqua, e una eccessiva secrezione di ioni sodio. A causa della conseguente disidratazione, le secrezioni pancreatiche s’ispessiscono e ostruiscono il dotto pancreatico. Inoltre gli enzimi contenuti nelle secrezioni pancreatiche si attivano prematuramente, a causa della bassa concentrazione di ioni bicarbonato, degradando così i tessuti circostanti (33, 34, 35). L’insufficienza pancreatica nella FC se non trattata causa riduzione del riassorbimento intestinale dei grassi e delle proteine che sono introdotte con la dieta (36). Come conseguenza i bambini FC con insufficienza pancreatica manifestano scarso accrescimento, carenza di vitamine liposolubili e di acidi grassi essenziali. Evidenze scientifiche suggeriscono inoltre che un ridotto apporto nutrizionale causa compromissione della funzionalità respiratoria e riduzione dell’aspettativa di vita dei pazienti FC (37). Anche il pancreas endocrino è coinvolto nella malattia. L’aumento dell’aspettativa di vita dei pazienti ha reso possibile la comparsa delle complicanze tardive della patologia e, tra queste, il diabete mellito ha acquisito un evidente rilievo clinico ed epidemiologico nella nuova popolazione di adolescenti e giovani adulti FC. La prevalenza del diabete mellito in corso di fibrosi cistica (valutata mediante OGTTOral Glucose Tolerance Test) aumenta con l’età del paziente (38): • 9% tra i 5 e i 9 anni; • 26% tra i 10 e i 19 anni; • 35% tra i 20 e i 30 anni; • 43% dopo i 30 anni. Il deficit di secrezione d’insulina da parte delle cellule beta pancreatiche è considerato il fattore prevalente nella eziopatogenesi del diabete in paziente FC. Mohan e collaboratori hanno dimostrato analizzando le curve da carico di glucosio (OGTT) effettuate in 60 pazienti, che il diabete in corso di FC è causato da un difetto quantitativo della produzione di insulina. Nei pazienti indagati, in cui era accertata l’assenza di riacutizzazioni polmonari nelle ultime sei settimane, non era invece evidenziabile una riduzione della sensibilità periferica all’insulina (39). Il ruolo sostenuto dalla resistenza all’insulina è stato ulteriormente esaminato da uno studio effettuato da Bismuth e coll. In 237 pazienti FC è stato valutato l’andamento della tolleranza glucidica sulla base di OGTT ripetute nel tempo. I parametri indagati, calcolati sui valori di glucosio e insulina dopo stimolo, hanno dimostrato che un lieve grado d’insulino-resistenza è presente in associazione con una condizione di aumentato stato infiammatorio del paziente. L’insulino-resistenza ha comunque un ruolo marginale rispetto al deficit di produzione insulinico proprio della malattia (40). Il diabete in corso di fibrosi cistica determina un peggioramento della prognosi del paziente. A tal proposito Chamnan e coll. hanno dimostrato un aumentato tasso di mortalità nei pazienti FC diabetici rispetto a quelli non diabetici (4, 2 vs 1, 5) (41). Coinvolgimento intestinale L’ileo da meconio, la Sindrome da Ostruzione dell’Intestino Distale e la Stipsi sono conseguenze dell’incremento della viscosità del muco e del prolungato tempo di transito intestinale (42). L’ileo da meconio è un segno tipico di FC. Si verifica dal 13 al 17 % dei pazienti FC, in epoca neonatale (43). La patogenesi è legata al deficit enzimatico pancreatico concomitante a una situazione di disidratazione e/o riduzione del PH nel lume intestinale con precipitazione delle proteine. Patogenesi delle alterazioni a carico dell’apparato riproduttivo Nelle donne FC il muco cervicale appare più denso rispetto alla norma. Questo però non compromette la fertilità delle pazienti. Molte di esse saranno in grado di concepire e portare avanti una gravidanza, compatibilmente al loro stato nutrizionale e di salute (44). Per quanto riguarda invece il sesso maschile, più del 95% dei pazienti FC sono sterili a causa di azoospermia dovuta ad assenza, atrofia o fibrosi dei dotti deferenziali. L’agenesia bilaterale congenita dei dotti deferenti può essere in alcuni casi l’unica espressione clinica della patologia (45). Quadri clinici La FC è una patologia eterogenea con espressività clinica variabile, sia per quanto riguarda gli organi interessati e l’intensità del loro coinvolgimento, che per il tempo d’insorgenza dei sintomi. La maggior parte