L`apprendimento della cortesia in italiano L2 - UvA-DARE

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 L’apprendimento della cortesia in italiano L2 Un´analisi dell´uso dei modificatori nella richiesta da parte di un gruppo di apprendenti olandesi dell´italiano in relazione alla competenza linguistica L’apprendimento della cortesia in italiano L2 Un´analisi dell´uso dei modificatori nella richiesta da parte di un gruppo di apprendenti olandesi dell´italiano in relazione alla competenza linguistica Jikke van Gosliga Relatore: Ineke Vedder Correlatore: Mauro Scorretti Universiteit van Amsterdam Facoltà di Scienze Umane Tesi di laurea specialistica in lingua e cultura italiana 25 febbraio 2010 2
Indice Prefazione 5 1. Introduzione 6 2. La pragmatica nell’interazione verbale in L2 8 2.1 Gli atti linguistici di Austin e Searle 9 2.2 La cortesia nell’interazione verbale in L2 10 2.3 Il Principio di cooperazione e le massime di Grice 11 2.4 I Face Threatening Acts di Brown & Levinson 13 2.5 L’atto linguistico della richiesta in L2 15 2.6 L’apprendimento della grammatica di L2 in relazione all’l’apprendimento della pragmatica di L2 17 2.7 La modalità scritta e la modalità orale 3. Modificatori 19 22 3.1 Modificatori interni 22 3.2 Modificatori esterni 26 3.3 L’apprendimento dei modificatori interni 26 4. Impostazione della ricerca 28 4.1 Domande e ipotesi 28 4. 2 I soggetti 30 4.3 Test 30 4.4 Analisi 34 5. Risultati 35 5.1 La competenza linguistica e l’uso dei modificatori 35 5.2 La dominanza sociale 38 5.3 La produzione dei modificatori nella modalità scritta e nella modalità orale 44 6. Conclusioni 49 6.1 La relazione tra la competenza linguistica e l’uso dei modificatori 49 6.2 La relazione tra la dominanza sociale e l’uso dei modificatori 50 3
6.3 La relazione tra la modalità e l’uso dei modificatori 51 6.4 La relazione tra la competenza linguistica L2 e la competenza pragmatica L2 52 Bibliografia 54 Allegati 56 4
Prefazione Vorrei ringraziare alcune persone che mi hanno aiutato durante il processo di scrivere la
presente tesi. Innanzitutto vorrei indirizzare un ringraziamento a Ineke Vedder, che mi ha
seguito in questo processo (anche durante il mio soggiorno a Bologna) e mi ha dato del
feedback e dei consigli per la mia ricerca. Poi ringrazio Elisabetta Materassi; la sua
disponibilità ha reso possibile la somministrazione dei test con il suo gruppo di studenti.
Inoltre vorrei ringraziare il mio coinquilino Alessandro che ha voluto dare un po’ del suo
tempo alla costruzione dei test. Ringrazio pure Stefania Ferrari che mi ha aiutato con la
correzione dei test costrutti. Ringrazio le mie amiche Christine e Lorine che mi hanno dato
una mano durante la somministrazione dei test. Grazie a mia sorella Marieke per il suo
coaching e grazie a mia sorella Rinske per il suo aiuto con il lay out della tesi. Infine vorrei
tanto ringraziare i miei genitori, perché hanno reso possibile il soggiorno a Bologna per 7
mesi. Durante la mia ricerca il loro interesse e la loro confidenza in me mi hanno sempre dato
energia e voglia di portare questa tesi a buon fine.
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1. Introduzione Negli ultimi decenni la quantità di studi sociopragmatici è aumentata considerevolmente.
Della maggior parte degli studi sulla pragmalinguistica e sulla sociopragmatica stanno alla
base la teoria della faccia e quella dei Face Threatening Acts, sviluppate da Brown &
Levinson (Brown & Levinson, 1987). Anche per la presente ricerca partiamo da questa teoria
che spiega che in un’interazione gli interlocutori sono sempre impegnati a mantenere la loro
immagine sociale di sé, e a non danneggiare quella dell’interlocutore. Compiendo degli atti
linguistici che sono Face Threatening Acts, gli interlocutori cercano di mitigare la forza
dell’atto linguistico per non danneggiare la faccia dell’altra persona e per lasciare intatta la
propria faccia.
