Consiglio Direttivo
Sezione Paleontologica e Mineralogia
MAURO BARBERIS (Delegato)
ANTONIO BUSSI (Vice Delegato)
Consiglieri: MARIO BELTRANDO, ACCORNERO GUALTIERO,
FRANCO ZAPPIA
I soci si riuniscono in corso Massimo D’Azeglio 25 - Torino
Tutti i Martedì feriali dalle ore 20,30 alle 22,30
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-INTRODUZIONEQuando guardiamo un campione di minerale cristallizzato la prima
cosa che colpisce sono i caratteri fisici che rileviamo direttamente con gli
organi di senso.
Queste caratteristiche sono definite “PROPRIETA’ ORGANOLETTICHE” e comprendono:
- l’ASPETTO
- la TRASPARENZA od OPACITA’
- il COLORE
Quest’ultimo elemento è quello che più stupisce ed affascina l’osservatore e sarà pertanto il tema di questa trattazione.
Per meglio comprendere quanto verrà detto in seguito, vedremo
nella prima parte le definizioni dei termini che si incontreranno.
Parleremo molto sommariamente di:
- ATOMI, MOLECOLE - come sono composti e come si
comportano
- VALENZA e VICARIANZA
- LUCE BIANCA – influenze e fenomeni connessi
- TRASPARENZA
- LUCENTEZZA
- LUMINESCENZA – con tutti i fenomeni connessi
- DIFETTI STRUTTURALI
- CENTRI DI COLORE
Nella seconda parte analizzeremo le cause che provocano il COLORE
Parleremo quindi di:
-
IDIOCROMATISMO
ALLOCROMATISMO
PSEUDOCROMATISMO
PLEOCROISMO
ENERGIA
La terza parte è costituita da tabelle “indicative” per un riconoscimento rapido di alcuni tra i minerali più noti attraverso il colore che i cristalli presentano e la polvere ottenuta dalla frantumazione degli stessi.
Alcuni di essi potranno presentare cristalli con colore diverso da quello
indicato, ma le loro polveri avranno comunque lo stesso colore.
E’ nostro dovere ricordare, a conclusione del discorso, che per una
buona parte dei minerali è sconosciuta la causa della loro specifica colorazione ed a tutt’oggi sono ipotizzate deduzioni e teorie in merito che non
sempre sono confermate neppure attraverso ricerche approfondite.
E’ per questo che l’aspetto morfologico del colore di un minerale,
non comportando variazioni nelle proprietà chimiche e fisiche degli stessi, è ancora molto vago.
PARTE
PRIMA
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LA STRUTTURA DELL’ATOMO
I minerali sono costituiti da atomi e ioni che possono essere visti come
un aggregato di particelle elementari, ciascuna delle quali caratterizzata
da una massa e da una carica elettrica.
Le particelle dell’atomo quantitativamente più importanti si dividono in:
PROTONI
NEUTRONI
ELETTRONI
particelle con carica elettrica positiva;
particelle prive di carica elettrica pur avendo le
stesse dimensioni e lo stesso peso dei protoni;
particelle aventi una piccolissima dimensione di
massa nei confronti delle due precedenti e
caratterizzate da una carica elettrica negativa.
L’elettrone è una particella materiale alla quale si associa una carica elettrica negativa; il protone ha una carica elettrica positiva ed una massa
che è 1836 volte più grande di quella dell’elettrone; il neutrone non porta
cariche elettriche ed ha una massa 1839 volte più grande dell’elettrone.
I protoni ed i neutroni si trovano al centro degli atomi e ne costituiscono
il nucleo mentre gli elettroni ruotano vertiginosamente attorno ad essi.
(Fig. 1 – 2)
Lo spazio di ingombro di un atomo è normalmente rappresentato da una
sfera. (Fig. 3)
Gli atomi dei vari elementi si differenziano tra loro per il numero di elettroni e protoni che li costituiscono (il numero dei protoni è circa pari a quello dei neutroni mentre il numero degli elettroni è uguale a quello dei protoni); di conseguenza, singoli atomi di sostanze differenti hanno dimensioni diverse tra loro.
La Fig. 4 rappresenta il rapporto tra l’atomo dell’idrogeno (il più piccolo
esistente in natura) e l’atomo dell’uranio (il più grande).
Un atomo è elettricamente “neutro” quando possiede uguale numero di
protoni (positivi) e di elettroni (negativi) in modo che le loro cariche si
annullano reciprocamente.
Atomi e ioni non possiedono una superficie-limite definita ma, seguendo
il modello atomico di Bohr, possono essere descritti come sfere aventi un
raggio compreso fra 0,5 e 2,5 Amstrong (1 Å = 0,00000001 cm) formate
da un nucleo centrale di protoni e neutroni presenti nel nucleo stesso.
La somma del numero di protoni e neutroni presenti nel nucleo prende il
nome di “numero di massa”, e gli atomi e gli ioni che hanno lo stesso
numero atomico ma diverso numero di massa, rappresentano i diversi
isotopi chimici degli elementi.
Il loro studio riveste un ruolo molto importante nei problemi relativi all’o-
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rigine, all’età ed all’utilizzo dei minerali.
Gli ioni sono atomi che hanno perso o guadagnato elettroni trasformandosi così in particelle con un eccesso di carica positiva, i cationi, o in particelle con un eccesso di carica negativa, gli anioni.
La constatazione sperimentale che gli atomi e gli ioni assorbono ed emettono le radiazioni elettromagnetiche (raggi X, raggi ultravioletti, infrarossi,
ecc.) in modo selettivo e caratteristico, cioè assorbendo ed emettendo
solo determinate “quantità” di energia, è la base su cui si fonda la teoria
quantistica dell’atomo. Essa venne formulata da Bohr (1913), tenendo
conto delle esperienze di Plank (1900) sul “quanto-luce” o “fotone” e di
Einstein (1905) sull’associazione quanto-onda, e ricevette, negli anni successivi, i contributi di De Broglie, Pauli e Heisemberg.
Secondo la teoria, gli elettroni che si muovono attorno ad un nucleo possono occupare solo determinati livelli energetici, ciascuno dei quali può
essere definito da quattro numeri interi, detti “numeri quantici”, che ne
esprimono il contenuto relativo in energia potenziale.
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MOLECOLA
E’ la più piccola particella di minerale che mantiene le caratteristiche tipiche dello stesso ed è composta da un gruppo di atomi.
Generalmente le molecole degli elementi sono biatomiche; tuttavia esistono casi di molecole monoatomiche (sodio, elio, mercurio) e molecole
poliatomiche (solfo, carbonio).
Il concetto di molecola ha senso quando viene applicato ai liquidi o ai
gas.
Nei solidi le molecole sono disposte in reticoli tridimensionali rigidi, costituiti dall’insieme di tante maglie (Fig.5 – 6); in conseguenza di ciò si hanno
i cristalli.
In un solido costituito da un composto, gli atomi sono tenuti insieme da
forze dette “legami”, che permettono al composto di mantenere stabili ed
immutate nel tempo le proprie caratteristiche. Tali legami sono anche
responsabili delle proporzioni di ogni tipo di atomo nei confronti degli altri
all’interno di ogni composto.
La possibilità che un atomo di un elemento ha di legarsi o sostituirsi con
uno o più atomi si chiama “valenza”
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VALENZA, VICARIANZA
La valenza può avere forza diversa secondo i tipi di atomi che si legano
tra loro.
Il fenomeno di sostituibilità indifferente tra elementi diversi prende il nome
di vicarianza e gli elementi che possono sostituirsi vicendevolmente sono
detti vicarianti.
Elementi possono essere vicarianti (cioè possono formare cristalli misti)
quando:
- abbiano la stessa valenza
- le dimensioni dei loro raggi ionici siano circa uguali o non
differiscano per più del 15% tra loro
- occupino nel reticolo cristallino posizioni aventi lo stesso
significato cristallografico (posizioni omologhe).
LUCE
E’ una forma di energia radiante dovuta ad onde di natura elettromagnetica che si propagano attraverso l’etere.
