SCHEDA DUE
Scheda due
Le grandi tappe storiche - Sintesi
L’Unione europea è il frutto del lavoro di quanti, uomini e donne, si adoperano concretamente per la costruzione di un’Europa unita. Non esiste al mondo altra organizzazione in
cui un gruppo di paesi esercitino a tal punto, tutti insieme, la sovranità in settori
d’importanza cruciale per i cittadini. L’UE ha creato la moneta unica e un mercato unico
dinamico affinché persone, merci e capitali possano circolare liberamente, e grazie al progresso sociale e a una concorrenza leale fa in modo che tale mercato comune vada a vantaggio dei più. Le fondamenta costituzionali di tale edificio sono:
• il trattato di Parigi che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio
(CECA) nel 1951;
• i trattati di Roma che istituiscono la Comunità economica europea (CEE) e la
Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Euratom) nel 1957.
I trattati istitutivi sono stati poi modificati:
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dall’Atto unico europeo nel 1986;
dal trattato sull’Unione europea a Maastricht nel 1992;
dal trattato di Amsterdam nel 1997;
dal trattato di Nizza nel 2001.
I trattati hanno instaurato stretti legami giuridici fra gli Stati membri. La legislazione
dell’Unione si applica direttamente al cittadino europeo cui conferisce diritti specifici.
Creando un mercato comune del carbone e dell’acciaio i sei paesi fondatori (Belgio, Repubblica federale di Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) intesero anzitutto garantire la pace fra i vincitori e i vinti della seconda guerra mondiale, associandoli e inducendoli a cooperare in un quadro istituzionale comune improntato al principio
dell’uguaglianza.
I sei Stati fondatori decisero allora di costruire una Comunità economica europea (CEE)
introducendo un mercato comune per una vasta gamma di prodotti e servizi. I dazi doganali
furono definitivamente aboliti il 1° luglio 1968 e già negli anni Sessanta furono istituite le
politiche comuni, prime fra tutte la politica agricola e quella commerciale.
L’avventura fu un tale successo che Danimarca, Irlanda e Regno Unito decisero di aderire alla Comunità.
Il primo allargamento del 1973 portò gli Stati membri da sei a nove e introdusse nuovi
compiti e politiche comuni:
la politica sociale, la politica ambientale e quella regionale, per la cui attuazione fu creato nel 1975 il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR).
Agli inizi degli anni Settanta emerge la necessità di armonizzare le singole economie e
con essa l’idea di un'unione monetaria. Nel contempo, gli Stati Uniti decidono di porre fine
alla convertibilità del dollaro in oro inaugurando un periodo di grande instabilità moneta-
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ria sui mercati mondiali, aggravata dagli shock petroliferi del 1973 e del 1979.
Con il sistema monetario europeo (SME) introdotto nel 1979, i tassi di cambio si stabilizzano e gli Stati membri cominciano a attuare politiche di rigore, riuscendo così a mantenere legami di solidarietà reciproca e a disciplinare le loro economie.
Nel 1981 entra a far parte delle Comunità la Grecia, seguita dalla Spagna e dal Portoga llo nel 1986.
Urge allora introdurre dei programmi strutturali, come i primi programmi integrati mediterranei (PIM), per ridurre il divario di sviluppo economico fra i dodici membri.
Nel frattempo la Comunità economica europea assume un ruolo prominente sulla scena
internazionale siglando, fra il 1975 e il 1989, una serie di convenzioni (Lomé I, II, III e IV)
per il commercio e l’aiuto allo sviluppo, con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico
(i cosiddetti “ACP”), culminate nell'accordo di Cotonou del giugno 2000.
È grazie a questi strumenti che l’Europa, prima potenza commerciale del mondo, si afferma a livello globale al punto da mirare, in ultima analisi, all’istituzione di una politica
estera e di sicurezza comune.
Agli inizi degli anni Ottanta la recessione mondiale alimenta in Europa una corrente di
“europessimismo”.
Nel 1985 la Commissione europea, allora presieduta da Jacques Delors , pubblica un
Libro bianco foriero di nuove speranze. La Comunità decide infatti di comp letare il mercato comune europeo entro il 1° gennaio 1993. Sancisce tale ambizioso obiettivo l’Atto unico
europeo che viene firmato nel febbraio del 1986 ed entra in vigore il 1° luglio 1987.
L’assetto politico del continente subisce una radicale trasformazione con la caduta del
muro di Berlino nel 1989, la riunificazione tedesca del 3 ottobre 1990, la democratizzazione dei paesi dell’Europa centrale e orientale liberatisi dal controllo sovietico e l’implosione
dell’Unione sovietica nel dicembre del 1991.
