QUATTRO SETTIMANE CON LE PICCOLE SUORE DELLA S. FAMIGLIA L’Assistente al Capitolo, Fra’ Giampaolo Cavalli, ofm, presenza discreta, fraterna e competente, ha condiviso il percorso a partire dagli Esercizi Spirituali da lui predicati la settimana precedente l’Assemblea. Riportiamo il suo saluto finale. Care Piccole Suore della Sacra Famiglia, la mia prima parola è un grazie al Signore per questo tempo vissuto con voi nel momento più importante della vita del vostro Istituto. Ho cercato di mettermi accanto per camminare un po’ con voi, per imparare a camminare con voi andando al vostro passo e così condividere la vostra vita. Non so quali fossero le vostre attese per questo Capitolo; certamente il grande desiderio di fare della vostra vita il luogo dove abita Dio. Il titolo esigente di questi giorni pensato dalla Madre e dal Consiglio sembrava obbligare a trovare percorsi nuovi, idee alternative, immagini inedite. Forse qualcuna ci aveva anche pensato, certamente vi eravate attrezzate. Abbiamo vissuto cose inedite: per primo vi siete proposte di mettervi in ascolto di Dio con alcuni giorni di Esercizi. Senza dubbio una scelta di grande valore simbolico: avete deciso di provare a cominciare dall’ascolto della Parola di Dio. Non c’erano obiettivi particolari se non quello di fermarsi lì, in ascolto, in silenzio per custodire la Parola. Tante volte ve lo siete dette che bisogna partire dalla Parola. Avremmo voluto vedere frutti nuovi dopo questa scelta, abbiamo sperimentato dinamiche comuni a ogni gruppo sociale, dinamiche vecchie. Al desiderio di fare bene le cose insieme, alla gioia di condividere, di adoperarsi per il bene, si sono mescolate fatiche: fatiche di collaborare, fatiche di fidarsi, fatiche di ascoltare, fatiche per giungere a scelte condivise. Cosa c’è di profetico in tutto questo? Certamente il fatto che non vi siete accontentate di questo e non avete voluto credere che fosse la parola definitiva. Avete provato a mettervi in dialogo intravvedendo, in questo modo, che la ragione non era solo da una parte ma doveva essere cercata insieme, forse c’è del nuovo. Forse preparerà un futuro dove questo diventa metodo normale di lavoro. Sarà questa profezia? Probabilmente se andrete a rileggere il DPC del 2006 ritroverete tante cose pressoché identiche. Cosa c’è di nuovo? Un Istituto più consapevole della fragilità e delle fatiche del momento, ma desideroso di guardare avanti con simpatia alla propria storia di ieri, di oggi e di domani. Consapevole che, in passato, quanto fatto è stato voluto per rispondere all’intuizione dei vostri Fondatori con onestà, concretezza e fantasia, ma altresì consapevole che quanto cerca, immagina e progetta per questi giorni travagliati è ancora sul solco tracciato da don Giuseppe e da Madre Maria. Tra le mani vi trovate un dono di Dio, il carisma, quello raccontato dalla vostra vita, dalla vita delle vostre sorelle, quelle di ieri, e quelle di oggi: quelle nelle infermerie, quelle attive, quelle sane, quelle malate, quelle dinamiche, quelle lente, quelle fedeli, quelle che faticano ad essere fedeli, quelle che cercano e quelle che si sono stancate di cercare, quelle che già sanno e quelle che non capiscono niente, quelle brave e quelle che sono un po’ fuori, e voi. È un dono che vi sorpassa, che vive, che non si riproduce uguale a se stesso, perché non è morto e perché viene da Dio che ha scelto di prendersi cura di voi. Ogni dono e, in modo speciale, i doni riconosciuti come dono di Dio hanno bisogno di essere condivisi, con san Francesco direi restituiti. Il carisma di cui vi riconoscete depositarie per continuare a vivere ha bisogno di essere condiviso, è l’unico modo per restituirlo al Signore delle misericordie. Quello che avete fatto in questi giorni è proprio questo: restituire il carisma perché viva. Mi pare che, se ce ne fosse stato bisogno, avete maturato ed espresso una coscienza molto importante: questo carisma che fa la vostra vita deve essere condiviso e costruito con gli altri, che hanno il nome di laici che a vario titolo collaborano con voi, ma che in questo Capitolo lentamente hanno anche preso sempre di più il nome di “piccoli”. Forse siete invitate a riscoprire il significato di quella parola “piccola” che può senza dubbio essere considerata un attributo, ma che in un tempo come il nostro forse siete chiamate a far diventare il nome proprio del vostro essere consacrate, del vostro essere sorelle. Pensate a come potrebbe essere la vostra vita nella relazione con Dio, nelle relazioni tra di voi, nelle relazioni con gli altri se …, pensate se, oltre a essere i destinatari dei vostri interventi, i “piccoli” diventano i vostri compagni di viaggio, coloro con i quali condividere sogni, attese, speranze … provateci! Ad ascoltarvi un po’, per tutte, è stato un po’ strano che al Capitolo ci fossero così tante suore di una generazione nuova (giovani, non italiane…). Si tratta di una generazione che le più adulte tra voi hanno accolto e aiutato a crescere, avete permesso a queste donne di diventare suore adulte. È un segno di vita, un’occasione per guardare avanti, che vi domanda di continuare a costruire insieme il vostro futuro, meglio, il dono che Dio vi ha affidato. Non si tratta né di delegare, né di imporre. Si tratta di guardare il cielo insieme per riconoscere la stella polare che indica il cammino, oggi che è san Lorenzo, per aiutarvi insieme a vedere le stelle cadenti e insieme a formulare i desideri per voi, per restituire il dono ricevuto. La vostra vocazione è diventare “belle”, desiderabili, mangiabili, perché il Dio desiderabile, il Pastore bello si è fatto nostro cibo, e voi dovreste farci venire la nostalgia di Dio. Fra’ Giampaolo Cavalli, ofm