dei pazienti presentano le classiche manifestazioni della patologia ad esordio precoce, con prognosi sfavorevole (forma classica o tipica). In alcuni soggetti le manifestazioni cliniche sono invece meno gravi in età pediatrica, tali da non evocare il sospetto diagnostico, ed essere diagnosticate tardivamente (forma non classica o atipica) (46). La forma clinica classica è caratterizzata da (47): 1. Broncopneumopatia cronica ostruttiva 2. Sinusite cronica 3. Insufficienza pancreatica 4. Azoospermia 5. Alterata concentrazione di elettroliti nel sudore. Nelle forme classiche la malattia è facilmente diagnosticabile attraverso: • test di laboratorio (test del sudore con dosaggio del Cl>60 mEq/l e ricerca delle mutazione del gene CFTR) • valutazione clinica (evidenza di maldigestione e segni e sintomi di malattia polmonare cronica ). I pazienti affetti da una forma atipica di FC invece presentano generalmente sufficienza pancreatica. I sintomi possono iniziare in età pediatrica ma la malattia diventa clinicamente evidente soltanto dopo i 10 anni di età. La malattia nella sua forma atipica può presentare (48): 1. Broncopneumopatia cronica ad inizio tardivo e a decorso lieve 2. Sinusite cronica 3. Poliposi nasale recidivante 4. Pancreatite cronica o ricorrente idiopatica 5. Azoospermia 6. Concentrazioni di elettroliti nel sudore borderline o normali. Una recente indagine compiuta in Europa da parte dell’ECFS CF Neonatal Screening Working Group ha rilevato che la mediana del cut-off per il 1° IRT è di 70ng/ml (range: 60-70), mentre la mediana del 2° IRT è di 50 ng/ml (range: 40-56) (49). Nel tempo sono stati introdotti e utilizzati diversi protocolli di screening che tuttora variano tra i diversi stati e regioni. Fra i più utilizzati troviamo i seguenti protocolli (50): • IRT/IRT: il risultato dello screening è positivo quando la seconda valutazione dell’IRT supera il cut-off; • IRT/DNA (δF508); • IRT/DNA (mutazioni multiple); • IRT/DNA/IRT. Familiarità. E’ fortemente consigliato che i fratelli di pazienti FC siano indagati per la patologia mediante test del sudore. A causa della eterogeneità sintomatologica che è possibile osservare anche all’interno della stessa famiglia, la mancanza di sintomi non permette di escludere infatti la diagnosi di FC nei fratelli di pazienti affetti (46). Test diagnostici Test del sudore. Il gold standard per la diagnosi di FC è rappresentato dal test del sudore (50). Nel 1953 Di Sant’Agnese e coll scoprirono che la composizione del sudore nella FC è eccessivamente ricca di cloruro di sodio (51). Successivamente Quinton definì attraverso studi condotti sulle ghiandole sudoripare che l’epitelio dei dotti è impermeabile al cloro, caratterizzando così il difetto di base che determina la formazione di una secrezione ricca in NaCl (52). Questa scoperta stabilì le basi molecalari del test diagnostico. Il metodo tuttora utilizzato è quello messo a punto da Gibson e Cooke nel 1959 mediante la quantificazione della concentrazione di cloro nel sudore per iontoforesi pilocarpinica. Per l’interpretazione dei risultati del test, vengono utilizzati range di riferimento, nelle diverse fasce di età. Tabella 2a. Intervalli di riferimento analitici per il test del sudore fino ai 6 mesi dei vita Figura 3. Segni e sintomi della forma classica, mostrati sulla sinistra della figura, e non classica, mostrati sulla destra della ficura, della fibrosi cistica (47) Tabella 1. Segni e sintomi caratteristici della FC, classificati in base all’età di insorgenza La diagnosi della forma classica di FC spesso non pone particolari problemi. Sintomi quali insufficienza pancreatica e manifestazioni respiratorie, sono presenti in oltre l’80% dei pazienti e il sospetto diagnostico viene confermato con il test del sudore e successivamante con la ricerca delle mutazioni del gene CFTR. In molti Paesi industrializzati l’effettuazione dello screening neonatale permette di identificare la patologia prima dell’insorgenza dei sintomi. Diagnosi (algoritmi) Le indicazioni a procedere con i test diagnostici FC sono: - manifestazioni cliniche suggestive di FC - screening neonatale positivo - la familiarità per FC Manifestazioni cliniche. Le manifestazioni cliniche suggestive di FC (descritte nel paragrafo ”Quadri