Dalla “teoria delle ondulazioni”, formulata da Huygens ed elaborata da
Fresnel, la luce consiste nel moto vibratorio delle particelle di un’ipotetica materia, estremamente tenue, di densità infinitamente piccola, perfettamente elastica che esiste dovunque sia nel vuoto che nelle particelle
dei corpi gassosi, liquidi e solidi.
Per la trattazione dell’ottica cristallografica questa formulazione è in perfetto accordo ed utile a spiegarci quanto serve.
Se consideriamo uno fra gli infiniti raggi di luce che parte da un punto
luminoso, vediamo che la luce si propaga in linea retta ed è scosso da
un’oscillazione periodica (sinusoide). (Fig. 7)
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Le onde elettromagnetiche sono il risultato della combinazione di un
campo elettrico e di uno magnetico che variano nel tempo in modo regolarmente alternato.
Dato che i due campi sono interagenti tra loro (l’uno varia proporzionalmente al variare dell’altro) nelle considerazioni a seguire basterà riferirci
ad uno di essi.
In generale, nella trattazione dei fenomeni luminosi si fa riferimento al
comportamento del campo elettrico.
La rappresentazione grafica di un campo elettrico o magnetico è illustrata in Fig. 8 – 9.
La direzione di oscillazione è normale alla direzione di propagazione.
La distanza (X) tra due punti in concordanza di fase, cioè equidistanti
dalla loro posizione di equilibrio, è definita come “lunghezza d’onda” ed
è in pratica quella che definisce il colore della luce. (Fig. 10 – 11)
La lunghezza d’onda si misura in Amstrong (Å) che equivale a 10-8 cm.
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L’occhio umano è sensibile soltanto alle lunghezze che variano tra i 3800
e 7800 Å come limite massimo e tale campo è definito “spettro del visibile”. (Fig. 12)
Poiché abbiamo detto che la luce è una combinazione dei campi elettrico e magnetico definiremo ancora lo spettro del visibile con il valore elettrico che presenta lo spettro tra 0,61 e 0,32 eV (elettronvolt). (Fig.13)
L’intensità della luce dipende dall’ampiezza delle vibrazioni.
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Quando un raggio di luce entra dal vuoto in un corpo ponderabile, la sua
velocità diminuisce proporzionalmente alla densità ottica del corpo stesso.
Conseguenza di questa diversa velocità di propagazione è che il raggio
di luce subisce una deviazione rispetto all’angolo d’incidenza definito con
il nome di “rifrazione”.
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INTERAZIONE DELLA LUCE CON LA MATERIA
Le interazioni della luce con la materia danno origine a fenomeni di:
Riflessione, Rifrazione, Diffusione, Assorbimento.
Parte della radiazione assorbita può essere restituita come fenomeno di
Fluorescenza.
Gli effetti di queste interazioni, che dipendono dalla lunghezza d’onda e
dalla radiazione, danno come risultato dei colori.
MEZZO OTTICO
E’ quella porzione di spazio, occupata o meno da materia, in cui avviene
il passaggio della luce.
Tutti i mezzi ottici sono caratterizzati da:
- Potere Assorbente (assorbimento)
- Potere Riflettente
(riflessione)
- Potere Rifrangente (rifrazione)
nei confronti delle varie lunghezze d’onda, non soltanto della luce visibile.
Non tutti i mezzi, poi, sono trasparenti a tutte le lunghezze d’onda.
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INTERAZIONI DELLA LUCE CON LA MATERIA
Se su una superficie di cristallo facciamo incidere un raggio di luce
monocromatica si avrà che:
una parte del raggio viene respinta dalla superficie con un angolo identico a quello di incidenza; in questo caso avremo un raggio riflesso
nello stesso momento, una parte del raggio penetra all’interno della
superficie e viene deviato rettilinearmente dalla traiettoria originale; questo raggio, che presenta un’ampiezza minore all’angolo di incidenza,
viene definito raggio rifratto
nel contempo, una parte del raggio viene assorbita dal cristallo e si ha
l’assorbimento
Altri aspetti dell’interazione della luce con la materia sono:
la diffrazione, fenomeno che si nota negli Opali quando il reticolo di sferuline di silice amorfa è disposto in modo simmetrico e regolare per cui la
luce incidente viene rimbalzata da ogni sferulina alle altre vicine, così che
risulta un maggiore risalto di certi colori o l’annullamento di altri
la diffusione, effetto che si nota nelle Perle quando un raggio di luce incide sulla superficie irregolare della perla stessa
la interferenza, effetto combinato di riflessione-rifrazione visibile in quei
composti che presentano strati sovrapposti di cristallizzazione (esempio:
le perle).
DISPERSIONE
Fenomeno che si ha quando un raggio di luce passa da qualunque mezzo
ad un altro.
Esempio: se prendiamo un prisma di vetro o di altro minerale e su di esso
facciamo incidere un raggio di luce monocromatica (una sola lunghezza
d’onda) noteremo che il raggio subirà una rifrazione rettilinearmente,
avvicinandosi alla normale, ed in uscita dalla seconda faccia del prisma
questo raggio subirà un’ulteriore deviazione, allontanandosi dalla normale. (Fig. 14)
Se al posto della luce monocromatica usiamo una luce bianca noteremo
che il raggio di luce, oltre ad essere deviato, verrà scomposto dal prisma
ed all’uscita da questo si potranno osservare i colori che compongono il
fascio stesso, separati l’uno dall’altro in ordine secondo le lunghezze
d’onda. (Fig. 15)
Riassumendo, si deduce che ogni raggio di luce avente una certa lunghezza d’onda subisce una sua rifrazione, cioè ha un suo indice di rifra-
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zione. Tale indice aumenta con il diminuire della lunghezza d’onda, passando dal rosso al viola
Possiamo quindi dire che prismi uguali di materiali diversi impartiscono
dispersioni differenti ai vari colori costituenti il raggio di luce bianca: se ne
deduce che le sostanze hanno un certo potere disperdente. (Fig. 16)
Il fenomeno della dispersione è molto considerato dai gemmologhi in
quanto risulta essere la causa principale del “fuoco” di una pietra
(gemma).
Più alta è la dispersione, maggiore è la quantità di lampi colorati che da
essa si sprigionano ed ogni colore è meglio percepibile rispetto agli altri,
soprattutto il blu dal rosso in quanto si trovano ai due estremi dello spettro del visibile.
La distanza di separazione tra il rosso ed il viola non dipende esclusivamente dal potere disperdente del mezzo ottico ma anche dalla lunghezza del percorso effettuato all’interno di esso da parte dei raggi.
Da quest’ultima constatazione risulta evidente che l’ideale, nella creazione
di una gemma, è fare in modo che un raggio catturato da una pietra ne riesca dopo aver percorso il massimo cammino possibile all’interno di essa.
Per ottenere questo bisogna fare in modo che i raggi, una volta entrati
nella pietra dall’alto, incidano sulle faccette dall’interno con angoli superiori all’angolo limite, in modo che vengano riflessi il maggior numero di
volte possibile, allungando così il loro percorso.
COLORE
E’ una delle proprietà meno importanti dei minerali ed è la più evidente
manifestazione dell’interazione fra minerale e luce bianca.
La percezione del colore è un’esperienza soggettiva nella quale hanno un
ruolo importante fattori fisiologici e psicologici. Il colore percepito è il
risultato di una misura eseguita dall’occhio e di un’interpretazione data
dal cervello della composizione spettrale della radiazione osservata.
Il colore dei minerali, come di tutti i corpi, è dovuto ad un diverso assorbimento di varie lunghezze d’onda delle innumerevoli che costituiscono
la luce bianca.
In breve diremo che i corpi opachi illuminati da luce bianca assorbono
alcune lunghezze d’onda, cioè alcuni colori, e riflettono gli altri, cosicché
il minerale ci appare della luce riflessa che non è più bianca perché privata di alcuni colori che la costituiscono. Per i corpi trasparenti, la colorazione è dovuta al fatto che, se attraversati dalla luce, assorbono solo
alcune lunghezze d’onda lasciando passare le altre.
