restauro di un` architettura moderna a venezia: la

RESTAURO DI UN’ ARCHITETTURA MODERNA A VENEZIA: LA SEDE
DELL’ INAIL DI GIUSEPPE SAMONA’, SPUNTI DI RIFLESSIONE
Nicola Berlucchi, Cecilia Catacchio.
ABSTRACT: the present text describe the restoration works of the facades of a modern concrete
building in Venice designed by G. Samonà, a famous Italian engineer and architect of the 50ties.
The contribute underline typical problems related to conservation of concrete external in full
view, of concrete-framed glass panels windows and of fully painted concrete surfaces: it seems
that for modern buildings it is not possible to consider a pure conservative approach, but that it
must be accepted a more invasive intervention due to presence of iron bars that must be
protected.
KEY-WORD: Restoration of modern concrete facades, concrete-framed glass panels, concrete in
full view, painted concrete surfaces.
INTRODUZIONE
Il presente contributo non vuole ridursi ad una mera elencazione e critica di un intervento di
restauro del moderno, per di più non progettato dagli scriventi (nota 1), ma si propone di fornire
spunti di discussione per approfondire il problema della conservazione dei manufatti in cemento a
vista e valutare criticamente eventuali soluzioni alternative a quella utilizzata nel presente
intervento.
DESCRIZIONE DELL’EDIFICIO E CENNI STORICI
Giuseppe Samonà (1898-1983), ingegnere e architetto, è presente a Venezia fin dal 1936, anno in
cui inizia il suo insegnamento come professore straordinario per la cattedra di Disegno
architettonico e rilievo dei monumenti nella scuola di architettura, e dal 1943 al 1971 diviene
rettore dell’Istituto. Subito dopo la Liberazione e con la fine della Seconda Guerra Mondiale
rifonda la Scuola di Venezia e “rinnova radicalmente il suo modo di operare e non tanto o
solamente nello stile espressivo, ma anche e soprattutto nei temi affrontati e nella
sperimentazione progettuale” (nota 2). Infatti nel 1946 aderisce all’APAO (Associazione per
l’Architettura Organica) e nella sua riflessione critica sull’architettura contemporanea “definisce
l’architettura come sintesi tra involucro e scheletro” (nota 3) e sull’onda di questa ricerca
espressiva viene maturando progetti in cui lo scheletro strutturale viene a definire formalmente la
composizione delle facciate.
Nell’ambito di questa ricerca si può collocare il palazzo dell’INAIL, chiamato “Palazzo
Samonà”, a San Simeone a Venezia (1952-1961) che è una delle poche architetture moderne
costruite nella città lagunare proprio nel periodo in cui non venivano realizzati i progetti di
Wright e Carlo Scarpa.
Le facciate presentano elementi che “appartengono al classico vocabolario della modernità”(nota
4) infatti lo scheletro strutturale viene portato a vista e i riempimenti di diversi materiali, posti a
diverse profondità, determinano un effetto chiaroscurale e di variazioni cromatiche che si legano
ad una certa atmosfera veneziana. In effetti sono proprio “le proporzioni minute tra le singole
parti”(nota 5) che richiamano non forme “ma principi basilari dell’architettura veneziana”(nota 6).
Il prospetto principale dell’edificio, che si affaccia verso Calle San Simeone, è caratterizzato
dagli elementi verticali della maglia strutturale, che sono posti maggiormente a rilievo, e
contengono molti elementi eterogenei (finestre, riempimenti sotto finestre a mattoni o tinteggiati,
ringhiere, sfondati, etc.). Tali elementi grammaticali, per accentuare le differenze di piano su cui
sono collocati, vengono dipinti a tinte più chiare se si trovano sul filo esterno, mentre a tinte più
scure se sono arretrati. In questo gioco compositivo vengono a inserirsi alcune ombre di colore,
quali le fasce azzurre marcapiano o i quadratini arancio al basamento, ma sempre in secondo
piano, incassate per dare solo un effetto di vibrazione all’insieme complesso della facciata.
L’edificio denota una grande e raffinata attenzione progettuale, che si è spinta sia all’esterno sia
all’interno, sin nello studio del più piccolo particolare costruttivo e nella scelta delle finiture
superficiali: nulla sembra lasciato al caso né gli arredi fissi (i copriradiatori in pietra d’Istria, i
corrimano delle scale, la boiserie, etc.), né quelli mobili (le sedie, i tavoli, le lampade etc.).
