LA SECONDA GUERRA MONDIALE (1939 – 42)

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LA SECONDA GUERRA MONDIALE (1939 – 42)
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Verso la fine degli anni Trenta, l’Europa scivolò verso un nuovo, spaventoso conflitto. A
determinare lo scoppio della guerra fu la politica aggressiva della Germania nazista, che da
tempo aveva ripreso ad armarsi. Tuttavia anche le democrazie occidentali ebbero una parte
di responsabilità, perché a lungo non seppero e no vollero opporsi alla violenza del regime
hitleriano. Dopo la crisi economica negli USA, Francia e Regno Unito rimasero da soli a
sostenere l’urto della minaccia tedesca. Scelsero la politica del cosiddetto APPEASEMENT
(pacificazione), facendo ai Tedeschi concessioni continue, nella speranza che ciò
scongiurasse la guerra.
Mussolini accentuò i caratteri bellicisti del suo regime, per accrescere così il ruolo di
protagonista dell’Italia. Si avvicinò lentamente al nazismo con una serie di alleanze sempre
più strette e vincolanti: nel 1936, tra Italia e Germania venne sottoscritto il patto Asse
Roma-Berlino; nell’autunno del 1937, l’Italia aderì al Patto ANTICOMINTERN, alleanza
anticomunista che tedeschi e giapponesi avevano già stipulato l’anno precedente. Per
Mussolini l’avvicinamento alla Germania non doveva essere definitivo, ma serviva come
strumento di pressione verso Francia e Inghilterra. L’alleanza con i tedeschi, però, finì per
relegare l’Italia a un ruolo subalterno: il primo segnale di questa dipendenza si ebbe quando
Mussolini nel 1938, condizionato da Hitler, introdusse anche in Italia le leggi razziali.
L’altro grande protagonista fu l’Unione Sovietica; si sentiva minacciata dai regimi di destra,
ma temeva anche l’ostilità delle potenze occidentali democratiche, fortemente diffidenti
verso il totalitarismo comunista di Stalin. In questo confronto a tre (potenze occidentali,
alleanza italo-tedesca-nipponica, URSS) chi prese l’iniziativa fu la Germania che avviò la
sua aggressiva strategia di espansione.
Nel marzo 1938 Hitler riuscì a realizzare il suo progetto di annessione (ANSCHLUSS)
dell’Austria al Reich tedesco. Dopo aver sostenuto rivolte scatenate a Vienna dai nazisti
locali, Hitler decise di invadere l’Austria. Buona parte della popolazione lo accolse con
entusiasmo e nel referendum nazionale la quasi totalità degli austriaci votò a favore
dell’annessione. Nessuno intervenne e Hitler si sentì libero di agire.
Dopo l’acquisizione dell’Austria, la Germania avanzò nuove pretese riguardo alla
Cecoslovacchia: infatti, la regione più ricca di questo stato, la Boemia, era abitata da una
consistente minoranza tedesca che chiedeva l’annessione al Reich e fomentava violente
agitazioni. Hitler dichiarò che questi territori dovevano essere ricongiunti alla Germania.
Nella Conferenza di Monaco del settembre 1938 Chamberlain e il primo ministro francese
Daladier, con Mussolini e Hitler, trovarono un accordo per lo smembramento della
Cecoslovacchia: i Sudeti vennero annessi alla Germania e gran parte del territorio ceco entrò
nella sfera di controllo tedesca.
Nel marzo 1939 Hitler occupò militarmente i territori cechi e avanzò nuove rivendicazioni
sulla regione polacca, in particolare chiese la città di Danzica e una striscia di territorio
attraverso la Polonia per unire la Germania alla regione tedesca della Prussia orientale. A
questo punto Chamberlain comprese che trattare con Hitler era impossibile: abbandonò
perciò la politica della pacificazione e stabilì un’alleanza con Francia e Polonia. Mussolini
ad aprile occupò l’Albania. Poi, cedendo alle pressioni tedesche, sottoscrisse il PATTO
D’ACCIAIO tra Italia e Germania. L’alleanza prevedeva che se una delle due parti si fosse
trovata in conflitto (per qualunque ragione), l’altra avrebbe dovuto schierarsi al suo fianco.