Una prima grossolana divisione consiste nel tenere conto se la causa del
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loro colore è dovuta ad uno o più elementi che sono costituenti essenziali del minerale stesso o se è dovuto ad elementi estranei al suo chimismo.
Questa divisione comprende:
Minerali Idiocromatici - (colore proprio)
Dotati di colorazione caratteristica e costante dovuta ad uno
o più minerali costituenti.
Esempio: nel Granato Almandino il colore è dovuto alla
presenza di ferro (Fe) nella sua composizione chimica
essenziale (Fe3 Al2 (SiO4)3
Minerali Allocromatici - (colore altrui)
Dotati di colorazione dovuta ad impurezze e pertanto non
costante;
quando si presentano perfettamente puri sono incolori.
Esempio: nel Rubino il colore rosso è dovuto alla presenza di
Cromo che sta al posto dell’Alluminio (in percentuale molto
bassa) nel chimismo del cristallo (Al2O3)
Minerali Pseudocromatici - (falso colore)
Dotati di colorazione dovuta a fenomeni fisici subiti dalla luce
che penetra in essi.
Esempio: nell’Opale i lampi di colore che provengono da
superfici lungo le quali
sferuline di silice amorfa (SiO2) si trovano allineate
regolarmente in due direzioni dello spazio.
La luce incidente su di esse subisce un fenomeno detto Diffrazione.
TRASPARENZA
E’ legata alla capacità di un minerale di assorbire o trattenere la luce.
Qualitativamente i minerali possono essere distinti in:
- Trasparenti
- Semitrasparenti
- Traslucidi
- Opachi
E’ evidente, comunque, che singoli campioni possono o per loro dimensioni o per eventuali impurità , far variare l’assorbimento della luce.
Due elementi che secondo il loro grado di carica concorrono all’abbassamento della trasparenza sono il Ferro (Fe) ed il Manganese (Mn).
Se il minerale cristallizza in sistemi diversi, può capitare che in un sistema sia opaco e nell’altro trasparente; esempio: Metacinabro - monometrico, opaco con colore rosso-nero
Cinabro - trigonale, trasparente con colore rosso
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LUCENTEZZA
Aspetto che assume la superficie del minerale, faccia naturale o di sfaldatura, quando riflette la luce.
I diversi tipi di lucentezza sono definiti riferendoli all’aspetto di sostanze
comuni.
METALLICA
caratteristica dei minerali opachi con alto potere
riflettente (metalli, semimetalli, solfuri, arseniuri,
solforali ed alcuni ossidi)
esempio: Oro, Argento, Pirite
SUBMETALLICA
con aspetto di metallo appannato
esempio: Cromite, Magnetite, Rutilo, Enargite
ADAMANTINA
caratteristica dei minerali trasparenti ad alto
indice di rifrazione
esempio: Diamante, Cerussite, Cassiterite,
Fosgenite
SUBADAMANTINA
meno viva dell’Adamantina
esempio: Topazio, Cuprite, Zincite
RESINOSA
nei minerali traslucidi ad alto indice di rifrazione
esempio: Blenda, Solfo, Realgar, Ambra
GRASSA
altra caratteristica presentata da alcuni minerali
traslucidi;
si nota il più delle volte sulle fratture e meno
sulle superfici
esempio: Zircone, Scheelite, Nefelina
CEREA
caratteristica dei minerali con fine struttura
d’aggregati (Calcedonio)
o di gel minerali (Crisocolla)
VITREA
presentata dalla maggior parte dei minerali
trasparenti a medio indice di rifrazione
esempio: Quarzo, Fluorite
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UMIDA
caratteristica dei minerali a basso indice di
rifrazione
esempio: Alite, Carnallite, Criolite
TERROSA
presentata dai prodotti di alterazione
esempio: Limonite, Goethite
Le strutture di aggregati presentano particolari lucentezze:
SERICEA
presentata dagli aggregati fibrosi di cristalli
paralleli
esempio: Crocidolite, Tremolite
MADREPERLACEA
negli aggregati squamosi di cristalli lamellari
traslucidi (Talco)
oppure su facce di sfaldatura (Miche)
OPACA
presentata dai minerali microcristallini a finissima
aggregazione granulare
esempio: Magnesite, Psilomelano
Alcuni minerali presentano particolari lucentezze, se illuminati a luce
bianca, con fenomeni di colorazione policroma o cangiante
Lo sfruttamento di questi giochi di luce hanno portato all’utilizzo di questi minerali come pietre ornamentali
IRIDESCENZA
dovuta a fenomeni di interferenza luminosa
provocata da leggere alterazioni superficiali
(Oligisto, Galena) oppure presente in minerali
trasparenti, per fenomeni di interferenza su piani
interni di sfaldatura (Calcite Spatica)
OPALESCENZA
a colori cangianti e sfumati per decomposizione
della luce bianca su superfici curve interne,
talora, come nell’Opale, per disidratazione del gel
colloidale
LABRADORESCENZA tipica della Labradorite. Si presenta a nette
frange parallele e rettilinee azzurre e verdi, in
rapporto a variazioni degli indici di rifrazione con
la composizione chimica del feldspato
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GATTEGGIAMENTO
con effetti di illuminazione interna che si sposta
con l’orientamento rispetto alla luce incidente.
E’ dovuta ad inclusioni di fibre parallele diritte od
ondulate di minerali asbestoidi nel quarzo.
Si distingue in: Occhio di Tigre – Occhio di Gatto
Occhio di Falco
AVVENTURINAMENTO luccichio, su punti luminosi raggruppati od
uniformemente distribuiti.
Presente in minerali trasparenti come feldspati o
quarzi, dovuto a minute inclusioni di minerali
metallici o submetallici (Ematite, Rutilo)
ASTERISMO
effetto di luce stellata dovuto ad inclusioni
disposte in modo ordinato in rapporto con la
simmetria del cristallo
LUMINESCENZA
Proprietà che hanno campioni di alcuni minerali di emettere luce se sottoposti a particolari trattamenti, atti a fornire energia al campione stesso.
(Es. Illuminazione con luce ad onda lunga o corta per un certo periodo di
tempo: pochi secondi possono già essere sufficienti)
L’energia assorbita può provocare un “salto quantico” di un elettrone da
un’orbita atomica ad un’altra.
I quantitativi di energia in gioco durante i salti elettronici sono, ovviamente, diversi secondo il tipo di atomo e del modo in cui esso è legato alla
molecola.
L’assorbimento di energia raggiante è in stretta relazione con la struttura
molecolare e l’entità di tale assorbimento risulta essere una caratteristica
propria della sostanza in esame.
L’energia assorbita non può essere mantenuta indefinitamente dagli
atomi eccitati dalla sostanza ma viene più o meno istantaneamente convertita in altre forme di energia (calore, luce) tra cui quella luminosa, che
viene emessa a specifiche lunghezze d’onda (maggiori di quella incidente e quindi visibili) che sono capaci di conferire alla sostanza in esame un
colore spesso estremamente caratteristico, e diverso da quello presentato a luce solare.
La causa più diffusa che determina questo tipo di proprietà così singola-
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re è legata alla presenza di “ioni attivatori” di alcuni elementi naturali specifici all’interno della struttura cristallina dell’elemento in considerazione.
Manganese (Mn), Cromo (Cr), Piombo (Pb), Molibdeno (Mo) sono elementi che frequentemente si comportano da ioni attivatori conformemente all’ambiente in cui sono immersi.
Questi “ioni attivatori” presentano poi degli aspetti particolari che si
distinguono in:
FLUORESCENZA
quando l’emissione di radiazioni visibili si ottiene
irraggiando il campione con raggi catodici, raggi
X, raggi ultravioletti
FOSFORESCENZA
come la fluorescenza, ma persistente, per tempi
variabili, al cessare dell’azione
TERMOLUMINESCENZA quando l’emissione di radiazioni visibili si
ottiene riscaldando moderatamente il
campione
TRIBOLUMINESCENZA
quando l’emissione è ottenuta strofinando
o battendo il campione
La distinzione fra fluorescenza e fosforescenza si basa sulla durata del
fenomeno di luminescenza.
