Comune di Pesaro • Ente Concerti di Pesaro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Regione Marche, Giunta Regionale, Assessorato alla Cultura
Fondazione Cassa di Risparmio • Banca Marche
Teatro Rossini · Pesaro
Vicini a voi.
MusicStorePesaro
Ristorante
Bristolino
Lorenzo & Bibo
dal 1993
52 ª STAGIONE
CONCERTISTICA
Leonardo Cemak Oceano Adriatico
Musica,
medicina senza controindicazioni
Farmacia G. Rossini
dal 1980
Via Recanati, 15 - Pesaro - Zona Tombaccia
[email protected] www.farmaciagrossini.it
1
2
Comune di Pesaro
Ente Concerti di Pesaro
Ministero per
i Beni e le Attività Culturali
Regione Marche, Giunta Regionale,
Assessorato alla Cultura
Fondazione
Cassa di Risparmio di Pesaro
Banca Marche
52ª STAGIONE
CONCERTISTICA
2011/12
Teatro Rossini
Pesaro
3
L
a preziosa lacrima raffigurata nel manifesto della 52ª Stagione Concertistica esprime l’intensità di una commozione che solo la musica
può suscitare; sentimento che avremo occasione di rivivere in molteplici
pagine di questa rassegna.
Basterebbero i nomi di Uto Ughi, Gidon Kremer, Krystian Zimerman, per
darle un’indimenticabile impronta.
Attorno a questi astri dell’universo musicale ruotano pianeti di assoluto rilievo che mantengono e rinsaldano l’eccellenza raggiunta in queste ultime
stagioni.
Purtroppo, i tagli feroci, la volgarità dilagante, l’aberrante considerazione che
“con la Divina Commedia non si mangia”
mangia”,, espressa impunemente dal Ministro più importante della Repubblica, potrebbero trasformare quella lacrima
in indelebile rimpianto quando - come probabile - troveremo il nostro Teatro
spento, il portone sbarrato con appeso questo cartello:
Il Teatro
non serve
a gnente
Guidumberto Chiocci
Presidente Ente Concerti
Senza la sentita partecipazione dell’
dell’Amministrazione
Amministrazione Comunale - Assessorato alla Cultura e della Direzione dei Teatri
Teatri,, il contributo della Fondazione
Cassa di Risparmio
Risparmio,, Banca delle Marche
Marche,, Carifano
Carifano,, Banca dell’Adriatico
dell’Adriatico,,
e degli altri sponsor, questa stagione non avrebbe potuto essere allestita.
L’Ente
L’
Ente Concerti
Concerti,, interpretando anche la gratitudine dei 6.000 spettatori della
Stagione, sente il dovere di ringraziare tutti profondamente.
Ente Concerti di Pesaro
5
Indice
9
L’Ente Concerti nomina
Paolo Marzocchi compositore in residence
della 52ª Stagione di Concerti
13
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Enrico Pace, Giampaolo Maria Bisanti
17
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Uto Ughi, Alessandro Cervo
21
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”
Simone Baiocchi
25
Budapest Mav Symphony Orchestra
Carlo Pari, Federico Mondelci
29
Balletto di Mosca
Anna Ivanova e Aleksander Alikin
33
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Donato Renzetti
37
Orchestra Sinfonica G. Rossini
Giovanni Sollima, Salvatore Percacciolo
41
Danilo Rea “Piano Solo”
43
Orchestra Sinfonica G. Rossini
Eddie Daniels, Corrado Giuffredi, Roberto Molinelli
47
Giuseppe Albanese
“Omaggio a Debussy e a Liszt”
51
“Bosso & Girotto Latin Mood”
Fabrizio Bosso, Javier Girotto, Natalio Mangalavite,
Luca Bulgarelli, Lorenzo Tucci, Bruno Marcozzi
55
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Gidon Kremer, Giedre Dirvanauskaite
Roman Kofman “Omaggio a Woldemar Nelsson”
59
I Fiati dell’Orchestra Sinfonica G. Rossini
Noris Borgogelli
63
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Daniil Trifonov, Johannes Wildner
“Schumann e Brahms”
67
Laura Marzadori
Olaf John Laneri
71
Krystian Zimerman
75
Concerto Jazz per Lions Club
Roberto Gatto Quintet
“Remembering Shelly” Tributo a Shelly Manne
79
Musica per i Diritti Umani 2012
Il diritto alla salute
L’Ente Concerti nomina
Paolo Marzocchi compositore in residence
della 52ª STAGIONE DI CONCERTI
“Artist in residence” è una definizione che la musica ha mutuato dall’arte, una
pratica che in quel campo ha avuto e ha ancora oggi ha avuto moltissima fortuna. Si tratta, in qualche modo, di una versione riveduta e corretta dell’antico
“andare a bottega”; con una differenza non piccola, che quando pittori, architetti, scultori del passato soggiornavano presso i grandi artisti andavano per ‘imparare il mestiere’, mentre dall’inizio del Novecento chi andava ‘in residence’ lo
faceva già avviato spesso alla professione per avere l’opportunità di frequentare
l’atelier di un grande oppure, sempre di più, presso una grande istituzione artistica, in modo non solo da confrontarsi non solo con chi l’arte la consumava,
ma anche con chi la realizzava e col pubblico che l’avrebbe goduta, realizzando
così opere che potevano avere immediato riscontro.
Da tempo questo modello è stato utilizzato anche nella musica, nei paesi anglosassoni nel Centro e nel Nord Europa: si è dato cioè la possibilità a un compositore (ma spesso anche a un esecutore o a gruppi da camera) di vivere quotidianamente all’interno di grandi istituzioni concertistico-teatrali o di grandi scuole
o università; di essere, insomma, nel vivo della produzione artistica, stare là dove
la si fa, per potere comporre (nel caso dei compositori) e vedere immediatamente realizzata la propria opera.
L’idea di istituire questa figura con un nuovo compositore di oggi, nato e formatosi nella nostra terra, pone quindi l’Ente Concerti sul piano delle altre grandi
analoghe istituzioni europee, ma soprattutto fa compiere a questa antica associazione musicale un salto in avanti verso il futuro della musica oltre la funzione
imprescindibile di salvaguardare il passato e la storia.
In questo senso la Stagione al di là dell’irrinunciabile scopo di “mantenere l’asset” sulla cultura musicale (particolarmente oggi), desidera affrontare il presente
programmando, a fianco dei capolavori del repertorio fino al Novecento storico,
non solo la musica del nostro tempo, ma anche quella “che verrà”.
L’istituzione di un “musicista in residence” favorisce la produzione di nuove
opere mettendo in diretto contatto compositore, esecutore e pubblico, non solo
per sostenere l’impegno dei nuovi autori, programmandone gli ultimi lavori a
fianco delle loro opere già consolidate ma anche per dire che esiste una musica
classica di oggi, e quasi assicurandosi che “ci sarà musica anche domani”.
Federico Mondelci
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PAOLO MARZOCCHI
Pianista e compositore, Paolo Marzocchi è nato ed ha studiato a Pesaro. È considerato uno dei musicisti più interessanti nel panorama italiano della musica
contemporanea d’arte, verso la quale ha sviluppato un approccio multiforme
e incurante delle barriere linguistiche. La sua formazione classica si è presto
arricchita delle esperienze più diverse, dal teatro, al cinema, alla radio, fino alle
sperimentazioni con altri linguaggi e alla composizione “pura”, campo in cui
ha ricevuto numerose commissioni per la realizzazione di opere pianistiche e
orchestrali. Nella doppia veste di interprete e compositore si è esibito con grande successo in sale prestigiose (KKL di Lucerna, Parco della Musica di Roma,
Teatro Dal Verme di Milano, Arena di Verona, BKA Theatre di Berlino, Suntory Hall di Tokyo, Auditorium Paganini di Parma, Teatro dell’Opera di Roma,
Teatro delle Muse di Ancona, Biennale di Venezia etc.). Proprio per questo
duplice ruolo di compositore/esecutore, è stato avvicinato dalla critica alla figura del pianista e compositore ottocentesco, ormai quasi scomparsa: nei suoi
concerti le proprie composizioni sono frequentemente accostate a pagine del
grande repertorio e rarità pianistiche. Tra queste ultime, un posto a parte merita
senza dubbio il lavoro compiuto su Julius Reubke, geniale e sfortunato allievo
di Liszt di cui Marzocchi ha pubblicato l’edizione critica dell’opera pianistica
(Rugginenti 2008) e un cd con l’integrale delle musiche per pianoforte e organo, insieme all’amico organista Luca Scandali (CPO, 2009). Paolo Marzocchi
collabora stabilmente con diversi artisti, tra cui il direttore Michele Mariotti, il
regista Henning Brockhaus, il poeta Gianni D’Elia, i videoartisti Cristiano Carloni e Stefano Franceschetti, il cornista e direttore d’orchestra Alessio Allegrini,
il regista Michal Kosakowski, lo scrittore e critico Guido Barbieri, il direttore d’orchestra Alberto Zedda. Le sue composizioni sono pubblicate dalla Casa
Musicale Sonzogno e Rugginenti Editore. Marzocchi ha anche insegnato per
più di dieci anni all’Università di Macerata e alle Accademie di Belle Arti di Urbino e Macerata. Frequentatore e appassionato di tutte le discipline che ruotano
attorno alla musica, è spesso invitato anche in veste conferenziere, musicologo
e divulgatore. Fa parte del movimento dei Musicians for Human Rights, attraverso il quale è impegnato attivamente in progetti legati all’istruzione musicale
e alla sensibilizzazione sociale, e alla creazione di orchestre e cori giovanili.
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Fra i prossimi impegni si segnalano:
•Febbraio 2012, Teatro La Fenice di Venezia, prima esecuzione di un pezzo
sinfonico su commissione della Fondazione Teatro La Fenice.
•Febbraio 2012, Berlino, uscita del film sperimentale ZerOKilled di Michal
Kosakowski con musiche di Paolo Marzocchi.
•Aprile 2012, recital monografico per il Festival della Cultura di Bergamo.
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12
Venerdì 18 novembre 2011 ore 21.00
Orchestra Filarmonica Marchigiana
ENRICO PACE pianoforte
GIAMPAOLO MARIA BISANTI direttore
Tonino Tesei (1961)
Canone sinfonico (Omaggio a Liszt)
Franz Liszt (1811-1886)
Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in mi bem. magg. S 124
Allegro maestoso
Quasi adagio - Allegretto vivace - Allegro animato
Allegro marziale animato
Franz Liszt
Totentanz (parafrasi del “Dies Irae”) per pianoforte e orchestra S 126
Camille Saint-Saëns (1835-1921)
Danse macabre,
macabre, poema sinfonico op. 40
Franz Liszt
Les préludes (d’après Lamartine),
Lamartine), poema sinfonico S 97
L
’estrosa personalità di Franz Liszt, tra i pianisti compositori più significativi del Romanticismo, non poté essere racchiusa in un ambito ristretto
ma richiese come palcoscenico l’intero mondo: così egli ideò il recital
pianistico e adottò nella sua musica solistica soluzioni che portarono sulla tastiera effetti mai sentiti prima, ma perfetti per attirare l’attenzione degli spettatori
verso il virtuoso capace di eseguirle.
La sua straordinaria fantasia e inventiva non poté a lungo rimanere imbrigliata
nemmeno nelle forme tradizionali per orchestra, con o senza solista. Intanto
ideò un nuovo tipo di concerto dove, come accade nel Concerto n. 1 (1855),
il titano-solista occupa dall’inizio alla fine più spazio possibile, distruggendo la
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dialettica così faticosamente raggiunta dal classicismo. E poi inventò un nuovo genere, il poema sinfonico, composizione senza una forma predefinita, ma
strettamente collegata a riferimenti extramusicali, e che prende ispirazione da
testi letterari (come Les Préludes, ispirati a Lamartine, del 1856), da personaggi
di cui si vuole tratteggiare il carattere, di pitture o illustrazioni alle quali si cerca
un corrispettivo musicale, nell’idea di far convergere tutte le arti in una sfera
superiore dove la musica, in quanto ineffabile, si arroga il diritto alla priorità e
alla sintesi suprema. Infine creò uno strano modello formale nel quale entrambe
le concezioni si intrecciano, come accade in Totentanz (1849, dove il pianoforte
è solista ma fa anche parte dell’organico orchestrale) pagina con intento descrittivo, ispirata al ‘Trionfo della morte’ affrescato dall’Orcagna nel Camposanto di
Pisa. E se questa pagina di Liszt è illustrazione quasi neogotica della terribilità
della morte costruita con cinque variazioni sul ‘Dies Irae’ gregoriano, elaborato e parafrasato fino all’enorme fragore conclusivo, la Danza Macabra di
Saint- Saëns (1875) è invece piccolo gioiello di sarcasmo ed ironia, nello stile
raffinato e pungente che caratterizza lo stile dell’autore, che si ispira non alle
visioni terribili della morte ma al grottesco poemetto nel quale la Morte (un
po’ in ribasso…) suona un violino scordato all’interno di un cimitero.
In apertura del concerto, quasi a sottolineare il protagonista di tutta la serata,
Omaggio a Liszt, ‘prima esecuzione’ del marchigiano Tonino Tesei, docente,
pianista ma, soprattutto, compositore internazionale grazie ai numerosi prestigiosi premi conseguiti e alle sue composizioni, eseguite ed apprezzate sui palcoscenici di tutto il mondo.
ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del 2000,
insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona, Fondazione
Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con stagioni liriche
e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della Musica”. Dal 1998
è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di St. Moritz, assieme a
grandi solisti e giovani talenti. Numerose le apparizioni televisive e le incisioni
discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi, Strauss, Rossini, Mozart,
Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn.
ENRICO PACE
Nato a Rimini, ha studiato pianoforte con Franco Scala, prima al Conservatorio
Rossini di Pesaro e, successivamente, all’Accademia Pianistica di Imola. Dopo
la vittoria (1989) del concorso Liszt di Utrecht, si è esibito in tutta Europa,
dal Concertgebouw di Amsterdam alla Scala di Milano, dal festival di Brescia/
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Bergamo a quelli di La Roque d’Anthéron, Rheingau e Husum, da Berlino al
Sud America. Ha suonato con orchestre prestigiose (le filarmoniche di Rotterdam, della Radio Olandese, di Varsavia, della BBC, le Sinfoniche di Sydney e
Melbourne, la Berliner Sinfonie-Orchester, MDR ecc.) collaborando con direttori di fama quali Kreizberg, Foster, Elder, Inbal, Skrowaczewski. Agli impegni
solistici affianca un’intensa attività cameristica che l’ha visto collaborare con
Quartetto Keller, Quartetto RTE Vanbrugh, Quartetto Prometeo e la cornista
Marie Luise Neunecker, prendendo parte a vari festivals internazionali.
Col violinista Frank Peter Zimmermann ha dato recital in Europa, Estremo
Oriente e Sud America ed ha effettuato registrazioni radiofoniche e discografiche per Sony Classical.
GIAMPAOLO MARIA BISANTI
Milanese, si è diplomato con il massimo dei voti nel 1997 e nel 1998 ha vinto lo
Stage per Direttori d’Orchestra ai Pomeriggi Musicali di Milano. Ha debuttato
oltre trenta titoli operistici (da Gluck a Mozart, da Verdi a Puccini) e diretto più
di 300 concerti con musica di repertorio e di avanguardia.
Ha vinto numerosi concorsi internazionali tra i quali spicca il Dimitri Mitropoulos, grazie al quale ha potuto iniziare una carriera internazionale che lo ha
portato sui principali palcoscenici italiani (Ravenna, Padova, Milano, Bologna,
Venezia, Firenze, Napoli, Genova) e internazionali, in Europa, Giappone e Stati
Uniti, in stagioni concertistiche ed operistiche e in importanti festival internazionali, sempre con grande successo di critica e pubblico.
Giampaolo Maria Bisanti
Enrico Pace
15
Concerto realizzato con la collaborazione di
Mercoledì 30 novembre 2011 ore 21.00
Orchestra Filarmonica Marchigiana
UTO UGHI violino
ALESSANDRO CERVO primo violino concertatore
Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Concerto per violino e orchestra in re magg. op. 61
Allegro ma non troppo
Larghetto
Rondò (Allegro)
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Sinfonia n. 29 in la magg. K. 201
Allegro
Andante
Minuetto
Allegro con spirito
Gaetano Pugnani / Fritz Kreisler
Preludio e Allegro per violino e orchestra
U
n monumento della letteratura violinistica, il Concerto di Beethoven
(1806) apre questa serata eccezionale di musica e di virtuosismo. Un
capolavoro che alla prima esecuzione non riscosse successo, al punto
che un critico scrisse: “Se Beethoven continua su questa strada non andrà d’accordo col pubblico”. Perché questo rifiuto così totale di una pagina che nel
1844 otterrà la sua consacrazione grazie a un quattordicenne di nome Joseph
Joachim sotto la direzione di Felix Mendelssohn? Perché il concerto si distacca
dalla tradizione nella struttura e nell’ampiezza ma anche, e soprattutto, nel nuovo rapporto tra il violinista e l’orchestra posti definitivamente sullo stesso piano
musicale. Fino a quel momento, nel concerto, si distinguevano nettamente e
quasi simbolicamente la massa indistinta (l’orchestra) e il ‘genio’ individuale
(il solista), al punto da portare la scrittura solistica ai limiti estremi. Beethoven
invece cambia tutto e propone una compenetrazione sinfonica tra solista e or-
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chestra, cancella l’esibizione fine a se stessa e trasforma il virtuosismo in materiale da costruzione all’interno di una più ampia visione musicale. Ciò avviene
già nel vastissimo primo tempo, introdotto da cinque colpi di timpano, dove
gli interventi del solista non sono mai dimostrazione pleonastica di virtuosismo
acrobatico, ma elementi sempre essenziali alla costruzione della struttura. Con
l’orchestra a ranghi ridotti, nel secondo tempo il solista può dare mostra di tutte
le sue capacità espressive, mentre nel tradizionale rondò conclusivo il tema ci
trasporta nel mezzo di una danza paesana, giubilante e festosa.
