PATHOLOGICA 2008;100:149-155 ARTICOLO ORIGINALE L’infezione da HPV: confronto diagnostico tra indagini morfologiche e biologia molecolare HPV infection: comparison between morphological studies and molecular biology V. NIRCHIO, R. LIPSI1, S. FUSILLI2, E. CICCONE3, L. MURINO3, A. SANTANGELO4, F. ROMANO5, A.M. DI TARANTO1, D PEDÀ6, M. CASTRIOTA7, R. ANTONETTI8, A. BONDI9 U.O. Semplice Dipartimentale di Citopatologia Diagnostica, Azienda Ospedaliera-Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia (OO. RR.-Foggia); 1 II Laboratorio Analisi, Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 2 Direzione Sanitaria IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” San Giovanni Rotondo; 3 U.O. Semplice di Colposcopia I Ginecologia, Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 4 U.O.C. Centro Prevenzione Tumori, San Paolo di Civitate (FG); 5 Libero professionista; 6 Direzione Sanitaria Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 7 U.O. Complessa di Anatomia Patologica Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 8 U.O.C. II Laboratorio Analisi-Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 9 Anatomia Patologica Ospedale Maggiore, AUSL Bologna Parole chiave Papilloma virus umano • Carcinoma della cervice uterina • Epidemiologia • Screening • Pap test • PCR Riassunto Il papilloma virus umano ha un ruolo fondamentale nell’oncogenesi del carcinoma della cervice uterina. Abbiamo indagato la prevalenza globale dell’infezione da papilloma virus umano in una popolazione di 699 donne, afferite per controlli ginecologici agli OO.RR. di Foggia, nel periodo compreso tra settembre 2005 e marzo 2007, confrontata con un gruppo di 90 donne selezionato su base clinica per acclarata infezione virale da papilloma virus umano. La prevalenza osservata, del 27,4%, è la più alta fra quelle segnalate in letteratura. Il ceppo virale più diffuso è il 16 mentre il ceppo 18 è sottoespresso, rispetto ad altri emergenti (39, 52, 56, 58, 59). L’alta prevalenza della carica virale, nel gruppo delle 90 donne con pap-test negativo o flogistico, pone dubbi ed interrogativi sia sull’estensione del papilloma virus umano-DNA test, quale test di screening primario, che sull’incidenza del rapporto costo/benefici e di conseguenza sulle strategie da adottare, con l’utilizzo dell’attuale vaccino, per la prevenzione della popolazione. La mancanza, inoltre, di referti omogenei e standardizzati non consente di stabilire un confronto oggettivo tra metodi di indagine differenti (citologia, colposcopia e biologia molecolare), facendo emergere l’opportunità di diffondere nella classe medica, in maniera capillare, le Linee Guida Internazionali delle Società di Anatomia Patologica e di Ginecologia. Key words Human Papilloma Virus • Cervical cancer • Epidemiology • Screening • Pap test • PCR Summary Human Papilloma Virus plays an essential role in the development of cervical cancer. We investigated the global prevalence of Human Papilloma Virus infection in a population of 699 women recruited at the Ospedali Riuniti in Foggia for gynaecological controls from September 2005 to March 2007, and compared with a group of 90 women, selected on clinical aspects for Human Papilloma Virus features. The observed prevalence was 27.4%, which is higher that that reported in the literature. In the study group, the most frequent viral type was 16, while type 18 was considerably less frequent compared with other emergent viral types (39, 52, 56, 58, 59). The high prevalence of Human Papilloma Virus-DNA in women with negative cytology or inflammatory changes raises doubts about the utility of the Human Papilloma Virus-DNA method as a primary screening test because of the low cost/benefit ratio. The absence of uniform and standardised reports does not allow objective comparison between different methods of analysis (cytology, colposcopy and molecular biology), pointing out the need for a unique centre for collection and data analysis. Corrispondenza dott. Vincenzo Nirchio, Servizio di Citopatologia Diagnostica, Ospedale Maternità, Azienda Universitaria-Ospedaliera OO.RR. di Foggia, v.le Pinto, 71100 Foggia - E-mail: [email protected] 150 Introduzione I papilloma virus (HPV) sono patogeni ampiamente distribuiti nella specie umana e si trasmettono prevalentemente per via sessuale. La prevalenza di infezione da HPV nel mondo è di 630 milioni di casi, di cui 190 milioni presentano infezioni clinicamente evidenti. Gli HPV ad alto rischio sono strettamente associati a carcinomi della cervice uterina, che costituiscono la seconda causa di morte nelle donne, con circa 288.000 vittime ogni anno nel mondo, di cui circa 25.000 in Europa 1 2. In Europa la prevalenza del carcinoma della cervice è di circa 409.000 casi. Studi epidemiologici negli USA hanno rilevato che il 75% della popolazione compresa fra i 5 ed i 50 anni è affetta da HPV, di cui il 60% manifesta infezioni di tipo transiente (rilevazione con anticorpi), il 10% di tipo persistente (rilevazione di DNA virale), il 4% anomalie citologiche e l’1% lesioni cliniche. L’infezione da HPV è più diffusa in donne sessualmente attive, con un’età compresa tra i 18 ed i 30 anni, sebbene il tumore colpisca donne di età superiore ai 35 anni. La risposta immunitaria evocata dal virus è di tipo cellulare, pertanto condizioni di immunodepressione aumentano il rischio di contrarre l’infezione 3. Cofattori nell’insorgenza di un carcinoma della cervice sono: la precoce attività sessuale, l’età, la coinfezione con virus HIV, CMV, HHV-6, HHV-7, HSV-2, condizioni di immunosoppressione, l’utilizzo di ormoni steroidei, il fumo di sigaretta, l’alcool e le abitudini alimentari. Alla luce di tutto questo abbiamo voluto tentare un approccio epidemiologico statistico su una popolazione, sottopostasi a determinazione di HPV-DNA test con metodica PCR, confrontandola con un gruppo selezionato secondo criteri clinici, per indagare l’evoluzione naturale dell’infezione. Materiali e metodi Vengono confrontati i risultati di uno studio retrospettivo spontaneo sulla prevalenza dell’HPV in 699 donne della provincia di Foggia, con uno studio di coorte di 90 donne, della stessa area, la cui storia clinica, all’atto dell’arruolamento, nel periodo compreso tra Agosto 2005 e maggio 2007, deponeva già per infezione conclamata da HPV. Le 90 pazienti arruolate nello studio sono state selezionate in base ad uno o più dei seguenti criteri: – precedenti Pap test con modificazioni citopatiche di tipo virale; – precedenti Pap test con modificazioni citopatiche confermate dalla biopsia, in assenza di indagini ICC con probe DNA-HPV alto/basso rischio; – tampone cervicale positivo, con metodo HPV-DNA PCR, antecedente il Pap test con strato sottile; V. NIRCHIO ET AL. – citologia anomala, con integrazione susseguente o consensuale di HPV-DNA test, metodica PCR. Tutte le 90 pazienti si sono risottoposte presso il Servizio di Citopatologia ad un prelievo di Pap test in fase liquida. La diagnosi citologica è stata effettuata con il sistema di classificazione Bethesda 2001 4. In 86/90 (95,6%) casi è stata effettuata la ricerca di HPV-DNA, con metodica PCR, presso il II Laboratorio degli Ospedali Riuniti di Foggia. In 4/90 donne, con citologia anomala di alto grado, l’esame HPV-DNA è stato indeterminato, a causa dell’esiguità del materiale. Le donne positive all’HPV-DNA test sono state sottoposte a colposcopia. Alle pazienti è stato chiesto di rispondere ad un questionario, in maniera anonima, circa gli stili di vita e le patologie correlate con altre malattie sessualmente trasmesse; 49 questionari sono stati riconsegnati. È stata eseguita la ricerca della proteina p16, anticorpo monoclonale della Cintek (clone E6H4), sugli stessi vetrini, utilizzati per la diagnosi citologica, dopo che gli stessi sono stati smontati e decolorati. Infine su un numero ristretto di casi, 15/68, si è provveduti a richiamare le donne per eseguire un nuovo prelievo per la ricerca di HPV-RNA messaggero. ESTRAZIONE DEL DNA VIRALE Campioni di cellule cervicali, prelevati mediante tamponi endocervicali o provenienti da THIN PREP, vengono risopspesi in 200 μl di soluzione fisiologica e sottoposti a estrazione del DNA effettuata usando il QIAamp DNA mini kits (QIAGEN) e seguendo le indicazioni del fornitore: – lisi enzimatica con proteinasi k; – precipitazione alcolica del DNA; – purificazione del DNA mediante adsorbimento su membrana in silica-gel; – lavaggio del DNA mediante soluzioni alcoliche; – eluizione del DNA in 100 μl di H2O. DETERMINAZIONE E TIPIZZAZIONE DEL HPV-DNA Il test viene eseguito utilizzando il kit HPV “Low&Hight Risk Typing” (Nuclear Laser Medicine) che consente la determinazione qualitativa e la genotipizzazione dei papilloma virus a basso rischio (6, 11) e ad alto rischio (16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 52, 56, 58, 59, 66). Il metodo si basa sulla simultanea amplificazione di due o quattro ceppi di HPV e di un controllo interno (gene β globina) (Fig. 1). Il profilo termico ottimizzato per la PCR è costituito dalle seguenti fasi: – denaturazione iniziale per 5’ a 95 °C; – 42 cicli di 40” a 95 °C, 40” a 63 °C e di 50” a 72 °C; – estensione finale per 1’ a 72 °C. METODICA DI RILEVAZIONE DELL’MRNA La rilevazione dell’mRNA delle oncoproteine E6/E7 viene effettuata con tecnologia NASBA in real-time (PreTect HPV Proofer, Alfa Wasserman). L’INFEZIONE DA HPV La metodica NASBA multiplex in real-time con sonde molecolari è una one-tube amplification delle sequenze di basi dell’acido nucleico, realizzando tale processo o su singola elica genomica o sugli RNA equivalenti (genoma virale, RNA, mRNA o rRNA). Il rischio di contaminazione è ridotto al minimo. Tale metodica permette di rilevare l’mRNA di E6/E7 per i ceppi virali di HPV ad alto rischio quali HPV 16, 18, 31, 33 e 45. Dalla definizione dell’mRNA, espressione del genoma virale, è possibile pertanto monitorare l’attività biologica del virus dell’HPV. Essa ha il vantaggio di definire in modo altamente specifico l’mRNA dei geni codificanti le oncoproteine E6/E7degli HPV ad alto rischio di cancerogenesi. 151 Fig. 2. Distribuzione di frequenza dei casi, afferenti al gruppo retrospettivo spontaneo, ripartita per classi di età. Risultati Lo studio retrospettivo spontaneo, eseguito su pazienti della provincia di Foggia sottoposte a controlli ginecologici di routine, nel periodo tra settembre 2005 e marzo 2007, che hanno accettato di effettuare il test HPV-DNA, con metodica dell’amplificazione mediante PCR, è stato condotto su 606 donne, pari al 86,7% di un campione di 699. Di queste, il 91,3% proveniva da ambulatori ginecologici, mentre l’8,7% erano pazienti ricoverate in ambito ospedaliero. L’età media è stata di 35,79 ± 9,82 (media e deviazione standard), con una mediana di 35 anni ed un range compreso tra 17-71 anni. La distribuzione di frequenza dei casi per classi di età è riportata nella Figura 2. La prevalenza dell’infezione virale, nelle pazienti sottoposte al test, è stata del 27,4%, di cui il 84,9% era ascrivibile ad almeno un ceppo HPV di alto rischio, ed il 28,3% ad un ceppo di HPV a basso rischio. Il 21,1% delle donne positive al test HPV-DNA presentava una infezione virale multipla. Fig. 1. Gel elettroforesi: 1 controllo positivo HPV 6 2 controllo positivo HPV 16 3 controllo positivo HPV 18 4 controllo positivo HPV 56 5 marcatore di peso molecolare (da100 bp a 1000 bp 6 campione positivo HPV 18 isolato da una paziente di 27 anni Fig. 3. Distribuzione percentuale dei ceppi a basso e ad alto rischio per classi di età, del campione afferente allo studio retrospettivo spontaneo. La distribuzione percentuale dei ceppi a basso ed alto rischio per classi di età è riportata nella Figura 3. La distribuzione di frequenza dei 12 ceppi virali isolati è evidenziata nella Figura 4. Nello stesso periodo è stata studiata la distribuzione percentuale dei ceppi virali nel gruppo di 90 donne, afferenti allo studio di coorte, la cui ripartizione è riportata nella Figura 5. Fig. 4. Distribuzione di frequenza dei 12 ceppi virali isolati. V. NIRCHIO ET AL. 152 Fig. 5. Distribuzione percentuale dei ceppi virali per classi di età del gruppo delle 90 donne, clinicamente selezionato. Tab. I. Distribuzione di frequenza dei 90 casi per classi di età, per diagnosi citologica e colposcopia ed esito degli esami istologici. N (90) % Classi di età ≤ 25 19 21,1 26-35 36 40 36-45 24 26,7 46-55 8 8,9 > 55 3 3,3 Negativo 2 2,2 Inadeguato 1 1,1 ASCUS/AGC 26 28,8 BCC 28 31,1 LSIL 26 28,9 HSIL 7 7,8 NTZ 49 54,4 ANTZ 5 5,6 Citologia La distribuzione di frequenza dei 90 casi per classi di età, per diagnosi citologica e colposcopia è riportata nella Tabella I. Nella stessa Tabella è riportato l’esito degli esami istologici contestuali al periodo in cui si è manifestata l’infezione, comunque antecedenti al nostro studio. Nella coorte l’età media delle pazienti è stata di 34 ± 9,62 anni con una mediana di 32,5 ed un range di 20-64 anni. Il primo rapporto sessuale è stato praticato all’età di 19,7 ± 3,87 anni, mediana 18 anni e range 15-29 anni. La maggior parte delle donne esaminate ha avuto, nell’ultimo biennio, da uno a tre partner in successione, mentre un numero ridottissimo ha avuto contemporaneamente due o più partner. Nel 34% dei casi le pazienti hanno avuto nella loro anamnesi una pregressa infezione virale con manifestazioni verrucose in ambito cutaneo-mucoso. L’esposizione all’uso di estro-progestinici è stata pari al 20% del campione. L’esposizione ad altre infezioni delle vie genitali ha interessato il 50% circa dei casi. Il DNA-HPV test è risultato negativo nel 20,9% del campione selezionato, pari a 18/86 donne. La prevalenza dell’infezione virale (in 86/90 donne, pari al 95,6% del campione) è stata del 79,1%. Il 26,5% risulta da ceppi HPV a basso rischio, mentre l’89,5% da ceppi HPV ad alto rischio in singola infezione o associati a quelli a basso rischio. I ceppi più espressi sono: il 6 (18,6%) tra quelli a basso rischio e il 16 (30,2%) tra quelli ad alto rischio. Nel 34,8% del campione è stata evidenziata un’infezione virale legata a più ceppi di HPV. La frequenza dell’infezione virale in relazione alle fasce di età è riportata nella Tabella II. La correlazione tra le categorie citologiche e la frequenza, in esse, dell’infezione virale è riportata nella Tabella III. Esaminando in dettaglio le correlazioni esistenti tra le varie categorie (citologica e colposcopica) e la positività dell’HPV-DNA test (confronto Tab. I e Tab. III), si osserva che il 31,1% del campione (pari a 28/90 casi) è stato inquadrato nella categoria BCC del sistema Bethe- Colposcopia ANTZ-G0 7 7,8 ANTZ-G1 17 18,9 ANTZ-G1/G2 8 8,9 ANTZ-G2 4 4,4 Negativo 50 55,6 Condilomi 15 16,7 CIN 1 13 14,4 CIN 2 2 2,2 CIN 3 8 8,9 CA 2 2,2 Istologia sda 2001, tra queste sono risultate positive, all’infezione virale, 22/28 donne, pari al 32,35% dei totali positivi, evidenziando come tra le due metodiche (citologia ed HPV test) vi sia un certo grado di discordanza. Viceversa, nello stesso gruppo la concordanza con l’inquadramento colposcopico è stata del 57%, del 29% la discordanza, e nel restante 14% non è stato possibile nessun raffronto per mancanza di dati colposcopici standard. Il 65,5% del campione totale è stato inquadrato nelle categorie di citologia anomala (ASCUS, LSIL, HSIL), di questo, il 65% degli ASCUS, l’88,5% dei LSIL ed il 100% degli HSIL è risultato positivo al DNA-HPV test. Tra gli ASCUS la concordanza con l’HPV test è del 65%, quella tra colposcopia ed HPV test risulta del 58,3%. Questo risultato porta al paradosso per cui negli ASCUS con HPV test negativo c’è il 40% di colposcopia anomala, al contrario negli ASCUS con HPV test positivo il 41,7% ha una colposcopia negativa. L’INFEZIONE DA HPV 153 Tab. II. Frequenza dell’infezione virale in relazione alle fasce di età. Classi di età Frequenza % globale % basso rischio % alto rischio ≤ 25 16 26-35 30 23,53 5,88 17,65 44,12 11,76 32,35 36-45 46-55 14 20,59 4,41 16,18 5 7,35 2,94 4,41 > 56 3 4,41 1,47 2,94 Tab. III. Correlazione tra le categorie citologiche e frequenza dell’infezione virale. Classificazione citologica Secondo Bethesda 2001 Numero casi Negativo % prevalenza virale globale % HPV basso rischio % HPV alto rischio 2 2,94 0 2,94 Inadeguato 1 1,47 0 1,47 ASCUS/AGC 17 25 2,94 22,06 BCC 22 32,35 11,76 20,59 LSIL 23 33,82 10,29 23,53 HSIL 3 (1) 4,41 1,47 2,94 Tab. IV. Correlazione tra alcune diagnosi citologiche e relativa biopsia ed HPV-DNA test. Citologia anomala BCC: 1 Biopsia negativa Biopsia positiva HPV negativo HPV 16 negativa + Ca in situ AGC: 1 ASCUS:3 1 caso LSIL: 4 1 caso HPV 31 HPV 33 HPV 56 + + HPV 58 HPV 6 + + 2 casi: + + + + CIN 1-2 3 casi: + + + + + + CIN 2-3 HSIL:4 4 casi + + + CIN 3 Microinv Nell’ambito della categoria LSIL, a fronte di un’alta positività al DNA-HPV test (88%), la colposcopia risulta essere anomala solo nel 28% dei casi, normale o poco significativa nel rimanente 72%. La correlazione cito-istologica, che comunque non rientra tra gli obiettivi di questo lavoro, è stata possibile solo in 14/90 casi, che comprendono lesioni intraepiteliali in cui le Linee Guida Internazionali prevedono biopsie mirate e/ o escissionali (i risultati sono riportati nella Tabella IV). Nello stesso gruppo delle 90 donne, si avevano a disposizioni esami istologici contestuali al periodo in cui si è manifestata l’infezione (Tab. I), comunque antecedenti il nostro studio. La determinazione della proteina p16, eseguita su 90 casi, è stata valutata, con lo score di Wentzensen 5, da due lettori esperti di citologia vaginale in strato sottile, i cui risultati globali oggetto di una pubblicazione in corso di stampa, sono qui anticipati per quanto attiene al confronto con i risultati dell’HPV-RNA messaggero. Discussione Un primo significativo dato, proveniente dal raffronto delle due casistiche, gruppo spontaneo e gruppo selezionato, è che nella fascia di età sotto i 25 anni, che rappresenta circa il 20% dei campioni, la percentuale globale dell’infezione virale si attesta tra il 20-24% (Figg. 2 e 4). Nella fascia di età 26-35 anni, che rappresenta oltre il 40% dei campioni, la percentuale globale dell’infezione virale è tra il 40-44%, con espressione più elevata nel gruppo di donne selezionate. Nella fascia di età tra i 36-45, che rappresenta circa il 25% del campione, la percentuale globale dell’infezione virale si attesta tra il 21-23%, con valori più bassi nel gruppo selezionato. In particolare nell’85% del campione la prevalenza del HPV oscilla in termini percentuali dal 20% al 40%, con la caratteristica che il picco più alto si ha nella fascia di V. NIRCHIO ET AL. 154 Tab. V. Correlazione tra HPV-DNA test, relativo HPV-RNAm e contestuale determinazione della proteina p16. Casi n° 9540 9906 10393 HPV-DNA 6-31 18 16 33-56 58 56 6-16 31-56 16-56 35 + + + 10819 + 10949 + 11646 11962 31-58 + + 12503 + 13253 + 12575 + 13254 13684 + 14005 14086 14306 età compresa tra 26-35 anni, mentre si assiste ad un’apparente clearance spontanea, nella fascia di età successiva, con valori percentuali che si attestano su valori propri della fascia di età antecedente (< 25 anni). Considerando che l’età del primo rapporto sessuale, dichiarato dalle donne del gruppo selezionato, è stato mediamente attorno ai 18 anni, e la frequenza di rapporti con più partner contemporaneamente è bassissima, si evincerebbe, in accordo con altri dati della letteratura, che l’infezione cervico-vaginale da HPV declina con l’età, per l’acquisizione di resistenza immunitaria e/o per il diminuire dei rapporti sessuali, e sarebbe indipendente dal numero di partner sessuali 6. Un ulteriore dato, importantissimo per il bacino di utenza esaminato, è che nella provincia di Foggia la prevalenza dell’HPV è del 27,4% maggiore rispetto a quella riferita in altre recenti pubblicazioni, che hanno studiato la popolazione femminile di altre Province italiane, i cui valori si attestano tra l’8,7% ed il 19,7% 7-9. La prevalenza del ceppo virale 16, ad alto rischio, pari al 30,2% del campione positivo esaminato, è più alta di quella riscontrata in altri lavori, relativi a diverse Province italiane, in cui il valore riportato si attesta rispettivamente sul 14,18% e sull’8,7% 7 8, allineandosi il nostro dato attualmente solo a quanto trovato da Ronco et al. (32,6%) 7. La co-infezione contemporanea di più ceppi virali, pari al 21,1%, è molto lontana da quanto riportato da Verteramo et al. 8, ma di poco superiore ad altri risultati, riportati in letteratura, che si attestano sul 20% circa. I ceppi maggiormente espressi, nelle infezioni multiple, sono il 16 ed il 56. Il ceppo virale 18, ad alto rischio, è marcatamente sottoespresso, in entrambe le casistiche 10 11. Al contrario, sono presenti ceppi virali, quali il 39, 52, 56, 58 e 59, ritenuti rari alle nostre latitudini 12, ma che + + + HPV-RNAm Score p16 negativo 1 negativo 0 positivo 0 negativo 0 negativo 0 negativo 0 negativo 0 negativo 1 Indeterm. 0 negativo 0 negativo 0 negativo. 0 positivo 0 negativo 0 negativo 0 comunque pongono problematiche diagnostiche, quando si vuole indagare l’integrazione virale con indagini di biologia molecolare più sofisticate, quali HVP-RNAm. Tale difficoltà ad indagare con un più ampio pannello di sonde l’eventuale integrazione virale nella cellula, riqualifica la determinazione della p16, che è sempre correlata con una citologia anomala di alto grado (HSIL, carcinoma in situ), rendendo più elevata la specificità e la sensibilità del Pap test (Tab. V) 5 13. Infine, l’analisi dei reperti morfologici, nel campione selezionato, sia citologici, che colposcopici, come pure il confronto tra loro e le indagini di biologia molecolare ci consentono, per il gruppo etichettato come BCC (secondo il sistema Bethesda 2001) di formulare la seguente ipotesi preliminare: – infezione virale sub-clinica (positività per HPV, morfologia citologica e colposcopia negative) nel 31% dei casi; – errore di campionamento della sede del prelievo cervico-vaginale. Nella prima ipotesi, la più probabile, l’infezione virale è stata evidenziata con metodica con alta sensibilità, ma che non riesce a discriminare le portatrici con alta carica virale dalle malate, inoltre, non è in grado di predire la percentuale di donne, che positive al virus, lo elimineranno nei due anni successivi per mutate condizioni immunitarie 14. Pertanto, a nostro parere, per quanto appena detto e per l’elevato numero di donne, 1:5 del nostro campione, con carica virale positiva, riteniamo inopportuno effettuare la ricerca indiscriminata del HPV, particolarmente nella fascia di età al di sotto dei 25 anni 14-16, indipendentemente dalla clinica e dal reperto morfologico. Inoltre, dai dati anamnestici ricavati dai questionari anonimi, si desume che un terzo delle donne intervistate L’INFEZIONE DA HPV ha ammesso di aver avuto in passato verruche in sedi muco-cutanee, e dai dati della letteratura, si evince che l’infezione virale del tratto genitale femminile esterno è frequente anche nelle bambine e, raramente, si associa ad abusi sessuali 17. La concordanza tra citologia e biologia molecolare aumenta nelle lesioni intraepiteliali di basso ed alto grado (LSIL, HSIL). In questo gruppo, al contrario, il monitoraggio citologico e colposcopico con la determinazione della carica virale, nonché la sua tipizzazione, consentono al clinico un corretto approccio terapeutico, conforme alle Linee Guida Internazionali. Conclusioni I risultati del presente lavoro confermano che l’approccio più appropriato nell’infezione da HPV deve iniziare 155 con l’indagine citologica seguita dalla colposcopia nelle lesioni ASCUS positive, con eventuale indagine di biologia molecolare, anche sintetizzando le fasi con un unico passaggio, nel caso di storia clinica-anamnestica sospetta. Oggi è possibile, con la citologia in strato sottile, utilizzare in modo duttile e molteplice lo stesso materiale, campionato da operatori esperti, per metodiche diverse. L’analisi degli acidi nucleici virali quale approccio iniziale o test di screening, come suggerito nell’ampio lavoro del gruppo di lavoro italiano sulle nuove tecnologie applicate allo screening cervicale 18 va valutato in termini di rapporto costi/benefici, anche in considerazione della futura introduzione dei vaccini per HPV accanto allo screening 19-21. Inoltre ai fini epidemiologici statistici è opportuna una raccolta coordinata dei dati almeno su base regionale, mantenendo metodiche e risultati conformi a classificazioni ed a standard internazionali. Bibliografia 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Munoz N, Bosch FX, de Sanjose S, Herrero R, Castellsaguè X, Shah KV et al. Epidemiologic classification of human papillomavirus types associated with cervical cancer. N Engl J Med 2003;348:518-27. Burd EM. Human papillomavirus and cervical cancer. Clin Microbiol Rev 2003;16:1-7. Calore EE, Pereira SM, Cavaliere MJ. Progression of cervical lesions in HIV-seropositive women: a cytological study. 