3-2008 - Journal of the Italian Society of Anatomic Pathology and

PATHOLOGICA 2008;100:149-155
ARTICOLO
ORIGINALE
L’infezione da HPV: confronto diagnostico tra indagini
morfologiche e biologia molecolare
HPV infection: comparison between morphological studies
and molecular biology
V. NIRCHIO, R. LIPSI1, S. FUSILLI2, E. CICCONE3, L. MURINO3, A. SANTANGELO4, F. ROMANO5, A.M. DI TARANTO1,
D PEDÀ6, M. CASTRIOTA7, R. ANTONETTI8, A. BONDI9
U.O. Semplice Dipartimentale di Citopatologia Diagnostica, Azienda Ospedaliera-Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia (OO.
RR.-Foggia); 1 II Laboratorio Analisi, Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 2 Direzione Sanitaria IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” San Giovanni Rotondo; 3 U.O. Semplice di Colposcopia I Ginecologia, Azienda Ospedaliera-Universitaria
OO.RR.-Foggia; 4 U.O.C. Centro Prevenzione Tumori, San Paolo di Civitate (FG); 5 Libero professionista; 6 Direzione Sanitaria
Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 7 U.O. Complessa di Anatomia Patologica Azienda Ospedaliera-Universitaria
OO.RR.-Foggia; 8 U.O.C. II Laboratorio Analisi-Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 9 Anatomia Patologica Ospedale
Maggiore, AUSL Bologna
Parole chiave
Papilloma virus umano • Carcinoma della cervice uterina • Epidemiologia • Screening • Pap test • PCR
Riassunto
Il papilloma virus umano ha un ruolo fondamentale nell’oncogenesi del carcinoma della cervice uterina. Abbiamo indagato la
prevalenza globale dell’infezione da papilloma virus umano in
una popolazione di 699 donne, afferite per controlli ginecologici
agli OO.RR. di Foggia, nel periodo compreso tra settembre 2005
e marzo 2007, confrontata con un gruppo di 90 donne selezionato
su base clinica per acclarata infezione virale da papilloma virus
umano.
La prevalenza osservata, del 27,4%, è la più alta fra quelle segnalate in letteratura.
Il ceppo virale più diffuso è il 16 mentre il ceppo 18 è sottoespresso, rispetto ad altri emergenti (39, 52, 56, 58, 59).
L’alta prevalenza della carica virale, nel gruppo delle 90 donne
con pap-test negativo o flogistico, pone dubbi ed interrogativi sia
sull’estensione del papilloma virus umano-DNA test, quale test di
screening primario, che sull’incidenza del rapporto costo/benefici
e di conseguenza sulle strategie da adottare, con l’utilizzo dell’attuale vaccino, per la prevenzione della popolazione.
La mancanza, inoltre, di referti omogenei e standardizzati non
consente di stabilire un confronto oggettivo tra metodi di indagine
differenti (citologia, colposcopia e biologia molecolare), facendo emergere l’opportunità di diffondere nella classe medica, in
maniera capillare, le Linee Guida Internazionali delle Società di
Anatomia Patologica e di Ginecologia.
Key words
Human Papilloma Virus • Cervical cancer • Epidemiology •
Screening • Pap test • PCR
Summary
Human Papilloma Virus plays an essential role in the development of cervical cancer. We investigated the global prevalence of
Human Papilloma Virus infection in a population of 699 women
recruited at the Ospedali Riuniti in Foggia for gynaecological
controls from September 2005 to March 2007, and compared
with a group of 90 women, selected on clinical aspects for
Human Papilloma Virus features.
The observed prevalence was 27.4%, which is higher that that
reported in the literature.
In the study group, the most frequent viral type was 16, while type
18 was considerably less frequent compared with other emergent
viral types (39, 52, 56, 58, 59).
The high prevalence of Human Papilloma Virus-DNA in women
with negative cytology or inflammatory changes raises doubts
about the utility of the Human Papilloma Virus-DNA method as
a primary screening test because of the low cost/benefit ratio.
The absence of uniform and standardised reports does not allow
objective comparison between different methods of analysis
(cytology, colposcopy and molecular biology), pointing out the
need for a unique centre for collection and data analysis.
Corrispondenza
dott. Vincenzo Nirchio, Servizio di Citopatologia Diagnostica,
Ospedale Maternità, Azienda Universitaria-Ospedaliera OO.RR.
di Foggia, v.le Pinto, 71100 Foggia - E-mail: [email protected]
150
Introduzione
I papilloma virus (HPV) sono patogeni ampiamente
distribuiti nella specie umana e si trasmettono prevalentemente per via sessuale.
La prevalenza di infezione da HPV nel mondo è di 630
milioni di casi, di cui 190 milioni presentano infezioni
clinicamente evidenti.
Gli HPV ad alto rischio sono strettamente associati a
carcinomi della cervice uterina, che costituiscono la
seconda causa di morte nelle donne, con circa 288.000
vittime ogni anno nel mondo, di cui circa 25.000 in
Europa 1 2.
In Europa la prevalenza del carcinoma della cervice è di
circa 409.000 casi.
Studi epidemiologici negli USA hanno rilevato che il
75% della popolazione compresa fra i 5 ed i 50 anni è
affetta da HPV, di cui il 60% manifesta infezioni di tipo
transiente (rilevazione con anticorpi), il 10% di tipo
persistente (rilevazione di DNA virale), il 4% anomalie
citologiche e l’1% lesioni cliniche.
L’infezione da HPV è più diffusa in donne sessualmente
attive, con un’età compresa tra i 18 ed i 30 anni, sebbene
il tumore colpisca donne di età superiore ai 35 anni. La
risposta immunitaria evocata dal virus è di tipo cellulare,
pertanto condizioni di immunodepressione aumentano il
rischio di contrarre l’infezione 3.
Cofattori nell’insorgenza di un carcinoma della cervice
sono: la precoce attività sessuale, l’età, la coinfezione
con virus HIV, CMV, HHV-6, HHV-7, HSV-2, condizioni di immunosoppressione, l’utilizzo di ormoni
steroidei, il fumo di sigaretta, l’alcool e le abitudini
alimentari.
Alla luce di tutto questo abbiamo voluto tentare un approccio epidemiologico statistico su una popolazione,
sottopostasi a determinazione di HPV-DNA test con
metodica PCR, confrontandola con un gruppo selezionato secondo criteri clinici, per indagare l’evoluzione
naturale dell’infezione.
Materiali e metodi
Vengono confrontati i risultati di uno studio retrospettivo spontaneo sulla prevalenza dell’HPV in 699 donne
della provincia di Foggia, con uno studio di coorte di 90
donne, della stessa area, la cui storia clinica, all’atto dell’arruolamento, nel periodo compreso tra Agosto 2005
e maggio 2007, deponeva già per infezione conclamata
da HPV.
Le 90 pazienti arruolate nello studio sono state selezionate in base ad uno o più dei seguenti criteri:
– precedenti Pap test con modificazioni citopatiche di
tipo virale;
– precedenti Pap test con modificazioni citopatiche
confermate dalla biopsia, in assenza di indagini ICC
con probe DNA-HPV alto/basso rischio;
– tampone cervicale positivo, con metodo HPV-DNA
PCR, antecedente il Pap test con strato sottile;
V. NIRCHIO ET AL.
– citologia anomala, con integrazione susseguente o
consensuale di HPV-DNA test, metodica PCR.
Tutte le 90 pazienti si sono risottoposte presso il Servizio di Citopatologia ad un prelievo di Pap test in fase
liquida. La diagnosi citologica è stata effettuata con
il sistema di classificazione Bethesda 2001 4. In 86/90
(95,6%) casi è stata effettuata la ricerca di HPV-DNA,
con metodica PCR, presso il II Laboratorio degli Ospedali Riuniti di Foggia. In 4/90 donne, con citologia
anomala di alto grado, l’esame HPV-DNA è stato indeterminato, a causa dell’esiguità del materiale.
Le donne positive all’HPV-DNA test sono state sottoposte a colposcopia.
Alle pazienti è stato chiesto di rispondere ad un questionario, in maniera anonima, circa gli stili di vita e
le patologie correlate con altre malattie sessualmente
trasmesse; 49 questionari sono stati riconsegnati.
È stata eseguita la ricerca della proteina p16, anticorpo
monoclonale della Cintek (clone E6H4), sugli stessi
vetrini, utilizzati per la diagnosi citologica, dopo che gli
stessi sono stati smontati e decolorati.
Infine su un numero ristretto di casi, 15/68, si è provveduti a richiamare le donne per eseguire un nuovo prelievo per la ricerca di HPV-RNA messaggero.
ESTRAZIONE DEL DNA VIRALE
Campioni di cellule cervicali, prelevati mediante tamponi endocervicali o provenienti da THIN PREP, vengono
risopspesi in 200 μl di soluzione fisiologica e sottoposti
a estrazione del DNA effettuata usando il QIAamp
DNA mini kits (QIAGEN) e seguendo le indicazioni
del fornitore:
– lisi enzimatica con proteinasi k;
– precipitazione alcolica del DNA;
– purificazione del DNA mediante adsorbimento su
membrana in silica-gel;
– lavaggio del DNA mediante soluzioni alcoliche;
– eluizione del DNA in 100 μl di H2O.
DETERMINAZIONE E TIPIZZAZIONE DEL HPV-DNA
Il test viene eseguito utilizzando il kit HPV “Low&Hight
Risk Typing” (Nuclear Laser Medicine) che consente la
determinazione qualitativa e la genotipizzazione dei
papilloma virus a basso rischio (6, 11) e ad alto rischio
(16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 52, 56, 58, 59, 66).
Il metodo si basa sulla simultanea amplificazione di due
o quattro ceppi di HPV e di un controllo interno (gene
β globina) (Fig. 1).
Il profilo termico ottimizzato per la PCR è costituito
dalle seguenti fasi:
– denaturazione iniziale per 5’ a 95 °C;
– 42 cicli di 40” a 95 °C, 40” a 63 °C e di 50” a 72
°C;
– estensione finale per 1’ a 72 °C.
METODICA DI RILEVAZIONE DELL’MRNA
La rilevazione dell’mRNA delle oncoproteine E6/E7
viene effettuata con tecnologia NASBA in real-time
(PreTect HPV Proofer, Alfa Wasserman).
L’INFEZIONE DA HPV
La metodica NASBA multiplex in real-time con sonde
molecolari è una one-tube amplification delle sequenze
di basi dell’acido nucleico, realizzando tale processo o
su singola elica genomica o sugli RNA equivalenti (genoma virale, RNA, mRNA o rRNA). Il rischio di contaminazione è ridotto al minimo. Tale metodica permette
di rilevare l’mRNA di E6/E7 per i ceppi virali di HPV
ad alto rischio quali HPV 16, 18, 31, 33 e 45.
Dalla definizione dell’mRNA, espressione del genoma virale, è possibile pertanto monitorare l’attività biologica del
virus dell’HPV. Essa ha il vantaggio di definire in modo altamente specifico l’mRNA dei geni codificanti le oncoproteine E6/E7degli HPV ad alto rischio di cancerogenesi.
151
Fig. 2. Distribuzione di frequenza dei casi, afferenti al gruppo
retrospettivo spontaneo, ripartita per classi di età.
Risultati
Lo studio retrospettivo spontaneo, eseguito su pazienti della provincia di Foggia sottoposte a controlli ginecologici di
routine, nel periodo tra settembre 2005 e marzo 2007, che
hanno accettato di effettuare il test HPV-DNA, con metodica dell’amplificazione mediante PCR, è stato condotto su
606 donne, pari al 86,7% di un campione di 699.
Di queste, il 91,3% proveniva da ambulatori ginecologici, mentre l’8,7% erano pazienti ricoverate in ambito
ospedaliero.
L’età media è stata di 35,79 ± 9,82 (media e deviazione
standard), con una mediana di 35 anni ed un range compreso tra 17-71 anni. La distribuzione di frequenza dei
casi per classi di età è riportata nella Figura 2.
La prevalenza dell’infezione virale, nelle pazienti sottoposte al test, è stata del 27,4%, di cui il 84,9% era
ascrivibile ad almeno un ceppo HPV di alto rischio, ed
il 28,3% ad un ceppo di HPV a basso rischio.
Il 21,1% delle donne positive al test HPV-DNA presentava una infezione virale multipla.
Fig. 1.
Gel elettroforesi:
1 controllo positivo HPV 6
2 controllo positivo HPV 16
3 controllo positivo HPV 18
4 controllo positivo HPV 56
5 marcatore di peso molecolare (da100 bp a 1000 bp
6 campione positivo HPV 18 isolato da una paziente di 27 anni
Fig. 3. Distribuzione percentuale dei ceppi a basso e ad alto
rischio per classi di età, del campione afferente allo studio retrospettivo spontaneo.
La distribuzione percentuale dei ceppi a basso ed alto
rischio per classi di età è riportata nella Figura 3.
La distribuzione di frequenza dei 12 ceppi virali isolati
è evidenziata nella Figura 4.
Nello stesso periodo è stata studiata la distribuzione
percentuale dei ceppi virali nel gruppo di 90 donne, afferenti allo studio di coorte, la cui ripartizione è riportata
nella Figura 5.
Fig. 4. Distribuzione di frequenza dei 12 ceppi virali isolati.
V. NIRCHIO ET AL.
152
Fig. 5. Distribuzione percentuale dei ceppi virali per classi di età
del gruppo delle 90 donne, clinicamente selezionato.
Tab. I. Distribuzione di frequenza dei 90 casi per classi di età, per
diagnosi citologica e colposcopia ed esito degli esami istologici.
N
(90)
%
Classi di età
≤ 25
19
21,1
26-35
36
40
36-45
24
26,7
46-55
8
8,9
> 55
3
3,3
Negativo
2
2,2
Inadeguato
1
1,1
ASCUS/AGC
26
28,8
BCC
28
31,1
LSIL
26
28,9
HSIL
7
7,8
NTZ
49
54,4
ANTZ
5
5,6
Citologia
La distribuzione di frequenza dei 90 casi per classi di
età, per diagnosi citologica e colposcopia è riportata
nella Tabella I. Nella stessa Tabella è riportato l’esito
degli esami istologici contestuali al periodo in cui si è
manifestata l’infezione, comunque antecedenti al nostro
studio.
Nella coorte l’età media delle pazienti è stata di 34 ±
9,62 anni con una mediana di 32,5 ed un range di 20-64
anni.
Il primo rapporto sessuale è stato praticato all’età di
19,7 ± 3,87 anni, mediana 18 anni e range 15-29 anni.
La maggior parte delle donne esaminate ha avuto, nell’ultimo biennio, da uno a tre partner in successione,
mentre un numero ridottissimo ha avuto contemporaneamente due o più partner.
Nel 34% dei casi le pazienti hanno avuto nella loro
anamnesi una pregressa infezione virale con manifestazioni verrucose in ambito cutaneo-mucoso.
L’esposizione all’uso di estro-progestinici è stata pari al
20% del campione.
L’esposizione ad altre infezioni delle vie genitali ha
interessato il 50% circa dei casi.
Il DNA-HPV test è risultato negativo nel 20,9% del
campione selezionato, pari a 18/86 donne.
La prevalenza dell’infezione virale (in 86/90 donne,
pari al 95,6% del campione) è stata del 79,1%. Il 26,5%
risulta da ceppi HPV a basso rischio, mentre l’89,5% da
ceppi HPV ad alto rischio in singola infezione o associati a quelli a basso rischio.
I ceppi più espressi sono: il 6 (18,6%) tra quelli a basso
rischio e il 16 (30,2%) tra quelli ad alto rischio.
Nel 34,8% del campione è stata evidenziata un’infezione virale legata a più ceppi di HPV.
La frequenza dell’infezione virale in relazione alle fasce
di età è riportata nella Tabella II.
La correlazione tra le categorie citologiche e la frequenza, in esse, dell’infezione virale è riportata nella
Tabella III.
Esaminando in dettaglio le correlazioni esistenti tra le
varie categorie (citologica e colposcopica) e la positività dell’HPV-DNA test (confronto Tab. I e Tab. III), si
osserva che il 31,1% del campione (pari a 28/90 casi) è
stato inquadrato nella categoria BCC del sistema Bethe-
Colposcopia
ANTZ-G0
7
7,8
ANTZ-G1
17
18,9
ANTZ-G1/G2
8
8,9
ANTZ-G2
4
4,4
Negativo
50
55,6
Condilomi
15
16,7
CIN 1
13
14,4
CIN 2
2
2,2
CIN 3
8
8,9
CA
2
2,2
Istologia
sda 2001, tra queste sono risultate positive, all’infezione
virale, 22/28 donne, pari al 32,35% dei totali positivi,
evidenziando come tra le due metodiche (citologia ed
HPV test) vi sia un certo grado di discordanza.
Viceversa, nello stesso gruppo la concordanza con l’inquadramento colposcopico è stata del 57%, del 29% la
discordanza, e nel restante 14% non è stato possibile
nessun raffronto per mancanza di dati colposcopici
standard.
Il 65,5% del campione totale è stato inquadrato nelle
categorie di citologia anomala (ASCUS, LSIL, HSIL),
di questo, il 65% degli ASCUS, l’88,5% dei LSIL ed il
100% degli HSIL è risultato positivo al DNA-HPV test.
Tra gli ASCUS la concordanza con l’HPV test è del
65%, quella tra colposcopia ed HPV test risulta del
58,3%. Questo risultato porta al paradosso per cui negli
ASCUS con HPV test negativo c’è il 40% di colposcopia anomala, al contrario negli ASCUS con HPV test
positivo il 41,7% ha una colposcopia negativa.
L’INFEZIONE DA HPV
153
Tab. II. Frequenza dell’infezione virale in relazione alle fasce di età.
Classi di età
Frequenza
% globale
% basso rischio
% alto rischio
≤ 25
16
26-35
30
23,53
5,88
17,65
44,12
11,76
32,35
36-45
46-55
14
20,59
4,41
16,18
5
7,35
2,94
4,41
> 56
3
4,41
1,47
2,94
Tab. III. Correlazione tra le categorie citologiche e frequenza dell’infezione virale.
Classificazione citologica
Secondo Bethesda 2001
Numero casi
Negativo
% prevalenza virale globale
% HPV basso rischio
% HPV alto rischio
2
2,94
0
2,94
Inadeguato
1
1,47
0
1,47
ASCUS/AGC
17
25
2,94
22,06
BCC
22
32,35
11,76
20,59
LSIL
23
33,82
10,29
23,53
HSIL
3 (1)
4,41
1,47
2,94
Tab. IV. Correlazione tra alcune diagnosi citologiche e relativa biopsia ed HPV-DNA test.
Citologia
anomala
BCC: 1
Biopsia
negativa
Biopsia
positiva
HPV
negativo
HPV 16
negativa
+
Ca in situ
AGC: 1
ASCUS:3
1 caso
LSIL: 4
1 caso
HPV 31
HPV 33
HPV 56
+
+
HPV 58
HPV 6
+
+
2 casi:
+
+
+
+
CIN 1-2
3 casi:
+
+
+
+
+
+
CIN 2-3
HSIL:4
4 casi
+
+
+
CIN 3 Microinv
Nell’ambito della categoria LSIL, a fronte di un’alta positività al DNA-HPV test (88%), la colposcopia risulta
essere anomala solo nel 28% dei casi, normale o poco
significativa nel rimanente 72%.
La correlazione cito-istologica, che comunque non rientra
tra gli obiettivi di questo lavoro, è stata possibile solo in
14/90 casi, che comprendono lesioni intraepiteliali in cui
le Linee Guida Internazionali prevedono biopsie mirate e/
o escissionali (i risultati sono riportati nella Tabella IV).
Nello stesso gruppo delle 90 donne, si avevano a disposizioni esami istologici contestuali al periodo in cui si è
manifestata l’infezione (Tab. I), comunque antecedenti
il nostro studio.
La determinazione della proteina p16, eseguita su 90
casi, è stata valutata, con lo score di Wentzensen 5, da
due lettori esperti di citologia vaginale in strato sottile,
i cui risultati globali oggetto di una pubblicazione in
corso di stampa, sono qui anticipati per quanto attiene al
confronto con i risultati dell’HPV-RNA messaggero.
Discussione
Un primo significativo dato, proveniente dal raffronto
delle due casistiche, gruppo spontaneo e gruppo selezionato, è che nella fascia di età sotto i 25 anni, che
rappresenta circa il 20% dei campioni, la percentuale
globale dell’infezione virale si attesta tra il 20-24%
(Figg. 2 e 4).
Nella fascia di età 26-35 anni, che rappresenta oltre il
40% dei campioni, la percentuale globale dell’infezione
virale è tra il 40-44%, con espressione più elevata nel
gruppo di donne selezionate.
Nella fascia di età tra i 36-45, che rappresenta circa il
25% del campione, la percentuale globale dell’infezione
virale si attesta tra il 21-23%, con valori più bassi nel
gruppo selezionato.
In particolare nell’85% del campione la prevalenza del
HPV oscilla in termini percentuali dal 20% al 40%, con
la caratteristica che il picco più alto si ha nella fascia di
V. NIRCHIO ET AL.
154
Tab. V. Correlazione tra HPV-DNA test, relativo HPV-RNAm e contestuale determinazione della proteina p16.
Casi n°
9540
9906
10393
HPV-DNA
6-31
18
16
33-56
58
56
6-16
31-56
16-56
35
+
+
+
10819
+
10949
+
11646
11962
31-58
+
+
12503
+
13253
+
12575
+
13254
13684
+
14005
14086
14306
età compresa tra 26-35 anni, mentre si assiste ad un’apparente clearance spontanea, nella fascia di età successiva, con valori percentuali che si attestano su valori
propri della fascia di età antecedente (< 25 anni).
Considerando che l’età del primo rapporto sessuale,
dichiarato dalle donne del gruppo selezionato, è stato
mediamente attorno ai 18 anni, e la frequenza di rapporti
con più partner contemporaneamente è bassissima, si
evincerebbe, in accordo con altri dati della letteratura,
che l’infezione cervico-vaginale da HPV declina con
l’età, per l’acquisizione di resistenza immunitaria e/o
per il diminuire dei rapporti sessuali, e sarebbe indipendente dal numero di partner sessuali 6.
Un ulteriore dato, importantissimo per il bacino di utenza esaminato, è che nella provincia di Foggia la prevalenza dell’HPV è del 27,4% maggiore rispetto a quella
riferita in altre recenti pubblicazioni, che hanno studiato
la popolazione femminile di altre Province italiane, i cui
valori si attestano tra l’8,7% ed il 19,7% 7-9.
La prevalenza del ceppo virale 16, ad alto rischio, pari
al 30,2% del campione positivo esaminato, è più alta di
quella riscontrata in altri lavori, relativi a diverse Province
italiane, in cui il valore riportato si attesta rispettivamente
sul 14,18% e sull’8,7% 7 8, allineandosi il nostro dato attualmente solo a quanto trovato da Ronco et al. (32,6%) 7.
La co-infezione contemporanea di più ceppi virali, pari
al 21,1%, è molto lontana da quanto riportato da Verteramo et al. 8, ma di poco superiore ad altri risultati,
riportati in letteratura, che si attestano sul 20% circa.
I ceppi maggiormente espressi, nelle infezioni multiple,
sono il 16 ed il 56.
Il ceppo virale 18, ad alto rischio, è marcatamente sottoespresso, in entrambe le casistiche 10 11.
Al contrario, sono presenti ceppi virali, quali il 39, 52,
56, 58 e 59, ritenuti rari alle nostre latitudini 12, ma che
+
+
+
HPV-RNAm
Score p16
negativo
1
negativo
0
positivo
0
negativo
0
negativo
0
negativo
0
negativo
0
negativo
1
Indeterm.