clinici”) sono numerose in quanto la patologia, come già detto sopra, è estremamente eterogenea. Nei pazienti che esprimono le manifestazioni cliniche tipiche della patologia l’esecuzione dei test diagnostici è necessaria solo per confermare la diagnosi. Nei pazienti che invece presentano la malattia nella sua forma atipica, i test diagnostici sono necessari per supportare o escludere la malattia (46). Screening neonatale. In molti Paesi industrializzati viene attuato lo screening neonatale per la FC. Questo è eseguito mediante un test radioimmunologico per il dosaggio della tripsina immunoreattiva (IRT) su sangue prelevato in quarta-quinta giornata di vita, adsorbito su carta da filtro e disidratato (Guthrie card). Il razionale per l’impiego di tale test deriva dal riscontro di valori elevati di questo enzima nel sangue dei neonati FC, probabilmente da attribuire al reflusso della tripsina verso il circolo ematico per un’ostruzione dei dotti pancreatici. Valori elevati di IRT si possono comunque riscontrare anche in soggetti non FC. Per superare il problema della ridotta specificità del test nei primi giorni di vita, un secondo prelievo di sangue a 20-30 giorni di vita verrà eseguito nei soggetti risultati positivi al primo test per confermare la condizione di ipertripsinemia. Nei soggetti non FC infatti l’IRT tende a normalizzarsi, mentre nei soggetti FC tale parametro tende a permanere elevato nel tempo. Tabella 2b. Intervalli di riferimento analitici per il test del sudore dopo i 6 mesi di vita Secondo le Raccomandazioni italiane per il test del sudore, deve essere raccolta una quantità di sudore non inferiore ai 75 mg e non superiore ai 500 mg. Nel caso in cui questi valori non vengano rispettati è necessario ripetere il test in un altro momento. Un singolo risultato di laboratorio inoltre non è sufficiente a confermare o a escludere la diagnosi di FC. Potenziali nasali. Nei rari casi in cui la diagnosi rimane dubbia è possibile usufruire di altri test diagnostici tra cui la misurazione dei potenziali nasali (NPD) (1). Il test è stato messo a punto all’inizio degli anni Ottanta (53). E’ stata evidenziata, da studi effettuati in vitro, una correlazione diretta tra flusso transepiteliale di ioni ed eventi bioelettrici. La differenza di potenziale generata dall’epitelio respiratorio riflette il trasporto attivo e la concentrazione epiteliale degli ioni permettendo l’individuazione delle anomalie caratteristiche della FC. Il test non è però attualmente completamente standardizzato, la sua diffusione è ancora ridotta e il suo utilizzo riservato a pochi centri specializzati. Analisi genetica L’analisi genetica si effettua come secondo o terzo step, quando il test del sudore non è risolutivo. Esistono vari livelli di analisi genetica, con diversi tempi di esecuzione, tecnologie e costi. Analisi di I livello: kit commerciale o preparato in laboratorio che include l’analisi delle mutazioni più frequenti nella regione di riferimento del laboratorio. Le tecniche più utilizzate sono: Reverse Dot Blot, Amplification Refractory Mutation Systems, Oligonucleotide Specific Allele e Oligonucleotide Ligation Assay. Analisi di II livello: scanning di tutti gli esoni e delle regioni limitrofe, riconoscimento di variazioni di sequenza, sequenziamento della specifica regione del gene. Le tecniche più utilizzate sono: Denaturing Gradient Gel Electrophoresis e Denaturing High Performance Liquid Cromatography. I test di II livello hanno una maggiore sensibilità ma portano a risultati di più difficile interpretazione in quanto possono individuare sia mutazioni che portano alla malattia sia varianti che non sono patologiche. Analisi di III livello: ricerca di delezioni e/o di inserzioni; si tratta di indagini molto specialistiche ancora poco utilizzate. Si fa ricorso in questo caso alla Quantitative Multiplex Polymerase Chain Reactions of Short Fluorescent Fragments. La conclusione diagnostica può richiedere anche diversi mesi e determina un impegno emotivo importante per i familiari del paziente che in questo periodo di tempo aspettano una diagnosi il cui significato rimane pur sempre grave (54). Trattamento La FC è considerata come “la più frequente malattia letale della razza caucasica” (55). La