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Caratterizzazione bio-morfologica: ER, PgR, Ki67, HER-2/NEU, MDV, MAGS, p53, EGF-R Breast cancer less than 1 cm: Bio-morphologic characterization with ER, PgR, Ki67, HER-2/NEU, MDV, MAGS, p53, EGF-R S. MARASÀ, G. SCIANCALEPORE*, L. MARASÀ U.O. Anatomia Patologica ARNAS Civico “G. Di Cristina, M. Ascoli”, Palermo; * Dipartimento di Anatomia Patologica Policlinico universitario “P. Giaccone”, Palermo Parole chiave Carcinoma mammario • pT1a • pT1b • Caratterizzazione biomorfologica Riassunto Key words Breast cancer • pT1a • pT1b • Bio-morphologic characterization Summary Il carcinoma della mammella rappresenta il tumore maligno più comune e la principale causa di morte nella popolazione femminile occidentale e la sua incidenza è in continuo aumento pur senza incremento dell’indice di mortalità. Negli ultimi dieci anni, infatti, è aumentata l’incidenza del cancro della mammella di misura inferiore a 1 cm (pT1a, PT1b della stadiazione TNM). Dopo un’analisi dettagliata, il Nottingham / Tenovus Primary Breast Cancer Study ha dimostrato che le dimensioni del tumore costituiscono un fattore prognostico significativo ed indipendente per il carcinoma mammario. Abbiamo selezionato 360 casi non consecutivi di carcinoma duttale mammario, metà di questi con diametro inferiore a 1 cm (pT1a-PT1b); l’altra metà con dimensioni tra 1 e 2 cm (pT1c). Il grading istologico è stato valutato secondo il metodo classico di Scarff Bloom Richardson, senza grado di Nottingham. Le determinazioni immunoistochimiche per valutare l’espressione di ER, PgR, Ki-67, Her2/Neu,CD34, p53, EGFR sono state eseguite con metodo automatico. I risultati ottenuti hanno evidenziato differenze significative tra i casi pT1a-b e pT1c, contribuendo a dimostrare che le dimensioni del tumore rappresentano un importante fattore prognostico, in particolare nei casi senza metastasi nodali linfonodi (N0). Breast carcinoma is the most common malignant tumour and the main cause of carcinoma death in women. There has been a sharp increase in the detection of breast carcinoma, although mortality is still unvaried. In the last ten years the incidence of breast cancer measuring less than 1 cm, corresponding to pT1a, pT1b in TNM stadiation, has greatly increased. The present study describes the biologic characterisation of small breast carcinomas. the Nottingham/Tenovus Primary Breast Cancer Study stated that tumour size is a significant, independent factor for breast cancer prognosis. Cases were selected among formalin-fixed, paraffin-embedded tissues from 360 ductal breast cancers. In one-half of cases, the tumour was less than 1 cm in diameter, pT1a- pT1b; in the other half the tumour size was greater than 1 cm, but less than 2 cm, pT1c. Histological grading was assessed with the Scarff-Bloom-Richardson method, without Nottingham grade. Immunohistochemical determinations for ER, PgR, Ki-67, Her-2/Neu,CD34, p53, EGFR were done with an automated method. From the above analyses, it was demonstrated that the tumour size is indeed an important prognostic factor, particularly in cases without lymph node metastasis (N0). In particular, we observed significant differences between pT1a-b and pT1c cases, confirming that tumour size is an important criterion for prognostic valuation in ductal breast cancer without lymph node metastasis. Introduzione geografica, l’Italia con circa 40.000 nuovi casi annui si pone di poco al di sotto dei valori europei 1. I dati dei registri tumori italiani evidenziano un’ampia variabilità, con valori inferiori al 30% nelle Regioni del Sud rispetto alle Regioni del Nord 2. L’incidenza del carcinoma della mammella aumenta con l’età, inoltre la Il carcinoma della mammella rappresenta il tumore maligno più comune e la principale causa di morte nella popolazione femminile occidentale. L’incidenza del cancro della mammella presenta un’ampia variabilità Corrispondenza dott.ssa Grazia Sciancalepore, via Filippo Marini 16, 90128 Palermo - E-mail: [email protected] CARCINOMA DELLA MAMMELLA CON DIAMETRO INFERIORE AD 1 CM tendenza all’incremento dell’incidenza nelle ultime decadi è riconducibile sia a fenomeni generazionali sia alla tempestività della diagnosi, in relazione alle campagne di screening. La diagnostica strumentale ha assunto un ruolo fondamentale per una diagnosi precoce di carcinoma mammario, ed in particolare lo screening mammografico ha permesso di effettuare diagnosi di forme subcliniche non palpabili di carcinoma mammario, ossia di neoplasie con un diametro massimo inferiore ad 1 cm (pT1a-b) 3-5. In questi casi sono solitamente preferite le procedure chirurgiche conservative con radioterapia complementare, completate da somministrazione di terapia medica adiuvante con sostanze antiblastiche e/o ormonali utilizzate allo scopo di eradicare le micrometastasi eventualmente presenti già al momento della diagnosi e responsabili della ripresa di malattia. L’analisi combinata dei dati derivanti da numerosi studi clinici ha confermato che la terapia adiuvante è in grado di migliorare in maniera rilevante la sopravvivenza libera da malattia, e la sopravvivenza complessiva delle pazienti affette da cancro della mammella operabile. I criteri utilizzati per la pianificazione della terapia adiuvante trovano riscontro nei fattori prognostici impiegati per valutare il rischio di ricaduta, tra questi le dimensioni del tumore, lo stato dei linfonodi ascellari, lo stato recettoriale, il grading istologico, la cinetica proliferativa delle cellule neoplastiche e l’eventuale iperespressione di oncogeni come HER-2 e p53. Abbiamo eseguito a tal proposito la valutazione dei fattori prognostici su menzionati su 360 casi di carcinoma mammario pT1 ed è emerso, a conferma della letteratura recente, che i tumori pT1a-b mostrano una prognosi nettamente favorevole rispetto ai casi pT1c e che potrebbero essere uniformati in un’unica categoria, con prognosi nettamente favorevole. Materiali e metodi Abbiamo selezionato 360 casi non consecutivi di carcinoma duttale mammario, tutti di dimensioni inferiori a 2 cm, raccolti tra il 1991 ed il 2000. L’età delle pazienti era compresa tra 35 e 55 anni, con un’età media di 45 e mediana di 42. In tutti i casi è stata praticata la linfadenectomia ascellare, e sono stati isolati almeno 16 linfonodi da ogni caso. Di questi 360 casi 180 erano rappresentati da tumori con un diametro massimo compreso tra 1 e 2 cm (pT1c) e 180 con un diametro massimo inferiore ad 1 cm, pT1a-b, ed in particolare 34 con diametro inferiore a 0,5 cm (pT1a) e 146 con diametro massimo compreso tra 0,5 e 1 cm (pT1b). Il loro grading istologico è stato valutato secondo il metodo classico di Scarff Bloom Richardson, senza grado di Nottingham. Le determinazioni immunoistochimiche per valutare l’espressione di ER, PgR, Ki-67, Her2/Neu, CD34, p53, EGFR sono state eseguite con metodo automatico (immunocoloratore Ventana, mod. Bench-mark XT). I casi con percentuale di cellule proliferanti Ki-67 157 positive sono state considerate “altamente proliferanti”. La valutazione quantitativa e qualitativa della neovascolarizzazione è stata effettuata tramite l’espressione del CD34. Risultati È stato dimostrato che la dimensione del tumore nel carcinoma mammario rappresenta uno dei principali fattori prognostici, specie nei casi in cui non ci siano linfonodi metastatici; comunque nonostante sia il principale fattore non è certo il solo, sarà dunque necessario valutare altri fattori che consentano un giudizio prognostico più preciso. Nel nostro studio abbiamo deciso di valutare, oltre la dimensione (Tab. Ia) ed il grading istologico (Tab. Ib), l’espressione di recettori per estrogeni (Tab. IIa, Fig. 1) e per progesterone (Tab. IIb, Fig. 2), l’attività proliferativa tramite la positività al Ki-67 (Tab. III, Fig. 3), l’iperespressione di Cerb-B2 (Tab. IVa, Fig. 4) e l’espressione del recettore per Epidermal Growth Factor (Tab. IVb, Fig. 5), l’iperespressione dell’onco- Tab. Ia. Distribuzione dei casi secondo TNM: dimensione tumore. pT1a pT1b pT1c pT1 tot 34 146 180 360 9,5 40,5 50 100 Tab. Ib. Distribuzione dei casi secondo TNM: grading istologico. pT1a pT1b pT1c pT1 tot Casi G1 20 35 48 103 % casi G1 5,5 9,7 13,3 28,6 Casi G2 14 82 98 194 % casi G2 3,8 22,7 27,2 53,9 0 29 34 63 8,0 9,4 17,5 Casi G3 % casi G3 Tab. IIa. Distribuzione dei casi secondo l’espressione dei recettori ormonali: estrogenici. Casi ER+ % casi ER+ Casi ER% casi ER- pT1a pT1b pT1c pT1 tot 33 118 106 257 12,9 45,9 41,2 100 1 28 74 103 0,9 27,2 71,9 100 Tab. IIb. Distribuzione dei casi secondo l’espressione dei recettori ormonali: progestinici. pT1a Casi PgR+ % casi PgR+ Casi PgR% casi PgR- pT1b pT1c pT1 tot 28 106 98 232 12,1 45,6 42,3 100 6 40 82 128 4,7 31,2 64,1 100 S. MARASÀ ET AL. 158 Tab. III. Distribuzione dei casi secondo l’indice di proliferazione cellulare: Ki-67. pT1a Casi Ki-67+ pT1b pT1c pT1 tot 5 23 57 85 % casi Ki-67+ 5,9 27,1 67,0 100 Casi Ki-67- 29 123 123 275 10,6 44,7 44,7 100 % casi Ki-67- Fig. 1. Positività nucleare al ER. Tab. IVa. Distribuzione dei casi secondo l’espressione dei recettori per i fattori di crescita: c-erbB-2. pT1a Casi c-erbB-2+ pT1b pT1c pT1 tot 1 26 41 68 % casi c-erbB-2+ 1,5 38,2 60,3 100 Casi c-erbB-2- 33 120 139 292 11,3 41,1 47,6 100 % casi c-erbB-2- Fig. 2. Positività nucleare al PgR. Tab. IVb. Distribuzione dei casi secondo l’espressione dei recettori per i fattori di crescita: EGF-R. pT1a pT1b pT1c pT1 tot 1 15 42 58 % casi EGF-R+ 1,7 25,9 72,4 100 Casi EGF-R– 33 131 138 302 10,9 43,4 45,7 100 Casi EGF-R+ % casi EGF-R– Tab. V. Distribuzione dei casi secondo l’espressione dell’oncoproteina p53. pT1a Casi p53+ pT1b pT1c Fig. 3. Attività proliferativa rivelata tramite positività al Ki-67. pT1 tot 3 15 30 48 % casi p53+ 6.2 31.3 62,5 100 Casi p53- 31 131 150 312 % casi p53- 9.9 42 48,1 100 proteina p-53 (Tab. V, Fig. 6) l’indice di neovascolarizzazione (Tab. VI, Fig. 7). Abbiamo osservato, come si evince dalle Tabelle, una netta differenza di espressione di fattori prognostici sfavorevoli nei casi pT1c, quindi in neoplasie con diametro massimo superiore ad 1 cm, ri- Tab. VI. Distribuzione dei casi secondo l’indice di attività angiogenica. pT1a pT1b pT1c Pt1 tot 2 37 132 171 % casi MDV > 16; MAGS > 30 1.2 21,6 77,2 100 Casi MDV < 16; MAGS < 30 32 109 48 189 16,9 57,7 25,4 100 Casi MDV > 16; MAGS > 30 % casi MDV < 16; MAGS < 30 CARCINOMA DELLA MAMMELLA CON DIAMETRO INFERIORE AD 1 CM Fig. 4. Iperespressione di C-erb B2. spetto ai casi pT1a e b, uniformabili dunque in un’unica categoria, con prognosi favorevole. Discussione Il carcinoma della mammella rappresenta il tumore maligno più comune e la principale causa di morte nella popolazione femminile occidentale. Tuttavia negli anni si è assistito ad un incremento dell’incidenza senza consensuale incremento della mortalità, ciò in relazione alle campagne di screening che hanno consentito di effettuare diagnosi di carcinoma mammario in fase precoce, quando la neoplasia presenta un diametro massimo inferiore ad 1 cm (pT1a-b), e fase in cui gode di un’ottima prognosi. In questi casi sono solitamente preferite le procedure chirurgiche conservative con radioterapia complementare completate da somministrazione di terapia medica adiuvante in grado di migliorare in maniera rilevante la sopravvivenza libera da malattia e la sopravvivenza complessiva delle pazienti affette da cancro della mammella operabile. I criteri utilizzati per la pianificazione della terapia adiuvante trovano riscontro nei fattori prognostici impiegati per valutare il rischio di ricaduta, e tra questi i più indicativi sono le dimensioni del tumore, lo stato dei linfonodi ascellari, lo stato recettoriale, Fig. 5. Positività al EGF-R. 159 Fig. 6. Iperespressione di p53. il grading istologico, la cinetica proliferativa delle cellule neoplastiche e l’eventuale iperespressione di oncogeni come HER-2 e p53. HER-2 è un membro della famiglia dei recettori per il fattore di crescita epidermico, coinvolto nell’incremento dei segnali di proliferazione e metastatizzazione delle cellule neoplastiche. Esso è iperespresso nel 30% dei casi di carcinoma mammario 6-9 ed in queste pazienti la sopravvivenza ed il tempo libero da malattia sono significativamente ridotti rispetto alle pazienti che non presentano tale iperespressione 10 11. L’iperespressione di HER2 potrebbe essere associata con la ridotta efficacia della terapia ausiliaria endocrina con tamoxifen 12-14. De Laurentiis et al. recentemente hanno condotto una metaanalisi dalla quale hanno dedotto che il cancro mammario metastatico HER2-positivo era meno sensibile a reagire a qualunque tipo di terapia endocrina 15. Uno studio condotto su 3000 pazienti affette da neoplasia maligna primitiva della mammella ha evidenziato la mutazione del gene p53 o l’iperespressione del relativo prodotto della proteina nel 14-52% dei casi con prognosi infausta 16. Recentemente è stata anche analizzata l’espressione di HER2, di p53 e di Ki67 in carcinomi duttali infiltranti ed è stata riscontrata la coesistenza di accumulo di HER2 e della proteina p53, indicatore molecolare prognostico significativo nel cancro Fig. 7. Attività neoangiogenetica rivelata tramite positività al Fattore VIII. S. MARASÀ ET AL. 160 mammario 17. Quasi un terzo di tumori della mammella ha mutazioni del gene p53 che si associano con alto grado istologico e rapida progressione 18. La proteina p53 è un fattore di trascrizione che regola il ciclo cellulare e ricopre la funzione di oncosoppressore, essa interviene in molti meccanismi anti-tumorali, tra cui l’attivazione della riparazione del DNA danneggiato, il blocco del ciclo cellulare nel punto di regolazione G1/S o l’avvio del processo di apoptosi nel caso il danno al DNA sia irreparabile. Può dunque indurre l’arresto della crescita cellulare, l’apoptosi e la senescenza delle cellule. Nelle cellule normali p53 è solitamente inattiva, legata alla proteina MDM2 che la inibisce e ne promuove la degradazione. L’apoptosi rappresenta uno dei meccanismi sfruttati dai trattamenti antitumorali. Le cellule con perdita della funzione del gene p53 sono resistenti a tali farmaci 19. Sono stati pubblicati vari studi che hanno esaminato il valore prognostico determinato dalle alterazioni della p53 al livello del gene, o il grado di espressione di p53 attraverso l’immunoistochimica (IHC), per poter prevedere la risposta alla chemioterapia. Molti di questi studi hanno evidenziato che le alterazioni della p53 possono avere un certo valore predittivo rispetto la resistenza alle antracicline 20-26, alla ciclofosfamide, al methotrexate ed al fluorouracile 27-29. Mentre un solo studio ha segnalato il valore predittivo della p53 riguardo alla resistenza alla terapia endocrina 30. La terapia endocrina è il trattamento più importante e più utilizzato nelle donne con il cancro mammario con positività per i recettori ormonali. Proprio per questa ragione è stata posta particolare attenzione sui meccanismi che possono indurre resistenza al trattamento endocrino e che coinvolgono il recettore dell’estrogeno (ER), proteine co-regolatrici e meccanismi cross-reattivi fra ER ed altre interazioni tra i vari fattori di crescita. Tuttavia i fattori ed i meccanismi responsabili della resistenza alla terapia endocrina ancora non sono stati del tutto chiariti. Si è ipotizzato che esistessero diverse specifiche proteine coinvolte in questi processi di resistenza. Il recettore dell’estrogeno (ER) è stato per anni protagonista degli studi sul cancro mammario ormone-sensibile, grazie ai successi clinici dell’antiestrogeno tamoxifen e, più recentemente, degli inibitori dell’aromatasi 31. Il recettore del progesterone (PgR), prodotto da un singolo gene ER-regolato, soprattutto è stato considerato fino a poco tempo fa come indicatore della risposta dell’estrogeno. L’azione del PgR, quindi, in gran parte è stata trascurata come fattore indipendente nella proliferazione e/o nella sopravvivenza dell’epitelio ghiandolare mammario normale o neoplastico. Recenti studi, tuttavia, hanno rammentato che il progesterone media la proliferazione alveolare durante lo sviluppo mammario della ghiandola nel topo 32, dove le isoforme del PgR inducono l’espressione di potenti molecole mitogeniche, compreso Wnts 33. Negli esseri umani, inoltre, il picco di proliferazione mammaria delle cellule epiteliali e la presenza di figure mitotiche coincide con i livelli elevati del progesterone che si presentano durante la fase luteale del ciclo uterino 34 35. Recentemente numerosi studi clinici hanno riconosciuto l’esposizione al progesterone durante la terapia ormonale sostitutiva (HRT) come fattore di rischio importante per l’insorgenza del cancro mammario 36. Le donne in menopausa che hanno ricevuto HRT contenente estrogeno e progesterone hanno presentato, di fatto, aumento dell’incidenza del cancro rispetto a coloro che hanno ricevuto soltanto l’HRT estrogenetico o il placebo, ed in quel caso i tumori rilevati erano più grandi e di più alto grado 37 38. Il meccanismo di questi effetti è tuttora sconosciuto. Le progestine non sono considerate agenti cancerogeni. L’esposizione a HRT estro-progestinico, tuttavia, può favorire l’insorgenza dei tumori subclinici o silenti e/o contribuire ad aumentare la densità del parenchima mammario, ritardando così la diagnosi del tumore. Questi dati sottolineano la necessità di una maggiore comprensione della risposta cellulare al progesterone, tramite l’attivazione del PgR. I geni che attivano il PgR includono i regolatori chiave del ciclo cellulare (cicline D ed E), alcuni componenti della famiglia dell’EGFR ed alcuni mediatori critici dei processi di crescita (Wnts), che sono associati frequentemente con le neoplasie maligne della mammella. I risultati del nostro studio, a conferma dalla letteratura esistente in merito ai tumori mammari in fase precoce, hanno dimostrato come sebbene il più importante indice prognostico sia la dimensione del tumore, altri fattori devono essere valutati per meglio predire l’andamento della malattia e soprattutto per far fronte alla gran variabilità di comportamento biologico propria di questo tipo di neoplasie, tenuto conto anche che l’analisi di alcuni di questi fattori assume oggi un importante ruolo nella successiva scelta terapeutica, specie in caso di neoplasie in fase precoce. La valutazione dei fattori prognostici in precedenza descritti su 360 casi di carcinoma mammario pT1 ha ulteriormente confermato che i tumori pT1a-b mostrano una prognosi nettamente favorevole rispetto ai casi pT1c e che potrebbero essere uniformati in un’unica categoria, con prognosi nettamente favorevole. Bibliografia 4 1 5 2 3 Sant M, Francisci S, Capocaccia R, Verdecchia A, Allemani C, Berrino F. Should we use incidence, survival or mortality to assess breast cancer trends in European women? Nature clinical practice. Oncology 2006;3:228-9. AIRT Working Group. I tumori in Italia. Rapporto 2006. Incidenza, mortalità e stime. Epidemiologia e prevenzione 2006;30(Suppl 2). Parkin DM, et al. Estimating the world cancer burden: Globocan. Int J Cancer 2000;94:153-6. 6 7 Boring CC, Squires TS, Tong T, Montgomery S. Cancer Statistics. CA Cancer J Clin 1994;44:7-26. Schittulli F. Il tumore della mammella. Ministero della Salute 2004. Salomon DS, Brandt R, Ciardiello F, Normanno N. 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PATHOLOGICA 2008;100:162-165 ARTICOLO ORIGINALE BREVE Biopsia mammaria “vacuum-assisted” per la diagnosi di lesioni non palpabili: descrizione dei primi 226 casi Vacuum-assisted breast biopsy for diagnosis of non-palpable lesions: experience with 226 cases M. NEBULONI* **, R. AMADORI***, C. ANTONACCI**, R.S. ROSSI**, A. SARTANI****, A. DE SIMONE****; F. CORSI****; R. BIANCO***; M.A. NOSENZO****, E. TRABUCCHI* ****, G. VAGO* ** * Dip. di Scienze Cliniche “Luigi Sacco”, Università di Milano; ** U.O. di Anatomia Patologica; *** U.O. di Radiologica; **** Dip. Chir-Onc-Gastroenterologico, Azienda Ospedaliera “Luigi Sacco”, Milano Parole chiave Mammella • Biopsia mammaria “vacuum-assisted” • Lesioni mammarie non palpabili Riassunto Key words Breast • Vacuum-assisted breast biopsy • Non-palpable breast lesions Summary La biopsia con aspirazione forzata “vacuum-assisted” viene utilizzata sempre con maggior frequenza nella diagnosi delle lesioni mammarie non palpabili. Questo studio riporta i risultati dei primi 226 casi effettuati presso l’Ospedale “Sacco” di Milano da novembre 2005 a luglio 2007, 198 (87,6%) sotto guida stereotassica e 28 (12,4%) sotto guida ecografica. In 225 casi (99,6%) il materiale prelevato ha consentito una valutazione istologica. La diagnosi è stata: tessuto mammario normale in 9 casi (4%), lesione benigna in 97 (43%), “lesione a comportamento incerto” in 25 (11%), “lesione sospetta” in 4 (2%) e “lesione maligna” in 90 (40%, di cui 53 carcinomi in situ e 37 carcinomi infiltranti). Trentotto casi con diagnosi di “lesione maligna” (42,2%) sono stati operati nel nostro centro; la concordanza diagnostica biopsia/pezzo operatorio è stata del dell’84,2% (32 casi). Dei 6 casi discordanti, solo 2 rappresentano una reale sottostima bioptica (carcinoma in situ bioptico vs. carcinoma infiltrante del pezzo operatorio). In conclusione, la VABB si è dimostrata essere ben tollerata (in un unico caso si è verificato un ematoma in sede di biopsia), di rapida e facile esecuzione e molto efficace per la diagnosi istologica di lesioni mammarie non palpabili. La procedura consente di evitare interventi chirurgici a scopo diagnostico e di programmare una strategia terapeutica mirata. Vacuum-assisted breast biopsy (VABB) is now available for non-palpable lesions. The present study describes the results obtained from 226 consecutive VABBs performed at “L. Sacco” Hospital, Milan, from November 2005 to July 2007 (198 stereotactic and 28 ultrasonographic procedures). Adequate tissue samples for histopathological evaluation were obtained in 225 cases (99.6%). The diagnoses were as follows: 9 normal tissues (4%), 97 benign (43%), 25 “probably benign” (11%), 4 “suspicious for malignancy” (2%) and 90 malignant (40%, 53 in situ and 37 infiltrating carcinoma). Of the 90 malignant cases, 38 (42.2%) underwent subsequent surgical excision in our Unit; 84.2% (32/38) had concordant histopathological findings. In conclusion, VABB is an accurate and safe technique for diagnosis of non-palpable lesions, and in experienced hands avoids unnecessary surgical procedures. Introduzione ridurre gli interventi chirurgici non necessari 1 2. Fino a qualche anno fa l’iter diagnostico del carcinoma della mammella comprendeva l’agoaspirato, sia sotto guida ecografica che stereotassica, e la core-biopsy. Sebbene l’agoaspirato con conseguente esame citologico sia una metodica semplice da eseguire e poco costosa, non è esente da un elevato tasso di inadeguati, soprattutto quando le lesioni sono rappresentate radiologicamente da microcalcificazioni oppure distorsioni parenchi- Il carcinoma della mammella rappresenta la neoplasia più frequente nel sesso femminile. L’ampia diffusione dello screening mammografico ha portato all’identificazione di lesioni mammarie sospette o maligne in fase molto precoce ma ha altresì posto il problema