Il prospetto retrostante cambia, assume un carattere più privato, e si semplifica. La sua
movimentazione è data dalle numerose terrazze presenti a tutti i piani; i materiali delle campiture
all’interno della maglia strutturale divengono monocromatici, con alcuni inserimenti di vetrate in
vetrocemento.
Solo il piano di coronamento, sia per la facciata principale sia per quella retrostante, si ricollega al
vicino Palazzo Adoldo, facente parte del complesso dell’INAIL, cromaticamente e matericamente
con un intonaco a cocciopesto.
L’edificio denominato “Palazzetto Adoldo”, facente parte del complesso, è notificato (art.8
D.Lgs. n° 490/99) mentre “Palazzo Samonà” gode di prescrizione di tutela indiretta (art. 49
D.Lgs. n° 490/99).
Foto 1: Prospetto principale su Calle San Simeone.
Foto 2: Uno dei prospetti retrostanti con le terrazze a vari livelli.
L’INTERVENTO DI RESTAURO
L’intervento di restauro, in fase di completamento in questo periodo su progetto dell’ingegnere
Michele Capriuoli dell’ufficio tecnico dell’INAIL, ha previsto il restauro di tutte le facciate, delle
coperture e delle terrazze compreso l’edificio annesso denominato Palazzo Adoldo.
Nel corso dei lavori sono sorti alcuni problemi metodologici che, a nostro avviso, meritano un
riflessione comune al fine di individuare una filosofia di intervento che ben si adatti anche alle
strutture in cemento armato e che tenga conto delle peculiarità di questo materiale: scarsa
durabilità, disomogeneità composizionale, esecuzione direttamente in opera e conseguente
impossibilità di smontaggio, infine, in certi casi, lavorazione faccia a vista che non dovrebbe
essere modificata.
Il caso del restauro delle superfici esterne di Palazzo Samonà raccoglie tutte questi aspetti che
sono stati affrontati dai progettisti con finalità conservative, fin dove possibile, ma che hanno
visto anche l’inevitabile sostituzione parziale e la modificazione dell’aspetto originale.
Analizziamo le lavorazioni che costituiscono a nostro avviso i principali punti critici di un
intervento di restauro del moderno:
1) RICOSTRUZIONE DI SUPERFICI E ELEMENTI IN CEMENTO ARMATO A VISTA
Gli elementi in calcestruzzo armato diventano elemento compositivo dei prospetti e, trovandosi a
vista, nel corso degli anni hanno subito l’attacco e l’erosione degli agenti atmosferici marini. Le
loro caratteristiche costruttive sono state la causa principale del rapido e profondo degrado. Infatti
le armature si presentavano scoperte e ossidate, con la perdita o il sollevamento del sottile strato
di calcestruzzo, in alcuni punti meno di mezzo centimetro, che svolgeva funzione di copriferro.
L’intervento si è differenziato a seconda del tipo di elementi:
-Maglia strutturale a rilievo sui prospetti (Pilastri, travi e pilastrini dei parapetti)
Trattandosi di elementi che presentavano diversi spessori da ricostruire, da pochi millimetri a vari
centimetri (foto 3 e 5), non si è potuta attuare la colatura della malta cementizia in casseri di legno,
ma è stata scelta la bonifica di tutte le porzioni ammalorate ed una nuova e totale rasatura
superficiale con malta speciale per riparazioni cementizie.
L’aspetto del cemento a vista, un tempo caratterizzato dalla ghiaia calcarea a vista o dal segno
delle tavole lignee di casseratura a seconda degli elementi compositivi, è variato in cemento
lisciato di aspetto uniforme (foto 4 e 6).
Foto 3: sopra particolare prospetto principale su Calle San Simeone prima dell’intervento.
Foto 4: in basso particolare facciata dopo l’intervento.
Si è utilizzato il seguente ciclo MAPEI:
- Battitura con asportazione di tutte le parti di cls deteriorate;
- Trattamento delle armature e protezione delle stesse con MAPEFER previa spazzolatura
meccanica e asportazione degli ossidi;
- Ricostruzione di spessori fino a 2,5 cm con MAPEGROUT RAPIDO;
- Rasatura finale fino a 3 mm con MAPEFINISH.