Spostando l’attenzione all’apprendimento di una L2, si pone il problema della
difficoltà dell’apprendimento della pragmatica di quella L2 che in questa tesi viene esaminato
separatamente dall’apprendimento della grammatica di una L2. Gli apprendenti L2 spesso
hanno delle difficoltà ad imparare le competenze pragmatiche della L2, perché esse sono
legate alle norme e ai valori di una cultura per loro poco conosciuta.
Sullo sviluppo della competenza pragmatica e della competenza linguistica della L2 ci
sono ancora molte domande. Nonostante diversi studi longitudinali e comparativi sul processo
dell’apprendimento di L2 (Bardovi-Harlig, 1999; Barron, 2003; Nuzzo, 2009; Vedder, 2007)
non è ancora chiaro come si sviluppano queste due componenti nel processo di apprendimento
di una L2. Nella presente ricerca esplorativa è stata investigata la relazione tra la competenza
linguistica e la competenza pragmatica di un gruppo di apprendenti di italiano L2. Ci
chiediamo se ci sia una correlazione tra la competenza linguistica di apprendenti di italiano
L2 e il loro uso di modificatori nella richiesta. Per esaminare questo è stato somministrato un
C-test, che è un test che consiste di cinque testi di cui devono essere compilati delle lettere
mancanti di diverse parole, con lo scopo di misurare il livello di competenza linguistica degli
apprendenti. Per avere anche un’indicazione del livello di competenza grammaticale sono
stati usati i risultati di un test di grammatica. Poi, gli apprendenti L2 hanno fatto dei
Discourse Completion Tasks che sono dei test in cui vengono manipolate delle interazioni e in
cui, in questo caso, viene elicitato l’uso dell’atto linguistico della richiesta, che è un FTA. Di
queste richieste successivamente è stato analizzato l’uso dei modificatori che hanno la
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funzione di mitigare o di rafforzare la forza del FTA. Prima sono stati analizzati i risultati del
C-test e dell’esame di grammatica e successivamente sono stati esaminati i risultati dell’uso
dei modificatori nei DCT. Successivamente è stato analizzato l’uso dei modificatori per le
diverse situazioni per quanto riguarda la dominanza sociale; vediamo se l’uso dei modificatori
viene adatto al tipo di situazioni e vediamo se ci sono delle differenze in questo uso tra gli
apprendenti di diversi livelli linguistici. Inoltre, visto che gli apprendenti L2 hanno fatto due
DCT diversi, cioè uno nella modalità scritta e uno nella modalità orale, guarderemo se ci
siano delle differenze o delle similitudini nei risultati tra le due diverse modalità, e nel caso
affermativo, da quali apprendenti L2 del gruppo vengono causate queste differenze.
Nel primo capitolo esponiamo le teorie principali che stanno alla base del campo socio
pragmatico e quindi della nostra ricerca. Verranno trattate le teorie di Austin e Searle e la
teoria del Principio di cooperazione e le massime di Grice. Anche la teoria degli FTA di
Brown & Levinson verrà trattata. Poi, introduciamo il campo dell’apprendimento della
pragmatica verso l’apprendimento della grammatica da parte di apprendenti L2 in quanto si
parlerà delle difficoltà e le differenze tra i due elementi. Il capitolo 2.7 tratta la produzione di
competenza pragmatica e verrà investigata l’influenza che la modalità può avere sulla
produzione di queste competenze.
Nel capitolo 3 parleremo dei modificatori; verranno classificati i diversi tipi di
modificatori e successivamente verrà trattato l’apprendimento dei modificatori interni. Nel
quarto capitolo verrà esposta l’impostazione della ricerca; saranno formulate le domande
centrali e le ipotesi per la nostra ricerca e si parlerà più ampiamente dei test somministrati agli
apprendenti. Dopodiché nel capitolo 5 verranno esposti i risultati dell’analisi di tutti i dati ed
essi verranno discussi nell’ordine in cui sono state poste le domande centrali. Nell’ultimo
capitolo verranno riassunti i risultati discussi nel capitolo 5 e si cercherà di trarre delle
conclusioni riguardo questi risultati.