Mussolini accettò, pur non essendo pronto alla guerra, perché Hitler aveva promesso che
non avrebbe preso iniziative belliche prima di alcuni anni: invece, il dittatore nazista aveva
già deciso di aggredire la Polonia. Intanto aveva firmato con Stalin, nell’agosto 1939, un
PATTO DI NON AGGRESSIONE (il Patto MOLOTOV RIBBENTROP) con il quale si
metteva a riparo da eventuali attacchi sovietici. L'URSS non avrebbe ostacolato l’espansione
tedesca in Polonia e la Germania avrebbe fatto altrettanto per quella sovietica nei paesi
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baltici. Un protocollo segreto prevedeva la spartizione del territorio polacco tra Germania e
URSS. Pochi giorni dopo, il 1° settembre 1939, le armate tedesche invasero la Polonia.
L’offensiva tedesca in Polonia fu rapida e travolgente. Seguendo la tattica della GUERRA
LAMPO, le forze tedesche, appoggiate dall’aviazione, dilagarono nella pianura polacca e
sconfissero ben presto l’esercito nemico, debole e antiquato. Nel frattempo i Russi si
impossessarono dei territori orientali della Polonia. Francia e Inghilterra, che il 3 settembre
avevano dichiarato guerra alla Germania, rinforzarono le posizioni sulla Maginot, la linea
fortificata lungo i confini renani. Mussolini dichiarò la NON BELLIGERANZA. I Russi
attaccarono la Finlandia per ottenere alcuni territori meridionali, mentre Hitler invase la
Danimarca che si arrese senza combattere e la Norvegia, che oppose resistenza solo per
alcune settimane.
Con un TRATTATO DI AMICIZIA RUSSO-TEDESCO, Hitler rassicurò Stalin e decise di
invadere l’Europa occidentale. Il 10 maggio 1940 la guerra lampo tedesca si scatenò
violentemente nell’Europa settentrionale. Le truppe tedesche invasero Belgio, Olanda e
Lussemburgo, Paesi neutrali. Poi le divisioni corazzate tedesche attraversarono la foresta
delle Ardenne e sfondarono il fronte presso Sedan, puntando verso la Manica e chiudendo in
una sacca lo schieramento avversario. L’intero esercito britannico, appena giunto in Francia,
dovette reimbarcarsi precipitosamente a Dunkerque, insieme a diverse migliaia di soldati
francesi e belgi in ritirata. Il 14 giugno 1940 i tedeschi entrarono trionfanti a Parigi e la
Terza Repubblica ebbe termine. La Francia venne divisa in due aree: i territori settentrionali
furono sottoposti al diretto controllo tedesco, mentre nel Sud venne creata la REPUBBLICA
DI VICHY, asservita ai nuovi dominatori.
In Italia la posizione di Mussolini era difficile: l’alleanza con la Germania non incontrava
grande favore ed avvertita in contrasto con le tradizioni del Risorgimento e della Grande
Guerra. Ancora meno gradita era la prospettiva della partecipazione al conflitto. Lo stesso
Mussolini era irritato per l’iniziativa di guerra che Hitler aveva preso senza consultarlo ed
era anche molto critico circa l’alleanza tra il dittatore nazista e Stalin. Tuttavia i successi di
Hitler spinsero il duce a scegliere per l’intervento, nonostante le sollecitazioni alla pace di
papa Pio XII e le promesse di sostegno del presidente americano Roosevelt. Il 10 giugno
1940 Mussolini annunciò che l’Italia entrava in guerra contro Francia e Gran Bretagna.
Dal giugno 1940 e sino al dicembre 1941 la Gran Bretagna sostenne da sola l’intero peso
della guerra sul fronte occidentale. A Londra si formò un governo di unità nazionale guidato
dal conservatore CHURCHILL, deciso assertore della lotta ad oltranza contro la Germania
hitleriana. Egli era conscio che la guerra rappresentava lo scontro finale tra opposte
ideologie, tra DISPOTISMO e LIBERTÀ: se il nazismo avesse trionfato, l’idea stessa di
democrazia e di giustizia sarebbero state cancellate. Perciò, quando Hitler propose la pace in
cambio del riconoscimento delle sue conquiste nel continente, Churchill rifiutò. Anche per
la Francia non era tutto finito: il generale Charles De Gaulle lanciava appelli alla resistenza
contro i nazisti e il regime collaborazionista di Vichy.