0
negativo
0
negativo
0
negativo.
0
positivo
0
negativo
0
negativo
0
comunque pongono problematiche diagnostiche, quando si vuole indagare l’integrazione virale con indagini di
biologia molecolare più sofisticate, quali HVP-RNAm.
Tale difficoltà ad indagare con un più ampio pannello
di sonde l’eventuale integrazione virale nella cellula,
riqualifica la determinazione della p16, che è sempre
correlata con una citologia anomala di alto grado (HSIL,
carcinoma in situ), rendendo più elevata la specificità e
la sensibilità del Pap test (Tab. V) 5 13.
Infine, l’analisi dei reperti morfologici, nel campione
selezionato, sia citologici, che colposcopici, come pure
il confronto tra loro e le indagini di biologia molecolare
ci consentono, per il gruppo etichettato come BCC (secondo il sistema Bethesda 2001) di formulare la seguente ipotesi preliminare:
– infezione virale sub-clinica (positività per HPV,
morfologia citologica e colposcopia negative) nel
31% dei casi;
– errore di campionamento della sede del prelievo cervico-vaginale.
Nella prima ipotesi, la più probabile, l’infezione virale
è stata evidenziata con metodica con alta sensibilità, ma
che non riesce a discriminare le portatrici con alta carica
virale dalle malate, inoltre, non è in grado di predire la
percentuale di donne, che positive al virus, lo elimineranno nei due anni successivi per mutate condizioni
immunitarie 14.
Pertanto, a nostro parere, per quanto appena detto e per
l’elevato numero di donne, 1:5 del nostro campione, con
carica virale positiva, riteniamo inopportuno effettuare
la ricerca indiscriminata del HPV, particolarmente nella
fascia di età al di sotto dei 25 anni 14-16, indipendentemente dalla clinica e dal reperto morfologico.
Inoltre, dai dati anamnestici ricavati dai questionari
anonimi, si desume che un terzo delle donne intervistate
L’INFEZIONE DA HPV
ha ammesso di aver avuto in passato verruche in sedi
muco-cutanee, e dai dati della letteratura, si evince che
l’infezione virale del tratto genitale femminile esterno è
frequente anche nelle bambine e, raramente, si associa
ad abusi sessuali 17.
La concordanza tra citologia e biologia molecolare aumenta nelle lesioni intraepiteliali di basso ed alto grado
(LSIL, HSIL).
In questo gruppo, al contrario, il monitoraggio citologico e colposcopico con la determinazione della carica
virale, nonché la sua tipizzazione, consentono al clinico
un corretto approccio terapeutico, conforme alle Linee
Guida Internazionali.
Conclusioni
I risultati del presente lavoro confermano che l’approccio più appropriato nell’infezione da HPV deve iniziare
155
con l’indagine citologica seguita dalla colposcopia nelle
lesioni ASCUS positive, con eventuale indagine di
biologia molecolare, anche sintetizzando le fasi con un
unico passaggio, nel caso di storia clinica-anamnestica
sospetta.
Oggi è possibile, con la citologia in strato sottile, utilizzare in modo duttile e molteplice lo stesso materiale,
campionato da operatori esperti, per metodiche diverse.
L’analisi degli acidi nucleici virali quale approccio
iniziale o test di screening, come suggerito nell’ampio
lavoro del gruppo di lavoro italiano sulle nuove tecnologie applicate allo screening cervicale 18 va valutato
in termini di rapporto costi/benefici, anche in considerazione della futura introduzione dei vaccini per HPV
accanto allo screening 19-21.
Inoltre ai fini epidemiologici statistici è opportuna una
raccolta coordinata dei dati almeno su base regionale,
mantenendo metodiche e risultati conformi a classificazioni ed a standard internazionali.
Bibliografia
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ARTICOLO
ORIGINALE
Carcinoma della mammella con diametro inferiore ad
1 cm. Caratterizzazione bio-morfologica: ER, PgR, Ki67,
HER-2/NEU, MDV, MAGS, p53, EGF-R
Breast cancer less than 1 cm: Bio-morphologic characterization with ER, PgR,
Ki67, HER-2/NEU, MDV, MAGS, p53, EGF-R
S. MARASÀ, G. SCIANCALEPORE*, L. MARASÀ
U.O. Anatomia Patologica ARNAS Civico “G. Di Cristina, M. Ascoli”, Palermo;
*
Dipartimento di Anatomia Patologica Policlinico universitario “P. Giaccone”, Palermo
Parole chiave
Carcinoma mammario • pT1a • pT1b • Caratterizzazione
biomorfologica
Riassunto
Key words
Breast cancer • pT1a • pT1b • Bio-morphologic characterization
Summary
Il carcinoma della mammella rappresenta il tumore maligno più
comune e la principale causa di morte nella popolazione femminile occidentale e la sua incidenza è in continuo aumento pur senza
incremento dell’indice di mortalità. Negli ultimi dieci anni, infatti, è aumentata l’incidenza del cancro della mammella di misura
inferiore a 1 cm (pT1a, PT1b della stadiazione TNM).
Dopo un’analisi dettagliata, il Nottingham / Tenovus Primary
Breast Cancer Study ha dimostrato che le dimensioni del tumore
costituiscono un fattore prognostico significativo ed indipendente
per il carcinoma mammario.
Abbiamo selezionato 360 casi non consecutivi di carcinoma
duttale mammario, metà di questi con diametro inferiore a 1 cm
(pT1a-PT1b); l’altra metà con dimensioni tra 1 e 2 cm (pT1c).
Il grading istologico è stato valutato secondo il metodo classico
di Scarff Bloom Richardson, senza grado di Nottingham. Le
determinazioni immunoistochimiche per valutare l’espressione di
ER, PgR, Ki-67, Her2/Neu,CD34, p53, EGFR sono state eseguite
con metodo automatico. I risultati ottenuti hanno evidenziato
differenze significative tra i casi pT1a-b e pT1c, contribuendo a
dimostrare che le dimensioni del tumore rappresentano un importante fattore prognostico, in particolare nei casi senza metastasi
nodali linfonodi (N0).
Breast carcinoma is the most common malignant tumour and
the main cause of carcinoma death in women. There has been
a sharp increase in the detection of breast carcinoma, although
mortality is still unvaried. In the last ten years the incidence of
breast cancer measuring less than 1 cm, corresponding to pT1a,
pT1b in TNM stadiation, has greatly increased.
The present study describes the biologic characterisation of
small breast carcinomas. the Nottingham/Tenovus Primary
Breast Cancer Study stated that tumour size is a significant,
independent factor for breast cancer prognosis. Cases were
selected among formalin-fixed, paraffin-embedded tissues from
360 ductal breast cancers.
In one-half of cases, the tumour was less than 1 cm in diameter,
pT1a- pT1b; in the other half the tumour size was greater than 1
cm, but less than 2 cm, pT1c. Histological grading was assessed
with the Scarff-Bloom-Richardson method, without Nottingham
grade. Immunohistochemical determinations for ER, PgR, Ki-67,
Her-2/Neu,CD34, p53, EGFR were done with an automated method.
From the above analyses, it was demonstrated that the tumour size is
indeed an important prognostic factor, particularly in cases without
lymph node metastasis (N0). In particular, we observed significant
differences between pT1a-b and pT1c cases, confirming that tumour
size is an important criterion for prognostic valuation in ductal
breast cancer without lymph node metastasis.
Introduzione
geografica, l’Italia con circa 40.000 nuovi casi annui
si pone di poco al di sotto dei valori europei 1. I dati
dei registri tumori italiani evidenziano un’ampia variabilità, con valori inferiori al 30% nelle Regioni del
Sud rispetto alle Regioni del Nord 2. L’incidenza del
carcinoma della mammella aumenta con l’età, inoltre la
Il carcinoma della mammella rappresenta il tumore
maligno più comune e la principale causa di morte nella
popolazione femminile occidentale. L’incidenza del
cancro della mammella presenta un’ampia variabilità
Corrispondenza
dott.ssa Grazia Sciancalepore, via Filippo Marini 16, 90128 Palermo - E-mail: [email protected]
CARCINOMA DELLA MAMMELLA CON DIAMETRO INFERIORE AD 1 CM
tendenza all’incremento dell’incidenza nelle ultime decadi è riconducibile sia a fenomeni generazionali sia alla
tempestività della diagnosi, in relazione alle campagne
di screening. La diagnostica strumentale ha assunto un
ruolo fondamentale per una diagnosi precoce di carcinoma mammario, ed in particolare lo screening mammografico ha permesso di effettuare diagnosi di forme
subcliniche non palpabili di carcinoma mammario, ossia
di neoplasie con un diametro massimo inferiore ad 1 cm
(pT1a-b) 3-5.
In questi casi sono solitamente preferite le procedure
chirurgiche conservative con radioterapia complementare, completate da somministrazione di terapia medica adiuvante con sostanze antiblastiche e/o ormonali
utilizzate allo scopo di eradicare le micrometastasi
eventualmente presenti già al momento della diagnosi
e responsabili della ripresa di malattia. L’analisi combinata dei dati derivanti da numerosi studi clinici ha confermato che la terapia adiuvante è in grado di migliorare
in maniera rilevante la sopravvivenza libera da malattia,
e la sopravvivenza complessiva delle pazienti affette
da cancro della mammella operabile. I criteri utilizzati
per la pianificazione della terapia adiuvante trovano
riscontro nei fattori prognostici impiegati per valutare il
rischio di ricaduta, tra questi le dimensioni del tumore,
lo stato dei linfonodi ascellari, lo stato recettoriale, il
grading istologico, la cinetica proliferativa delle cellule
neoplastiche e l’eventuale iperespressione di oncogeni
come HER-2 e p53.
Abbiamo eseguito a tal proposito la valutazione dei
fattori prognostici su menzionati su 360 casi di carcinoma mammario pT1 ed è emerso, a conferma della
letteratura recente, che i tumori pT1a-b mostrano una
prognosi nettamente favorevole rispetto ai casi pT1c e
che potrebbero essere uniformati in un’unica categoria,
con prognosi nettamente favorevole.
Materiali e metodi
Abbiamo selezionato 360 casi non consecutivi di carcinoma duttale mammario, tutti di dimensioni inferiori
a 2 cm, raccolti tra il 1991 ed il 2000. L’età delle pazienti era compresa tra 35 e 55 anni, con un’età media
di 45 e mediana di 42. In tutti i casi è stata praticata la
linfadenectomia ascellare, e sono stati isolati almeno
16 linfonodi da ogni caso. Di questi 360 casi 180 erano rappresentati da tumori con un diametro massimo
compreso tra 1 e 2 cm (pT1c) e 180 con un diametro
massimo inferiore ad 1 cm, pT1a-b, ed in particolare
34 con diametro inferiore a 0,5 cm (pT1a) e 146 con
diametro massimo compreso tra 0,5 e 1 cm (pT1b). Il
loro grading istologico è stato valutato secondo il metodo classico di Scarff Bloom Richardson, senza grado
di Nottingham. Le determinazioni immunoistochimiche
per valutare l’espressione di ER, PgR, Ki-67, Her2/Neu,
CD34, p53, EGFR sono state eseguite con metodo automatico (immunocoloratore Ventana, mod. Bench-mark
XT). I casi con percentuale di cellule proliferanti Ki-67
157
positive sono state considerate “altamente proliferanti”.
La valutazione quantitativa e qualitativa della neovascolarizzazione è stata effettuata tramite l’espressione
del CD34.
Risultati
È stato dimostrato che la dimensione del tumore nel carcinoma mammario rappresenta uno dei principali fattori
prognostici, specie nei casi in cui non ci siano linfonodi
metastatici; comunque nonostante sia il principale fattore non è certo il solo, sarà dunque necessario valutare
altri fattori che consentano un giudizio prognostico più
preciso. Nel nostro studio abbiamo deciso di valutare,
oltre la dimensione (Tab. Ia) ed il grading istologico
(Tab. Ib), l’espressione di recettori per estrogeni (Tab.
IIa, Fig. 1) e per progesterone (Tab. IIb, Fig. 2), l’attività proliferativa tramite la positività al Ki-67 (Tab. III,
Fig. 3), l’iperespressione di Cerb-B2 (Tab. IVa, Fig.
4) e l’espressione del recettore per Epidermal Growth
Factor (Tab. IVb, Fig. 5), l’iperespressione dell’onco-
Tab. Ia. Distribuzione dei casi secondo TNM: dimensione tumore.
pT1a
pT1b
pT1c
pT1 tot
34
146
180
360
9,5
40,5
50
100
Tab. Ib. Distribuzione dei casi secondo TNM: grading istologico.
pT1a
pT1b
pT1c
pT1 tot
Casi G1
20
35
48
103
% casi G1
5,5
9,7
13,3
28,6
Casi G2
14
82
98
194
% casi G2
3,8
22,7
27,2
53,9
0
29
34
63
8,0
9,4
17,5
Casi G3
% casi G3
Tab. IIa. Distribuzione dei casi secondo l’espressione dei recettori
ormonali: estrogenici.
Casi ER+
% casi ER+
Casi ER% casi ER-
pT1a
pT1b
pT1c
pT1 tot
33
118
106
257
12,9
45,9
41,2
100
1
28
74
103
0,9
27,2
71,9
100
Tab. IIb. Distribuzione dei casi secondo l’espressione dei recettori
ormonali: progestinici.
pT1a
Casi PgR+
% casi PgR+
Casi PgR% casi PgR-
pT1b
pT1c
pT1 tot
28
106
98
232
12,1
45,6
42,3
100
6
40
82
128
4,7
31,2
64,1
100
S. MARASÀ ET AL.
158
Tab. III. Distribuzione dei casi secondo l’indice di proliferazione
cellulare: Ki-67.
pT1a
Casi Ki-67+
pT1b
pT1c
pT1 tot
5
23
57
85
% casi Ki-67+
5,9
27,1
67,0
100
Casi Ki-67-
29
123
123
275
10,6
44,7
44,7
100
% casi Ki-67-
Fig. 1. Positività nucleare al ER.
Tab. IVa. Distribuzione dei casi secondo l’espressione dei recettori per i fattori di crescita: c-erbB-2.
pT1a
Casi c-erbB-2+
pT1b
pT1c
pT1 tot
1
26
41
68
% casi c-erbB-2+
1,5
38,2
60,3
100
Casi c-erbB-2-
33
120
139
292
11,3
41,1
47,6
100
% casi c-erbB-2-
Fig. 2. Positività nucleare al PgR.
Tab. IVb. Distribuzione dei casi secondo l’espressione dei recettori per i fattori di crescita: EGF-R.
pT1a
pT1b
pT1c
pT1 tot
1
15
42
58
% casi EGF-R+
1,7
25,9
72,4
100
Casi EGF-R–
33
131
138
302
10,9
43,4
45,7
100
Casi EGF-R+
% casi EGF-R–
Tab. V. Distribuzione dei casi secondo l’espressione dell’oncoproteina p53.
pT1a
Casi p53+
pT1b
pT1c
Fig. 3. Attività proliferativa rivelata tramite positività al Ki-67.
pT1 tot
3
15
30
48
% casi p53+
6.2
31.3
62,5
100
Casi p53-
31
131
150
312
% casi p53-
9.9
42
48,1
100
proteina p-53 (Tab. V, Fig. 6) l’indice di neovascolarizzazione (Tab. VI, Fig. 7). Abbiamo osservato, come si
evince dalle Tabelle, una netta differenza di espressione
di fattori prognostici sfavorevoli nei casi pT1c, quindi in
neoplasie con diametro massimo superiore ad 1 cm, ri-
Tab. VI. Distribuzione dei casi secondo l’indice di attività angiogenica.
pT1a
pT1b
pT1c
Pt1 tot
2
37
132
171
% casi MDV > 16; MAGS > 30
1.2
21,6
77,2
100
Casi MDV < 16; MAGS < 30
32
109
48
189
16,9
57,7
25,4
100
Casi MDV > 16; MAGS > 30
% casi MDV < 16; MAGS < 30
CARCINOMA DELLA MAMMELLA CON DIAMETRO INFERIORE AD 1 CM
Fig. 4. Iperespressione di C-erb B2.
spetto ai casi pT1a e b, uniformabili dunque in un’unica
categoria, con prognosi favorevole.
Discussione
Il carcinoma della mammella rappresenta il tumore maligno più comune e la principale causa di morte nella popolazione femminile occidentale. Tuttavia negli anni si è assistito ad un incremento dell’incidenza senza consensuale
incremento della mortalità, ciò in relazione alle campagne
di screening che hanno consentito di effettuare diagnosi di
carcinoma mammario in fase precoce, quando la neoplasia
presenta un diametro massimo inferiore ad 1 cm (pT1a-b),
e fase in cui gode di un’ottima prognosi. In questi casi sono
solitamente preferite le procedure chirurgiche conservative
con radioterapia complementare completate da somministrazione di terapia medica adiuvante in grado di migliorare in maniera rilevante la sopravvivenza libera da malattia
e la sopravvivenza complessiva delle pazienti affette da
cancro della mammella operabile. I criteri utilizzati per
la pianificazione della terapia adiuvante trovano riscontro
nei fattori prognostici impiegati per valutare il rischio di
ricaduta, e tra questi i più indicativi sono le dimensioni del
tumore, lo stato dei linfonodi ascellari, lo stato recettoriale,
Fig. 5. Positività al EGF-R.
159
Fig. 6. Iperespressione di p53.
il grading istologico, la cinetica proliferativa delle cellule
neoplastiche e l’eventuale iperespressione di oncogeni
come HER-2 e p53. HER-2 è un membro della famiglia
dei recettori per il fattore di crescita epidermico, coinvolto
nell’incremento dei segnali di proliferazione e metastatizzazione delle cellule neoplastiche. Esso è iperespresso
nel 30% dei casi di carcinoma mammario 6-9 ed in queste
pazienti la sopravvivenza ed il tempo libero da malattia
sono significativamente ridotti rispetto alle pazienti che
non presentano tale iperespressione 10 11. L’iperespressione
di HER2 potrebbe essere associata con la ridotta efficacia
della terapia ausiliaria endocrina con tamoxifen 12-14. De
Laurentiis et al. recentemente hanno condotto una metaanalisi dalla quale hanno dedotto che il cancro mammario
metastatico HER2-positivo era meno sensibile a reagire a
qualunque tipo di terapia endocrina 15. Uno studio condotto
su 3000 pazienti affette da neoplasia maligna primitiva
della mammella ha evidenziato la mutazione del gene p53
o l’iperespressione del relativo prodotto della proteina nel
14-52% dei casi con prognosi infausta 16. Recentemente è
stata anche analizzata l’espressione di HER2, di p53 e di
Ki67 in carcinomi duttali infiltranti ed è stata riscontrata
la coesistenza di accumulo di HER2 e della proteina p53,
indicatore molecolare prognostico significativo nel cancro
Fig. 7. Attività neoangiogenetica rivelata tramite positività al
Fattore VIII.
S. MARASÀ ET AL.
160
mammario 17. Quasi un terzo di tumori della mammella ha
mutazioni del gene p53 che si associano con alto grado
istologico e rapida progressione 18. La proteina p53 è un fattore di trascrizione che regola il ciclo cellulare e ricopre la
funzione di oncosoppressore, essa interviene in molti meccanismi anti-tumorali, tra cui l’attivazione della riparazione
del DNA danneggiato, il blocco del ciclo cellulare nel
punto di regolazione G1/S o l’avvio del processo di apoptosi nel caso il danno al DNA sia irreparabile. Può dunque
indurre l’arresto della crescita cellulare, l’apoptosi e la
senescenza delle cellule. Nelle cellule normali p53 è solitamente inattiva, legata alla proteina MDM2 che la inibisce
e ne promuove la degradazione. L’apoptosi rappresenta
uno dei meccanismi sfruttati dai trattamenti antitumorali.
Le cellule con perdita della funzione del gene p53 sono
resistenti a tali farmaci 19. Sono stati pubblicati vari studi
che hanno esaminato il valore prognostico determinato
dalle alterazioni della p53 al livello del gene, o il grado di
espressione di p53 attraverso l’immunoistochimica (IHC),
per poter prevedere la risposta alla chemioterapia. Molti di
questi studi hanno evidenziato che le alterazioni della p53
possono avere un certo valore predittivo rispetto la resistenza alle antracicline 20-26, alla ciclofosfamide, al methotrexate
ed al fluorouracile 27-29. Mentre un solo studio ha segnalato
il valore predittivo della p53 riguardo alla resistenza alla
terapia endocrina 30. La terapia endocrina è il trattamento
più importante e più utilizzato nelle donne con il cancro
mammario con positività per i recettori ormonali. Proprio
per questa ragione è stata posta particolare attenzione sui
meccanismi che possono indurre resistenza al trattamento
endocrino e che coinvolgono il recettore dell’estrogeno
(ER), proteine co-regolatrici e meccanismi cross-reattivi
fra ER ed altre interazioni tra i vari fattori di crescita. Tuttavia i fattori ed i meccanismi responsabili della resistenza
alla terapia endocrina ancora non sono stati del tutto chiariti. Si è ipotizzato che esistessero diverse specifiche proteine
coinvolte in questi processi di resistenza.
Il recettore dell’estrogeno (ER) è stato per anni protagonista degli studi sul cancro mammario ormone-sensibile,
grazie ai successi clinici dell’antiestrogeno tamoxifen
e, più recentemente, degli inibitori dell’aromatasi 31. Il
recettore del progesterone (PgR), prodotto da un singolo gene ER-regolato, soprattutto è stato considerato
fino a poco tempo fa come indicatore della risposta
dell’estrogeno. L’azione del PgR, quindi, in gran parte
è stata trascurata come fattore indipendente nella proliferazione e/o nella sopravvivenza dell’epitelio ghiandolare mammario normale o neoplastico. Recenti studi,
tuttavia, hanno rammentato che il progesterone media la
proliferazione alveolare durante lo sviluppo mammario
della ghiandola nel topo 32, dove le isoforme del PgR
inducono l’espressione di potenti molecole mitogeniche,
compreso Wnts 33. Negli esseri umani, inoltre, il picco di
proliferazione mammaria delle cellule epiteliali e la presenza di figure mitotiche coincide con i livelli elevati del
progesterone che si presentano durante la fase luteale del
ciclo uterino 34 35. Recentemente numerosi studi clinici
hanno riconosciuto l’esposizione al progesterone durante
la terapia ormonale sostitutiva (HRT) come fattore di
rischio importante per l’insorgenza del cancro mammario 36. Le donne in menopausa che hanno ricevuto HRT
contenente estrogeno e progesterone hanno presentato,
di fatto, aumento dell’incidenza del cancro rispetto a
coloro che hanno ricevuto soltanto l’HRT estrogenetico
o il placebo, ed in quel caso i tumori rilevati erano più
grandi e di più alto grado 37 38. Il meccanismo di questi
effetti è tuttora sconosciuto. Le progestine non sono
considerate agenti cancerogeni. L’esposizione a HRT
estro-progestinico, tuttavia, può favorire l’insorgenza dei
tumori subclinici o silenti e/o contribuire ad aumentare
la densità del parenchima mammario, ritardando così la
diagnosi del tumore. Questi dati sottolineano la necessità
di una maggiore comprensione della risposta cellulare al
progesterone, tramite l’attivazione del PgR. I geni che
attivano il PgR includono i regolatori chiave del ciclo
cellulare (cicline D ed E), alcuni componenti della famiglia dell’EGFR ed alcuni mediatori critici dei processi di
crescita (Wnts), che sono associati frequentemente con le
neoplasie maligne della mammella.
