SFIDA XIV La scrittura in algebra Torino, 5 maggio 2000 Scrivere, leggere ed elaborare espressioni algebriche con DERIVE Maria Reggiani Dipartimento di Matematica – Università di Pavia Introduzione La padronanza dell’algebra come linguaggio scritto gioca un ruolo essenziale nel corretto uso dell’algebra stessa come strumento di codifica di situazioni e di soluzione di problemi. Sono note e sono state oggetto di numerosi studi negli ultimi anni le difficoltà che spesso gli alunni incontrano nell’acquisire questa padronanza a vari livelli (gestione dei simboli che identificano numeri, variabili, operazioni, uso delle parentesi e così via). Tali difficoltà riguardano non solo e non tanto l’aspetto sintattico e formale della scrittura algebrica ma sono da attribuirsi alla mancata padronanza del simbolismo algebrico a livello semantico. E’ inoltre quasi superfluo osservare che i problemi connessi alla scrittura investono in modo più o meno profondo anche l’ambito della decodifica di espressioni algebriche e quello della loro trasformazione. Tutti questi problemi permangono ma al tempo stesso si modificano quando la scrittura, la lettura e l’elaborazione non avvengono in modo diretto ma attraverso uno strumento che fa da mediatore: in particolare un software di manipolazione simbolica. In questo intervento mi propongo di discutere alcuni aspetti del problema della scrittura, lettura e trasformazione di espressioni algebriche attraverso la mediazione del software DERIVE, focalizzando sulle abilità richieste e promosse da questo tipo di mezzo e sulle differenze rispetto all’uso di carta e penna e facendo riferimento ad un utente non esperto nella manipolazione algebrica. La scelta di DERIVE (nella versione 4.09 per Windows) è dovuta alla sua diffusione e al fatto che il nostro gruppo di ricerca ha utilizzato tale prodotto in alcune attività didattiche anche se non finalizzate agli obiettivi di ricerca discussi qui. La scrittura in algebra e i linguaggi di programmazione Prima di esaminare il software in questione vorrei soffermarmi brevemente su un tema che a mio parere può fornire utili elementi di confronto: la scrittura di espressioni algebriche utilizzando un linguaggio di programmazione. Si tratta infatti di una situazione in cui, anche se con caratteristiche diverse viene usato un mediatore per la scrittura di espressioni algebriche ed il mezzo è rappresentato anche in questo caso dal computer. La scrittura di espressioni algebriche utilizzando un linguaggio di programmazione è certamente più complessa della scrittura immediata con carta e penna in quanto chi scrive un programma deve usare un linguaggio convenzionale diverso dal linguaggio algebrico, gestire variabili e simboli dei due linguaggi e, in genere, organizzare un procedimento algoritmico. L’utilizzo di un linguaggio di programmazione, dunque, richiede in modo esplicito padronanza delle abilità algebriche di base, riflessione sul significato delle operazioni e analisi dei procedimenti: la coesistenza di due codici è esplicita e dunque l’eventuale conflitto tra questi può essere gestito dall’utente, eventualmente con un aiuto esperto (insegnante) e può dunque favorire il rafforzamento della padronanza a livello sintattico e semantico dei singoli linguaggi (algebrico e di programmazione). A questo proposito vorrei ricordare i risultati di un lavoro svolto dal nostro gruppo negli anni ’80 che si proponeva di insegnare a scrivere semplici programmi che traducessero problemi aritmetici in linguaggio BASIC ad alunni dagli 11 ai 14 anni. Tale lavoro si rivelò utile per la maggior parte degli alunni proprio perché li costringeva ad analizzare le operazioni aritmetiche che volevano far eseguire alla macchina, a scriverle utilizzando variabili e ad inserirle nel programma utilizzando le regole del linguaggio di programmazione. Gli alunni prendevano coscienza in questo modo del fatto che l’algebra e il linguaggio di programmazione sono due linguaggi