A fianco di un grande concerto una celebre pagina mozartiana, la Sinfonia
K. 201 (1774), nella quale il compositore cambia definitivamente l’aspetto di
questa forma ‘di intrattenimento’ facendone summa ideale del classicismo viennese. Personalissima per la concezione di scrittura, per la chiarissima estroversione e l’originalità, per la felicità degli esiti e per lo slancio ritmico, essa mostra
una nuova e interessantissima coesione costruttiva, che collega primo e ultimo
tempo con l’elemento ritmico melodico dell’ottava e delle note ribattute. Un
nucleo saldissimo cui fanno da contraltare i due movimenti centrali, l’uno intensamente espressivo e l’altro che arricchisce il consueto minuetto con un tema
puntato e la ‘serietà’ dei richiami dei fiati. Infine, con quel gusto dell’epoca che
recupera l’antico attraverso la nostalgia, Kreisler recupera il Pugnani e lo adatta
alle orecchie del pubblico del Novecento in una pagina perfetta per chiudere in
bellezza questa serata in compagnia di un grande virtuoso.
ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del 2000,
insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona, Fondazione
Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con stagioni liriche
e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della Musica”. Dal 1998
è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di St. Moritz, assieme a
grandi solisti e giovani talenti. Numerose le apparizioni televisive e le incisioni
discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi, Strauss, Rossini, Mozart,
Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn.
UTO UGHI
Nato a Busto Arsizio, Ughi è da oltre mezzo secolo uno dei più grandi talenti
musicali e violinistici del mondo. La sua carriera è iniziata a dodici anni e da
quel momento non ha avuto soste: ha tenuto concerti in tutto il mondo, nei
principali Festival con tutte le più rinomate orchestre sinfoniche sotto la guida
dei direttori più celebri della storia (da Prêtre a Celibidache, da Mehta a Sawallish da Barbirolli a Chung ecc.). Considerato tra i maggiori violinisti del nostro
18
tempo, Ughi è l’autentico erede della secolare tradizione violinistica italiana,
ma è anche impegnato nella diffusione e nella promozione della musica, oltre
che nella salvaguardia del patrimonio artistico nazionale (ricordiamo i festival
“Omaggio a Venezia” e “Omaggio a Roma”) e nella valorizzazione dei giovani
talenti. La sua attività discografica comprende tutti i capolavori del repertorio di
Beethoven, Brahms, Mozart, Vivaldi, Paganini, Bach ecc., i concerti per violino
e orchestra dal barocco al Novecento, il repertorio cameristico e solistico per il
suo strumento.
Suona un violino Guarneri del Gesù del 1744, forse uno dei più bei “Guarneri”
esistenti, che possiede un suono caldo dal timbro scuro, e con uno Stradivari
del 1701 denominato “Kreutzer” perché appartenuto all’omonimo violinista
dell’Ottocento.
Uto Ughi
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ALESSANDRO CERVO
Nato nel 1974, diplomato in violino con il massimo dei voti al Conservatorio
di Frosinone, si è perfezionato con G. Franzetti, G. Cappone, G. Pieranunzi e
L. Spierer. È stato primo violino di spalla dell’Orchestra Sinfonica di Roma della Fondazione Cassa di Risparmio, dell’orchestra Haydn di Bolzano e Trento,
dell’Internazionale d’Italia, della Nuova Scarlatti di Napoli ecc. con le quali ha
spesso suonato come solista. Ha tenuto concerti in Europa, Asia e Sudamerica
e ha collaborato con grandi solisti e direttori d’orchestra (tra essi Rostropovich,
Accardo, Oistrach, Mintz, Ughi). È stato dal 1996 al 2001 fondatore e primo
violino concertatore dell’orchestra da camera “XXI secolo” di Viterbo e ha eseguito in prima assoluta brani di Clementi, Bussotti, Pennisi, De Pablo, e Bastianini gli ha dedicato il proprio concerto per violino, pianoforte e orchestra, eseguito a Roma con la Roma Symphonia. Ha inciso per le case discografiche Egea
Ricordi, Dinamic e Universal. Tiene corsi di perfezionamento come docente
preparatore degli archi in stage internazionali (a Orvieto, Fermo e Saluzzo) ed è
attualmente violino di spalla dell’Orchestra del Teatro Marrucino di Chieti.
Attivo anche nella musica da camera in varie formazioni, alterna nei suoi concerti due preziosi strumenti realizzati da Stefano Scarampella nel 1904 e Antonio Sgarbi nel 1922.
20
Sabato 17 Dicembre 2011 ore 17.30
NOTE DI SPERANZA 2011 Concerto di solidarietà
In collaborazione con Ente Concerti di Pesaro, Rotary Club Pesaro
FORM - Fondazione Orchestra Regionale delle Marche
Col patrocinio di Provincia di Pesaro-Urbino - Comune di Pesaro
Il Resto del Carlino
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”
SIMONE BAIOCCHI direttore e concertatore
V. Bellini (1801-1835)
Norma:: Sinfonia
Norma
G. Verdi (1813-1901)
La battaglia di Legnano
Legnano:: Sinfonia
G. Verdi
I Lombardi alla prima crociata
crociata:: coro ““Oh
Oh Signore, dal tetto natio”
G. Rossini (1792-1868)
Guglielmo Tell
Tell:: Ouverture
G. Verdi
Macbeth:: Preludio
Macbeth
G. Verdi
Macbeth:: coro “Patria oppressa”
Macbeth
G. Verdi
I Vespri Siciliani:
Siciliani: Sinfonia
G. Verdi
Nabucco:: Sinfonia
Nabucco
G. Verdi
Nabucco:: coro “Va’ pensiero”
Nabucco
G. Rossini
Guglielmo Tell
Tell:: Finale “ Tout change et grandit en ces lieux”
21
Il concerto sarà introdotto da Maria Chiara Mazzi, critico musicale, docente
di Storia della Musica al Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro
SIMONE BAIOCCHI
Diplomato presso il Conservatorio di Pesaro in Composizione, Musica Corale
e Direzione di Coro, Organo e Composizione Organistica ha partecipato a masterclass con docenti quali Piero Bellugi, Roberto Marini e Michael Radulescu e
Domenico Bartolucci. Organista e maestro del coro presso la Cattedrale di Pesaro dal 1990 al 2000, lavora dal 2001 come maestro collaboratore al ROF ed
ha un’intensa attività concertistica che lo ha portato in tutto il mondo. È stato
maestro di coro e direttore con molti complessi (Coro del Teatro della Fortuna
di Fano, Coro Regionale A.R.Co.M, Coro da camera di Praga ecc.) e ha formato nel 2006 il Rossini Chamber Choir, il cui repertorio comprende capolavori
dal Rinascimento (Palestrina, Allegri, Morales) ad oggi (Bach, Haydn, Mozart,
Vivaldi, Rossini, Bartolucci) con o senza orchestra. È autore di pagine per coro,
organo, orchestra e formazioni cameristiche, musiche di scena per il teatro con
lavori editi dalle Edizioni Carrara e dall’Associazione Italiana Santa Cecilia.
22
Collabora col Maestro Domenico Bartolucci, direttore della Cappella Sistina,
del quale ha diretto oratori e brani sinfonico-corali in prestigiosi appuntamenti (nel 2009 inaugurazione della stagione concertistica del Pontificio
Istituto di Musica Sacra, nel 2011 cortile del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, alla presenza di Sua Santità Benedetto XVI ecc.) trasmessi da emittenti
quali Radio Vaticana, Rai I e Centro Televisivo Vaticano.
I suoi Missa de Angelis e Tu es Petrus sono stati eseguiti il 4 luglio 2010
durante la celebrazione presieduta da Benedetto XVI a Sulmona. È direttore artistico del “World Organ Day – Pesaro” e Maestro di Cappella per le
celebrazioni che si tengono presso la chiesa dei SS. Nomi di Gesù e Maria a
via del Corso a Roma. Nel 2012 sarà maestro del coro lirico “V. Bellini” nella
stagione 2011 – 2012 del Teatro delle Muse di Ancona e sarà impegnato in
registrazioni di musica vocale sacra per l’emittente satellitare TV2000.
Nel dicembre 2010 ha diretto il Rossini Chamber Choir e l’Orchestra Filarmonica Marchigiana nel “Messiah” di Haendel presso il Teatro Rossini di
Pesaro.
CORO LIRICO MARCHIGIANO “V. BELLINI”
Fondato ad Ancona nel 1887, fino alla seconda guerra mondiale è stato Coro
Stabile al Teatro delle Muse della città dorica. Composto da giovani marchigiani diplomati nei conservatori della nostra regione il coro collabora stabilmente con le principali stagioni liriche dei teatri marchigiani (Macerata Opera Festival, Teatro Pergolesi di Jesi) e si è esibito in prestigiosi teatri in tutta
Italia (Ascoli Piceno, Urbino, Piacenza, Mantova, Brindisi, Trento ecc.) oltre
che al Teatro delle Muse di Ancona, dove prende parte alla stagione lirica.
23
Ha partecipato a importanti produzioni con Macerata Opera (La Traviata,
Turandot, Oberto Conte di San Bonifacio, Carmen), ha registrato CD (con
opere quali Così fan tutte, Don Giovanni e Norma) e video (Elisir d’amore,
Les contes d’Hoffman, Maria Stuarda, Macbeth ecc.) Partecipato col Teatro
Pergolesi di Jesi alla riscoperta di opere poco note di compositori marchigiani
(tra cui Giulietta e Romeo di Vaccaj, Ruy Blas di Marchetti, Ines De Castro di
Persiani). Nel suo repertorio sono anche titoli significativi del Novecento (La
Gatta Cenerentola di De Simone, Neues von tage di Hindemith, Federico II
di Tutino ecc.) e capolavori sacri e sinfonico-corali.
Direttore del coro è il M. David Crescenzi.
ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del
2000, insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona,
Fondazione Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle
dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con
stagioni liriche e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed
è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo
della Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose le
apparizioni televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di
Pergolesi, Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn.
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24
Mercoledì 4 gennaio 2012 ore 21.00
Budapest Mav Symphony Orchestra
CARLO PARI pianoforte
FEDERICO MONDELCI direttore
Michail Ivanovič Glinka (1804-1857)
Russlan e Ludmilla,
Ludmilla, ouverture
Pëtr Ilič Čajkovskij (1840-1893)
Concerto per pianoforte ed orchestra n. 1 in si bem. min op. 23
Allegro non troppo e molto maestoso - Allegro con spirito
Andantino semplice - Prestissimo
Allegro con fuoco
Pëtr Ilič Čajkovskij
Sinfonia n. 4 in fa min. op. 36
Andante sostenuto - Moderato con anima
Andantino in modo di canzona
Scherzo. Pizzicato ostinato (Allegro)
Finale (Allegro con fuoco)
È
un viaggio nella Russia dell’Ottocento quello proposto dal programma; un viaggio che inizia con Glinka, considerato il ‘padre’ del nazionalismo russo per la sua capacità di mescolare le risorse della cultura
europea con le caratteristiche melodiche e armoniche della musica popolare
del proprio Paese. Esempio chiaro di questo stile è l’Ouverture dal Russlan e
Ludmilla (1842) nella quale la forma tradizionale viene arricchita all’uso di
melodie popolareggianti e di accenti di danza folklorica e dove il carattere
vorticoso dei temi è interrotto a tratti da momenti di cupa malinconia.
La stessa posizione ‘di confine’ tra Russia e Europa è tipica di Čajkovskij, che
carica le forme storiche (in particolare qui concerto e sinfonia) di una forza del
tutto nuova che rispecchia appieno la propria tornentata interiorità.
Quando compone il Concerto n. 1 (1875) il musicista, all’inizio della carriera,
mostra le linee-guida della propria ispirazione: ammirazione per i classici (in
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particolare Mozart, Schumann e Liszt) e ispirazione popolaresca e patetica figlia
dell’indole slava. Nel concerto domina incontrastata una seducente invenzione
melodica alla quale si associa un sinfonismo ricchissimo, ma bilanciato, tra facilità del canto ed elaborazione tematica. Ciò accade già nel primo tempo, dove
il celeberrimo motto di quattro note dà poi spazio al lavoro dell’orchestra, ma
dove tutto è fatto per consentire al pianista di esibirsi in passaggi virtuosistici
di gusto lisztiano. Se il secondo tempo è una affascinante canzone giocata sulle
sfumature timbriche, il terzo è focosa evocazione di una festa popolare, dove
ritmo e cantabilità si alternano giocosamente chiudendo concerto in tonalità
maggiore. Due anni dopo il concerto nasce la Sinfonia n. 4 (1877) che lo stesso
autore considerò autobiografica perché rispecchiava un pensiero nel quale si
alternano concitazione appassionata ed abbandono elegiaco. La Quarta è anche
la prima delle ‘sinfonie del destino’ (un destino ‘alla Čajkovskij, non certo alla
Kant o alla Beethoven!), enunciato all’inizio dalle trombe il cui richiamo appare
e scompare in tutta la sinfonia fino alla fine, associato ad altre idee elaborate
con una ricchezza di colori fatti apposta per ammaliare ogni tipo di ascoltatore.
Va ricordato poi che i contenuti extramusicali della sinfonia non sono frutto di
riletture successive, ma furono enunciati dall’autore in una lettera che ne riporta
il programma e che ribadisce come i lineamenti delle singole parti nascano da
quella “forza demoiaca, inafferrabile, misteriosa che si chiama ispirazione”.
BUDAPEST MAV SYMPHONY ORCHESTRA
Fondata nel 1945, è oggi una delle più importanti e prestigiose compagini orchestrali ungheresi. Diretta dalla sua fondazione da celebri direttori ungheresi e
internazionali quali Ferencsik, Gardelli, Ken-Ichiro, Ferrara, Swarowsky, Zecchi, Masur, Herbert Levine, ha spesso affiancato solisti di grande calibro come
Pavarotti, Domingo, Carreras, Berman, Tsutsumi, Ricci, Geringas, Kocsis, e
molti altri. Partecipa ad importanti attività culturali in Ungheria e tiene regolarmente concerti alla Liszt Music Academy e al palazzo delle Arti a Budapest
Con un repertorio vastissimo, che va dai capolavori del Barocco fino ai compositori contemporanei, l’orchestra è stata apprezzata in tutto il mondo, nelle tournée che l’hanno portata nei più importanti festival (Vienna, Salonicco,
Roma ecc.), in Europa e in Asia, fino in Cina.
FEDERICO MONDELCI
Diplomato con lode al Conservatorio di Pesaro e al Conservatorio Superiore
di Bordeaux, ha al suo attivo un’attività di solista internazionale nelle sale da
concerto più prestigiose tra cui Teatro alla Scala, Carnegie Hall di New York, Filarmonica di San Pietroburgo. Numerosi compositori gli hanno dedicato le loro
opere e la sua discografia (Delos e Chandos tra le altre) comprende repertorio
solistico con orchestra, duo con pianoforte e quartetto. Svolge anche un’importante attività di direttore d’orchestra collaborando con solisti di fama interna-
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zionale come Ilya Grubert, Michael Nyman, Pavel Vernikov, Nelson Goerner.
Docente di sassofono al Conservatorio di Pesaro, direttore artistico dell’Ente
Concerti di Pesaro e direttore della ISO (Italian Saxophone Orchestra da lui
fondata nel 1995) è fondatore dell’Italian Saxophone Quartet che dal 1985 si
esibisce con successo in ambito internazionale.
CARLO PARI
Nato a Rimini nel 1972, ha ricevuto la sua educazione musicale nel Conservatorio G. Rossini di Pesaro diplomandosi con il massimo dei voti e la lode.
Ha partecipato a diversi corsi di perfezionamento con prestigiosi insegnanti e
ha vinto premi nazionali ed internazionali tenendo poi concerti in varie città
italiane quali Roma, Bologna, Ferrara, Ravenna, Pesaro, ecc., sia come solista
che in formazioni cameristiche, collaborando con artisti di fama internazionale (quali Luciano Pavarotti, Mirella Freni, Katia Riccarelli, Giuseppe Taddei,
Michele Placido, Federico Mondelci, Oscar La Figueroa, Bruno Canino), ottenendo sempre consensi di critica e di pubblico. Ha suonato nelle più prestigiose
sale e per grandi festival, in Europa (Mosca e S.Pietroburgo, Tallinn, Stettino
e Cracovia, Monaco, Berlino e Dresda, Vienna, Salisburgo, Stoccolma, Parigi
e Nizza, Londra, Glasgow ed Edinburgo), in Asia (Cina, Indonesia, Giappone
e Filippine), negli Stati Uniti e in Australia. Tiene masterclass e corsi di perfezionamento presso università e conservatori del mondo. Attualmente insegna
presso il Conservatorio di Trapani e all’Istituto Musicale Corelli.