dell’individuazione di metodiche diagnostiche per tali lesioni che siano altamente sensibili e specifiche in modo da Corrispondenza Ringraziamenti Gli Autori ringraziano la Fondazione “Romeo ed Enrica Invernizzi” per aver contribuito al finanziamento dello studio. Dott.ssa Manuela Nebuloni, U.O. Anatomia Patologica, Ospedale “Luigi Sacco”, Dip. di Scienze Cliniche “Luigi Sacco”, Università di Milano, via G.B. Grassi 74, 20157 Milano, Italy - Tel. +39 02 3904235048 - E-mail: [email protected] BIOPSIA MAMMARIA “VACUUM-ASSISTED” PER LA DIAGNOSI DI LESIONI NON PALPABILI mali 3. La core-biopsy è stata utilizzata per molti anni come alternativa alla biopsia chirurgica ed in mani esperte può costituire un valido strumento diagnostico; nonostante ciò, la percentuale di falsi negativi e di sottostime di questa tecnica non è trascurabile (3-56%) 1 4. La biopsia con aspirazione forzata “vacuum-assisted” (Vacuum-assisted breast biopsy – VABB), sotto guida stereotassica o ecografica, è disponibile da alcuni anni e viene utilizzata con sempre maggiore frequenza nella diagnosi delle lesioni mammarie non palpabili, soprattutto microcalcificazioni 1 5. Tale metodica consente di prelevare, in anestesia locale e con un unico ingresso dell’ago, numerosi frustoli di tessuto riducendo i falsi negativi e i campioni inadeguati 1 5. Questo lavoro riporta i risultati dei primi 226 casi di VABB, effettuati nel nostro centro presso l’Azienda Ospedaliera “Luigi Sacco” di Milano. Casistica Da novembre 2005 a luglio 2007, abbiamo effettuato 226 VABB su lesioni mammarie non palpabili, 198 (87,6%) sotto guida stereotassica e 28 (12,4%) sotto guida ecografica. La scelta della guida ecografica è stata riservata a quelle pazienti con lesioni nodulari ecovisibili e precedente esame citologico inadeguato o dubbio. Sono state escluse dall’approccio VABB le lesioni 163 francamente benigne alla mammografia e le lesioni percepibili ecograficamente, nelle quali sia stato possibile effettuare un agoaspirato ecoguidato diagnostico. L’età media delle pazienti di questo studio era di 58,6 anni (range 21-82 anni). In 178 casi (78,7%) si trattava di microcalcificazioni, mentre nei restanti 48 (21,3%) le lesioni erano opacità nodulari o distorsioni parenchimali. L’estensione delle lesioni variava da 0,3 cm a 10 cm (media 1,61 cm) ed erano multifocali in 9 casi. Le lesioni erano localizzate alla mammella di destra in 96 pazienti (42,5%) e alla mammella sinistra in 130 pazienti (57,5%), con una distribuzione ai quadranti esterni in 165 pazienti (73%) e ai quadranti interni in 52 pazienti (23%); solo in 9 donne (4%) le lesioni erano localizzate in sede retroareolare. In 216 casi è stato utilizzato un ago bioptico da 11G mentre in 10 casi un ago da 8G. In 181 casi (80%) è stato posizionato un repere magneto-compatibile, che agevola la successiva valutazione mammografica o la centratura pre-operatoria. Alla fine della procedura tutte le pazienti hanno eseguito una mammografia di controllo, per valutare l’esito delle biopsie, e, qualora posizionato, per verificare la corretta sede del repere; in un unico caso si è verificato un ematoma in sede di biopsia come complicanza minore. Tutti i frustoli prelevati sono stati disposti su un supporto e sono stati radiografati; i prelievi con microcalcificazioni sono stati identificati. Infine, i frustoli sono stati introdotti separatamente in altrettanti barattoli contenen- Tab. I. Dati clinico-patologici: 226 pazienti. Età media Aspetto radiologico 58,6 anni (range 21-82 anni) Microcalcificazioni: 78,7% (178/226) Opacità nodulari: 21,3% (48/226) Sede Mammella destra: 42,5% (96/226) Mammella sinistra: 57,5% (130/226) Quadranti esterni: 73% (165/226) Quadranti interni: 23% (52/226) Sede retroareolare: 4% (9/226) Procedura VABB Guida mammografica: 87,6% (198/226) Guida ecografica: 12,4% (28/226) Ago bioptico 11G: 95,6% (216/226) 8G: 4,4% (10/226) Adeguatezza del campionamento Campioni adeguati: 99,5% (225/226) Campioni inadeguati: 0,5% (1/226) Valutazione istologica B1: 4% (9/225) B2: 43% (97/225) B3: 11% (25/225) B4: 2% (4/225) B5: 40% (90/225; 53 ca in situ e 37 ca infiltranti) Valutazione biopsia/pezzo operatorio Concordanza diagnostica: 84,2% Discordanza diagnostica: 15,8% (4 casi sottoposti a chemioterapia pre-operatoria e 2 casi di sottostima bioptica – ca in situ bioptico vs. ca infiltrante operatorio) M. NEBULONI ET AL. 164 ti formalina tamponata al 10% ed inviati in Anatomia Patologica. I tessuti sono stati fissati a temperatura ambiente per 24 ore e poi inclusi in paraffina. La diagnosi istologica è stata effettuata su sezioni di 3 μm colorate con Ematossilina-Eosina. Per i frustoli con microcalcificazioni (identificati dopo radiografia) sono state effettuate multiple sezioni seriate di 3 μm ciascuna. Per la valutazione istologica è stato utilizzato il Sistema a categorie B (EGQAMS Luxembourg: European Commission; 1996; rev. 2005) 6: B1 (tessuto normale), B2 (lesione benigna), B3 (lesione a comportamento incerto), B4 (lesione a comportamento maligno sospetto) e B5 (lesione maligna). Risultati In 225 casi (99,6%) il materiale prelevato ha consentito una diagnosi istologica della lesione; in un unico caso si è verificato un malfunzionamento dell’aspiratore che ha portato a campioni tessutali inadeguati per una valutazione anatomopatologica. La media del numero dei frustoli prelevati per ogni paziente è stata di 8,2; in 55 casi (24,4%), a causa dell’estensione della lesione, è stato necessario effettuare un numero aggiuntivo di campioni, per una media di 6,8. L’asportazione completa delle microcalcificazioni o delle lesioni parenchimali, valutata dalla mammografia post-bioptica, è stata ottenuta in 69 casi (30,6%). Nove casi (4%) sono stati diagnosticati come B1, 97 casi (43%) come B2, 25 casi come B3 (11%), 4 casi come B4 (2%) e 90 casi come B5 (40%). Dei 97 casi diagnosticati come B2, 13 erano fibroadenomi mentre gli altri 84 mostravano lesioni classificabili come iperplasia duttale tipica ed alterazioni fibrocistiche. Dei 25 casi diagnosticati come B3, 11 erano “radial scar”, 10 erano lesioni papillari e 4 avevano come quadro dominante l’iperplasia duttale atipica. I 4 casi identificati come B4 erano caratterizzati da minuscoli e marginali quadri fortemente suggestivi ma non conclusivi per neoplasia. Infine, i 90 casi di neoplasia (B5) si presentavano così suddivisi: 53 carcinomi in situ e 37 carcinomi infiltranti (di cui 29 carcinomi duttali NAS, 5 lobulari, 1 mucinoso, 1 papillare e 1 adenoidocistico). Dei 90 casi B5, 38 (42,2%) sono stati operati nel nostro centro, con una concordanza diagnostica biopsia/pezzo operatorio dell’84,2% (32 casi). Nei 6 casi restanti (15,8%) la diagnosi definitiva è stata discordante rispetto a quella bioptica: 4 pazienti sono state sottoposte a chemioterapia pre-operatoria con risposta patologica completa; in due pazienti la VABB ha sottostimato lo stadio della lesione (carcinoma in situ bioptico vs. carcinoma infiltrante del pezzo operatorio). L’asportazione completa delle microcalcificazioni o distorsioni parenchimali tramite VABB, valutata all’esame radiologico post-biopsia, è stata ottenuta in 8 delle 90 pazienti (8,9%) con lesione maligna, tutte successivamente operate nel nostro centro; l’esito de- finitivo dell’intervento chirurgico di queste 8 pazienti ha identificato residui focolai neoplastici nel tessuto mammario asportato. Infine, una delle pazienti con diagnosi di B4 è stata sottoposta ad intervento chirurgico nel nostro centro: la diagnosi definitiva è stata di carcinoma duttale infiltrante NAS. Discussione Questo lavoro descrive i risultati delle prime 226 biopsie mammarie “vacuum-assisted” – VABB – effettuate presso il nostro Centro. La tecnica, come riportato da molti altri Autori, ha consentito di prelevare campioni diagnostici in casi di lesioni non palpabili come microcalcificazioni e di distorsioni parenchimali 1 5. Inoltre, nei casi di lesioni nodulari ecovisibili con precedente esame citologico inadeguato, la VABB sotto guida ecografica ha consentito una diagnosi istologica e ha evitato alle pazienti una biopsia chirurgica o una nodulectomia a scopo diagnostico. La concordanza biopsia/intervento operatorio nei casi con lesione maligna è stata dell’84,2%. Dei casi non concordanti, il 67% erano pazienti sottoposte a chemioterapia pre-operatoria con risposta patologica completa; il 33% (5,2% dei casi operati) avevano avuta una diagnosi bioptica di carcinoma in situ ma con riscontro di minimi focolai di infiltrazione nel tessuto asportato durante l’intervento. Questi ultimi casi rappresentano la reale sottostima diagnostica della procedura VABB rispetto a quella ottenuta dalla procedura chirurgica; tale eventualità è stata descritta da altri gruppi 1, con però percentuali riportate inferiori rispetto a quella da noi riscontrata. Infine, un dato interessante riguarda la valutazione radiografica delle lesioni mammarie residue post-biopsia. Nel nostro centro, tutte le pazienti sono state sottoposte a mammografia dopo VABB che, in circa il 9% delle pazienti con lesioni maligne, ha dato esito negativo ad indicare la completa asportazione bioptica delle lesioni visibili radiologicamente. Queste pazienti sono state tutte operate nel nostro centro e l’esito definitivo dell’intervento chirurgico ha invece identificato residua neoplasia nel tessuto mammario asportato. La biopsia “vacuum-assisted”, con un unico ingresso dell’ago, consente il prelievo di un numero di frustoli superiore a quello ottenibile con la core-biopsy, e l’aspirazione forzata che viene esercitata permette di eliminare il sangue e di mantenere intatta la struttura dei tessuti 1 5. Infine, tale procedura consente di lasciare in sede un repere metallico magneto-compatibile utile per la successiva valutazione mammografica o centratura chirurgica, ultimamente ancora più facilitata dalla possibilità di utilizzare reperi ecovisibili, in quanto associati a capsula di carbonio. Inoltre, i reperi metallici, precedentemente in nichel, sono attualmente in lega di titanio, così da essere ben tollerati anche dalle pazienti allergiche. BIOPSIA MAMMARIA “VACUUM-ASSISTED” PER LA DIAGNOSI DI LESIONI NON PALPABILI In conclusione, la biopsia mammaria “vacuum-assisted” si è dimostrata essere ben tollerata dalle pazienti, di rapida e facile esecuzione e molto efficace per la diagnosi istologi- 165 ca di lesioni mammarie non palpabili. La procedura consente di evitare interventi chirurgici a scopo diagnostico e di programmare una strategia terapeutica mirata. Bibliografia 1 2 3 Cassano E, Urban LABD, Pizzamiglio M, Abbate F, Maisonneuve P, Renne G, et al. 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PATHOLOGICA 2008;100:166-169 CASE REPORT Cutaneous gamma-delta T-cell lymphoma arising in the setting of Behcet’s disease Linfoma cutaneo a cellule T gamma-delta insorto nello scenario della malattia di Behcet I. CHELLY, F. LIMAÏEM, A. MEKNI, S. BELLIL, K. BELLIL, I.B. GHORBEL, S. HAOUET, M. ZITOUNA, N. KCHIR Department of Pathology, Hospital “La Rabta”, 1007 Bab Saadoun Tunis Key words Gamma-delta T-cell • Cutaneous lymphoma • Behcet’s disease • Immuohistochemistry Summary Parole chiave Cellule T gamma-delta • Linfoma cutaneo • Malattia di Behcet • Immunoistochimica Riassunto Cutaneous γ-δ T-cell lymphoma (CGD-TCL) is an uncommon lymphoma composed of a clonal proliferation of mature activated γ-δ T-cells expressing a cytotoxic phenotype. Malignant lymphoma is rarely associated with Behcet’s disease, as only 12 cases have been reported in the literature, including a case of cutaneous T-cell lymphoma. In this report, the authors present a new case of CGD-TCL emerging in the course of Behcet’s disease in a 40-year-old man. Diagnosis of CGD-TCL was established based on the combination of clinical, histological, immunophenotypical and molecular findings. Through a review of the current literature, the authors analyse the unique clinicopathological, molecular and immunohistochemical features of this rare cutaneous lymphoma. Il linfoma cutaneo a cellule T γ-δ (CDG-TCL) è un raro linfoma derivato da una proliferazione clonale di cellule T citotossiche γ-δ. Il linfoma maligno raramente è associato alla malattia di Behcet, in letteratura sono stati riportati solo 12 casi, incluso un caso di linfoma a cellule T. In questo report, gli autori presentano un nuovo caso di CDGTCL insorto nel decorso della malattia di Behcet in un uomo di 40 anni. È stata fatta diagnosi di CDG-TCL basandosi sulla combinazione di caratteristiche cliniche, istologiche, immunofenotipiche e molecolari. Attraverso una review della letteratura corrente, gli autori analizzano i soli aspetti clinicopatologici, molecolari e immunoistochimici di questo raro linfoma cutaneo. Introduction Case report Cutaneous γ-δ T-cell lymphoma (CGD-TCL) is a rare form of cutaneous lymphoma recently proposed as a distinct clinicopathological entity. It is composed of a clonal proliferation of mature activated γ-δ T-cells expressing a cytotoxic phenotype. This group includes cases of subcutaneous panniculitis-like T-cell lymphoma (SPTCL) with a γ-δ phenotype 1. Malignant lymphoma is rarely associated with Behcet’s disease, as only 12 cases have been reported in literature, including a case of cutaneous T-cell lymphoma. In this paper, the authors report a new case of CGD-TCL arising in Behcet’s disease and highlight its clinicopathological and immunohistochemical profile with review of the current literature. A 40-year-old man with a medical history significant for Behcet’s disease presented with complaints of high fever (40 °C) and painful swelling of the right upper limb for the past two months. Behcet’s disease had been diagnosed two years ago based on occurrence of recurrent non-scarring oral and genital ulcers, arthralgias and uveitis. Current medications included corticosteroids and low doses of azathioprine. On initial physical examination, the patient was febrile and had several erythematous and ulcerated plaques, involving the right forearm. Two weeks later, the lesions became necrotic and more extensive. Ultrasonography of the right forearm showed infiltration of the subcutaneous fat and Doppler ultrasonography disclosed superficial thrombophlebitis. An incisional skin biopsy of the lesions was performed, revealing a diffuse lymphocytic infiltrate within the deep dermis and the subcutis (Fig. Correspondence Faten Limaïem, 4 impasse Tarek Ibn Zied Mutuelleville, Tunis 1082 - Tel. +216 96 552057 - E-mail: [email protected] CUTANEOUS GAMMA-DELTA T-CELL LYMPHOMA 1). The infiltrate consisted mainly of medium-sized atypical lymphocytes with irregular nuclei and coarsely clumped chromatin. In the subcutaneous fat, rimming of individual adipocytes by atypical lymphocytes was seen (Figs. 1 and 2). Large areas of necrosis were also noted. There was no epidermotropism. Immunohistochemical analysis was performed using the avidin-biotin complex technique with antibodies against TCR β-chain, CD2, CD3, CD4, CD8, CD30, CD56, TIA-1 and granzyme B. Tumour cells were strongly and diffusely positive for CD2, CD3 (Fig. 3) and CD56, and negative for CD4, CD8 and CD30. The tumour cells were positive for TIA-1 and granzyme B and showed clonal rearrangement of the TCR-γ and TCR-δ genes. Beta F1 antibody staining was negative. Laboratory examinations revealed elevated liver enzymes (aspartate aminotransferase [AST]/alanine aminotransferase [ALT] 83/54; lactate dehydrogenase: 265). Because of these findings and the clinical progression with persistent fever, together with elevation of liver enzymes, a diagnosis of CGD-TCL Fig. 1. Diffuse lymphocytic infiltrate within the deep dermis and the subcutis. The neoplastic infiltrate is dense and consists of medium-sized atypical lymphocytes (haematoxylin and eosin staining; original magnification, x 100). 167 Fig. 3. Staining for CD3 confirms the T-cell lineage of lymphocytes (immunohistochemistry; original magnification, x 400). was established. There was no evidence of systemic involvement by peripheral blood analysis, bone marrow biopsy, thoracic and abdominal computed tomography scans. High-dose chemotherapy was then decided in accordance with the Haematology Department. During the 3-month follow-up period, the patient did not show evidence of concurrent extracutaneous disease such as salivary gland, liver or gastrointestinal involvement. Discussion Fig. 2. Medium-sized atypical tumour cells rimming around fat lobules (haematoxylin and eosin staining; original magnification, x 250). Cutaneous γ-δ T-cell lymphomas represent a spectrum of malignancies that have been included as a provisional entity in the newly revised World Health Organization (WHO) – European Organization for Research and Treatment of Cancer (EORTC) consensus classification for cutaneous lymphomas 1. Some of the tumours included in this new category were previously classified as subcutaneous panniculitis T-cell lymphomas with a γ-δ T-cell receptor (TCR) phenotype 2. Approximately 50 cases of CGD-TCL have been reported in the literature 2. Most cases occur in young adults (median age: 42 years) with a female predominance 3. Impaired immune function associated with chronic antigen stimulation may predispose to the development of CGD-TCL 2. Patients with CGD-TCL may develop haemophagocytic syndrome, resulting in hepatosplenomegaly and infiltration of multiple organs by histiocytes engulfing red blood cells 4. Elevated liver enzymes (AST/ALT and LDH) and leucopoenia occur in 50% of patients and have been associated with unfavourable prognosis 3 5. In our patient, laboratory tests showed elevated liver enzymes and a normal blood count. Malignant lymphoma rarely arises in the setting of Behcet’s disease, as only 12 cases have been reported in literature, including a case of cutaneous T-cell lymphoma (Tab. I) 6-16. Through a review of these 12 cases, we observed no gender preference. The age of the patients ranged between 31 and 75 years. There were 2 cases of T-cell lymphoma including a cytotoxic T-cell lympho- I. CHELLY ET AL. 168 Tab. I. Reported cases of malignant lymphoma associated with Behcet’s disease: Review of the literature. Author/year Age/sex Period between BD and lymphoma Histology Site of involvement Kaneko (1974) [7] 32/M 0 NA Nasal cavity Houston (1978) [8] 52/F 6 years B lymphoblastic lymphoma Lymph nodes Moulonguet-Michau (1990) [9] 31/M 13 years Helper T-cell Skin Kawamoto (1992) [10] 43/M 5 months Hodgkin lymphoma Liver, spleen, neck Harada (1992) [11] 43/F 9 months Diffuse large B-cell cerebellum Abe (1993) [12] 43/F 15 years Small lymphocytic B-cell Stomach Yamamoto (1997) [13] 45/M 19 years Diffuse large B-cell Neck lymph nodes Cengiz (2001) [14] 47/M 7 years Hodgkin lymphoma NA 42/F 8 years Diffuse, mixed Houman (2001) [6] 37/F 2.5 years Katsura (2003) [15] 49/M 1 year Ono (2005) [16] 75/F Present case (2007) 40/M Large B-cell Small intestine Cytotoxic T-cell Retrorenal, orbital oesophagus 17 years Diffuse B-cell Cerebrum, ileum 2 years γ-δ T-cell lymphoma Skin BD: Behcet’s disease F: female M: male NA: not available ALT: alanine aminotransferase AST: aspartate aminotransferase CGD-TCL: Cutaneous γ-δ T-cell lymphomas EORTC: European Organization for Research and Treatment of Cancer LDH: lactate dehydrogenase SPTCL: subcutaneous panniculitis T-cell lymphomas TCR: T-cell receptor WHO: World Health Organization ma, 2 cases of Hodgkin lymphoma and 7 cases of B-cell lymphoma. In these cases the lymphoma involved several organs, namely the nasal cavity, lymph nodes, liver, spleen, cerebellum, stomach, oesophagus, orbit, small intestine, cerebrum and skin in a 31-year-old male patient 9. The exact pathogenesis of malignant lymphoma arising in the setting of Behcet’s disease is not known, and it remains unclear if its association with Behcet’s disease is merely casual or if it is induced by immunosuppressive therapy. The predisposing role of immunosuppressive therapy, and especially cyclosporin, has been previously discussed 6. To the best of our knowledge, CGD-TCL has never been described in association Behcet’s disease. Cutaneous γ-δ T-cell lymphomas generally present with disseminated plaques and/or ulceronecrotic subcutaneous nodules that involve the lower extremities, especially the thighs and gluteal region, but other sites may be affected as well 2 3 17. Lymph nodes, spleen and bone marrow are not usually involved but the disease may disseminate to extranodal or mucosal sites 2 3. Diagnosis of CGD-TCL is based on the combination of clinicopathologic, immunophenotypical and mole- cular findings. Histologically, three major patterns of involvement are present: epidermotropic, dermal and subcutaneous 2. However, usually more than one histological pattern is present in the same patient in different biopsy specimens or within a single biopsy specimen 18. Epidermal infiltration may occur as mild epidermotropism to marked pagetoid reticulosis-like infiltrates 19 20. Subcutaneous nodules may be panniculitis-like or more solid in appearance and may show rimming of fat cells, similar to subcutaneous panniculitis T-cell lymphomas of αβ origin 2. Dermal and epidermal involvement often coexists with subcutaneous disease, in contrast to subcutaneous panniculitis-like T-cell lymphoma, which is mainly or exclusively subcutaneous in distribution 21 22. The neoplastic cells are generally medium to large in size with coarsely clumped chromatin 18. Large blastic cells with vesicular nuclei and prominent nucleoli are infrequent. Apoptosis and necrosis are common, often with angioinvasion 23. Immunohistochemically, the tumour cells are TCR-δ-1+, CD3+, CD2+, CD7+/-, CD5- 17. Most cases lack CD4 and CD8 markers although some are CD8+ 18. The cells are positive for TIA-1 and the CUTANEOUS GAMMA-DELTA T-CELL LYMPHOMA cytotoxic proteins granzyme B, and perforin 23-25. CD56 is frequently expressed. The cells usually show clonal rearrangement of the TCR-γ and TCR-δ genes. EBV is generally negative in CGD-TCL 2 3 26 27. The features of CGD-TCL overlap with some cases of subcutaneous panniculitis-like T-cell lymphoma (SPTCL), and CGDTCL shares many features with other extranodal (usually CD8+) cytotoxic T-cell lymphomas 3. CGD-TCL, when involving subcutaneous fat, can clinically and histologically mimic other more indolent conditions, such as lupus erythematosus profundus, and multiple biopsies may be needed to obtain a correct diagnosis 3. A good correlation of the clinical data with the histopathology and immunohistochemistry is required for definitive diagnosis. CGD-TCL is an aggressive disease resistant to multiagent chemotherapy regimens and/or radiation with a median survival time of 15 mon- 169 ths 3. In a recent series of 33 patients, 22 (66%) died within 5 years of diagnosis, and in the same study there was a trend for decreased survival for patients who had histological evidence of subcutaneous fat involvement in comparison with those who had epidermotropic or dermal patterns of infiltration 18. In addition, TCRδ1 expression in primary cutaneous lymphomas is an independent prognostic factor associated with decreased survival 18. Because of the minimal experience with CGD-TCL reported in published studies, we believe it would be appropriate to continue recording cases and the longterm follow-up of their clinical course to more closely define this variant and establish the optimal treatment and follow-up strategy. This would also enable the identification of potential prognostic factors on the basis of histological and molecular studies. References 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 Willemze R, Jaffe ES, Burg G, Cerroni L, Berti E, Swerdlow SH, et al. 