mediana di sopravvivenza nei pazienti FC è però aumentata, da pochi anni nel 1939 a più di 37 anni attualmente. Questo importante successo è dovuto a diversi fattori tra cui l’uso di nuove strategie terapeutiche (56). Gli obiettivi della terapia in FC sono: • Contrastare l’evoluzione della broncopneumopatia. A tale fine le strategie utilizzate sono:: o Fluidificazione e rimozione dei secreti bronchiali; o Terapia antibiotica atta a controllare le infezioni polmonari e ad eradicare il germe responsabile; o Trapianto polmonare. • Correzione dello stato nutrizionale mediante supplementazione con enzimi pancreatici e integrazione calorica; Esistono inoltre nuove strategie terapeutiche atte a correggere il difetto di base della patologia. Strategie terapeutiche atte a contrastare l’evoluzione della broncopneumopatia Tipicamente le alterazioni polmonari osservate nei pazienti FC sono tutte il risultato di un circolo vizioso caratterizzato da ritenzione di muco, infezione, infiammazione e danno tissutale. Esiste una terapia specifica per ognuna di queste fasi. • Terapia per il miglioramento della clearence mucociliare. Esiste un consenso generale nell’affermare che le tecniche che migliorano i meccanismi di clearence mucociliare diano grandi benefici al paziente (57). Queste tecniche hanno come obiettivo quello di “staccare” il muco adeso alle pareti delle vie aeree e favorirne la clearence dalle basse vie aeree. La tecnica tradizionale basata su drenaggio posturale e sulle percussioni è stata messa in discussione dagli effetti negativi sui livelli di ossigenazione (58), dalla possibilità di determinare un’aumentata incidenza di reflusso gastroesofageo nei bambini FC (59), dal peggioramento del quadro radiologico e dalla compromissione della funzionalità respiratoria a lungo termine (60). Tabelle 3. Le tecniche fisioterapiche nella FC (64) Le revisioni sistemiche più importanti non hanno rilevato la superiorità di una tecnica su un’altra ma una tendenza da parte del paziente di preferire le tecniche più facilmente autogestibili (61). Sembrerebbe quindi giustificato affermare che, soprattutto nelle situazioni croniche, si devono privilegiare, quando possibile, tecniche e strumenti che favoriscono l’autonomia e l’autogestione e che non siano aggressive (62). Altre terapie hanno come scopo quello di determinare una maggiore idratazione del muco. Dornase alfa è una DNAsi ricombinante che agisce come mucolitico degradando il DNA rilasciato dai neutrofili nel muco. Grazie a questo farmaco è possibile osservare un miglioramento della funzionalità respiratoria nei pazienti con FC e la qualità del FEV1 (63). La soluzione ipertonica salina al 7% è usata come agente osmotico che contrasta la disidratazione del liquido periciliare causata nella FC dall’eccessivo assorbimento di ioni sodio. Se utilizzata due volte al giorno determina un aumento del FEV1 e riduce la frequenza di esacerbazioni polmonari del 56% rispetto alla norma (64). • Terapia antinfiammatoria. La terapia antinfiammatoria in FC è usata per combattere l’eccessiva risposta infiammatoria caratteristica della patologia (65). I farmaci utilizzati sono essenzialmente l’ibuprofene, i FANS e il prednsisone (66, 67). Pur essendosi dimostrato molto utile nel ridurre il processo flogistico che interessa l’albero respiratorio dei pazienti FC, l’utilizzo del prednisone a lungo termine è limitato soprattutto in età pediatrica in quanto causa scarso accrescimento del paziente (68). Attualmente è stato dimostrato che l’impiego dell’azitromicina come farmaco con proprietà antinfiammatorie determina un miglioramento delle funzionalità respiratoria nei pazienti di età superiore ai 6 anni che presentano infezione cronica da PA (69). • Antibioticoterapia. Il riconoscimento precoce delle infezioni respiratorie nei pazienti FC e il trattamento di queste con antibiotici è considerato uno dei fattori che ha garantito il miglioramento della prognosi dei pazienti. Per i pazienti con colonizzazione da PA la strategia che si è delineata nei confronti del germe è piuttosto chiara: al primo isolamento del germe trattamento con terapia antibiotica eradicante per via aerosolica, nel caso di colonizzazione cronica da parte del germe antibiotici per via inalatoria (tobramicina, colistina) e trattamento con antibiotici per via endovenosa in corso di esacerbazione (70). In tutti i pazienti FC comunque, indipendentemente dal tipo di germe patogeno, in caso di esacerbazioni polmonari acute è suggerito il trattamento per via endovenosa, con antibioticoterapia mirata dopo antibiogramma eseguito su escreato (71). Più problematica è la decisione riguardo al trattamento del primo isolamento di SA, oppure nel caso colonizzazione cronica del germe nelle vie aeree con paziente in pieno benessere. Come per altri patogeni, la possibilità di eradicare SA dalle vie aeree in pazienti FC potrebbe teoricamente portare un beneficio ai pazienti e ridurre la possibilità di diffusione del germe, ma mancano studi clinici al riguardo. La Cystic Fibrosis Foundation sconsiglia comunque l’uso profilattico di antibiotici contro lo SA (72). • Trapianto polmonare. L’insufficienza respiratoria grave ossigeno-dipendente è l’evoluzione naturale della broncopneumopatia cronica della FC. In questi pazienti il trapianto polmonare rappresenta l’unica prospettiva terapeutica proponibile. La FC rappresenta, in tutti i paesi del mondo, una delle indicazioni più comuni al trapianto bipolmonare. In un percorso di cura che richiede terapie impegnative e non risolutive, l’avvio di programmi di trapianto polmonare dà un’importante speranza ai pazienti e alle famiglie. Secondo i dati del registro della Società Internazionale per il Trapianto di Cuore e di Polmone (ISHLT), per la FC la sopravvivenza dopo trapianto a 1 mese, 1 anno, 3 anni, 5 anni e 10 anni è rispettivamente del 92.4%, 80.6%, 65.2%, 53.8% e 32.1% (73). Anche i dati del Registro Italiano di Trapianto Polmonare dell’AIPO, recentemente pubblicati, confermano nell’esperienza dei centri di trapianto italiani una miglior sopravvivenza dei pazienti sottoposti a trapianto per fibrosi cistica rispetto ad altre patologie, con risultati a 10 anni dal trapianto lievemente superiori a quelli del Registro Internazionale (39%) (74). L’intervento di trapianto polmonare resta comunque un intervento lungo e complesso che non tutti i pazienti sono in grado di affrontare a causa delle loro già gravi condizioni cliniche. Inoltre questi pazienti sono particolarmente suscettibili ad andare incontro a infezioni respiratorie nel post-operatorio. Correzione dello stato nutrizionale La terapia sostitutiva con estratti pancreatici è in grado di aumentare il livello di assorbimento intestinale di grassi dell’85% e pertanto migliora la prognosi dei pazienti FC (75). L’obiettivo della terapia è quello di sostituire l’amilasi, la lipasi e la proteasi che il pancreas non è in grado di produrre adeguatamente permettendo così un corretto riassorbimento dei nutrienti introdotti con la dieta (55). I soggetti affetti da FC presentano inoltre spesso deficit di acidi grassi essenziali caratterizzato da bassi livelli plasmatici di acido linoleico (LA) e acido docosaesaenoico (DHA) e deficit vitaminici. Il trattamento dietetico deve quindi garantire un livello sufficiente di acidi grassi essenziali, acidi grassi polinsaturi a lunga catena e vitamine. A tal fine è essenziale prevedere una supplementazione bilanciata di acidi grassi polinsaturi sia della serie 3 che della serie 6. Secondo il Consensus Europeo è anche consigliabile somministrare dosi supplementari di vitamine le cui concentrazioni a livello ematico siano al di sotto dei valori di normalità. Il dosaggio iniziale è quindi quello adatto a normalizzarne i livelli ematici senza il rischio di determinare ipervitaminosi. Nuove strategie terapeutiche Terapia genica Dopo la scoperta della mutazione del gene CFTR, ci fu un entusiasmo generale per la possibilità dell’utilizzo della terapia genetica (76). Questa consiste nel trasferimento di copie del gene CFTR normale nelle cellule bersaglio malate. Sono stati analizzati molti possibili vettori nei diversi trials clinici tra cui l’adenovirus, l’adenovirus associato e i liposomi. I primi studi in vitro e in vivo sembravano abbastanza promettenti, il gene era infatti trasferito con successo nelle vie aeree, ma nella maggior parte dei casi solo per un breve periodo di tempo (77). Il problema maggiore è che non si conosce la percentuale di funzionalità che il gene CFTR deve