Federico Mondelci
Carlo Pari
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Domenica 8 gennaio 2012 ore 18.00 Fuori abbonamento
BALLETTO DI MOSCA
(Core
Coreografi
ografie di Marius Petipa)
Petipa)
Pëtr Ilič Čajkovskij La bella addormentata
Balletto in un prologo e tre atti op. 66
ANNA IVANOVA e ALEKSANDER ALIKIN
solisti principali
Aleksander Filimontsev, Shoshina Ekaterina,
Julia Golovina, Kristina Brisova solisti
Prologo
Introduzione - Marcia - Scena danzante - Pas de six - Pas d’action
Variazione 1: La Fata Candida
Variazione 2: La Fata Fior di farina
Variazione 3: La Fata delle briciole Variazione 4: La Fata Canarino che canta
Variazione 5: La Fata Violante
Variazione 6: La Fata dei lilla
Finale
Atto I
Scena - Valzer - Scena - Pas d’action Adagio della Rosa - Danza delle damigelle Variazione di Aurora - Coda - Finale
Atto II
Scena I - Entr’acte e scena - Mosca cieca - Scena e danze - Farandola - Scena - Pas
d’action - Variazione di Aurora - Coda - Scena - Panorama - Entracte
Scena II
Entr’acte sinfonico e scena del sonno - Finale
Atto III
Marcia - Polacca - Pas de quatre - Variazioni - coda - Pas de caractère - Pas de
deux: l’Uccello Azzurro e la principessa Florina - Variazioni-coda - Pas de caractère: Cappuccetto Rosso e il Lupo - Cenerentola e il Principe Fortunè - Pollicino,
i suoi fratelli e l’Orco - Entrata di Aurora e del Principe Desirè - Adagio Pas de
Deux - Variazione del Principe Desirè - Variazione di Aurora - Coda - Sarabanda
- Finale - Apoteosi
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L
a capacità di mescolare occidente e oriente, tradizione e innovazione
caratterizza l’arte di Čajkovskij, autore che ci accompagna quasi come
un fil rouge nella Stagione, con una sorta di carrellata tra i generi di
concerto, sinfonia e balletto, consentendoci una riflessione non solo su pagine splendide frutto di una estetica del tutto originale, ma anche su un’epoca
culturalmente ricchissima come gli ultimi decenni dell’Ottocento in Russia. È
infatti l’indefinibile ‘sentire russo’, fatto di struggimento e di canto popolare,
di alternanza tra momenti briosi e cupa disperazione, di spiritualismo e di
brutalità pagana (che caratterizza anche la letteratura russa di quegli anni) ad
essere base sostanziale nell’arte di questo sensibilissimo compositore e a dare
vita a modelli percepiti come ‘nazionali’ anche nel Novecento.
Come ad esempio la rivoluzionaria concezione della musica per balletto, imprescindibile per tutto il balletto russo e sovietico successivo, da Stravinskij a
Prokofiev. Fino a quel momento la funzione della musica nei balletti, anche
in quelli più celebri, era esclusivamente quella di fornire un sostegno ai danzatori: possiamo quindi comprendere lo stupore del pubblico e della critica
di fronte a lavori (come La Bella addormentata, tratto dall’omonimo soggetto
di Perrault e rappresentato nel 1890 con immediato successo) nei quali l’elemento musicale è parte sostanziale alla costruzione del dramma, al punto tale
da potere quasi da sola ricrearne le tensioni e le atmosfere e da potere godere
di una vita sinfonica autonoma in concerto, come non accade a quasi nessuno
dei più celebri balletti dell’Ottocento.
La trama
Prologo: Alla festa di battesimo di Aurora, figlia del principe Floristano, non è
stata invitata la strega Carabosse che, per vendicarsi, getta una maledizione alla
piccola: a sedici anni la fanciulla morirà punta da un fuso. La fata dei Lillà riesce
però a modificare l’incantesimo: Aurora non morirà, ma si addormenterà assieme
alla corte e potrà essere destata solo dal bacio di un giovane principe.
Atto I: Ogni fuso è stato bandito dal regno e l’uso dell’oggetto vietato. Durante la
festa dei sedici anni però la maga Carabosse, travestita da vecchia mendicante, porge
un fuso alla principessa. Le danze distraggono la corte e così la fanciulla, incuriosita,
tocca la punta del fuso si addormenta. Tutti si addormentano con lei e il castello
viene avvolto da rovi e circondato da un bosco.
Atto II: Dopo cento anni vicino al castello si ferma un gruppo di nobili durante
una battuta di caccia: tra essi il principe Desiré che la Fata dei Lillà conduce da
Aurora. Il principe se ne innamora, decide di entrare nel castello dove con un bacio
spezza l’incantesimo. Tutti ora si risvegliano e nel contento generale il principe
potrà sposare la principessa.
Atto III: C’è una grande festa al castello dove i futuri re e regina danzano assieme
agli invitati e a personaggi di altre fiabe di Perrault, come Cenerentola, il gatto
con gli stivali e Cappuccetto rosso.
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RUSSIAN MOSCOW BALLET
Il Russian Ballet Moscow “La Corona del Balletto Russo” è stato fondato nel
1997 e fino ad oggi è uno dei migliori balletti internazionali. Il repertorio
include i balletti classici del patrimonio artistico-musicale come Il Lago dei
Cigni, Lo Schiaccianoci, La Bella Addormentata, Cenerentola, Biancaneve,
Giselle, Don Chisciotte, Carmen, Coppelia e tanti altri titoli. La compagnia
del teatro si esibisce con successo sui palcoscenici della Russia e di tutto il
mondo sempre al livello dei migliori scenari internazionali. Le rappresentazioni del Russian Ballet Moscow sono state seguite da milioni di spettatori di
molte città in Germania, Stati Uniti, Inghilterra, Spagna, Repubblica Sudafricana, Romania, Taiwan, Giappone, ecc. Basandosi sulle grandi tradizioni
del balletto classico russo, si cerca di creare sempre le rappresentazioni più
interessanti e congeniali per lo spettatore odierno e che, nonostante tutte le
peripezie della vita, esaltano il regno di Dio, la bellezza e la bontà del mondo.
Lo scopo del Russian Ballet Moscow è di toccare le corde dell’anima di ogni
spettatore e di rendererlo sempre affezionato all’arte della danza.
Aleksander Alikin
Anna Ivanovna
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Sabato 14 gennaio 2012 ore 21.00
Orchestra Filarmonica Marchigiana
DONATO RENZETTI direttore
Carlo Boccadoro (1963)
Royal Garden Music
Edvard Grieg (1843-1907)
Peer Gynt,
Gynt, estratti dalle suites n. 1 op. 46 e n. 2 op. 55
Pëtr Ilič Čajkovskij (1840-1893)
Sinfonia n. 5 in mi min. op. 64
Andante, allegro con anima
Andante cantabile, con alcuna licenza
Valse (Allegro moderato)
Finale (Andante maestoso - Allegro vivace)
Q
uando parliamo di nazionalismo musicale il nostro pensiero va al
Romanticismo, epoca in cui l’idea di identità si propagò anche alla
cultura (musicale), provocando una ribellione verso l’opera italiana e
la musica strumentale tedesca in quei paesi fino ad allora collocati ai margini
dell’Europa ‘che contava’. E per realizzare il loro scopo, i compositori ‘nazionali’ spesso abbandonavano le strutture storiche, oppure le modificavano
dall’interno per adattarle alle nuove esigenze. Come accade proprio per i due
autori di questo programma che riescono con la loro arte ad essere originali,
caricando di nuovi significati due forme ‘antiche’ come la musica di scena e
la sinfonia.
Formatosi a Lipsia ma divenuto in patria il paladino della rinascita culturale norvegese, Grieg era legato a Ibsen da profonda amicizia e, componendo
le musiche di scena per i lavori del grande drammaturgo che trattavano delle
antiche storie tradizionali, mescolò la tecnica compositiva centro-europea con
andamenti e melodie della propria terra. Esempio è Peer Gynt (1876), costituito
da pagine di tale efficacia evocativa che non hanno più quasi bisogno della scena
e godono da tempo di vita autonoma.
Anche il nazionalismo di Čajkovskij va ben al di là della semplice citazione
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di temi pseudoslavi, per diventare realizzazione musicale della psicologia di
un intero popolo. Lo dimostra la Sinfonia n. 5 (1888) della quale lo stesso
autore scriveva: “Voglio lavorare accanitamente; sento in me l’impulso fortissimo di dimostrare non soltanto agli altri ma a me stesso che la mia capacità
di comporre non è esaurita”. Nonostante l’entusiasmo, alla prima esecuzione
la sinfonia ottenne un successo scarsissimo e fu totalmente dimenticata, forse perché il pubblico percepiva l’intrinseco pessimismo del tema dominante,
quello della lotta dell’Uomo col Fato, dove il Destino vince e diviene guida
di un mondo oscuro e pessimistico che tutto travolge. Il “tema del destino”,
affidato al clarinetto all’inizio dell’introduzione, sarà sempre presente, fino a
tempo conclusivo dove la tonalità maggiore non vuole simboleggiare il trionfo della ragione sulle forze oscure, ma la rassegnazione dell’umanità di fronte
ad esse.
Ad aprire il concerto sta, secondo una prassi che ci riporta indietro fino all’epoca barocca, una vera e propria Ouverture festosa, composta dal maceratese
Boccadoro. Destinata per la prima volta ad un grande concerto nella reggia
di Venaria Reale, Royal Garden Music ci riporta al ricordo quasi handeliano
della celebrazione, con un brillante virtuosismo quasi pirotecnico che dà la
possibilità di emergere ad ogni sezione dell’orchestra.
ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del
2000, insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona,
Fondazione Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle
dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con
stagioni liriche e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed
è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della
Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di
St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose le apparizioni
televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi,
Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn.
DONATO RENZETTI
Dopo aver studiato composizione e direzione d’orchestra al Conservatorio di
Milano, ha ottenuto riconoscimenti in importanti concorsi internazionali:
Diapason d’Argento (1975 e 1976), Gino Marinuzzi e Ottorino Respighi
alla Chigiana di Siena (1976), Ernest Ansermet di Ginevra (1978), Guido
Cantelli della Scala di Milano (1980). Da allora la sua carriera ha alternato
attività sinfonica, opera lirica e registrazioni discografiche. Ha collaborato con
orchestre prestigiose tra le quali London Philharmonic, London Sinfonietta,
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English Chamber Orchestra e Philharmonia di Londra, RIAS di Berlino, Capitole de Toulouse, Orchestre National de Lyon, Filarmonica di Tokyo, Filarmonica di Buenos Aires, Orchestra di Stato Ungherese e le Orchestre RAI,
Accademia Nazionale di Santa Cecilia e Orchestra della Scala. È stato invitato
nei maggiori teatri lirici del mondo: tra essi Covent Garden di Londra, Opéra
di Montpellier, Opera di Monaco di Baviera, Megaron di Atene, Colon di
Buenos Aires, Lyric Opera di Chicago, Opera di San Francisco, Metropolitan
e Carnegie Hall di New York e tutti i teatri italiani. È stato ospite dei Festival
internazionali di Glyndebourne, Spoleto e Pesaro. Nel 1987 con i complessi
artistici dell’Arena di Verona ha tenuto una tournèe in Egitto dove per la
prima volta a Luxor è stata rappresentata Aida di Verdi. È stato Direttore
Principale dell’Orchestra Internazionale d’Italia, dell’Orchestra della Toscana
e dell’Orchestra stabile di Bergamo e, per nove anni consecutivi, di Macerata
Opera. Nel 1994 è stato nominato direttore principale dell’Orchestra Stabile
di Bergamo e della Filarmonica Veneta, nonché consulente artistico del Teatro
Comunale di Treviso. La sua discografia (per etichette quali Philips, Frequence, Fonit Cetra, Ricordi, Nuova Era e Dynamic) comprende opere di Mozart,
Rossini, Donizetti, Verdi, Pergolesi, Čajkovskij, Schubert, Cherubini e Mayr.
Manfred di Schumann, con l’Orchestra e il Coro della Scala (voce recitante
Carmelo Bene), ha vinto il XIX Premio della Critica Italiana del disco. Ha
registrato anche alcuni DVD tra i quali La figlia del reggimento alla Scala
e Cenerentola al Festival di Glyndebourne. Dal 2005 è direttore principale
dell’Orchestra Sinfonica Portoghese del Teatro S. Carlo di Lisbona.
Donato Renzetti
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Domenica
29 gennaio
2012
18.00
Sabato 14 gennaio
2012
ore ore
21.00
Orchestra Sinfonica G. Rossini
GIOVANNI SOLLIMA violoncello
SALVATORE PERCACCIOLO direttore
Presentazione a cura di Simone Di Crescenzo
Gioachino Rossini (1792-1868)
Sinfonia da “Tancredi”
Franz Joseph Haydn (1732-1809)
Concerto n. 1 in do magg. per violoncello e orchestra Hob. VIIb:1
Moderato
Adagio
Finale
Marco Taralli (1967)
Elegia II
Paolo Marzocchi (1971)
Variazioni inverse sul Peccato originale
S
ono due strade, quelle proposte da questo concerto: da un lato, nella prima parte, una riflessione su Classicismo e Neoclassicismo, nell’altra invece
siamo di fronte alla cronaca che si fa storia, cioè a lavori recenti di due
compositori marchigiani di oggi, ormai solidamente affermati in campo internazionale, con due lavori noti e già apprezzati dal pubblico.
Si inizia con Rossini, nell’anno del suo compleanno. Quel Rossini definito dai
contemporanei “Il Tedeschino” proprio per l’amore nei confronti del classicismo viennese (Mozart e Haydn in particolare) e per la sua straordinaria abilità
nel trattare le parti dell’orchestra come mostra ad esempio la sinfonia del
“Tancredi”, già ampiamente votata alla modernità. Questa sinfonia si trasforma poi in ‘ouverture’ per una pagina solistica fondamentale nel catalogo di
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Haydn, colui che viene ormai identificato come il vero ‘padre del Classicismo
Viennese’.
Intento ad approfondire i rapporti interni di una costruzione musicale piuttosto
che a scoprire le possibili implicazioni del gioco solo-tutti, Haydn fu relativamente poco interessato al genere del concerto solistico, anche se compose una
trentina di esempi in questo genere. Tuttavia, i due concerti per violoncello e
orchestra costituiscono un momento importante per la letteratura solistica di
questo strumento proprio in quella fase della storia della musica in cui la forma
ereditata dal barocco comincia ad accogliere le istanze della costruzione dialettica del Classicismo. In particolare curiosa è la vicenda del Concerto n. 1, ritenuto a lungo perduto e poi ritrovato negli anni Sessanta a Praga, che fu destinato
come quasi tutti i concerti haydniani, a un grande virtuoso di metà Settecento.
A un solido e ben costruito primo movimento segue un Adagio di spirito classico. Veramente straordinario è infine l’ultimo Allegro, per il virtuosismo e per
l’energia ritmica che lasciano ampi spazi al solista in grado di sfruttare così tute
le possibilità tecniche ed espressive del proprio strumento.
A una prima parte immersa nel mondo del Classicismo, fa da contraltare una
seconda che invece, come accennato all’inizio, si volta bruscamente ad incarnare la sensibilità musicale dei nostri giorni, se pure con due lavori di impegno e
ampiamente ‘storicizzati’. Il primo, Elegia II dell’abruzzese Marco Taralli, è stato composto dietro commissione dell’Orchestra Sinfonica città di Grosseto ed
eseguito nel 2007 sutto la direzione di Nikolay Sebastianov Lalov. Il secondo è
invece un suggestivo brano sinfonico del nostro musicista ‘in residence’. Variazioni inverse sul Peccato Originale (2008) è un tema con variazioni al contrario
(da qui il titolo di Variazioni inverse) nel quale, in una sorta di fiamminghismo
‘alla Bach’, il tema viene scoperto solo alla fine e sorge da una serie di variazioni
musicalmente anche molto lontane. Solo alla fine, infatti, scopriamo il simbolismo del lavoro, che ruota attorno al corale luterano “Durch Adams fall ist
ganz verderbt” (utilizzato dallo stesso Bach nell’Orgelbuchlein) che narra della
cacciata di Adamo dal Paradiso terrestre. Si parte da una sola nota (il ‘la’ su cui si
accordano gli strumenti) e senza interruzioni, attraverso movimenti ascendenti,
in un climax che giunge al parossismo, il tema del corale “affiora dal boato del
punto culminante così, come un antico paese sommerso, con il suo mistero e
con la sua solennità” prima che la composizione si richiuda sulla stessa atmosfera dell’inizio.
ORCHESTRA SINFONICA G. ROSSINI
L’O.S.R. è l’orchestra della Provincia di Pesaro e Urbino; ha doppia sede a Pesaro
e a Fano. Per il sesto anno consecutivo ha ottenuto il riconoscimento dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. L’orchestra, nata nella città di Rossini, è specializzata nell’esecuzione del periodo classico. La direzione principale è affidata
al M° Daniele Agiman, direttore d’orchestra milanese; con la direzione artistica
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per l’innovazione del M° Roberto Molinelli la “Rossini” ha sviluppato anche un
settore dedicato alla commistione tra i generi e alla musica contemporanea. Di
grande prestigio la presenza costante nel cartellone del Rossini Opera Festival.