I risultati del nostro studio, a conferma dalla letteratura
esistente in merito ai tumori mammari in fase precoce, hanno dimostrato come sebbene il più importante
indice prognostico sia la dimensione del tumore, altri
fattori devono essere valutati per meglio predire l’andamento della malattia e soprattutto per far fronte alla
gran variabilità di comportamento biologico propria
di questo tipo di neoplasie, tenuto conto anche che
l’analisi di alcuni di questi fattori assume oggi un
importante ruolo nella successiva scelta terapeutica,
specie in caso di neoplasie in fase precoce. La valutazione dei fattori prognostici in precedenza descritti
su 360 casi di carcinoma mammario pT1 ha ulteriormente confermato che i tumori pT1a-b mostrano una
prognosi nettamente favorevole rispetto ai casi pT1c e
che potrebbero essere uniformati in un’unica categoria,
con prognosi nettamente favorevole.
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ARTICOLO
ORIGINALE BREVE
Biopsia mammaria “vacuum-assisted” per la diagnosi
di lesioni non palpabili: descrizione dei primi 226 casi
Vacuum-assisted breast biopsy for diagnosis of non-palpable lesions:
experience with 226 cases
M. NEBULONI* **, R. AMADORI***, C. ANTONACCI**, R.S. ROSSI**, A. SARTANI****, A. DE SIMONE****; F. CORSI****;
R. BIANCO***; M.A. NOSENZO****, E. TRABUCCHI* ****, G. VAGO* **
*
Dip. di Scienze Cliniche “Luigi Sacco”, Università di Milano; ** U.O. di Anatomia Patologica; *** U.O. di Radiologica;
****
Dip. Chir-Onc-Gastroenterologico, Azienda Ospedaliera “Luigi Sacco”, Milano
Parole chiave
Mammella • Biopsia mammaria “vacuum-assisted” • Lesioni
mammarie non palpabili
Riassunto
Key words
Breast • Vacuum-assisted breast biopsy • Non-palpable breast
lesions
Summary
La biopsia con aspirazione forzata “vacuum-assisted” viene
utilizzata sempre con maggior frequenza nella diagnosi delle
lesioni mammarie non palpabili. Questo studio riporta i risultati
dei primi 226 casi effettuati presso l’Ospedale “Sacco” di Milano
da novembre 2005 a luglio 2007, 198 (87,6%) sotto guida stereotassica e 28 (12,4%) sotto guida ecografica. In 225 casi (99,6%)
il materiale prelevato ha consentito una valutazione istologica.
La diagnosi è stata: tessuto mammario normale in 9 casi (4%),
lesione benigna in 97 (43%), “lesione a comportamento incerto”
in 25 (11%), “lesione sospetta” in 4 (2%) e “lesione maligna” in
90 (40%, di cui 53 carcinomi in situ e 37 carcinomi infiltranti).
Trentotto casi con diagnosi di “lesione maligna” (42,2%) sono
stati operati nel nostro centro; la concordanza diagnostica biopsia/pezzo operatorio è stata del dell’84,2% (32 casi). Dei 6 casi
discordanti, solo 2 rappresentano una reale sottostima bioptica
(carcinoma in situ bioptico vs. carcinoma infiltrante del pezzo
operatorio). In conclusione, la VABB si è dimostrata essere ben
tollerata (in un unico caso si è verificato un ematoma in sede di
biopsia), di rapida e facile esecuzione e molto efficace per la diagnosi istologica di lesioni mammarie non palpabili. La procedura
consente di evitare interventi chirurgici a scopo diagnostico e di
programmare una strategia terapeutica mirata.
Vacuum-assisted breast biopsy (VABB) is now available for
non-palpable lesions. The present study describes the results
obtained from 226 consecutive VABBs performed at “L. Sacco”
Hospital, Milan, from November 2005 to July 2007 (198 stereotactic and 28 ultrasonographic procedures). Adequate tissue
samples for histopathological evaluation were obtained in 225
cases (99.6%). The diagnoses were as follows: 9 normal tissues
(4%), 97 benign (43%), 25 “probably benign” (11%), 4 “suspicious for malignancy” (2%) and 90 malignant (40%, 53 in situ
and 37 infiltrating carcinoma). Of the 90 malignant cases, 38
(42.2%) underwent subsequent surgical excision in our Unit;
84.2% (32/38) had concordant histopathological findings. In
conclusion, VABB is an accurate and safe technique for diagnosis of non-palpable lesions, and in experienced hands avoids
unnecessary surgical procedures.
Introduzione
ridurre gli interventi chirurgici non necessari 1 2. Fino a
qualche anno fa l’iter diagnostico del carcinoma della
mammella comprendeva l’agoaspirato, sia sotto guida
ecografica che stereotassica, e la core-biopsy. Sebbene
l’agoaspirato con conseguente esame citologico sia
una metodica semplice da eseguire e poco costosa, non
è esente da un elevato tasso di inadeguati, soprattutto
quando le lesioni sono rappresentate radiologicamente
da microcalcificazioni oppure distorsioni parenchi-
Il carcinoma della mammella rappresenta la neoplasia
più frequente nel sesso femminile. L’ampia diffusione
dello screening mammografico ha portato all’identificazione di lesioni mammarie sospette o maligne in fase
molto precoce ma ha altresì posto il problema dell’individuazione di metodiche diagnostiche per tali lesioni
che siano altamente sensibili e specifiche in modo da
Corrispondenza
Ringraziamenti
Gli Autori ringraziano la Fondazione “Romeo ed Enrica Invernizzi” per aver contribuito al finanziamento dello studio.
Dott.ssa Manuela Nebuloni, U.O. Anatomia Patologica, Ospedale
“Luigi Sacco”, Dip. di Scienze Cliniche “Luigi Sacco”, Università
di Milano, via G.B. Grassi 74, 20157 Milano, Italy - Tel. +39 02
3904235048 - E-mail: [email protected]
BIOPSIA MAMMARIA “VACUUM-ASSISTED” PER LA DIAGNOSI DI LESIONI NON PALPABILI
mali 3. La core-biopsy è stata utilizzata per molti anni
come alternativa alla biopsia chirurgica ed in mani
esperte può costituire un valido strumento diagnostico;
nonostante ciò, la percentuale di falsi negativi e di sottostime di questa tecnica non è trascurabile (3-56%) 1 4.
La biopsia con aspirazione forzata “vacuum-assisted”
(Vacuum-assisted breast biopsy – VABB), sotto guida
stereotassica o ecografica, è disponibile da alcuni anni
e viene utilizzata con sempre maggiore frequenza nella
diagnosi delle lesioni mammarie non palpabili, soprattutto microcalcificazioni 1 5. Tale metodica consente di
prelevare, in anestesia locale e con un unico ingresso
dell’ago, numerosi frustoli di tessuto riducendo i falsi
negativi e i campioni inadeguati 1 5.
Questo lavoro riporta i risultati dei primi 226 casi di
VABB, effettuati nel nostro centro presso l’Azienda
Ospedaliera “Luigi Sacco” di Milano.
Casistica
Da novembre 2005 a luglio 2007, abbiamo effettuato
226 VABB su lesioni mammarie non palpabili, 198
(87,6%) sotto guida stereotassica e 28 (12,4%) sotto
guida ecografica. La scelta della guida ecografica è stata
riservata a quelle pazienti con lesioni nodulari ecovisibili e precedente esame citologico inadeguato o dubbio.
Sono state escluse dall’approccio VABB le lesioni
163
francamente benigne alla mammografia e le lesioni percepibili ecograficamente, nelle quali sia stato possibile
effettuare un agoaspirato ecoguidato diagnostico.
L’età media delle pazienti di questo studio era di 58,6
anni (range 21-82 anni). In 178 casi (78,7%) si trattava
di microcalcificazioni, mentre nei restanti 48 (21,3%) le
lesioni erano opacità nodulari o distorsioni parenchimali. L’estensione delle lesioni variava da 0,3 cm a 10 cm
(media 1,61 cm) ed erano multifocali in 9 casi. Le lesioni
erano localizzate alla mammella di destra in 96 pazienti
(42,5%) e alla mammella sinistra in 130 pazienti (57,5%),
con una distribuzione ai quadranti esterni in 165 pazienti
(73%) e ai quadranti interni in 52 pazienti (23%); solo in
9 donne (4%) le lesioni erano localizzate in sede retroareolare. In 216 casi è stato utilizzato un ago bioptico da
11G mentre in 10 casi un ago da 8G. In 181 casi (80%)
è stato posizionato un repere magneto-compatibile, che
agevola la successiva valutazione mammografica o la
centratura pre-operatoria. Alla fine della procedura tutte
le pazienti hanno eseguito una mammografia di controllo,
per valutare l’esito delle biopsie, e, qualora posizionato,
per verificare la corretta sede del repere; in un unico caso
si è verificato un ematoma in sede di biopsia come complicanza minore.
Tutti i frustoli prelevati sono stati disposti su un supporto e sono stati radiografati; i prelievi con microcalcificazioni sono stati identificati. Infine, i frustoli sono stati
introdotti separatamente in altrettanti barattoli contenen-
Tab. I. Dati clinico-patologici: 226 pazienti.
Età media
Aspetto radiologico
58,6 anni (range 21-82 anni)
Microcalcificazioni: 78,7% (178/226)
Opacità nodulari: 21,3% (48/226)
Sede
Mammella destra: 42,5% (96/226)
Mammella sinistra: 57,5% (130/226)
Quadranti esterni: 73% (165/226)
Quadranti interni: 23% (52/226)
Sede retroareolare: 4% (9/226)
Procedura VABB
Guida mammografica: 87,6% (198/226)
Guida ecografica: 12,4% (28/226)
Ago bioptico
11G: 95,6% (216/226)
8G: 4,4% (10/226)
Adeguatezza del campionamento
Campioni adeguati: 99,5% (225/226)
Campioni inadeguati: 0,5% (1/226)
Valutazione istologica
B1: 4% (9/225)
B2: 43% (97/225)
B3: 11% (25/225)
B4: 2% (4/225)
B5: 40% (90/225; 53 ca in situ e 37 ca infiltranti)
Valutazione biopsia/pezzo operatorio
Concordanza diagnostica: 84,2%
Discordanza diagnostica: 15,8% (4 casi sottoposti a chemioterapia pre-operatoria e
2 casi di sottostima bioptica – ca in situ bioptico vs. ca infiltrante operatorio)
M. NEBULONI ET AL.
164
ti formalina tamponata al 10% ed inviati in Anatomia
Patologica.
I tessuti sono stati fissati a temperatura ambiente per
24 ore e poi inclusi in paraffina. La diagnosi istologica
è stata effettuata su sezioni di 3 μm colorate con Ematossilina-Eosina. Per i frustoli con microcalcificazioni
(identificati dopo radiografia) sono state effettuate multiple sezioni seriate di 3 μm ciascuna.
Per la valutazione istologica è stato utilizzato il Sistema a categorie B (EGQAMS Luxembourg: European
Commission; 1996; rev. 2005) 6: B1 (tessuto normale),
B2 (lesione benigna), B3 (lesione a comportamento incerto), B4 (lesione a comportamento maligno sospetto)
e B5 (lesione maligna).
Risultati
In 225 casi (99,6%) il materiale prelevato ha consentito
una diagnosi istologica della lesione; in un unico caso si
è verificato un malfunzionamento dell’aspiratore che ha
portato a campioni tessutali inadeguati per una valutazione anatomopatologica.
La media del numero dei frustoli prelevati per ogni
paziente è stata di 8,2; in 55 casi (24,4%), a causa dell’estensione della lesione, è stato necessario effettuare
un numero aggiuntivo di campioni, per una media di
6,8. L’asportazione completa delle microcalcificazioni o
delle lesioni parenchimali, valutata dalla mammografia
post-bioptica, è stata ottenuta in 69 casi (30,6%).
Nove casi (4%) sono stati diagnosticati come B1, 97 casi (43%) come B2, 25 casi come B3 (11%), 4 casi come
B4 (2%) e 90 casi come B5 (40%).
Dei 97 casi diagnosticati come B2, 13 erano fibroadenomi mentre gli altri 84 mostravano lesioni classificabili
come iperplasia duttale tipica ed alterazioni fibrocistiche. Dei 25 casi diagnosticati come B3, 11 erano “radial scar”, 10 erano lesioni papillari e 4 avevano come
quadro dominante l’iperplasia duttale atipica. I 4 casi
identificati come B4 erano caratterizzati da minuscoli e
marginali quadri fortemente suggestivi ma non conclusivi per neoplasia. Infine, i 90 casi di neoplasia (B5) si
presentavano così suddivisi: 53 carcinomi in situ e 37
carcinomi infiltranti (di cui 29 carcinomi duttali NAS, 5
lobulari, 1 mucinoso, 1 papillare e 1 adenoidocistico).
Dei 90 casi B5, 38 (42,2%) sono stati operati nel nostro
centro, con una concordanza diagnostica biopsia/pezzo
operatorio dell’84,2% (32 casi). Nei 6 casi restanti
(15,8%) la diagnosi definitiva è stata discordante rispetto a quella bioptica: 4 pazienti sono state sottoposte
a chemioterapia pre-operatoria con risposta patologica
completa; in due pazienti la VABB ha sottostimato
lo stadio della lesione (carcinoma in situ bioptico vs.
carcinoma infiltrante del pezzo operatorio).
L’asportazione completa delle microcalcificazioni o
distorsioni parenchimali tramite VABB, valutata all’esame radiologico post-biopsia, è stata ottenuta in
8 delle 90 pazienti (8,9%) con lesione maligna, tutte
successivamente operate nel nostro centro; l’esito de-
finitivo dell’intervento chirurgico di queste 8 pazienti
ha identificato residui focolai neoplastici nel tessuto
mammario asportato.
Infine, una delle pazienti con diagnosi di B4 è stata
sottoposta ad intervento chirurgico nel nostro centro:
la diagnosi definitiva è stata di carcinoma duttale infiltrante NAS.
Discussione
Questo lavoro descrive i risultati delle prime 226 biopsie mammarie “vacuum-assisted” – VABB – effettuate
presso il nostro Centro. La tecnica, come riportato da
molti altri Autori, ha consentito di prelevare campioni
diagnostici in casi di lesioni non palpabili come microcalcificazioni e di distorsioni parenchimali 1 5. Inoltre,
nei casi di lesioni nodulari ecovisibili con precedente
esame citologico inadeguato, la VABB sotto guida ecografica ha consentito una diagnosi istologica e ha evitato
alle pazienti una biopsia chirurgica o una nodulectomia
a scopo diagnostico.
La concordanza biopsia/intervento operatorio nei casi
con lesione maligna è stata dell’84,2%. Dei casi non
concordanti, il 67% erano pazienti sottoposte a chemioterapia pre-operatoria con risposta patologica completa; il 33% (5,2% dei casi operati) avevano avuta una
diagnosi bioptica di carcinoma in situ ma con riscontro
di minimi focolai di infiltrazione nel tessuto asportato
durante l’intervento. Questi ultimi casi rappresentano
la reale sottostima diagnostica della procedura VABB
rispetto a quella ottenuta dalla procedura chirurgica;
tale eventualità è stata descritta da altri gruppi 1, con
però percentuali riportate inferiori rispetto a quella da
noi riscontrata. Infine, un dato interessante riguarda la
valutazione radiografica delle lesioni mammarie residue post-biopsia. Nel nostro centro, tutte le pazienti
sono state sottoposte a mammografia dopo VABB che,
in circa il 9% delle pazienti con lesioni maligne, ha dato esito negativo ad indicare la completa asportazione
bioptica delle lesioni visibili radiologicamente. Queste
pazienti sono state tutte operate nel nostro centro e
l’esito definitivo dell’intervento chirurgico ha invece
identificato residua neoplasia nel tessuto mammario
asportato.
La biopsia “vacuum-assisted”, con un unico ingresso
dell’ago, consente il prelievo di un numero di frustoli superiore a quello ottenibile con la core-biopsy, e
l’aspirazione forzata che viene esercitata permette di
eliminare il sangue e di mantenere intatta la struttura
dei tessuti 1 5. Infine, tale procedura consente di lasciare
in sede un repere metallico magneto-compatibile utile
per la successiva valutazione mammografica o centratura chirurgica, ultimamente ancora più facilitata dalla
possibilità di utilizzare reperi ecovisibili, in quanto associati a capsula di carbonio. Inoltre, i reperi metallici,
precedentemente in nichel, sono attualmente in lega di
titanio, così da essere ben tollerati anche dalle pazienti
allergiche.
BIOPSIA MAMMARIA “VACUUM-ASSISTED” PER LA DIAGNOSI DI LESIONI NON PALPABILI
In conclusione, la biopsia mammaria “vacuum-assisted” si
è dimostrata essere ben tollerata dalle pazienti, di rapida e
facile esecuzione e molto efficace per la diagnosi istologi-
165
ca di lesioni mammarie non palpabili. La procedura consente di evitare interventi chirurgici a scopo diagnostico e
di programmare una strategia terapeutica mirata.
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CASE
REPORT
Cutaneous gamma-delta T-cell lymphoma arising
in the setting of Behcet’s disease
Linfoma cutaneo a cellule T gamma-delta insorto nello scenario
della malattia di Behcet
I. CHELLY, F. LIMAÏEM, A. MEKNI, S. BELLIL, K. BELLIL, I.B. GHORBEL, S. HAOUET, M. ZITOUNA, N. KCHIR
Department of Pathology, Hospital “La Rabta”, 1007 Bab Saadoun Tunis
Key words
Gamma-delta T-cell • Cutaneous lymphoma • Behcet’s disease •
Immuohistochemistry
Summary
Parole chiave
Cellule T gamma-delta • Linfoma cutaneo • Malattia di Behcet •
Immunoistochimica
Riassunto
Cutaneous γ-δ T-cell lymphoma (CGD-TCL) is an uncommon
lymphoma composed of a clonal proliferation of mature activated γ-δ T-cells expressing a cytotoxic phenotype. Malignant
lymphoma is rarely associated with Behcet’s disease, as only
12 cases have been reported in the literature, including a case of
cutaneous T-cell lymphoma. In this report, the authors present
a new case of CGD-TCL emerging in the course of Behcet’s
disease in a 40-year-old man. Diagnosis of CGD-TCL was
established based on the combination of clinical, histological,
immunophenotypical and molecular findings. Through a review
of the current literature, the authors analyse the unique clinicopathological, molecular and immunohistochemical features of
this rare cutaneous lymphoma.
Il linfoma cutaneo a cellule T γ-δ (CDG-TCL) è un raro linfoma
derivato da una proliferazione clonale di cellule T citotossiche
γ-δ. Il linfoma maligno raramente è associato alla malattia di
Behcet, in letteratura sono stati riportati solo 12 casi, incluso
un caso di linfoma a cellule T.
In questo report, gli autori presentano un nuovo caso di CDGTCL insorto nel decorso della malattia di Behcet in un uomo
di 40 anni. È stata fatta diagnosi di CDG-TCL basandosi
sulla combinazione di caratteristiche cliniche, istologiche,
immunofenotipiche e molecolari. Attraverso una review della
letteratura corrente, gli autori analizzano i soli aspetti clinicopatologici, molecolari e immunoistochimici di questo raro
linfoma cutaneo.
Introduction
Case report
Cutaneous γ-δ T-cell lymphoma (CGD-TCL) is a rare
form of cutaneous lymphoma recently proposed as a
distinct clinicopathological entity. It is composed of
a clonal proliferation of mature activated γ-δ T-cells
expressing a cytotoxic phenotype. This group includes
cases of subcutaneous panniculitis-like T-cell lymphoma (SPTCL) with a γ-δ phenotype 1. Malignant lymphoma is rarely associated with Behcet’s disease, as
only 12 cases have been reported in literature, including
a case of cutaneous T-cell lymphoma. In this paper,
the authors report a new case of CGD-TCL arising in
Behcet’s disease and highlight its clinicopathological
and immunohistochemical profile with review of the
current literature.
A 40-year-old man with a medical history significant
for Behcet’s disease presented with complaints of high
fever (40 °C) and painful swelling of the right upper
limb for the past two months. Behcet’s disease had
been diagnosed two years ago based on occurrence
of recurrent non-scarring oral and genital ulcers, arthralgias and uveitis. Current medications included
corticosteroids and low doses of azathioprine. On initial
physical examination, the patient was febrile and had
several erythematous and ulcerated plaques, involving
the right forearm. Two weeks later, the lesions became
necrotic and more extensive. Ultrasonography of the
right forearm showed infiltration of the subcutaneous
fat and Doppler ultrasonography disclosed superficial
thrombophlebitis. An incisional skin biopsy of the lesions was performed, revealing a diffuse lymphocytic
infiltrate within the deep dermis and the subcutis (Fig.
Correspondence
Faten Limaïem, 4 impasse Tarek Ibn Zied Mutuelleville, Tunis
1082 - Tel. +216 96 552057 - E-mail: [email protected]
CUTANEOUS GAMMA-DELTA T-CELL LYMPHOMA
1). The infiltrate consisted mainly of medium-sized
atypical lymphocytes with irregular nuclei and coarsely
clumped chromatin. In the subcutaneous fat, rimming of
individual adipocytes by atypical lymphocytes was seen
(Figs. 1 and 2). Large areas of necrosis were also noted.
There was no epidermotropism. Immunohistochemical
analysis was performed using the avidin-biotin complex
technique with antibodies against TCR β-chain, CD2,
CD3, CD4, CD8, CD30, CD56, TIA-1 and granzyme B.
Tumour cells were strongly and diffusely positive for
CD2, CD3 (Fig. 3) and CD56, and negative for CD4,
CD8 and CD30. The tumour cells were positive for
TIA-1 and granzyme B and showed clonal rearrangement of the TCR-γ and TCR-δ genes. Beta F1 antibody
staining was negative. Laboratory examinations revealed elevated liver enzymes (aspartate aminotransferase
[AST]/alanine aminotransferase [ALT] 83/54; lactate
dehydrogenase: 265). Because of these findings and the
clinical progression with persistent fever, together with
elevation of liver enzymes, a diagnosis of CGD-TCL
Fig. 1. Diffuse lymphocytic infiltrate within the deep dermis
and the subcutis. The neoplastic infiltrate is dense and consists
of medium-sized atypical lymphocytes (haematoxylin and eosin
staining; original magnification, x 100).
167
Fig. 3. Staining for CD3 confirms the T-cell lineage of lymphocytes (immunohistochemistry; original magnification, x 400).
was established. There was no evidence of systemic
involvement by peripheral blood analysis, bone marrow
biopsy, thoracic and abdominal computed tomography
scans. High-dose chemotherapy was then decided in
accordance with the Haematology Department. During
the 3-month follow-up period, the patient did not show
evidence of concurrent extracutaneous disease such as
salivary gland, liver or gastrointestinal involvement.
Discussion
Fig. 2. Medium-sized atypical tumour cells rimming around fat
lobules (haematoxylin and eosin staining; original magnification,
x 250).
Cutaneous γ-δ T-cell lymphomas represent a spectrum
of malignancies that have been included as a provisional
entity in the newly revised World Health Organization
(WHO) – European Organization for Research and
Treatment of Cancer (EORTC) consensus classification
for cutaneous lymphomas 1. Some of the tumours included in this new category were previously classified as
subcutaneous panniculitis T-cell lymphomas with a γ-δ
T-cell receptor (TCR) phenotype 2. Approximately 50
cases of CGD-TCL have been reported in the literature 2.
Most cases occur in young adults (median age: 42 years)
with a female predominance 3. Impaired immune function associated with chronic antigen stimulation may
predispose to the development of CGD-TCL 2.
Patients with CGD-TCL may develop haemophagocytic
syndrome, resulting in hepatosplenomegaly and infiltration of multiple organs by histiocytes engulfing red
blood cells 4. Elevated liver enzymes (AST/ALT and
LDH) and leucopoenia occur in 50% of patients and
have been associated with unfavourable prognosis 3 5.