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Nonhepatosplenic gamma-delta Tcell lymphoma: a subset of cytotoxic lymphomas with mucosal or skin localization. Blood 1998;91:1723-31. PATHOLOGICA 2008;100:170-172 CASE REPORT A primary mediastinal Hodgkin’s lymphoma with asymptomatic myasthenia gravis: a rare association Linfoma Hodgkin primario del mediastino con miastenia gravis asintomatica: una rara associazione A. AYADI-KADDOUR, M. MLIKA, T. KILANI*, F. EL MEZNI Department of Pathology, “Abderrahmen Mami” Hospital, 2080 Ariana, Tunisia; * Department of Cardiothoracic Surgery, “Abderrahmen Mami” Hospital, 2080 Ariana, Tunisia Key words Thymic • Lymphoma • Hodgkin’s disease • Myasthenia Gravis Summary Parole chiave Timo • Linfoma • Malattia di Hodgkin • Miastenia gravis Riassunto Myasthenia gravis (MG) is an autoimmune neuromuscular junction disorder that is frequently associated with other autoimmune diseases. It has been only rarely reported in association with thymic Hodgkin’s lymphoma. We report a case of a 22-year-old man who presented with thoracic symptoms. Clinical examination was normal. Simple chest radiography showed a heterogeneous mediastinal mass. Thoracic computed tomography revealed an antero-superior mediastinal mass measuring 6 cm and invading the upper lobe of the left lung with parenchymal micronodules of the left lung and an involvement of mediastinal nodes. In order to consider a diagnosis of thymoma, electromyography was performed despite the fact that the patient was asymptomatic. This exam demonstrated signs specific of MG. After stabilising the MG with symptomatic therapies, surgical intervention was performed. Histological and immunohistochemical findings led to the diagnosis of thymic Hodgkin’s lymphoma. The MG regressed completely after surgical removal of the lesion. The patient is currently receiving complementary chemotherapy. An association between asymptomatic MG and thymic Hodgkin’s lymphoma has not been documented in the literature, and the present case appears to be the first reported. The pathogenesis of this association remains unknown. Some authors support a genetic origin, while others propose a hypothesis based on immunological studies. The treatment of thymic Hodgkin’s lymphoma is based on Cotswold staging system. Nonetheless, MG generally regresses after surgical removal of the thymic lesion. La miastenia gravis (MG) è un disturbo autoimmune della giunzione neuromuscolare che è spesso associato ad altre malattie autoimmuni. Solo raramente è stato riportato in associazione con il linfoma Hodgkin timico. Riportiamo il caso di un giovane di 22 anni che presentava sintomi toracici. L’esame clinico era normale. La radiografia toracica ha mostrato una massa eterogenea del mediastino. La tomografia computerizzata ha rivelato una massa nel mediastino antero-superiore di circa 6 centimetri che invadeva la parte superiore del lobo superiore del polmone sinistro con micronoduli parenchimali e un coinvolgimento dei noduli del mediastino. Al fine di prendere in considerazione una diagnosi di timoma, è stato eseguita una elettromiografia , nonostante che il paziente fosse asintomatico. L’esame ha evidenziato specifici segni di MG. Dopo la stabilizzazione della MG con terapie sintomatiche è stato eseguito l’intervento chirurgico. I risultati istologici e immunoistochimici hanno portato alla diagnosi di linfoma Hodgkin timico. La MG è completamente regredita dopo la rimozione chirurgica della lesione. Il paziente è attualmente in trattamento chemioterapico complementare. L’associazione tra MG asintomatica e linfoma Hodgkin timico non è ancora stata documentata in letteratura, e il caso in questione sembra essere il primo riportato. La patogenesi di questa associazione non è nota. Alcuni autori sostengono un’origine genetica, mentre altri propongono un’ipotesi basata su studi immunologici. Il trattamento del linfoma Hodgkin timico si basa sul sistema di stadiazione Cotswold. Tuttavia, generalmente, la MG regredisce dopo la rimozione chirurgica della lesione timica. Myasthenia gravis (MG) is an autoimmune neuromuscular junction disorder that is frequently associated with other autoimmune diseases. It has been only rarely reported in association with lymphomatous diseases. Besides the fact that Hodgkin’s lymphoma involving the thymus is very rare, its association with an asymptomatic MG has not been documented. We report a case of a 22-year-old man, with no particular past medical history, who presented with dyspnea, cough and asthenia. The time between the onset of symptoms and consultation was 3 months. Clinical examination was normal. Simple chest radiography showed a heterogeneous mediastinal mass. Thoracic computed tomography revealed an antero-superior mediastinal Correspondence Dr Mlika Mona, Department of Pathology, “Abderrahman Mami” Hospital, 2037 Tunis, Tunisia - Tel. +21 698 538862 - E-mail: [email protected] THYMIC HODGKIN’S LYMPHOMA WITH MYASTHENIA GRAVIS 171 mass measuring 6 cm and invading the upper lobe of the left lung with parenchymal micronodules of the left lung and involvement of mediastinal nodes. Normal serum levels of ACE, alpha-fetoprotein, human choriogonadotropin were found. Differential diagnoses were thymoma, a germinal tumour or lymphomatous disease. To rule out thymoma, an electromyography was performed despite the fact that the patient was asymptomatic. This exam however demonstrated a primary postsynaptic neuromuscular junctional disorder. Pharmacologic testing was positive, and thus a diagnosis of thymoma was mainly suspected. After stabilising the MG with symptomatic treatments, surgical intervention was performed. During the operation, a 6-cm tumour was found originating from the lower left lobe of the thymus. The tumour had invaded the upper lobe of the left lung and the pericardium. Resection of the tumour, the upper left pulmonary lobe and the invaded part of the pericardium was performed. Macroscopic findings consisted in a lobulated, firm, yellow-tan mass with visible fibrous bands invading the surrounding fat tissue. Histological examination showed a nodular sclerosis of the thymus with cellular nodules that comprised variable numbers of Hodgkin and ReedSternberg cells, especially the lacunar variants with a rich inflammatory background. The adjacent thymic parenchyma showed cystic spaces, and the surrounding pulmonary tissue was also invaded. By immunohistochemistry, tumour cells strongly and consistently expressed CD30 and CD15, but were negative for. CD20 and LMP1. The definitive diagnosis was thymic Hodgkin’s lymphoma classified as the nodular sclerosing type. The MG regressed completely after the surgical removal of the thymic lesion. The patient is currently receiving chemotherapy. After their first description in 1977 by Null et al, only a few cases of Hodgkin’s lymphoma associated with MG have been reported 1. In the English literature, our case seems to be the first one associating asymptomatic MG and Hodgkin’s lymphoma of the thymus. The pathogenesis of this association remains unknown. In vitro, the thymic B lymphocytes from MG patients could synthesise anti-acetylcholine receptor (anti-AChR) antibodies without prior activation. MG is thought to be initiated within the thymus by presentation of locally produced acetylcholine receptors (AChR) to potentially autoreactive T cells. Primary myogenic induction of thymic stem cells leads to AChR synthesis and expression on thymic myoid cells. AChR are then released, captured by thymic antigen presenting cells and presented to specific autoreactive T lymphocytes differentiating in the thymus. Ultimately, the activated AChR specific T lymphocytes migrate to peripheral areas and interact with AChR-specific B cells, resulting in the production of pathogenic anti-AChR autoantibodies 2. All these cells are found in Hodgkin’s lymphoma. Tranchant et al. reported an association between seronegative MG and familial Hodgkin’s lymphoma. They hypothesised that the epidemiological similarities between these two Fig. 1. Lobulated, firm, yellow-tan cut surface of the thymic tumour. Fig. 3. Inflammatory granuloma containing both Hodgkin and Reed-Sternberg cells. Fig. 2. Thymic architecture of the tumour. A. AYADI-KADDOUR ET AL. 172 diseases and the immune abnormalities suggested that their association was not fortuitous 3. The diagnosis of MG was supported by a positive pharmacologic testing, significant electrophysiologic tests and serologic demonstration of AChR. Treatment of MG may include symptomatic treatment, plasma exchange or administration of intravenous immunoglobulin 4. When MG is associated with Hodgkin’s lymphoma, it regresses after the treatment of that latter 1. Treatment of Hodgkin’s lymphoma is based on radiotherapy and chemotherapy according to the Cotswold staging system. Some Authors reported postoperative complications after removal of the thymus 5. In our case, the diagnosis of thymoma was suspected in relation to the results of the electromyography. Macroscopically, the thymus involved by Hodgkin’s lymphoma shows, as in our case, multiple firm white nodules with or without visible fibrous bands. Upon histological analysis, the most common type is nodular sclerosis, as the other types typically affect lymph nodes and not the thymus 6. Hodgkin’s lymphoma is characterised by a microscopic nodularity, composed of lymphoid cells interspersed with a marked inflammatory cell reaction and separated by wide fibrous band. Identification of lacunar variant of Reed-Sternberg cells, such as those seen in our patient’s tumour, confirms diagnosis. Involvement of the thymus by Hodgkin lymphoma often results in cystic changes, and pseudoepithelial hyperplasia of thymic epithelium mimicking thymoma on small biopsies. Immunohistochemistry is important to confirm diagnosis. There is no difference with systemic Hodgkin’s lymphoma: tumour cells strongly and consistently express CD30, and CD15 is detectable in more than 85% of cases. Hodgkin’s lymphoma associated with EBV express LMP in 30% of cases. Hodgkin’s lymphoma is the most common type of thymic lymphoma, although its association with MG is somewhat rare. The pathogenesis of this association still remains unknown 7. Generally, MG regresses after the treatment of Hodgkin’s lymphoma. References 4 1 5 2 3 Null JA, Livolsi VA, Glenn WW. Hodgkin’s disease of the thymus (granulomatous thymoma) and myasthenia gravis: a unique association. Am J Clin Pathol 1977;67:521-5. Raschilas F, Mouthon L, André MH, Azorin J, Couvelard A, Guillevin L. Concomitant polymyositis and myasthenia gravis reveal malignant thymoma. Ann Med Interne 1999;150:370-3. Tranchant C, Racamier E, Warter JM. Seronegative myasthenia gravis and familial Hodgkin’s disease. Eur Neurol 1993;33:17-9. 6 7 Juel VC, Massey JM. Myasthenia Gravis. Orphanet J Rare Dis 2007;6:44. Richer S, Van Schil P, Vanmael E. Nodular sclerosing Hodgkin’s disease of the thymus gland. Eur J Cardiothorac Surg 1994;8:619-21. Kennedy BJ, Fremgen AM, Menck HR. The national cancer data base report on Hodgkin’s disease for 1985-1989 and 1990-1994. Cancer 1998;83:1041-7. Quilichini R, Fuentes P, Metge G, Lafeuillade A, Albatro J. 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These tumours typically express c-kit (CD117) and CD34; 30-50% are (often focally) positive for alpha-smooth muscle actin, and all are negative for desmin and S100 protein. Recently, mutations in exon 11 of the c-kit gene have been identified as a molecular genetic marker for the subset of GISTs. In this report, we describe a mesenchymal tumour removed from the pelvic cavity of a 34-year-old man. The tumour was strongly attached to the external wall of the urinary bladder. The neoplasm grossly resembled a leiomyoma, and was histologically composed of sheets of spindle cells with a dense collagenous background. The mitotic activity was low (less then 1 per 50 high-power fields). Immunohistochemically, tumour cells were negative for alpha-smooth muscle actin and desmin and positive for CD117 and CD34. This case illustrates that tumours which are phenotypically and genotypically similar to GISTs may present in sites other than the tubular gastrointestinal tract. La maggior parte dei tumori mesenchimali del tratto gastrointestinale è denominato tumore stromale gastrointestinale (GIST). Questi tumori tipicamente esprimono c-kit (CD117) e CD34; il 30-50% sono (spesso focalmente) positivi per l’alfa-actina del muscolo liscio, e tutti sono negativi per la desmina e la proteina S100. Recentemente, mutazioni nell’esone 11 del gene c-kit sono state identificate come un marker genetico molecolare per il sottoinsieme dei GIST. In questo caso clinico, descriviamo un tumore mesenchimale rimosso dalla cavità pelvica di un uomo di 34 anni. Il tumore era fortemente adeso alla parete esterna della vescica urinaria. La neoplasia assomigliava grossolanamente ad un grave leiomioma, ed era istologicamente composto di fogli di cellule spindle con un fitto background collagenoso. L’attività mitotica era bassa (meno di 1 per 50 campi ad alta potenza). Da un punto di vista immunoistochimico, le cellule tumorali erano negative per l’alfa-actina del muscolo liscio e per la desmina e positive per CD34 e CD117. Questo caso dimostra come i tumori che siano fenotipicamente e genotipicamente simili ai GIST possano presentarsi in siti diversi dal tratto gastrointestinale tubolare. Introduction This tumour showed the histological and immunohistochemical features of GISTs. To our knowledge we report the third case of GIST of the bladder. Gastrointestinal stromal tumours (GIST) are rare nonepithelial tumours that usually arise in the muscular layer of the stomach and small intestine. These lesions exhibit typical histopathological and immunophenotypic features, including prominent tumour cell spindling and expression of c-kit (CD117). Only a few cases of typical GISTs outside the gastrointestinal tract affect soft tissues of the omentum and mesentery have been reported, and only rarely involve the bladder. In this report, we describe a small spindle cell neoplasm arising in the pelvic cavity densely attached to the bladder serosa and widely separated from digestive tract and omentum. Clincal history We report the case of a 34 year-old man who presented with haematuria and pelvic pain. Pelvic ultrasound and computerised tomography demonstrated a 2 x 2 cm pelvic mass involving the urinary bladder (Fig. 1). The patient underwent exploratory laparotomy, and the mass was attached to the posterior wall of the bladder. Wide excision of the tumour was performed. Correspondence Dr Mekni Amina ep Nouira, 7 Rue Moncef Bey, Menzeh 7, 2091 Tunis, Tunisia - Tel. +216 98 3355436 - E-mail: [email protected] A. MEKNI ET AL. 174 Fig. 1. Computerized tomography demonstrating a 2 x 2 cm pelvic mass (arrow) involving the urinary bladder. Materials and methods Routine histologic sections were prepared from formalin-fixed, paraffin-embedded specimens. Tissue sections were stained with haematoxylin-eosin. Immunohistochemical analysis was performed using the avidin-biotin complex technique using antibodies against vimentin, CD34, cytokeratin, desmin, alpha-smooth muscle actin, S-100 protein and epithelial membrane antigen (EMA). Results Macroscopically, the mass was nodular, rounded, well circumscribed, firm and white without foci of necrosis. Histological examination showed masses of spindle cells with a fascicular and storiform growth pattern (Fig. 2). Neither atypia nor necrotic areas were present. The mitotic activity was low (less then 1 mitosis/50 fields x 40) (Fig. 3). Immunohistochemically, the tumour cells strongly expressed CD117 (Fig. 4), CD34 and vimen- Fig. 2. Proliferation made of spindle cells with no atypia either necrosis. The mitotic activity is low (HE x 40). Fig. 3. Tumour cells expressed strongly CD117 (CD117 x 10). tin, but were negative for desmin, alpha-smooth muscle actin, S-100 protein and various epithelial markers as pancytokeratin and epithelial membrane antigen. Histological analysis and immunohistochemical studies supported a diagnosis of extragastrointestinal stromal tumour with low malignant potential according to the National Institute of Health conference consensus proposed in 2002. Follow-up after 3 years showed that the patient is well, with no urological disorders. CT at 1 and 3 years revealed no residual mass. Discussion GISTs are a distinct entity defined as CD117 or c-kit positive mesenchymal tumours, originating from gastrointestinal pacemaker cells known as interstitial Cajal cells (ICC) with uncertain biological behaviour 1. It is a rare neoplasm usually arising in the gastrointestinal tract, especially the stomach and the small intestine. These lesions exhibit typical histopathological and immunophenotypic features, including spindle and/or epithelioid cells with expression of c-kit (CD117). Only a few cases of GIST outside the digestive tract affecting soft tissues of the omentum and mesentery have been reported 2, and accordingly, have been called extragastrointestinal stromal tumours (EGIST). To date there have been only two reports of an EGIST of the urinary bladder, occurring in a 52-year-old woman and a 78-tear-old man 3 4. The first case had a benign behaviour, similar to our case: the patient was alive without disease 36 months after the surgery. In this case, a 5-cm tumour was densely attached to the external wall of the urinary bladder, and was also attached to the small intestine by filmy adhesions. The tumour was composed of spindly and epithelioid cells with moderate mitotic activity. It did not involve the overlying mucosa; there were no metastases and the surgical margins were tumour-free 4. The second case, reported in 2003, was malignant and very different from our case and one just described. The patient died before surgery of acute right heart failure due to fulminant central pulmonary embolism. The autopsy revealed a solid, yellow-white URINARY BLADDER STROMAL TUMOUR tumour up to 20 cm in diameter protruding into the vesical lumen and infiltrating the bladder wall. Metastases up to 7 cm in diameter were found in retroperitoneal lymph nodes. Histologically, the tumour was biphasic with marked nuclear atypia and high mitotic activity 3. In these two reported cases, the tumour displayed a typical immunophenotype with expression of CD117 and CD34 as in our case. GISTs can be diagnosed by the demonstration of a specific marker profile with expression of CD117 and CD34, which attest their origin from ICC 5. The malignant potential of GIST is still difficult to assess. Tumour size, mitotic rate and to a lesser degree location are the most important prognostic parameters classically used by the majority of pathologists according to the National Institutes of Health conference consensus in 2002 2. Cytogenetic analysis shows that most of these tumours have a mutation of the c-kit gene. Oncogenic mutations enable the kit protein, a transmembrane tyrosine kinase receptor, to phosphorylate various substrate proteins, leading to activation of signal transduction cascades which regulate cell proliferation, apoptosis, chemotaxis, and adhesion 5 6. The aetiopathology of EGISTs is simi- 175 lar to its digestive counterpart. Effectively, the existence of a pacemaker system in the urinary tract capable of orchestrating the movement of filtered urine from the ureteral pelvis to the distal ureter and lower urinary tract seems intuitive. The coordinated activity necessary for such movement or “peristalsis” would likely require an intricate network of cells with pacemaker-like activity, as is the case with the interstitial Cajal cells (ICC) of the gut 7. Cell networks composed of stellate-appearing, c-kit-positive, ICC-like cells were found in the lamina propria, at the interface of the inner longitudinal and outer circular muscle layers of the ureteral pelvis, but not in the urinary bladder or urethra 8. Thus, as in the gut, c-kit-positive, ICC-like cells are present in the urinary tract, but appear to be restricted to the proximal ureter of this murine species. GISTS arise from ICC, also named pacemaker cells 7 8. The treatment of EGIST is similar to its gastrointestinal counterpart. Complete surgical resection is the treatment of choice for localised tumours whenever possible. In metastatic and/or inoperable GIST, chemotherapy with imatinib (Glivec) is the treatment of choice, and has been found to be beneficial in 83% of patients 9. References 1 2 3 4 5 Mazur MT, Clark HB. Gastric stromal tumours. Reappraisal of histogenesis. Am J Sug Pathol 2004;7:507-19. Reith JD, Goldblum JR Lyles RH, Weiss SW. Extragastrointestinal (soft tissue) stromal tumours: an analysis of 48 cases with emphasis of histological predictors of outcome. Mod Pathol 2000;13:577-85. Krokowski M, Jocham D, Choi H, Feller AC, Horny HP. Malignant extragastrointestinal stromal tumor of bladder. J Urol 2003;169:1790-1. Lasota J, Carlson JA, Miettinen M. Spindle cell tumor of urinary bladder serosa with phenotypic and genotypic features of gastrointestinal stromal tumor. Arch Pathol Lab Med 2000;124:894-7. Lee JR, Joshi V, Griffin JW, Lasota J, Miettinen M. Gastrointe- 6 7 8 9 stinal autonomic nerve tumour: immunohistochemeical and molecular identity with gastrointestinal stromal tumour. 