L’attività, in continuo sviluppo, conta circa 90 esecuzioni l’anno su tutto il territorio nazionale. In particolare organizza produzioni per le amministrazioni
di Pesaro (Festival Giovani per la Musica, Teatro Rossini e Rocca Costanza), di
Fano (Musica a Corte, Teatro della Fortuna e Corte Malatestiana) e nei teatri
storici della Provincia di Pesaro e Urbino. Nel 2005 l’OSR si è esibita in Corea
del Sud, nel 2007 e nel 2008 a Malta, sempre nel 2008 ad Ankara in Turchia.
Nel 2010 è stata invitata ad Amstetten in Austria per l’esecuzione de “Il Trovatore”. Dal 2011 è orchestra principale della Fondazione Teatro della Fortuna
di Fano. Di grande soddisfazione la collaborazione con artisti come: Dimitra
Theodossiou, Nicola Alaimo, Andrea Battistoni, Simonide Braconi, Roberto
Cappello, Enrico Dindo, Mario Marzi, Denia Mazzola Gavazzeni, Massimo
Quarta, Corrado Rovaris, Alberto Zedda.
GIOVANNI SOLLIMA
Nato a Palermo da una famiglia di musicisti, ha studiato violoncello con Giovanni Perriera e Antonio Janigro e composizione con il padre Eliodoro Sollima e
Milko Kelemen. Fin da giovanissimo ha collaborato con musicisti quali Claudio
Abbado, Jörg Demus, Martha Argerich, Riccardo Muti, Yuri Bashmet, Katia e
Marielle Labèque, Victoria Mullova, Patti Smith, Philip Glass e Yo-Yo Ma. La
sua attività – in veste di solista con orchestra e con diversi ensemble (tra i quali
la Giovanni Sollima Band, da lui fondata a New York nel 1997) - si dispiega
fra sedi ufficiali ed ambiti alternativi: Brooklyn Academy of Music, Alice Tully
Hall, Knitting Factory e Carnegie Hall (New York), Wigmore Hall e Queen
Elizabeth Hall (Londra), Salle Gaveau (Parigi), Santa Cecilia (Roma), Teatro San Carlo
(Napoli), Kunstfest (Weimar), Time Zones
Festival (Bari), Teatro Massimo (Palermo),
Teatro alla Scala, Cello Biennale (Amsterdam), Summer Festival di Tokyo, Biennale
di Venezia, Ravenna Festival, “I Suoni delle Dolomiti”, Ravello Festival, Expo 2010
(Shanghai). Parallelamente a quella di violoncellistica svolge attività di compositore
esplorando nuove strade attraverso contaminazioni fra generi diversi avvalendosi
anche dell’utilizzo di strumenti orientali,
elettrici e di sua invenzione. Per la danza collabora, tra gli altri, con Karole ArGiovanni Sollima
mitage e Carolyn Carlson, per il teatro
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con Bob Wilson, Alessandro Baricco e Peter Stein e per il cinema con Marco
Tullio Giordana, Peter Greenaway, John Turturro e Lasse Gjertsen (DayDream,
2007). Nel 2008, assieme alla violoncellista Monika Leskovar e il Solistenensemble Kaleidoscop di Berlino, ha inciso per la Sony l’album We Were Trees.
Suona un violoncello Francesco Ruggeri (1679), insegna presso la Fondazione
Romanini di Brescia e, dal 2010, presso l’Accademia di Santa Cecilia a Roma
dove è stato insignito del titolo di Accademico.
SALVATORE PERCACCIOLO
Diplomato in pianoforte con lode al Conservatorio di Messina e perfezionato all’Accademia Musicale “F. Liszt” di Weimar, ha studiato composizione al
Conservatorio di Palermo e ha conseguito con il massimo dei voti il Master
Universitario in Direzione d’Orchestra presso il Conservatorio di Foggia. Come
pianista ha vinto prestigiosi concorsi ed è stato pianista accompagnatore al Teatro Massimo di Palermo, al “Festival Puccini” di Torre del Lago e al Teatro Royal
de “La Monnaie” di Bruxelles. Allievo di Piero Bellugi e Donato Renzetti per la
direzione d’orchestra, dopo stages e corsi di perfezionamento ha guidato importanti produzioni (Il Barbiere di Siviglia, Carmen, Cavalleria rusticana, Tosca,
Histoire du soldat ecc.) con cantanti e solisti di fama internazionale e importanti
orchestre (Florence Symphonietta, Orchestra da Camera “Ad Libitum” di Verona, Orchestra Internazionale musicaRivafestival, Orchestra Sinfonica Pescarese
ecc.) in prestigiosi teatri e sale da concerto, oltre che nelle più importanti città
italiane, in Belgio, Francia, Germania, Bulgaria, Romania, Spagna, Stati Uniti.
È attivo anche come compositore dedito alla diffusione della nuova musica,
con varie esplorazioni nel mondo del jazz e del rock sinfonico, presentando
in prima esecuzione molte composizioni di autori del nostro tempo, fra i
quali Maurizio Pisati, Gaetano Randazzo, Nunzio Ortolano, Giovanni D’Aquila, Antonio
Fortunato.
Dal 2008 è direttore principale dell’Orchestra Sinfonica del Mediterraneo
con la quale ha effettuato tournèe
in Italia e all’estero, ed ha riscosso
numerosi successi con il progetto “BeatleSymphony”. Recentemente è risultato vincitore
del concorso per giovani direttori d’orchestra: “Scuola
dell’Opera Italiana”, presso
il Teatro Comunale di Bologna.
Salvatore Percacciolo
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Sabato 14 gennaio
Domenica
5 febbraio
2012
2012
oreore
21.00
18.00
DANILO REA
“PIANO SOLO”
P
ianista di formazione classica, Danilo Rea si è affermato sulla scena musicale internazionale con un suo stile personale, maturato attraverso la
carriera come jazzista e oculate scelte musicali, audaci quanto originali. Il
suo repertorio non conosce limiti di genere. Dai Beatles alle arie d’opera, dagli
standard jazz alle canzoni dei nostri cantautori, Rea mostra un eclettismo e
una versatilità che fanno del jazz un linguaggio applicabile a qualunque tipo di
brano senza limiti di sorta. Le sue composizioni sono un equilibrio perfetto tra
lirismo melodico e spiccato senso ritmico. La musica, nella sua totalità, come afferma lo stesso artista, “è parte essenziale dell’esistenza, nutrimento quotidiano,
compagna di viaggio. Credo che il segreto sia stato proprio il non considerarla
mai un lavoro e cercare di scoprirla nuovamente ogni nuovo giorno”. Il jazz, da
questo punto di vista consente a Rea di allargare gli orizzonti, di scoprire un
mondo di possibilità e soprattutto di totale libertà; ed è quindi questo modo
tutto particolare di vedere l’arte a condurci per mano in questo appuntamento
con Rea dove l’improvvisazione è intesa (sono ancora parole dell’artista) “come
libertà totale dell’autore, con infinite possibilità. L’importante è non perdere
mai la tensione, come un discorso che trovi sempre parole e concetti nuovi ed
interessanti. Il mio approccio è totale, non stabilisco mai neanche un brano iniziale, i brani si susseguono secondo una logica di dinamiche che si creano nota
dopo nota, ciò mi rende libero di volare ovunque e di emozionarmi, in realtà
all’interno di temi a me cari che scaturiscono durante il concerto, è tutto pura
improvvisazione, consequenziale, melodica, contemporanea”.
In “Piano solo” abilità tecnica ed espressività si fondono per comunicare con
il pubblico. Si tratta di una sorta di lunghissime suites in cui i passaggi da un
brano all’altro non corrispondono mai a silenzi, “sono piuttosto flussi musicali
ininterrotti che rimandano all’idea di un discorso complesso, ad un dialogo e
non ad un monologo”.
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DANILO REA
Ricercatissimo in ambito pop, sia nelle sale d’incisione che nei concerti dal vivo,
Danilo Rea è da più di dieci anni il pianista di fiducia di Mina, ma ha collaborato inoltre con Domenico Modugno, Fiorella Mannoia, Riccardo Cocciante,
Renato Zero, Gianni Moranti, Claudio Baglioni e con Adriano Celentano. Diplomato in pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia, in ambito jazzistico ha
debuttato nel 1975 nello storico Trio di Roma, con Enzo Pietropaoli e Roberto
Gatto, e da allora ha collabora con il quintetto di Giovanni Tommaso, con Lingomania, con Pietro Tonolo, ma anche con Chet Baker, Lee Konitz, Bob Berg,
Michael Brecker, Tony Oxley, Dave Liebman, Kenny Wheeler, John Scofield,
Joe Lovano, Toots Thielemans, Aldo Romano e altri numerosi personaggi di
spicco del panorama musicale jazz.
Nel 1989 ha partecipato al lavoro di Roberto De Simone Requiem per Pier
Paolo Pasolini, rappresentato al teatro San Carlo di Napoli per la direzione di
Zoltan Pesko; nello stesso anno ha pubblicato assieme a Roberto Gatto il disco
“Improvvisi”. Nel 2006 ha preso parte al Concerto per l’Europa, sull’isola di
Ventotene, assieme a Claudio Baglioni, Nicola Piovani e Luis Bacalov. Nella stagione 2007-2008 ha partecipato allo spettacolo Uomini in frac per festeggiare i
cinquant’anni di Nel blu dipinto di blu e per l’occasione il gruppo esegue alcune
canzoni di Domenico Modugno insieme ad altri musicisti come Peppe Servillo,
Fausto Mesolella, Mimì Ciaramella degli Avion Travel. Nel 2010 ha creato le
musiche per lo spettacolo “Commedia” di e con Giorgio Barberio Corsetti. Il 15
giugno del 2011, insieme a Paolo Damiani e Rashmi V. Bahtt, al crepuscolo, ha
improvvisato un memorabile concerto sui tetti di Roma. l’intero incasso è stato
devoluto ad Emergency, la ONLUS di Gino Strada. I suoi CD hanno ottenuto
numerosissimi riconoscimenti (ricordiamo con i “Doctor 3”, insieme a Enzo
Pietropaoli e Fabrizio Sferra, “The Tales of Doctor 3”, premiato
miglior disco di jazz italiano nel Top Jazz 1998 e “The Songs
Remain the Same”, premiato miglior disco di jazz italiano
da Musica & Dischi nel 1999); la formazione, vincitrice
nell’ambito italiano del Top Jazz 1999, si è esibita in
diversi concerti in Cina, a Umbria Jazz e nei maggiori Festival Jazz italiani. Le sue improvvisazioni, che spaziano su qualsiasi repertorio,
sono apprezzate durante i concerti che
tiene nelle tournée in giro per il
mondo e durante i principali festival jazz.
Danilo Rea
42
Venerdì
17gennaio
febbraio2012
2012ore
ore21.00
21.00
Sabato 14
Orchestra Sinfonica G. Rossini
EDDIE DANIELS clarinetto
CORRADO GIUFFREDI clarinetto
ROBERTO MOLINELLI direttore
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Serenata notturna n. 6 in re magg. K. 239
Marcia (Maestoso)
Minuetto
Rondò (Allegretto)
Concerto per clarinetto e orchestra in la magg. K. 622
Allegro
Adagio
Rondò (Allegro)
Aaron Copland (1900-1990)
Concerto per clarinetto e orchestra
Slowly and expressievely-Rather fast
Roberto Molinelli (1963)
da definire (Prima esecuzione assoluta)
Jazz Fantasy per 2 clarinetti e orchestra (arr. R. Molinelli)
43
L
eggiamo la definizione di strumento: “arnese, attrezzo, apparecchio atto
all’esecuzione di determinate operazioni proprie di un’arte, di un mestiere o di una tecnica”. Con la musica ci siamo, perché essa è, insieme,
arte, mestiere e tecnica, e lo “strumento musicale” risponde perfettamente a
necessità che sono, quindi, trasversali ai generi e alle forme. Trasversali, perché la storia di tutti gli strumenti musicali dimostra che non ci sono limiti,
confini o barriere che questi magici attrezzi non possano superare. Prendiamo
il clarinetto, protagonista della serata: lo troviamo nella musica di strada e in
quella da ballo, nel jazz e nella musica folk centroeuropea, nel klezmer e nelle
serenate galanti, nella musica sinfonica come parte integrante dell’organico
e come alternativa solistica al ‘tutti’. Portabilità, grande estensione, ambiti
espressivi vastissimi, possibilità di ‘piangere’ e ‘ridere’ con le note... per parlare
di tutto non basterebbe una vita, ma forse basta un concerto come questo per
provare a capire.
Cominciamo dal Concerto K. 622 di Mozart (1791): certo, il suo clarinetto
non era quello di oggi, ma cominciava allora ad entrare da protagonista nella
musica ‘classica’. E Mozart, da par suo, lo utilizza al meglio e, grazie anche alla
conoscenza col virtuoso Anton Stadler, ne valorizza la timbrica e l’espressività
in tutti i registri costruendo una pagina straordinaria dove, dove senza rinunciare all’esibizione tecnica, l’idea di concerto si risolve nel continuo scambio
di idee tra orchestra e solista. Un secolo e mezzo dopo (1948) Copland prepara un suo Concerto per clarinetto che ha come destinatario, ancora una volta,
un grande solista. Questa volta però si cambia genere, perché Benny Goodman ha fatto la storia del jazz nel Novecento e il compositore è stato tra coloro
che meglio sono riusciti a rinnovare, proprio grazie al jazz, la musica ‘colta’
della sua epoca e del suo paese. Ed è il jazz a fare da tramite, mezzo secolo
ancora dopo, tra Copland e Molinelli, che approfitta non solo per utilizzare il
clarinetto in una pagina originale, ma anche per incrociare nella Jazz Fantasy i
due solisti presenti sul palcoscenico del Rossini in una sorta di ‘crossover’ che
ci propone in realtà una musica senza aggettivi.
Quasi ad ‘ouverture’ di questo straordinario percorso all’interno delle possibilità di uno strumento prismatico sta la Serenata in re maggiore di Mozart
(1776), così particolare nella sua struttura ‘a due chori’, nella quale il Salisburghese trasforma il genere disimpegnato in capolavoro d’arte.
ORCHESTRA SINFONICA G. ROSSINI
L’O.S.R. è l’orchestra della Provincia di Pesaro e Urbino; ha doppia sede a Pesaro
e a Fano. Per il sesto anno consecutivo ha ottenuto il riconoscimento dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. L’orchestra, nata nella città di Rossini, è specializzata nell’esecuzione del periodo classico. La direzione principale è affidata
al M° Daniele Agiman, direttore d’orchestra milanese; con la direzione artistica
per l’innovazione del M° Roberto Molinelli la “Rossini” ha sviluppato anche un
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settore dedicato alla commistione tra i generi e alla musica contemporanea. Di
grande prestigio la presenza costante nel cartellone del Rossini Opera Festival.
L’attività, in continuo sviluppo, conta circa 90 esecuzioni l’anno su tutto il
territorio nazionale. In particolare organizza produzioni per le amministrazioni di Pesaro (Festival Giovani per la Musica, Teatro Rossini e Rocca Costanza), di Fano (Musica a Corte, Teatro della Fortuna e Corte Malatestiana) e nei
teatri storici della Provincia di Pesaro e Urbino. Nel 2005 l’OSR si è esibita in
Corea del Sud, nel 2007 e nel 2008 a Malta, sempre nel 2008 ad Ankara in
Turchia. Nel 2010 è stata invitata ad Amstetten in Austria per l’esecuzione de
“Il Trovatore”. Dal 2011 è orchestra principale della Fondazione Teatro della
Fortuna di Fano. Di grande soddisfazione la collaborazione con artisti come:
Dimitra Theodossiou, Nicola Alaimo, Andrea Battistoni, Simonide Braconi,
Roberto Cappello, Enrico Dindo, Mario Marzi, Denia Mazzola Gavazzeni,
Massimo Quarta, Corrado Rovaris, Alberto Zedda.
EDDIE DANIELS
Nato nel 1941 a New York, Eddie Daniels si dedica sia al jazz che alla musica
classica, col clarinetto e il sassofono. Dopo avere iniziato giovanissimo ad esibirsi nei più importanti festival jazz col sax alto, ha poi intrapreso studi regolari
col clarinetto. Ha registrato con una grande quantità di band, piccoli gruppi e
orchestre, e solo dal 1980 si è dedicato specificatamente al clarinetto vincendo
nel 1989 un Grammy Award con l’arrangiamento fatto da Roger Kellaway
di Memos from Paradise. Ha suonato con Thad Jones e con la Gordon Goodwin’s Big Phat Band ha eseguito un celebre arrangiamento della Sinfonia n.
40 di Mozart. Nel 2009 il compositore svizzero Daniel Schnyder gli ha dedicato il suo Concerto per clarinetto e orchestra commissionato dall’Orchestra
da camera di Losanna e da lui eseguito nel gennaio 2010.
CORRADO GIUFFREDI
Diplomato al Conservatorio di Parma con il massimo dei voti e la lode, dal
2003 è primo clarinetto solista dell’Orchestra della Svizzera Italiana ma è regolarmente invitato come primo clarinetto dall’Orchestra Filarmonica della
Scala con la quale ha partecipato a numerosi concerti nei festival internazionali più prestigiosi sotto la direzione di Riccardo Muti e Daniel Baremboim.