Foto 5 e 6: Pilastrino , su di una terrazza del prospetto retrostante, prima e dopo l’intervento.
-Elementi prefabbricati di parapetto.
Tali manufatti si presentavano, anch’essi profondamente alterati, dato il loro ridotto spessore ( 3,5
cm circa compresa rete metallica d’armatura) e la forte esposizione agli agenti atmosferici. I
progettisti non hanno considerato praticabile la soluzione di un loro restauro, anche a causa della
mancata rispondenza ai requisiti di sicurezza per la resistenza alle spinte orizzontali di norma
(100 kg/mq).
Si aggiunga il fatto che le sole operazioni di smontaggio dalle staffe in ferro di supporto, sui quali
si doveva comunque intervenire con un trattamento di bonifica dall’ossidazione, hanno
ulteriormente danneggiato i pannelli.
E’ stata perciò prevista la sostituzione dei parapetti: i nuovi manufatti hanno dovuto adeguarsi ai
moderni requisiti prestazionali previsti dalle normative e garantire una buona durabilità. Per
questi motivi si è optato per un calcestruzzo prefabbricato classe R’ck 500, gettato in stampo
vibrante in acciaio su cinque lati, additivato con fluidificante PREMIA 100 della CHRYSO onde
aumentarne la lavorabilità e ridurne la porosità, con un’armatura a rete di piccolo diametro, Φ=2
mm e un’armatura perimetrale di contorno Φ=5mm, poste entrambe centralmente per aumentare
al massimo il copriferro.
Anche in questo caso il nuovo manufatto di sostituzione, con le facce lisce ed omogenee (foto 8),
non aveva più l’aspetto di quello originale (foto 7), un tempo caratterizzato da un lato avente gli
inerti a rilievo.
Foto 7 e 8: Parapetti , su di una terrazza del prospetto retrostante, prima e dopo l’intervento.
Intradossi cornicioni
Gli intradossi dei cornicioni si presentavano caratterizzati da ampie macchie scure (più che croste
nere, depositi penetrati all’interno della porosità del calcestruzzo) e da aloni biancastri attribuibili
ai sali concentrati sulla superficie ed all’effetto scattering delle superfici polverizzate: si è scelto
di eseguire una pulitura mediante spazzole e idropulitrice con successiva velatura a colore grigio,
a base silicatica, delle porzioni troppo scure o biancastre al fine di evitare l’applicazione della
rasatura e non alterare l’aspetto del getto a vista, caratterizzato dal segno di strette tavole di
legno, voluto e progettato da Samonà.
Su tutti gli elementi in calcestruzzo è stato applicato un protettivo incolore a base di resine
silossaniche (Antipluviol-S ditta MAPEI) consigliato dal ciclo MAPEI al fine di rendere
idrorepellente la superficie ed aumentarne la durabilità.
2) RESTAURO DELLE CAMPITURE COLORATE
La presenza sulle facciate di tracce di campiture colorate con tinte piene e vivaci quali l’azzurro,
il giallo, l’arancione ed il nero (foto a colori 1,3), colori che peraltro si ripetono nei rivestimenti
interni ad opera dello stesso Samonà, ha portato alla scelta di ripristinare tale cromatismo
interpretandolo come elemento importante ai fini della restituzione dell’immagine complessiva
dei prospetti.
L’intervento ha previsto la reintegrazione del colore soltanto nelle lacune dello stesso, non con
tinte piene ma con successive velature a base di pitture ai silicati (foto a colori 2, 4, 5 e 6).
Il colore è stato definito sulla base di indagini chimico fisiche (FTIR) eseguite su campioni di
colore originale prelevati in sito.
La tecnica delle velature ha permesso di non coprire i colori originali, rispettando, almeno in
questo caso, l’aspetto storicizzato delle superfici e, nel contempo, ravvivando l’importante effetto
cromatico della facciata.
