RIFLESSIONI SU SCIENZA E SOCIETA’ ETICA, SCIENZA E AMBIENTE: VERSO LA CULTURA DELLA RESPONSABILITA’ a cura di Francesco Dondi ELABORATO di Desirée Fia MOTIVAZIONI Etica e scienza, due parole che nella stessa frase fanno già pensare ad un discorso lungo e difficile, questo argomento mi ha sempre posto più domande che risposte, ed è stato uno dei motivi principali che mi ha spinta a seguire questi seminari e oltre a fornire un valido strumento di riflessione, ha dato l’opportunità di una discussione in argomento. Molte volte l’affannarsi per arrivare alla meta rischia di far perdere quello che realmente è importante, cioè il viaggio, questo infatti deve dare spunti per non fossilizzarsi in un solo ambito o mentalità ma di ampliare le visioni e mettersi in discussione, motore fondamentale per porsi delle domande che poi spingono a cercare risposte. La filosofia mi ha sempre affascinata ed è per questo che insisterò sul significato e sulle sfumature che l’etica ha avuto nel corso dei secoli e che attualmente ha assunto; seguendo un indirizzo scientifico attuo quotidianamente ricerche in ambito, ma non altrettanto spesso mi fermo a fare analisi epistemologiche su tali argomenti . ARGOMENTAZIONI Etimologicamente, etica e morale sono solo la traduzione dal greco e dal latino dello stesso termine: “etica” deriva dal greco ethikos – ovvero “abituale”, “consueto”, “di abitudine” – derivante a sua volta da ethos (costume). Mentre in latino, il termine greco ethikos si traduce con moralis, morale, derivante da mos, moris (costume, comportamento). In epoca greca arcaica, il termine ethikos era strettamente connesso alle attitudini personali del guerriero, alle sue scelte di comportamento, che lo portavano ad agire in un modo piuttosto che in un altro, cercando di attenersi il piú possibile al codice di valori allora vigente, ispirato all’eroismo e alla gloria individuale, non collettiva. Codice interiore che non prevedeva la pietà o la comprensione ma solo l’elevarsi sociale, per cui aveva un significato ristretto alla sfera antropologica. L’etica, in pratica, era un giudizio individuale, la morale del popolo. Questa prima panoramica del significato di etica e morale è molto antica e non era ancora connessa con la scienza, come sarebbe successo qualche secolo dopo. L’ultima frase citata, mi fa pensare ad un argomento in particolare, forse è esagerato l’esempio che sto per menzionare ma in parte rispecchia questa frase, che appunto spiega il significato dell’etica secondo antichi greci. «È meglio tuo fratello o un cane?» E’ quello che mi sento chiedere tal volta da persone con cui discuto sull’argomento della vivisezione, esperimenti scientifici, effettuati su animali diversi da Homo Sapiens, comunque esseri viventi che provano sensazioni fisiche come il dolore. “Veramente credi che non ci siano alternative dopo tutto quello che è stato scoperto?” E’ quello che rispondo io. “Siamo stati portati a credere che la maggior parte dei progressi nella conoscenza medica siano stati il risultato di ricerche sperimentali su modelli animali. In effetti, un’attenta ricerca su questo tema, anche attraverso lo studio della storia della medicina, ha mostrato che innumerevoli scoperte importanti sono invece scaturite dall’osservazione clinica dei pazienti umani e dalla ricerca epidemiologica. Gli animali sono stati usati per testare le procedure e i farmaci da queste risultanti solo perché così richiede la legge. E’ stato fatto molto per sviluppare alternative ai test su animali, come colture cellulari, tissutali, e anche colture di organi, simulazioni al computer, e così via. Sfortunatamente, anche quando sono disponibili alternative, anche quando si sono dimostrate più efficaci, più efficienti in termini di costi, e sono state approvate dall’agenzia governativa responsabile, molti scienziati si sono mostrati riluttanti a usarle. Dopotutto, ai tecnici e agli scienziati è stato insegnato solo l’uso delle procedure con animali. E infine, la sperimentazione animale ha un giro d’affari multimilionario! Io credo, invece, che dovremmo ammettere che causare sofferenza a esseri che sono in grado di provare sensazioni sia eticamente problematico, e che il nostro stupefacente cervello umano dovrebbe mettersi al lavoro per cercare nuove strade per i test e gli esperimenti, che non prevedano l’uso di esseri viventi senzienti. L’establishment scientifico dovrebbe incoraggiare attivamente questa ricerca. Dovrebbero essere disponibili nuovi fondi per questo. E dovrebbero essere assegnati a questa ricerca dei riconoscimenti come un Premio Nobel.” Jane Goodall Leggere queste righe fa riflettere sulla frase d’apertura, in particolare sulle parole “pietà” ed “elevarsi sociale” che può essere correlato all’avanzamento scientifico. Io la penso come la dottoressa Jane Goodall, rifletto, su come ad esempio, in questo ambito il significato della parola etica è rimasto simile a quello dell’antichità e su come queste problematiche dovrebbero fornire una spinta a trovare alternative. In ambito filosofico, il termine ethikà entrò nell’uso con Aristotele, che con esso intitolò le sue trattazioni di filosofia della pratica; poco piú tardi lo stoicismo designò con lo stesso aggettivo la terza e suprema parte della filosofia, che, dopo la logica (dottrina della conoscenza) e la fisica (dottrina della realtà), stabiliva come l’uomo si dovesse praticamente comportare rispetto a questa realtà. Da allora in poi, il termine è rimasto acquisito alla filosofia, che l’ha consacrato come termine tecnico per designare ogni dottrina che si venga elaborando speculativamente intorno al problema del