Collabora con musicisti quali Martha Argerich, Boris Belkin, Michel Dalberto, Eddie Daniels, Enrico Dindo, Danilo Grassi, Andrea Griminelli, Alexander Lonquich, Federico Mondelci, Danilo Rossi, Rino Vernizzi, Quartetto
Savinio. Ha in repertorio le più importanti composizioni per clarinetto che
ha registrato per Emi, Decca, Brilliant, Arts, Aura, Tactus, Foné e Raitrade e
ha eseguito in prima italiana il concerto per clarinetto e orchestra di Krzistof
Penderecki.
Con Giampaolo Bandini, Cesare Chiacchiaretta ed Enrico Fagone è membro
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dei Filarmonici di Busseto, ensemble apprezzato per l’originalità delle interpretazioni e la raffinatezza delle sonorità. Insegna all’Istituto Musicale Superiore di Modena e ai corsi di perfezionamento di Città di Castello.
ROBERTO MOLINELLI
Diplomato in viola con lode a Pesaro, ha suonato come solista con orchestre,
in duo ed in formazioni cameristiche nelle più prestigiose sale del mondo e
ha al suo attivo come violista, registrazioni radiotelevisive, cd e collaborazioni
con importanti orchestre come Prima Viola solista. È fondatore dell’ Ensemble Opera Petite col quale è stato in tournèe in Giappone e ha realizzato la
Serata Puccini, dedicata alle più famose arie dell’autore. È docente di viola al
Conservatorio di Pescara. Vastissima la sua attività di compositore, orchestratore e arrangiatore, veste nella quale ha collaborato con molti artisti italiani e
stranieri (tra essi Andrea Bocelli Cecilia Gasdia,Lucio Dalla, Valeria Moriconi); è autore di brani che abbracciano i generi musicali più svariati (classico
sinfonico o da camera, jazz, colonne sonore), eseguiti nel mondo sempre con
successo di pubblico e di critica
Corrado Giuffredi
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Eddie Daniels
Roberto Molinelli
Sabato 14
Venerdì
2 marzo
gennaio
ore2012
21.00
ore 21.00
GIUSEPPE ALBANESE pianoforte
“OMAGGIO a DEBUSSY e a LISZT”
Claude Debussy (1862-1918)
Suite bergamasque
Prélude
Menuet
Clair de lune
Passepied
Pour le Piano
Prélude
Sarabande
Toccata
Béla Bartók (1881-1945)
Szabadban (All’aria aperta) Sz 81
Con tamburi e pifferi
Barcarolla
Musettes
La musica della notte
La caccia
Franz Liszt (1811-1886)
Réminiscences de Norma (Grande Fantasia di bravura sulla “Norma” di Bellini)
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Dal pianoforte-orchestra al pianoforte-percussione passando attraverso le suggestioni del pianoforte-clavicembalo e del pianoforte-sogno: un percorso incredibile per capire quante e quali siano le possibilità di uno strumento il cui nome
indica, semplicemente, la possibilità di suonare piano e forte…
Il programma parte da Debussy, iniziatore di un nuovo linguaggio per quello
che era, a inizio Novecento il ‘più compromesso’ degli strumenti romantici per il
quale egli propone nuove tecniche e un nuovo orizzonte espressivo. Basta ascoltare in successione i tre capolavori affiancati qui (pubblicati tra 1903 e 1905)
per capire i livelli della ricerca debussyana. Se L’ile joyeuse è pagina affascinante
per la straordinaria, fastosa e luminosa esuberanza, negli altri due brani Debussy
vuole invece dimenticare la ridondanza sonora e il cromatismo armonico tardoromantico grazie al recupero dell’antico. È la timbrica asciutta del clavicembalo
ad essere riferimento per Pour le piano; la rivisitazione non è tuttavia rievocazione nostalgica, ma mezzo per dimenticare il pianoforte-orchestra e sostituirlo
con una tastiera riconsiderata in modo quasi meccanico anche grazie al recupero
delle forme barocche. Nella Suite Bergamasque la sintesi è invece più ampia e
collega le fantasie della Commedia dell’Arte con le suggestioni del Simbolismo
di Verlaine in una squisita successione di brani dove fluidità e tenerezza, preziosismo e rievocazione sono tenute insieme dalle meraviglie del timbro.
La seconda parte del concerto è affidata ad altri due ‘ricercatori’ che prima e
dopo Debussy hanno come lui contribuito alla scoperta di nuovi modelli sonori
ed espressivi per lo strumento a tastiera.
Per Bartók, suggestionato dalle sonorità balcaniche, il pianoforte è strumento a
percussione: non più sviluppi, non più suadente bellezza ma concretezza, sintesi, pulizia in All’aria aperta (1926) la cui essenzialità sottolinea il cambiamento
di orizzonte culturale prodotto dopo la prima guerra mondiale.
Mentre Liszt, quasi cento anni prima, ha invece bisogno di esplorare le risorse
di uno strumento tutto da scoprire. Lo fa con pagine originali e con le innumerevoli parafrasi operistiche, la cui finalità non è solo divulgativa: la libertà
strutturale di questi brani consente infatti di approfondire il discorso timbrico e
tecnico, ampliando a dismisura i moduli espressivi del pianoforte, strumento in
grado di riprodurre qualsiasi immagine musicale concepita per qualsiasi organico, dalla voce umana alla grande orchestra.
GIUSEPPE ALBANESE
Diplomato nel 1996 col massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore presso
il Conservatorio di Pesaro e nel 2003 all’Accademia Pianistica Internazionale
“Incontri col Maestro” di Imola, ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti in concorsi internazionali (Premio Venezia, Busoni, Vendome). Unico pianista italiano della sua generazione ad essere invitato a suonare già in ben dieci Enti Lirici
italiani (Petruzzelli di Bari, Comunale di Bologna, Maggio Musicale Fiorentino,
Carlo Felice di Genova, San Carlo di Napoli, Massimo di Palermo, Opera di
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Roma, Verdi di Trieste, Fenice di Venezia, Arena di Verona) ha suonato anche nelle sale più importanti del mondo (ricordiamo Konzerthaus di Berlino,
Gulbenkian di Lisbona, St.-Martin-in-the-Fields e Steinway Hall di Londra,
Metropolitan Museum e Rockefeller University di New York, Salle Cortot di
Parigi, Mozarteum di Salisburgo) sia in recitals che con direttori quali Arming,
Conlon, Jurowski, Nanut, Soudant. In questa Stagione si segnalano in particolare i concerti all’Auditorium Parco della Musica di Roma, all’Auditorium
Toscanini di Torino e al Teatro degli Arcimboldi di Milano, il recital lisztiano al Festival MITO-SettembreMusica e al Festival di Yuri Temirkanov a San
Pietroburgo. Numerose le registrazioni discografiche con Schubert, Chopin,
Schumann, Skrjabin, Szymanowski, Mac Dowell e Bartók e, recentissime, con
Debussy (Amadeus) e Rota (Naxos).
Laureato in Filosofia con il massimo dei voti, è docente a contratto di Metodologia della Comunicazione Musicale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Messina.
Giuseppe Albanese
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Concerto realizzato con la collaborazione di
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Sabato 10
14 marzo
gennaio2012
2012ore
ore21.00
21.00
“BOSSO & GIROTTO LATIN MOOD”
Fabrizio Bosso tromba, flicorno
Javier Girotto sax soprano, baritono, percussioni
Natalio Mangalavite pianoforte
Luca Bulgarelli basso elettrico
Lorenzo Tucci batteria
Bruno Marcozzi percussioni
G
li astronomi hanno scoperto un quintetto di stelle estremamente
raro, nascosto dietro un apparentemente minuscolo punto di luce.
Messo in piedi in occasione dell’edizione 2006 del Brianza Open Jazz
Festival, si avvale di due figure leader: da un lato il torinese Fabrizio Bosso,
dall’altro l’argentino Javier Girotto, italiano d’adozione. Si incontrano così,
nel terreno fertile dell’improvvisazione e del jazz, estetiche apparentemente
lontane, l’hard bop di cui Bosso è alfiere indiscusso e gli influssi latini e le
ritmiche argentine, dal tango in giù, di Girotto. Ma in realtà ognuno di loro
ha da sempre dimostrato affinità ed interessi nell’ambito espressivo dell’altro,
riuscendo ad esprimere, all’interno di questa formazione, una sintesi sonora
completa, che rimbalza su linguaggi sonori misti, i quali sono tutti contenuti
nel grande esordio discografico sottoscritto dalla Blue Note Italia, “Sol” (addirittura impreziosito dalla presenza di Raul Midón). Musica coinvolgente,
ballabile o meno, ce se ne innamora subito, si viene presto contagiati. Brani
originali firmati da Javier Girotto, Natalio Mangalavite – il pianista proprio
non poteva mancare in un progetto del genere –, Fabrizio Bosso e poi la
splendida canzone cubana di Osvaldo Farrés, Quizàs, quizàs, quizàs che molti
ricorderanno col titolo inglese Perhaps, perhaps, perhaps. O ancora Volver
di Carlos Gardel e Alfredo Le Pera e qualche altra magica trovata. Al basso
elettrico c’è Bulgarelli e completano la formazione la batteria di Tucci e le
percussioni di Marcozzi.
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E poi...
E poi la formazione di Bosso e Girotto ha deciso, per la registrazione, di convocare uno dei migliori fenomeni degli ultimi anni sorto in ambito latino: Raul
Midón (voce su Quizàs, quizàs, quizàs; voce e chitarra su Caminando e Blues).
Cieco dalla nascita, è giunto da Embudo (New Mexico), via Miami e New York.
Madre scomparsa prematuramente e padre tanguero argentino girovago, ha inciso per Blue Note, partecipato con un brano alla colonna sonora di She Hate
Me di Spike Lee; collaborato con Herbie Hancock e meravigliato tutti coloro
che aspettavano la nuova icona del mondo latino. Così anche il meno potente
dei telescopi riuscirebbe a distinguere quelle stelle e svelarne tutto lo splendore.
FABRIZIO BOSSO
Diplomato in tromba al conservatorio G. Verdi di Torino, ha coltivato contemporaneamente gli interessi per la musica colta e il jazz. Tecnicamente impeccabile, è riuscito a creare una grafia personale, in cui il colore e la dinamica del suono
non sono mai scontati, il senso dello swing è spinto agli eccessi, la tensione creativa è costante anche nell’interpretazione di standard. Ha svolto attività concertistica sotto la direzione di George Russell, Mike Gibbs, Kenny Wheeler, Dave
Liebman, Carla Bley e Steve Coleman ed è stato reclutato da Charlie Haden per
alcune tappe del tour di un album della Liberation Music Orchestra. Nel 1999
è stato votato come Miglior nuovo talento del jazz italiano dalla rivista Musica
Jazz e da allora collabora ai gruppi di Salvatore Bonafede, Giovanni Mazzarino
ed Enrico Pieranunzi. Negli ultimi anni ha ottenuto straordinari successi: nel
2007 “You’ve Changed”, realizzato con il suo quartetto stabile e la Bim String
Orchestra diretta da Paolo Silvestri, e la partecipazione al successo di “Trouble
Shootin’” di Stefano Di Battista, con il quale ha realizzato tournée in Europa;
nel 2008 “Five Four Fun” degli High Five e “Sol!” con il Latin Mood e “Stunt”,
con Antonello Salis (vittoria del Top Jazz come Miglior disco del 2009 e anche
come Miglior trombettista dell’anno). Ha partecipato inoltre al progetto di Roberto Gatto sul rock progressivo, inciso anche in CD e partecipa al progetto
“Omaggio a Fabrizio De André”. È stato al Festival di Sanremo (2009) a fianco
de Simona Molinari e con Maurizio Martusciello (“About a Silent Way”) per i
40 anni dell’opera di Miles Davis. Fa parte del quartetto Complete Communion di Aldo Romano, con Henri Texier e Geraldine Laurent, dedicato alla
figura di Don Cherry.
JAVIER EDGARDO GIROTTO
Nato a Cordoba e si è avvicinato alla musica dedicandosi allo studio del clarinetto e del flauto. Trasferitosi negli Stati Uniti, conosce il jazz al Berkleey College of Music dove collabora con i più grandi musicisti americani. Da quasi
trent’anni risiede in Italia dove è leader e fondatore degli Aires Tango, con i
quali ripropone in chiave jazz la ritmica argentina del tango proposta in molte
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importanti incisioni discografiche. Nel 2000 forma un doppio duo: uno con
il bandoneon di Daniele Di Bonaventura, col quale incide tre dischi (“Javier
Girotto Plays Rava”, “Recordando Piazzolla”e “Recordando Gardel”) e uno con
Luciano Biondini (accordion) con il quale ha inciso due album di composizioni
originali e tornando alla improvvisazione più libera (“El Cacerolazo” e “Terra
Madre”). Anche con questo duo è protagonista in festival e club non solo italiani. Infinite sono le collaborazioni di Javier Girotto, da Enrico Rava a Roberto
Gatto e tanti altri.
NATALIO LUIS MANGALAVITE
Argentino, pianista, percussionista, compositore e cantante argentino di origini
italiane. Vive e lavora in Europa da più di venti anni e risiede in Italia dove ha
operato nel pop e nel jazz: ha collaborato con artisti del calibro di Fabio Con-
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cato ed Ornella Vanoni, con la quale ha suonato per più di 15 anni. Ha inciso
due dischi con Javier Girotto e Peppe Servillo degli Avion Travel :“L’amico di
Cordoba” e “Fútbol”
LUCA BULGARELLI
Tra i migliori giovani contrabbassisti in circolazione, usa anche il basso elettrico
ed è attento agli strumenti digitali. Abruzzese ma da tempo residente a Roma,
dotato di alta padronanza tecnica e ricca sensibilità espressiva, si dimostra un
musicista enciclopedico che si sta ricucendo un ruolo cardine nell’ambito di
altri importanti progetti come il quintetto di Roberto Gatto e la band di Sergio
Cammariere, al fianco di Ada Montellanico ed Enrico Pieranunzi. È musicista
molto presente e attivo sulla scena nazionale
LORENZO TUCCI
Batterista incredibile, la sua tecnica è frutto di un’attenta scomposizione sia del
drumming di matrice nero americana, che va da Elvin Jones a Tony Williams,
sia dell’impressionismo di Shelly Manne e Buddy Rich. Si esibisce spesso al
fianco di Rosario Giuliani, è membro stabile degli High Five e fa parte della
schiera di musicisti jazz reclutati da Nicola Conte per i suoi progetti crossover.
Nel 2001 è uscito il primo disco a suo nome dal titolo “Sweet Revelation”, e
nel 2009 l’ultimo, “Touch”. “Drumonk”, per Via Veneto Jazz, è il suo lavoro
dedicato a Thelonious Monk.
BRUNO MARCOZZI
Batterista e percussionista di ottima levatura, oltre ad essere elemento fondante
della band di Sergio Cammariere ha partecipato al successo discografico di Fabrizio Bosso, “You’ve Changed”.
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Mercoledì
28 marzo2012
2012ore
ore21.00
21.00
Sabato 14 gennaio
Orchestra Filarmonica Marchigiana
GIDON KREMER violino
GIEDRE DIRVANAUSKAITE violoncello
ROMAN KOFMAN direttore
“Omaggio a WOLDEMAR NELSSON”
Johannes Brahms (1833-1897)
Concerto per violino, violoncello e orchestra in la min. op. 102
Allegro moderato
Andante
Allegro, ben marcato
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Sinfonia n. 41 in do magg. K. 551 “Jupiter”
Allegro vivace
Andante cantabile
Minuetto (Allegretto)
Finale (Molto allegro)
U
n concerto e una sinfonia servono per celebrare colui che fu il primo
direttore ospite della Form, Woldemar Nelsson.
Il Doppio concerto di Brahms è uno dei brani più inconsueti della
letteratura ottocentesca e una vera rarità nel catalogo del musicista amburghese che si dedicò alla forma del concerto solistico assai di rado. Se escludiamo
la ‘precocità’ del primo concerto per pianoforte, occorre infatti attendere la
fine degli anni Settanta per trovare il concerto per violino e il secondo per
pianoforte: una distribuzione ‘col contagocce’ al termine della quale si colloca
il Concerto op. 102 (1887), presentato per la prima volta dai dedicatari (Joachim e Haussmann) come solisti, direttore lo stesso Brahms. Il concerto mul-
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tiplo era quasi scomparso nell’Ottocento e così l’autore pensò di scrivere una
sorta di ‘sinfonia concertante’ che non puntava più sull’esibizione virtuosistica
ma sull’integrazione tra i due strumenti e di questi con l’orchestra.
Il concerto si apre con un Allegro di struttura molto libera dove sempre prevale il senso del dialogo piuttosto che quello dell’esibizione e che sembra voler seguire il pensiero del compositore piuttosto che una forma precostituita.