Hitler sapeva di non essere sicuro in Europa fino a quando la tenacia degli Inglesi non fosse
stata spezzata. Per questo nel luglio 1940 diede avvio all’operazione “Leone marino”, il cui
scopo era il dominio dei cieli per poi invadere la Gran Bretagna con le truppe di terra. Per
tre mesi consecutivi l’aviazione tedesca, agli ordini del generale Goering, effettuò micidiali
bombardamenti aerei sul suolo britannico, colpendo industrie, ferrovie, strade, ponti e
numerose città, tra cui Londra. Gli Inglesi risposero con un’efficace azione di contrasto
utilizzando l’artiglieria contraerea e i nuovi sistemi di avvistamento radar appena inventati.
La battaglia d’Inghilterra non ebbe l’esito sperato da Hitler, che dovette abbandonare
l’operazione e limitarsi a fortificare le coste francesi.
Mussolini cercò sin dall’inizio di condurre una sua guerra personale, parallela e distinta da
quella tedesca. Presto l’esercito italiano iniziò a collezionare le prime preoccupanti
sconfitte: nell’ottobre 1940 Mussolini invase la Grecia, che però oppose un’imprevista
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resistenza, costringendo le truppe italiane a ripiegare in Albania. I Tedeschi, invece,
occuparono tutti i Balcani e imposero numerosi governi collaborazionisti. La sconfitta in
Grecia costrinse il capo di stato maggiore Badoglio alle dimissioni. In breve la situazione
divenne critica anche in Libia, dove l’Italia riuscì a fronteggiare l’attacco inglese solo con
l’aiuto delle truppe tedesche, comandate da Rommel. Andò invece subito perduta l’Africa
orientale italiana (Etiopia, Somalia, Eritrea), troppo decentrata e difficile da difendere:
Addis Abeba cadde definitivamente in mano inglese nell’aprile 1941.
L’operazione con cui i nazisti, a partire dal 1941, portarono a termine il loro progetto
antisemita è nota sotto vari nomi: i nazisti la chiamarono “soluzione finale”, molti la
chiamano Olocausto (sacrificio), gli ebrei la chiamano SHOA’, sterminio, la scienza la
chiama GENOCIDIO (sterminio volontario e sistematico di un intero popolo). La decisione
fu presa perché, nella loro follia, i nazisti avevano paura degli ebrei. Le SS procedettero
quindi al rastrellamento di tutti i giudei che si trovavano nei territori sottoposti in quel
periodo al loro dominio (Francia, Olanda, Belgio, Libia, Paesi slavi, Russia e dal 1943
l’Italia). Sei milioni di ebrei furono deportati nei LAGER di Auschwitz, Buchenwald,
Dachau, Mauthausen, e molti altri.
Nella primavera del 1941 Hitler dominava incontrastato in Europa. Egli tentò allora di
realizzare il piano più ambizioso: la conquista dello “spazio vitale” ad Est, nei territori
dell'URSS. Il 22 giugno 1941 le truppe tedesche avviarono l’operazione BARBAROSSA,
sferrando un fulmineo attacco contro i Russi lungo un fronte che si stendeva dal baltico al
Mar Nero. Appoggiate da rumeni, finlandesi, ungheresi e italiani, le truppe di invasione
giunsero in poche settimane quasi a Leningrado. L’esercito russo, colto di sorpresa, fu
costretto ad arretrare e nelle battaglie di quella sola estate perse tre milioni di uomini. Hitler,
però, non riuscì ad infliggere all'URSS il colpo definitivo perché l’attacco su Mosca iniziò
troppo tardi, a fine autunno, e fu bloccato poco distante dalla capitale. Cominciò allora la
guerra di logoramento che indebolì i Tedeschi e preparò la riscossa dei Sovietici.
Gli USA avevano preferito non intervenire nel conflitto. Tuttavia, con la legge “Affitti e
prestiti” del 1941, Roosevelt aveva autorizzato la fornitura alla Gran Bretagna di aiuti e
materiali bellici. Il presidente americano, conscio della minaccia nazista, avviò con
Churchill un’intesa politica sempre più stretta. Il 14 agosto 1941 i due si incontrarono a
bordo di una nave al largo dell’isola di Terranova e sottoscrissero la CARTA ATLANTICA:
in questo documento si condannavano i regimi nazisti e fascisti, stabilendo i principi di
LIBERTÀ e AUTODETERMINAZIONE dei popoli, del LIBERO SCAMBIO economico,
della RINUNCIA DEGLI STATI ALL’USO DELLA FORZA, della COOPERAZIONE fra
le nazioni.