diversi, ognuno con regole proprie. Per scrivere un programma che contenga espressioni algebriche o anche semplicemente operazioni bisogna conoscerli entrambi e tradurre da un linguaggio all’altro: non sempre la traduzione è semplice, immediata, non sempre gli stessi simboli nelle due lingue hanno lo stesso significato (basti pensare alla scrittura della moltiplicazione fra variabili o fra numeri e variabili, all’elevamento a potenza e soprattutto al simbolo “uguale” che nelle versioni BASICA e GWBASIC ha il significato di istruzione di assegnazione). Negli ultimi anni esperienze di questo tipo non sono più state ripetute con alunni di questa fascia d'età per motivi di vario tipo legati anche alla trasformazione delle tecnologie e al modificarsi delle aspettative e delle motivazioni. In molte scuole superiori è invece insegnato tuttora l’uso del Pascal come linguaggio di programmazione: si tratta come è noto di un linguaggio strutturato, nel quale non è presente l’ambiguità rilevata sopra rispetto al simbolo di “uguale”, che tuttavia consente per varie altre caratteristiche di rafforzare la consapevolezza e la padronanza del linguaggio algebrico. Un’altra possibile situazione di confronto, più semplice, è la scrittura di espressioni aritmetiche su una calcolatrice tascabile non programmabile, che pone il problema della scrittura su una sola riga, della gerarchia delle operazioni, dell’uso delle parentesi. Si tratta anche in questo caso di una occasione di riflessione sulle regole di scrittura del linguaggio algebrico. Scrivere espressioni algebriche con DERIVE Il problema della scrittura di espressioni algebriche con DERIVE è, a mio parere, solo apparentemente simile a quello della scrittura su una calcolatrice tascabile o a quello della traduzione di una espressione algebrica in una istruzione di un linguaggio di programmazione anche se si tratta anche in questo caso dell’utilizzo di un mediatore e se le regole sintattiche da utilizzare sono del tutto analoghe a quelle già ricordate nel paragrafo precedente (scrittura in riga, uso di parentesi, elevamento a potenza indicato con il simbolo ^,…). La differenza principale sta però nel fatto che il software di manipolazione simbolica trasforma e riscrive sullo schermo l’espressione introdotta secondo le usuali convenzioni della scrittura algebrica, provocando la compresenza dei due codici, non facilmente controllabile da un utente che non è sufficientemente padrone del linguaggio algebrico. In particolare nel software DERIVE, l’espressione, una volta scritta linearmente nell’apposita finestra, viene trasformata in due possibili modi a seconda che si “clicchi” sul tasto “OK” o “semplifica”. Nel primo caso il risultato è la comparsa sullo schermo dell’espressione introdotta nella forma usuale con cui la scriveremmo con carta e penna, nel secondo la formula appare trasformata nel senso che vengono eseguite un primo livello di semplificazioni (esecuzione dei calcoli aritmetici, semplificazione, somma dei termini simili,…). Quando l’espressione appare sullo schermo la barra di stato indica se si tratta dell’espressione inserita dall’utente o di una sua semplificazione. L’utente esperto nella conoscenza del linguaggio algebrico chiaramente non ha problemi e inizia già da questa fase ad apprezzare i vantaggi di un software che “lavora per lui”, cioè lo libera da quella parte di lavoro che non è per lui concettualmente rilevante e lo può distogliere dall’attenzione al problema che sta risolvendo. Ma chi non padroneggia con sicurezza le regole del linguaggio algebrico si trova di fronte quasi contemporaneamente tre tipi di scrittura: quella richiesta dal software per inserire l’espressione (che ha regole formali più rigide dell’usuale linguaggio algebrico), la sua traduzione nell’usuale scrittura algebrica, la sua traduzione nell’usuale scrittura algebrica semplificata. Va anche notato che la trasformazione avviene in modo rapido e quasi “automatico” in