comportamento pratico dell’uomo. Con Aristotele dunque si comincia a presentare la tematica della collettività e del comportamento pratico che ognuno dovrebbe avere; non un discorso di carattere generale con pretese universalistiche, mancanza di cui, già allora secondo Aristotele, aveva peccato Platone. Un'altra teoria elaborata dal filosofo greco è quello rappresentato dalla volontarietà e dalla non-volontarietà delle azioni che abbiano procurato un danno agli altri. Un buon esempio del pensiero di Aristotele è costituito dall'esame del caso di Edipo, che uccise suo padre, pur non volendo ucciderlo, e pur non volendo nemmeno uccidere qualcuno. Semplicemente, egli reagì in modo eccessivo ad un'offesa ricevuta. Così colpì l'uomo che lo aveva offeso, non per ucciderlo e ignorando che fosse suo padre. Accadde che: colpì l'uomo intenzionalmente; lo uccise non-intenzionalmente; ed infine uccise suo padre, ignorando che fosse suo padre. Certo è che se a noi fosse stata raccontata una storia nella quale si ometteva il racconto completo della situazione e nella quale si affermava solo che: "Edipo ha ucciso suo padre", avremmo provato un moto di condanna morale immediato, senza se e senza ma. Il che serve da monito ad appurare sempre le circostanze prima di emettere un giudizio. Nel caso particolare di Edipo, potremmo dire che se, dunque, da un lato questi potrebbe essere assolto dall'accusa di parricidio, dall'altro non potrebbe essere assolto dall'accusa di aver commesso un omicidio non-intenzionale, in quanto reagì con violenza, trascurando un principio universale, ormai largamente accettato oggidì, secondo il quale bisogna evitare il ricorso alla violenza. Facendo esempi attuali, pratici e di sfera scientifica, si può prendere in considerazione il disastro di Chernobyl e l’avversione che molte persone hanno per il nucleare. I fatti: Anatoliy Dyatlov, capo ingegnere dei reattori 3 e 4 affermò che i progettisti sapevano che il reattore era pericoloso in certe condizioni, ma nascosero intenzionalmente tale informazione. Inoltre l'evento appare come il risultato di una impressionante somma di fattori di rischio, ovvero di una catena di errori e mancanze, riguardanti sia le caratteristiche intrinseche fondamentali del tipo di macchina, sia errori di progetto in alcuni particolari meccanici. Accade che: la centrale è stata costruita intenzionalmente sapendo; avvenne l’esplosione non intenzionale che provocò innumerevoli vittime. Non si parla di ricorso alla violenza come per Edipo, ma di consapevolezza di un pericolo che avrebbe coinvolto delle vite umane. Potremmo dire che gli operatori della centrale non erano a conoscenza dei problemi tecnici del reattore, che molti non erano qualificati, (il direttore, V.P. Brjuchanov, aveva esperienza di impianti a carbone), e che non si pensava ad un disastro di tali proporzioni. Dall’altra però sapendo che una centrale nucleare doveva essere gestita da personale qualificato, l’esperimento sulla turbina numero 4 è stato effettuato. Sul problema nucleare si è largamente dibattuto e non voglio dilungarmi sul: se sia giusto o no puntare il dito. Personalmente riconosco molti punti a favore anche per un avanzamento tecnologico‐scientifico ma dall’altra mi pongo delle domande sulla pericolosità che le scorie hanno nel danneggiare gli altri e le generazioni future . (Conseguenze in caso di incidente, gestione delle scorie, terrorismo ecc...). Qualche secolo dopo: "La moralità non è propriamente la dottrina del come renderci felici, ma di come dovremmo diventare degni di possedere la felicità." (Immanuel Kant) L’imperativo categorico kantiano affermava “Agisci in modo che anche tu possa volere che la tua massima diventi legge universale”; oggi l’imperativo adeguato, come enunciato da Hans Jonas, dovrebbe essere “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra”. Ciò che si vuole dire è che mentre siamo liberi di mettere a repentaglio e di essere irresponsabili verso la nostra vita, non possiamo esserlo verso la vita altrui e generazioni future. Un altro personaggio importante, che si occupò di etica, o meglio bioetica, fu dunque Hans Jonas che con il suo principio della responsabilità introduce un messaggio importante: deve esserci un’etica delle responsabilità e non delle intenzioni. L’importante dunque sono gli effetti provocati da azioni e cercare di ovviare agli errori commessi arrivando a risultati concreti. CONCLUSIONI: Esistono dunque un “vero” e un “giusto” validi per tutti? Ovvero: esiste un’etica universale? L’etica è soggettiva, ognuno ha una coscienza ed una cultura che crede essere sopra alle altre. Analizzando razionalmente gli eventi si può giungere ad un giudizio morale, ma ci sono molte varianti (ambiente, scienza, società ed economia ) che rendono la morale una spirale di azioni ed effetti, che nonostante tutti i buoni propositi, probabilmente si scontreranno con le idee soggettive che ha ogni singolo individuo. Aspirare ad un’etica universale sarebbe l’ideale ma resta comunque un pensiero quasi utopico. Secondo il pensiero di Hume, i concetti vengono acquisiti dall’esperienza, e con lui concordano molti altri. Ciò significa che, in primis, è l’educazione a produrre il nostro senso morale: la famiglia, i comportamenti parentali, la scuola, il contatto con le altre figure adulte e con i coetanei, sono questi i contenuti delle nostre prime esperienze. E quindi, se nasco in un paese arabo avrò un certo tipo di “senso morale”, diverso da quello che avrei avuto se fossi nato in Cina, in America, in Italia o chissà dove. FONTI: http://www.wikipedia.it http://www.ieau.it http://www.minerva.unito.it