Quando l’emissione di luce cessa al termine dell’irraggiamento si parla di
fluorescenza; quando continua anche dopo l’irraggiamento (seppure per
pochi secondi) si parla di fosforescenza.
I minerali che frequentemente presentano fenomeni di termoluminescenza sono: Fluorite, Calcite, Apatite, Barite, Spudomene, Feldspati,
Lepidolite, Scapolite.
La triboluminescenza è mostrata da campioni di: Fluorite, Blenda,
Calcite, Lepidolite.
Nella tabella che proponiamo in calce a questo trattato segnaliamo il
nome di alcuni minerali che possono reagire a raggi ultravioletti ad onda
lunga o corta.
Rimane implicito che non tutti i campioni dei minerali segnalati reagiranno in questo modo; alcuni (i più) potranno addirittura non dare alcuna reazione, per quanto già detto in precedenza.
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DIFETTO STRUTTURALE
In un reticolo cristallino gli atomi e gli ioni sono disposti in modo periodicamente ordinato, per cui, se idealmente lo percorriamo partendo da un
atomo (A) e ritroviamo dopo una certa distanza “t”
un atomo della
stessa specie e con uguale intorno, ritroveremo altri atomi identici dopo
una distanza 2t, 3t, nt.
In realtà, alcune proprietà che possiamo determinare nei cristalli non trovano un’interpretazione soddisfacente nel perfetto ordinamento reticolare del cristallo ideale.
Dobbiamo dunque ritenere che vi siano punti, linee e piani dove la periodicità del reticolo non è mantenuta.
A questi punti, linee e piani in cui si rompe la perfezione geometrica del
reticolo cristallino diamo il nome di “Difetti Strutturali”.
Alla presenza di difetti strutturali si imputa, tra altri fenomeni, anche quello di far comparire colorazioni in cristalli normalmente incolori.
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CENTRO DI COLORE
E’ dovuto alla presenza, nella posizione reticolare che comporterebbe ad
un anione, di un elettrone in grado di assorbire radiazioni appartenenti
alla spettro del visibile.
Il più frequente, fra i centri di colore, è quello denominato “Centro F”
Anche i centri di colore sono da ricondursi a difetti strutturali.
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PARTE SECONDA
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MINERALI IDIOCROMATICI
I minerali che presentano un colore costante sono detti “idiocromatici” ed
in generale sono caratterizzati dalla presenza tra i minerali costituenti di
uno o più tra gli elementi: Titanio (Ti), Vanadio (V), Cromo (Cr), Manganese
(Mn), Ferro (Fe), Cobalto (Co), Nichel (Ni), Rame (Cu), Zinco (Zn), che vengono pertanto definiti come “elementi cromofori”.
E’ possibile, pertanto, una ripartizione in gruppi dello stesso colore, che
ha anche un certo valore diagnostico.
Molto soggettivo è l’apprezzamento del colore, il quale, peraltro, dipende
da due fattori:
Stato di purezza o meno
Stato di freschezza del campione
I minerali di colore Bianco-Stagno, Grigio-Acciaio, Grigio-Piombo, Nero
sono per lo più minerali metalliferi.
Diamo di seguito una ripartizione per gruppi di colore
(l’elenco non è completo ma serve a titolo di esempio)
BIANCHI STAGNO:
Antimonio Nativo
Bismuto Nativo
Argento Nativo
Platino Nativo
GRIGI ACCIAIO
Arsenico Nativo
Ematite
Ferro Nativo
Tetraedrite
Arsenopirite
Enargite
Stannite
GRIGI PIOMBO
Antimonite
Bournonite
Bismutinite
Galena
NERI
Argentite
Ilmenite
Magnetite
Braunite
Ilvaite
Wolframite
ROSEI
Bornite
Cuprite
Crocoite
Rodonite
ROSSI
Cinabro
Proustite
Rodocrosite
Pirargirite
Realgar
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GIALLI
Calcopirite
Limonite
Grenockite
Marcasite
Goethite
GIALLI BRUNASTRI
Millerite
Orpimento
Pirrotina
Wulfenite
Oro
Pirite
Solfo
VERDI
(essenzialmente sono
tutti dei composti di
Rame o Nichelio)
Atacamite
Dioptasio
Malachite
Brocantite
Crisocolla
AZZURRI
Azzurrite
Calcantite
Linarite
Lapislazzuli (Lazurite)
Covellina
Glaucofane
Turchese
MINERALI ALLOCROMATICI
I minerali che non mostrano una costante cromatica sono definiti come
“allocromatici” e rappresentano il gruppo più numeroso.
La loro polvere è però sempre bianca o molto chiara.
Le variazioni cromatiche di un minerale possono essere imputate a tre
cause:
Elementi cromofori accidentali presenti come “ioni” estranei nella struttura dei minerali
Difetti strutturali, in particolare quei difetti che sono definiti con “Centri di
Colore”
Minute inclusioni, in cristalli, di altri minerali.
Tutte e tre le cause possono infine concorrere a determinare il colore di
un cristallo.
La colorazione impartita da un elemento cromoforo è funzione sia delle
caratteristiche proprie dell’elemento sia delle caratteristiche della struttura cristallina in cui è inserito, per cui uno stesso elemento può provocare
colorazione diverse in minerali differenti.
Ad esempio: lo ione Cr+3 conferisce colore Rosso al Corindone e
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Verde al Berillo.
Se da un lato le colorazioni accidentali pregiudicano il riconoscimento
delle specie minerali, ne determinano però la varietà:
il quarzo violaceo è l’ Ametista
il quarzo nero è il Morione
Un colore accidentale può, a volte, indicare la provenienza del minerale.
Ad esempio:
un Diamante giallino (paglierino) è Africano e non dell’India o di altra zona
se un’Anglesite italiana è verde, quasi sicuramente proverrà dalla
Sardegna
La colorazione, poi, non sempre è omogenea, cioè di uguale intensità in
ogni punto del cristallo.
Essa può comparire solo sugli spigoli o nei vertici e da ciò se ne deduce
che le superfici possono catturare le sostanze contenute nella fase liquida o gassosa che sta a contatto del minerale.
In alcuni minerali, si hanno colori diversi andando dall’interno all’esterno
del cristallo, come nelle Tormaline Policrome zonate del Brasile; questo è
dovuto ad un brusco cambiamento di composizione chimica durante la
fase di crescita del cristallo.
Alcuni minerali, sono in grado di cambiare colore per semplice riscaldamento o irraggiamento con Raggi X o Raggi Catodici.
Quest’ultimo tipo di variazioni cromatiche si riconducono allo stabilirsi di
quei difetti strutturali conosciuti come “Centri di Colore”.
In alcuni minerali, infine, la colorazione è imputabile alla presenza di piccoli cristalli presenti come inclusioni più o meno minute. Di questo tipo è
la colorazione Rossa o Verde nel quarzo imputata rispettivamente a
miscugli meccanici con Ematite o Mica Crocifera.
Anche per i minerali allocromatici si dà una ripartizione per gruppi di colore, non completa ma a titolo di esempio
NERI
Augite
Granato (melanite)
Tormalina (sciorlite)
Biotite
Grafite
ROSATI
Granato (almandino)
Fluorite
Ortoclasio
Topazio
Zircone
Berillo (morganite)
Kunzite
Quarzo
Tormalina (rubellite)
28
ROSSI
Granato (piropo)
Spinello
Corindone (rubino)
GIALLI
GIALLI – BRUNASTRI
Apatite
Berillo
Corindone
Fluorite
Ortoclasio
Scapolite
Tormalina
Brasilianite
Andalusite
Blenda
Crisoberillo
Granato (topazolite)
Quarzo (citrino)
Titanite
Zircone
AZZURRI
Berillo (bazzite)
Cianite
Corindone
Spinello
Topazio
Zircone
Calamina
Cordierite
Fluorite
Sodalite
Tormalina (indicolite)
POLVERI
Molto più costante del colore di massa o del cristallo è il colore della polvere di un minerale che normalmente si rileva strofinando il minerale su
un pezzo di porcellana grezza.