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PATHOLOGICA 2008;100:176-180 CASO CLINICO Carcinoma infiltrante della mammella con associati aspetti di carcinoma neuroendocrino e di carcinoma a cellule giganti “osteoclast-like” (descrizione cito-istologica di due casi) Invasive breast carcinoma with features of neuroendocrine carcinoma and carcinoma with osteoclastic cells: fine-needle aspiration cytology and histology of two cases A. PAGANI, M. IANDOLO U.O. Anatomia, Istologia e Citologia Patologica, Ospedale Civile “E. Agnelli” ASL 10, Pinerolo (TO) Parole chiave Mammella • Carcinoma • Neuroendocrino • Cellule giganti plurinucleate osteoclast-like Riassunto Descriviamo due casi cito-istologicamente sovrapponibili di carcinoma invasivo della mammella neuroendocrino associato a componente stromale caratteristica del carcinoma con cellule giganti plurinucleate “osteoclast-like”. La morfologia agoaspirativa è caratterizzata dalla presenza di cellule epiteliomorfe, di aspetto omogeneo, di medie dimensioni, con moderata atipia nucleare e scarso citoplasma, frammiste alle quali si osservano cellule giganti plurinucleate, sporadici elementi linfo-istiocitari e depositi emosiderinici. Il quadro macroscopico da un lato evoca l’abituale carcinoma infiltrante, dall’altro ne differisce per la particolarità del colorito brunastro. Istologicamente il reperto è quello di un carcinoma infiltrante moderatamente differenziato costituito da cellule di medie dimensioni, di forma tondeggiante-poligonale, disposte prevalentemente in aggregati solidi, talora con tendenza alla distribuzione periferica “a palizzata” (morfologia “carcinoid-like”); esclusivamente nel contesto della neoplasia sono cellule giganti plurinucleate osteoclastiche, istiociti e linfociti associati allo stroma tipico del carcinoma a cellule osteoclastiche; tale stroma presenta caratteristiche reattivo/fibroblastiche, con ricca vascolarizzazione, aree di stravaso emorragico e depositi emosiderinici, ed è responsabile del tipico colorito macroscopicamente descritto. Dal punto di vista della caratterizzazione antigenica, la componente carcinomatosa risulta diffusamente positiva per il marcatore neuroendocrino sinaptofisina, con parziale positività per la cromogranina; la evidente quota gigantocellulare ed istiocitaria esprime intensamente il CD68. Entrambi i casi sono caratterizzati da disseminazione linfatica; nella metastasi la componente epiteliale, per quanto concerne i marcatori neuroendocrini, risulta sovrapponibile al tumore primitivo, la quota istiocitaria/giganto- Key words Breast • Carcinoma • Neuroendocrine • Osteoclastic multinucleated giant cells Summary We report two cases, with overlapping cyto-histological characteristics, of invasive neuroendocrine carcinoma of the breast with associated stromal features distinctive of carcinoma with osteoclastic giant cells. Fine-needle aspiration cytology showed monomorphic, medium-sized, mildly atypical neoplastic cells, with interspersed multinucleated giant cells and lympho-histiocytic components; hemosiderin deposits were also appreciable. Macroscopic features were typical of invasive carcinoma, but with unusual brown staining. Light microscopy revealed moderately differentiated invasive carcinoma mainly composed of solid sheets of round to polygonal medium-sized cells with a tendency to produce peripheral palisading (carcinoid-like morphology); osteoclast-like multinucleated giant cells, lymphocytes and histiocytes were dispersed only among tumour cells in the distinctive stroma of the carcinoma with osteoclastic giant cells; this stroma was characterised by reactive/fibroblastic features, hypervascularization, extravasated blood cells and hemosiderin deposits that gave rise to the typical staining seen macroscopically. Immunohistochemically, cancer cells were diffusely positive for the neuroendocrine marker synaptophisin with partial chromogranin and NSE staining; the ostoclastic giant cell and histiocyte component were strongly positive for CD68. Both cases also had lymph node metastases; the epithelial neoplastic cells, with regards to neuroendocrine markers, were overlapping to the primitive tumour, the histiocytic/giant cell component appeared present, although with a lower degree, while the distinctive stroma was absent. Breast neuroendocrine carcinomas, associated with multinucleated giant cells and stroma typical of the carcinoma with osteoclastic-like cells, to our knowledge, have not been reported. Corrispondenza dott. Alberto Pagani, U.O. Anatomia, Istologia e Citologia Patologica, Ospedale Civile “E. Agnelli”, ASL 10, via Brigata Cagliari 39, 10064 Pinerolo, Torino, Italy - Tel. +39 012 1233210 - E-mail: [email protected] CARCINOMA INFILTRANTE DELLA MAMMELLA 177 cellulare appare presente se pur con minore evidenza, mentre è assente il caratteristico stroma di accompagnamento. Casi di carcinoma neuroendocrino della mammella associati a componente gigantocellulare e stromale tipica del carcinoma con cellule multinucleate “osteoclast-like”, per quanto ci risulta, non sono ancora stati segnalati in letteratura. Introduzione Il carcinoma neuroendocrino primitivo della mammella rappresenta il 2-5% dei carcinomi mammari; insorge preferenzialmente in donne di età compresa tra i 60 ed i 70 anni. Morfologicamente presenta analogie con le neoplasie neuroendocrine dell’apparato gastro-enterico e respiratorio ed esprime, per definizione in più del 50% delle cellule neoplastiche, marcatori neuroendocrini (cromogranine, sinaptofisina, NSE, recettori per la somatostatina); carcinomi con presenza di focale differenziazione neuroendocrina non rientrano nel suddetto istotipo. Le cellule neoplastiche risultano generalmente argirofile con la colorazione argentica Grimelius. La morfologia nella maggior parte dei casi è quella tipicamente neuroendocrina caratterizzata da nidi organoidi, pattern acinare e trabecolare con disposizione periferica a palizzata “carcinoid-like” e strutture “rosette-like”; le cellule sono generalmente di aspetto omogeneo tra loro, di forma poligonale, a volte fusata o plasmocitoide, con cromatina nucleare finemente granulare, nucleolo poco evidente, scarsa o moderata componente citoplasmatica eosinofila; talora si associano aspetti differenziativi ossifili. Accanto alla forma “classica”, si distinguono diversi sottotipi, come ad esempio le forme mucinose e quelle scarsamente differenziate a piccole e grandi cellule, queste ultime caratterizzate da maggiore aggressività biologica. La prognosi appare tuttavia principalmente correlata al grading ed alla stadio evolutivo 1. Il carcinoma della mammella con cellule giganti osteoclastiche rappresenta circa lo 0,5-1% dei carcinomi mammari ed è caratterizzato dalla presenza di componente carcinomatosa con associate cellule giganti plurinucleate, ad istogenesi verosimilmente istiocitaria (CD68 positività), con morfologia ed immunofenotipo “osteoclast-like” (positività per fosfatasi acida e lisozima, negatività per fosfatasi alcalina); tali cellule talora avvolgono “ad abbraccio” la componente carcinomatosa; quest’ultima è generalmente di tipo duttale, ma numerosi altri istotipi sono stati segnalati (tubulare, lobulare, mucinoso, papillare, metaplasico); lo stroma di accompagnamento è particolare, tipicamente flogistico/reattivo (evidente componente fibroblastica e linfo-istiocitaria) ed ipervascolare, con stravasi emorragici e depositi emosiderinici; questi ultimi aspetti sono responsabili dell’inusuale colorito brunastro della neoplasia. Le peculiarità stromali di cui sopra si pensa possano essere dovute alla produzione, da parte della componente neoplastica, di sostanze biologicamente attive ad azione angiogenetica e chemiotattica. Le cellule giganti e lo stroma reattivo ipervascolare sono stati segnalati anche in sede di recidiva e di metastasi linfo- nodale. La prognosi appare principalmente correlata ad istotipo e grading della componente carcinomatosa, ed allo stadio evolutivo 1. Di seguito segnaliamo due casi di carcinoma invasivo neuroendocrino della mammella associato a componente stromale caratteristica del carcinoma con cellule giganti plurinucleate “osteoclast-like”. Caso clinico CASO 1 Donna di 62 anni con nodosità nel quadrante superoesterno sinistro di 1,5 cm di diametro, ecograficamente e mammograficamente sospetta per neoplasia maligna. Si esegue agoaspirato citologicamente caratterizzato dalla presenza di cellule monomorfe, di medie dimensioni, in parte coese, con moderata atipia, frammiste alle quali sono cellule giganti plurinucleate (Fig. 1), sporadici elementi linfo-istiocitari e depositi emosiderinici. Viene posta diagnosi di atipia citologica da approfondire con biopsia chirurgica e successivo intervento di nodulectomia. All’esame del pezzo operatorio, si evidenzia nodosità di aspetto macroscopico carcinomatoso ma di insolito colorito brunastro del diametro di 2,2 cm. Istologicamente si osserva un carcinoma infiltrante moderatamente differenziato (grado istologico G2 sec. Elston C.W. ed Ellis I.O., 1991) costituito da cellule di medie dimensioni, di forma tondeggiante-poligonale, Fig. 1. Caso 1, materiale agoaspirativo-incluso in paraffina: si osserva componente cellulare epiteliomorfa moderatamente atipica con associate cellule giganti plurinucleate (E-E, 60x). A. PAGANI ET AL. 178 Fig. 2. Caso 1, si osserva componente carcinomatosa infiltrante con morfologia compatibile con differenziazione neuroendocrina associata a quota gigantocellulare plurinucleata osteoclastica; sono rilevabili campi di stroma ipervascolarizzato, con stravasi emorragici e depositi emosiderinici (EE, 40x). disposte per lo più in nidi solidi con tendenza alla disposizione periferica “a palizzata” (morfologia “carcinoidlike”); focalmente si rileva anche architettura tubulare; frammista alla componente neoplastica sono istiociti mononucleati e cellule giganti plurinucleate osteoclastlike, talora delimitanti ad “abbraccio” la componente carcinomatosa; lo stroma di accompagnamento è di tipo reattivo/fibroblastico, riccamente vascolarizzato, con aree di stravaso emorragico e depositi emosiderinici (Fig. 2); soprattutto perifericamente alla neoplasia si osserva reazione linfocitaria. Immunofenotipicamente la neoplasia risulta diffusamente positiva per il marcatore neuroendocrino sinaptofisina, con parziale positività per cromogranina ed NSE; la quota gigantocellulare ed istiocitaria è CD68-PGM1 positiva; i recettori estroprogestinici risultano entrambi diffusamente positivi, il C-erbB-2 è negativo, l’attività proliferativa bassa (ki67-MIB1: 5% circa). Si procede a dissezione del cavo ascellare documentante diffuso interessamento neoplastico linfonodale (19 linfonodi positivi su 20 esaminati) con aspetti di infiltrazione del connettivo fibroadiposo pericapsulare; la componente metastatica esprime diffusamente la sinaptofisina e presenta debole positività per cromogranina ed NSE; si osserva associata esigua quota istiocitaria-gigantocellulare con assenza del tipico contesto stromale di accompagnamento. Diagnosi conclusiva: carcinoma neuroendocrino infiltrante della mam- mella, grado istologico G2 sec. Elston C.W. ed Ellis I.O., 1991, con associata componente gigantocellulare e stromale tipica del carcinoma con cellule multinucleate “osteoclast-like” pT2 N3a sec. TNM 2002 (Tab. I). CASO 2 Donna di 41 anni con nodosità nel quadrante superoesterno destro radiologicamente sospetta per neoplasia maligna. Contestualmente si evidenzia ecograficamente la presenza di linfonodi ascellari ingrossati di cui uno, di cm 3 di diametro, di aspetto metastatico. Si procede ad agoaspirazione della lesione mammaria con esito di materiale inadeguato e ad agoaspirato del linfonodo ascellare che evidenzia presenza di cellule epiteliomorfe, di aspetto omogeneo, di medie dimensioni, con moderata atipia nucleare e scarso citoplasma (Fig. 3). Si procede ad intervento di mastectomia con dissezione del cavo ascellare. All’esame macroscopico si evidenzia, nel quadrante supero-esterno, nodosità di aspetto carcinomatoso e colorito brunastro del diametro di cm 1,4, ed, a circa 2 cm di distanza, una seconda lesione analoga del diametro di circa 0,5 cm. Istologicamente entrambe le neoplasie presentano caratteristiche morfologiche ed immunofenotipiche sovrapponibili al caso 1 (Figg. 4 e 5). In sede ascellare un unico linfonodo su 18 esaminati risulta metastatico; anche la componente neoplastica linfonodale presenta morfologia ed immunofenotipo Fig. 3. Caso 2, materiale agoaspirativo-striscio da linfoadenopatia ascellare: si osservano cellule con indizi di epiteliomorfismo, di aspetto omogeneo tra loro, con moderata atipia nucleare e scarso citoplasma (Papanicolau, 25x). Tab. I. Dati anatomo-clinici ed immunofenotopici. Caso Età Sede Grad. Stadio Sy CgA NSE ER PR erbB-2 K67 1 62 Q1 G2 T2N3a ++d ++p ++d 95% 95% neg 5% 2 41 Q1 G2 T1cN1a ++d ++p ++d 95% 95% neg 5% grad. = grado istologico sec. Elston C.W. ed Ellis I.O., 1991; stadio = TNM 2002; Sy = sinaptofisina; CgA: cromogranina A; NSE = enolase neurono-specifica; ER = recettori estrogenici; PR = recettori progestinici; d = diffusa; p = parziale; neg = score 0. CARCINOMA INFILTRANTE DELLA MAMMELLA Fig. 4. Caso 2, colorazione immunoistochimica per la sinaptofisina: diffusa positività della componente carcinomatosa neuroendocrina (25x). Fig. 5. Caso 2, colorazione immunoistochimica per il CD68-PGM1: la componente gigantocellulare ed istiocitaria risulta intensamente reattiva, con atteggiamenti “ad abbraccio” nei confronti della componente carcinomatosa (25x). sovrapponibili a quella del caso 1 (Fig. 6). Diagnosi conclusiva: carcinoma neuroendocrino infiltrante della mammella, grado istologico G2 sec. Elston C.W. ed Ellis I.O., 1991, bifocale, con associata componente gigantocellulare e stromale tipica del carcinoma con cellule multinucleate “osteoclast-like” pT2 N1a sec. TNM 2002 (Tab. I). Discussione Il carcinoma neuroendocrino ed il carcinoma con cellule giganti “osteoclast-like” della mammella sono entità anatomo-patologiche con ben definiti profili morfologici, istochimici ed immunofenotipici 1-6. Carcinomi neuroendocrini associati a componente gigantocellulare 179 Fig. 6. Caso 2, metastasi linfonodale, colorazione immunoistochimica per la sinaptofisina: diffusa positività della componente carcinomatosa (25x). e stromale tipica del carcinoma con cellule multinucleate “osteoclast-like” sono stati descritti in sede di piccolo intestino 7, ma non ancora, per quanto ci risulta, nella mammella. La rarità dei tumori qui descritti, unitamente alla necessità di caratterizzazione immunofenotipica per la diagnosi del carcinoma neuroendocrino, appaiono verosimilmente responsabili della mancata individuazione, fino ad oggi, del particolare istotipo oggetto della presente segnalazione. Citologicamente la diagnosi è insidiosa considerato il monomorfismo, la scarsa atipia della componente carcinomatosa, la quota istiocitaria-gigantocellulare e linfocitaria di accompagnamento. Il dato macroscopico caratterizzante è costituito dal colorito brunastro della lesione, imputabile alla ricca vascolarizzazione, agli stravasi ematici ed alla siderosi. Istologicamente il reperto non presenta particolari difficoltà interpretative ed è caratterizzato dalla presenza di aspetti carcinomatosi morfologicamente ed immunofenotipicamente riconducibili all’istotipo neuroendocrino, in contesto stromale tipico del carcinoma con cellule giganti osteoclastiche; le peculiarità di quest’ultimo (stroma reattivo/fibroblastico ipervascolarizzato con componente linfo-istiocitaria mono e plurinucleata gigantocellulare) si pensa possano essere indotte dalla produzione, da parte della componente carcinomatosa, di sostanze biologicamente attive ad azione angiogenetica e chemiotattica 8. Nel caso del carcinoma neuroendocrino, le cromogranine, in particolare la cromogranina C, anche detta secretogranina II, esercita, tramite un prodotto di degradazione, la secretoneurina, attività chemiotattica nei confronti di endoteli, fibroblasti e monociti 9. Effettivamente, nei casi descritti, sia la componente istiocitaria-gigantocellulare che lo stroma reattivo-ipervascolare, è osservabile esclusivamente nel contesto tumorale, non nei tessuti circostanti. I casi riportati presentano propensione metastatizzante linfonodale (forse correlabile alle peculiarità dello stroma neoplastico), particolarmente evidente nel caso 1; in sede di A. PAGANI ET AL. 180 metastasi linfonodale, le caratteristiche neuroendocrine del tumore primitivo appaiono preservate, la componente istiocitaria-gigantocellulare è presente ma poco evidente, mentre il tipico stroma di accompagnamento non è rilevabile; le diversità dovute al “microambiente” potrebbero essere responsabili delle suddette discrepan- ze morfologiche tra tumore primitivo e secondario. La differenza in termini di attività diffusiva metastatica (caso 1: pN3a, caso 2: pN1a), appare riferibile, essendo i reperti morfologici ed immunofenotipici sostanzialmente sovrapponibili, al diverso stadio evolutivo delle due neoplasie (caso 1: pT2, caso 2: pT1c). Bibliografia 6 1 2 3 4 5 Tavassoli FA, Devilee P. WHO classification of tumours. Pathology and genetics of tumours of the breast and female genital organs. IARC press 2003. Azzopardi JG, Muretto P, Goddeeris P, Eusebi V, Lauweryns JM. Carcinoid tumour of the breast: the morphological spectrum of argyrophilic carcinomas. 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Diagn Cytopathol 2005;33:246-51. Vicandi B, Jimenez-Heffernan JA, Lopez-Ferrer P, Hardisson D, Perez-Campos A, Gonzalez-Peramato P, et al. Fine needle aspiration cytology of mammary carcinoma with osteoclast-like giant cells. Cytopathology 2004;15:321-5. Alpers CE, Beckstead JH. Malignant neuroendocrine tumor of the jejunum with osteoclast-like giant cells. Enzyme histochemistry distinguishes tumor cells from giant cells. Am J Surg Pathol 1985;9:57-64. Sheikh MS, Rochefort H, Garcia M. Overexpression of p21WAF1/ CIP1 induces growth arrest, giant cell formation and apoptosis in human breast carcinoma cell lines. Oncogene 1995;11:1899905. Fischer-Colbrie R, Kirchmair R, Kahler CM, Wiedermann CJ, Saria A. Secretoneurin: a new player in angiogenesis and chemotaxis linking nerves, blood vessels and the immune system. Review. Curr Protein Pept Sci 2005;6:373-85. PATHOLOGICA 2008;100:181-184 CASE REPORT Desmoplastic spitz nevus: report of a case and review of the literature Nevo di Spitz desmoplastico: caso clinico e revisione della letteratura R. SELLAMI DHOUIB, S. SASSI, A. JBELI*, M. DRISS, K. MRAD, I. ABBES, K. BEN ROMDHANE Histopathology department, Salah Azaïez Institute, Tunis, Tunisia; * Department of Dermatology, Zaghouan Hospital, Tunis, Tunisia Key words Desmoplastic • Spitz • Nevus • Hyalinizing • Epitheloid Summary Parole chiave Desmoplastico • Spitz • Nevo • Ialinizzare • Epitelioide Riassunto Desmoplastic spitz nevus (DSN) is an uncommon melanocytic lesion. The histologic features of this benign tumour may mimic those of certain benign (dermatofibroma and desmoplastic cellular blue nevus) or malignant (metastatic carcinoma and malignant melanoma) neoplasms. We report the case of a male with a DSN, and also review the clinical characteristics, histologic features and differential diagnosis of this extremely rare lesion. The lesion is identified as an asymptomatic reddish-brown dome-shaped papule on the forearm. Microscopic examination showed a symmetric lesion in the dermis. The neoplastic cells were large and epithelioid-shaped, and were either isolated as individual cells or arranged in small nests in a paucicellular hyalinized stroma. Nuclei were large and vesicular with small nucleoli and no mitoses. Diffuse expression of S100 and the absence of staining with antibodies to melan-A and HMB45 was observed. A diagnosis of DSN with free margins was made. The histologic presentation of this benign lesion mimics both benign and malignant neoplasms. The immunohistochemical profile (S100 positive, HMB-45 negative and cytokeratin negative) may be helpful to differentiate it from other lesions. Il Nevo di Spitz desmoplastico (DSN) è una rara lesione melanocitica. Le caratteristiche istologiche di questo tumore benigno possono confondersi con quelle di alcune neoplasie benigne (dermatofibroma e nevo blu cellulare desmoplastico) o maligne (carcinoma metastatico e melanoma maligno). Riportiamo il caso di un maschio con DSN unitamente ad una review sulle caratteristiche cliniche e istologiche e sulla diagnosi differenziale di questa rarissima lesione. La lesione è identificata come una papula asintomatica sull’avambraccio, bruna-rossastra, a forma di cupola. L’esame al microscopio ha mostrato una lesione simmetrica nel derma. Le cellule neoplastiche erano grandi e a forma di epitelioide, e sono state isolate sia come cellule singole che organizzate in piccoli nidi in uno stroma paucicellulare ialinizzato. I nuclei erano grandi e vescicolari con piccoli nucleoli e senza mitosi. È stata osservata una diffusa espressione di S100 e l’assenza di colorazione con anticorpi anti melan-A e HMB45. È stata formulata una diagnosi di DSN con margini liberi. La presentazione Istologica di questa lesione benigna imita sia neoplasie benigne che maligne. Il profilo immunoistochimico (S100-positivo, Hmb-45-negativo e citocheratina-negativo) può essere utile per differenziarla dalle altre lesioni. Introduction Case report Spitz nevus (SN) is a benign, acquired melanocytic nevus. Since the first description of SN in 1975, by Reed et al. 1, a number of new histopathologic variants have been reported. The term DSN applies to those SN that show prominent stromal fibroplasia giving the tumour a dermatofibromatous aspect 2. We report a case of DSN and review the clinical and histologic features as well as the differential diagnoses of this lesion. A 33-year-old man was admitted to the Dermatology Department in our hospital in April 2004 for a six mouth old, asymptomatic nodule on his forearm. His past medical history was unremarkable. Physical examination showed a solitary reddish-brown dome shaped nodule with a smooth surface on the forearm measuring 5 x 4 mm. No other nodules were present elsewhere. Laboratory tests were all within normal ranges. The clinical diagnosis was dermatofibroma. The lesion was excised, and a histologic diagnosis of DSN with free margin was made. The follow up was uneventful, and the patient is free of disease 11 months after excision of the lesion. Correspondence Dr. R. Sellami Dhouib, Histopathology Department, Salah Azaïez Institute, 1006 Bab Saadoun, Tunis, Tunisia - Tel. +216 71 577848 - Fax +216 71 574725 - E-mail: [email protected] 182 R. SELLAMI DHOUIB ET AL. Fig. 1. Left: dom-shaped symmetric lesion of 5 mm (HE x 250). Centre: ectatic blood vessels in the superficial dermis (HE x 100). Right: large epithelioid unpigmented neoplastic cells scattered in abundant collagenous stroma (HE x 250). The neoplastic cells are negative for HMB-45 and Melan A (IHC x 400). The biopsy specimen was fixed in 10% buffered formalin and embedded in paraffin. Sections (4-5 !M) were obtained for conventional histopathological examination and stained with haematoxylin-eosin. Immunoperoxidase staining was performed on paraffin sections using the free-step avidin-biotin complex method. The following monoclonal antibodies were used: cytokeratin (clone Kl1, prediluted; Dako), S100 Protein (polyclonal, prediluted; Dako), melan A (clone A103, 1/50; Dako) and HMB45 (clone, prediluted; Dako). Macroscopically, the specimen measured 6 x 5 x 3 mm, centred by a reddish-brown non-pigmented dome-sha- ped nodule. Microscopic examination showed a striking symmetric lesion in the dermis (Fig. 1). The neoplastic cells were single, sometimes arranged in small nests, within an abundant paucicellular collagenous stroma. They were epithelioid-shaped and non-pigmented large cells (Fig. 1). The nuclei were large and vesicular with small nucleoli. Multinucleate giant cells were noted (Fig. 2). There were no mitoses or any evidence of necrosis. The overlying squamous epithelial cells showed mild hyperkeratosis without acanthosis. There was no dermal-epidermal junction activity, and an absence of spread of neoplastic cells in the epidermis. Ectatic Fig. 2. Left: the tumor cells show multinucleate giant cell forms (HE x 400). Centre: the neoplastic cells are positive for S-100 protein (IHC x 400). Right: The neoplastic cells are negative for HMB-45 (IHC x 400). DESMOPLASTIC SPITZ NEVUS blood vessels were observed in the superficial dermis (Fig. 1). The lateral and deep margins were free of tumour cells, with a clearance of 1 and 2 mm, respectively. Immunoperoxidase staining revealed that the neoplastic cells stained with monoclonal antibody to S100 (Fig. 2), and were not stained with monoclonal antibody to HMB45, cytokeratin or melan A (Fig. 2). A diagnosis of DSN with free margins was made. Discussion DSN is an uncommon variant of SN characterised by the predominance of either solitary spitz nevus cells or nests in a prominent paucicellular fibrous stroma. The lesion was first described by Reed et al. 1. The term desmoplastic Spitz nevus was introduced by Paniago-Pereira et al for Spitz nevi showing prominent stromal fibroplasia 2. Subsequently, desmoplastic Spitz nevus were described by Barr et al. 3, MacKie and Doherty 4 and Harris et al. 5. Other cases have been reported as hyalinising spindle and epithelioid cell nevus by Suster, Liu et al. 6 and Lee et al. 7 or as angiomatoid variants of desmoplastic Spitz nevus by Diaz-Cascajo and Tomizawa 8. The median age of affected patients is 34 years (range: 23-53 years). Males are affected slightly more often than females. DSN can occur on the abdomen, leg, head, neck and extremities 6 8 9. It can present as an asymptomatic red-pink to tan, raised, and indurated nodule with a smooth surface, ranging from 0.6 to 1.0 cm in greatest diameter 6 9. The lesions are solitary, and only one patient has been reported to have multiple lesions 6. Possible clinical diagnosis were dermatofibroma, SN, nevus, basal cell carcinoma or no specific diagnosis 6 9. Microscopically, DSN are characterised by a dermal proliferation of round, epithelioid or spindle cells 8 10. The neoplastic cells are arranged as either loosely cohesive nests with irregular outlines, fascicules of cells, or as single files of individual cells. The cells are separated by an abundant, hyalinised or collagenous, with paucicellular stroma 6 9-11. Nuclear atypia is observed in the majority of cells. Macronuclei and/or intranuclear inclusions of the cytoplasm may be prominent in cells. No pigment is observed in the cytoplasm. Mitotic figures are rare or absent, and when present are located in the upper part of the lesions and are never atypical 6 8-11. Giant cells are occasionally seen 8. Architecture maturation in depth is observed in all lesions, whereas cytological maturation may be subtle or absent 12. There are no individual, scattered atypical melanocytes in the epidermis, and junctional nests have been absent. 