Anche le Comunità europee sono in piena evoluzione. Gli Stati membri aprono le trattative per elaborare un nuovo trattato che il Consiglio europeo (capi di Stato e di governo)
adotterà a Maastricht nel dicembre 1991. Il “trattato sull’Unione europea” (TUE) entra in
vigore il 1° novembre 1993 e la CEE diventa più semplicemente la «Comunità europea»
(CE).
Integrando nel sistema comunitario un regime di cooperazione intergovernativa per taluni settori, il nuovo trattato crea l’Unione europea (UE) e impartisce agli Stati membri una
serie di ambiziosi obiettivi: l’unione monetaria entro il 1999, la cittadinanza europea e nuove politiche comuni; la politica estera e di sicurezza comune (PESC) e la sicurezza interna.
Il dinamismo europeo e l’evoluzione geopolitica del continente convincono altri tre paesi ad aderire all’Unione. Il 1° gennaio 1995 l’Austria, la Finlandia e la Svezia diventano
parte integrante di un’Unione di quindici membri che muove passi sinceri verso il suo più
spettacolare obiettivo: introdurre un unico conio, l’euro, in sostituzione delle singole monete nazionali. Dal 1° gennaio 2002 le euromonete e le eurobanconote hanno libero corso nei
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dodici paesi dell’area dell’euro (detta anche ‘zona euro’).
La moneta unica assurge così allo status di valuta internazionale di riserva, alla stregua
del dollaro.
Il mondo entra nel XXI secolo e gli europei devono affrontare insieme le molteplici sfide della globalizzazione. L’economia mondiale si trasforma sotto l’impulso delle nuove
tecnologie rivoluzionarie e l’esplosione di Internet, la società si disgrega e si moltiplicano
gli scontri fra culture dive rse.
Nel marzo 2000 il Consiglio europeo decide la cosiddetta “strategia di Lisbona”.
L’obiettivo è fare dell’economia europea un concorrente atto a confrontarsi sui mercati
globali con colossi come gli Stati Uniti o i paesi di recente industrializzazione. Ciò presuppone che tutti i settori siano aperti alla concorrenza, che sia dato ampio spazio
all’innovazione e all’investimento, e che i sistemi scolastici ed educativi siano in grado di
rispondere alle esigenze della società dell’informazione.
Le riforme diventano tanto più urgenti quanto più aumenta la pressione sugli Stati membri delle spese pensionistiche e della disoccupazione.
L’opinione pubblica chiede ai governi, con insistenza crescente, di trovare una soluzione
pratica ed equa a queste problematiche.
Siamo alla metà degli anni Novanta, l’Europa dei Quindici si è da poco costituita che già
dodici nuovi paesi bussano alla sua porta. Presentano domanda di adesione le ex democrazie popolari del blocco sovietico (Bulgaria, Polonia, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria), tre stati baltici dell’ex Unione Sovietica (Estonia, Lettonia e Lituania),
una repubblica dell’ex Iugoslavia (Slovenia) e due paesi mediterranei (Cipro e Malta).
Spinta dal desiderio di stabilità sul continente e dall’impulso di estendere a tali giovani
democrazie i benefici dell’unificazione europea, l’UE si prepara a un allargamento dalle
proporzioni inaudite. I negoziati per l’adesione dei paesi cand idati iniziano a Lussemburgo
nel dicembre 1997 e a Helsinki nel dicembre 1999. Con dieci paesi dell’adesione tali negoziati si concludono il 13 dicembre 2002 a Copenaghen.
L’Unione europea consta di 25 Stati membri nel 2004 e nei prossimi anni continuerà ad
ampliarsi con l’adesione di nuovi paesi.
Oltre mezzo secolo di integrazione europea ha profondamente segnato la storia del continente e la mentalità dei suoi abitanti. I governi degli Stati membri sanno tutti, indifferentemente, che l'era della sovranità nazionale assoluta è finita e che soltanto l'unione delle
forze e la concezione di un “destino oramai condiviso” (per citare il preambolo del trattato
CECA) permetteranno alle vecchie nazioni di progredire sul piano economico e sociale e
continuare ad influire sul destino del mondo.
Il metodo comunitario, che dosa sapientemente interessi nazionali e interessi comunitari
nel rispetto delle diversità nazionali pur promuovendo l’identità dell’Unione, mantiene tutto
il suo valore originario. Concepito per sormontare gli antagonismi secolari e scongiurare il
senso di superiorità e il ricorso alla forza nei rapporti fra gli Stati, tale metodo ha permesso
all’Europa democratica e libertaria di restare coesa per tutto il periodo della guerra fredda.
La fine dell’antagonismo Est/Ovest e la riunificazione politica ed economica del continente
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sono una vittoria per l’ideale europeo –un ideale di cui i popoli d’Europa hanno più che mai
bisogno.
L’Unione europea ha una risposta alla globalizzazione, e l’attinge direttamente
dall’enorme patrimonio dei valori europei. L’Unione europea ha la migliore “polizza assicurativa” per un futuro di pace e di libertà.
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