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2. La pragmatica nell’interazione verbale in L2 Nel capitolo introduttivo abbiamo già accennato brevemente all´importanza della pragmatica
nel processo di apprendimento di una seconda lingua. Per capire meglio questo processo
bisogna fare una chiara distinzione tra la linguistica teorica che non si occupa del contesto
dell’enunciazione, e la linguistica applicata, in particola la pragmatica, in cui invece è centrale
il parlante della lingua e le sue scelte linguistiche che vengono fatte in base al contesto
dell’enunciazione. Bettoni (2006: 74) lo descrive nel seguente modo: ‘La pragmatica si
occupa di tutti i fenomeni linguistici che áncorano la lingua al contesto di vita reale in cui
viene usata, e che dunque chiamiamo fenomeni pragmatici.’ Tenendo conto delle regole
dell’interazione appartenenti ad una cultura, possiamo dire che conoscere la grammatica di
una L2 non basta per poter conversare con nativi in modo giusto e appropriato; è necessario
apprendere anche a fare le giuste scelte linguistiche in un’interazione: si diventa buon
conversatori se ‘oltre alla competenza tecnica, ideativa, semantica, sintattico-testuale, c’è
anche quella pragmatica’ (Piazza, 1995: 6). Gli aspetti pragmatici della lingua sono stati
studiati sempre di più negli ultimi decenni, a partire dallo studio degli speech acts di Austin
negli anni cinquanta, sviluppato poi da Searle e da vari studiosi filosofici e linguistici tra cui
Goffman, Grice, Lakoff e Brown & Levinson. Questi si sono concentrati soprattutto sulle
regole implicite dell’interazione e sulla cortesia, che anche in questa tesi avrà un ruolo
centrale, perché è uno degli elementi principali all’interno della pragmatica.
Nel primo paragrafo di questo capitolo, per introdurre il campo degli studi
pragmalinguistici verrà trattata la teoria degli speech acts di Austin. Nel secondo paragrafo
sposteremo l’attenzione verso la cortesia nell’interazione, discutendo diverse teorie
sociopragmatiche e successivamente verrà trattato specificamente l’atto linguistico della
richiesta su cui è focalizzata questa ricerca. Poi verranno messi a confronto l’apprendimento
della grammatica e l’apprendimento della pragmatica; vedremo quali studi sono già stati fatti
in questo campo e quali sono stati i risultati principali emersi da questi studi. Infine parleremo
della produzione scritta e orale della competenza di apprendenti L2. Tratteremo le differenze
emerse da vari studi già fatti tra la competenza grammaticale e pragmatica prodotta in
modalità scritta e in modalità orale.
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2.1 Gli atti linguistici di Austin e Searle Prima di discutere il ruolo dell’acquisizione della cortesia in L2 esponiamo qui le teorie
principali che sono già state sviluppate all’interno degli studi della pragmalinguistica. Tra
queste teorie quella di Austin è una delle più note. Nonostante il fatto che alcuni studiosi
ritenevano la teoria degli atti linguistici inutile e poco interessante per chi ha come obiettivo
principale quello di fare un’analisi dell’interazione verbale (Sbisà 1999: 67), sembra giusto
tratteggiarla in grandi linee, perché questa teoria costituisce una delle basi teoriche delle
analisi pragmatiche.
Nella sua speech act theory Austin elenca diversi speech acts e li classifica in diverse
categorie. Il concetto dell’atto linguistico elaborato da Austin ci fa considerare l’atto
linguistico, e quindi l’enunciato, come un’azione. Tutti gli enunciati che noi facciamo, che per
l’altro non sono per forza intere frasi, ma possono consistere di parti di frasi o persino di una
sola esclamazione, possono essere considerati ‘atti linguistici’ che poi possono essere
categorizzati in diversi generi, come per esempio un saluto, un ordine, una domanda o un
complimento. Oltre a segnalare l’atto del dire (‘pronunciare parole in quanto appartenenti a
una lingua e dotate di senso e riferimento (atto locutorio)’ (Sbisà 1999: 69), Austin fa una
distinzione tra l’atto di fare qualcosa nel dire qualcosa (ti prometto di chiamarti domani) e
l’atto di fare qualcosa col dire qualcosa (non devi urlare). Qui viene distinto l’atto
illocutorio, ‘atto che compiamo in quanto ciò che noi diciamo conta come un certo tipo di
azione convenzionale (ordinare, consigliare, promettere, ringraziare, scusarsi, e anche
giudicare o asserire)’ dall’atto perlocutorio, ‘di cui ci rendiamo responsabili se il nostro dire
produce effetti extralinguistici (se cioè convince, persuade, allarma, rassicura, e via dicendo)
(Sbisà 1999: 69).