183 Immunoperoxidase staining revealed that neoplastic cells were positive for S100 protein in all cases. These cells do not stain with antibodies to cytokeratin, epithelial membrane antigen, carcino-embryonic antigen, actin or desmin 6 8 9 13. As in other variants of Spitz nevi, HMB-45 immunoreactivity has been observed in the most superficial portion of DSN. However, the absence of staining with antibodies to HMB-45 has been previously reported in hyalinising spindle and epithelioid cell nevus by Liu et al. Lack of immunoreactivity for melan-A (MART-1) is an unusual finding since some cells are stained in a high proportion of Spitz nevi. Because of its histological features, DSN can closely simulate a variety of benign and malignant lesions. The most common pitfall posed by DSN is to mistake it for dermatofibroma (DF). Features that DSN share with DF include epidermal hyperplasia and dermal hypercellularity. The collagen bundles in DF are referred as “keloidal” 14. No case of DSN has shown induction of adnexal structures or hyperpigmentation of the epidermis, which is a characteristic feature of histiocytic lesions. In contrast to DF, multinucleated tumour cells are rarely present in DSN. In this differential diagnosis, S100-positive staining can definitively identify DSN as a melanocytic proliferation 9 14. The desmoplastic variant of the blue nevus can mimic DSN. The melanocyte of blue nevus tends to be more slender than the plumper tumour cells of the DSN. The immunohistochemical profile of desmoplastic blue nevus (S100 protein positive, HMB45 positive) may be helpful to differentiate it from DNS 8 12 14. The histological differential diagnosis of DSN includes desmoplastic malignant melanoma (DMM). Despite their resemblances, several criteria are useful in distinguishing the two. DSN lacks epidermal involvement, prominent cellular atypia necrosis and mitotic activity at the base of the tumour. In contrast to DSN, there is usually a highly characteristic host response consisting of nodular clusters of mature lymphocytes. Immunoperoxidase stains may not be helpful because staining with antibodies to HMB45 is usually negative in DMM 8 9 14. Moreover melan-A immunostaining has been rarely observed in desmoplastic melanoma 15, and the negativity of the present case must be stressed in comparison with this data. In conclusion, DSN is an uncommon variant of SN that can be confused with benign and malignant neoplasms. A combination of histological and immunohistochemical criteria facilitates the reliable diagnosis of DSN and its differentiation from similar neoplasms. References 1 2 Reed RJ, Tchinose H, Clark WH, Mihm MC Jr. Common and uncommon melanocytic nevi and borderline melanomas. Semin Oncol 1975;2:119-47. Paniago-Pereira C, Maize JC, Ackerman AB. Nevus of large 3 spindle and/or epitheloid cells (spitz nevus). Arch Dermatol 1978;14:1811-23. Barr RJ, Morales RV, Graham JH. Desmoplastic nevus: a distinct histologic variant of mixed spindle cell and epithelioid cell nevus. Cancer 1980;46:557-64. R. SELLAMI DHOUIB ET AL. 184 4 5 6 7 8 9 MacKie, Doherty. The desmoplastic melanocytic naevus: a distinct histological entity. Histopathology 1992;20:207-11. Harris GR, Shea CR, Horenstein MG, Reed JA, Burchette JL Jr, Prieto VG. Desmoplastic (sclerotic) nevus: an underrecognized entity that ressembles dermatofibroma and desmoplastic melanoma. Am J Surg Pathol 1999;23:786-94. Suster S. 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Ingrassia”, Section of Anatomic Pathology, University of Catania, Italy; * Otolaryngology Section, Department of Medicine and Surgery, University of Catania, Italy Key words Respiratory epithelial adenomatoid hamartoma • Nasal cavity • Differential diagnosis Summary Parole chiave Amartoma epiteliale respiratorio • Cavità nasale • Diagnosi differenziale Riassunto We report a case of a 29-year-old male patient with a respiratory epithelial adenomatoid hamartoma (REAH) of the nasal cavity. REAH is a polypoid proliferation of glandular spaces lined by ciliated epithelium and goblet cells in the upper aerodigestive tract. Although REAHs are benign lesions, they may be confused with a variety of other pathologies such as inflammatory polyps, inverted Schneiderian papillomas and low-grade sinonasal adenocarcinomas. The recognition of this entity is important as complete excision is curative. Viene descritto un caso di amartoma epiteliale adenomatoide respiratorio della cavità nasale insorto in un paziente di 29 anni. L’amartoma epiteliale adenomatoide respiratorio è una lesione polipoide caratterizzata dalla proliferazione di spazi ghiandolari delimitati da epitelio ciliato e cellule caliciformi, localizzata nel tratto aero-digestivo superiore. Sebbene si tratti di una lesione benigna, può essere confusa con altre patologie come i polipi infiammatori, i papillomi schneideriani invertiti e l’adenocarcinoma naso-sinusale di basso grado. Il riconoscimento di questa entità è importante perché la completa escissione è curativa. Introduction adenocarcinomas. The recognition of this entity is important as complete excision is curative. The term hamartoma, first reported by Albrecht in 1904, describes a benign malformation or inborn error of tissue development 1. Development of hamartomas may involve errors during foetal growth or can develop from disturbances of immature tissues in the postnatal period 2. Hamartomas originate from excessive proliferation of otherwise normal local tissue components, but lack the normal architecture of surrounding tissue. Hamartomas of the nasal cavity and paranasal sinuses are very rare 3. The respiratory epithelial adenomatoid hamartoma (REAH), first described by Wenig and Heffner in 1995, is a polypoid proliferation of glandular spaces lined by ciliated epithelium and goblet cells in the upper aerodigestive tract 4. Although REAHs are benign lesions, they may be confused with a variety of other pathologies such as inflammatory polyps, inverted Schneiderian papillomas and low-grade sinonasal Case report A 29-year-old male patient came to our observation complaining of progressive and worsening nasal obstruction. The lesion initially involved the right side of the nose, but after a few months became bilateral with forced oral respiration and led to anosmia. The patient denied any seasonal allergies or smoking history. The endoscopic nasal evaluation, carried out with flexible optical instrument, showed a large lesion having a smooth surface, devoid of ulceration and bleeding. It entirely occupied the right nasal cavity and extended to the rhinopharynx, with abundant mucopurulent exudates. A computerized tomography (CT) scan showed that the lesion arose from the right sphenoidal sinus (Fig. 1). Correspondence Prof. Salvatore Lanzafame, Dipartimento “G.F. Ingrassia”, Sezione di Anatomia Patologica, Università di Catania, via Santa Sofia 87, 95123 Catania, Italy - Tel. +39 095 3782022 - Fax +39 095 3782023 - E-mail: [email protected] 186 Fig. 1. Preoperative axial CT scan showing the mass that occupied the right sphenoidal sinus and the nasal cavity. Magnetic resonance imaging (MRI) with gadolinium showed contrast enhancing without infiltration of the neighbouring bony structures (Fig. 2). Therefore, after antibiotic and steroid therapy to reduce inflammation, secretion and tissue oedema, the patient underwent surgical treatment under general anaesthesia with a microsurgical endoscopic intranasal approach to the sphenoidal sinus via the transethmoid. In this way, after widening the sphenoidal ostium, it was possible to resect the entire intrasphenoidal and intranasal lesion. Fig. 2. Preoperative axial T1 weighted MRI after gadolinium injection. Intense enhancement of the mass signal is evident. Signs of invasion of the surrounding structures are absent. R. CALTABIANO ET AL. Fig. 3. Large, tender and fleshy polyp with smooth surface. Macroscopic inspection revealed a large, tender and fleshy polyp, 6.5 cm in diameter, with a smooth and microcystic cut surface (Fig. 3). Upon histological evaluation, the lesion consisted of a proliferation of several glandular spaces with different shapes and sizes, and an adenomatoid appearance embedded in an oedematous and inflammatory background (Fig. 4). The glands were lined by a monolayer of flat ciliated respiratory epithelium, with occasional mucous cells and mucinous luminal contents (Fig. 5). The surface of the lesion was lined by ciliated respiratory epithelium, which was in direct continuity with glands. Membrane-like material deposits were present around glands. Lack of atypia and prominent desmoplastic stroma, and low MIB-1 labelling index (Fig. 6), limited to the p63 positive basal Fig. 4. The lesion consisted of a proliferation with several glandular spaces having different shapes and sizes. The glands were lined by a monolayer flat ciliated respiratory epithelium, with occasional mucous cells and mucinous luminal contents. The surface of the lesion was lined by ciliated respiratory epithelium (haematoxylin and eosin, x 5). RESPIRATORY EPITHELIAL ADENOMATOID HAMARTOMA Fig. 5. The glands were lined by a monolayer flat ciliated respiratory epithelium, with occasional mucous cells and mucinous luminal contents (haematoxylin and eosin, x 10). Fig. 6. A low MIB-1 labelling index was seen. cell layers around glands, were helpful to exclude low grade sinonasal adenocarcinoma. Therefore, a diagnosis of REAH of the right sphenoidal sinus was made. The post-operative course was uneventful, and the clinical and radiological follow-up carried out to 6 months did not reveal signs of local relapse. Discussion Hamartomas of the sinonasal tract and nasopharynx are uncommon, and include REAH, glandular (seromucinous) hamartoma 3, mesenchymal hamartoma 5 and chondroosseous respiratory epithelial hamartoma 6. They are tumour-like malformations resulting from excessive proliferation of otherwise normal local tissue components. The capacity of growth is usually limited with a benign biological behaviour. REAH are relative rare lesions, first characterised in 1995 by Wenig and Heffner 4, with distinctive clinical and histopathologic features. They 187 usually occur in the nasal cavity, paranasal sinuses and nasopharynx, and originate from the Schneiderian or surface nasopharyngeal epithelium. Two case reports have described occurrence in the maxillary sinus 7 8. The aetiology of REAH is obscure, and most authors have proposed an inflammatory stimulus as the initiating factor 4, while others have suggested that it represents an exuberant hyperplasia of respiratory epithelium in an inflammatory polyp 7. However there is no molecular or clinical evidence to support that REAH is a hamartomatous proliferation. As recently reported in the literature, REAHs show a high number of allelic imbalances as in sinonasal adenocarcinoma 9. Therefore, these results suggest the possibility that REAH may be a benign neoplasm rather than a hamartoma. The age for their occurrence is highly variable, ranging from the third to ninth decade of life, with predilection for men. As in our patient, symptoms are non-specific and usually include epistaxis, rhinitis/sinusitis, nasal obstruction and allergy-like symptoms. In some cases, patients complain of other symptoms like headaches, facial pain, proptosis and hyposmia 10-12. At gross examination, they have the appearance of an inflammatory polyp characterised by a large, tender and fleshy lesion, with smooth and microcystic cut surface. On low-power examination REAHs contain large numbers of glandular spaces, with an adenomatoid appearance, lined by respiratory ciliated epithelium, often flat, with occasionally goblet cells originating from the surface epithelium, embedded in an inflammatory, oedematous background. Rarely, foci of squamous metaplasia or metaplastic bone may be observed. Considering the adenomatoid appearance, many pathologists have hypothesised that REAHs originate from the seromucinous stromal glands of the upper respiratory tract, but upon careful examination, the glandular spaces are lined with respiratory ciliated epithelium 13. REAHs require full evaluation with CT and MRI with contrast to determine the extent of the lesion, bony defects and intracranial involvement. The treatment of choice is complete local resection. If completely removed prognosis is good, with little or no risk of recurrence. In our case no respiratory problems were evident after 6 months. Postoperative CT gave no evidence of either remaining tumour or recurrence. REAHs must be distinguished from inflammatory polyps, inverted Schneiderian papillomas, and low-grade sinonasal adenocarcinoma. Although inflammatory polyps and REAH have similar macroscopic appearances, the latter are usually more indurated and, histologically, the glandular component is more conspicuous 4. Inverted Schneiderian papilloma have stratified squamous epithelium compared to single-layered ciliated epithelium in glandular space of REAH 7. Some REAH lead to misdiagnosis with a low-grade sinonasal adenocarcinoma that originate from the surface epithelium. However the latter present a complex microglandular appearance, with back-to-back arrangement without intervening R. CALTABIANO ET AL. 188 stroma. Glands of adenocarcinoma show pleomorphism and an increased mitotic index. Adenocarcinoma also have a tendency to produce a desmoplastic response in the adjacent connective tissue. Lack of atypia and prominent desmoplastic stroma are helpful to exclude a low grade sinonasal adenocarcinoma 7. Lastly, the low reactivity for MIB-1, limited to the p63 positive basal cell layers around glands 14, can distinguish REAH from adenocarcinoma. In conclusion, clinicians and pathologists must be aware that distinguishing REAH from low grade sinonasal adenocarcinoma is crucial since a limited but complete surgical resection is the treatment of choice of REAH, after which there are no instances of recurrent disease. References 8 1 9 2 3 4 5 6 7 Albrecht EU. Hamartome. Verh Dtsch Ges Pathol 1904;7:153-57. Terris MH, Billman GF, Pransky SM. Nasal hamartoma: case report and review of the literature. Int J Pediatr Otorhinolaryngol 1993;28:83-8. Baillie EE, Batsakis JG. Glandular (seromucinous) hamartoma of the nasopharynx. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1974;38:760-2. Wenig BM, Heffner DK. 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PATHOLOGICA 2008;100:189-191 CASE REPORT A pulmonary mucinous cystic tumour of borderline malignancy Un tumore cistico mucinoso del polmone a malignità borderline D. BACHA, A. AYADI-KADDOUR, B. SMATI*, T. KILANI*, F. EL MEZNI Department of Pathology, Abderrahmen Mami Hospital, 2080 Ariana, Tunisia; * Department of Thoracic Surgery, Abderrahmen Mami Hospital, 2080 Ariana, Tunisia Key words Lung • Mucinous tumor • Cyst • Malignancy • Differential diagnosis Summary Parole chiave Polmone • Tumore mucinoso • Ciste • Malignità • Diagnosi differenziale Riassunto We report a well-documented case of pulmonary mucinous cystic tumour of borderline malignancy involving the left lower lobe. The lesion was found incidentally by chest radiograph and CT scan with a provisional diagnosis of bronchioloalveolar carcinoma. The tumour was 4 cm in its greatest dimension, cystic and filled with gelatinous mucus. Microscopically, the neoplastic mucinous epithelium was composed of cuboidal cells with focally nuclear stratification and mild to moderate nuclear atypia. The patient has remained free from recurrence or metastases for 6 years. Pulmonary mucinous cystic tumour of borderline malignancy is a rare, recently described neoplasm, which spans a spectrum of tumours with malignant potential. The recent World Health Organization classification of lung tumours does not recognize this entity, which has a very good prognosis, and as such should be distinguished from classic pulmonary adenocarcinoma. Histological diagnosis can be difficult to distinguish from cystic bronchioloalveolar carcinoma or metastatic mucinous adenocarcinoma. Riportiamo un ben documentato caso di tumore polmonare mucinoso cistico a malignità borderline che coinvolge il lobo inferiore sinistro. La lesione è stata trovata incidentalmente tramite radiografia al torace e TAC con una diagnosi di carcinoma broncoalveolare. Il tumore, cistico e pieno di muco gelatinoso, ha raggiunto i 4 cm di dimensione massima. Al microscopio, l’epitelio neoplastico mucinoso era composto da cellule cuboidali con stratificazione nucleare prominente e atipia nucleare di entità da lieve a moderata. Il paziente è rimasto libero da recidive o metastasi per 6 anni. Il tumore polmonare mucinoso cistico a malignità borderline è una neoplasia rara, di recente descrizione, che attraversa uno spettro di tumori con potenziale malignità. La recente classificazione dei tumori polmonari dell’OMS non riconosce questa entità che ha una buona prognosi e, come tale, dovrebbe essere distinta dal classico adenocarcinoma polmonare. La diagnosi istologica può risultare difficoltosa nel distinguere fra carcinoma broncoalveolare cistico o metastatico. Introduction tumours of the ovary and appendix 2-4. Here, we report a well-documented case of pulmonary mucinous cystic tumour of borderline malignancy involving the left lower lobe. Primary mucinous tumours of the lung are rare neoplasms. Both the benign (mucinous cystadenoma) and malignant forms (mucinous cystadenocarcinoma) are recognized by the recent World Health Organization (WHO) classification of lung tumours 1. In some cases, only anomalous cell structures or atypical cytologic findings are found, making it extremely difficult to establish a firm diagnosis of adenocarcinoma, as in the present case. Diagnosis in such cases is primary mucinous tumour of borderline malignancy, described by many Authors, similarly to the more common mucinous Case report A 79-year-old woman presented with solitary pulmonary mass found incidentally on chest radiograph, which showed a round mass with soft tissue density, lying posteriorly in the left lower lobe. Computed tomography of the chest revealed a solitary mass of tissular density, Correspondence Dr Bacha Dhouha, Pathology department, Beaujon’s Hospital, 100 Boulevard du Général Leclerc, 92110, Clichy, France - Tel. +33 632 168466 - Fax +01 40 870077 - E-mail: dhouhabacha@ voila.fr D. BACHA ET AL. 190 Fig. 1. Multiloculated mucus-filled cyst with largely denuded epithelium (haematoxylin and eosin, x 40). 4 cm in its greatest dimension, in the left lower lobe with an open bronchus sign and without evidence of calcification. These features strongly resemble those found in bronchioloalveolar carcinoma. Diminished breath sounds were noted at the base of the left lung. No rales were heard. Results of abdominal and gynaecological examinations were negative. A tuberculin test and 3 sputum smears were negative. Bronchoscopy and left lower lobe biopsy were unremarkable. A lobectomy was performed. The left lower lobe contained a multilocular cyst 4 cm in diameter, ill-circumscribed and with a central cavity filled with gray gelatinous translucent mucus. No solid tumour areas were identified. Microscopically, the tumour was paucicellular filled by lakes of grayish mucin (Fig. 1). There were detached clumps or strands of mucinous epithelium within the mucin lakes. The neoplastic mucinous epithelium was composed of columnar and cuboidal cells demonstrated basally located small nuclei with focally nuclear stratification and mild to moderate nuclear atypia (Fig. 2). There were no solid areas at the periphery, no adhesion to adjacent lobe Fig. 2. Columnar mucin secreting cells with stratification and mild nuclear atypia (haematoxylin and eosin, x 400). Fig. 3. Tumour cells stained with antibodies to cytokeratin 7 (CK7) (arrow) and CK20 (x 200). and no pleura or microscopic focus of invasion. The adjacent lung parenchyma was focally stretched and showed a foreign body-type inflammatory reaction to the dissected mucin. Immunohistochemically, tumour cells expressed cytokeratin 20 (CK20) strongly and CK7 focally and weakly (Fig. 3). There was no expression of surfactant proteins A and B or TTF1 (thyroid transcription factor 1). The postoperative course was unremarkable. The patient remains well and has no signs of recurrence after computed tomography scan of the chest, 6 years after the treatment. Discussion Mucinous cystic tumours of borderline malignancy are well described in many organs such as the appendix, ovary and pancreas. In the lung, this entity is not recognized in the recent WHO classification system 1. The first case was reported in 1978 by Gowar as “an unusual mucous cyst of the lung”, and only 43 cases have subsequently been described in the literature in case reports and small series 5-7. The largest single series, 11 cases, was reported by Graeme- PULMONARY MUCINOUS CYSTIC TUMOUR Cook and Mark in 1991 6. The presentation varies from an incidental finding in an asymptomatic patient to persistent cough, chest pain dyspnoea, pneumothorax and unresolved pneumonia 6. Pulmonary mucinous cystic tumours of borderline malignancy (PMTBMs) are histologically similar to appendiceal and ovarian mucinous tumours of borderline malignancy. Adequate sampling of the specimen is important, as cellularity is variable in these neoplasms. The tumour was unilocular or multilocular with locules separated by fibrous septa or stretched alveolar walls. A columnar mucus-producing epithelium lined the cysts in all cases, with foci of nuclear stratification with papillary epithelial projections, tufting, mild to moderate nuclear atypia, hyperchromatism and occasional mitoses. In one case, numerous smaller cystic masses were attached to the parietal pleura giving the appearance of a pseudomyxoma as a passive process after local rupture 5. Mucicarmine, periodic acid-Schiff and Alcian blue stains are usually strongly positive, as neutral and acid mucopolysaccharide are both present within cyst contents and also within the cytoplasm of the epithelial cyst lining 6. Immunohistochemical analysis was not performed in all reported cases 4-8. Tumour cells showed positivity for cytokeratin 7. Staining for TTF1 and CK20 is variable 2 9. Ki-67 proliferation indices are usually less than 10% 9. In a small biopsy or fine-needle aspiration specimen, neoplastic epithelial cells might be overshadowed by copious mucin and/or granulomatous inflammation 9. PMTBMs should be distinguished from a variety of pulmonary neoplasms, including cystic bronchioloalveolar carcinoma or arising from a congenital cyst, metastatic mucinous adenocarcinoma and mucoepidermoid carcinoma. Other differential diagnoses include benign mucinous cystadenoma, bronchial mucous gland adenoma and mucoceles 2 3 6. The exclusion of metastases from the ovary, breast, pancreas and gastrointestinal tract and requires comprehensive clinical and radiological examination because immunohistochemistry is unlikely to be helpful. Mucinous cystadenoma is extremely paucicellular and lack cytologic atypia 3. The presence of solid invasive areas and marked architectural or cytologic atypia, including prominent nuclear stratification, nuclear enlargement or high nuclear/cytoplasmic ratio prominent nucleoli and frequent mitosis, indicate malignancy 9. Mucous gland adenoma and 191 mucoepidermoid carcinoma share an endobronchial location and microcystic appearance, in contrast with the peripheral location and macrocystic morphologic features of PMTBMs. Squamous and intermediate cells that are typical for mucoepidermoid carcinoma cannot be seen in PMTBMs. Well-differentiated mucinous bronchioloalveolar carcinoma are difficult to distinguish from PMTBM, especially when secondary cavitations or cysts develop through necrosis, which is recorded as a complication of bronchioloalveolar carcinoma in up to 20% of cases 9. However, the nonnecrotic area of bronchioloalveolar carcinoma usually shows characteristically homogeneous cellularity with a lepidic growth pattern along pre-existing alveolar walls. Necrosis is not a feature of PMTBM. Previously reported cases suggest a histologic spectrum from benign mucinous cystadenoma to PMTBM to well-differentiated mucinous cystadenocarcinoma. However, there is no molecular evidence to support such a concept. Reported cases have been treated with surgery alone by either lobectomy or limited resection. After a follow-up from 1 to 9.5 years, only one patient recurred locally following initial limited resection, and was treated with lobectomy 6-10. Another patient died of the toxic effects of amitriptyline, a tricyclic antidepressant 9. Given the above, the prognosis of PMTBM would appear to be good following complete, margin-negative resection, and significantly better than classic mucinous carcinomas. The role of adjuvant therapy in this tumour is undefined, but is probably limited. The term “borderline” will alert the treating physician to the possibility of malignant transformation and the necessity for close follow-up. Conclusion PMTBM is a rare, recently described neoplasm, which spans a spectrum of malignant potential. It is usually asymptomatic and manifests as an incidental finding on chest radiographs. Histological diagnosis can be difficult to distinguish from a variety of pulmonary neoplasms, including cystic bronchioloalveolar carcinoma or metastatic mucinous adenocarcinoma. Several fundamental aspects justify its existence in future classifications of lung tumours. References 5 1 6 2 3 4 Travis WD, Brambilla E, Muller-Hermelink HK, Harris CC. Tumours of the lung. World Health Organisation Classification of Tumours. Pathology and Genetics of Tumours of the Lung, Pleura, Thymus and Heart. Lyon: IARC Press 2004, pp. 40 and 87. Monaghan H, Salter DM, Ferguson T. Pulmonary mucinous cystic tumour of borderline malignancy: a rare variant of adenocarcinoma. J Clin Pathol 2002;55:156. Kragel PJ, Devaney KO, Meth BM, Linnoila I, Frierson HF Jr, Travis WD. Mucinous cystadenoma of the lung. A report of two cases with immunohistochemical and ultrastructural analysis. Arch Pathol Lab Med 1990;114:1053-6. Pelletier B, Dubigeon P, Despins P, De Lajartre AY. 