Il 7 dicembre 1941, senza dichiarazione di guerra, l’aviazione nipponica scatenò un
massiccio bombardamento sulla base militare statunitense di PEARL HARBOR, nelle isole
Hawaii, e la flotta militare americana, colta di sorpresa, andò in parte distrutta. Ottenuta così
la supremazia aeronavale, la macchina militare giapponese lanciò una potente offensiva che
in pochi mesi assicurò a Tokyo il controllo di Indovina, Thailandia, Birmania, Indonesia,
Filippine e numerosi arcipelaghi del Pacifico. Gli Statunitensi risposero mobilitando
l’esercito. In quei mesi il conflitto si allargò ancora: in base al PATTO TRIPARTITO
stipulato con il Giappone già dal 1940, anche Germania e Italia dichiararono guerra agli
USA.
LA VITTORIA ALLEATA (1942 - 1945)
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Dall’estate 1942 le forze dell’Asse cominciarono a subire i primi gravi rovesci militari. 1)
nel Pacifico l’espansione nipponica venne fermata dagli Americani in due scontri
aeronavali: la battaglia del Mar dei Coralli e la battaglia delle isole Midway, a occidente
delle Hawaii. Da allora i Giapponesi rinunciarono a nuove conquiste e cominciarono a
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subire la controffensiva americana, imperniata sull’utilizzo delle navi portaerei e dei
Marines. 2) nell’Atlantico la strategia di guerra sottomarina fu contrastata da Usa e Gran
Bretagna con i convogli mercantili scortati da navi da battaglia, dotate di nuovi sistemi di
rilevamento e bombe di profondità. 3) ma la svolta cruciale nei destini della guerra si
realizzò sul fronte russo, nell’assedio tedesco di Stalingrado. Dopo mesi di combattimento,
nel dicembre 1942, i Russi ruppero l’accerchiamento e travolsero il nemico: un’intera
armata tedesca fu sacrificata per ordine di Hitler che voleva la resistenza fino all’ultimo
uomo.
Sul fronte del deserto nordafricano cominciò la controffensiva britannica guidata dal
generale Montgomery. Nell’ottobre 1942, vinta la battaglia di El Alamein (Egitto), l’armata
inglese avanzò verso occidente, costringendo le truppe italo-tedesche ad arretrare sino a
Tripoli. In quelle stesse settimane il generale americano Eisenhower guidò lo sbarco di
truppe alleate sulle coste del Marocco e dell’Algeria. Le divisioni tedesche e italiane
dovettero quindi arrendersi. La guerra d’Africa ebbe termine.
Le nazioni che combattevano le forze dell’Asse dovettero rinsaldarsi allo scopo di
sconfiggere l’avversario. Nel gennaio 1943, a Casablanca in Marocco, Roosevelt e Churchill
stabilirono di condurre la guerra fino alla fine, puntando ad ottenere la resa incondizionata
del nemico. Stalin si associò, ma chiese con insistenza agli alleati di scatenare un’offensiva
in Francia, in modo da alleggerire la pressione dei Tedeschi sulla Russia. Si decise invece di
approfittare delle difficoltà del regime fascista, attaccando la Sicilia.
In Italia, nel marzo 1943, il malcontento popolare sfociò in clamorose azioni di sciopero, le
prime contro il regime. Nel luglio 1943 gli Anglo-Americani sbarcarono in Sicilia, la
occuparono e cominciarono a risalire la penisola. Gli effetti sul regime furono immediati: il
re e i generali rovesciarono su Mussolini la responsabilità della disfatta. Il 25 luglio 1943 i
membri del Gran Consiglio del Fascismo approvarono un documento di sfiducia al duce,
chiedendo al re di riprendere il controllo delle forze armate e di ripristinare lo Statuto
albertino. Vittorio Emanuele III convocò Mussolini e lo fece arrestare. Al governo fu posto
il maresciallo Badoglio, il quale firmò l’armistizio, reso noto solo l’8 settembre 1943,
mentre gli Alleati sbarcavano anche a Salerno.