Il colore della polvere , detto anche “colore di sfregamento”, permette, in
certi casi, di distinguere immediatamente minerali che presentano lo
stesso colore di massa.
Per esempio: Ematite e Magnetite sono Neri ma il colore della polvere è
sempre Rosso per l’Ematite e Nero per la Magnetite.
Certi minerali o varietà di minerali, tipo la Labradorite (plagioclasio ricco
di Ca) o l’Opale Nobile, presentano un tipo particolare di colorazione
detta Pseudocromatismo.
29
MINERALI PSEUDOCROMATICI
Lo pseudocromatismo si manifesta come una serie di colori
spettrali variabili in funzione dell’orientamento del campione rispetto
all’osservatore.
Esso è dovuto a fenomeni di Interferenza, Diffrazione e Diffusione, radiazioni luminose riflesse dalla superficie e dalle pareti interne del campione, analoghe a quelle che qualche volta vediamo nei colori spettrali sulle
superfici di gocce d’olio o bolle di sapone.
L’esempio classico è dato dall’Opale, all’interno del quale si trovano
superfici formate da una composizione regolare di innumerevoli granuli di
Silice Amorfa, che fungono da reticolo di diffrazione e danno luogo ad
interferenza.
Per questo, certe lunghezze d’onda vengono “annullate” mentre altre
sono “rinforzate”, dando origine a lampi di luce che sono praticamente
puri dal punto di vista spettrale (cioè non inquinate da altre lunghezze
d’onda che ne smorzerebbero la vivacità).
PLEOCROISMO
Fenomeno con il quale un cristallo anisotropo, del sistema dimetrico e
trimetrico, presenta colorazione secondo l’orientamento che il raggio
di luce incidente ha rispetto alle direzioni cristallografiche dello stesso
cristallo.
In effetti:
- Nel gruppo dimetrico, il cristallo che presenta due direzioni equivalenti dal punto di vista cristallografico e quindi manifesta lo stesso colore, nella terza direzione a 90° rispetto alle prime due, ha un
altro colore. Fig. A
- Nel gruppo trimetrico, dove le tre direzioni sono diverse, si hanno
tre intensità di colore diverse. Fig. B
Il pleocroismo è caratteristico, anche se non sempre presente, dei
cristalli birifrangenti colorati.
30
Fig. A
Se prendiamo, per esempio, una porzione di cristallo di Berillo varietà
Smeraldo (gruppo dimetrico) tagliata a forma di cubo e lo facciamo attraversare da tre raggi di luce bianca in tre direzioni a 90° tra loro, osserveremo che i tre raggi uscenti non solo non saranno più bianchi, ma noteremo come risultante due differenze di colore in quanto due direzioni a
90° tra loro sono equidistanti dal punto di vista cristallografico e quindi
daranno colore uguale, mentre la terza direzione a 90° rispetto alle altre
due darà un colore differente.
Fig. B
La stessa sperimentazione della Fig. A, applicata ad un a porzione di cristallo di ZOISITE blu (gruppo trimetrico) che presenta cristallograficamente tre diversi rapporti nelle tre direzioni, noteremo che i tre raggi
uscenti presenteranno tre colori diversi tra loro ( blu, giallo, rosso ).
Si è usato per la sperimentazione un campione a forma di cubo per dimostrare che il colore risultante dei tre raggi non è dovuto alla differenza di
spessore che essi attraversano.
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SPIEGAZIONE DEL FENOMENO
Un raggio di luce bianca che entra in un cristallo birifrangente viene sdoppiato in due raggi che percorrono due cammini differenti e sono anche
polarizzati con i piani di vibrazione disposti a 90° l’uno rispetto all’altro.
Dal punto di vista ottico, questi raggi incontrano due situazioni reticolari
diverse (altrimenti si tratterebbe di cristalli monorifrangenti) che influiscono in diverso modo su ciascuno dei due raggi. Saranno quindi assorbiti
in modo diverso.
In altre parole, ogni raggio rifratto polarizzato viene assorbito in modo differente secondo l’orientamento del raggio incidente da cui deriva (e di
conseguenza secondo la propria orientazione) rispetto al cristallo.
In effetti, quando si osserva ad occhio nudo un cristallo che presenta un
marcato pleocroismo, lungo una direzione osserviamo la risultante della
somma dei colori non assorbiti dai due raggi (dovuti alla birifrazione), la
quale è differente per colore alla risultante della somma dei colori non
assorbiti dai due raggi, osservabili lungo un’altra direzione, perché, come
già detto, gli assorbimenti lungo direzioni, differenti per ogni direzione di
vibrazione, sono differenti.
IL CORPO NERO
Per “corpo nero” si intende una sostanza ideale che assorbe o emette
radiazioni di tutte le lunghezze d’onda senza privilegiarne alcuna.
Questo concetto ricopre un ruolo importante nella storia della fisica in
quanto è proprio stata l’analisi dello spettro del corpo nero che portò Max
Plance ad introdurre l’ipotesi dei “quanti” intorno al 1900.
Egli trovò che solo ammettendo la quantizzazione era possibile spiegare
la forma dello spettro del corpo nero.
Nel corpo nero ideale lo spettro delle radiazioni non dipende dalla composizione chimica dell’emettitore ma è funzione di una sola variabile: la
temperatura.
Allo zero assoluto tutti gli atomi occupano il livello più basso disponibile
e non viene emessa alcuna radiazione.
Con l’aumentare della temperatura, alcuni atomi entrano in stati eccitati,
ma poiché il tutto si svolge in modo casuale, essi vengono ad occupare
un gran numero di strati, caratterizzati da un ampio spettro di energie.
A qualsiasi temperatura finita, il numero degli strati occupati aumenta con
l’energia sino ad un massimo, per poi decrescere gradualmente in modo
da far assumere allo spettro la forma di un’onda marina.
32
La posizione della cresta e la forma, più o meno ripida, sono in correlazione diretta con la temperatura.
Alla temperatura ambiente le eccitazioni termiche sono ancora a livelli
energetici molto bassi e si ha radiazione solo nella zona dell’infrarosso.
Al raggiungimento intorno ai 700° C, pur avendo la maggior parte di
radiazioni nell’infrarosso, incomincia a comparire una radiazione visibile,
percettibile con una luminosità rossastra.
Con l’aumentare della temperatura, la curva si sposta verso energie più
elevate e lunghezze d’onda inferiori, cosicché, l’oggetto riscaldato diventa più luminoso e cambia colore.
La serie dei colori va dal rosso all’arancio, al giallo, al bianco ed infine
all’azzurro chiaro.
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CORRELAZIONE TRA I VARI SPETTRI ( Indicativo )
La radiazione del sole è circa uguale a quella di un corpo nero riscaldato
alla temperatura di 5700°C.
La forma dello spettro di un corpo nero è determinata esclusivamente
dalla temperatura; all’aumentare di questa diventa più stretta e sposta il
suo picco verso le basse lunghezze d’onda.
Lo spettro della luce solare ha un andamento molto vicino a quello della
sensibilità dell’occhio umano.
Esempi di quanto enunciato:
nella fiamma di una candela le particelle incandescenti di carbonio
emettono radiazioni che corrispondono a quelle del corpo nero alla
temperatura di circa 1500°C con una colorazione della luce che va dal
rosso al giallo
Il filamento di tungsteno in una lampada ad incandescenza che raggiunge una temperatura di circa 2200°C, emette radiazioni tali da fornire una
luce bianco-giallastra.
Lo spettro della luce solare è molto simile a quello di un corpo nero. La
sua forma è determinata dalla temperatura esistente sulla superficie del
sole che è stata misurata a circa 5700°C.
Lo spettro possiede un picco sui 2,2 elettronvolt, che corrisponde ad una
lunghezza d’onda di 560 nanometri, nella zona del giallo-verde.
L’occhio umano ha una sensibilità massima che trova riscontro proprio
nella zona del giallo-verde.
In effetti l’idea di bianco dipende in gran parte dallo spettro della luce del
giorno che è dominato dalla radiazione solare.