In our patient, laboratory tests showed elevated liver
enzymes and a normal blood count.
Malignant lymphoma rarely arises in the setting of
Behcet’s disease, as only 12 cases have been reported in
literature, including a case of cutaneous T-cell lymphoma (Tab. I) 6-16. Through a review of these 12 cases, we
observed no gender preference. The age of the patients
ranged between 31 and 75 years. There were 2 cases of
T-cell lymphoma including a cytotoxic T-cell lympho-
I. CHELLY ET AL.
168
Tab. I. Reported cases of malignant lymphoma associated with Behcet’s disease: Review of the literature.
Author/year
Age/sex
Period between BD
and lymphoma
Histology
Site of involvement
Kaneko (1974) [7]
32/M
0
NA
Nasal cavity
Houston (1978) [8]
52/F
6 years
B lymphoblastic
lymphoma
Lymph nodes
Moulonguet-Michau
(1990) [9]
31/M
13 years
Helper T-cell
Skin
Kawamoto (1992) [10]
43/M
5 months
Hodgkin lymphoma
Liver, spleen, neck
Harada (1992) [11]
43/F
9 months
Diffuse large B-cell
cerebellum
Abe (1993) [12]
43/F
15 years
Small lymphocytic B-cell
Stomach
Yamamoto (1997) [13]
45/M
19 years
Diffuse large B-cell
Neck lymph nodes
Cengiz (2001) [14]
47/M
7 years
Hodgkin lymphoma
NA
42/F
8 years
Diffuse, mixed
Houman (2001) [6]
37/F
2.5 years
Katsura (2003) [15]
49/M
1 year
Ono (2005) [16]
75/F
Present case (2007)
40/M
Large B-cell
Small intestine
Cytotoxic T-cell
Retrorenal, orbital
oesophagus
17 years
Diffuse B-cell
Cerebrum, ileum
2 years
γ-δ T-cell lymphoma
Skin
BD: Behcet’s disease
F: female
M: male
NA: not available
ALT: alanine aminotransferase
AST: aspartate aminotransferase
CGD-TCL: Cutaneous γ-δ T-cell lymphomas
EORTC: European Organization for Research and Treatment of Cancer
LDH: lactate dehydrogenase
SPTCL: subcutaneous panniculitis T-cell lymphomas
TCR: T-cell receptor
WHO: World Health Organization
ma, 2 cases of Hodgkin lymphoma and 7 cases of B-cell
lymphoma. In these cases the lymphoma involved several organs, namely the nasal cavity, lymph nodes, liver,
spleen, cerebellum, stomach, oesophagus, orbit, small intestine, cerebrum and skin in a 31-year-old male patient 9.
The exact pathogenesis of malignant lymphoma arising
in the setting of Behcet’s disease is not known, and it
remains unclear if its association with Behcet’s disease is
merely casual or if it is induced by immunosuppressive
therapy. The predisposing role of immunosuppressive
therapy, and especially cyclosporin, has been previously
discussed 6. To the best of our knowledge, CGD-TCL
has never been described in association Behcet’s disease.
Cutaneous γ-δ T-cell lymphomas generally present with
disseminated plaques and/or ulceronecrotic subcutaneous
nodules that involve the lower extremities, especially the
thighs and gluteal region, but other sites may be affected
as well 2 3 17. Lymph nodes, spleen and bone marrow are
not usually involved but the disease may disseminate to
extranodal or mucosal sites 2 3.
Diagnosis of CGD-TCL is based on the combination
of clinicopathologic, immunophenotypical and mole-
cular findings. Histologically, three major patterns of
involvement are present: epidermotropic, dermal and
subcutaneous 2. However, usually more than one histological pattern is present in the same patient in different
biopsy specimens or within a single biopsy specimen 18.
Epidermal infiltration may occur as mild epidermotropism to marked pagetoid reticulosis-like infiltrates 19 20.
Subcutaneous nodules may be panniculitis-like or more
solid in appearance and may show rimming of fat cells,
similar to subcutaneous panniculitis T-cell lymphomas
of αβ origin 2. Dermal and epidermal involvement often
coexists with subcutaneous disease, in contrast to subcutaneous panniculitis-like T-cell lymphoma, which is
mainly or exclusively subcutaneous in distribution 21 22.
The neoplastic cells are generally medium to large in size
with coarsely clumped chromatin 18. Large blastic cells
with vesicular nuclei and prominent nucleoli are infrequent. Apoptosis and necrosis are common, often with
angioinvasion 23. Immunohistochemically, the tumour
cells are TCR-δ-1+, CD3+, CD2+, CD7+/-, CD5- 17.
Most cases lack CD4 and CD8 markers although some
are CD8+ 18. The cells are positive for TIA-1 and the
CUTANEOUS GAMMA-DELTA T-CELL LYMPHOMA
cytotoxic proteins granzyme B, and perforin 23-25. CD56
is frequently expressed. The cells usually show clonal
rearrangement of the TCR-γ and TCR-δ genes. EBV
is generally negative in CGD-TCL 2 3 26 27. The features
of CGD-TCL overlap with some cases of subcutaneous
panniculitis-like T-cell lymphoma (SPTCL), and CGDTCL shares many features with other extranodal (usually
CD8+) cytotoxic T-cell lymphomas 3.
CGD-TCL, when involving subcutaneous fat, can clinically and histologically mimic other more indolent
conditions, such as lupus erythematosus profundus, and
multiple biopsies may be needed to obtain a correct
diagnosis 3. A good correlation of the clinical data with
the histopathology and immunohistochemistry is required for definitive diagnosis. CGD-TCL is an aggressive
disease resistant to multiagent chemotherapy regimens
and/or radiation with a median survival time of 15 mon-
169
ths 3. In a recent series of 33 patients, 22 (66%) died
within 5 years of diagnosis, and in the same study there
was a trend for decreased survival for patients who had
histological evidence of subcutaneous fat involvement
in comparison with those who had epidermotropic or
dermal patterns of infiltration 18. In addition, TCRδ1
expression in primary cutaneous lymphomas is an independent prognostic factor associated with decreased
survival 18.
Because of the minimal experience with CGD-TCL
reported in published studies, we believe it would be
appropriate to continue recording cases and the longterm follow-up of their clinical course to more closely
define this variant and establish the optimal treatment
and follow-up strategy. This would also enable the identification of potential prognostic factors on the basis of
histological and molecular studies.
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PATHOLOGICA 2008;100:170-172
CASE
REPORT
A primary mediastinal Hodgkin’s lymphoma with
asymptomatic myasthenia gravis: a rare association
Linfoma Hodgkin primario del mediastino con miastenia gravis asintomatica:
una rara associazione
A. AYADI-KADDOUR, M. MLIKA, T. KILANI*, F. EL MEZNI
Department of Pathology, “Abderrahmen Mami” Hospital, 2080 Ariana, Tunisia; * Department of Cardiothoracic Surgery,
“Abderrahmen Mami” Hospital, 2080 Ariana, Tunisia
Key words
Thymic • Lymphoma • Hodgkin’s disease • Myasthenia Gravis
Summary
Parole chiave
Timo • Linfoma • Malattia di Hodgkin • Miastenia gravis
Riassunto
Myasthenia gravis (MG) is an autoimmune neuromuscular junction disorder that is frequently associated with other autoimmune
diseases. It has been only rarely reported in association with
thymic Hodgkin’s lymphoma.
We report a case of a 22-year-old man who presented with thoracic symptoms. Clinical examination was normal. Simple chest
radiography showed a heterogeneous mediastinal mass. Thoracic
computed tomography revealed an antero-superior mediastinal
mass measuring 6 cm and invading the upper lobe of the left
lung with parenchymal micronodules of the left lung and an involvement of mediastinal nodes. In order to consider a diagnosis
of thymoma, electromyography was performed despite the fact
that the patient was asymptomatic. This exam demonstrated signs specific of MG. After stabilising the MG with symptomatic
therapies, surgical intervention was performed. Histological and
immunohistochemical findings led to the diagnosis of thymic Hodgkin’s lymphoma. The MG regressed completely after surgical
removal of the lesion. The patient is currently receiving complementary chemotherapy.
An association between asymptomatic MG and thymic Hodgkin’s lymphoma has not been documented in the literature, and
the present case appears to be the first reported. The pathogenesis
of this association remains unknown. Some authors support a
genetic origin, while others propose a hypothesis based on immunological studies. The treatment of thymic Hodgkin’s lymphoma
is based on Cotswold staging system. Nonetheless, MG generally
regresses after surgical removal of the thymic lesion.
La miastenia gravis (MG) è un disturbo autoimmune della giunzione neuromuscolare che è spesso associato ad altre malattie
autoimmuni. Solo raramente è stato riportato in associazione con
il linfoma Hodgkin timico. Riportiamo il caso di un giovane di 22
anni che presentava sintomi toracici. L’esame clinico era normale. La radiografia toracica ha mostrato una massa eterogenea
del mediastino. La tomografia computerizzata ha rivelato una
massa nel mediastino antero-superiore di circa 6 centimetri che
invadeva la parte superiore del lobo superiore del polmone sinistro con micronoduli parenchimali e un coinvolgimento dei noduli
del mediastino. Al fine di prendere in considerazione una diagnosi di timoma, è stato eseguita una elettromiografia , nonostante
che il paziente fosse asintomatico. L’esame ha evidenziato specifici segni di MG. Dopo la stabilizzazione della MG con terapie
sintomatiche è stato eseguito l’intervento chirurgico. I risultati
istologici e immunoistochimici hanno portato alla diagnosi di
linfoma Hodgkin timico. La MG è completamente regredita dopo
la rimozione chirurgica della lesione. Il paziente è attualmente
in trattamento chemioterapico complementare. L’associazione
tra MG asintomatica e linfoma Hodgkin timico non è ancora
stata documentata in letteratura, e il caso in questione sembra
essere il primo riportato. La patogenesi di questa associazione
non è nota. Alcuni autori sostengono un’origine genetica, mentre
altri propongono un’ipotesi basata su studi immunologici. Il
trattamento del linfoma Hodgkin timico si basa sul sistema di
stadiazione Cotswold. Tuttavia, generalmente, la MG regredisce
dopo la rimozione chirurgica della lesione timica.
Myasthenia gravis (MG) is an autoimmune neuromuscular junction disorder that is frequently associated
with other autoimmune diseases. It has been only rarely
reported in association with lymphomatous diseases.
Besides the fact that Hodgkin’s lymphoma involving the
thymus is very rare, its association with an asymptomatic MG has not been documented.
We report a case of a 22-year-old man, with no particular past medical history, who presented with dyspnea,
cough and asthenia. The time between the onset of
symptoms and consultation was 3 months. Clinical examination was normal. Simple chest radiography showed
a heterogeneous mediastinal mass. Thoracic computed
tomography revealed an antero-superior mediastinal
Correspondence
Dr Mlika Mona, Department of Pathology, “Abderrahman Mami”
Hospital, 2037 Tunis, Tunisia - Tel. +21 698 538862 - E-mail:
[email protected]
THYMIC HODGKIN’S LYMPHOMA WITH MYASTHENIA GRAVIS
171
mass measuring 6 cm and invading the upper lobe of
the left lung with parenchymal micronodules of the left
lung and involvement of mediastinal nodes. Normal
serum levels of ACE, alpha-fetoprotein, human choriogonadotropin were found. Differential diagnoses were
thymoma, a germinal tumour or lymphomatous disease.
To rule out thymoma, an electromyography was performed despite the fact that the patient was asymptomatic.
This exam however demonstrated a primary postsynaptic neuromuscular junctional disorder. Pharmacologic
testing was positive, and thus a diagnosis of thymoma
was mainly suspected. After stabilising the MG with
symptomatic treatments, surgical intervention was performed. During the operation, a 6-cm tumour was found
originating from the lower left lobe of the thymus. The
tumour had invaded the upper lobe of the left lung and
the pericardium. Resection of the tumour, the upper left
pulmonary lobe and the invaded part of the pericardium
was performed.
Macroscopic findings consisted in a lobulated, firm,
yellow-tan mass with visible fibrous bands invading the
surrounding fat tissue. Histological examination showed
a nodular sclerosis of the thymus with cellular nodules
that comprised variable numbers of Hodgkin and ReedSternberg cells, especially the lacunar variants with a
rich inflammatory background. The adjacent thymic
parenchyma showed cystic spaces, and the surrounding
pulmonary tissue was also invaded. By immunohistochemistry, tumour cells strongly and consistently expressed CD30 and CD15, but were negative for. CD20
and LMP1. The definitive diagnosis was thymic Hodgkin’s lymphoma classified as the nodular sclerosing
type. The MG regressed completely after the surgical
removal of the thymic lesion. The patient is currently
receiving chemotherapy.
After their first description in 1977 by Null et al, only a
few cases of Hodgkin’s lymphoma associated with MG
have been reported 1. In the English literature, our case
seems to be the first one associating asymptomatic MG
and Hodgkin’s lymphoma of the thymus. The pathogenesis of this association remains unknown. In vitro, the
thymic B lymphocytes from MG patients could synthesise anti-acetylcholine receptor (anti-AChR) antibodies
without prior activation. MG is thought to be initiated
within the thymus by presentation of locally produced
acetylcholine receptors (AChR) to potentially autoreactive T cells. Primary myogenic induction of thymic
stem cells leads to AChR synthesis and expression on
thymic myoid cells. AChR are then released, captured
by thymic antigen presenting cells and presented to
specific autoreactive T lymphocytes differentiating in
the thymus. Ultimately, the activated AChR specific
T lymphocytes migrate to peripheral areas and interact
with AChR-specific B cells, resulting in the production
of pathogenic anti-AChR autoantibodies 2. All these
cells are found in Hodgkin’s lymphoma. Tranchant et
al. reported an association between seronegative MG
and familial Hodgkin’s lymphoma. They hypothesised
that the epidemiological similarities between these two
Fig. 1. Lobulated, firm, yellow-tan cut surface of the thymic
tumour.
Fig. 3. Inflammatory granuloma containing both Hodgkin and
Reed-Sternberg cells.
Fig. 2. Thymic architecture of the tumour.
A. AYADI-KADDOUR ET AL.
172
diseases and the immune abnormalities suggested that
their association was not fortuitous 3. The diagnosis of
MG was supported by a positive pharmacologic testing,
significant electrophysiologic tests and serologic demonstration of AChR.
Treatment of MG may include symptomatic treatment,
plasma exchange or administration of intravenous
immunoglobulin 4. When MG is associated with Hodgkin’s lymphoma, it regresses after the treatment of
that latter 1. Treatment of Hodgkin’s lymphoma is based
on radiotherapy and chemotherapy according to the
Cotswold staging system. Some Authors reported postoperative complications after removal of the thymus 5.
In our case, the diagnosis of thymoma was suspected in
relation to the results of the electromyography. Macroscopically, the thymus involved by Hodgkin’s lymphoma shows, as in our case, multiple firm white nodules
with or without visible fibrous bands. Upon histological
analysis, the most common type is nodular sclerosis,
as the other types typically affect lymph nodes and not
the thymus 6. Hodgkin’s lymphoma is characterised by
a microscopic nodularity, composed of lymphoid cells
interspersed with a marked inflammatory cell reaction
and separated by wide fibrous band. Identification of
lacunar variant of Reed-Sternberg cells, such as those
seen in our patient’s tumour, confirms diagnosis. Involvement of the thymus by Hodgkin lymphoma often
results in cystic changes, and pseudoepithelial hyperplasia of thymic epithelium mimicking thymoma on
small biopsies. Immunohistochemistry is important to
confirm diagnosis. There is no difference with systemic
Hodgkin’s lymphoma: tumour cells strongly and consistently express CD30, and CD15 is detectable in more
than 85% of cases. Hodgkin’s lymphoma associated
with EBV express LMP in 30% of cases.
Hodgkin’s lymphoma is the most common type of
thymic lymphoma, although its association with MG is
somewhat rare. The pathogenesis of this association still
remains unknown 7. Generally, MG regresses after the
treatment of Hodgkin’s lymphoma.
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clinico e revisione della letteratura
A. MEKNI, I. CHELLY, H. AZZOUZ, I. BEN GHORBEL*, S. BELLIL, S. HAOUET, N. KCHIR, M. ZITOUNA, K. BELLIL
Department of Pathology, “La Rabta” Hospital, 1007 Bab Saadoun Tunis; * Department of Medicine, “La Rabta” Hospital, 1007 Bab
Saadoun, Tunis
Key words
Extragastrointestinal stromal tumour • Urinary wall bladder •
Aetiopathology
Summary
Parole chiave
Tumore stromale extragastrointestinale • Parete della vescica
urinaria • Eziopatologia
Riassunto
Most mesenchymal tumours of the gastrointestinal tract are now
referred to as gastrointestinal stromal tumours (GISTs). These
tumours typically express c-kit (CD117) and CD34; 30-50% are
(often focally) positive for alpha-smooth muscle actin, and all
are negative for desmin and S100 protein. Recently, mutations
in exon 11 of the c-kit gene have been identified as a molecular
genetic marker for the subset of GISTs.
In this report, we describe a mesenchymal tumour removed
from the pelvic cavity of a 34-year-old man. The tumour was
strongly attached to the external wall of the urinary bladder. The
neoplasm grossly resembled a leiomyoma, and was histologically
composed of sheets of spindle cells with a dense collagenous
background. The mitotic activity was low (less then 1 per 50
high-power fields). Immunohistochemically, tumour cells were
negative for alpha-smooth muscle actin and desmin and positive
for CD117 and CD34.
This case illustrates that tumours which are phenotypically and
genotypically similar to GISTs may present in sites other than the
tubular gastrointestinal tract.
La maggior parte dei tumori mesenchimali del tratto gastrointestinale è denominato tumore stromale gastrointestinale (GIST).
Questi tumori tipicamente esprimono c-kit (CD117) e CD34; il
30-50% sono (spesso focalmente) positivi per l’alfa-actina del
muscolo liscio, e tutti sono negativi per la desmina e la proteina
S100. Recentemente, mutazioni nell’esone 11 del gene c-kit sono
state identificate come un marker genetico molecolare per il sottoinsieme dei GIST. In questo caso clinico, descriviamo un tumore
mesenchimale rimosso dalla cavità pelvica di un uomo di 34 anni.
Il tumore era fortemente adeso alla parete esterna della vescica
urinaria. La neoplasia assomigliava grossolanamente ad un grave
leiomioma, ed era istologicamente composto di fogli di cellule
spindle con un fitto background collagenoso. L’attività mitotica
era bassa (meno di 1 per 50 campi ad alta potenza). Da un punto
di vista immunoistochimico, le cellule tumorali erano negative per
l’alfa-actina del muscolo liscio e per la desmina e positive per
CD34 e CD117. Questo caso dimostra come i tumori che siano
fenotipicamente e genotipicamente simili ai GIST possano presentarsi in siti diversi dal tratto gastrointestinale tubolare.
Introduction
This tumour showed the histological and immunohistochemical features of GISTs. To our knowledge we
report the third case of GIST of the bladder.
Gastrointestinal stromal tumours (GIST) are rare nonepithelial tumours that usually arise in the muscular
layer of the stomach and small intestine. These lesions
exhibit typical histopathological and immunophenotypic
features, including prominent tumour cell spindling and
expression of c-kit (CD117). Only a few cases of typical
GISTs outside the gastrointestinal tract affect soft tissues of the omentum and mesentery have been reported,
and only rarely involve the bladder. In this report, we
describe a small spindle cell neoplasm arising in the
pelvic cavity densely attached to the bladder serosa and
widely separated from digestive tract and omentum.
Clincal history
We report the case of a 34 year-old man who presented
with haematuria and pelvic pain. Pelvic ultrasound and
computerised tomography demonstrated a 2 x 2 cm
pelvic mass involving the urinary bladder (Fig. 1). The
patient underwent exploratory laparotomy, and the mass
was attached to the posterior wall of the bladder. Wide
excision of the tumour was performed.
Correspondence
Dr Mekni Amina ep Nouira, 7 Rue Moncef Bey, Menzeh 7, 2091
Tunis, Tunisia - Tel. +216 98 3355436 - E-mail: [email protected]
A. MEKNI ET AL.
174
Fig. 1. Computerized tomography demonstrating a 2 x 2 cm
pelvic mass (arrow) involving the urinary bladder.
Materials and methods
Routine histologic sections were prepared from formalin-fixed, paraffin-embedded specimens. Tissue sections
were stained with haematoxylin-eosin. Immunohistochemical analysis was performed using the avidin-biotin
complex technique using antibodies against vimentin,
CD34, cytokeratin, desmin, alpha-smooth muscle actin,
S-100 protein and epithelial membrane antigen (EMA).
Results
Macroscopically, the mass was nodular, rounded, well
circumscribed, firm and white without foci of necrosis.
Histological examination showed masses of spindle cells with a fascicular and storiform growth pattern (Fig.
2). Neither atypia nor necrotic areas were present. The
mitotic activity was low (less then 1 mitosis/50 fields x
40) (Fig. 3). Immunohistochemically, the tumour cells
strongly expressed CD117 (Fig. 4), CD34 and vimen-
Fig. 2. Proliferation made of spindle cells with no atypia either
necrosis. The mitotic activity is low (HE x 40).
Fig. 3. Tumour cells expressed strongly CD117 (CD117 x 10).
tin, but were negative for desmin, alpha-smooth muscle
actin, S-100 protein and various epithelial markers as
pancytokeratin and epithelial membrane antigen. Histological analysis and immunohistochemical studies
supported a diagnosis of extragastrointestinal stromal
tumour with low malignant potential according to the
National Institute of Health conference consensus proposed in 2002. Follow-up after 3 years showed that the
patient is well, with no urological disorders. CT at 1 and
3 years revealed no residual mass.
Discussion
GISTs are a distinct entity defined as CD117 or c-kit
positive mesenchymal tumours, originating from gastrointestinal pacemaker cells known as interstitial Cajal
cells (ICC) with uncertain biological behaviour 1. It is
a rare neoplasm usually arising in the gastrointestinal
tract, especially the stomach and the small intestine.
These lesions exhibit typical histopathological and
immunophenotypic features, including spindle and/or
epithelioid cells with expression of c-kit (CD117). Only
a few cases of GIST outside the digestive tract affecting
soft tissues of the omentum and mesentery have been
reported 2, and accordingly, have been called extragastrointestinal stromal tumours (EGIST).
To date there have been only two reports of an EGIST
of the urinary bladder, occurring in a 52-year-old woman
and a 78-tear-old man 3 4. The first case had a benign
behaviour, similar to our case: the patient was alive
without disease 36 months after the surgery. In this case, a 5-cm tumour was densely attached to the external
wall of the urinary bladder, and was also attached to
the small intestine by filmy adhesions. The tumour was
composed of spindly and epithelioid cells with moderate
mitotic activity. It did not involve the overlying mucosa; there were no metastases and the surgical margins
were tumour-free 4. The second case, reported in 2003,
was malignant and very different from our case and one
just described. The patient died before surgery of acute
right heart failure due to fulminant central pulmonary
embolism. The autopsy revealed a solid, yellow-white
URINARY BLADDER STROMAL TUMOUR
tumour up to 20 cm in diameter protruding into the vesical lumen and infiltrating the bladder wall. Metastases
up to 7 cm in diameter were found in retroperitoneal
lymph nodes. Histologically, the tumour was biphasic
with marked nuclear atypia and high mitotic activity 3. In
these two reported cases, the tumour displayed a typical
immunophenotype with expression of CD117 and CD34
as in our case.