Gli atti illocutori successivamente sono stati divisi da Searle (1969), che sosteneva che
parlare è un’attività sociale svolta a regole, in cinque gruppi che sono i seguenti:
 Verdittivi
 Espositivi
 Esercitivi
 Comportativi
 Commissivi
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Tra questi generi di atti illocutori vi sono per esempio asserzioni, argomentazioni, promesse,
minacce, richieste e ordini. Gran parte di questi verbi sono verbi performativi (promettere,
affermare, dichiarare).
Più dei concetti dell’atto illocutorio e l’atto perlocutorio di Austin qui ci interessa
soprattutto la scelta dell’atto linguistico in un’interazione, perché è ciò che lega la teoria degli
atti linguistici all’aspetto pragmalinguistico di una lingua, cosa che anche Sbisà (1989: 54)
sottolinea:‘C’è la cornice, il frame sociologico, che è in vigore e che, condizionando il tipo di
definizione della situazione, contribuisce a determinare quali tipi di atti linguistici saranno
proferiti e/o come saranno intesi gli atti linguistici proferiti.’
Come già detto sopra, gli enunciati sono da categorizzare in diversi tipi di atti
linguistici. Il tipo di atto linguistico dell’enunciato può cambiare a seconda del contesto in cui
viene realizzato. Con il contesto intendiamo chi è l’interlocutore, com’è la relazione tra lui e il
parlante, in quale situazione si trovano i due interlocutori etc. Per questo, un enunciato come
‘Mandami un’email’ fatto da un capo ad un suo dipendente può essere interpretato come un
ordine, mentre lo si può interpretare diversamente se una persona lo dice rivolgendosi alla
sorella (in questo caso potrebbe essere una richiesta). Un enunciato può quindi avere diversi
scopi illocutori e può quindi consistere in diversi atti linguistici allo stesso tempo. A parte
questo, è interessante prendere in considerazione anche le considerazioni del parlante prima di
pronunciare un atto linguistico. Le sue scelte linguistiche vengono determinate da fattori
sociopragmatici ovvero dal contesto. Con ‘contesto’ viene inteso non solo la ‘sequenza di atti
linguistici in cui l’atto linguistico si colloca’ e gli ‘scopi, individuali o condivisi, dei
partecipanti’ (Sbisà 1989: 54), ma anche la relazione tra due parlanti, di cui parleremo più in
dettaglio nel prossimo paragrafo.
2.2 La cortesia nell’interazione verbale in L2 Uno dei fenomeni che si colloca tra i fenomeni di cui si occupa la pragmatica è la cortesia. In
qualsiasi cultura la cortesia si manifesta, oltre che nella comunicazione non-verbale, nella
lingua verbale nella forma di regole non scritte che sono diverse per ogni cultura.
Apprendendo una nuova lingua, se l’obiettivo è quello di poter comunicare senza
fraintendimenti e malintesi, oltre a imparare la lingua grammaticalmente è necessario
apprendere la lingua per quel che riguarda le regole pragmatiche e quindi apprendere queste
regole, il che spesso crea delle grosse difficoltà per l’apprendente, non solo perché queste
regole si imparano interagendo con i parlanti nativi, ma anche perché l’apprendente L2 è già
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in possesso delle regole di cortesia della propria lingua. La padronanza di queste regole della
L2 si raggiunge difficilmente a meno che l’apprendente non si distacchi dalla propria cultura,
e purtroppo questo spesso porta delle difficoltà. Quello che sottolinea Bettoni (Bettoni, 2006)
è che c’è anche da chiedersi se è giusto distaccarsi dalla propria cultura; se si negano le regole
della propria cultura per adottare quelle di una cultura che non è la propria con l’obiettivo di
realizzare un’interazione ‘riuscita’, questo non equivale forse alla negazione della propria
identità? Bisogna ‘capire se, nell’usare un’altra lingua, sappiamo o vogliamo abbandonare –
anche solo per la durata della conversazione – sia il mondo che è nostro, per avvicinarci a un
mondo che non lo è, sia il modo di essere che è nostro per assumerne uno che non lo
è.’(Bettoni 2006: prefazione 1) C’è da osservare che per questa tesi è rilevante soprattutto
studiare il fenomeno della cortesia in quanto si manifesta nell’interazione in diverse forme.