Concludendo, si può dire che la luce viene percepita come bianca se il
suo spettro somiglia a quello della luce solare, mentre gli altri colori vengono definiti in base allo scostamento dallo spettro solare.
I GRADINI DELL’ENERGIA
In tutte le interazioni tra la materia e le radiazioni elettromagnetiche è valida la legge fondamentale della meccanica quantistica; per questa, gli
atomi possono esistere solo in stati di equilibrio caratterizzati ognuno da un
ben definito livello di energia. Tutti i livelli intermedi sono pertanto proibiti.
Lo stato di equilibrio più basso è detto “stato fondamentale”, mentre tutti
gli altri livelli che sono definiti come “stati eccitati” vanno poi a disporsi
34
sopra quello fondamentale a formare i gradini di una scala.
La distanza fra i vari gradini è molto variabile.
La luce o qualsiasi altra forma di radiazione atta ad eccitare gli atomi può
venire assorbita soltanto se possiede esattamente il valore d’energia
necessaria per far sì che l’atomo possa trasferirsi da un livello ad un altro
superiore. Allo stesso modo, se un atomo decade da uno stato eccitato
ad uno inferiore, deve emettere una radiazione che comprende tutto il
valore d’energia che si deve perdere per passare da un livello all’altro.
Questa radiazione si manifesta come “fotone” o “quanto di luce” ed ha
una frequenza ed una lunghezza d’onda determinata dalla differenza di
energie tra i due livelli.
Al fine del colore, gli stati che presentano un interesse maggiore
sono quelli possibili degli elettroni.
Negli atomi, molecole o ioni, ogni elettrone deve occupare un orbitale od area spaziale che è funzione della carica dell’elettrone nei
confronti del nucleo dell’atomo. Questi orbitali sono a loro volta
organizzati in strati.
Ogni gradino della scala delle energie può essere occupato solo da
un certo numero di elettroni.
Avremo che il primo strato è occupato da due soli elettroni, i due
immediatamente superiori accolgono ognuno otto elettroni. Gli strati completi di elettroni si dispongono a coppie e la configurazione
dello strato risulta così notevolmente stabile. Per far passare uno
degli elettroni accoppiati di uno strato completo al primo livello
superiore occorre una notevole energia che può essere fornita solo
da radiazioni ultraviolette o addirittura dalla zona X dello spettro.
Se ne deduce che raramente gli strati completi prendono parte direttamente alla formazione dei colori. In effetti, generalmente, questo è dovuto al passaggio di uno strato a quello superiore o viceversa di quegli elettroni spaiati che sono sugli orbitali più esterni. Si tratta degli elettroni di
valenza, cioè quelli che sono anche responsabili della formazione dei
legami chimici.
35
DIAGRAMMA A SCALINI DI UN ATOMO DI SODIO
Sono rappresentate le lunghezze d’onda che possono venire emesse o
assorbite dall’atomo.
Per salire da un livello all’altro, l’atomo deve assorbire una radiazione
(quanto di luce ) la cui energia corrisponde esattamente alla differenza fra
l’energia del livello dal quale si muove e quella del livello a cui arriva.
Ritornando alla posizione di partenza, l’atomo emette la stessa energia
sotto forma di quanto di luce.
Nello schema rappresentato, riferito al Sodio, notiamo che la maggior
parte delle transizioni in discesa passano attraverso i livelli designati 3P1/2
e 3P3/2 sino allo stato fondamentale 3S1/2.
I livelli 3P1/2 e 3P3/2 corrispondono a quanti con energia 2,103 e 2,105 eV.
che cadono nella zona gialla dello spettro visibile; infatti i vapori di Sodio
emettono una luce gialla intensa.
36
TRANSIZIONI ATOMICHE
Prendiamo in considerazione l’atomo di sodio.
Esso possiede 11 elettroni, ma 10 fanno parte dei primi due strati completi per cui difficilmente si muovono dalla loro condizione. L’undicesimo
elettrone, che è anche quello di valenza, è il solo che può prendere parte
all’interazione dell’atomo con la luce.
Quando l’atomo si trova nel suo stato fondamentale o di quiete, l’elettrone libero occupa un orbitale che è definito 3S1/2.
I primi scalini in cui si può spostare sono detti 3P1/2 e 3P3/2 e corrispondono ad un valore energetico di 2,103 eV e 2,105 eV (elettronvolt).
Queste sono le più piccole energie che possono essere assorbite dall’atomo allo stato fondamentale e corrispondono a lunghezze d’onda di
589,6 e 589,1 nanometri che nello spettro del visibile cadono nella zona
del giallo.
Al di fuori di questi livelli energetici ne esistono infiniti altri, in teoria, ma
in pratica questi si definiscono automaticamente se consideriamo che ad
un certo punto l’elettrone, seppure eccitato, non si può più considerare
tale, ma si viene a trovare in una condizione di isolamento (indipendente
dall’atomo di appartenenza), si è cioè ionizzato l’atomo (per il Sodio il
limite è posto a 5,12 eV).
Se dallo stato ionizzato passiamo alla ricombinazione dello ione e dell’elettrone libero, avremo che la maggior parte dei salti energetici passerà
per uno degli orbitali 3P e, da qui, allo stato fondamentale. Se ne deduce che tra i vari quanti di luce emessi nei vari passaggi, quelli con energia 3P, pari a 2,103 e 2,105 eV sono tra i più intensi nello spettro di emissione del Sodio e pertanto un vapore di Sodio eccitato o ionizzato emette una brillante luce gialla.
In ogni elemento, quindi, poiché la distanza tra i livelli permessi è diversa, diversa sarà la luce emessa a parità di energia.
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DIAGRAMMI ASSORBIMENTI RELATIVI A RUBINO E SMERALDO
Il colore del Rubino e dello Smeraldo sono dovuti all’assorbimento di
determinate lunghezze d’onda da parte degli elettroni spaiati negli ioni
Cromo (agente responsabile del colore in tutti e due i casi) .
Le transizioni che provocano l’assorbimento sono le stesse nei due casi:
gli ioni passano dallo stato fondamentale ai livelli eccitati.
L’unico parametro che varia è il valore del campo cristallino nel quale
avviene la transizione.
Nel Rubino le bande di assorbimento bloccano la luce viola, verde e gialla e vengono trasmessi invece il rosso ed un po’ di blu.
Il campo cristallino dello Smeraldo è più debole e perciò si nota un
abbassamento di entrambe le bande di assorbimento. Vengono così eliminate le transizioni nel rosso e migliorata quella del blu che si estende
nel verde.
Le transizioni dal livello 2E a quello fondamentale danno luogo alla fluorescenza rossa, quasi identica nei due minerali.
38
IL CAMPO CRISTALLINO
Quando gli atomi si combinano a formare molecole prima e solidi in
seguito, nel sistema vengono introdotte nuove possibilità di eccitazioni.
Tra queste vi sono vibrazioni e rotazioni meccaniche impossibili in un
atomo isolato.
E’ come se questi fossero vincolati ad una molla che consente oscillazioni intorno al punto di ancoraggio; per di più possono ruotare intorno al
loro centro di massa.
Questa combinazione di movimenti può avere influenze sul colore della
sostanza.
Un’altra conseguenza dei legami fra atomi diversi è il cambiamento dello
stato degli elettroni di valenza.
Negli atomi isolati questi elettroni sono spaiati e costituiscono la causa
principale dell’origine del colore.
In una molecola gli elettroni di valenza di un atomo si accoppiano con
quelli degli atomi adiacenti.
Queste coppie che si formano producono il legame chimico.
In conseguenza di questi accoppiamenti, le bande di assorbimento degli
elettroni di valenza vengono spostate nella zona dell’ultravioletto (forti
energie di eccitazione per rimuoverli) e non contribuiscono più alla formazione del colore. In questa situazione solo pochi elettroni in stati eccezionali rimangono disponibili a tale scopo.
Nei metalli di transizione quali il Ferro, Rame, Cromo e le Terre Rare è
possibile trovare questo stato eccezionale in quanto gli atomi possiedono degli strati interni che rimangono parzialmente vuoti; in essi vi sono
quindi degli elettroni spaiati i cui stati eccitati cadono spesso nella zona
dello spettro visibile, dando origine a colori molto intensi.