GISTs can be diagnosed by the demonstration of a specific marker profile with expression of CD117 and CD34,
which attest their origin from ICC 5. The malignant potential of GIST is still difficult to assess. Tumour size,
mitotic rate and to a lesser degree location are the most
important prognostic parameters classically used by
the majority of pathologists according to the National
Institutes of Health conference consensus in 2002 2.
Cytogenetic analysis shows that most of these tumours
have a mutation of the c-kit gene. Oncogenic mutations
enable the kit protein, a transmembrane tyrosine kinase
receptor, to phosphorylate various substrate proteins,
leading to activation of signal transduction cascades
which regulate cell proliferation, apoptosis, chemotaxis,
and adhesion 5 6. The aetiopathology of EGISTs is simi-
175
lar to its digestive counterpart. Effectively, the existence
of a pacemaker system in the urinary tract capable of
orchestrating the movement of filtered urine from the
ureteral pelvis to the distal ureter and lower urinary tract
seems intuitive. The coordinated activity necessary for
such movement or “peristalsis” would likely require an
intricate network of cells with pacemaker-like activity,
as is the case with the interstitial Cajal cells (ICC) of
the gut 7. Cell networks composed of stellate-appearing,
c-kit-positive, ICC-like cells were found in the lamina
propria, at the interface of the inner longitudinal and outer circular muscle layers of the ureteral pelvis, but not
in the urinary bladder or urethra 8. Thus, as in the gut,
c-kit-positive, ICC-like cells are present in the urinary
tract, but appear to be restricted to the proximal ureter of
this murine species. GISTS arise from ICC, also named
pacemaker cells 7 8.
The treatment of EGIST is similar to its gastrointestinal
counterpart. Complete surgical resection is the treatment
of choice for localised tumours whenever possible. In
metastatic and/or inoperable GIST, chemotherapy with
imatinib (Glivec) is the treatment of choice, and has
been found to be beneficial in 83% of patients 9.
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CASO
CLINICO
Carcinoma infiltrante della mammella con associati
aspetti di carcinoma neuroendocrino e di carcinoma
a cellule giganti “osteoclast-like”
(descrizione cito-istologica di due casi)
Invasive breast carcinoma with features of neuroendocrine carcinoma
and carcinoma with osteoclastic cells: fine-needle aspiration cytology
and histology of two cases
A. PAGANI, M. IANDOLO
U.O. Anatomia, Istologia e Citologia Patologica, Ospedale Civile “E. Agnelli” ASL 10, Pinerolo (TO)
Parole chiave
Mammella • Carcinoma • Neuroendocrino • Cellule giganti plurinucleate osteoclast-like
Riassunto
Descriviamo due casi cito-istologicamente sovrapponibili di
carcinoma invasivo della mammella neuroendocrino associato
a componente stromale caratteristica del carcinoma con cellule
giganti plurinucleate “osteoclast-like”.
La morfologia agoaspirativa è caratterizzata dalla presenza di
cellule epiteliomorfe, di aspetto omogeneo, di medie dimensioni,
con moderata atipia nucleare e scarso citoplasma, frammiste alle
quali si osservano cellule giganti plurinucleate, sporadici elementi linfo-istiocitari e depositi emosiderinici.
Il quadro macroscopico da un lato evoca l’abituale carcinoma
infiltrante, dall’altro ne differisce per la particolarità del colorito
brunastro.
Istologicamente il reperto è quello di un carcinoma infiltrante moderatamente differenziato costituito da cellule di medie dimensioni, di forma tondeggiante-poligonale, disposte prevalentemente
in aggregati solidi, talora con tendenza alla distribuzione periferica “a palizzata” (morfologia “carcinoid-like”); esclusivamente
nel contesto della neoplasia sono cellule giganti plurinucleate
osteoclastiche, istiociti e linfociti associati allo stroma tipico del
carcinoma a cellule osteoclastiche; tale stroma presenta caratteristiche reattivo/fibroblastiche, con ricca vascolarizzazione, aree di
stravaso emorragico e depositi emosiderinici, ed è responsabile
del tipico colorito macroscopicamente descritto.
Dal punto di vista della caratterizzazione antigenica, la componente carcinomatosa risulta diffusamente positiva per il marcatore neuroendocrino sinaptofisina, con parziale positività per la
cromogranina; la evidente quota gigantocellulare ed istiocitaria
esprime intensamente il CD68. Entrambi i casi sono caratterizzati da disseminazione linfatica; nella metastasi la componente
epiteliale, per quanto concerne i marcatori neuroendocrini, risulta
sovrapponibile al tumore primitivo, la quota istiocitaria/giganto-
Key words
Breast • Carcinoma • Neuroendocrine • Osteoclastic multinucleated giant cells
Summary
We report two cases, with overlapping cyto-histological characteristics, of invasive neuroendocrine carcinoma of the breast
with associated stromal features distinctive of carcinoma with
osteoclastic giant cells. Fine-needle aspiration cytology showed
monomorphic, medium-sized, mildly atypical neoplastic cells,
with interspersed multinucleated giant cells and lympho-histiocytic components; hemosiderin deposits were also appreciable.
Macroscopic features were typical of invasive carcinoma, but
with unusual brown staining. Light microscopy revealed moderately differentiated invasive carcinoma mainly composed of
solid sheets of round to polygonal medium-sized cells with a
tendency to produce peripheral palisading (carcinoid-like morphology); osteoclast-like multinucleated giant cells, lymphocytes
and histiocytes were dispersed only among tumour cells in the
distinctive stroma of the carcinoma with osteoclastic giant cells;
this stroma was characterised by reactive/fibroblastic features,
hypervascularization, extravasated blood cells and hemosiderin
deposits that gave rise to the typical staining seen macroscopically. Immunohistochemically, cancer cells were diffusely positive for the neuroendocrine marker synaptophisin with partial
chromogranin and NSE staining; the ostoclastic giant cell and
histiocyte component were strongly positive for CD68. Both
cases also had lymph node metastases; the epithelial neoplastic
cells, with regards to neuroendocrine markers, were overlapping
to the primitive tumour, the histiocytic/giant cell component
appeared present, although with a lower degree, while the distinctive stroma was absent.
Breast neuroendocrine carcinomas, associated with multinucleated giant cells and stroma typical of the carcinoma with osteoclastic-like cells, to our knowledge, have not been reported.
Corrispondenza
dott. Alberto Pagani, U.O. Anatomia, Istologia e Citologia Patologica, Ospedale Civile “E. Agnelli”, ASL 10, via Brigata Cagliari
39, 10064 Pinerolo, Torino, Italy - Tel. +39 012 1233210 - E-mail:
[email protected]
CARCINOMA INFILTRANTE DELLA MAMMELLA
177
cellulare appare presente se pur con minore evidenza, mentre è
assente il caratteristico stroma di accompagnamento.
Casi di carcinoma neuroendocrino della mammella associati a
componente gigantocellulare e stromale tipica del carcinoma con
cellule multinucleate “osteoclast-like”, per quanto ci risulta, non
sono ancora stati segnalati in letteratura.
Introduzione
Il carcinoma neuroendocrino primitivo della mammella
rappresenta il 2-5% dei carcinomi mammari; insorge
preferenzialmente in donne di età compresa tra i 60 ed
i 70 anni. Morfologicamente presenta analogie con le
neoplasie neuroendocrine dell’apparato gastro-enterico
e respiratorio ed esprime, per definizione in più del
50% delle cellule neoplastiche, marcatori neuroendocrini (cromogranine, sinaptofisina, NSE, recettori per la
somatostatina); carcinomi con presenza di focale differenziazione neuroendocrina non rientrano nel suddetto
istotipo. Le cellule neoplastiche risultano generalmente
argirofile con la colorazione argentica Grimelius. La
morfologia nella maggior parte dei casi è quella tipicamente neuroendocrina caratterizzata da nidi organoidi,
pattern acinare e trabecolare con disposizione periferica
a palizzata “carcinoid-like” e strutture “rosette-like”; le
cellule sono generalmente di aspetto omogeneo tra loro,
di forma poligonale, a volte fusata o plasmocitoide, con
cromatina nucleare finemente granulare, nucleolo poco
evidente, scarsa o moderata componente citoplasmatica
eosinofila; talora si associano aspetti differenziativi
ossifili. Accanto alla forma “classica”, si distinguono
diversi sottotipi, come ad esempio le forme mucinose e
quelle scarsamente differenziate a piccole e grandi cellule, queste ultime caratterizzate da maggiore aggressività
biologica. La prognosi appare tuttavia principalmente
correlata al grading ed alla stadio evolutivo 1.
Il carcinoma della mammella con cellule giganti osteoclastiche rappresenta circa lo 0,5-1% dei carcinomi
mammari ed è caratterizzato dalla presenza di componente carcinomatosa con associate cellule giganti
plurinucleate, ad istogenesi verosimilmente istiocitaria
(CD68 positività), con morfologia ed immunofenotipo “osteoclast-like” (positività per fosfatasi acida e
lisozima, negatività per fosfatasi alcalina); tali cellule
talora avvolgono “ad abbraccio” la componente carcinomatosa; quest’ultima è generalmente di tipo duttale,
ma numerosi altri istotipi sono stati segnalati (tubulare,
lobulare, mucinoso, papillare, metaplasico); lo stroma
di accompagnamento è particolare, tipicamente flogistico/reattivo (evidente componente fibroblastica e
linfo-istiocitaria) ed ipervascolare, con stravasi emorragici e depositi emosiderinici; questi ultimi aspetti
sono responsabili dell’inusuale colorito brunastro della
neoplasia. Le peculiarità stromali di cui sopra si pensa
possano essere dovute alla produzione, da parte della
componente neoplastica, di sostanze biologicamente
attive ad azione angiogenetica e chemiotattica. Le cellule giganti e lo stroma reattivo ipervascolare sono stati
segnalati anche in sede di recidiva e di metastasi linfo-
nodale. La prognosi appare principalmente correlata ad
istotipo e grading della componente carcinomatosa, ed
allo stadio evolutivo 1.
Di seguito segnaliamo due casi di carcinoma invasivo
neuroendocrino della mammella associato a componente stromale caratteristica del carcinoma con cellule
giganti plurinucleate “osteoclast-like”.
Caso clinico
CASO 1
Donna di 62 anni con nodosità nel quadrante superoesterno sinistro di 1,5 cm di diametro, ecograficamente
e mammograficamente sospetta per neoplasia maligna.
Si esegue agoaspirato citologicamente caratterizzato
dalla presenza di cellule monomorfe, di medie dimensioni, in parte coese, con moderata atipia, frammiste
alle quali sono cellule giganti plurinucleate (Fig. 1),
sporadici elementi linfo-istiocitari e depositi emosiderinici. Viene posta diagnosi di atipia citologica da approfondire con biopsia chirurgica e successivo intervento
di nodulectomia. All’esame del pezzo operatorio, si
evidenzia nodosità di aspetto macroscopico carcinomatoso ma di insolito colorito brunastro del diametro di 2,2
cm. Istologicamente si osserva un carcinoma infiltrante
moderatamente differenziato (grado istologico G2 sec.
Elston C.W. ed Ellis I.O., 1991) costituito da cellule di
medie dimensioni, di forma tondeggiante-poligonale,
Fig. 1. Caso 1, materiale agoaspirativo-incluso in paraffina: si
osserva componente cellulare epiteliomorfa moderatamente
atipica con associate cellule giganti plurinucleate (E-E, 60x).
A. PAGANI ET AL.
178
Fig. 2. Caso 1, si osserva componente carcinomatosa infiltrante
con morfologia compatibile con differenziazione neuroendocrina associata a quota gigantocellulare plurinucleata osteoclastica;
sono rilevabili campi di stroma ipervascolarizzato, con stravasi
emorragici e depositi emosiderinici (EE, 40x).
disposte per lo più in nidi solidi con tendenza alla disposizione periferica “a palizzata” (morfologia “carcinoidlike”); focalmente si rileva anche architettura tubulare;
frammista alla componente neoplastica sono istiociti
mononucleati e cellule giganti plurinucleate osteoclastlike, talora delimitanti ad “abbraccio” la componente
carcinomatosa; lo stroma di accompagnamento è di tipo
reattivo/fibroblastico, riccamente vascolarizzato, con
aree di stravaso emorragico e depositi emosiderinici
(Fig. 2); soprattutto perifericamente alla neoplasia si osserva reazione linfocitaria. Immunofenotipicamente la
neoplasia risulta diffusamente positiva per il marcatore
neuroendocrino sinaptofisina, con parziale positività
per cromogranina ed NSE; la quota gigantocellulare
ed istiocitaria è CD68-PGM1 positiva; i recettori estroprogestinici risultano entrambi diffusamente positivi,
il C-erbB-2 è negativo, l’attività proliferativa bassa
(ki67-MIB1: 5% circa). Si procede a dissezione del cavo
ascellare documentante diffuso interessamento neoplastico linfonodale (19 linfonodi positivi su 20 esaminati)
con aspetti di infiltrazione del connettivo fibroadiposo
pericapsulare; la componente metastatica esprime diffusamente la sinaptofisina e presenta debole positività per
cromogranina ed NSE; si osserva associata esigua quota
istiocitaria-gigantocellulare con assenza del tipico contesto stromale di accompagnamento. Diagnosi conclusiva: carcinoma neuroendocrino infiltrante della mam-
mella, grado istologico G2 sec. Elston C.W. ed Ellis
I.O., 1991, con associata componente gigantocellulare e
stromale tipica del carcinoma con cellule multinucleate
“osteoclast-like” pT2 N3a sec. TNM 2002 (Tab. I).
CASO 2
Donna di 41 anni con nodosità nel quadrante superoesterno destro radiologicamente sospetta per neoplasia
maligna. Contestualmente si evidenzia ecograficamente
la presenza di linfonodi ascellari ingrossati di cui uno,
di cm 3 di diametro, di aspetto metastatico. Si procede
ad agoaspirazione della lesione mammaria con esito
di materiale inadeguato e ad agoaspirato del linfonodo
ascellare che evidenzia presenza di cellule epiteliomorfe, di aspetto omogeneo, di medie dimensioni, con
moderata atipia nucleare e scarso citoplasma (Fig. 3). Si
procede ad intervento di mastectomia con dissezione del
cavo ascellare. All’esame macroscopico si evidenzia,
nel quadrante supero-esterno, nodosità di aspetto carcinomatoso e colorito brunastro del diametro di cm 1,4,
ed, a circa 2 cm di distanza, una seconda lesione analoga
del diametro di circa 0,5 cm. Istologicamente entrambe
le neoplasie presentano caratteristiche morfologiche ed
immunofenotipiche sovrapponibili al caso 1 (Figg. 4 e
5). In sede ascellare un unico linfonodo su 18 esaminati
risulta metastatico; anche la componente neoplastica
linfonodale presenta morfologia ed immunofenotipo
Fig. 3. Caso 2, materiale agoaspirativo-striscio da linfoadenopatia
ascellare: si osservano cellule con indizi di epiteliomorfismo, di
aspetto omogeneo tra loro, con moderata atipia nucleare e scarso citoplasma (Papanicolau, 25x).
Tab. I. Dati anatomo-clinici ed immunofenotopici.
Caso
Età
Sede
Grad.
Stadio
Sy
CgA
NSE
ER
PR
erbB-2
K67
1
62
Q1
G2
T2N3a
++d
++p
++d
95%
95%
neg
5%
2
41
Q1
G2
T1cN1a
++d
++p
++d
95%
95%
neg
5%
grad. = grado istologico sec. Elston C.W. ed Ellis I.O., 1991; stadio = TNM 2002; Sy = sinaptofisina; CgA: cromogranina A; NSE = enolase neurono-specifica; ER = recettori estrogenici; PR = recettori progestinici; d = diffusa; p = parziale; neg = score 0.
CARCINOMA INFILTRANTE DELLA MAMMELLA
Fig. 4. Caso 2, colorazione immunoistochimica per la sinaptofisina: diffusa positività della componente carcinomatosa neuroendocrina (25x).
Fig. 5. Caso 2, colorazione immunoistochimica per il CD68-PGM1:
la componente gigantocellulare ed istiocitaria risulta intensamente reattiva, con atteggiamenti “ad abbraccio” nei confronti
della componente carcinomatosa (25x).
sovrapponibili a quella del caso 1 (Fig. 6). Diagnosi
conclusiva: carcinoma neuroendocrino infiltrante della
mammella, grado istologico G2 sec. Elston C.W. ed
Ellis I.O., 1991, bifocale, con associata componente
gigantocellulare e stromale tipica del carcinoma con
cellule multinucleate “osteoclast-like” pT2 N1a sec.
TNM 2002 (Tab. I).
Discussione
Il carcinoma neuroendocrino ed il carcinoma con cellule
giganti “osteoclast-like” della mammella sono entità
anatomo-patologiche con ben definiti profili morfologici, istochimici ed immunofenotipici 1-6. Carcinomi
neuroendocrini associati a componente gigantocellulare
179
Fig. 6. Caso 2, metastasi linfonodale, colorazione immunoistochimica per la sinaptofisina: diffusa positività della componente
carcinomatosa (25x).
e stromale tipica del carcinoma con cellule multinucleate “osteoclast-like” sono stati descritti in sede di
piccolo intestino 7, ma non ancora, per quanto ci risulta,
nella mammella. La rarità dei tumori qui descritti, unitamente alla necessità di caratterizzazione immunofenotipica per la diagnosi del carcinoma neuroendocrino,
appaiono verosimilmente responsabili della mancata
individuazione, fino ad oggi, del particolare istotipo
oggetto della presente segnalazione. Citologicamente
la diagnosi è insidiosa considerato il monomorfismo, la
scarsa atipia della componente carcinomatosa, la quota
istiocitaria-gigantocellulare e linfocitaria di accompagnamento. Il dato macroscopico caratterizzante è costituito dal colorito brunastro della lesione, imputabile
alla ricca vascolarizzazione, agli stravasi ematici ed alla
siderosi. Istologicamente il reperto non presenta particolari difficoltà interpretative ed è caratterizzato dalla
presenza di aspetti carcinomatosi morfologicamente
ed immunofenotipicamente riconducibili all’istotipo
neuroendocrino, in contesto stromale tipico del carcinoma con cellule giganti osteoclastiche; le peculiarità
di quest’ultimo (stroma reattivo/fibroblastico ipervascolarizzato con componente linfo-istiocitaria mono e
plurinucleata gigantocellulare) si pensa possano essere
indotte dalla produzione, da parte della componente carcinomatosa, di sostanze biologicamente attive ad azione
angiogenetica e chemiotattica 8. Nel caso del carcinoma
neuroendocrino, le cromogranine, in particolare la cromogranina C, anche detta secretogranina II, esercita,
tramite un prodotto di degradazione, la secretoneurina,
attività chemiotattica nei confronti di endoteli, fibroblasti e monociti 9. Effettivamente, nei casi descritti, sia la
componente istiocitaria-gigantocellulare che lo stroma
reattivo-ipervascolare, è osservabile esclusivamente nel
contesto tumorale, non nei tessuti circostanti. I casi riportati presentano propensione metastatizzante linfonodale (forse correlabile alle peculiarità dello stroma neoplastico), particolarmente evidente nel caso 1; in sede di
A. PAGANI ET AL.
180
metastasi linfonodale, le caratteristiche neuroendocrine
del tumore primitivo appaiono preservate, la componente istiocitaria-gigantocellulare è presente ma poco
evidente, mentre il tipico stroma di accompagnamento
non è rilevabile; le diversità dovute al “microambiente”
potrebbero essere responsabili delle suddette discrepan-
ze morfologiche tra tumore primitivo e secondario. La
differenza in termini di attività diffusiva metastatica
(caso 1: pN3a, caso 2: pN1a), appare riferibile, essendo i
reperti morfologici ed immunofenotipici sostanzialmente sovrapponibili, al diverso stadio evolutivo delle due
neoplasie (caso 1: pT2, caso 2: pT1c).
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Pinerolo, per la revisione critica del manoscritto, il dott. L. Galletto,
Ostetricia e Ginecologia ASL 10 di Pinerolo (TO) e la dott.ssa C.
Zavattero, Anatomia Patologica ASL 17 di Savigliano (CN), per la
cortese collaborazione ed il personale tecnico dell’Anatomia Patologica ASL 10 di Pinerolo (TO), per il supporto tecnico.
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PATHOLOGICA 2008;100:181-184
CASE
REPORT
Desmoplastic spitz nevus: report of a case and review
of the literature
Nevo di Spitz desmoplastico: caso clinico e revisione della letteratura
R. SELLAMI DHOUIB, S. SASSI, A. JBELI*, M. DRISS, K. MRAD, I. ABBES, K. BEN ROMDHANE
Histopathology department, Salah Azaïez Institute, Tunis, Tunisia; * Department of Dermatology, Zaghouan Hospital, Tunis, Tunisia
Key words
Desmoplastic • Spitz • Nevus • Hyalinizing • Epitheloid
Summary
Parole chiave
Desmoplastico • Spitz • Nevo • Ialinizzare • Epitelioide
Riassunto
Desmoplastic spitz nevus (DSN) is an uncommon melanocytic
lesion. The histologic features of this benign tumour may mimic
those of certain benign (dermatofibroma and desmoplastic cellular blue nevus) or malignant (metastatic carcinoma and malignant
melanoma) neoplasms. We report the case of a male with a DSN,
and also review the clinical characteristics, histologic features
and differential diagnosis of this extremely rare lesion. The lesion
is identified as an asymptomatic reddish-brown dome-shaped
papule on the forearm. Microscopic examination showed a symmetric lesion in the dermis. The neoplastic cells were large and
epithelioid-shaped, and were either isolated as individual cells
or arranged in small nests in a paucicellular hyalinized stroma.
Nuclei were large and vesicular with small nucleoli and no mitoses. Diffuse expression of S100 and the absence of staining with
antibodies to melan-A and HMB45 was observed. A diagnosis of
DSN with free margins was made. The histologic presentation of
this benign lesion mimics both benign and malignant neoplasms.
The immunohistochemical profile (S100 positive, HMB-45 negative and cytokeratin negative) may be helpful to differentiate
it from other lesions.
Il Nevo di Spitz desmoplastico (DSN) è una rara lesione melanocitica. Le caratteristiche istologiche di questo tumore benigno
possono confondersi con quelle di alcune neoplasie benigne
(dermatofibroma e nevo blu cellulare desmoplastico) o maligne
(carcinoma metastatico e melanoma maligno).
Riportiamo il caso di un maschio con DSN unitamente ad una
review sulle caratteristiche cliniche e istologiche e sulla diagnosi
differenziale di questa rarissima lesione. La lesione è identificata
come una papula asintomatica sull’avambraccio, bruna-rossastra, a forma di cupola. L’esame al microscopio ha mostrato
una lesione simmetrica nel derma. Le cellule neoplastiche erano
grandi e a forma di epitelioide, e sono state isolate sia come cellule singole che organizzate in piccoli nidi in uno stroma paucicellulare ialinizzato. I nuclei erano grandi e vescicolari con piccoli
nucleoli e senza mitosi. È stata osservata una diffusa espressione
di S100 e l’assenza di colorazione con anticorpi anti melan-A e
HMB45. È stata formulata una diagnosi di DSN con margini liberi. La presentazione Istologica di questa lesione benigna imita
sia neoplasie benigne che maligne. Il profilo immunoistochimico
(S100-positivo, Hmb-45-negativo e citocheratina-negativo) può
essere utile per differenziarla dalle altre lesioni.
Introduction
Case report
Spitz nevus (SN) is a benign, acquired melanocytic nevus. Since the first description of SN in 1975, by Reed
et al. 1, a number of new histopathologic variants have
been reported. The term DSN applies to those SN that
show prominent stromal fibroplasia giving the tumour a
dermatofibromatous aspect 2. We report a case of DSN
and review the clinical and histologic features as well as
the differential diagnoses of this lesion.