L’Andante, dall’aspetto di ballata, è una delle pagine più poetiche dell’ultimo
Brahms mentre al posto del rondò conclusivo troviamo una struttura inconsueta dove si alternano, senza rinunciare al virtuosismo, il carattere di una
danza contadina popolare e gioiosa e un elemento dolce e cantabile. Infine
un aneddoto: Brahms aveva litigato con Joachim (a causa di un malinteso)
e da anni aveva chiuso i rapporti con lui. Utilizzò quindi questo brano per
cercare un avvicinamento col grande violinista. Il rapporto tra i due riprese,
anche se nel concerto, a tutti gli effetti, la parte prevalente è ancora quella del
violoncello…
A fianco di un ‘romantico classico’ sta un brano ‘senza tempo’, la Sinfonia
K. 551 (1788, che l’impresario Salomon definì “Jupiter” per la grandiosità
dell’ultimo movimento), che assieme alle due precedenti non è solo vertice
dell’esperienza mozartiana, ma punto di partenza per lo sviluppo della sensibilità sinfonica preromantica e romantica. Essa è infatti dimostrazione della
capacità di sintesi di Mozart, della sua abilità nel far interferire i generi più diversi, le sollecitazioni più disparate, il vecchio e il nuovo nella creazione di un
linguaggio e di uno stile che raduna, riassume e congeda l’intero Settecento.
In do maggiore, simbolo del sinfonismo trionfale, mostra la sua grandiosità
già nella salda struttura del primo tempo; e se nei due tempi centrali l’autore
sembra rientrare nei ranghi della consuetudine, si scatena però nell’ultimo,
culmine di tutta la composizione per originalità di concezione, per ricchezza
di idee e per chiarezza di esposizione. Ma soprattutto per l’uso del contrappunto col quale Mozart apre consapevolmente la strada alle riesumazioni e ai
recuperi del passato, che saranno la caratteristica degli anni successivi e che
segneranno l’evoluzione del linguaggio musicale da Beethoven in poi.
ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del
2000, insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona,
Fondazione Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle
dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con
stagioni liriche e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed
è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della
Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di
St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose le apparizioni
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televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi,
Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn.
GIDON KREMER
Nato a Riga, ha vinto i premi più prestigiosi (il Queen Elisabeth, il Paganini, il Čajkovskij) iniziando così una carriera concertistica che lo ha portato
in tutto il mondo come uno dei più originali e ambiziosi artisti della sua
generazione. È apparso sui palcoscenici più importanti, con le più grandi
orchestre d’Europa e d’America, come solista e collaborando con i più rinomati direttori d’orchestra. Il suo repertorio non comprende solo le composizioni per violino classiche e romantiche ma anche quelle dei contemporanei;
si impegna da tempo nella valorizzazione della musica di oggi e molti nuovi
brani degli ultimi trent’anni sono stati a lui stesso dedicati da autori quali
Schnittke, Pärt, Kancheli, Gubaidulina, Nono e Piazzolla. Ha registrato oltre
100 album, grazie ai quali egli ha conseguito riconoscimenti e premi internazionali (Deutscher Schallplattenpreis, Ernst-von-Siemens Musikpreis, Premio
dell’Accademia Musicale Chigiana, il Premio Unesco). Ha fondato nel 1997
l’orchestra da camera Kremerata Baltica e nel 1981 ha dato vita al Lockenhaus, un festival di musica da camera che si svolge ogni estate in Austria. È
autore di libri pubblicati in Germania che narrano la sua ricerca artistica.
Gidon Kremer suona un violino Nicola Amati del 1641.
GIEDRE DIRVANAUSKAITE
Nata Kaunas, in Lituania, dopo il diploma nel 1995 ha seguito masterclass
di Mstislav Rostropovich, Hatto Beyerle, Tatjana Grindenko e si è imposta
in vari concorsi a seguito dei quali è stata ospite di numerosi Festival in Lituania e all’estero (a Sugrizimai, Gstaad, Basilea, Lockenhaus ecc.) dove si è
esibita con artisti quali Bekavac, Geringas, Holliger, Kremer, Pergamenschikov, Hagen. Ha collaborato come solista con varie e importanti orchestre (la
Nazionale Lituana, la Filarmonica Armena, l’Orchestra da Camera di Kiev
ed altre prestigiose compagini in Germania, Belgio, Stati Uniti d’America e
Giappone) sotto la guida di direttori quali Domarkas, Kofman, Mustonen,
Salonen, Servenikas, Sondeckis. Nel 1997 è stata membro fondatore dell’orchestra Kremerata Baltica, con cui continua ad esibirsi in tutto il mondo e con
la quale è stata solista per il Festival Internazionale MIDEM di Cannes. Ha
collaborato anche a gruppi da camera, in formazioni di trio o quartetto, con
pianisti quali Andrius Zlabys, Sa Chen, Khatia Buniatishvili ed è stata per alcuni anni, con altri musicisti della Kremerata Baltica, membro del Quartetto
“Kremeratini”. Di recente è apparsa in numerosi Festival in Cina, Giappone,
Russia, Italia con solisti quali Gidon Kremer, Martha Argerich, Yuri Bashmet,
Michel Lethiec e Michel Portal.
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ROMAN KOFMAN
Nato a Kiev, dopo il diploma in violino è diventato nel 1963 il primo concertmeister dell’Orchestra da camera di Kiev; diplomato in direzione d’orchestra nel 1971, ha deciso di intraprendere quella carriera divenendo uno
dei conduttori più apprezzati della sua generazione: direttore di prestigiose
compagini (Donetzk Philharmonic Orchestra, Seoul Symphony Orchestra,
Philharmonia Pomorska, Warsaw National Opera e National Philharmonic
Orchestra Ukraina) è regolarmente invitato a dirigere orchestre in Europa
(Bayerische Rundfunk, Mitteldeutsche Rundfunk, Berner Sinfonieorchester
ecc.), America, Asia, and Africa, a fianco di grandi solisti quali Weissenberg,
Oistrach, Gutman, Maisky. Ha diretto tutti i capolavori sinfonici, operistici,
per grande e piccola orchestra e ha un ruolo importante nella diffusione della
musica del Novecento, con particolare riguardo alle opere di Schönberg e
Webern, Berio e Messiaen, Pärt e Schnittke e molti autori di oggi gli hanno
dedicato le loro opere.
Ha inciso CD per Melodia, Teldec, Orfeo, CPO, Arts, M&R Records con
lavori di Čajkovskij, Rachmaninov, Schönberg, Glasunov ma anche di Vivaldi
e Bach. Dal 2003/2004 è Direttore Musicale Generale della Beethoven Orchester Bonn con la quale ha registrato le Sinfonie di Šostakovič e con la quale
ha compiuto tournée in Europa e Giappone.
Woldemar Nelsson
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Venerdì14
6 aprile
2012
oreore
21.00
Sabato
gennaio
2012
21.00
I Fiati dell’Orchestra Sinfonica G. Rossini
I oboe Lorenzo Luciani - II oboe Ilaria De Maximy
I clarinetto Davide Felici - II clarinetto Vanessa Scarano
I corno di bassetto Marco Messa - II corno di bassetto Andrea Romani
I fagotto Luca Bonci - II fagotto Paolo Rosetti
I corno Massimo Mondani - II corno Alessandro Fraticelli
III corno Enrico Barchetta - IV corno Marco Malaigia
violoncello Luca Bacelli
contrabbasso Daniele Gemignani
NORIS BORGOGELLI direttore
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Serenata n. 10 in si bem. magg. K. 361 “Gran Partita”
Largo - Allegro molto
Minuetto -Trio I e II
Adagio
Minuetto (allegretto) - Trio I e II
Romanza (Adagio - allegretto)
Tema con sei Variazioni (Andante)
Finale (Molto allegro)
Antonin Dvořák
Dvořák:: (1841-1904)
Serenata per fiati op. 44
Moderato quasi marcia
Tempo di minuetto
Andante con moto
Allegro molto
59
C
ol nome di serenata nel Settecento si indicava una pagina d’intrattenimento, prodotta dai musicisti di corte al puro scopo di consumo
e comunicazione sociale. Il genere, come è facile intuire, aveva una
fortuna enorme trovando nella cultura mitteleuropea il terreno un terreno
adattissimo al suo sviluppo e, pur appartenendo alla categoria delle forme ‘disimpegnate’, richiedeva un alto livello di artigianato artistico come quello di
compositori di altissima professionalità, anche se non di ‘prima fascia’, quali
Wagenseil, Michael Haydn, Leopold Mozart, Ditters von Dittersdorf. Per la
sua caratteristica ‘leggera’, la struttura della serenata era variabile nel numero
dei movimenti e si modificava formalmente a seconda dei casi e delle necessità, attingendo alle forme più arcaiche della sonata e della suite, mantenendo
però sempre un linguaggio facile e scorrevole.
Nei suoi anni di servizio a Salisburgo Mozart produsse un buon numero di
serenate e divertimenti, ed è quasi inutile dire che nelle sue mani queste forme raggiunsero il massimo splendore, non solo cancellando completamente
quelle precedenti ma anche divenendo un punto di riferimento per quegli
autori come Brahms, Čajkovskij o Dvořak che nella seconda metà dell’Ottocento cercarono nel passato felice un rifugio di fronte ad un mondo sempre
più incerto e in crisi. Vero gioiello del genere cameristico è la Serenata K. 361
(1781) detta “gran partita” proprio per le sue grandiose proporzioni, per la
strumentazione, ma soprattutto per lo straordinario impegno costruttivo e
formale. Appare infatti immediatamente evidente la sua struttura quasi sinfonica, così lontana da tutto ciò che anche lo stesso compositore aveva prodotto
nel genere fino a quel momento, realizzata attraverso ampi movimenti ricchi
di magistrali effetti, di impasti timbrici e di sonorità originalissime.
Se c’è un autore che nel secondo Ottocento riesce mirabilmente a fondere il
desiderio all’espressione nazionale con l’amore verso ciò che la civiltà viennese
del passato meglio aveva saputo esprimere è Dvořak il quale, per questa ragione venne visto sia come corifeo sia della scuola musicale boema che della conservazione della tradizione. A metà strada in questo percorso così particolare
stanno proprio le due serenate, una destinata agli archi e l’altra, la Serenata
op. 44 (1878), ai fiati dove il compositore, anche favorito dalla presenza degli
strumenti a fiato, recupera con estroversione e felicità i modi e le danze popolari, ricordando forse l’antica, semplice e perduta felicità.
I FIATI DELL’ORCHESTRA SINFONICA G. ROSSINI
Il complesso “I fiati dell’O.S.R.” è costituito dalle prime parti dell’Orchestra
Sinfonica G. Rossini: Cristina Flenghi ed Elena Giri, flauti; Lorenzo Luciani
e Pierpaolo Ottavi, oboi; Davide Felici e Vanessa Scarano, clarinetti; Luca
Bonci e Paolo Rosetti, fagotti; Massimo Mondaini e Alessandro Fraticelli,
corni. Per questo programma si aggiungono due corni di bassetto e due corni.
È presente, inoltre, il primo contrabbasso Daniele Gemignani. Dopo una
60
lunga attività all’interno della Rossini, i fiati hanno deciso di proporsi come
gruppo autonomo proponendo programmi, come in questo caso, scritti per
tale formazione o arrangiamenti di vari generi musicali. Le collaborazioni con
i direttori Noris Borgogelli e Michele Mangani sono un prezioso punto di
partenza per questo ensemble.
61
NORIS BORGOGELLI
Nato a Fano, è uno degli artisti più completi e spiccatamente versatili della
sua generazione. Dopo la maturità artistica, ha frequentato i corsi di teatro
presso la Scuola dei Bibiena di Bologna con Giorgio Trestini prendendo parte
ai vari spettacoli e si è poi occupato di regia, partecipando a rassegne e festival
dove ha ottenuto premi e segnalazioni. Diplomato in viola e in arpa al Conservatorio di Pesaro, ha frequentato le lezioni di canto di M. Melani e E. Raggi-Valentini. È violista del Quartetto Malatesta, del quale è fondatore, con cui
ha realizzato centinaia di concerti e vinto numerosi primi premi in concorsi
nazionali ed internazionali mentre. Ha conseguito il diploma dei Corsi di
Alto Perfezionamento per direttori d’orchestra tenuto Donato Renzetti presso
l’Accademia Musicale Pescarese. La sua eclettica attività artistica lo vede impegnato da oltre trent’anni come strumentista, cantante, direttore, attore e
mimo su palcoscenici di teatri e sale da concerto fra le più importanti in Italia
e nel mondo, collaborando con direttori, registi, orchestre e solisti di grande
prestigio (tra essi Muti, Abbado, Kuhn, Zedda, Temirkanov, Nagano, Ronconi, Pizzi, Monicelli, Cavani, Zeffirelli, De Simone, Lavia, Domingo, Gasdia,
Praticò, Brunello, Orchestra da Camera di Bologna, Internazionale d´Italia,
Filarmonica Marchigiana, della fondazione “G. Cantelli”, del Rossini Opera
Festival, della Repubblica di San Marino). Molta attenzione dedica alla divulgazione e all’avvicinamento dei giovani e non solo alla musica, dove è stato
protagonista in varie forme (direttore, orchestratore, strumentista e narratore)
ne “Il carnevale degli animali” di Saint-Saëns, “Pierino e il lupo” di Prokof ’ev,
“Histoire de Babar” di Poulenc dove contemporaneamente racconta le storie e
dirige l’orchestra e dell’“Histoire du soldat” di Stravinskij, alternando in varie
produzioni i ruoli del Diavolo e del Soldato, curandone anche la regia nel
1994 su commissione dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana.
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aprile 2012
oreore
21.00
Sabato 14 gennaio
2012
21.00
Orchestra Filarmonica Marchigiana
DANIIL TRIFONOV pianoforte
JOHANNES WILDNER direttore
“SCHUMANN E BRAHMS”
Paolo Marzocchi (1971)
nuova composizione
Robert Schumann (1810-1856)
Concerto per pianoforte e orchestra in la min. op. 54
Allegro affettuoso
Intermezzo (Andantino grazioso)
Allegro vivace
Johannes Brahms (1833-1897)
Serenata n. 1 in re magg. op. 11
Allegro molto
Scherzo (Allegro non troppo)
Adagio non troppo
Menuetto I - Menuetto II
Scherzo (Allegro)
Rondò (Allegro)
63
S
embrano guardare al passato, Schumann e Brahms, quando si accingono,
rispettivamente, a utilizzare due forme così antiche come il Concerto solistico e, addirittura, la Serenata.
Certo, una delle affermazioni più ricorrenti è quella secondo la quale gli autori
romantici escono dalle costruzioni formali tradizionali per trovare una propria
strada; e proprio Schumann è campione in questa ricerca quando, in tutta la
prima fase della sua carriera, travalica la forma, caricandola di contenuti poetici
extramusicali e filosofici. E quando affronta la forma del concerto, più che ricercarne parallelismi simbolici desidera superare i modelli a lui contemporanei
(Hummell o Chopin), dove la carica drammatica e dialettica si era smarrita in
favore della pura esibizione virtuosistica, e tornare al passato ripartendo dalla
concezione sinfonica degli ultimi grandi capolavori di Beethoven. La lunga ricerca spiega la travagliata vicenda del Concerto in la minore, nato come ‘fantasia’ nel 1840 e solo in un secondo tempo (1846) completato in tre movimenti e
presentato al pubblico a Lipsia con la moglie Clara al pianoforte.
La lunga gestazione spiega l’omogeneità e l’unità strutturale e tematica della
composizione: i tre tempi sono infatti legati da una serie di temi comuni, secondo un’idea di associazione, reminiscenza, analogia e ciclicità che sarà preludio
all’apertura totale delle barriere tra un movimento e l’altro che caratterizzeranno
le composizioni sinfoniche del secondo Romanticismo.
Ad ancora più indietro fa riferimento il venticinquenne Brahms della Serenata
op. 11 che, maestro di musica alla corte di Westfalia, vuole recuperare nella
nostalgia il sogno di un Settecento idealizzato e lontano, quello delle grandi
serenate mozartiane di Salisburgo e di Vienna. La forma e lo stile preclassico
della composizione, concepita quasi a metà strada tra la sinfonietta e il brano
cameristico, rappresenta il tentativo di comprimere l’urgenza creativa e l’irruenza che aveva caratterizzato i primi grandi e strabordanti monumenti pianistici
in strutture più asciutte e formalizzate.
Completerà il programma una nuova composizione del nostro ‘musicista in
residence’, Paolo Marzocchi.
ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del 2000,
insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona, Fondazione
Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane.
Opera in regione con stagioni liriche e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed è partner dei concorsi musicali internazionali regionali.
Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche
Parco Europeo della Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow
& Symphony di St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose
le apparizioni televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di
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Pergolesi, Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn.
DANIIL TRIFONOV
Nato in Russia, a Nizhny Novgorod, nel 1991 ha studiato dapprima alla Scuola
Gnessin di Mosca e successivamente (dal 2009) al Cleveland Institute of Music. Dopo numerosi riconoscimenti in Russia ha vinto nel 2008 il concorso di
San Marino e ha iniziato dal 2010 un’inarrestabile affermazione internazionale,
ottenendo premi in prestigiosi concorsi internazionali quali lo Chopin di Varsavia, il Rubinstein di Tel Aviv e il Čajkovskij di Mosca (2011). Recentemente
è uscito per la Decca un CD dedicato a Chopin.
Daniil Trifonov
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JOHANNES WILDNER
Nato in Austria, Wildner ha studiato direzione, violino e musicologia ed è subito diventato uno dei più apprezzati direttori del suo Paese. L’esperienza coi
Wiener Philharmonic e con l’orchestra di Stato gli hanno dato una formazione
e un’impronta personale: è stato quindi direttore principale dell’orchestra di
Stato a Praga (1994-95), primo direttore dell’opera di Lipsia (1996-98) e direttore musicale generale dell’orchestra della Westfalia dal 1997. È dal settembre
2010 direttore principale ospite dell’orchestra della BBC.