Un caso caratteristico di questa situazione è rappresentato dal Rubino e
dallo Smeraldo, i quali devono il loro colore alla presenza di piccolissime
tracce di Cromo.
Il componente base del Rubino è il Corindone, un ossido di alluminio con
formula Al2 O3.
Puro, si presenta incolore ma la sostituzione di una piccola parte di ioni
alluminio con ioni cromo (Cr+++) da origine al colore caratteristico di questa pietra.
Gli ioni cromo possiedono tre elettroni spaiati che hanno uno stato fondamentale al di sopra del quale si trova uno spettro complesso di stati
eccitati.
Questi stati, però, non corrispondono ad un’energia ben definita ma
oscillano formando delle bande che a loro volta sono disturbate dalla pre-
39
senza degli altri ioni nel reticolo cristallino.
Per quanto l’identità dei vari stati sia definita dalla configurazione elettronica dello ione cromo, la posizione di ogni livello nello spettro energetico
è determinata dal campo elettrico in cui è immerso lo ione.
L’intensità di questo campo e la sua simmetria sono a loro volta definite
dalla natura e dalla disposizione spaziale degli ioni che circondano quelli di cromo.
Nel Rubino la disposizione dello ione cromo è al centro di un ottaedro
distorto costituito da sei atomi di ossigeno. Questa dislocazione fa sì che
i doppietti elettronici costituenti il legame si trovino per più tempo nei
pressi degli ioni ossigeno che non vicino agli ioni alluminio o cromo.
Si origina pertanto un campo elettrico relativamente intenso che viene
definito “campo cristallino” o “campo del legante”.
Così, uno ione cromo è costituente fondamentale del colore in quanto i
suoi tre elettroni spaiati si trovano in stati eccitati che possiedono energia nel campo del visibile.
I tre stati eccitati, seguendo le regole di selezione, passano per delle transizioni ben definite.
Le energie corrispondenti a queste transizioni hanno lunghezze d’onda
che ricadono nello spettro visibile dei colori violetto e giallo-verde.
Poiché tali livelli sono delle bande abbastanza larghe può venire assorbito uno spettro di radiazioni relativamente ampio.
Quando una radiazione a luce bianca attraversa un cristallo di Rubino ne
esce impoverita di radiazioni appartenenti al viola e al giallo-verde e viene
trasmessa praticamente tutta la banda del rosso e un po’ di blu; la combinazione delle due bande origina il colore rosso intenso con quella sfumatura porpora, classica del Rubino.
Il decadimento che si effettua all’interno del campo energetico del primo
livello possibile allo stato fondamentale, produce una forte luce rossa.
Essa si genera all’interno del cristallo per fluorescenza. E’ possibile vedere questa fluorescenza, in modo molto chiaro, se lo illuminiamo con luce
verde o violetta o con una radiazione ultravioletta.
Per contro, se all’interno della struttura sono presenti impurezze di ferro,
questo fenomeno si annulla del tutto.
Il fenomeno della fluorescenza è abbastanza presente nei rubini naturali
mentre non si verifica in quelli sintetici, del tutto privi di impurezze.
L’importanza del “campo cristallino” nella varietà dei colori che possono
manifestarsi, risulta evidente se mettiamo a confronto due minerali diversi in cui l’agente attivatore è rappresentato sempre dallo stesso ione.
Nel rubino, come abbiamo visto, lo ione cromo è responsabile di un bel
colore rosso, rosso porpora.
40
Vediamo ora cosa succede se lo stesso ione si viene a trovare nel reticolo cristallino di un allumino silicato di Berillo (Be3Al2Si6O18) o, più semplicemente, dello Smeraldo.
In questo composto lo ione cromo si viene a trovare immerso in una configurazione ottaedrica di sei atomi di ossigeno come, peraltro, nel rubino.
La differenza più significativa è rappresentata dal tipo di legame che nello
smeraldo è leggermente meno ionico del valore presentato dal rubino,
fatto che porta ad una diminuzione del campo elettrico in cui sono
immersi gli ioni cromo.
Da questo risulta che il secondo livello possibile di stato degli elettroni
liberi del cromo si trova ad un valore leggermente più basso di quello presentato nel rubino, il che, come causa risultante, sposta la banda di
assorbimento, che nel rubino blocca il giallo ed il verde, verso le energie
più basse della zona gialla e rossa dello spettro.
Lo smeraldo assorbe per lo più luce rossa, trasmettendo molto di più che
nel rubino quella blu e verde. Per contro, la fluorescenza dello smeraldo
è quasi identica a quella del rubino.
In effetti, il primo livello permesso oltre allo stato fondamentale non viene
quasi mai influenzato dalla riduzione del campo cristallino totale.
La somiglianza delle emissioni di fluorescenza dimostra che è una pura
coincidenza che il rubino abbia colore e fluorescenza entrambi rossi.
In una posizione spettrale intermedia al rubino ed allo smeraldo si trova
un altro minerale usato in gemmologia: l’Alessandrite.
Anche in questo caso l’agente cromoforo è lo ione cromo che sostituisce
l’alluminio.
Siamo in presenza di un alluminato di berillo (BeAl2O4).
Il campo cristallino che influenza i livelli energetici dello ione cromo ha un
valore intermedio a quelli dello smeraldo e del rubino, con il risultato che
le bande di trasmissione del verde e del rosso si vengono a trovare quasi
perfettamente bilanciate.
La quasi uguaglianza delle bande fa sì che la gemma esposta alla luce del
sole, luce ricca di blu, appaia di un bel colore verde azzurro; se esposta
alla luce di una candela o di una lampada ad incandescenza, più ricche
di rosso, appare rosa-rossa.
Ogni qualvolta in un solido vengono a trovarsi ioni con elettroni spaiati si
hanno colori dovuti al campo cristallino. Alcuni esempi di colore, dovuto
a questo fenomeno si hanno dall’Acquamarina, dalla Giada, dal Quarzo
citrino, dove l’impurezza è dovuta a ioni ferro.
41
CENTRI DI COLORE
L’assorbimento degli elettroni nei metalli cromofori non è il solo meccanismo di produzione del colore in presenza del campo cristallino. Un elettrone in eccesso che non sia legato a nessun atomo può essere sufficiente per il colore se intrappolato in qualche difetto strutturale del reticolo,
per esempio in corrispondenza di uno ione mancante o di un’impurezza.
Si ottiene lo stesso effetto quando venga a mancare un elettrone in un
doppietto atomico; tale situazione è definita con il termine di “buca”.
Questi tipi di anomalie sono dette “centri di colore” o centri F”, dal tedesco Farbe = colore.
La Fluorite è un minerale che spesso presenta colorazioni a causa dei vari
tipi di centri di colore; infatti ricercatori hanno individuato molti tipi di centri di colore ma non per tutti si è, fino ad ora, arrivati a stabilire il meccanismo di produzione del colore..
Vediamo come un “centro F”, nella fluorite, si comporta per determinare
il colore.
Nel floruro di calcio (CaF2), normalmente, ogni ione calcio è circondato
da otto ioni fluoro; quando uno ione fluoro viene a mancare si determina
nel reticolo cristallino un “buco” o “Centro F”.
Questo buco si può formare per varie cause:
se il cristallo cresce in un eccesso di ioni calcio esponendo il minerale ad
una elevata radiazione di energia (che può spostare uno ione dalla sua
posizione originaria) se sottoposto ad un campo elettrico molto intenso
(per elettrolisi lo ione fluoro viene rimosso dalla sua posizione).
Poiché il cristallo deve mantenere una neutralità elettrica, nel reticolo cristallino il buco lasciato libero dallo ione fluoro viene occupato da un’altra
carica elettrica negativa.
Se questa viene occupata da un elettrone libero ecco che si costituisce il
“centro F”. L’elettrone, in questo caso, rimane in quella posizione non
perché appartenente ad un suo atomo o ad un suo ione, ma per effetto
del campo elettrico creato da tutti gli ioni che lo circondano.