3) RESTAURO DELLE VETRATE IN VETROCEMENTO
Alcuni prospetti sono caratterizzati dalla presenza di vetrate in vetro cemento, anch’esse
localmente danneggiate a causa dell’ossidazione dei ferri di armatura, inseriti tra i vetri, e del
telaio metallico esterno, che rigonfiandosi hanno fratturato i vetri. Tali fenomeni si sono
manifestati già nel passato poiché sono presenti sulle facciata, in piccole quantità, altri due tipi di
vetri, attribuibili a vecchi ed approssimativi interventi di manutenzione.
Anche nell’attuale intervento non è stato possibile ritrovare l’originale modello di vetro poiché si
tratta di un vetro monostrato senza camera d’aria oramai fuori produzione. E’ stato utilizzato un
elemento molto simile, prodotto appositamente dalla ditta Vetroarredo Sediver, che viene
impiegato solitamente nel restauro di edifici degli anni ’50.
Il tipo di intervento ha cercato di mantenere quanto più possibile le vetrate originali.
Tenendo conto sia della presenza dell’armatura interna, che non poteva essere interrotta per
garantire la continuità strutturale, sia della necessità di integrare alcune vetrate originali con vetri
del medesimo tipo (non reperibili in commercio), si sono applicate due differenti metodologie:
- Sostituzione integrale delle vetrate
Per le vetrate più deteriorate (foto 9) si è eseguita la rimozione totale della vetrata con recupero di
tutti gli elementi ancora integri, si è poi proceduto alla ricostruzione con elementi prefabbricati a
pannelli (foto 10) caratterizzati da fughe più larghe di quelle originali, al fine di garantire una
migliore dilatazione termica, causa del degrado originale.
Foto 9 e 10: Finestra a vetrocemento , del prospetto laterale, prima e dopo l’intervento di sostituzione totale.
- Integrazione puntuale
Per le vetrate meno deteriorate si è attuata l’attenta rimozione puntuale (foto 11) dei singoli vetri
rotti che sono stati sostituiti con quelli originali (foto 12), recuperati dalle vetrate rimosse,
mediante taglio locale delle armature, dove non è stato possibile mantenerle, e inserimento di
malta cementizia costituita dal tradizionale impasto di cemento tipo Portland, di classe 32.5.
Foto 11 e 12: Finestra a vetrocemento , del prospetto laterale, durante e alla fine dell’intervento di integrazione
puntuale.
Prima del montaggio delle vetrate prefabbricate o dei singoli vetri si è eseguito il trattamento di
tutte le parti in metallo, messe a nudo, applicando convertitori di ruggine e vernici protettive.
SPUNTI DI RIFLESSIONE
Sulla base delle considerazioni precedenti si possono individuare e riassumere i seguenti spunti di
riflessione:
• La peculiarità principale di un intervento di restauro conservativo di una facciata
novecentesca è quella data dalla presenza del cemento armato: un materiale che non è
certamente caratterizzato dalla durabilità e omogeneità tipica degli altri materiali da
costruzione;
• La presenza di armature in ferro ossidate, ricoperte da sottili copriferro di cemento
distaccati o assenti, rendono tale materiale difficilmente restaurabile e conservabile, o
almeno questa è stata la scelta progettuale dell’ufficio tecnico dell’INAIL e a noi sembra
ampiamente giustificabile;
• L’esecuzione in opera del cemento armato con superficie lavata e aggregato lasciato in
vista oppure con l’effetto delle tavole lignee di casseratura costituiscono elemento
problematico per un intervento conservativo: mentre la prima finitura ci sembra
irrecuperabile quella del legno avrebbe forse potuto essere riproposta mediante nuova
casseratura lignea e colatura di malta da riparazione fluida, ma si sarebbe comunque
trattato di una falsa riproposizione;
• Il cementi armato svolge funzione portante strettamente dipendente dal buono stato delle
armature e non può essere trattato come un semplice rivestimento in intonaco o come
elementi portanti in pietra, caratterizzati da un degrado molto lento: ne consegue la
•
•
necessità di sostituire o comunque ricoprire le mancanze e le porzioni degradate per
garantire la protezione delle armature;
Rimane non definita una corretta tecnica di restauro e sostituzione parziale delle vetrate in
vetrocemento, senza intaccare l’integrità della armatura di collegamento. Infatti le
armature sono inserite al momento della costruzione nelle scanalature già predisposte così
da bloccare tra loro i singoli vetri e non permetterne lo smontaggio e la sostituzione;
Infine, anche se argomento non trattato nel presente contributo per motivi di brevità, molti
degli edifici moderni sono caratterizzati da coperture piane con terrazze e pavimentazioni
in piastrelle allettate su malta, poggianti su guaine che si degradano nel tempo:
generalmente la revisione di tali coperture comporta la demolizione ed il rifacimento
totale di tutte le pavimentazioni, con notevole perdita della matericità originale.