A 33-year-old man was admitted to the Dermatology
Department in our hospital in April 2004 for a six mouth
old, asymptomatic nodule on his forearm. His past medical history was unremarkable. Physical examination
showed a solitary reddish-brown dome shaped nodule
with a smooth surface on the forearm measuring 5 x 4
mm. No other nodules were present elsewhere. Laboratory tests were all within normal ranges. The clinical
diagnosis was dermatofibroma. The lesion was excised,
and a histologic diagnosis of DSN with free margin was
made. The follow up was uneventful, and the patient is
free of disease 11 months after excision of the lesion.
Correspondence
Dr. R. Sellami Dhouib, Histopathology Department, Salah Azaïez
Institute, 1006 Bab Saadoun, Tunis, Tunisia - Tel. +216 71
577848 - Fax +216 71 574725 - E-mail: [email protected]
182
R. SELLAMI DHOUIB ET AL.
Fig. 1. Left: dom-shaped symmetric lesion of 5 mm (HE x 250). Centre: ectatic blood vessels in the superficial dermis (HE x 100). Right:
large epithelioid unpigmented neoplastic cells scattered in abundant collagenous stroma (HE x 250). The neoplastic cells are negative for
HMB-45 and Melan A (IHC x 400).
The biopsy specimen was fixed in 10% buffered formalin and embedded in paraffin. Sections (4-5 !M) were
obtained for conventional histopathological examination and stained with haematoxylin-eosin. Immunoperoxidase staining was performed on paraffin sections
using the free-step avidin-biotin complex method. The
following monoclonal antibodies were used: cytokeratin
(clone Kl1, prediluted; Dako), S100 Protein (polyclonal,
prediluted; Dako), melan A (clone A103, 1/50; Dako)
and HMB45 (clone, prediluted; Dako).
Macroscopically, the specimen measured 6 x 5 x 3 mm,
centred by a reddish-brown non-pigmented dome-sha-
ped nodule. Microscopic examination showed a striking
symmetric lesion in the dermis (Fig. 1). The neoplastic
cells were single, sometimes arranged in small nests,
within an abundant paucicellular collagenous stroma.
They were epithelioid-shaped and non-pigmented large
cells (Fig. 1). The nuclei were large and vesicular with
small nucleoli. Multinucleate giant cells were noted
(Fig. 2). There were no mitoses or any evidence of necrosis. The overlying squamous epithelial cells showed
mild hyperkeratosis without acanthosis. There was no
dermal-epidermal junction activity, and an absence
of spread of neoplastic cells in the epidermis. Ectatic
Fig. 2. Left: the tumor cells show multinucleate giant cell forms (HE x 400). Centre: the neoplastic cells are positive for S-100 protein
(IHC x 400). Right: The neoplastic cells are negative for HMB-45 (IHC x 400).
DESMOPLASTIC SPITZ NEVUS
blood vessels were observed in the superficial dermis
(Fig. 1).
The lateral and deep margins were free of tumour cells,
with a clearance of 1 and 2 mm, respectively. Immunoperoxidase staining revealed that the neoplastic cells
stained with monoclonal antibody to S100 (Fig. 2), and
were not stained with monoclonal antibody to HMB45,
cytokeratin or melan A (Fig. 2). A diagnosis of DSN
with free margins was made.
Discussion
DSN is an uncommon variant of SN characterised by the
predominance of either solitary spitz nevus cells or nests
in a prominent paucicellular fibrous stroma. The lesion
was first described by Reed et al. 1. The term desmoplastic Spitz nevus was introduced by Paniago-Pereira et al
for Spitz nevi showing prominent stromal fibroplasia 2.
Subsequently, desmoplastic Spitz nevus were described
by Barr et al. 3, MacKie and Doherty 4 and Harris et al. 5.
Other cases have been reported as hyalinising spindle and
epithelioid cell nevus by Suster, Liu et al. 6 and Lee et al. 7
or as angiomatoid variants of desmoplastic Spitz nevus by
Diaz-Cascajo and Tomizawa 8.
The median age of affected patients is 34 years (range:
23-53 years). Males are affected slightly more often
than females. DSN can occur on the abdomen, leg, head,
neck and extremities 6 8 9. It can present as an asymptomatic red-pink to tan, raised, and indurated nodule with
a smooth surface, ranging from 0.6 to 1.0 cm in greatest
diameter 6 9. The lesions are solitary, and only one patient has been reported to have multiple lesions 6. Possible clinical diagnosis were dermatofibroma, SN, nevus,
basal cell carcinoma or no specific diagnosis 6 9.
Microscopically, DSN are characterised by a dermal
proliferation of round, epithelioid or spindle cells 8 10. The
neoplastic cells are arranged as either loosely cohesive
nests with irregular outlines, fascicules of cells, or as single files of individual cells. The cells are separated by an
abundant, hyalinised or collagenous, with paucicellular
stroma 6 9-11. Nuclear atypia is observed in the majority
of cells. Macronuclei and/or intranuclear inclusions of
the cytoplasm may be prominent in cells. No pigment
is observed in the cytoplasm. Mitotic figures are rare or
absent, and when present are located in the upper part
of the lesions and are never atypical 6 8-11. Giant cells are
occasionally seen 8. Architecture maturation in depth is
observed in all lesions, whereas cytological maturation
may be subtle or absent 12. There are no individual, scattered atypical melanocytes in the epidermis, and junctional nests have been absent.
183
Immunoperoxidase staining revealed that neoplastic
cells were positive for S100 protein in all cases. These
cells do not stain with antibodies to cytokeratin, epithelial membrane antigen, carcino-embryonic antigen,
actin or desmin 6 8 9 13. As in other variants of Spitz nevi,
HMB-45 immunoreactivity has been observed in the
most superficial portion of DSN. However, the absence
of staining with antibodies to HMB-45 has been previously reported in hyalinising spindle and epithelioid
cell nevus by Liu et al. Lack of immunoreactivity for
melan-A (MART-1) is an unusual finding since some
cells are stained in a high proportion of Spitz nevi.
Because of its histological features, DSN can closely
simulate a variety of benign and malignant lesions. The
most common pitfall posed by DSN is to mistake it for
dermatofibroma (DF). Features that DSN share with
DF include epidermal hyperplasia and dermal hypercellularity. The collagen bundles in DF are referred
as “keloidal” 14. No case of DSN has shown induction
of adnexal structures or hyperpigmentation of the epidermis, which is a characteristic feature of histiocytic
lesions. In contrast to DF, multinucleated tumour cells
are rarely present in DSN. In this differential diagnosis,
S100-positive staining can definitively identify DSN as
a melanocytic proliferation 9 14. The desmoplastic variant
of the blue nevus can mimic DSN. The melanocyte of
blue nevus tends to be more slender than the plumper
tumour cells of the DSN. The immunohistochemical
profile of desmoplastic blue nevus (S100 protein positive, HMB45 positive) may be helpful to differentiate it
from DNS 8 12 14.
The histological differential diagnosis of DSN includes desmoplastic malignant melanoma (DMM).
Despite their resemblances, several criteria are useful
in distinguishing the two. DSN lacks epidermal involvement, prominent cellular atypia necrosis and mitotic
activity at the base of the tumour. In contrast to DSN,
there is usually a highly characteristic host response
consisting of nodular clusters of mature lymphocytes.
Immunoperoxidase stains may not be helpful because
staining with antibodies to HMB45 is usually negative
in DMM 8 9 14.
Moreover melan-A immunostaining has been rarely observed in desmoplastic melanoma 15, and the negativity
of the present case must be stressed in comparison with
this data.
In conclusion, DSN is an uncommon variant of SN that
can be confused with benign and malignant neoplasms.
A combination of histological and immunohistochemical criteria facilitates the reliable diagnosis of DSN and
its differentiation from similar neoplasms.
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PATHOLOGICA 2008;100:185-188
CASE
REPORT
Respiratory epithelial adenomatoid hamartoma:
case report and literature review
Amartoma epiteliale respiratorio: caso clinico e revisione della letteratura
R. CALTABIANO, S. COCUZZA*, S. MAIRA*, A. GURRERA, A. SERRA*, S. LANZAFAME
Department “G.F. Ingrassia”, Section of Anatomic Pathology, University of Catania, Italy; * Otolaryngology Section,
Department of Medicine and Surgery, University of Catania, Italy
Key words
Respiratory epithelial adenomatoid hamartoma • Nasal cavity •
Differential diagnosis
Summary
Parole chiave
Amartoma epiteliale respiratorio • Cavità nasale • Diagnosi differenziale
Riassunto
We report a case of a 29-year-old male patient with a respiratory
epithelial adenomatoid hamartoma (REAH) of the nasal cavity.
REAH is a polypoid proliferation of glandular spaces lined by
ciliated epithelium and goblet cells in the upper aerodigestive
tract. Although REAHs are benign lesions, they may be confused
with a variety of other pathologies such as inflammatory polyps,
inverted Schneiderian papillomas and low-grade sinonasal adenocarcinomas. The recognition of this entity is important as
complete excision is curative.
Viene descritto un caso di amartoma epiteliale adenomatoide
respiratorio della cavità nasale insorto in un paziente di 29
anni. L’amartoma epiteliale adenomatoide respiratorio è una
lesione polipoide caratterizzata dalla proliferazione di spazi
ghiandolari delimitati da epitelio ciliato e cellule caliciformi,
localizzata nel tratto aero-digestivo superiore. Sebbene si tratti
di una lesione benigna, può essere confusa con altre patologie
come i polipi infiammatori, i papillomi schneideriani invertiti e
l’adenocarcinoma naso-sinusale di basso grado. Il riconoscimento di questa entità è importante perché la completa escissione è curativa.
Introduction
adenocarcinomas. The recognition of this entity is important as complete excision is curative.
The term hamartoma, first reported by Albrecht in
1904, describes a benign malformation or inborn error
of tissue development 1. Development of hamartomas
may involve errors during foetal growth or can develop
from disturbances of immature tissues in the postnatal
period 2. Hamartomas originate from excessive proliferation of otherwise normal local tissue components,
but lack the normal architecture of surrounding tissue.
Hamartomas of the nasal cavity and paranasal sinuses
are very rare 3. The respiratory epithelial adenomatoid
hamartoma (REAH), first described by Wenig and
Heffner in 1995, is a polypoid proliferation of glandular spaces lined by ciliated epithelium and goblet cells
in the upper aerodigestive tract 4. Although REAHs are
benign lesions, they may be confused with a variety of
other pathologies such as inflammatory polyps, inverted Schneiderian papillomas and low-grade sinonasal
Case report
A 29-year-old male patient came to our observation
complaining of progressive and worsening nasal obstruction. The lesion initially involved the right side of
the nose, but after a few months became bilateral with
forced oral respiration and led to anosmia. The patient
denied any seasonal allergies or smoking history. The
endoscopic nasal evaluation, carried out with flexible
optical instrument, showed a large lesion having a
smooth surface, devoid of ulceration and bleeding. It
entirely occupied the right nasal cavity and extended to
the rhinopharynx, with abundant mucopurulent exudates. A computerized tomography (CT) scan showed that
the lesion arose from the right sphenoidal sinus (Fig. 1).
Correspondence
Prof. Salvatore Lanzafame, Dipartimento “G.F. Ingrassia”, Sezione di Anatomia Patologica, Università di Catania, via Santa Sofia
87, 95123 Catania, Italy - Tel. +39 095 3782022 - Fax +39 095
3782023 - E-mail: [email protected]
186
Fig. 1. Preoperative axial CT scan showing the mass that occupied the right sphenoidal sinus and the nasal cavity.
Magnetic resonance imaging (MRI) with gadolinium
showed contrast enhancing without infiltration of the
neighbouring bony structures (Fig. 2). Therefore, after
antibiotic and steroid therapy to reduce inflammation,
secretion and tissue oedema, the patient underwent
surgical treatment under general anaesthesia with a
microsurgical endoscopic intranasal approach to the
sphenoidal sinus via the transethmoid. In this way, after
widening the sphenoidal ostium, it was possible to resect the entire intrasphenoidal and intranasal lesion.
Fig. 2. Preoperative axial T1 weighted MRI after gadolinium injection. Intense enhancement of the mass signal is evident. Signs of
invasion of the surrounding structures are absent.
R. CALTABIANO ET AL.
Fig. 3. Large, tender and fleshy polyp with smooth surface.
Macroscopic inspection revealed a large, tender and
fleshy polyp, 6.5 cm in diameter, with a smooth and
microcystic cut surface (Fig. 3). Upon histological evaluation, the lesion consisted of a proliferation of several
glandular spaces with different shapes and sizes, and an
adenomatoid appearance embedded in an oedematous
and inflammatory background (Fig. 4). The glands
were lined by a monolayer of flat ciliated respiratory
epithelium, with occasional mucous cells and mucinous
luminal contents (Fig. 5). The surface of the lesion was
lined by ciliated respiratory epithelium, which was in
direct continuity with glands. Membrane-like material
deposits were present around glands. Lack of atypia
and prominent desmoplastic stroma, and low MIB-1
labelling index (Fig. 6), limited to the p63 positive basal
Fig. 4. The lesion consisted of a proliferation with several glandular spaces having different shapes and sizes. The glands were
lined by a monolayer flat ciliated respiratory epithelium, with
occasional mucous cells and mucinous luminal contents. The
surface of the lesion was lined by ciliated respiratory epithelium
(haematoxylin and eosin, x 5).
RESPIRATORY EPITHELIAL ADENOMATOID HAMARTOMA
Fig. 5. The glands were lined by a monolayer flat ciliated respiratory epithelium, with occasional mucous cells and mucinous
luminal contents (haematoxylin and eosin, x 10).
Fig. 6. A low MIB-1 labelling index was seen.
cell layers around glands, were helpful to exclude low
grade sinonasal adenocarcinoma. Therefore, a diagnosis
of REAH of the right sphenoidal sinus was made. The
post-operative course was uneventful, and the clinical
and radiological follow-up carried out to 6 months did
not reveal signs of local relapse.
Discussion
Hamartomas of the sinonasal tract and nasopharynx
are uncommon, and include REAH, glandular (seromucinous) hamartoma 3, mesenchymal hamartoma 5 and
chondroosseous respiratory epithelial hamartoma 6. They
are tumour-like malformations resulting from excessive
proliferation of otherwise normal local tissue components.
The capacity of growth is usually limited with a benign
biological behaviour. REAH are relative rare lesions,
first characterised in 1995 by Wenig and Heffner 4, with
distinctive clinical and histopathologic features. They
187
usually occur in the nasal cavity, paranasal sinuses and nasopharynx, and originate from the Schneiderian or surface
nasopharyngeal epithelium.
Two case reports have described occurrence in the maxillary sinus 7 8. The aetiology of REAH is obscure, and
most authors have proposed an inflammatory stimulus
as the initiating factor 4, while others have suggested
that it represents an exuberant hyperplasia of respiratory
epithelium in an inflammatory polyp 7. However there is
no molecular or clinical evidence to support that REAH
is a hamartomatous proliferation. As recently reported
in the literature, REAHs show a high number of allelic
imbalances as in sinonasal adenocarcinoma 9. Therefore,
these results suggest the possibility that REAH may be a
benign neoplasm rather than a hamartoma.
The age for their occurrence is highly variable, ranging
from the third to ninth decade of life, with predilection
for men. As in our patient, symptoms are non-specific
and usually include epistaxis, rhinitis/sinusitis, nasal
obstruction and allergy-like symptoms. In some cases,
patients complain of other symptoms like headaches,
facial pain, proptosis and hyposmia 10-12.
At gross examination, they have the appearance of
an inflammatory polyp characterised by a large,
tender and fleshy lesion, with smooth and microcystic cut surface. On low-power examination REAHs
contain large numbers of glandular spaces, with an
adenomatoid appearance, lined by respiratory ciliated
epithelium, often flat, with occasionally goblet cells
originating from the surface epithelium, embedded
in an inflammatory, oedematous background. Rarely,
foci of squamous metaplasia or metaplastic bone may
be observed. Considering the adenomatoid appearance, many pathologists have hypothesised that REAHs
originate from the seromucinous stromal glands of the
upper respiratory tract, but upon careful examination,
the glandular spaces are lined with respiratory ciliated
epithelium 13.
REAHs require full evaluation with CT and MRI with
contrast to determine the extent of the lesion, bony
defects and intracranial involvement. The treatment of
choice is complete local resection. If completely removed prognosis is good, with little or no risk of recurrence. In our case no respiratory problems were evident
after 6 months. Postoperative CT gave no evidence of
either remaining tumour or recurrence. REAHs must
be distinguished from inflammatory polyps, inverted Schneiderian papillomas, and low-grade sinonasal
adenocarcinoma. Although inflammatory polyps and
REAH have similar macroscopic appearances, the latter are usually more indurated and, histologically, the
glandular component is more conspicuous 4. Inverted
Schneiderian papilloma have stratified squamous epithelium compared to single-layered ciliated epithelium
in glandular space of REAH 7. Some REAH lead to misdiagnosis with a low-grade sinonasal adenocarcinoma
that originate from the surface epithelium. However the
latter present a complex microglandular appearance,
with back-to-back arrangement without intervening
R. CALTABIANO ET AL.
188
stroma. Glands of adenocarcinoma show pleomorphism
and an increased mitotic index. Adenocarcinoma also
have a tendency to produce a desmoplastic response
in the adjacent connective tissue. Lack of atypia and
prominent desmoplastic stroma are helpful to exclude a
low grade sinonasal adenocarcinoma 7. Lastly, the low
reactivity for MIB-1, limited to the p63 positive basal
cell layers around glands 14, can distinguish REAH from
adenocarcinoma.
In conclusion, clinicians and pathologists must be aware that distinguishing REAH from low grade sinonasal
adenocarcinoma is crucial since a limited but complete
surgical resection is the treatment of choice of REAH,
after which there are no instances of recurrent disease.
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PATHOLOGICA 2008;100:189-191
CASE
REPORT
A pulmonary mucinous cystic tumour
of borderline malignancy
Un tumore cistico mucinoso del polmone a malignità borderline
D. BACHA, A. AYADI-KADDOUR, B. SMATI*, T. KILANI*, F. EL MEZNI
Department of Pathology, Abderrahmen Mami Hospital, 2080 Ariana, Tunisia; * Department of Thoracic Surgery,
Abderrahmen Mami Hospital, 2080 Ariana, Tunisia
Key words
Lung • Mucinous tumor • Cyst • Malignancy • Differential diagnosis
Summary
Parole chiave
Polmone • Tumore mucinoso • Ciste • Malignità • Diagnosi differenziale
Riassunto
We report a well-documented case of pulmonary mucinous cystic
tumour of borderline malignancy involving the left lower lobe.
The lesion was found incidentally by chest radiograph and CT
scan with a provisional diagnosis of bronchioloalveolar carcinoma. The tumour was 4 cm in its greatest dimension, cystic and
filled with gelatinous mucus. Microscopically, the neoplastic
mucinous epithelium was composed of cuboidal cells with focally nuclear stratification and mild to moderate nuclear atypia.
The patient has remained free from recurrence or metastases for
6 years.
Pulmonary mucinous cystic tumour of borderline malignancy
is a rare, recently described neoplasm, which spans a spectrum
of tumours with malignant potential. The recent World Health
Organization classification of lung tumours does not recognize
this entity, which has a very good prognosis, and as such should
be distinguished from classic pulmonary adenocarcinoma. Histological diagnosis can be difficult to distinguish from cystic
bronchioloalveolar carcinoma or metastatic mucinous adenocarcinoma.
Riportiamo un ben documentato caso di tumore polmonare
mucinoso cistico a malignità borderline che coinvolge il lobo
inferiore sinistro. La lesione è stata trovata incidentalmente
tramite radiografia al torace e TAC con una diagnosi di carcinoma broncoalveolare. Il tumore, cistico e pieno di muco
gelatinoso, ha raggiunto i 4 cm di dimensione massima. Al
microscopio, l’epitelio neoplastico mucinoso era composto da
cellule cuboidali con stratificazione nucleare prominente e atipia
nucleare di entità da lieve a moderata. Il paziente è rimasto
libero da recidive o metastasi per 6 anni. Il tumore polmonare
mucinoso cistico a malignità borderline è una neoplasia rara,
di recente descrizione, che attraversa uno spettro di tumori con
potenziale malignità. La recente classificazione dei tumori polmonari dell’OMS non riconosce questa entità che ha una buona
prognosi e, come tale, dovrebbe essere distinta dal classico
adenocarcinoma polmonare. La diagnosi istologica può risultare difficoltosa nel distinguere fra carcinoma broncoalveolare
cistico o metastatico.
Introduction
tumours of the ovary and appendix 2-4. Here, we report
a well-documented case of pulmonary mucinous cystic
tumour of borderline malignancy involving the left
lower lobe.
Primary mucinous tumours of the lung are rare neoplasms. Both the benign (mucinous cystadenoma) and
malignant forms (mucinous cystadenocarcinoma) are
recognized by the recent World Health Organization
(WHO) classification of lung tumours 1. In some cases,
only anomalous cell structures or atypical cytologic
findings are found, making it extremely difficult to
establish a firm diagnosis of adenocarcinoma, as in the
present case. Diagnosis in such cases is primary mucinous tumour of borderline malignancy, described by
many Authors, similarly to the more common mucinous
Case report
A 79-year-old woman presented with solitary pulmonary mass found incidentally on chest radiograph, which
showed a round mass with soft tissue density, lying posteriorly in the left lower lobe. Computed tomography
of the chest revealed a solitary mass of tissular density,
Correspondence
Dr Bacha Dhouha, Pathology department, Beaujon’s Hospital,
100 Boulevard du Général Leclerc, 92110, Clichy, France - Tel.
+33 632 168466 - Fax +01 40 870077 - E-mail: dhouhabacha@
voila.fr
D. BACHA ET AL.
190
Fig. 1. Multiloculated mucus-filled cyst with largely denuded
epithelium (haematoxylin and eosin, x 40).
4 cm in its greatest dimension, in the left lower lobe
with an open bronchus sign and without evidence of
calcification. These features strongly resemble those
found in bronchioloalveolar carcinoma. Diminished
breath sounds were noted at the base of the left lung. No
rales were heard. Results of abdominal and gynaecological examinations were negative. A tuberculin test and
3 sputum smears were negative. Bronchoscopy and left
lower lobe biopsy were unremarkable. A lobectomy was
performed. The left lower lobe contained a multilocular
cyst 4 cm in diameter, ill-circumscribed and with a central cavity filled with gray gelatinous translucent mucus.
No solid tumour areas were identified. Microscopically,
the tumour was paucicellular filled by lakes of grayish
mucin (Fig. 1). There were detached clumps or strands
of mucinous epithelium within the mucin lakes. The
neoplastic mucinous epithelium was composed of columnar and cuboidal cells demonstrated basally located
small nuclei with focally nuclear stratification and mild
to moderate nuclear atypia (Fig. 2). There were no solid areas at the periphery, no adhesion to adjacent lobe
Fig. 2. Columnar mucin secreting cells with stratification and
mild nuclear atypia (haematoxylin and eosin, x 400).
Fig. 3. Tumour cells stained with antibodies to cytokeratin 7 (CK7)
(arrow) and CK20 (x 200).
and no pleura or microscopic focus of invasion. The
adjacent lung parenchyma was focally stretched and
showed a foreign body-type inflammatory reaction to
the dissected mucin.
Immunohistochemically, tumour cells expressed cytokeratin 20 (CK20) strongly and CK7 focally and weakly
(Fig. 3). There was no expression of surfactant proteins
A and B or TTF1 (thyroid transcription factor 1).
The postoperative course was unremarkable. The patient remains well and has no signs of recurrence after
computed tomography scan of the chest, 6 years after
the treatment.