Molti soldati italiani vennero fatti prigionieri dai Tedeschi e deportati in Germania, altri
disertarono, altri ancora opposero una tenace RESISTENZA ARMATA. Nell’ottobre 1943
il governo Badoglio dichiarò guerra alla Germania e ottenne che l’Italia fosse riconosciuta
come paese cobelligerante. Mussolini, intanto, liberato dai Tedeschi, aveva fondato a Salò,
sul lago di Garda, la Repubblica sociale italiana, sotto controllo nazista. Egli effettuò una
dura repressione contro i PARTIGIANI (volontari armati che conducevano attentati o azioni
di guerriglia e di sabotaggio contro gli eserciti di occupazione) . Alcuni ex alleati di
Mussolini furono processati e fucilati. Nel giugno 1944 IVANOE BONOMI formò un
governo di unità nazionale, con sede a Roma, chiamando a raccolta tutte le forze antifasciste
che facevano parte del CLN (comitato di liberazione nazionale), l’organismo
rappresentativo dell’Italia libera che coordinava la Resistenza. Contro fascisti e nazisti, nel
Nord presero le armi gli antifascisti. Il 6 settembre 1943 nel paese di Boves, vicino a Cuneo,
un centinaio di uomini tra cui soldati e ufficiali dell’ex esercito regio, prese prigionieri due
soldati tedeschi. Il giorno dopo le truppe del Reich ne pretesero la restituzione e temendo
una rappresaglia contro i civili, gli antifascisti restituirono i due soldati. Nonostante ciò i
Tedeschi appiccarono il fuoco al paese bruciando 350 case e uccidendo senza motivo 26
persone. Questo fu il primo episodio della resistenza al Nord.
In Italia gli Anglo- Americani erano giunti a Roma nel giugno 1944 e nell’agosto successivo
avevano liberato Firenze. Ma gli Alleati, che nel frattempo avevano aperto un grande fronte
in Normandia, ritennero di non stringere i tempi dell’avanzata verso nord. Allora fu la
Resistenza, con attacchi e azioni di sabotaggio, ad assumere un ruolo importante nella lotta
contro gli occupanti tedeschi. In alcune regioni del Settentrione i partigiani fondarono
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repubbliche autonome. Alla lotta partigiana i nazifascisti risposero con rastrellamenti e
rappresaglie, come a Roma nel marzo 1944 quando, alle cave Ardeatine, i Tedeschi uccisero
355 civili o nel settembre 1944 a Marzabotto, nel Bolognese, dove circa 1800 abitanti del
paese furono trucidati.
Il 6 giugno 1944, con un colossale SBARCO sulle coste della Normandia, gli AngloAmericani iniziarono da occidente una progressiva avanzata verso la Germania, attaccata ad
oriente dall’Armata Rossa. In Belgio e Olanda l’avanzata alleata ebbe il sostegno dei
movimenti della Resistenza. In Francia furono i Partigiani a liberare Parigi prima ancora che
vi giungessero gli Anglo-Americani e i reparti francesi di De Gaulle. A Varsavia era
scoppiata un’insurrezione contro gli occupanti nazisti, poi schiacciata dalla repressione
tedesca senza che i Sovietici intervenissero. In Iugoslavia l’esercito popolare di Tito
sottrasse ai nazisti vaste aree del Paese, ma si abbandonò poi a crudeli operazioni di pulizia
etnica: tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945 migliaia di Italiani d’Istria vennero
uccisi.
Il 25 aprile 1945, mentre il CLN diramava l’ordine di insurrezione generale, Mussolini tentò
la fuga. Scoperto, venne fucilato dai partigiani il 28 aprile. Il suo corpo fu esposto per ore in
Piazzale Loreto, a Milano, e abbandonato allo scempio della folla inferocita. Il 30 aprile
Hitler si uccise. Il 7 maggio 1945 i generali tedeschi firmarono la resa senza condizioni della
Germania e 48 ore dopo le ostilità cessarono.