recuperare per ottenere un miglioramento della situazione clinica del paziente (78). Inoltre la terapia genica richiede somministrazioni ripetute e questo crea problemi nell’utilizzo dei vettori virali che, se somministrati ripetutamente, stimolano la produzione anticorpale da parte dell’ospite (79). La terapia con adenovirus associato sembrava promettente in una fase precoce di sperimentazione. E’ stato infatti inizialmente dimostrato da Moss e coll che il trasferimento del gene determina un aumento dei valori di FEV1 e dei livelli di IL-8 nell’espettorato del paziente (80). Una successiva rivalutazione dello studio, da parte degli stessi autori, non ha mostrato gli stessi risultati (81). Farmacoterapia del difetto di base Altra prospettiva terapeutica promettente riguarda la correzione farmacologica del difetto CFTR. Come già visto sopra, le mutazioni CFTR sono suddivise in 6 classi a seconda degli effetti che la mutazione produce sull'espressione e sulla funzionalità della proteina. I farmaci che mirano alla correzione del difetto di base sono rivolti ognuno verso una singola classe di mutazione. Essi quindi non vengono utilizzati in tutti i pazienti ma sono specifici per i singoli gruppi che presentano la stessa classe di mutazione. Le mutazioni di prima classe sono “mutazioni di stop” che determinano una riduzione della produzione di mRNA. Le mutazioni G542X e R553X, appartenenti a questa classe, possono essere soppresse mediante trattamento con piccole dosi degli amminoglicosidi G418 e gentamicina (82). Tali composti sono stati usati nel trattamento di pazienti FC in alcuni studi pilota (83). Le mutazioni di seconda classe, che comprendono la mutazione δF508, sono caratterizzate da una degradazione precoce. Dal momento che le proteine CFTR, pur essendo mal ripiegate, mostrano comunque una normale conduttanza agli ioni cloro, i composti che sono in grado di ridurre il degrado e di aumentare il traffico di proteine CFTR alla membrana sono considerate come una opzione di trattamento potenziale (85). Tra questi farmaci alcuni, chiamati correttori, si sono dimostrati promettenti. Le mutazioni di terza classe sono caratterizzate da una mancata attivazione della proteina CFTR, normalmente espressa. Per tale classe di mutazioni sono in fase di studio composti, chiamati potenziatori, che hanno lo scopo di attivare la proteina canale. Tra questi VX770 ha mostrato di essere efficace e di presentare un buon profilo di sicurezza ed è attualmente impiegato in trials clinici in pazienti con mutazione G551D (86). I risultati mostrati dal farmaco appaiono promettenti. Il VX770 potrebbe essere utilizzato anche nel trattamento delle mutazioni di classe II, combinato con i farmaci correttori (79). Le mutazioni di quarta classe sono caratterizzate da una proteina CFTR normalmente espressa sulla membrana plasmatica ma con una ridotta la conduzione ionica. Alcune xantine prolungano lo stato fosforilato del CFTR e di conseguenza aumentano il tempo di apertura del canale. Conclusioni Negli ultimi anni le conoscenze sulla Fibrosi Cistica sono notevolmente migliorate grazie all’individuazione della mutazione genica responsabile della patologia. L’introduzione dei nuovi test diagnostici e i notevoli progressi nella gestione e nel trattamento dei pazienti affetti hanno inoltre mutato radicalmente la prognosi e la storia naturale della FC. La mediana di sopravvivenza è infatti aumentata dal 1939 a oggi da pochi anni di vita a 37 anni circa, facendo si che gli aspetti prevalenti dell’assistenza al paziente FC siano diversi da quelli precedenti con un attenzione maggiore ad aspetti quali le complicanze della patologia, come il diabete mellito, le complicanze dell’uso prolungato dell’antibioticoterapia, l’aggravamento della malattia polmonare e la progettualità dei malati (lavoro, vita indipendente, fertilità e procreazione). Grazie alla ricerca scientifica sembra essere inoltre sempre più vicina la prospettiva di cura definitiva. Le nuove strategie terapeutiche che sono in fase di studio sembrano essere infatti molto promettenti. Bibliografia 1. Davies JC, Alton EW, Bush A. Cystic fibrosis. BMJ 2007; 335:1255–1259. 2. Comeau AM, Parad RB, Dorkin HL, et al. 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