Nel prossimo paragrafo verranno esposte le teorie principali nel campo della cortesia.
2.3 Il Principio di cooperazione e le massime di Grice Negli studi dell’analisi della conversazione Paul Grice è un punto di riferimento teorico per le
sue teorie della conversazione. L’attenzione di Grice è indirizzato soprattutto verso le
intenzioni del parlante, non si concentra solo sull’atto linguistico in sé. Nella sua teoria
distingue tra il significato naturale e non naturale e il significato del parlante e il significato
dell’enunciato. La distinzione tra il significato naturale e non naturale di un’enunciazione
indica il rapporto tra un segno e quello a cui riferisce il segno. Un esempio a proposito di
questo che ci fa Bazzanella (2005: 170) è la differenza tra le frasi ‘Quelle nuvole nere
significano pioggia’ in cui il rapporto tra segno e significato non è arbitrario ma regolare (il
significato esiste già, non è un significato che abbiamo attribuito noi all’enunciato) e ‘Il suono
della campanella a scuola significa che è finita l’ora’ in cui c’è un rapporto arbitrario tra il
segno e l’oggetto di riferimento (noi abbiamo attribuito il significato al suono della
campanella). Nel primo caso parliamo di significato ‘naturale’ mentre nel secondo caso il
significato è ‘non naturale’. Un’altra distinzione che fa Grice è quella tra il significato del
parlante e il significato dell’enunciato. Anche qui contano le intenzioni dell’interlocutore in
quanto il significato del parlante è visto come quello che il parlante intende dire, mentre il
significato dell’enunciato è il significato letterale che può anche sembrare non avere senso
quando non viene considerato il contesto in cui è stato pronunciato. Se gli enunciati spesso
hanno un altro significato rispetto al significato letterale, ci si può chiedere come fa
l’interlocutore a capirlo e come fanno due persone a interagire comprendendosi totalmente.
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Grice spiega questo con il ‘Principio di cooperazione’. Questo principio sostiene che la
comunicazione verbale tra due interlocutori sia possibile grazie al fatto che gli interlocutori
mentre conversano cooperano. Tutti e due cercano continuamente di dedurre l’enunciato
letterale dall’implicatura conversazionale, ovvero l’intenzione del parlante, immedesimandosi
nell’interlocutore e tenendo conto del contesto in cui viene espresso l’enunciato. Per fare una
conversazione in cui c’è comprensione di tutti e due gli interlocutori, Grice (1993) dice:
‘Conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene,
dall’intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato’.
Per dare un esempio in cui viene mostrata la cooperazione tra due interlocutori
immaginiamoci la seguente scena. Mi trovo a casa di una mia amica e la finestra è aperta.
Siccome ho un po’ freddo e vorrei che la finestra venisse chiusa, le dico:
‘Fa un po’ freddo qui, vero?’
Con questa frase non enuncio esplicitamente il mio desiderio che la finestra venga chiusa,
però probabilmente, grazie al Principio di cooperazione, la mia amica lo avrà capito e chiude
la finestra. La mia amica capisce l’implicatura conversazionale del mio enunciato. Insomma,
grazie alla cooperazione, due interlocutori si possono capire, anche quando vengono violate le
Massime, come nell’esempio dato qui sopra. Grice nella sua teoria delle Massime presenta
quattro categorie:
 La massima della Quantità: dai un contributo tanto informativo quanto è richiesto
 La massima della Qualità: tenta di dare un contributo che sia vero
 La massima della Relazione: sii pertinente
 La massima del Modo: sii perspicuo
Queste massime di Grice di solito in una conversazione vengono violate regolarmente,
quando per esempio sono stanca e dico ‘Sono stanca morta!’ (sto violando la massima di
Qualità perché dico qualcosa che non è del tutto vero), però grazie alla cooperazione degli
interlocutori questo non crea grossi problemi nell’interazione: ‘Quando questi punti di
orientamento (le massime) non vengono rispettati, gli ascoltatori ricercano un livello più
profondo, che risponda al principio di cooperazione e sulla cui base, con un procedimento
inferenziale, possano ‘calcolare’ il significato inteso dal parlante, o significato
occasionale’(Bazzanella 2005: 173).