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PATHOLOGICA 2008;100:192-196 CASO CLINICO Adeno-mioepitelioma a cellule chiare della ghiandola ceruminosa Clear cell adenomyoepithelioma of the ceruminous gland A. DI BLASI, G. FERRARA, G. ANTINOLFI*, A.M. DALENA, F. ANTINOLFI* A.O. “Gaetano Rummo”, Benevento, UOC Anatomia Patologica; * A.O. “Vincenzo Monaldi”, U.O.C. Anatomia Patologica, Napoli Parole chiave Ghiandola ceruminosa • Cellula chiara mioepiteliale • Inclusioni cristalline Riassunto Key words Ceruminous gland • Myoepithelial clear cell • Crystalline inclusions Summary I tumori delle ghiandole ceruminose sono rare entità. Noi descriviamo un caso di neoplasia ceruminosa con quadro morfologico complesso caratterizzato da uno stroma fibroso ialino con strutture duttali a doppio strato epiteliale e noduli composti da cellule chiare ad ampio citoplasma Pas-positivo. Nei noduli tra le cellule chiare si riconoscono piccoli dotti con aspetti di secrezione apocrina. Lingue stromali infiltrate da linfociti si invaginano nei noduli creando un quadro tipo linfadenoma. Tra le cellule chiare si riconoscono numerosi corpi inclusi cristallini eosinofili Pas-positivi rifrangenti con morfologia floreale a petali (gerbera) o a fuoco d’artificio. All’analisi immunoistochimica le strutture duttali mostrano intensa espressione di CK pan, CK7, CK18, CK19, EMA e GCDFP-15. Le cellule epiteliali basali dei dotti sono positive per CK5, p63, calponina, SMA. Le cellule chiare sono debolmente positive per CK18 ed esprimono vimentina, proteina S100 e focalmente GFAP. Esse sono invece negative per calponina, p63, caldesmone, SMA e MSA. Questo risultato conferma la natura mioepiteliale delle cellule chiare (pur in presenza di un corredo antigenico incompleto) e permette di formulare la diagnosi di adeno-mioepitelioma della ghiandola ceruminosa. La lesione presenta caratteri morfologici di benignità. La paziente è una donna di 47 anni che all’ultimo follow-up a tre anni dall’intervento chirurgico non mostra segni di malattia. Ceruminous gland tumours are rare neoplasms. We describe a case of a ceruminous tumour with complex morphology characterised by fibrous hyaline stroma bilayered epithelial ductal structures and nodules of tightly arranged clear cells with abundant Pas-positive cytoplasm. Within nodules among clear cells delicate apocrine ducts were found. Stromal tongues infiltrated with lymphocytes invaginated into nodules producing a lymphadenomatous pattern. Among clear cells, there are also numerous eosinophilic, Pas-positive refractile crystalline inclusions that appeared as floral petals (gerbera) or as a firework-like pattern. By immunohistochemistry, ductal structures were reactive for CK pan, CK7, CK18, CK19, EMA and GCDFP-15. Epithelial ductal basal cells were reactive for CK5, p63, calponin and SMA. Clear cells were weakly positive for CK18 and strongly positive for vimentin; they also displayed S100 protein and focal GFAP immunoreactivity. Interestingly clear cells lacked immunostaining for calponin, p63, caldesmone, SMA and MSA. This result supports the myoepithelial nature of clear cells, which have lost some antigenic specificities, and the diagnosis of adenomyoepithelioma of the ceruminous gland. The lesion appears morphologically benign. The patient is a 47-year-old woman with no evidence of disease after 3 years of follow-up. Introduzione Caso clinico-patologico Le ghiandole sudoripare apocrine sono presenti in ascella ed in regione inguinale, anogenitale, periombelicale e periareolare. Esistono inoltre ghiandole apocrine specializzate in altra sede: le ghiandole di Moll palpebrali e le ghiandole ceruminose del condotto uditivo esterno. Le neoplasie delle ghiandole ceruminose sono rare entità. Questo lavoro descrive un caso di neoplasia ceruminosa con i caratteri morfologici dell’adeno-mioepitelioma a cellule chiare. La paziente di sesso femminile di anni 47 si presenta a visita ORL con ipoacusia e sensazione di ingombro a livello del canale uditivo destro. L’ispezione del canale evidenzia una tumefazione nel terzo esterno del condotto; la membrana timpanica è indenne. La lesione viene sottoposta ad una prima piccola biopsia incisionale e dopo 6 mesi in altra sede ospedaliera a biopsia escissionale (biopsia di cm 2,5 di diametro). L’esame istologico mostra una epidermide iperplastica con fibrosi del Corrispondenza Dott. Arturo Di Blasi, A.O. “G. Rummo”, UOC Anatomia Patologica, via dell’Angelo 1, 82100 Benevento, Italy - Tel. +39 0824 57334 / 57332 - E-mail: arturo.diblasi @ tin.it ADENO-MIOEPITELIOMA A CELLULE CHIARE DELLA GHIANDOLA CERUMINOSA Fig. 1. A) visione panoramica con in basso a sinistra la ghiandola ceruminosa infiltrata da tessuto linfoide follicolare ed in alto a destra il tessuto neoplastico con pattern nodulare ed infiltrazione linfocitaria stromale (E.E.). B) tessuto neoplastico costituito da noduli chiari in alcuni dei quali si invaginano lingue stromali infiltrate da linfociti (PAS). derma e marginalmente una ghiandola ceruminosa con strutture duttali dilatate (la ghiandola è riconoscibile per il caratteristico pigmento bruno giallastro nelle cellule luminali). Lo stroma della ghiandola ceruminosa è infiltrato da grossi follicoli linfoidi con centri germinativi (Fig. 1 A). Nel derma in posizione centrale si riconosce una neoformazione non capsulata presentante un pattern di crescita nodulare (Fig. 1 A e B). I noduli sono chiari in E.E. perché composti da una popolazione di cellule ad ampio citoplasma chiaro con contorni mal definiti (Fig. 2). Le cellule chiare presentano citoplasma glicogenato PAS positivo diastasi negativo. Tra queste cellule sono presenti isolate formazioni duttali con aspetti di secrezione apocrina per decapitazione (Fig. 2) e numerosi corpi cristalloidi eosinofili rifrangenti, PAS positivi, azzurri alla tricromica di Masson, con morfologia floreale a petalo (gerbera) o a fuoco d’artificio (Fig. 2 inserto). Nei noduli si osserva inoltre l’introflessione di lingue stromali con denso infiltrato linfocitario (Fig. 1 B). Le cellule chiare presentano focalmente nuclei ingranditi 193 Fig. 2. popolazione a cellule chiare con inclusioni cristalline eosinofile ed una struttura duttale con aspetti di secrezione apocrina (E.E.); nell’inserto due corpi inclusi cristalloidi PAS positivi. ed irregolari. Non si riconoscono figure mitotiche in questa popolazione. Lo stroma tra i noduli è di tipo fibroso ialino; in esso si osservano numerose formazioni duttali di ampio calibro. Queste strutture presentano un epitelio a doppio strato con componente basale iperplastica. La marcatura immunoistochimica consente di valutare le due componenti istologiche: cellule duttali e cellule chiare. La ghiandola ceruminosa adiacente è un utile controllo interno per le reazioni. Le strutture duttali esprimono CK pan (AE1/AE3 e MNF116), CK 7, CK18 e CK19. Le cellule basali dei dotti esprimono CK ad alto peso (CK5 e 34 betaE12). EMA è espresso sul bordo luminale dei dotti. Il CEA presenta solo focale espressione nei dotti. La GCDFP-15 è espressa dalle cellule duttali a conferma della natura apocrina della neoformazione. Le cellule chiare sono negative per CK pan ed esprimono delicatamente CK18 e solo focalmente CK 7 (Fig. 3 A, 3 B). Esse sono negative per citocheratine basali, per EMA, per CEA, per GCDFP-15 e per cromogranina A. Riconosciuta la loro solo parziale espressione di marcatori epiteliali, le cellule chiare vengono testate con marcatori mesenchimali. Esse esprimono Vimentina (Fig. 4 A), proteina S100 e focalmente GFAP (Fig. 4 B). Altri marcatori mioepiteliali, quali SMA, MSA, p63, calponina e caldesmone sono negativi. Questo risultato può confermare la natura mioepiteliale delle cellule chiare. L’abbondante popolazione linfocitaria presente nella neoformazione e nella ghiandola ceruminosa esprime in prevalenza CD20. I corpi cristalloidi tra le cellule chiare sono negativi per collagene IV. Il Ki67 index nella popolazione a cellule chiare è pari al 2%. La valutazione morfologica ed immunoistochimica del tessuto neoformato favorisce la diagnosi di neoplasia apocrina della ghiandola ceruminosa con i caratteri dell’adeno-mioepitelioma a cellule chiare. La lesione viene considerata benigna. Il follow-up della paziente a tre anni è negativo. A. DI BLASI ET AL. 194 Fig. 3. A) la CK pan (AE1-AE3) marca i dotti all’interno ed al di fuori dei noduli; le cellule chiare negative formano con l’epitelio duttale una lesione mioepiteliale complessa. B) la CK 18 marca le strutture duttali e delicatamente le cellule chiare del nodulo. Materiali e metodi Sono state allestite dalla paraffina sezioni istologiche per la colorazione EE, Tricromica di Masson, PAS e PAS-D. Lo studio immunoistochimico su sezioni sottili da paraffina è stato eseguito sui due campioni bioptici con lavorazione manuale ed in automazione. In entrambi i casi è stato utilizzato un sistema di rivelazione biotinastreptavidina-DAB. Sono stati utilizzati i seguenti sieri: CK pan (DAKO, clone MNF116, pepsina, 1:100), CK pan (AE1-AE3, Novocastra, citrato, 1:250), CK 7 (Biogenex, OV-TL12/30, pepsina, 1:200), CK 18 (Novocastra, DC-10, citrato, citrato 1:100), CK 19 (Novocastra, b170, pepsina, 1:150), CK 5 (Novocastra, M26, citrato, 1:100), EMA (Novocastra, GP1.4, citrato, 1:100), CEA (Novocastra, CD66, citrato, 1:200), GCDFP-15 (Novocastra, 23A3, citrato, 1:40), Vimentina (Dako, V9, citrato, 1:50), p63 (Biocare Medical, BC4A4, citrato, 1:200), Calponina (Novocastra, CALP, EDTA, 1:75 e citrato, 1:100); Proteina S100 (Dako, policlonale, 1:1500), MSA (Neomarkers, HHF35, citrato, 1:100), Fig. 4. A) la Vimentina marca intensamente le cellule chiare del nodulo; B) le cellule chiare presentano tenue espressione di GFAP. GFAP (Novocastra, GA5, citrato 1:100), Caldesmone (Dako, h-cd1, proteasi, 1:50), SMA (Neomarkers, 1A4, 1: 400), Collagene IV (Biogenex, COL 4, pepsina, prediluito), CD20 (Dako, L26, citrato, 1:400), CD3 (Novocastra, PS1, citrato, pronto uso), MIB1 (Dako, Ki67, citrato, prediluito), Cromogranina A (Novocastra, 5H7, citrato, 1:100). Discussione Le ghiandole ceruminose sono ghiandole sudoripare apocrine specializzate del condotto uditivo esterno. Esse sono situate nel derma profondo in prossimità del piano cartilagineo presente nella porzione esterna del canale. Le ghiandole ceruminose hanno una struttura simile a quella delle ghiandole sudorali con il gomitolo secretorio (coil), il dotto escretorio ed il dotto terminale che si apre nel follicolo. Sul piano istologico la ghiandola è composta da cellule secretorie colonnari con secrezione di tipo apocrino per decapitazione apicale e da uno strato esterno di cellule mioepiteliali. Le cellule secretorie contengono nel citoplasma granuli di ADENO-MIOEPITELIOMA A CELLULE CHIARE DELLA GHIANDOLA CERUMINOSA pigmento lipoproteico giallo-brunastro positivo al PAS (Sudan black e Ziehl-Neelsen). Il secreto delle ghiandole ceruminose è un fluido acquoso che si mescola con quello delle ghiandole sebacee andando a formare il cerume, sostanza densa brunastra che umetta la superficie cutanea del condotto e che “ostacola con il suo sapore amaro l’ingresso nel canale di insetti e vermi” (Chiarugi). Le neoplasie derivanti dalle ghiandole ceruminose sono entità rare con istotipi in comune con le neoplasie sudoripare apocrine cutanee. Requena, Kiryu e Ackerman 1 hanno riclassificato le neoplasie cutanee annessiali apocrine inserendo nel loro capitolo entità che in precedenza erano considerate esclusivamente di tipo eccrino. Nella definizione della natura apocrina di una neoplasia può essere utile l’impiego di una marcatura immunoistochimica: marcatori apocrini sono lisozima, Leu M1 e GCDFP-15 2. Il volume WHO Pathology and Genetics of Head and Neck Tumours (ed. 2005) presenta nel capitolo dei Tumori dell’Orecchio Esterno la sezione delle neoplasie derivanti dalle ghiandole ceruminose 3. Sono descritte forme benigne (adenoma tubulare, siringoma condroide o tumore misto, siringocistoadenoma papillifero, cilindroma) e forme maligne (adenocarcinoma nas, carcinoma adenoideo cistico, carcinoma mucoepidermoide). Il termine “ceruminoma” può essere riferito a tutte queste entità o in senso più restrittivo al solo adenoma tubulare. Un lavoro del 2004 del Dipartimento di Patologia Testa e Collo AFIP propone una casistica di 41 neoplasie delle ghiandole ceruminose osservate nel periodo 1970-2000 4. La casistica comprende 36 casi di adenoma tubulare, 4 casi di tumore misto e un caso di siringo cistoadenoma papillifero. Nel follow-up post-chirurgico sono riportate 4 recidive per escissione incompleta; tutti i pazienti risultano liberi da malattia all’ultimo controllo. La nostra segnalazione di neoplasia ceruminosa ad istotipo adeno-mioepiteliale non trova riscontro in letteratura. Abbiamo studiato una lesione a struttura mista: duttale e nodulare. I noduli sono costituiti da cellule chiare e presentano al loro interno un infiltrato linfocitario B che crea talora un pattern tipo linfoadenoma. Il linfadenoma cutaneo è una neoplasia considerata variante del tricoblastoma, ma sono stati segnalati anche casi con differenziazione duttale di possibile derivazione sudorale 5. Nei noduli tra le cellule chiare sono presenti strutture duttali con espressione del marcatore apocrino GCDFP-15. Tra i noduli nella fibrosi si osservano strutture duttali di ampie dimensioni. Le cellule chiare dei noduli hanno un immunoprofilo misto con espressione limitata dei marcatori epiteliali CK7 e CK18 e con più consistente espressione dei marcatori mesenchimali mioepiteliali: Vimentina, Proteina S100 e GFAP monoclonale. Esse sono invece negative per altri marcatori mioepiteliali come p 63, Calponina, Caldesmone, SMA e MSA. Questo risultato permette di confermare la natura mioepiteliale delle cellule chiare pur in presenza di un fenotipo solo parzialmente espresso. Questa evenienza non sorprende: le cellule di una neoplasia mioepiteliale presentano in genere una marcatura 195 incompleta. Nella casistica di 14 lesioni mioepiteliali cutanee presentata nel 2004 da Hornick e Fletcher 6 il marcatore mioepiteliale più frequentemente individuato nelle cellule è la proteina S100 (93%) e quello meno frequentemente riscontrato la p63 (27%). La seconda componente presente nella neoformazione da noi descritta è quella duttale. Lo studio delle citocheratine frazionate fornisce per queste strutture un risultato tipico degli epiteli complessi con doppia componente luminale e basale. Le citocheratine ad alto peso 34betaE12 e CK5 sono espresse nelle cellule basali, mentre le cellule luminali sono marcate da CK pan, CK7, CK18, CK19. Il CEA è focalmente espresso sul bordo luminale di alcuni dotti. La neoformazione presenta tra i noduli ed i dotti uno stroma sclero ialino che non appare significativo per la diagnosi di tumore misto. A tal proposito, Mentzel et al., presentando una casistica di 20 lesioni mioepiteliali cutanee, suggeriscono l’esistenza un continuum morfologico che va dal tumore misto al mioepitelioma a seconda del prevalere delle singole componenti 7. Un ulteriore quesito morfologico proposto dal caso descritto è rappresentato dalle inclusioni eosinofile cristalloidi rifrangenti in luce polarizzata, che presentano una elegante morfologia floreale a petali (gerbera) o a fuoco d’artificio, che sono numerose tra le cellule chiare mioepiteliali. Esse sono PAS-positive e -negative al collagene IV (non sono costituite da membrana basale). Si può ipotizzare una loro derivazione diretta dalle cellule chiare mioepiteliali. Inclusioni cristalloidi simili ricche di tirosina possono essere presenti nei tumori misti salivari ove sono ritenute un prodotto di secrezione delle cellule mioepiteliali nello stroma collagene 8. Definita l’istogenesi resta da chiarire la natura biologica della lesione. Essa appare priva di caratteri di malignità. Il nostro orientamento è stato confortato dal follow-up che a circa tre anni di distanza dall’escissione è negativo. La diagnosi differenziale proposta dal caso descritto è in prima istanza con lesioni cutanee a cellule chiare di derivazione annessiale. Tra queste l’idroadenoma a cellule chiare che è una neoplasia annessiale anche apocrina, simile al poroma, presentante un pattern nodulare con cheratinociti che mostrano chiarificazione (cellule glicogenate). Altra possibile DD riguarda lesioni proliferative istiocitarie che possono essere riconosciute per l’immunoprofilo specifico (CD68+). Mioepiteliomi cutanei a cellule epitelioidi o ialino-plasmocitoidi (eosinofile e non chiare) possono entrare in DD con lesioni non epiteliali come il fibroistiocitoma epitelioide ed il nevo di Spitz 5. A livello del condotto uditivo esterno una neoformazione delle ghiandole ceruminose va differenziata anche dall’adenoma dell’orecchio medio. Questa neoplasia può in rari casi attraversare la membrana del timpano e presentarsi nel canale esterno 9. L’adenoma dell’orecchio medio è costituito da strutture ghiandolari tra loro addossate delimitate da cellule cubico-cilindriche, prive di strato mioepiteliale. In questa neoplasia è descritta una differenziazione neuroendocrina. Il “ceruminoma” oltre ad associarsi ad una membrana del timpano integra, presenta una componente mioepiteliale evidente ed è negativo alla ricerca di marcatori neuroe- A. DI BLASI ET AL. 196 ndocrini. Un ulteriore problema di DD di fronte a una neoplasia ghiandolare del condotto uditivo esterno può essere la rara evenienza di una infiltrazione ab estrinseco del canale da parte di una neoplasia salivare paroti- dea. In presenza di istotipi condivisi tra neoplasie della ghiandola sudoripara-ceruminosa e neoplasie salivari, questo tipo di DD può essere definito solo in base alle caratteristiche cliniche e radiografiche. Bibliografia 6 1 2 3 4 5 Requena L, Kiryu H, Ackerman AB. Neoplasms with apocrine differentiation. Philadelphia: Lippincott – Raven and Ardor Scribendi 1997. Perrone T. Signet ring cell formation in cutaneous neoplasms. J Am Acad Dermatol 2001;44:549-50. Michaels L, Thompson LDR. Ceruminous gland neoplasms of external auditory canal and Cylindroma. In: Barnes L, Eveson JW, Reichart P, Sidransky D, eds. WHO Classification of tumours. Pathology and genetics. Head and neck tumours. Lyon: IARC press 2005, p. 331-3. Thompson LDR, Nelson BL, Barnes EL. Ceruminous adenomas. A clinicopathologic study of 41 cases with a review of the literature. Am J Surg Pathol 2004;28:308-18. Requena L, Sanchez Yus E. Cutaneous lymphadenoma with ductal differentiation. J Cutan Pathol 1992;19:429-33. 7 8 9 Hornick JL, Fletcher CDM. Cutaneous myoepithelioma: a clinicopathologic and immunohistochemical study of 14 cases. Hum Pathol 2004;35:14-24. Mentzel T, Requena L, Kaddu S, Soares de Aleida LM, Sangueza OP, Kutzner H. 