Discussion
Mucinous cystic tumours of borderline malignancy are
well described in many organs such as the appendix, ovary
and pancreas. In the lung, this entity is not recognized in
the recent WHO classification system 1. The first case was
reported in 1978 by Gowar as “an unusual mucous cyst of
the lung”, and only 43 cases have subsequently been described in the literature in case reports and small series 5-7. The
largest single series, 11 cases, was reported by Graeme-
PULMONARY MUCINOUS CYSTIC TUMOUR
Cook and Mark in 1991 6. The presentation varies from an
incidental finding in an asymptomatic patient to persistent
cough, chest pain dyspnoea, pneumothorax and unresolved pneumonia 6. Pulmonary mucinous cystic tumours
of borderline malignancy (PMTBMs) are histologically
similar to appendiceal and ovarian mucinous tumours of
borderline malignancy. Adequate sampling of the specimen
is important, as cellularity is variable in these neoplasms.
The tumour was unilocular or multilocular with locules
separated by fibrous septa or stretched alveolar walls. A
columnar mucus-producing epithelium lined the cysts in
all cases, with foci of nuclear stratification with papillary
epithelial projections, tufting, mild to moderate nuclear
atypia, hyperchromatism and occasional mitoses. In one
case, numerous smaller cystic masses were attached to the
parietal pleura giving the appearance of a pseudomyxoma
as a passive process after local rupture 5.
Mucicarmine, periodic acid-Schiff and Alcian blue stains
are usually strongly positive, as neutral and acid mucopolysaccharide are both present within cyst contents and also
within the cytoplasm of the epithelial cyst lining 6. Immunohistochemical analysis was not performed in all reported
cases 4-8. Tumour cells showed positivity for cytokeratin 7.
Staining for TTF1 and CK20 is variable 2 9. Ki-67 proliferation indices are usually less than 10% 9. In a small biopsy or
fine-needle aspiration specimen, neoplastic epithelial cells
might be overshadowed by copious mucin and/or granulomatous inflammation 9. PMTBMs should be distinguished
from a variety of pulmonary neoplasms, including cystic
bronchioloalveolar carcinoma or arising from a congenital
cyst, metastatic mucinous adenocarcinoma and mucoepidermoid carcinoma. Other differential diagnoses include
benign mucinous cystadenoma, bronchial mucous gland
adenoma and mucoceles 2 3 6. The exclusion of metastases
from the ovary, breast, pancreas and gastrointestinal tract
and requires comprehensive clinical and radiological examination because immunohistochemistry is unlikely to be helpful. Mucinous cystadenoma is extremely paucicellular and
lack cytologic atypia 3. The presence of solid invasive areas
and marked architectural or cytologic atypia, including prominent nuclear stratification, nuclear enlargement or high
nuclear/cytoplasmic ratio prominent nucleoli and frequent
mitosis, indicate malignancy 9. Mucous gland adenoma and
191
mucoepidermoid carcinoma share an endobronchial location
and microcystic appearance, in contrast with the peripheral
location and macrocystic morphologic features of PMTBMs. Squamous and intermediate cells that are typical for
mucoepidermoid carcinoma cannot be seen in PMTBMs.
Well-differentiated mucinous bronchioloalveolar carcinoma
are difficult to distinguish from PMTBM, especially when
secondary cavitations or cysts develop through necrosis,
which is recorded as a complication of bronchioloalveolar
carcinoma in up to 20% of cases 9. However, the nonnecrotic area of bronchioloalveolar carcinoma usually shows
characteristically homogeneous cellularity with a lepidic
growth pattern along pre-existing alveolar walls. Necrosis is
not a feature of PMTBM. Previously reported cases suggest
a histologic spectrum from benign mucinous cystadenoma
to PMTBM to well-differentiated mucinous cystadenocarcinoma. However, there is no molecular evidence to support
such a concept.
Reported cases have been treated with surgery alone by
either lobectomy or limited resection.
After a follow-up from 1 to 9.5 years, only one patient
recurred locally following initial limited resection, and
was treated with lobectomy 6-10. Another patient died of the
toxic effects of amitriptyline, a tricyclic antidepressant 9.
Given the above, the prognosis of PMTBM would appear
to be good following complete, margin-negative resection,
and significantly better than classic mucinous carcinomas.
The role of adjuvant therapy in this tumour is undefined,
but is probably limited. The term “borderline” will alert
the treating physician to the possibility of malignant transformation and the necessity for close follow-up.
Conclusion
PMTBM is a rare, recently described neoplasm, which
spans a spectrum of malignant potential. It is usually
asymptomatic and manifests as an incidental finding on
chest radiographs. Histological diagnosis can be difficult
to distinguish from a variety of pulmonary neoplasms, including cystic bronchioloalveolar carcinoma or metastatic
mucinous adenocarcinoma. Several fundamental aspects justify its existence in future classifications of lung tumours.
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PATHOLOGICA 2008;100:192-196
CASO
CLINICO
Adeno-mioepitelioma a cellule chiare
della ghiandola ceruminosa
Clear cell adenomyoepithelioma of the ceruminous gland
A. DI BLASI, G. FERRARA, G. ANTINOLFI*, A.M. DALENA, F. ANTINOLFI*
A.O. “Gaetano Rummo”, Benevento, UOC Anatomia Patologica; * A.O. “Vincenzo Monaldi”, U.O.C. Anatomia Patologica, Napoli
Parole chiave
Ghiandola ceruminosa • Cellula chiara mioepiteliale • Inclusioni
cristalline
Riassunto
Key words
Ceruminous gland • Myoepithelial clear cell • Crystalline inclusions
Summary
I tumori delle ghiandole ceruminose sono rare entità. Noi descriviamo un caso di neoplasia ceruminosa con quadro morfologico complesso caratterizzato da uno stroma fibroso ialino con
strutture duttali a doppio strato epiteliale e noduli composti da
cellule chiare ad ampio citoplasma Pas-positivo. Nei noduli tra le
cellule chiare si riconoscono piccoli dotti con aspetti di secrezione apocrina. Lingue stromali infiltrate da linfociti si invaginano
nei noduli creando un quadro tipo linfadenoma. Tra le cellule
chiare si riconoscono numerosi corpi inclusi cristallini eosinofili
Pas-positivi rifrangenti con morfologia floreale a petali (gerbera)
o a fuoco d’artificio. All’analisi immunoistochimica le strutture
duttali mostrano intensa espressione di CK pan, CK7, CK18,
CK19, EMA e GCDFP-15. Le cellule epiteliali basali dei dotti
sono positive per CK5, p63, calponina, SMA. Le cellule chiare
sono debolmente positive per CK18 ed esprimono vimentina,
proteina S100 e focalmente GFAP. Esse sono invece negative per
calponina, p63, caldesmone, SMA e MSA. Questo risultato conferma la natura mioepiteliale delle cellule chiare (pur in presenza
di un corredo antigenico incompleto) e permette di formulare la
diagnosi di adeno-mioepitelioma della ghiandola ceruminosa. La
lesione presenta caratteri morfologici di benignità. La paziente è
una donna di 47 anni che all’ultimo follow-up a tre anni dall’intervento chirurgico non mostra segni di malattia.
Ceruminous gland tumours are rare neoplasms. We describe a
case of a ceruminous tumour with complex morphology characterised by fibrous hyaline stroma bilayered epithelial ductal
structures and nodules of tightly arranged clear cells with abundant Pas-positive cytoplasm. Within nodules among clear cells
delicate apocrine ducts were found. Stromal tongues infiltrated
with lymphocytes invaginated into nodules producing a lymphadenomatous pattern. Among clear cells, there are also numerous
eosinophilic, Pas-positive refractile crystalline inclusions that
appeared as floral petals (gerbera) or as a firework-like pattern.
By immunohistochemistry, ductal structures were reactive for
CK pan, CK7, CK18, CK19, EMA and GCDFP-15. Epithelial
ductal basal cells were reactive for CK5, p63, calponin and SMA.
Clear cells were weakly positive for CK18 and strongly positive
for vimentin; they also displayed S100 protein and focal GFAP
immunoreactivity. Interestingly clear cells lacked immunostaining for calponin, p63, caldesmone, SMA and MSA. This result
supports the myoepithelial nature of clear cells, which have lost
some antigenic specificities, and the diagnosis of adenomyoepithelioma of the ceruminous gland. The lesion appears morphologically benign. The patient is a 47-year-old woman with no
evidence of disease after 3 years of follow-up.
Introduzione
Caso clinico-patologico
Le ghiandole sudoripare apocrine sono presenti in ascella ed in regione inguinale, anogenitale, periombelicale e
periareolare. Esistono inoltre ghiandole apocrine specializzate in altra sede: le ghiandole di Moll palpebrali e le
ghiandole ceruminose del condotto uditivo esterno. Le
neoplasie delle ghiandole ceruminose sono rare entità.
Questo lavoro descrive un caso di neoplasia ceruminosa
con i caratteri morfologici dell’adeno-mioepitelioma a
cellule chiare.
La paziente di sesso femminile di anni 47 si presenta a
visita ORL con ipoacusia e sensazione di ingombro a
livello del canale uditivo destro. L’ispezione del canale
evidenzia una tumefazione nel terzo esterno del condotto; la membrana timpanica è indenne. La lesione viene
sottoposta ad una prima piccola biopsia incisionale e
dopo 6 mesi in altra sede ospedaliera a biopsia escissionale (biopsia di cm 2,5 di diametro). L’esame istologico mostra una epidermide iperplastica con fibrosi del
Corrispondenza
Dott. Arturo Di Blasi, A.O. “G. Rummo”, UOC Anatomia Patologica, via dell’Angelo 1, 82100 Benevento, Italy - Tel. +39 0824
57334 / 57332 - E-mail: arturo.diblasi @ tin.it
ADENO-MIOEPITELIOMA A CELLULE CHIARE DELLA GHIANDOLA CERUMINOSA
Fig. 1. A) visione panoramica con in basso a sinistra la ghiandola
ceruminosa infiltrata da tessuto linfoide follicolare ed in alto a
destra il tessuto neoplastico con pattern nodulare ed infiltrazione linfocitaria stromale (E.E.). B) tessuto neoplastico costituito
da noduli chiari in alcuni dei quali si invaginano lingue stromali
infiltrate da linfociti (PAS).
derma e marginalmente una ghiandola ceruminosa con
strutture duttali dilatate (la ghiandola è riconoscibile per
il caratteristico pigmento bruno giallastro nelle cellule
luminali). Lo stroma della ghiandola ceruminosa è infiltrato da grossi follicoli linfoidi con centri germinativi
(Fig. 1 A). Nel derma in posizione centrale si riconosce
una neoformazione non capsulata presentante un pattern
di crescita nodulare (Fig. 1 A e B). I noduli sono chiari
in E.E. perché composti da una popolazione di cellule ad
ampio citoplasma chiaro con contorni mal definiti (Fig.
2). Le cellule chiare presentano citoplasma glicogenato
PAS positivo diastasi negativo. Tra queste cellule sono
presenti isolate formazioni duttali con aspetti di secrezione apocrina per decapitazione (Fig. 2) e numerosi
corpi cristalloidi eosinofili rifrangenti, PAS positivi, azzurri alla tricromica di Masson, con morfologia floreale
a petalo (gerbera) o a fuoco d’artificio (Fig. 2 inserto).
Nei noduli si osserva inoltre l’introflessione di lingue
stromali con denso infiltrato linfocitario (Fig. 1 B). Le
cellule chiare presentano focalmente nuclei ingranditi
193
Fig. 2. popolazione a cellule chiare con inclusioni cristalline eosinofile ed una struttura duttale con aspetti di secrezione apocrina
(E.E.); nell’inserto due corpi inclusi cristalloidi PAS positivi.
ed irregolari. Non si riconoscono figure mitotiche in
questa popolazione. Lo stroma tra i noduli è di tipo fibroso ialino; in esso si osservano numerose formazioni
duttali di ampio calibro. Queste strutture presentano un
epitelio a doppio strato con componente basale iperplastica. La marcatura immunoistochimica consente di
valutare le due componenti istologiche: cellule duttali e
cellule chiare. La ghiandola ceruminosa adiacente è un
utile controllo interno per le reazioni. Le strutture duttali
esprimono CK pan (AE1/AE3 e MNF116), CK 7, CK18
e CK19. Le cellule basali dei dotti esprimono CK ad alto
peso (CK5 e 34 betaE12). EMA è espresso sul bordo luminale dei dotti. Il CEA presenta solo focale espressione
nei dotti. La GCDFP-15 è espressa dalle cellule duttali a
conferma della natura apocrina della neoformazione. Le
cellule chiare sono negative per CK pan ed esprimono
delicatamente CK18 e solo focalmente CK 7 (Fig. 3 A,
3 B). Esse sono negative per citocheratine basali, per
EMA, per CEA, per GCDFP-15 e per cromogranina A.
Riconosciuta la loro solo parziale espressione di marcatori epiteliali, le cellule chiare vengono testate con
marcatori mesenchimali. Esse esprimono Vimentina
(Fig. 4 A), proteina S100 e focalmente GFAP (Fig. 4
B). Altri marcatori mioepiteliali, quali SMA, MSA, p63,
calponina e caldesmone sono negativi. Questo risultato
può confermare la natura mioepiteliale delle cellule
chiare. L’abbondante popolazione linfocitaria presente nella neoformazione e nella ghiandola ceruminosa
esprime in prevalenza CD20. I corpi cristalloidi tra le
cellule chiare sono negativi per collagene IV. Il Ki67
index nella popolazione a cellule chiare è pari al 2%.
La valutazione morfologica ed immunoistochimica del
tessuto neoformato favorisce la diagnosi di neoplasia
apocrina della ghiandola ceruminosa con i caratteri
dell’adeno-mioepitelioma a cellule chiare. La lesione
viene considerata benigna. Il follow-up della paziente a
tre anni è negativo.
A. DI BLASI ET AL.
194
Fig. 3. A) la CK pan (AE1-AE3) marca i dotti all’interno ed al di
fuori dei noduli; le cellule chiare negative formano con l’epitelio
duttale una lesione mioepiteliale complessa. B) la CK 18 marca le
strutture duttali e delicatamente le cellule chiare del nodulo.
Materiali e metodi
Sono state allestite dalla paraffina sezioni istologiche
per la colorazione EE, Tricromica di Masson, PAS e
PAS-D. Lo studio immunoistochimico su sezioni sottili
da paraffina è stato eseguito sui due campioni bioptici
con lavorazione manuale ed in automazione. In entrambi
i casi è stato utilizzato un sistema di rivelazione biotinastreptavidina-DAB. Sono stati utilizzati i seguenti sieri:
CK pan (DAKO, clone MNF116, pepsina, 1:100), CK
pan (AE1-AE3, Novocastra, citrato, 1:250), CK 7 (Biogenex, OV-TL12/30, pepsina, 1:200), CK 18 (Novocastra, DC-10, citrato, citrato 1:100), CK 19 (Novocastra,
b170, pepsina, 1:150), CK 5 (Novocastra, M26, citrato,
1:100), EMA (Novocastra, GP1.4, citrato, 1:100), CEA
(Novocastra, CD66, citrato, 1:200), GCDFP-15 (Novocastra, 23A3, citrato, 1:40), Vimentina (Dako, V9,
citrato, 1:50), p63 (Biocare Medical, BC4A4, citrato,
1:200), Calponina (Novocastra, CALP, EDTA, 1:75
e citrato, 1:100); Proteina S100 (Dako, policlonale,
1:1500), MSA (Neomarkers, HHF35, citrato, 1:100),
Fig. 4. A) la Vimentina marca intensamente le cellule chiare del
nodulo; B) le cellule chiare presentano tenue espressione di
GFAP.
GFAP (Novocastra, GA5, citrato 1:100), Caldesmone
(Dako, h-cd1, proteasi, 1:50), SMA (Neomarkers, 1A4,
1: 400), Collagene IV (Biogenex, COL 4, pepsina, prediluito), CD20 (Dako, L26, citrato, 1:400), CD3 (Novocastra, PS1, citrato, pronto uso), MIB1 (Dako, Ki67,
citrato, prediluito), Cromogranina A (Novocastra, 5H7,
citrato, 1:100).
Discussione
Le ghiandole ceruminose sono ghiandole sudoripare
apocrine specializzate del condotto uditivo esterno.
Esse sono situate nel derma profondo in prossimità del
piano cartilagineo presente nella porzione esterna del
canale. Le ghiandole ceruminose hanno una struttura
simile a quella delle ghiandole sudorali con il gomitolo
secretorio (coil), il dotto escretorio ed il dotto terminale che si apre nel follicolo. Sul piano istologico la
ghiandola è composta da cellule secretorie colonnari
con secrezione di tipo apocrino per decapitazione apicale e da uno strato esterno di cellule mioepiteliali. Le
cellule secretorie contengono nel citoplasma granuli di
ADENO-MIOEPITELIOMA A CELLULE CHIARE DELLA GHIANDOLA CERUMINOSA
pigmento lipoproteico giallo-brunastro positivo al PAS
(Sudan black e Ziehl-Neelsen). Il secreto delle ghiandole ceruminose è un fluido acquoso che si mescola con
quello delle ghiandole sebacee andando a formare il cerume, sostanza densa brunastra che umetta la superficie
cutanea del condotto e che “ostacola con il suo sapore
amaro l’ingresso nel canale di insetti e vermi” (Chiarugi). Le neoplasie derivanti dalle ghiandole ceruminose
sono entità rare con istotipi in comune con le neoplasie
sudoripare apocrine cutanee. Requena, Kiryu e Ackerman 1 hanno riclassificato le neoplasie cutanee annessiali apocrine inserendo nel loro capitolo entità che in
precedenza erano considerate esclusivamente di tipo
eccrino. Nella definizione della natura apocrina di una
neoplasia può essere utile l’impiego di una marcatura
immunoistochimica: marcatori apocrini sono lisozima,
Leu M1 e GCDFP-15 2. Il volume WHO Pathology
and Genetics of Head and Neck Tumours (ed. 2005)
presenta nel capitolo dei Tumori dell’Orecchio Esterno
la sezione delle neoplasie derivanti dalle ghiandole
ceruminose 3. Sono descritte forme benigne (adenoma
tubulare, siringoma condroide o tumore misto, siringocistoadenoma papillifero, cilindroma) e forme maligne
(adenocarcinoma nas, carcinoma adenoideo cistico, carcinoma mucoepidermoide). Il termine “ceruminoma”
può essere riferito a tutte queste entità o in senso più
restrittivo al solo adenoma tubulare. Un lavoro del 2004
del Dipartimento di Patologia Testa e Collo AFIP propone una casistica di 41 neoplasie delle ghiandole ceruminose osservate nel periodo 1970-2000 4. La casistica
comprende 36 casi di adenoma tubulare, 4 casi di tumore misto e un caso di siringo cistoadenoma papillifero.
Nel follow-up post-chirurgico sono riportate 4 recidive
per escissione incompleta; tutti i pazienti risultano liberi
da malattia all’ultimo controllo. La nostra segnalazione
di neoplasia ceruminosa ad istotipo adeno-mioepiteliale
non trova riscontro in letteratura. Abbiamo studiato una
lesione a struttura mista: duttale e nodulare. I noduli
sono costituiti da cellule chiare e presentano al loro
interno un infiltrato linfocitario B che crea talora un
pattern tipo linfoadenoma. Il linfadenoma cutaneo è
una neoplasia considerata variante del tricoblastoma,
ma sono stati segnalati anche casi con differenziazione
duttale di possibile derivazione sudorale 5. Nei noduli
tra le cellule chiare sono presenti strutture duttali con
espressione del marcatore apocrino GCDFP-15. Tra
i noduli nella fibrosi si osservano strutture duttali di
ampie dimensioni. Le cellule chiare dei noduli hanno
un immunoprofilo misto con espressione limitata dei
marcatori epiteliali CK7 e CK18 e con più consistente
espressione dei marcatori mesenchimali mioepiteliali:
Vimentina, Proteina S100 e GFAP monoclonale. Esse
sono invece negative per altri marcatori mioepiteliali
come p 63, Calponina, Caldesmone, SMA e MSA. Questo risultato permette di confermare la natura mioepiteliale delle cellule chiare pur in presenza di un fenotipo
solo parzialmente espresso.
Questa evenienza non sorprende: le cellule di una neoplasia mioepiteliale presentano in genere una marcatura
195
incompleta. Nella casistica di 14 lesioni mioepiteliali
cutanee presentata nel 2004 da Hornick e Fletcher 6 il marcatore mioepiteliale più frequentemente individuato nelle
cellule è la proteina S100 (93%) e quello meno frequentemente riscontrato la p63 (27%). La seconda componente
presente nella neoformazione da noi descritta è quella duttale. Lo studio delle citocheratine frazionate fornisce per
queste strutture un risultato tipico degli epiteli complessi
con doppia componente luminale e basale. Le citocheratine ad alto peso 34betaE12 e CK5 sono espresse nelle
cellule basali, mentre le cellule luminali sono marcate da
CK pan, CK7, CK18, CK19. Il CEA è focalmente espresso sul bordo luminale di alcuni dotti. La neoformazione
presenta tra i noduli ed i dotti uno stroma sclero ialino che
non appare significativo per la diagnosi di tumore misto.
A tal proposito, Mentzel et al., presentando una casistica
di 20 lesioni mioepiteliali cutanee, suggeriscono l’esistenza un continuum morfologico che va dal tumore misto al
mioepitelioma a seconda del prevalere delle singole componenti 7. Un ulteriore quesito morfologico proposto dal
caso descritto è rappresentato dalle inclusioni eosinofile
cristalloidi rifrangenti in luce polarizzata, che presentano
una elegante morfologia floreale a petali (gerbera) o a
fuoco d’artificio, che sono numerose tra le cellule chiare
mioepiteliali. Esse sono PAS-positive e -negative al collagene IV (non sono costituite da membrana basale). Si
può ipotizzare una loro derivazione diretta dalle cellule
chiare mioepiteliali. Inclusioni cristalloidi simili ricche di
tirosina possono essere presenti nei tumori misti salivari
ove sono ritenute un prodotto di secrezione delle cellule
mioepiteliali nello stroma collagene 8. Definita l’istogenesi resta da chiarire la natura biologica della lesione. Essa
appare priva di caratteri di malignità.
Il nostro orientamento è stato confortato dal follow-up
che a circa tre anni di distanza dall’escissione è negativo. La diagnosi differenziale proposta dal caso descritto
è in prima istanza con lesioni cutanee a cellule chiare
di derivazione annessiale. Tra queste l’idroadenoma a
cellule chiare che è una neoplasia annessiale anche apocrina, simile al poroma, presentante un pattern nodulare
con cheratinociti che mostrano chiarificazione (cellule
glicogenate). Altra possibile DD riguarda lesioni proliferative istiocitarie che possono essere riconosciute per
l’immunoprofilo specifico (CD68+). Mioepiteliomi cutanei a cellule epitelioidi o ialino-plasmocitoidi (eosinofile e non chiare) possono entrare in DD con lesioni non
epiteliali come il fibroistiocitoma epitelioide ed il nevo
di Spitz 5. A livello del condotto uditivo esterno una
neoformazione delle ghiandole ceruminose va differenziata anche dall’adenoma dell’orecchio medio. Questa
neoplasia può in rari casi attraversare la membrana del
timpano e presentarsi nel canale esterno 9. L’adenoma
dell’orecchio medio è costituito da strutture ghiandolari
tra loro addossate delimitate da cellule cubico-cilindriche, prive di strato mioepiteliale. In questa neoplasia
è descritta una differenziazione neuroendocrina. Il
“ceruminoma” oltre ad associarsi ad una membrana del
timpano integra, presenta una componente mioepiteliale
evidente ed è negativo alla ricerca di marcatori neuroe-
A. DI BLASI ET AL.
196
ndocrini. Un ulteriore problema di DD di fronte a una
neoplasia ghiandolare del condotto uditivo esterno può
essere la rara evenienza di una infiltrazione ab estrinseco del canale da parte di una neoplasia salivare paroti-
dea. In presenza di istotipi condivisi tra neoplasie della
ghiandola sudoripara-ceruminosa e neoplasie salivari,
questo tipo di DD può essere definito solo in base alle
caratteristiche cliniche e radiografiche.