In questo stato l’elettrone può occupare uno stato fondamentale oppure
i vari stati eccitati permessi.
Un altro esempio di centro di colore costituito da una buca è dato dal
Quarzo affumicato.
Il reticolo del quarzo è costituito da biossido di silicio (Si O2), ma in questo caso abbiamo delle impurezze dovute all’alluminio che sostituiscono
alcuni atomi di silicio. L’alluminio è con valenza +3 ed il silicio con valenza +4; non abbiamo pertanto equilibrio elettrico del campo cristallino ed
occorre che sia presente, nelle vicinanze, uno ione a compensare.
42
Si può ottenere questo compenso esponendo per un tempo breve il campione ad una sorgente molto intensa di raggi X o gamma oppure, come
avviene in natura, ad una sorgente molto debole ma per un tempo molto
lungo (di tipo geologico).
La radiazione espelle un elettrone da un doppietto di un atomo di ossigeno vicino ad un’impurezza di alluminio, lasciando così nell’orbitale un
elettrone spaiato. L’elettrone mancante è detto “buca” mentre l’altro
rimasto può spostarsi lungo una serie di livelli eccitati simili a quelli dell’elettrone in eccesso nei centri F.
In natura, molto spesso, il quarzo presenta inclusioni di alluminio, ma
queste da sole non sono in grado di fargli assumere una colorazione, in
quanto non possiedono elettroni spaiati.
Come per il quarzo affumicato così per il quarzo ametista si deve la colorazione ad un centro formato da una buca, ma l’impurezza e costituita da
ferro.
La maggior parte dei centri di colore è stabile a temperature non troppo
elevate.
Nella Fluorite un riscaldamento medio rimette in movimento gli ioni fluoro, consentendogli di ritornare nella posizione originaria nel reticolo, perdendo il colore.
Il riscaldamento fa cambiare colore all’ametista facendola diventare quarzo madera o assumendo, sebbene molto di rado, addirittura un colore
verde. Questi colori sono dovuti all’influenza del ferro senza la presenza
dei centri di colore.
Anche la luce solare può esser responsabile della scomparsa dei centri di
colore. Un esempio è dato dai topazi ialini, che una volta irraggiati per
formazione di colore, dopo pochi giorni di irraggiamento solare ritornano
allo stato iniziale con la scomparsa del colore.
CENTRO DI COLORE
In un cristallo si può formare un Centro di colore quando un elettrone
prende il posto di uno ione.
Nel caso della Fluorite, fluoruro di calcio Ca F2, l’elettrone sostituisce uno
ione fluoro. Questo elettrone possiede uno spettro di stati eccitati che si
estende nel campo delle energie del visibile. I centri di colore presenti nella
fluorite, detti Centri F, conferiscono al minerale un colore porporino.
La struttura originaria del cristallo può venire ristabilita tramite riscaldamento, con la conseguente scomparsa del colore.
43
ORBITALI MOLECOLARI
Abbiamo visto che nella molecola e nei solidi gli elettroni di valenza,
responsabili dei legami chimici, formano dei doppietti stabili i cui stati
eccitati si trovano nella regione dell’ultravioletto, cioè non visibili.
Questo è valido quando il doppietto rimane in un certo rapporto di legame fra i due atomi.
In molti casi, gli elettroni possono spostarsi a distanza molto grande
rispetto ai loro atomi, così da non risultare più strettamente legati; ne deriva che l’energia per passare in uno stato eccitato risulta molto ridotta.
In questa situazione si dice che gli elettroni occupano degli orbitali molecolari anziché atomici e danno origine a molti colori.
Il meccanismo per cui possono produrre dei colori è il trasferimento di
carica da uno ione all’altro.
Un esempio di questo meccanismo è dato dallo Zaffiro blu:
come il rubino ha come componente il corindone, ossido di alluminio con
formula Al2O3, ma contiene impurezze dovute a due elementi cromofori,
ferro (Fe) e titanio (Ti), che sostituiscono entrambi atomi di alluminio
Nello stato energetico più basso il ferro ha valenza +2 ed il titanio +4.
siamo in presenza di uno stato eccitato quando il titanio cede un elettrone al ferro,così che tutti e due hanno una carica +3. Questo trasferimento ha un valore energetico di 2 eV e crea un’ampia banda di assorbimento che si estende dalla regione gialla a quella rossa.
La trasmissione di luce risultante, privata della banda assorbita, produce
la caratteristica colorazione blu intensa dello zaffiro.
44
PARTE TERZA
45
TABELLE INDICATIVE
PER RICONOSCERE RAPIDAMENTE
ALCUNI TRA I MINERALI PIÚ NOTI
ATTRAVERSO IL COLORE
CHE I CRISTALLI PRESENTANO
E LA POLVERE DEGLI STESSI
46
ELENCO INDICATIVO
DI COME ALCUNI MINERALI
POSSANO REAGIRE IN MODO DIVERSO
QUANDO VENGONO ECCITATI
DA FONTI DI ENERGIA DIVERSA:
LUCE DI WOOD (onda lunga)
O
CORTA
(onda corta)
62
MINERALI FLUORESCENTI IN BLU
AMBRA
AMETISTA
ARAGONITE
BENITOITE
BORACE
BRUCITE
CALCITE
DIAMANTE
DIOPSIDE
DOLOMITE
FLUORITE
IDROMAGNESITE
IDROZINCITE
MICROCLINO
QUARZO
SCHEELITE
SELENITE
SFALERITE
SMITHSONITE
STRONZIANITE
WAVELLITE
MINERALI FLUORESCENTI IN BRUNO
ALBITE
ALLOFANE
AMAZZONITE
AMBLYGONITE
MANGANOAPATITE
SODALITE
MINERALI FLUORESCENTI IN VERDE
ADAMITE
AGATA
ALBITE
ALLOFANE
AMAZZONITE
AMBRA
ARAGONITE
AUTUNNITE
BERILLO
BORACE
CALCEDONIO
CELESTINA
FLUORITE
GESSO
IALITE
IDROMAGNESITE
OPALE
SPINELLO
TOPAZIO
WILLEMITE
MINERALI FLUORESCENTI IN ARANCIO
ALBITE
ANGLESITE
APATITE
ARAGONITE
CALCITE
EMIMORFITE
FOSGENITE
MANGANOAPATITE
NATROLITE
NEFELINA
PECTOLITE
SFALERITE
SPUDOMENE
WALLASTONITE
ZAFFIRO
ZIRCONE
MINERALI FLUORESCENTI IN ROSSO
APATITE
ARAGONITE
AXINITE
BERILLO
CALCITE
CALCEDONIO
CORINDONE
HALITE
KUNZITE
NEFELINA
63
SODALITE
SPINELLO
WOLLASTONITE
ZAFFIRO
MINERALI FLUORESCENTI IN BIANCO
ALBITE
ALLOFANE
AMAZZONITE
AMBLYGONITE
AMBRA
ANGLESITE
ARAGONITE
BARITE
BORACE
CALCITE
CELESTINA
DIAMANTE
DIOPSIDE
DOLOMITE
EMIMORFITE
FLUORITE
GESSO
IDROZINCITE
MAGNESITE
MICROCLINO
NATROLITE
QUARZO
SCHEELITE
SELENITE
SMITHSONITE
SPUDOMENE
STEATITE
STRONZIANITE
TOPAZIO
ULEXITE
WAVELLITE
WITHERITE
MINERALI FLUORESCENTI IN GIALLO
AMBRA
ANGLESITE
APATITE
ARAGONITE
BARITE
CALCITE
CERUSSITE
CLOROAPATITE
COLEMANITE
CUPROSCHEELITE
EMIMORFITE
FLOGOPITE
FOSGENITE
GESSO
KUNZITE
MANGANOAPATITE
NATROLITE
SCHEELITE
SELENITE
SFALERITE
SODALITE
SPINELLO
SPUDOMENE
TOPAZIO
TORMALINA
WOLLASTONITE
ZAFFIRO
MINERALI FLUORESCENTI IN VIOLETTO
RUBELLITE
MINERALI FLUORESCENTI IN PORPORA
DUMORTIERITE
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