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KORBI Department of Pathology, Farhat Hached Hospital, Sousse, Tunisia Key words Hydatid cyst • Breast • Pathology Summary Parole chiave Cisti idatidea al seno • Patologia Riassunto Echinococcal involvement of the breast is extremely rare, even in the endemic countries. We report the case of a 31-year-old woman who presented with a 5 cm mammary mass. Mammography and sonography showed a well-circumscribed cystic lesion. Diagnosis of hydatid cyst was confirmed by pathological examination. Il coinvolgimento echinococcico del seno è estremamente raro, anche in paesi endemici. Riportiamo il caso di un donna di 31 anni che presentava una di massa mammaria di 5 centimetri. La mammografia e la sonografia hanno evidenziato una lesione cistica ben circoscritta. La diagnosi di cisti idatidea è stata confermata da esami patologici. Introduction prior echinococcal disease. Mammography showed a 5 cm smooth, well-circumscribed mass without calcifications (Fig. 1). On sonography, the mass appeared as unilocular hypoechoic cyst (Fig. 2). A benign cystic lesion was suspected and excision was performed. Ma- Breast involvement with hydatid disease is rare, and there are only a few reports of mammary hydatid disease 1 2. We report a case confirmed by pathologic examination. Observation Fig. 2. Sonogram showed an homogeneous hypoechoic cyst. A 31-year-old woman presented with a lump in her left breast. The patient had no history of breast disease or Fig. 1. Mammogram shows a homogeneous, well-circumscribed lesion of the breast. Correspondence Dr. Amel Trabelsi, Departement of Pathology, Farhat Hached Hspital, Sousse 4000, Tunisie - Fax +216 73 210355 - E-mail: [email protected] A. TRABELSI ET AL. 198 Fig. 3. Cuticular wall fragments (haematoxylin and eosin, x 200). Fig. 4. Cuticular wall positive for PAS. Discussion Hydatid disease is caused by the larval form of the genus Echinococcus of which Echinococcus granulosus is the most common 1. The liver and lung are the most frequently involved organs. The breast is a rare site of involvement and accounts for 0.27% of hydatid cases 2. There are no specific symptoms or signs of breast hydatid disease. On mammography, they are usually seen as a large, circumscribed mass of variable density 3. Ring-shaped structures within a mass or interseptal bands may be indentified 4. The ultrasonographic appearance of hydatid cysts is variable and depends on the age of the cyst, and its complication. They are often seen as uniloculated or multiloculated cystic lesions. Hydatid sand and “water lily” signs caused by detachment of membranes are specific signs of hydatic cyst 1. Partial or total calcification may occur in the walls of old cysts. Because of the unilocular and hypoechoic features of the cyst, a diagnosis of echinococcosis was not performed in our case. Diagnosis is based on the results of needle aspiration, although its use is controversial due to the risk of dissemination of the scolex 3. However, diagnosis of hydatid cyst of the breast can be suspected by mammography and sonography, but is usually confirmed after pathologic examination. Differential diagnosis depends on the age of the cyst and whether or not it is complicated. Like hydatid cyst, simple or complicated cyst may appear with internal echoes caused by debris, proteinaceous material or blood. Intracystic carcinoma can mimic hydatid cysts when it contains solid components, formed by small daughter cysts. Differential diagnoses also include fibroadenoma and phyllodes tumour 1. Treatment consists of surgical excision with or without anticestode antibiotics 3. croscopically, a typical hydatid cyst was confirmed after histopathological examination, which showed cuticular wall fragments (Fig. 3) and was positive for PAS (Periodic Acid Schiff). Serologic tests, abdominal sonography and chest radiograph were performed to exclude other sites of hydatid disease, and were all negative. Conclusion References 3 1 4 2 Kiresi DA, Karabacakoglu A, Odev K, Karakose S. Unocommon locations of hydatid cysts. Acta Radiologica 2003;44:622-36. Vega A, Ortega E, Cavada A, Garijio F. Hydatid disease of the breast: mammographic findings. Am J Roentgenol 1994;162:825-6. Hydatid disease should be considered in the differential diagnosis of breast masses, especially in endemic countries. Dogan BE, Tukel S, Ceyhan K. Hydatid cyst of the breast. Curr Probl Diagn Radiol 2005;34:204-5. Bengisun U, Ozaslan C, Kutlay J, Camur A, Demirci S. Hydatid cyst of the breast. Eur J Surg 1993;159:503-4. PATHOLOGICA 2008;100:199-201 CASE REPORT Invasive mucinous carcinoma arising within breast fibroadenoma Carcinoma mucinoso invasivo sviluppatosi in un fibroadenoma della mammella L. CHARFI, K. MRAD, R. SELLAMI, M. DRISS, S. SASSI, I. ABBES, K. BEN ROMDHANE Department of Pathology, “Salah Azaiez” Institute, 1006 Tunis, Tunisia Key words Fibroadenoma • Mucinous carcinoma • Breast Summary Parole chiave Fibroadenoma • Carcinoma mucinoso • Mammella Riassunto Malignant neoplasms arising in the epithelial component of breast fibroadenomas are rare. The most frequent types are lobular and ductal intra-epithelial carcinomas, with a minority of infiltrating carcinoma. We report a case of 36-year-old patient with invasive mucinous carcinoma (30 x 30 mm) arising in a complex breast fibroadenoma (130 x 60 x 30 mm). The patient underwent mastectomy with dissection of the axillary lymph nodes, which were free of tumour. The patient is alive without disease five years later. To the best of our knowledge, this is the first report of an invasive mucinous carcinoma arising within breast fibroadenoma. Our case provides information about the clinicopathologic characteristic of this unusual tumour. Le neoplasie maligne nella componente epiteliale di fibroadenoma della mammella sono rare. Le tipologie più frequenti sono carcinomi intra-epiteliali lobulari e duttali, con una minoranza di carcinomi infiltranti. Riportiamo un caso di paziente di 36 anni con carcinoma mucinoso invasivo (30 x 30 mm) con insorgenza in un complesso fibroadenoma della mammella (130 x 60 x 30 mm). La paziente è stata sottoposta a mastectomia con dissezione ascellare dei linfonodi, che sono risultati privi di tumore. La paziente è viva e sana a distanza di cinque anni. Allo stato delle nostre conoscenze, questo è il primo caso riportato di carcinoma mucinoso invasivo all’interno di fibroadenoma della mammella. Il nostro caso fornisce informazioni sulle caratteristiche clinicopatologiche di questo insolito tumore. Introduction elastic, firm, and well-defined mass, measuring 12 x 5 cm, without skin fixation. Axillary and supraclavicular lymph nodes were not palpable. In view of these clinical findings, a diagnosis of fibroadenoma was made and the lump was excised. On gross examination, the tumour was whitish-yellow, elastic and measured 130 x 60 x 30 mm. The cut surface of the mass showed an eccentric, nodular and myxoid zone of 30 x 30 mm (Fig. 1). Frozen sections revealed this myxoid zone to be an invasive carcinoma. The main part of the tumour was biphasic with an admixture of stromal and epithelial benign proliferation. The stromal component was hypocellular. The epithelial component showed sclerosing adenosis and metaplasia with intra-luminal micro calcifications. These aspects were consistent with complex fibroadenoma (Fig. 2). The tumour enclosed a focus of Elston and Ellis grade 1 mucinous carcinoma (Fig. 3) characterised by isolated or clustered cells with minimal atypia, floating in lakes of mucus, separated by fibrous septae (Fig. 4). Dilated mucinous full-filled Fibroadenoma is histologically characterised by a circumscribed, biphasic tumour composed ofstromal and epithelial components. Although generally considered benign, there is evidence for association with an increased risk of breast carcinoma. These malignant changes are extremely rare with an estimated prevalence in screened population of 0.02%. We present a case of invasive mucinous carcinoma arising in a breast fibroadenoma (FA). To the best of our knowledge, this is the first such case reported in the literature. Case report A 36-year-old woman presented with a lump in the upper quadrant of the right breast. There was neither history of any disease nor a family history of breast malignancy. Physical examination revealed a large Corrispondenza Dr. Lamia Charfi, Department of Pathology, “Salah Azaiez” Institute, 1006 Tunis, Tunisia - Tel. +216 98270617 - Fax +216 71571380 - E-mail: [email protected] L. CHARFI ET AL. 200 Fig. 4. Clustered tumour cells floating in lakes of mucus and separated by fibrous septae. Fig. 1. Gross section shows a lobulated pattern with a myxoid area. Fig. 2. Area of mucinous carcinoma within a fibroadenoma. Discussion Fig. 3. The fibroadenomatous component showing sclerosing adenosis (on the right) and microcalcifications (on the left). cysts with one-cell layer were also noted and an area of massive, comedo and cribriforme ductal carcinoma in situ (DCIS) was present within the tumour. Minimal lesions of DCIS were noted outside the fibroadenoma. The patient underwent right mastectomy with dissection of the right axillary lymph nodes. Neither nodal metastasis nor residual tumor or proliferative diseases were found in the mastectomy. The patient is alive and free of recurrence five years later. Malignant changes in FA are extremely rare; literature data show that the most common histological type is lobular carcinoma in situ followed by ductal carcinoma in situ, invasive ductal carcinoma not otherwise specified and invasive lobular carcinoma 1. To the best of our knowledge, this is the first case of mucinous carcinoma arising within a FA. This rare event could be explained by the fact that occurrence of carcinoma in FA is rare and the infrequency of mucinous carcinomas. The possibility of merging between separate FA and invasive mucinous carcinomas could be considered, although the hypothesis that the carcinoma arose in the FA is supported by macroscopic findings and the presence of precursor lesions within the FA with progressive mucinous changes. The presence of complex changes within the FA, which are defined by the presence of cysts, sclerosing adenosis, calcifications and apocrine changes, increase the relative risk of developing breast carcinoma about 3-fold; this risk remains elevated for decades after diagnosis. A literature review revealed only 160 cases of carcinoma arising in adenofibroma. Invasive ductal carcinoma not otherwise specified is 10-fold time more frequent than mucinous carcinoma. Molecular techniques can be deceptive since karyotypic abnormalities are detected in 20-30% of fibroadenomas, with no consistent pattern of translocation or breakpoints 2. Moreover, the most frequent genetic alterations involved in malignant breast carcinoma are not present in FA, regardless of their association with breast cancer or their histological complexity 3. Also, the mean age of patients was 43 years, which is one to two decades older than those with classic FA. There are no definite clinical or radiological criteria to suggest malignant changes in fibroadenoma, whereas family history of carcinoma, recent rapid growth, hormonal milieu 1 and abnormal calcifications 4 may be noted. None of these elements was noted in our patient. As for manage- INVASIVE MUCINOUS CARCINOMA ARISING WITHIN BREAST FIBROADENOMA ment of carcinoma in FA, therapy should be the same as for carcinomas arising independently from FA and should take into account the state of parenchyma out of the FA 5. 201 Conservative treatment could be a therapeutic alternative particularly for mucinous carcinoma, which is known for its good prognosis. References 1 2 3 Yoshida Y, Takaoka M, Fukumoto M. Carcinoma arising in fibroadenoma: case report and review of the world literature. J Surg Oncol 1985;29:132-40. Stephenson CF, Davis RI, Moore GE, Sandberg AA. Cytogenetic and fluorescence in situ hybridization analysis of breast fibroadenoma. Cancer Genet Cytogenet 1992;63:32-6. Franco N, Arnould L, Mege F, Picard SF, Arveux P, Lizard- 4 5 Nacol S. Comparative analysis of molecular alterations in fibroadenomas associated or not with breast cancer. Arch Surg 2003;138:291-5. Baker KS, Monsees BS, Diaz NM, Destouet JM, McDivitt RW. Carcinoma within fibroadenomas: mammographic features. Radiology 1990;176:371-4. Stafyla V, Kotsifopoulos N, Grigoriades K, Kassaras G, Sakorafas GH. Lobular carcinoma in situ of the breast within a fibroadenoma. A case report. Gynecol Oncol 2004;94:572-4. PATHOLOGICA 2008;100:202-205 CASE REPORT Epithelioid angiomyolipoma of the kidney: case report Angiomiolipoma epitelioide del rene: presentazione di un caso M. ZANELLI, S. CORTECCHIA, E. RIGHI, L. CAPRARA, M. DE LILLO, F. COSTA*, G. GALANTI, A. BONDI** Anatomia Patologica, Ospedale di Imola (BO); * Urologia, Ospedale di Imola (BO); Anatomia Patologica, Ospedale Maggiore (BO) Key words Angiomyolipoma • Kidney • Epithelioid cells • Immunohistochemistry. Summary Parole chiave Angiomiolipoma • Rene • Cellule epitelioidi • Immunoistochimica Riassunto Renal angiomyolipoma is a benign tumour histologically characterized by a mixture of adipose tissue, smooth muscle cells and thick walled blood vessels. Long-believed to be a benign hamartoma, angiomyolipoma is now considered to arise from perivascular epithelioid cells. Epithelioid angiomyolipoma is a rare type of angiomyolipoma, composed partially or completely of epithelioid cells, with a potentially aggressive behaviour. Histologically it can mimic renal cell carcinoma. Positivity for HMB45, Melan A, CD68 and CD117 are useful for diagnosis. Herein, we report the clinicopathologic and immunohistochemical features of a renal tumour composed of large epithelioid mononucleated or multinucleated cells with abundant acidophilic cytoplasm and prominent nucleoli. Despite the morphologic resemblance of this tumour to renal cell carcinoma, its phenotype (HMB45, Melan A and CD68 positivity and keratin negativity) parallels the phenotypic profile of angiomyolipoma. Therefore, immunohistochemistry should be considered when diagnosing this variant of angiomyolipoma. L’angiomiolipoma renale è una neoplasia benigna caratterizzata istologicamente da una commistione di tessuto adiposo maturo, tessuto muscolare liscio e vasi a parete spessa. A lungo ritenuto un amartoma, è attualmente considerato una neoplasia clonale che ha origine dalle cellule epitelioidi perivascolari. L’angiomiolipoma epitelioide è una rara variante di angiomiolipoma, costituito in parte o completamente da cellule epitelioidi, con comportamento biologico potenzialmente aggressivo. Può simulare istologicamente un carcinoma renale ed utili per la sua identificazione sono la positività di marcatori quali HMB45, Mart1/Melan A, CD68 e CD117. Descriviamo gli aspetti clinico-patologici ed immunoistochimici di una neoplasia renale costituita da grandi cellule epitelioidi mononucleate e multinucleate con abbondante citoplasma acidofilo e prominenti nucleoli. Nonostante la somiglianza morfologica di questa neoplasia con il carcinoma renale, il suo fenotipo (positività per HMB45, Melan A, CD68 e negatività per citocheratine) è analogo al profilo immunofenotipico dell’angiomiolipoma. Si vuole pertanto sottolineare che l’indagine immunoistochimica è decisiva per giungere alla diagnosi corretta di questa variante di angiomiolipoma. Clinical history and pathological findings The tumour was completely sampled, fixed in formalin (10%) and routinely processed. Paraffin sections were stained with haematoxylin and eosin. Paraffin sections (4-6 !mm) were immunostained using the Bond polymer define detection method with a panel of antibodies that included cytokeratins AE1/AE3, cytokeratin 7, cytokeratin 20, HMB45, MART1/Melan A, CD117, CD68 (PGM1) and smooth muscle actin. Histologically the tumour was composed almost completely of large, polygonal, epithelioid ganglion-like cells with abundant acidophilic, granular cytoplasm (Fig. 3). The cells were mononuclear or multinucleated with prominent nucleoli. Mitotic activity was low (1-2 mitoses/10 A 79-year-old woman without symptoms was incidentally discovered to have a renal mass during a CT scan performed for a thoracic aortic aneurysm. The abdominal CT revealed a 3.3 cm solid mass with well defined outlines in the lower pole of the left kidney (Fig. 1). Left radical nephrectomy was performed. Grossly the mass, 3.3 cm in diameter, well circumscribed by the adjacent kidney, was composed of soft, brown tissue with a cut surface mottled with haemorrhage (Fig. 2). Small cysts were present in the surrounding renal parenchyma. Correspondence Dr. Magda Zanelli, Anatomia Patologica, Ospedale di Imola, viale Amendola 2, 40026 Imola (BO), Italy - E-mail: m.zanelli@ausl. imola.bo.it EPITHELIOID ANGIOMYOLIPOMA OF THE KIDNEY Fig. 1. Abdominal CT displays a solid mass in the lower pole of the left kidney. 203 Fig. 3. Large epithelioid mononuclear and multinucleated cells with abundant granular cytoplasm (haematoxylin and eosin, 400X). Fig. 4. A focus of mature adipose tissue in the context of the epithelioid cells neoplasm (haematoxylin and eosin, 200X). HPF). Necrosis was not found, although haemorrhage was present. In small foci among the epitheliod cells there were small amounts of mature adipose tissue (Fig. 4) and thick walled blood vessels associated with spindle cells elements. The neoplasm was characterized by a proliferation of predominantly epithelioid cells (about 95% of the tumour) and only minor and focal amounts (about 5% of the tumour) of adipose tissue and spindle cells together with thick walled blood vessels. Immunohistochemical studies revealed that the epithelioid cells were positive for HMB45, MART1/Melan A and CD68PGM1 (Figs. 5, 6). The spindle shaped elements were smooth muscle actin positive. Immunoreactivity for cytokeratins and CD117 was negative. The final di- Fig. 2. The lower pole of the kidney contains a well circumscribed solid mass mottled with haemorrhagic areas. Fig. 5. Positive staining for MART1/Melan A (400X). M. ZANELLI ET AL. 204 Fig. 6. Positive staining for CD68 (400X). agnosis was epithelioid angiomyolipoma. Three months after surgery, the patient is alive and well. Discussion Angiomyolipoma is now recognised as a clonal neoplasm arising from perivascular epithelioid cells. It occurs frequently in patients with tuberous sclerosis; 80% of patients with tuberous sclerosis develop angiomyolipoma, and in this setting angiomyolipoma are bilateral and multiple. Nevertheless, more than 50% of angiomyolipoma occur as sporadic tumours in individuals without tuberous sclerosis 1. A typical angiomyolipoma is made up of a mixture of smooth muscle, mature adipose tissue and thick walled blood vessels. In the literature, a rare variant of epithelioid angiomyolipoma has been described composed either partially or completely of large epithelioid cells 2. Microscopically, this rare variant of angiomyolipoma can closely mimic a renal cell cancer being composed mainly of epithelioid elements 3 4. Therefore extensive sampling of the mass can be helpful for correct diagnosis by finding foci of mature adipose tissue or thick walled blood vessels. However, in some cases the characteristic thick walled blood vessels and adipose tissue of a typical angiomyolipoma are absent. In the literature, epithelioid angiomyolipoma is defined as a neoplasm characterized by proliferation of predominantly epithelioid cells, without defining the percentage of epithelioid cells. Some cases described contain focal classic angiomyolipoma areas. The case we presented was mostly composed of large epithelioid cells with a ganglion-like morphology. The overall microscopic appearance closely simulated a renal cell carcinoma, although we also found small foci (about 5% of the tumour) of mature adipose tissue and thick walled blood vessels, which were useful to reach a correct diagnosis. In the cases of epithelioid angiomyolipoma described in the literature 2, as in our case, despite the morphologic resemblance to renal cell carcinoma, their phenotype (HMB45, MART1/Melan A and CD68 positivity and cytocheratin negativity) is in contrast to that observed in epithelial tumours, and is consistent with the phenotypic profile of angiomyolipoma. The immunoreactivity with HMB45 and MART1/MelanA, as already stated, is not consistent with renal cell carcinoma. In addition to melanocytic lesions, a group of nonmelanocytic tumours has been found to be positive with these markers, and its cell of origin is the “perivascular epithelioid cell”. The immunoreactivity with CD68 seen in our case was another feature, although not specific, of angiomyolipoma, related to the presence of lysosomal granules. Many of the reported cases of epithelioid angiomyolipoma were initially misdiagnosed as a high grade carcinoma. In the differential diagnosis with epithelioid angiomyolipoma, high grade clear cell carcinoma, chromophobe carcinoma, carcinomas with sarcomatoid features and renal cell carcinoma with 6:11 translocation should be considered. Typical angiomyolipomas are benign neoplasms despite the presence in some tumours of focal atypia and mitotic activity. The vast majority of patients with typical angiomyolipoma follow a benign course; bilaterality and multicentricity (mainly found in the setting of tuberous sclerosis), and even lymph node involvement, have not been considered evidence of malignancy. Epithelioid angiomyolipoma is regarded as a potentially malignant tumour, and cases of epithelioid angiomyolipoma with documented evidence of malignant progression have been reported 4 5. An interesting finding from the literature is the absence of mitotic activity in cases of epithelioid angiomyolipoma following a benign course, and the report of typical and atypical mitoses in cases with a malignant progression 6. However, there are still too few reported cases of malignant epithelioid angiomyolipoma to draw conclusions regarding morphologic criteria to distinguish benign from malignant epithelioid angiomyolipoma. In conclusion, by reporting the present case, our purpose was to draw attention to this distinct morphologic variant of angiomyolipoma that can be easily confused with an epithelial neoplasm. We would like to highlight the relevance of immunohistochemistry in making correct diagnosis of this variant of angiomyolipoma, which is considered to be a close mimic of renal cell carcinoma. References 1 2 AFIP ATLAS OF TUMOR PATHOLOGY Series 4 Tumors of the kidney, bladder and related urinary structures. 2004. Martignoni G, Pea M, Bonetti F, Zamboni G, Carbonara C, 3 Longa L, et al. Carcinomalike monotypic epithelioid angiomyolipoma in patients without evidence of tuberous sclerosis: a clinicopathologic and genetic study. Am J Surg Pathol 1998;22:663-72 Pea M, Bonetti F, Martignoni G, Henske E, Manfrin E, Colato EPITHELIOID ANGIOMYOLIPOMA OF THE KIDNEY 4 5 C. Apparent renal cell carcinomas in tuberous sclerosis are heterogeneous: the identification of malignant epithelioid angiomyolipoma. Am J Surg Pathol 1998;22:180-7. Eble J, Amin MB, Young R. Epithelioid angiomyolipoma of the kidney: a report of five cases with a prominent and diagnostically confusing epithelioid smooth muscle component. Am J Surg Pathol 1997;21:1123-30. Martignoni G, Pea M, Rigaud G, Manfrin E, Colato C, Zamboni 205 6 G, et al. Renal angiomyolipoma with epithelioid sarcomatous transformation and metastases: demonstation of the same genetic defects in the primary and metastatic lesions. Am J Surg Pathol 2000;24:889-94. Cibas E, Goss G, Kulke MH, Demetri GD, Fletcher CD. Malignant epithelioid angiomyolipoma (sarcoma ex angiomyolipoma) of the kidney: a case report and review of the literature. Am J Surg Pathol 2001;25:121-6. PATHOLOGICA 2008;100:206 HPV16 identification in pigmented lesions of genital skin Identificazione di HPV 16 in lesioni pigmentate della regione genitale G. COLLINA, L. MORANDI, T. BIANCHI* Sezione di Anatomia Istologia e Citologia Patologica, * U.O. di Dermatologia , Ospedale “Bellaria”, AUSL di Bologna, Università di Bologna Pigmented lesions of the anogenital area are present in 10% to 12% of Caucasian women. Melanocytic proliferations are the most common lesions, but cases of seborrheic keratosis, post-inflammatory hyperpigmentation and warts have also been documented 1. Here we report a case of a 22-year-old woman with pigmented papules localised on genital skin. These lesions showed a rapid onset and erupted within two months. The most plausible clinical diagnosis was multiple nevi, although pigmented seborrheic keratosis, bowenoid papulosis and condylomatas were also considered (Fig. 1A). Two lesions were surgically removed in separate interventions. Histopathological analyses showed acanthosis and close-set basaloid cells;keratinocytes showed focal koilocytic changes (Fig. 1B); slight melanocytic hyperplasia and keratinocytes hyperpigmentation were also observed. All these features were responsible for the clinically detected pigmentation. Both lesions were positive for the presence of HPV DNA using a PCR assay 2. L1 HPV PCR products were purified using Ampure kit (Agencourt Bioscience Corporation, MA) according to the manufacturer’s instructions. Direct DNA sequence analysis was performed using a capillary sequencer (CEQ2000, Beckman Coulter, Milan) with MY11, MY09, GP5+ and GP6+ primers 3. In order to genotype the HPV strains, the two sequences from both lesions were compared to HPV reference sequences using GenBank (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/blast) and Los Alamos HPV databases (www.hpv.lanl.gov). Both sequences were homologous and showed perfect similarity to HPV genotype 16. References 1 2 Rock B. Pigmented lesions of the vulva. Dermatol Clin 1992;10:361-70. Gravitt, PE, Peyton CL, Alessi TQ, et al. Improved amplification of genital human papillomaviruses. J Clin Microbiol 2000;38:357-61. Fig. 1 - A. Pigmented papules localized around labia majora remineshent of melanocytic lesions. B. Koilocytic changes suggestive of HPV-infection. The case reported here showed unusual clinical features characterized by multiple pigmented papules that erupted rapidly. The differential diagnosis included pigmented lesions, bowenoid papulosis, seborrheic keratosis and condylomatas. Histopathological examination ruled out melanocytic lesions and bowenoid papulosis considering that neither melanocytic proliferation nor dysplastic keratinocytes were seen. Although human papilloma viruses have been found in seborrheic keratosis 4, the presence ofkeratinocytes with koilocytic changes along with HPV 16 DNA strongly support the diagnosis of pigmented viral condylomata.The remaining lesions were removed using carbon dioxide laser ablation. 3 4 Fontaine V, Mascaux C, Weyn C, et al. Evaluation of combined general primers mediated PCR/sequencing and type-specific PCR strategy for determination of human papillomavirus genotypes in cervical cell specimens. J Clin Microbiol 2007;45:928-34. Bai H, Cviko A, Granter S, et al. Immunophenotypic and viral (human papillomavirus) correlates of vulvar seborrheic keratosis. Human Pathol 2003;34:559-64. Corrispondenza Dr. G. Collina, U.O. di Anatomia Patologica, Ospedale “Maggiore”, largo Negrisoli 2, 40133 Bologna - E-mail: guido.collina@ ausl.bologna.it