quanto gli alunni spesso usano il mouse con grande rapidità e scarsa consapevolezza e non sempre leggono le indicazioni della barra di stato. Inoltre, salvo il caso di errori sintattici che rendono l’espressione introdotta non leggibile, non compare alcuna segnalazione d’errore anche se l’espressione non è quella che si voleva introdurre. E’ evidente a questo punto che il ruolo di mediazione di DERIVE nella scrittura in algebra è molto diverso da quello di un linguaggio di programmazione e che, se non adeguatamente seguito dall’insegnante, non costringe di per sé alla riflessione sui linguaggi in gioco. Il suo ruolo è invece abbastanza simile a quello che ormai a tutti i livelli svolgono i tascabili non programmabili rispetto al calcolo aritmetico: la calcolatrice tascabile fa i conti, ci libera da questo compito, ma noi dobbiamo saper tener sotto controllo l’approssimazione, l’ordine di grandezza e così via. Nel caso del manipolatore simbolico è utile poter inserire l’espressione algebrica senza preoccuparsi di semplificazioni, termini simili, ed anche far svolgere al software alcune elaborazioni, ma solo se siamo in grado di esercitare qualche forma di controllo. E’ dunque un problema didattico rilevante, limitandoci al primo passo, quello della scrittura, gestire didatticamente l’uso di istruzioni di per sé non trasparenti e la compresenza di due o tre forme di scrittura della stessa espressione. Leggere espressioni algebriche in DERIVE Il problema della scrittura in algebra presenta anche l’aspetto dell’interpretazione del linguaggio algebrico in forma scritta. Numerose ricerche mettono in risalto i fraintendimenti di molti alunni nella interpretazione del linguaggio algebrico. Ne sono la prova errori tipici di elaborazione quali la lettura di espressioni algebriche indipendente dalle parentesi (a volte gli alunni vedono parentesi inesistenti, altre volte ignorano quelle esistenti), i fraintendimenti legati all’omissione del segno di moltiplicazione e così via. L’uso di DERIVE pone il problema della lettura sia nel controllo della correttezza delle espressioni introdotte sia soprattutto nell’interpretazione delle espressioni trasformate e dei risultati. In alcuni casi si tratta semplicemente di imparare simboli o istruzioni che in genere, nella nostra esperienza, vengono facilmente fatti propri dagli alunni. Più difficile è invece, ad esempio, l’interpretazione dei risultati della risoluzione di equazioni. Questi possono essere forniti in forma algebrica (con il comando "risolvi algebricamente") oppure, se si tratta di risultati numerici, in forma approssimata (con il comando "risolvi numericamente"). Nel primo caso se l’equazione è di primo, di secondo o di terzo grado vengono fornite tutte le soluzioni reali e complesse, mentre se l’equazione è di grado superiore ovviamente le soluzioni vengono fornite solo nei casi in cui ciò è possibile. Nel secondo caso viene fornita la prima soluzione reale che viene trovata nell’intervallo impostato (o predefinito). E’ chiaro che questa può essere o no l’unica soluzione reale. E' evidente che la problematica qui accennata non può essere trattata in poche righe e del resto sul tema della soluzione di equazioni con i computer algebra systems vi è molta letteratura con proposte di attività didattiche. Il mio interesse riguardo a questo punto non è però relativo alla risoluzione di equazioni algebriche ma al problema della lettura dei risultati: per rendersi conto di quanto può essere disorientante per l'alunno non esperto, si può risolvere ad esempio l'equazione ( x − 2 )( x − 5)( 2 x − 1) , dopo averla sviluppata, con l'istruzione "risolvi algebricamente". Le espressioni trovate possono essere "riconosciute" solo richiedendone il valore approssimato. Elaborare espressioni algebriche con DERIVE Nell'elaborazione di espressioni algebriche con DERIVE coesistono, da un lato, i problemi già discussi nei punti precedenti, e cioè il fatto che l'elaborazione