Dirige regolarmente nelle maggiori sedi operistiche internazionali (Tokyo, Arena di Verona, Salisburgo), con grandi orchestre (London Philharmonic, Royal
Philharmonic, Filarmonica di San Pietroburgo, Sinfonica Siciliana, Orchestra
del Mozarteum, China Philharmonic e Hong Kong Philharmonic Orchestra).
Ha inciso oltre 60 CD e DVD con titoli celeberrimi (Die Fledermaus, Così fan
tutte, Carmen, Nozze di Figaro, Terza e Nona di Bruckner). Recentemente ha
realizzato l’opera completa di Robert Schumann per pianoforte e orchestra con
Lev Vinocour e la RSO di Vienna.
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Sabato
Venerdì14
20gennaio
aprile 2012
2012ore
ore21.00
21.00
LAURA MARZADORI violino
OLAF JOHN LANERI pianoforte
Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Sonata n. 9 per violino e pianoforte in la magg. “A Kreutzer”
Adagio sostenuto-Presto
Andante con variazioni
Finale (Presto)
Bela Bartók (1881-1945)
Sonata n. 1 per violino e pianoforte Sz 75
Allegro appassionato
Adagio
Allegro
Q
uando Beethoven dedica, prima a Eridge-Tower e poi a Kreutzer, la
Sonata op. 47 (1803) le composizioni per violino e pianoforte erano
ancora piacevoli brani da casa, dove spesso l’arco era ‘ad libitum’ e la
parte per pianoforte predominante. Già Beethoven aveva sconvolto non poco il
mondo della musica con le prime sonate dedicate a questo organico, che erano
state stroncate da pubblico e critica, ma qui, davvero, superava i limiti. Al punto
ne fu egli stesso consapevole che appose questo corollario “per pianoforte e un
violino obbligato, scritta in uno stile molto concertante, quasi come di un concerto ecc.”, e aggiunse poi: “questo Kreutzer è un caro e buon amico: siccome la
Sonata è scritta per un violinista valente, così la dedica è più adatta a lui”. “Per
un violinista valente”, quindi, non più per uno dei tanti dilettanti che si trastullavano nei salotti viennesi; e in effetti la “Kreutzer” rappresenta la fine di un’era
musicale ma anche e il punto di partenza e il riferimento per tutto coloro che,
successivamente si dedicheranno al genere.
L’incontro-scontro tra i due strumenti è chiaro sin dal preludio al primo movimento ed esplode nel Presto, equilibrato tra tensione drammatica e infuocato
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virtuosismo; dopo le poetiche variazioni che costituiscono il secondo movimento, il terzo movimento (destinato in origine alla Sonata op. 30 n. 1) è una sorta
di ‘tarantella infernale’ il cui vigore ritmico è chiusura perfetta per questa pagina
monumentale.
Dopo Beethoven il problema delle gerarchie tra i due strumenti non si pone più
perché la musica da camera diviene nel Romanticismo e, soprattutto, nel Novecento, repertorio da concerto e diventa spesso sintesi essenziale del pensiero di
ogni compositore. Pur collocate in piena stagione espressionistica, le sonate per
violino e pianoforte di Bartók costituiscono uno straordinario passo in avanti
nello stile e nella scrittura per questo storico organico, mescolando in maniera
magistrale gli influssi delle avanguardie più radicali con il modo di impiegare in
ambito colto stili e scrittura della musica popolare e contadina.
La Prima Sonata (1921), dedicata alla grande virtuosa Jelly D’Aranyi e da lei
eseguita la prima volta assieme all’Autore, anche se all’apparenza conserva la
struttura in tre movimenti, è compatta e soprattutto fortemente influenzata dalle ricerche musicali compiute Bartòk che si lega tematicamente a modi folklorici
ungheresi, anche se non mancano i riferimenti alla musica europea (Schönberg
e l’espressionismo nel primo tempo, Debussy nel secondo e la musica ‘rumena’
nel terzo). Innovativo è anche il rapporto tra i
due strumenti: violino e pianoforte conducono un discorso musicale su temi diversi
e Bartók, anziché fondere le loro parti ne
mette in risalto la complementarietà, e le
caratteristiche timbriche ed espressive.
L’apparente contrasto così si ricompone in un brano di grande suggestione,
frutto di una profonda unità psicologica.
Laura Marzadori
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LAURA MARZADORI
Nata a Bologna, sin da giovanissima si è imposta all’attenzione ottenendo riconoscimenti in prestigiose manifestazioni
(Rassegna Nazionale Amati di
Cremona, Premio Nazionale delle
Arti di Roma, Concorso Internazionale Postacchini di Fermo) vincendo
poi nel 2005 il Concorso di Vittorio
Veneto, aggiudicandosi anche il premio
Gulli per la migliore esecuzione di Mozart. Ha tenuto concerti in Europa, Stati
Uniti e Sud America, suonando come solista a fianco di importanti orchestre
e in sedi prestigiose (la Filarmonica Toscanini, l’Orchestra del Regio di Parma,
l’Orchestra Regionale Toscana, l’Orchestra Filarmonica Marchigiana e l’Orchestra Regionale di Roma e del Lazio). Di dedica alla musica da camera, in formazioni con grandi artisti quali Salvatore Accardo, Rocco Filippini, Bruno Canino,
Antonio Meneses, Antony Pay e Bruno Giuranna (con il quale ha recentemente
eseguito le bachiane Variazioni Goldberg nella versione dello stesso Giuranna
per violino, viola e violoncello). Diplomata con lode e menzione speciale al
Conservatorio di Bologna, ha studiato e continua a perfezionarsi con prestigiosi insegnanti: con Marco Fornaciari, con Pavel Berman presso l’Accademia
Incontri col Maestro di Imola e con Salvatore Accardo all’Accademia Stauffer di
Cremona e alla Chigiana di Siena, con Giuliano Carmignola nell’ambito delle
attività dell’Orchestra Mozart. Suona un violino Gian Battista Rogeri del 1701
di proprietà della Fondazione Pro Canale.
OLAF JOHN LANERI
Nato a Catania, ha ottenuto il diploma con lode e menzione d’onore al Conservatorio di Verona e ha proseguito la sua formazione artistica a Bolzano e all’Accademia Pianistica di Imola dove si è diplomato nel 1998. Laureato in concorsi nazionali ed internazionali (Monza,
Tokyo e di Hamamatsu) nel 1998 ha
vinto il secondo premio al Concorso
Busoni di Bolzano (primo premio
non assegnato) e nel 2001 il secondo premio al World Music Piano
Master di Montecarlo.
Suona come solista e con orchestra per rinomate stagioni in Italia
e in Europa tra le quali Festival di
Brescia e Bergamo, ISU-Bocconi di
Milano, Sagra Malatestiana di Rimini, Festival della Ruhr, alla Herkulessaal, Gasteig di Monaco, alla Salle Gaveau e per Radio France a Parigi, Festival
Chopin in Polonia e Opéra di Montecarlo. Ha suonato per l’inaugurazione della
Biblioteca della Sala Borsa di Bologna e, a
Berlino, per la chiusura della mostra dedicata
ai disegni (per la prima volta riuniti) di Botticelli sulla Divina Commedia di Dante. Ha in
repertorio l’integrale delle Sonate di Beethoven
Olaf John Laneri
che sta presentando in concerto a Bologna.
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Sabato 14
Giovedì
10gennaio
maggio 2012
2012 ore
ore 21.00
21.00
KRYSTIAN ZIMERMAN
pianoforte
Musiche di Claude Debussy
C
he pianoforte e pianisti abbiano un ruolo centrale nella storia della
musica degli ultimi duecento e passa anni è un fatto oltremodo acclarato. Dai salotti di Chopin, dal virtuosismo funambolico di Clementi, dal pianismo trascendentale dei Liszt fino a Rachmaninov, Horowitz ed ai
grandi interpreti degli anni più recenti, la schiera non solo è lunga, ma anche
particolarmente differenziata.
Non è possibile, infatti, ridurre ad un solo comune denominatore gli atteggiamenti e le modalità con i quali i diversi talenti si sono espressi. Dalla superficiale brillantezza da show business dei virtuosi puri (quelli che “sono il più
veloce”, quelli che “faccio più note di te in un secondo”, e così via) all’introspezione maniacale degli interpreti più raffinati, tanto raffinati da vivere oppressi da una costante ed angosciante nevrosi (basti rammentare la complessa
vicenda in un Arturo Benedetti Michelangeli). Tra questi due estremi c’è una
varietà di comportamenti tale da farci pensare ai pianisti come una sorta di
genia speciale, nel già confuso mondo dei musicisti. In fondo, vivono un loro
dramma: suonano uno strumento meccanico e percussivo, dal quale il pubblico attende, però, d’ascoltare suoni dolcissimi e fascinosi, melodie suggestive
condite con qualche forte emozione. Così il “suono” debbono costruirlo nella
propria mente, prima ancora che trasporlo sulla tastiera.
Da questo punto di vista Krystian Zimerman rappresenta un vero e proprio
punto d’eccellenza, e un programma interamente dedicato a Debussy un’occasione rara, perché raramente nella storia del pianoforte si è potuto ammira-
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re un così straordinario controllo del suono, accompagnato ad una ricchezza
di sfumature davvero mirabile. Zimerman riesce a darci l’esatta dimensione
delle possibilità che tasti, corde e martelletti offrono alle dita di un artista. Il
tutto sommato ad una capacità straordinaria di rendere perfettamente intellegibili le diversità stilistiche, di suggerirci contesti e ambiti, dando il giusto
rilievo a ciò che sta intorno a ciascuna partitura. Del resto, dal grande interprete ci si attende che sappia trovare il giusto equilibrio tra la propria individualità d’artista e la sostanza (sempre diversa), della musica che propone.
Zimerman, da questo punto di vista, ha raggiunto – frutto di una maturità
artistica consolidata – il vertice, e possiamo ormai vederlo unito alla schiera
dei pochissimi per i quali la musica è qualcosa di più dell’arte di combinare
e far ascoltare i suoni.
Krystian Zimerman Photo Susesch Bayat
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KRYSTIAN ZIMERMAN
Krystian Zimerman, classe 1956, è certamente fra le voci oggi più significative
della Polonia musicale, paese di lunga e grande storia pianistica che ha saputo esprimere figure come Artur Rubinstein ma anche Ignaz Paderewski, Josef
Hoffman, Leopold Godowski, Carl Tausig e più indietro ancora, naturalmente, Fryderyk Chopin.
Dopo le prime lezioni avute dal padre, Zimerman ha frequentato l’Accademia di Musica di Katowice, dove ha studiato con Andrzej Jasinski. Su questa
linea si pone, dalla fine degli anni Settanta, il polacco Zimerman, vincitore
nel 1975 del Concorso Chopin di Varsavia e ben presto invitato al prestigioso Festival di Salisburgo dove affascina Karajan, responsabile del cartellone
salisburghese e che con i suoi Berliner avrebbe poi realizzato con Zimerman
l’incisione dei Concerti di Grieg e di Schumann, oltre che a favorire quindi il
suo lancio internazionale. A quelle incisioni ne sono seguite altre sempre per
DG assieme a Bernstein (Concerti di Beethoven e Brahms), Giulini (Concerti di Chopin), Ozawa (Concerti di Liszt e Rachmaninov), Boulez (Concerti di Ravel), sempre coronate dai premi più prestigiosi (Gramophone Award,
Grand Prix du Disque, Edison Award, Diapason d’Or, nomination al Grammy) con le quali ha coperto il repertorio maggiore per pianoforte e orchestra,
parallelamente ai capisaldi della musica per pianoforte solo (Chopin, Liszt,
Schubert e Debussy) e da camera. Il suo repertorio, non particolarmente vasto ma selezionatissimo, ha come fulcro inevitabilmente Chopin attorno al
quale, prima e dopo, comprende tutti i grandi da Mozart al Novecento, con
particolare interesse verso la stagione parigina del primo Novecento (Debussy
e Ravel) e i polacchi Lutoslawski e Szimanowski.
Qualcuno ha visto in Zimerman l’espressione del pianismo moderno, in ragione di una sostanziale sobrietà di espressione, pienamente consapevole del
tanto che è già stato detto. In questo senso la sua arte Zimerman sa reinventarsi ad ogni occasione, avendo nell’intelligenza dell’analisi e nella vastità degli
interessi i suoi punti di forza. Il pieno controllo della sonorità che contraddistingue il pianista polacco è insomma pieno controllo delle intenzioni interpretative, che fanno del concerto non solo un giusto motivo di spettacolo ma
anche una preziosa occasione di cultura.
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Sabato 19
14 maggio
gennaio2012
2012ore
ore 21.00
21.00 Fuori abbonamento
Concerto Jazz per Lions Club
ROBERTO GATTO QUINTET
“REMEMBERING SHELLY”
Tributo a Shelly Manne
Roberto Gatto batteria
Luca Mannutza piano e tastiere
Max Ionata sax
Marco Tamburini tromba
Giuseppe Bassi contrabbasso
A
fferma Roberto Gatto in un’intervista rilasciata in occasione dell’uscita
del CD “Remembering Shelly”: È un omaggio alla musica del quintetto
di Shelly Manne, non direttamente a Shelly Manne. È un modo per
riproporre un repertorio che nessuno prima di me aveva mai riproposto. Quello di una band che era in attività tra il 1959 e il 1961 e che proponeva brani
originali. L’idea era quella di suonare una serata di standard senza suonare degli
standard. Non so se sia originale o meno, ma un musicista di jazz contemporaneo, visto che suona questa musica, ha il dovere di ricordare e riproporre
repertori dei grandi della musica del jazz. L’ho fatto con Miles, ora con Manne
e lo continuerò a fare. È come dire: «che originalità c’è nel riproporre la Quinta
di SŠˇhostakovičh dopo 75 anni che è morto?». Eppure continuano a suonarla. Il
jazz è come la musica classica; il jazz del periodo di Manne lo si può continuare
a suonare ad libitum, altrimenti se si dimentica quel tipo di provenienza si perde
il filo del discorso.
Il gruppo che Roberto Gatto presenta in questa occasione rende omaggio a uno
dei più importanti artisti della storia del jazz: Shelly Manne, batterista, compositore, arrangiatore, sicuramente uno dei più versatili musicisti in attività dagli
anni ‘40 fino alla metà degli anni ‘80. Il suo talento gli diede la possibilità di col-
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laborare con musicisti molto diversi tra loro: da Lester Young a Stan Kenton, da
Sonny Rollins ad Andrè Previn, da Ornette Coleman a Bill Evans e, soprattutto,
il quintetto (con Joe Gordon o Conte Candoli alla tromba, Richie Kamuca al
sax, Victor Feldman o Russ Freeman al piano e Monty Budwig al basso) con
il quale ha registrato cinque meravigliosi live nel famoso club di San Francisco
“The Black Hawk” nel ‘59.
Pur essendo considerato rappresentante della musica della west coast o jazz californiano, in realtà il gruppo produceva pezzi ricchi di swing ed energia, molto
più simili alla musica che si suonava a New York, in larga parte fatta di brani
originali preparati da alcuni componenti del gruppo.
Roberto Gatto ha trascritto da quei dischi più di quindici brani dei quali, dopo
indagini presso amici e collaboratori di Shelly Manne, si è scoperto non esistere
più traccia di partiture. Così come non risulta nemmeno che altri gruppi abbiano suonato mai quel repertorio.
ROBERTO GATTO
Nato a Roma, Roberto Gatto ha debuttato nel 1975 con il Trio di Roma (Danilo Rea, Enzo Pietropaoli). Ha suonato in tutta Europa e nel resto del mondo
con i suoi gruppi ed insieme ad artisti internazionali. Le formazioni a suo nome
sono caratterizzate, oltre che da un interessante ricerca timbrica, e un impeccabile tecnica esecutiva, da un grande calore tipico della cultura mediterranea.
Questo fa sicuramente di Roberto Gatto uno dei più interessanti batteristi e
compositori in Europa e nel mondo. Numerose sono le collaborazioni con altri
grandi artisti, quali Bob Berg, Steve Lacy, Johnny Griffin, George Coleman,
Dave Liebman, Phil Woods, James Moody, Barney Wilen, Ronnie Cuber, Sal
Nistico, Michael Brecker, Tony Scott, Paul Jeffrey, Bill Smith, Joe Lovano, Curtis Fuller, Kay Winding, Albert Mangelsdorff, Cedar Walton, Tommy Flanagan, Kenny Kirkland, Mal Waldron, Ben Sidran, Enrico Pieranunzi, Franco
D’Andrea, John Scofield, John Abercrombie, Billy Cobham, Bobby Hutcherson, Didier Lockwood, Richard Galliano, Christian Escoudè, Joe Zawinul, Bireli Lagrene, Pat Metheny.
Come leader ha all’attivo nove album: Notes, Ask, Luna, Jungle Three, Improvvisi, Sing Sing Sing, Roberto Gatto Plays Rugantino. Da anni si dedica anche
alla composizione di musiche da film realizzando, insieme a Maurizio Giammarco, la colonna sonora di “Nudo di donna” per la regia di Nino Manfredi,
ed insieme a Battista Lena quelle di “Mignon è partita” di Francesca Archibugi
vincitore di cinque David di Donatello, di “Verso Sera” e “Il grande cocomero”
della stessa Archibugi.