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2.4 I Face Threatening Acts di Brown & Levinson Nel precedente paragrafo abbiamo presentato un caso in cui viene espresso un enunciato
implicito che viene compreso dall’interlocutore grazie alla sua capacità di dedurre la vera
intenzione del parlante. Guardando a questo tipo di enunciati ci si potrebbe chiedere: perché
non dire semplicemente le cose in modo esplicito? E’ qui che arriviamo alla teoria della faccia
che è stata sviluppata da Goffman negli anni sessanta. Nella sua ben conosciuta teoria
dell’interazione è centrale la ‘faccia’, sia quella del parlante che quella dell’interlocutore. La
faccia può essere considerata come ‘the public self-image that every member wants to claim
for himself, consisting in two related aspects’(Brown & Levinson 1987: 61), che è legata a
concetti come imbarazzo e la ‘perdita della faccia’. Più dettagliatamente Bettoni (2006: 81)
spiega la faccia come ‘l’insieme della propria stima di sé, della propria reputazione,
dell’immagine pubblica, emotiva e sociale che ognuno ha di sé, e che vorremmo al minimo
proteggere dal danno, al massimo potenziare’. I due aspetti di cui si compone la faccia sono la
faccia negativa e la faccia positiva che da Bettoni (2006) vengono spiegati semplicemente
come:
 la faccia negativa: il bisogno di essere liberi da imposizioni
 la faccia positiva: il bisogno di essere accettati e di piacere
In un’interazione ognuno cerca continuamente di mantenere la propria faccia, cioè di
gratificare la faccia positiva e di proteggere la faccia negativa. Questa manutenzione della
faccia viene raggiunta usando delle strategie di cortesia. Spiegato da Bettoni (2006: 81) la
cortesia è ‘una serie di strategie verbali impiegate dal parlante per manipolare l’interazione
massimalizzando i vantaggi e minimizzando gli svantaggi in termini di faccia, positiva e
negativa, propria e dell’ascoltatore’. Queste strategie possono verificarsi nella forma di
cortesia positiva o negativa, dove la cortesia positiva per la faccia dell’interlocutore si
manifesta per esempio in atti linguistici come complimenti, offerte d’aiuto e promesse, mentre
la cortesia negativa si nota in atti linguistici come le scuse o le proteste usando dei mitigatori
per attenuare la forza dell’enunciato. Durante l’interazione ovviamente non viene fatto ricorso
continuamente a strategie di cortesia, queste vengono messe in atto solo nel momento in cui
un atto linguistico che viene enunciato è pericoloso per la faccia. Un atto linguistico di questo
tipo da Brown & Levinson viene chiamato Face Threatening Act, ovvero una speech act che
minaccia la faccia (sia quella del parlante che quella dell’interlocutore). Brown & Levinson
nominano diversi atti linguistici che sono più minacciosi per la faccia di altri, in quanto sono
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‘those acts that primarily threaten the addressee’s (H’s) negative-face want, by indicating
(potentially) that the speaker (S) does not intend to avoid impeding H’s freedom of action’
(Brown & Levinson, 1987). Tra questi atti linguistici si trovano per esempio ordini, consigli e
avvertimenti. Visto che usualmente in un’interazione comunicativa gli interlocutori cercano
sempre di evitare di danneggiare sia la loro faccia che la faccia dell’altro, prima di compiere il
FTA il parlante di solito valuta se compiere l’atto e nel caso affermativo, come deve
compierlo, cioè quali strategie di cortesia sceglie di utilizzare. Secondo Brown & Levinson
(1987) il parlante in questa situazione ha cinque strategie possibili:
 compiere il FTA baldly on the record, cioè compiere il FTA senza ricorrere a strategie
di cortesia
 compiere il FTA usando la cortesia positiva che è orientata verso la faccia positiva
dell’interlocutore e che rispetta il suo bisogno di accettazione sociale
 compiere il FTA usando la cortesia negativa che riconosce e rispetta la faccia negativa