spesso sfugge al controllo dell'utente inesperto in quanto le istruzioni non sono trasparenti e sia l'interazione con il mouse che l'uso delle finestre consentono un utilizzo facile anche "per tentativi", dall'altro la presenza di istruzioni parzialmente analoghe a quelle di un linguaggio di programmazione (ad esempio per la gestione di vettori e matrici) che richiederebbero maggiore attenzione e competenza. In una esperienza con alunni di terzo anno di liceo scientifico (16 anni), che avevano già acquisito una buona padronanza del linguaggio algebrico con carta e penna, abbiamo riscontrato da parte degli alunni una rapida acquisizione di un buon uso delle istruzioni base per l'elaborazione di espressioni, la risoluzione di equazioni e anche la gestione di parametri mediante vettori, mentre abbiamo riscontrato una resistenza all'utilizzo del software nella risoluzione di sistemi non lineari per i quali non esiste un'istruzione predefinita. La maggior parte degli alunni preferiva svolgere una parte della risoluzione a mano ed eventualmente completarla con DERIVE quando le sostituzioni erano già state effettuate. Questo atteggiamento può essere motivo di riflessione in quanto presenta aspetti positivi poiché evidenzia la volontà dei ragazzi di scegliere quale parte del lavoro affidare al computer, ma pone anche in evidenza il conflitto fra i due linguaggi sia nella loro forma di scrittura che nelle loro regole di trasformazione. Osservazioni e spunti di ricerca Le considerazioni svolte nei paragrafi precedenti si limitano ad esempi semplici e ad un uso iniziale del software, pensato come si è detto per utenti inesperti sia nell'algebra che nell'uso del software stesso. E' evidente che le problematiche didattiche legate all'uso dei Computer Algebra Systems assumono connotazioni e rilevanza diversa man mano che l’alunno-utente acquista padronanza con il software e con l’algebra o l’analisi e utilizza non solo gli aspetti algebrici ma anche quelli grafici del software. Sulle potenzialità dei C.A.S., sulle molte ed interessanti occasioni didattiche che offrono, sulle competenze richieste ed acquisite in un insegnamento che utilizzi sistematicamente tali software sono in atto, come è noto, numerosi studi e sperimentazioni. Tuttavia ritengo che i problemi qui posti richiedano attenzione e offrano spunti di riflessione e ricerca: Quali competenze iniziali richiede "fare" algebra con Derive anziché con carta e penna? Può un software come Derive essere uno degli strumenti di approccio all'algebra? Quali competenze/abilità può favorire in particolare in riferimento alla padronanza dell'algebra come linguaggio scritto? Come può essere gestito l'uso di Derive in una fase iniziale in modo da evitare che si determinino da parte dell'alunno atteggiamenti di estraniamento e mancanza di controllo? Come gestire il fatto che gli alunni facilmente "giocano" con software apparentemente facili e possono facilmente trovarsi ad affrontare trasformazioni, corrette e non, che non capiscono, senza rendersene conto? Fino a che punto è utile/necessario per l'alunno/per l'insegnante sapere come lavora il software nell’elaborazione? Quale deve essere il ruolo dell'insegnante? Il software Derive è ampiamente diffuso ed è presente in alcuni calcolatori tascabili programmabili: questo rende le domande appena poste particolarmente importanti in quanto è possibile che entro breve tempo molti alunni abbiano a disposizione questi strumenti al di fuori del controllo dell'insegnante. Ritengo pertanto necessario studiare i problemi posti in relazione a questo e ad altri software commerciali, anche se una risposta opportuna e costruttiva ad alcune delle domande poste potrebbe venire dall'uso di software didattico adeguato che consenta i controlli e i confronti fra scritture e metodi di elaborazione favorendo così l'acquisizione del linguaggio algebrico e la comprensione dei procedimenti. 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