Nel 1983 vince il referendum del mensile Fare Musica come miglior batterista
italiano, nel 1985 e nel 1987 con il gruppo Lingomania si classifica al primo
posto del referendum “Top jazz” indetto dalla rivista Musica Jazz nella categoria
Miglior gruppo.
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Nel 1988, 1989, 1990, nell’ambito dell’inchiesta “i vostri preferiti” a cura del
mensile Guitar Club, è al primo posto della categoria Batteristi. Nel 1993 realizza due Video didattici dal titolo “Batteria” vol. 1 e 2. Si è esibito recentemente
nella prestigiosa sala della Town Hall a New York. È stato direttore artistico del
Teatro dell’Angelo di Roma per la rassegna Jazz in progess.
Oltre che col suo quintetto, lavora stabilmente nei gruppi di Enrico Rava, nei
gruppi del fisarmonicista francese Richard Galliano e si è esibito in tournée col
gruppo di Pino Daniele
Roberto Gatto
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Martedì
2012
ore 21.00
Sabato 29
14maggio
gennaio
2012
ore 21.00
Ministero della Pubblica Istruzione
Musicians For Human Rights
Istituto Comprensivo “G. Gaudiano”
Istituto Comprensivo “D. Alighieri”
MuSA – musica spettacolo arte
Mu A
musicaspettacoloarte
Musica per i Diritti Umani 2012
Il diritto alla salute
Orchestra dell’Istituto Comprensivo “G. Gaudiano”
Orchestra dell’Istituto Comprensivo “D. Alighieri”
Ensemble dei Musicians For Human Rights
Programma da definire
I
l progetto ha come scopo quello di promuovere, attraverso la musica, la diffusione e la difesa dei diritti umani e contribuire quindi a creare nei giovani
una nuova coscienza sociale, sopranazionale, interlinguistica e multiculturale, da attuare anche attraverso la collaborazione con associazioni che in questo
ambito agiscono in prima linea.
Inoltre obiettivo non secondare è quello di favorire la nascita e lo sviluppo di
orchestre e cori provenienti dalle numerose Scuole Medie ad Indirizzo Musicale
presenti in Italia.
MUSICIANS FOR HUMAN RIGHTS
Di fronte al dovere storico di estendere il godimento dei diritti umani ad un numero sempre maggiore di persone, il ruolo delle attività culturali e delle pratiche
artistiche sembra condannato, più ancora delle politiche statali o delle iniziative
economiche, all’impotenza e alla subalternità. Ma non è così. La letteratura, la
musica, la poesia, le arti visive, il teatro, la danza possiedono, al contrario, una
enorme potenzialità comunicativa e sono oggi in grado di creare una “nuova
coscienza sociale”: sovranazionale, interlinguistica e multiculturale.
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La musica, e in particolare quella che appartiene alla cosiddetta tradizione “colta”, grazie alla sua capacità di “parlare senza parole”, possiede un formidabile
potere testimoniale: è cioè uno strumento estremamente efficace di diffusione
e circolazione delle idee. Lo dimostrano, nel passato, le opere di alcuni compositori come Mozart, Beethoven, Wagner, Schönberg, attraversate da una forte e
costante tensione ideale, e, nel presente, la volontà di testimonianza “etica” di
molti tra i più attivi compositori contemporanei e degli esponenti più sensibili
della world music.
Sulla base di queste considerazioni un gruppo di associazioni già attive da tempo in Italia e nel mondo nel campo della organizzazione musicale (Eleuthera, Al
Kamandjati, Trio Amadei, Associazione Giapponese di Vita Umanistica, Humilitas, Mixis - Musica Etica) ha dato vita ad un movimento, denominato “Musicians For Human Rights”, il cui scopo principale è quello di promuovere e sostenere, attraverso la musica, la conquista e la difesa dei diritti umani: sia quelli
previsti dalla Dichiarazione Universale delle Nazioni Unite, sia quelli generati
dai conflitti dell’ultimo mezzo secolo. L’attività del movimento si svolge in due
direzioni distinte: da una parte intende portare la musica e la sua capacità testimoniale nei luoghi del mondo dove i diritti umani sono calpestati, ignorati e
dimenticati, dall’altra vuole tenere desta l’attenzione sul problema degli Human
Rights anche nei paesi dove, almeno in apparenza, la carta delle Nazioni Unite
sembra essere applicata e rispettata. In entrambi i casi la forma dell’intervento è
quella del concerto, del momento più alto, cioè, in cui il suono, l’unico elemento autenticamente universale dell’espressione musicale, diventa patrimonio comune del compositore, dell’interprete e dell’ascoltatore. Nella persuasione che
ogni artista e musicista dovrebbe avere la possibilità di mettere il privilegio della
propria conoscenza al servizio di chi non vede riconosciuto alcun privilegio.
Per tradurre nella pratica dell’attività musicale l’idea della difesa dei diritti umani
il movimento “Musicians For Human Rights” ha dato vita, nella prima fase della sua attività, alla Human Rights Orchestra, un gruppo di musicisti provenienti
da diverse parti del mondo (Italia, Giappone, Palestina, Venezuela, Slovacchia)
spinti da un progetto comune: utilizzare la propria competenza musicale in
difesa dei deboli, degli sfruttati, dei dominati, degli esclusi e del riconoscimento
dei loro diritti fondamentali. I presupposti che sostengono l’attività orchestrale
del movimento sono semplici, ma vincolanti:
1. La condivisione degli ideali sui quali si fonda il progetto dell’orchestra, ossia
la necessità di difendere e promuovere i diritti umani in ogni parte del mondo, combattendo attivamente per la loro tutela.
2. Il legame indissolubile tra questi ideali e l’attività concertistica: la Human
Rights Orchestra non tiene concerti generici o dettati dalla sola logica musicale. Ogni performance è legata ad una specifica campagna di difesa e promozione dei diritti umani e prevede accanto all’esecuzione vera e propria forme
di volta in volta diverse di comunicazione extra musicale.
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3. La gratuità della prestazione professionale: i concerti della HRO non prevedono di norma, salvo il caso di iniziative destinate all’autofinanziamento, il
pagamento di un cachet individuale. Fatto salvo il rimborso integrale, ove
possibile, delle spese di viaggio, di vitto e di soggiorno gli eventuali guadagni
in denaro vengono investiti interamente nello svolgimento dell’attività concertistica, nonché nella costituzione e nell’incremento del patrimonio comune (borse di studio da destinare ai musicisti più giovani, acquisto di strumenti
musicali, costituzione dell’archivio delle attività, azioni di promozione e di
pubblicità, ecc…)
4. La “trasversalità”: alla HRO aderiscono musicisti di ogni lingua, religione,
età, ceto sociale, provenienza geografica e orientamento sessuale.
5. L’interculturalità : alla HRO aderiscono musicisti di ogni stile e formazione,
dalla musica classica alla musica etnica, dalla musica antica alla musica contemporanea.
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6. Autogestione e autofinanziamento: la HRO è interamente autogestita, sia
dal punto di vista della programmazione artistica che da quello della gestione
economica.
7. L’attenzione privilegiata per le manifestazioni della creatività contemporanea:
i programmi concertistici propongono di volta in volta le opere più adatte
all’occasione testimoniale. Opere del passato, dunque, ma anche opere del
presente. L’Orchestra, a questo proposito intende commissionare ad alcuni
compositori del nostro tempo opere nuove legate in modo più o meno diretto ai temi adottati.
8. Rapporti organici e continuativi con le altre discipline artistiche: la HRO è
consapevole che le pratiche artistiche contemporanee prevedono interazioni
sempre più organiche tra le diverse forme di espressione: la musica etnica, le
arti visive, la danza, il teatro, la performance, l’installazione, le digital arts,
ecc. Agli artisti di ogni latitudine e longitudine la HRO chiede aiuto, stimoli
e collaborazione.
9. I rapporti con la società civile: la HRO intende sviluppare forme di collaborazione e di scambio con le associazioni che operano, su scala mondiale, per
la difesa dei diritti umani: ad esempio con Medici Senza Frontiere, Amnesty
International, Greenpeace, Emergency, Save the Children, Social Rights.
Il logo e il simbolo dell’orchestra sono regolarmente registrati e tutelati dalle
norme internazionali che regolano il copyright. Le associazioni e i membri fondatori non vogliono però in alcun modo detenere il diritto di esclusiva sull’uso
di questo “marchio”. La HRO favorirà al contrario i gruppi spontanei di musicisti e/o le associazioni già costituite che ritengano utile e opportuno adottare
il nome e il simbolo della HRO in occasione di specifiche iniziative sulla difesa
dei diritti umani.
Ciascuna iniziativa dovrà essere naturalmente esaminata e approvata dal “Consiglio dei saggi” costituito all’interno del movimento. In questo modo saranno
decine e decine, nel mondo, le orchestre e i gruppi a svolgere parte della loro
attività all’insegna di questo progetto: potranno nascere, in forma stabile o occasionale, una “Human Rights Orchestra in Venezuela”, una “HRO in Japan”,
una “HRO in Palestine” oppure, a seconda dell’organico impiegato, una o più
Human Rights Chamber Orchestra, uno o più Human Rights Ensemble e così
di seguito. I complessi che sceglieranno questa denominazione potranno di volta in volta aderire a campagne promosse da associazioni no profit, organizzazioni non governative o gruppi di cittadini, oppure promuovere essi stessi iniziative
specifiche.
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Ente Concerti di Pesaro
Soci Ente Concerti
Anno di costituzione 1961
Consiglio Direttivo
Presidente
Guidumberto Chiocci
Direttore artistico
Federico Mondelci
Vicepresidente
Marta Mancini
Consiglieri
Maria Luisa Biscuola
Gilberto Calcagnini
Bruno Consani
Gigliola Gori
Fulvio La Rosa
Marina Salvi
Segreteria
Debora Gentiletti
Ufficio Stampa
Elisa Delsignore
Direttore dei Teatri
Giorgio Castellani
Note ai programmi
Maria Chiara Mazzi
Comunicazione
Leonardo Cemak
Foto
Luigi Angelucci
Sito web: Angelucci Consulting
Agostinelli Federico
Albanesi Angela
Albertoni Luigi
Alessandrini Bruno
Alessandroni Mirella
Alessandroni Stefania
Angelini Flavio
Anselmi Alberto
Anselmi Patrizia
Antelmy Erica
Arduini Germana
Arghittu Mariella
Babbucci Ornella
Baffioni Paola
Baldelli Francesco
Baledelli Lucia
Bargnesi M. Teresa
Bartolomeoli Roberto
Bartoloni Giuliano
Bartoloni Spadoni Giusi
Bartolucci Ebe
Basili Roberto
Battistoni Francesca
Belli Lea
Benelli Giovanna
Bertani M. Cristina
Bertozzini Ada
Bertozzini Marcella
Bettini Alessandro
Bianchi Angela
Bianchi Temellini Anna Maria
Bianco Giovanni
Bigazzi Maria Luisa
Bischi Alessandro
Bisetti Terenzi Maria Luisa
Bisping Dorothea
Blandini Alessandra
Bocci Romeo
Bonaparte Andrea
Bonazzoli Bianca
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Bonazzoli Remo
Bontempi Giuliana
Borghi Maria Clotilde
Bruscoli Gabriella
Bruscoli Letizia
Busacca Graziella
Campilongo Luigi
Canestrelli Assunta
Cangiotti Marco
Caracciolo Gabriella
Carbone Annamaria
Cavallini Armida
Carloni Esposito Renza
Ceccolini Anna Maria
Cento Giovanna
Ceripa Lorena
Chietera Giovanni
Cinti Estella
Coli Paolo
Comandini Paolo Emilio
Confortola Valeria
Congiu Luigi
Corsini Diottalevi Vittoria
Cortesi Dovilia
D’Agnillo Carla
De Benedittis Agostino
De Feo Liliana
De Martis Elena
De Nicolò Maria Pia
De Poda Enrica
De Sabbata Giorgio
Del Piccolo Izzilina
Dell’Aquila Ardone Cosima
Duchi Silvia
Durazzi Emanuela
Dopolavoro Banca Popolare
dell’Adriatico
Elia Luigi
Emiliani Paola
Falanga Eugenio
Farina Ercole
Fastigi Gabriella
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Fastigi Rosa
Fattori Anna
Ferretti Fernanda
Ferri Pio
Filippone Erminia
Fiocco Virginio
Fioretti Annamaria
Forlani Luca
Fortini Maria Luisa
Franca Fabrizio
Francini Luciano
Francioni Vera
Frezza Maria Grazia
Frulli Elvira
Galeazzi Ermes
Gasperini Stefania
Gaudenzi Massimo
Gennari Annarita
Gentilucci Anna
Gessaroli Enrica
Giamprini Simonetta
Gorgoni Vittorio
Gori Isabella
Gorini Maria
Grazioli Manuela
Graziosi Franco
Gualandri Massimo
Guglielmi Beatrice
Guidelli Rita
Iacchini Gabriella
Iovino Luciano
Lamaro Paolo
Lanfernini Caterina
Leonardi Maria Grazia
Liguori M. Laura
Lippolis Graziana
Lupi Ilaria
Maestri Franca
Magi Claudio
Malpassi Fiammetta
Mancini Alessandra
Marchetti Armando
Marcucci Agla
Mari Dino
Mariani Alberta
Mariotti Jacopo
Masetti Marisa
Merli Bruna
Migoni Ilaria
Missiroli Gino
Monsagrati Fausto
Montebarocci Angelo
Muretto Franca
Neri Ennio
Nesci Liana
Nocitra Elisabetta
Olmeda Giuseppe
Ottaviani Gabriella
Pagano Giuliana
Paolini Marco
Paolini Mirella
Patrignani Paola
Perrotti M. Gabriella
Picchi Roberto
Pierantoni Marta
Prestianni Biagio
Raffaelli Maria Teresa
Renzi Susanna
Ridolfi Franco
Rinaldi Gianluigi
Ritossa Giovanni
Rondina Paola
Rosati Loretta
Rossini Gordiano
Russo Davide
Salvaterra Meuccia
Sanchini Cecilia
Sanchioni Valentino
Sbano Wanda
Scardacchi Mauro
Scilla Cristina
Secchiaroli Maria Grazia
Senigagliesi Michela
Siepi Maria Letizia
Solforati Patrizia
Sorbini C. Augusto
Sorbini Paola
Sormani Farina Paolo
Spighi Cristina
Staffolani Raffaella
Surian Elvidio
Taras Antonella
Temellini Maria Letizia
Tenella-Sillani Francesco
Torre Maria Cristina
Trelani Lidia
Urbinati Paola
Utel Tullio
Vaina Raffaella
Venturini Brunella
Vitali Antonella
Zini Annalisa
Zoffoli Atos
Zollia Carlo
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Prevendita abbonamenti
Per Abbonati alla precedente Stagione nei
giorni 14 e 15 novembre presso il botteghino
del Teatro Rossini con orario 9,30-12,30;
16,30-19,30.
Spettacoli fuori abbonamento
Platea e posto di palco di I e II ordine € 25,
posto di palco di III ordine € 20, posto di
palco di IV ordine € 15, loggione € 10.
Nuovi abbonamenti
La vendita dei nuovi abbonamenti verrà
effettuata nei giorni 16 e 17 novembre.
Prezzi Posto di platea e posto di palco I e II
ordine € 160, posto di palco di III ordine
€ 130, posto di palco di IV ordine intero €
70, ridotto (riservato agli studenti fino a 29
anni e oltre i 65) € 55.
Informazioni
Biglietteria del Teatro Rossini - Piazzale
Lazzarini, Pesaro 0721387621
Ente Concerti Palazzo Gradari, Via Rossini
0721 32482 • [email protected]
www.enteconcerti.it
Vendita biglietti
Saranno messi in vendita il giorno stesso
del concerto presso il botteghino del Teatro
Rossini con orario 9,30-12,30; 16,3019,30 (concerti pomeridiani fino all’inizio
dello spettacolo) a partire dal concerto del
30 novembre si potranno acquistare tutti i
biglietti della stagione.
Prezzi Platea e posto di palco di I e II ordine
€ 18, posto di palco di III ordine € 15,
posto di palco di IV ordine € 12, ridotto €
10, loggione € 7.
Family ticket 3 ingressi posti di platea, I e II
ordine di palco € 36.
L’Ente Concerti ringrazia
Banca Marche
Assindustria
Banca dell’Adriatico
Carifano Cassa di Risparmio di Fano
Galleria di Franca Mancini
Manifatture Gamba
MusicStorePesaro
PieroGuidi
Teva
Azienda Agraria Fiorini
Strada dei Campioli
Foresteria Agrituristica Fiorini
Ristorante Bristolino
Roberto Valli Pianoforti
Vittoria, Savoy e Alexander Hotel
Leonardo Cemak Oceano Adriatico
Musica,
medicina senza controindicazioni
Farmacia G. Rossini
dal 1980
Via Recanati, 15 - Pesaro - Zona Tombaccia
[email protected] www.farmaciagrossini.it
Comune di Pesaro • Ente Concerti di Pesaro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Regione Marche, Giunta Regionale, Assessorato alla Cultura
Fondazione Cassa di Risparmio • Banca Marche
Teatro Rossini · Pesaro
Vicini a voi.
MusicStorePesaro
Ristorante
Bristolino
Lorenzo & Bibo
dal 1993
52 ª STAGIONE
CONCERTISTICA