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PATHOLOGICA 2008;100:197-198
CASE
REPORT
Hydatid cyst of the breast: a case report
Cisti idatidea al seno: un caso clinico
A. TRABELSI, R. FATNACI, F. OUNI, S. RAMMEH, S. KORBI
Department of Pathology, Farhat Hached Hospital, Sousse, Tunisia
Key words
Hydatid cyst • Breast • Pathology
Summary
Parole chiave
Cisti idatidea al seno • Patologia
Riassunto
Echinococcal involvement of the breast is extremely rare, even in
the endemic countries. We report the case of a 31-year-old woman
who presented with a 5 cm mammary mass. Mammography and
sonography showed a well-circumscribed cystic lesion. Diagnosis
of hydatid cyst was confirmed by pathological examination.
Il coinvolgimento echinococcico del seno è estremamente raro,
anche in paesi endemici. Riportiamo il caso di un donna di 31
anni che presentava una di massa mammaria di 5 centimetri.
La mammografia e la sonografia hanno evidenziato una lesione
cistica ben circoscritta. La diagnosi di cisti idatidea è stata
confermata da esami patologici.
Introduction
prior echinococcal disease. Mammography showed a
5 cm smooth, well-circumscribed mass without calcifications (Fig. 1). On sonography, the mass appeared
as unilocular hypoechoic cyst (Fig. 2). A benign cystic
lesion was suspected and excision was performed. Ma-
Breast involvement with hydatid disease is rare, and there are only a few reports of mammary hydatid disease 1 2.
We report a case confirmed by pathologic examination.
Observation
Fig. 2. Sonogram showed an homogeneous hypoechoic cyst.
A 31-year-old woman presented with a lump in her left
breast. The patient had no history of breast disease or
Fig. 1. Mammogram shows a homogeneous, well-circumscribed
lesion of the breast.
Correspondence
Dr. Amel Trabelsi, Departement of Pathology, Farhat Hached
Hspital, Sousse 4000, Tunisie - Fax +216 73 210355 - E-mail:
[email protected]
A. TRABELSI ET AL.
198
Fig. 3. Cuticular wall fragments (haematoxylin and eosin, x 200).
Fig. 4. Cuticular wall positive for PAS.
Discussion
Hydatid disease is caused by the larval form of the
genus Echinococcus of which Echinococcus granulosus is the most common 1. The liver and lung are the
most frequently involved organs. The breast is a rare
site of involvement and accounts for 0.27% of hydatid cases 2. There are no specific symptoms or signs of
breast hydatid disease.
On mammography, they are usually seen as a large,
circumscribed mass of variable density 3. Ring-shaped
structures within a mass or interseptal bands may be indentified 4. The ultrasonographic appearance of hydatid
cysts is variable and depends on the age of the cyst, and
its complication. They are often seen as uniloculated or
multiloculated cystic lesions.
Hydatid sand and “water lily” signs caused by detachment of membranes are specific signs of hydatic
cyst 1. Partial or total calcification may occur in the
walls of old cysts. Because of the unilocular and
hypoechoic features of the cyst, a diagnosis of echinococcosis was not performed in our case.
Diagnosis is based on the results of needle aspiration,
although its use is controversial due to the risk of dissemination of the scolex 3. However, diagnosis of hydatid
cyst of the breast can be suspected by mammography
and sonography, but is usually confirmed after pathologic examination.
Differential diagnosis depends on the age of the cyst
and whether or not it is complicated. Like hydatid cyst,
simple or complicated cyst may appear with internal
echoes caused by debris, proteinaceous material or
blood. Intracystic carcinoma can mimic hydatid cysts
when it contains solid components, formed by small
daughter cysts. Differential diagnoses also include
fibroadenoma and phyllodes tumour 1. Treatment consists of surgical excision with or without anticestode
antibiotics 3.
croscopically, a typical hydatid cyst was confirmed after
histopathological examination, which showed cuticular
wall fragments (Fig. 3) and was positive for PAS (Periodic Acid Schiff). Serologic tests, abdominal sonography
and chest radiograph were performed to exclude other
sites of hydatid disease, and were all negative.
Conclusion
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PATHOLOGICA 2008;100:199-201
CASE
REPORT
Invasive mucinous carcinoma arising
within breast fibroadenoma
Carcinoma mucinoso invasivo sviluppatosi in un fibroadenoma della mammella
L. CHARFI, K. MRAD, R. SELLAMI, M. DRISS, S. SASSI, I. ABBES, K. BEN ROMDHANE
Department of Pathology, “Salah Azaiez” Institute, 1006 Tunis, Tunisia
Key words
Fibroadenoma • Mucinous carcinoma • Breast
Summary
Parole chiave
Fibroadenoma • Carcinoma mucinoso • Mammella
Riassunto
Malignant neoplasms arising in the epithelial component of breast
fibroadenomas are rare. The most frequent types are lobular and
ductal intra-epithelial carcinomas, with a minority of infiltrating
carcinoma. We report a case of 36-year-old patient with invasive
mucinous carcinoma (30 x 30 mm) arising in a complex breast
fibroadenoma (130 x 60 x 30 mm). The patient underwent mastectomy with dissection of the axillary lymph nodes, which were
free of tumour. The patient is alive without disease five years
later. To the best of our knowledge, this is the first report of an
invasive mucinous carcinoma arising within breast fibroadenoma.
Our case provides information about the clinicopathologic characteristic of this unusual tumour.
Le neoplasie maligne nella componente epiteliale di fibroadenoma della mammella sono rare. Le tipologie più frequenti sono
carcinomi intra-epiteliali lobulari e duttali, con una minoranza di
carcinomi infiltranti. Riportiamo un caso di paziente di 36 anni
con carcinoma mucinoso invasivo (30 x 30 mm) con insorgenza
in un complesso fibroadenoma della mammella (130 x 60 x 30
mm). La paziente è stata sottoposta a mastectomia con dissezione ascellare dei linfonodi, che sono risultati privi di tumore. La
paziente è viva e sana a distanza di cinque anni. Allo stato delle
nostre conoscenze, questo è il primo caso riportato di carcinoma
mucinoso invasivo all’interno di fibroadenoma della mammella.
Il nostro caso fornisce informazioni sulle caratteristiche clinicopatologiche di questo insolito tumore.
Introduction
elastic, firm, and well-defined mass, measuring 12 x 5
cm, without skin fixation. Axillary and supraclavicular
lymph nodes were not palpable. In view of these clinical findings, a diagnosis of fibroadenoma was made
and the lump was excised. On gross examination, the
tumour was whitish-yellow, elastic and measured 130
x 60 x 30 mm. The cut surface of the mass showed an
eccentric, nodular and myxoid zone of 30 x 30 mm (Fig.
1). Frozen sections revealed this myxoid zone to be an
invasive carcinoma.
The main part of the tumour was biphasic with an
admixture of stromal and epithelial benign proliferation. The stromal component was hypocellular.
The epithelial component showed sclerosing adenosis
and metaplasia with intra-luminal micro calcifications. These aspects were consistent with complex
fibroadenoma (Fig. 2). The tumour enclosed a focus
of Elston and Ellis grade 1 mucinous carcinoma (Fig.
3) characterised by isolated or clustered cells with
minimal atypia, floating in lakes of mucus, separated
by fibrous septae (Fig. 4). Dilated mucinous full-filled
Fibroadenoma is histologically characterised by a circumscribed, biphasic tumour composed ofstromal and
epithelial components. Although generally considered
benign, there is evidence for association with an increased risk of breast carcinoma. These malignant
changes are extremely rare with an estimated prevalence
in screened population of 0.02%.
We present a case of invasive mucinous carcinoma arising in a breast fibroadenoma (FA). To the best of our
knowledge, this is the first such case reported in the
literature.
Case report
A 36-year-old woman presented with a lump in the
upper quadrant of the right breast. There was neither
history of any disease nor a family history of breast
malignancy. Physical examination revealed a large
Corrispondenza
Dr. Lamia Charfi, Department of Pathology, “Salah Azaiez”
Institute, 1006 Tunis, Tunisia - Tel. +216 98270617 - Fax +216
71571380 - E-mail: [email protected]
L. CHARFI ET AL.
200
Fig. 4. Clustered tumour cells floating in lakes of mucus and
separated by fibrous septae.
Fig. 1. Gross section
shows a lobulated pattern with a myxoid
area.
Fig. 2. Area of mucinous carcinoma within a fibroadenoma.
Discussion
Fig. 3. The fibroadenomatous component showing sclerosing
adenosis (on the right) and microcalcifications (on the left).
cysts with one-cell layer were also noted and an area
of massive, comedo and cribriforme ductal carcinoma
in situ (DCIS) was present within the tumour. Minimal
lesions of DCIS were noted outside the fibroadenoma.
The patient underwent right mastectomy with dissection of the right axillary lymph nodes. Neither nodal
metastasis nor residual tumor or proliferative diseases
were found in the mastectomy.
The patient is alive and free of recurrence five years
later.
Malignant changes in FA are extremely rare; literature data
show that the most common histological type is lobular
carcinoma in situ followed by ductal carcinoma in situ,
invasive ductal carcinoma not otherwise specified and invasive lobular carcinoma 1. To the best of our knowledge,
this is the first case of mucinous carcinoma arising within a
FA. This rare event could be explained by the fact that occurrence of carcinoma in FA is rare and the infrequency of
mucinous carcinomas. The possibility of merging between
separate FA and invasive mucinous carcinomas could be
considered, although the hypothesis that the carcinoma
arose in the FA is supported by macroscopic findings
and the presence of precursor lesions within the FA with
progressive mucinous changes. The presence of complex
changes within the FA, which are defined by the presence
of cysts, sclerosing adenosis, calcifications and apocrine
changes, increase the relative risk of developing breast carcinoma about 3-fold; this risk remains elevated for decades
after diagnosis.
A literature review revealed only 160 cases of carcinoma
arising in adenofibroma. Invasive ductal carcinoma not
otherwise specified is 10-fold time more frequent than
mucinous carcinoma.
Molecular techniques can be deceptive since karyotypic
abnormalities are detected in 20-30% of fibroadenomas,
with no consistent pattern of translocation or breakpoints 2. Moreover, the most frequent genetic alterations
involved in malignant breast carcinoma are not present
in FA, regardless of their association with breast cancer
or their histological complexity 3.
Also, the mean age of patients was 43 years, which is one
to two decades older than those with classic FA.
There are no definite clinical or radiological criteria to
suggest malignant changes in fibroadenoma, whereas family history of carcinoma, recent rapid growth, hormonal
milieu 1 and abnormal calcifications 4 may be noted. None
of these elements was noted in our patient. As for manage-
INVASIVE MUCINOUS CARCINOMA ARISING WITHIN BREAST FIBROADENOMA
ment of carcinoma in FA, therapy should be the same as
for carcinomas arising independently from FA and should
take into account the state of parenchyma out of the FA 5.
201
Conservative treatment could be a therapeutic alternative
particularly for mucinous carcinoma, which is known for
its good prognosis.
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PATHOLOGICA 2008;100:202-205
CASE
REPORT
Epithelioid angiomyolipoma of the kidney: case report
Angiomiolipoma epitelioide del rene: presentazione di un caso
M. ZANELLI, S. CORTECCHIA, E. RIGHI, L. CAPRARA, M. DE LILLO, F. COSTA*, G. GALANTI, A. BONDI**
Anatomia Patologica, Ospedale di Imola (BO); * Urologia, Ospedale di Imola (BO); Anatomia Patologica, Ospedale Maggiore (BO)
Key words
Angiomyolipoma • Kidney • Epithelioid cells • Immunohistochemistry.
Summary
Parole chiave
Angiomiolipoma • Rene • Cellule epitelioidi • Immunoistochimica
Riassunto
Renal angiomyolipoma is a benign tumour histologically characterized by a mixture of adipose tissue, smooth muscle cells
and thick walled blood vessels. Long-believed to be a benign
hamartoma, angiomyolipoma is now considered to arise from
perivascular epithelioid cells.
Epithelioid angiomyolipoma is a rare type of angiomyolipoma,
composed partially or completely of epithelioid cells, with a
potentially aggressive behaviour. Histologically it can mimic
renal cell carcinoma. Positivity for HMB45, Melan A, CD68 and
CD117 are useful for diagnosis.
Herein, we report the clinicopathologic and immunohistochemical features of a renal tumour composed of large epithelioid
mononucleated or multinucleated cells with abundant acidophilic
cytoplasm and prominent nucleoli. Despite the morphologic resemblance of this tumour to renal cell carcinoma, its phenotype
(HMB45, Melan A and CD68 positivity and keratin negativity)
parallels the phenotypic profile of angiomyolipoma. Therefore,
immunohistochemistry should be considered when diagnosing
this variant of angiomyolipoma.
L’angiomiolipoma renale è una neoplasia benigna caratterizzata
istologicamente da una commistione di tessuto adiposo maturo,
tessuto muscolare liscio e vasi a parete spessa. A lungo ritenuto
un amartoma, è attualmente considerato una neoplasia clonale
che ha origine dalle cellule epitelioidi perivascolari.
L’angiomiolipoma epitelioide è una rara variante di angiomiolipoma, costituito in parte o completamente da cellule epitelioidi,
con comportamento biologico potenzialmente aggressivo. Può
simulare istologicamente un carcinoma renale ed utili per la
sua identificazione sono la positività di marcatori quali HMB45,
Mart1/Melan A, CD68 e CD117.
Descriviamo gli aspetti clinico-patologici ed immunoistochimici
di una neoplasia renale costituita da grandi cellule epitelioidi
mononucleate e multinucleate con abbondante citoplasma acidofilo e prominenti nucleoli. Nonostante la somiglianza morfologica di questa neoplasia con il carcinoma renale, il suo
fenotipo (positività per HMB45, Melan A, CD68 e negatività per
citocheratine) è analogo al profilo immunofenotipico dell’angiomiolipoma. Si vuole pertanto sottolineare che l’indagine immunoistochimica è decisiva per giungere alla diagnosi corretta di
questa variante di angiomiolipoma.
Clinical history and pathological findings
The tumour was completely sampled, fixed in formalin
(10%) and routinely processed. Paraffin sections were
stained with haematoxylin and eosin.
Paraffin sections (4-6 !mm) were immunostained using
the Bond polymer define detection method with a panel
of antibodies that included cytokeratins AE1/AE3, cytokeratin 7, cytokeratin 20, HMB45, MART1/Melan A,
CD117, CD68 (PGM1) and smooth muscle actin. Histologically the tumour was composed almost completely
of large, polygonal, epithelioid ganglion-like cells with
abundant acidophilic, granular cytoplasm (Fig. 3). The
cells were mononuclear or multinucleated with prominent nucleoli. Mitotic activity was low (1-2 mitoses/10
A 79-year-old woman without symptoms was incidentally discovered to have a renal mass during a CT scan
performed for a thoracic aortic aneurysm. The abdominal CT revealed a 3.3 cm solid mass with well defined
outlines in the lower pole of the left kidney (Fig. 1).
Left radical nephrectomy was performed. Grossly the
mass, 3.3 cm in diameter, well circumscribed by the
adjacent kidney, was composed of soft, brown tissue
with a cut surface mottled with haemorrhage (Fig.
2). Small cysts were present in the surrounding renal
parenchyma.
Correspondence
Dr. Magda Zanelli, Anatomia Patologica, Ospedale di Imola, viale
Amendola 2, 40026 Imola (BO), Italy - E-mail: m.zanelli@ausl.
imola.bo.it
EPITHELIOID ANGIOMYOLIPOMA OF THE KIDNEY
Fig. 1. Abdominal CT displays a solid mass in the lower pole of
the left kidney.
203
Fig. 3. Large epithelioid mononuclear and multinucleated cells
with abundant granular cytoplasm (haematoxylin and eosin,
400X).
Fig. 4. A focus of mature adipose tissue in the context of the
epithelioid cells neoplasm (haematoxylin and eosin, 200X).
HPF). Necrosis was not found, although haemorrhage
was present. In small foci among the epitheliod cells
there were small amounts of mature adipose tissue (Fig.
4) and thick walled blood vessels associated with spindle cells elements. The neoplasm was characterized by
a proliferation of predominantly epithelioid cells (about
95% of the tumour) and only minor and focal amounts
(about 5% of the tumour) of adipose tissue and spindle
cells together with thick walled blood vessels. Immunohistochemical studies revealed that the epithelioid
cells were positive for HMB45, MART1/Melan A and
CD68PGM1 (Figs. 5, 6). The spindle shaped elements
were smooth muscle actin positive. Immunoreactivity
for cytokeratins and CD117 was negative. The final di-
Fig. 2. The lower pole of the kidney contains a well circumscribed
solid mass mottled with haemorrhagic areas.
Fig. 5. Positive staining for MART1/Melan A (400X).
M. ZANELLI ET AL.
204
Fig. 6. Positive staining for CD68 (400X).
agnosis was epithelioid angiomyolipoma. Three months
after surgery, the patient is alive and well.
Discussion
Angiomyolipoma is now recognised as a clonal neoplasm arising from perivascular epithelioid cells. It
occurs frequently in patients with tuberous sclerosis;
80% of patients with tuberous sclerosis develop angiomyolipoma, and in this setting angiomyolipoma are
bilateral and multiple. Nevertheless, more than 50% of
angiomyolipoma occur as sporadic tumours in individuals without tuberous sclerosis 1.
A typical angiomyolipoma is made up of a mixture of
smooth muscle, mature adipose tissue and thick walled
blood vessels. In the literature, a rare variant of epithelioid angiomyolipoma has been described composed
either partially or completely of large epithelioid cells 2.
Microscopically, this rare variant of angiomyolipoma can
closely mimic a renal cell cancer being composed mainly
of epithelioid elements 3 4. Therefore extensive sampling
of the mass can be helpful for correct diagnosis by finding foci of mature adipose tissue or thick walled blood
vessels. However, in some cases the characteristic thick
walled blood vessels and adipose tissue of a typical angiomyolipoma are absent.
In the literature, epithelioid angiomyolipoma is defined
as a neoplasm characterized by proliferation of predominantly epithelioid cells, without defining the percentage
of epithelioid cells. Some cases described contain focal
classic angiomyolipoma areas. The case we presented
was mostly composed of large epithelioid cells with
a ganglion-like morphology. The overall microscopic
appearance closely simulated a renal cell carcinoma,
although we also found small foci (about 5% of the tumour) of mature adipose tissue and thick walled blood
vessels, which were useful to reach a correct diagnosis.
In the cases of epithelioid angiomyolipoma described in
the literature 2, as in our case, despite the morphologic
resemblance to renal cell carcinoma, their phenotype
(HMB45, MART1/Melan A and CD68 positivity and
cytocheratin negativity) is in contrast to that observed
in epithelial tumours, and is consistent with the phenotypic profile of angiomyolipoma. The immunoreactivity
with HMB45 and MART1/MelanA, as already stated, is
not consistent with renal cell carcinoma. In addition to
melanocytic lesions, a group of nonmelanocytic tumours
has been found to be positive with these markers, and its
cell of origin is the “perivascular epithelioid cell”. The
immunoreactivity with CD68 seen in our case was another feature, although not specific, of angiomyolipoma,
related to the presence of lysosomal granules.
Many of the reported cases of epithelioid angiomyolipoma were initially misdiagnosed as a high grade
carcinoma. In the differential diagnosis with epithelioid angiomyolipoma, high grade clear cell carcinoma,
chromophobe carcinoma, carcinomas with sarcomatoid
features and renal cell carcinoma with 6:11 translocation should be considered.
Typical angiomyolipomas are benign neoplasms despite
the presence in some tumours of focal atypia and mitotic
activity. The vast majority of patients with typical angiomyolipoma follow a benign course; bilaterality and
multicentricity (mainly found in the setting of tuberous
sclerosis), and even lymph node involvement, have not
been considered evidence of malignancy.
Epithelioid angiomyolipoma is regarded as a potentially
malignant tumour, and cases of epithelioid angiomyolipoma with documented evidence of malignant progression have been reported 4 5. An interesting finding from
the literature is the absence of mitotic activity in cases of
epithelioid angiomyolipoma following a benign course,
and the report of typical and atypical mitoses in cases
with a malignant progression 6.
However, there are still too few reported cases of malignant epithelioid angiomyolipoma to draw conclusions
regarding morphologic criteria to distinguish benign
from malignant epithelioid angiomyolipoma.
In conclusion, by reporting the present case, our purpose was to draw attention to this distinct morphologic
variant of angiomyolipoma that can be easily confused with an epithelial neoplasm. We would like to
highlight the relevance of immunohistochemistry in
making correct diagnosis of this variant of angiomyolipoma, which is considered to be a close mimic of
renal cell carcinoma.
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Pigmented lesions of the anogenital area are present in
10% to 12% of Caucasian women. Melanocytic proliferations are the most common lesions, but cases of
seborrheic keratosis, post-inflammatory hyperpigmentation and warts have also been documented 1. Here we
report a case of a 22-year-old woman with pigmented
papules localised on genital skin. These lesions showed
a rapid onset and erupted within two months. The most
plausible clinical diagnosis was multiple nevi, although
pigmented seborrheic keratosis, bowenoid papulosis
and condylomatas were also considered (Fig. 1A). Two
lesions were surgically removed in separate interventions. Histopathological analyses showed acanthosis
and close-set basaloid cells;keratinocytes showed focal koilocytic changes (Fig. 1B); slight melanocytic
hyperplasia and keratinocytes hyperpigmentation were
also observed. All these features were responsible for
the clinically detected pigmentation. Both lesions were
positive for the presence of HPV DNA using a PCR
assay 2. L1 HPV PCR products were purified using
Ampure kit (Agencourt Bioscience Corporation, MA)
according to the manufacturer’s instructions. Direct
DNA sequence analysis was performed using a capillary
sequencer (CEQ2000, Beckman Coulter, Milan) with
MY11, MY09, GP5+ and GP6+ primers 3. In order to
genotype the HPV strains, the two sequences from both
lesions were compared to HPV reference sequences using GenBank (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/blast) and
Los Alamos HPV databases (www.hpv.lanl.gov). Both
sequences were homologous and showed perfect similarity to HPV genotype 16.
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Fig. 1 - A. Pigmented papules localized around labia majora remineshent of melanocytic lesions. B. Koilocytic changes suggestive
of HPV-infection.
The case reported here showed unusual clinical features characterized by multiple pigmented papules that
erupted rapidly. The differential diagnosis included
pigmented lesions, bowenoid papulosis, seborrheic
keratosis and condylomatas. Histopathological examination ruled out melanocytic lesions and bowenoid papulosis considering that neither melanocytic
proliferation nor dysplastic keratinocytes were seen.
Although human papilloma viruses have been found
in seborrheic keratosis 4, the presence ofkeratinocytes
with koilocytic changes along with HPV 16 DNA
strongly support the diagnosis of pigmented viral condylomata.The remaining lesions were removed using
carbon dioxide laser ablation.
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Corrispondenza
Dr. G. Collina, U.O. di Anatomia Patologica, Ospedale “Maggiore”, largo Negrisoli 2, 40133 Bologna - E-mail: guido.collina@
ausl.bologna.it