Nel maggio 1945, a guerra finita, si consumò un’ennesima tragedia italiana. Tito, il capo dei
partigiani slavi, voleva impadronirsi dell’Istria; piombò su Trieste e riuscì ad occuparla per
43 giorni prima che gli Alleati lo costringessero ad evacuarla. In queste terribili settimane si
scatenò la vendetta dei TITINI. Appoggiati da gruppi comunisti locali, essi sterminarono
una massa di gente accusata di complicità col fascismo e collaborazionismo coi Tedeschi.
La polizia segreta iugoslava irrompeva nelle case sulla base di sospetti o semplici spiate
anonime. Seguivano arresti, violenze, confisca di beni, ecc. Quelli furono i giorni delle
FOIBE (profonde fosse naturali dell’Altopiano del Carso in cui i partigiani iugoslavi e i
comunisti triestini gettarono vive tra 5000 e 10000 persone, condannandole ad una morte
orrenda).
Nel maggio 1945 la guerra in Europa era finita, ma continuava nel Pacifico, dove i
giapponesi si opponevano agli americani persino con gli attacchi suicidi dei PILOTI
KAMIKAZE, che si lanciavano con i loro aerei carichi di esplosivo sulle navi americane. Il
nuovo presidente americano, HARRY TRUMAN, decise di stroncare la resistenza
nipponica, e così abbreviare la guerra, ricorrendo ad una nuova arma, la BOMBA
ATOMICA. Il 6 e il 9 agosto 1945 due ordigni nucleari vennero sganciati su Hiroshima e
Nagasaki, che furono totalmente distrutte provocando oltre 160 mila vittime. L’imperatore
Hiro Hito offrì la resa. L’armistizio, firmato il 2 settembre 1945, pose fine al secondo
conflitto mondiale.
Nel febbraio 1945, nella città di Yalta, in Crimea, si tenne un’importante conferenza con la
partecipazione dei massimi rappresentanti delle potenze alleate. Scopo della conferenza, cui
parteciparono Churchill, Roosevelt e Stalin, era la definizione dei NUOVI ASSETTI
EUROPEI E MONDIALI dopo il conflitto. I tre grandi decisero che la Germania avrebbe
dovuto essere sottoposta ad una radicale opera di DENAZIFICAZIONE e divisa in 4 zone di
occupazione, di cui una riservata alla Francia, mentre nelle nazioni liberate le popolazioni
avrebbero deciso del loro futuro attraverso LIBERE ELEZIONI. In realtà nella Conferenza
di Yalta l’Europa venne divisa in due distinte sfere di influenza, che coincisero in pratica
con i territori occupati dai rispettivi eserciti vincitori.
Stalin chiese che intorno all’Unione Sovietica sorgesse una cintura di stati amici e
ideologicamente simili. Roosevelt, che aveva bisogno dell’appoggio sovietico per poter
portare a termine la guerra contro il Giappone, si mostrò accondiscendente e lasciò mano
libera a Stalin nell’Europa orientale. Emblematico fu il caso della Polonia che venne lasciata
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al controllo del potere moscovita. L’atteggiamento americano cambiò quando fu eletto
presidente TRUMAN, il quale decise di porre un freno alle mire espansionistiche di Stalin.
Così, quando nell’agosto 1945 si tenne la CONFERENZA INTERALLEATA DI
POSTDAM, presso Berlino, affiorarono contrasti insanabili tra Sovietici e Alleati
occidentali. Gli Anglo-Americani insistettero perché nei territori occupati da Stalin si
tenessero libere elezioni, ma senza esito. Per non favorire l’allargamento dell’influenza
comunista in Europa, gli Americani evitarono di imporre alla Germania una pace punitiva.
La CONFERENZA DI PACE, tenutasi a Parigi nel 1946, impose alle nazioni sconfitte
cessioni territoriali più o meno consistenti. All’Italia fu imposto il passaggio dei territori
istriani alla Iugoslavia; per Germania e Austria non si ebbe la firma di alcun trattato a causa
delle divergenze tra i vincitori. L’URSS si appropriò della Prussia e dei territori polacchi
orientali, concedendo alla Polonia di allargarsi ad Occidente, in territorio tedesco, sino ai
fiumi Oder e Neisse. In mancanza di un accordo tra USA e URSS, anche il Giappone non
ebbe trattato di pace e il suo territorio rimase sotto il controllo dell’esercito d’occupazione
americano.
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