NOTE:
1)I lavori di restauro sono stati eseguiti in gran parte nel periodo tra Novembre 2002 e Luglio 2004
Palazzo Samonà e gli edifici annessi sono attualmente, tranne alcune unità immobiliari destinate ad uso residenziale,
sede della Direzione Regionale per il Veneto e della Sede Provinciale di Venezia dell’INAIL – Indirizzo Santa Croce
n 712 nn.706-707-708.
Responsabile del Procedimento: ing. M. Barelli Ufficio Tecnico INAIL.
Progetto e D.L.: Ing. M. Capriuoli Ufficio Tecnico INAIL.
Collaboratore al Progetto e alla D.L.: geom. Luca Bellesso Ufficio Tecnico INAIL.
Impresa Esecutrice delle opere: Impresa Pouchain s.r.l. - Roma
L’ing. Nicola Berlucchi e l’arch. Cecilia Catacchio hanno avuto il ruolo di consulenti tecnici per conto dell’Impresa
Pouchain per il coordinamento tecnico dei lavori.
2) Guido Cortese, Tania Corvino, Ilhyum Kim (a cura di), Giuseppe e Alberto Samonà 1923 – 1993…, Il Poligrafo
casa editrice, Padova, 2003, p 98.
3) Ibidem, p.99
4) V. Gregotti, La nuova sede dell’INAIL…, in Casabella n°244 del 1960, p. 5.
5) G. Samonà, I progetti di architettura per Venezia, in Progetto Venezia. Ricerche e sperimentazioni sull’area
veneziana, catalogo della mostra, Venezia, 1980, pp. 145-158.
6) E. Concina, Storia dell’architettura di Venezia dal VII al XX secolo, documenti di architettura, Electa, Venezia,
1995, p 333
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Vittorio Gregotti, La nuova sede dell’INAIL a Venezia di Giuseppe Samonà, in Casabella n°244 del 1960.
Giuseppe Samonà, I progetti di architettura per Venezia, in Progetto Venezia. Ricerche e sperimentazioni sull’area
veneziana, catalogo della mostra, Venezia, 1980.
Ennio Concina, Storia dell’architettura di Venezia dal VII al XX secolo, documenti di architettura, Electa, Venezia,
1995.
Francesco Tentori, Giuseppe e Alberto Samonà, Universale di Architettura, Testo e immagine, Torino, 1996.
Corrado Balistreri-Trincanato, Emiliano Balistreri (a cura di), Disegni di Giuseppe Samonà, edizioni Stamperia
Cetid, Mestre – Venezia, 1998.
Emiliano Balistreri, Le Corbusier, Neutra, Samonà, Scarpa, Trincanato, Wright e Venezia: documenti, progetti,
scritti, testimonianze dall’archivio Trincanato, edizioni Stamperia Cetid, Mestre – Venezia, 2002.
Guido Cortese, Tania Corvino, Ilhyum Kim (a cura di), Giuseppe e Alberto Samonà 1923 – 1993 inventario analitico
dei fondi documentari conservati presso l’archivio progetti, Il Poligrafo casa editrice, Padova, 2003.
RESTAURO DI UN’ ARCHITETTURA MODERNA A VENEZIA: LA SEDE DELL’
INAIL DI GIUSEPPE SAMONA’
Nicola Berlucchi, Cecilia Catacchio
Foto a colori 1 e 2: Particolare, facciata principale di Palazzo Samonà, tracce colore arancio originale e campione di
velatura.
Foto a colori 3 e 4: Particolare, facciata principale di Palazzo Samonà, tracce colore azzurro originale e velatura
finale.
Foto a colori 5 e 6: Facciata principale di Palazzo Samonà e particolare, dopo gli interventi di restauro.