dell’interlocutore, e che cioè non interrompe la sua libertà di agire
 compiere il FTA off the record, cioè compiere l’atto linguistico in modo implicito,
usando per esempio sarcasmo o ambiguità (il che porterebbe a una o più violazioni
delle massime di Grice)
 non compiere il FTA
Non è difficile capire che queste cinque strategie non vengono scelte arbitrariamente
dall’interlocutore ma che esistono vari fattori in base a cui viene individuata la strategia di
cortesia migliore. I fattori che determinano la scelta della strategia hanno a che fare con il
contesto in cui l’atto linguistico viene compiuto. Brown & Levinson (1987) individuano tre
fattori che influenzano il modo in cui viene realizzato un atto linguistico:
 la distanza sociale
 il potere relativo
 il grado d’imposizione
Di questi fattori la distanza sociale indica la distanza tra gli interlocutori, in quanto sono
confidenti l’uno con l’altro. Il potere relativo ha a che fare con lo status degli interlocutori; chi
degli interlocutori ha più potere e quindi quanto il parlante si può imporre sull’altro. Infine c’è
il grado d’imposizione che riguarda l’atto linguistico e che indica quanto l’interlocutore si
impone sull’altra persona compiendo l’atto linguistico. Possiamo usare un esempio di Brown
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& Levinson (1987) per mostrare due atti linguistici che hanno lo stesso scopo ma vengono
compiuti in modo diverso usando delle strategie di cortesia diverse.
(1)Excuse me, would you by any chance have the time?
(2)Got the time, mate?
Tra questi due probabilmente varia la distanza sociale, in quanto in (1) c’è una
distanza sociale maggiore che in (2) dove, siccome l’enunciato viene fatto in modo molto
diretto e amichevole, si può assumere che il parlante almeno conosca l’interlocutore e che
ci sia una certa confidenza tra i due. In (1) invece, per l’indirettezza che si manifesta nei
mitigatori come ‘excuse me’, ‘would’ e ‘by any chance’, si vede che c’è una certa distanza
tra i due interlocutori.
I fattori sociopragmatici nominati qui sopra giocano un grande ruolo nella scelta del
modificatore adeguato in un’interazione. A seconda della distanza e il grado d’imposizione
nell’interazione il parlante sceglie la forma più adatta. Per parlanti L1 questo non causa
spesso problemi, per apprendenti L2 invece può essere molto complicato scegliere un
modificatore adeguato alla situazione. Da una ricerca di Timmerman (Timmerman, 2007) è
risultato che nell’uso di modificatori apprendenti L2 sono meno sensibili ai fattori
sociopragmatici di parlanti nativi. Da una simile ricerca di Nuzzo (Nuzzo, 2009) risulta
pure che i parlanti non-nativi non fanno differenza nell’uso dei modificatori a seconda
della distanza sociale tra il parlante e l’interlocutore.
2.5 L’atto linguistico della richiesta in L2 Come abbiamo visto qui sopra, gli interlocutori in un’interazione cercano sempre delle
strategie di cortesia per salvare la loro faccia. La teoria di Brown & Levinson parte dal
presupposto che la cortesia sia legata all’indirettezza, cioè un maggior grado di indirettezza
significa un maggior grado di cortesia, perché lascia più possibilità all’interlocutore e attenua
la forza dell’enunciato. Pallotti (1999: 73) a proposito di questo dice: ‘Ben presto si è
delineato un rapporto fra la scelta di forme indirette e questioni di cortesia nella
conversazione: ad esempio, se per fare una richiesta non usiamo un imperativo, è perché
questo metterebbe l’interlocutore con le spalle al muro, di fronte all’alternativa secca fra
obbedire o rifiutarsi; usare un enunciato interrogativo come atto linguistico indiretto di
richiesta è invece meno impositivo, espone meno direttamente il parlante quanto
l’interlocutore alla perdita della ‘faccia’, cioè alle conseguenze internazionali negative di un
rifiuto.’
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Successivamente ha avuto molta attenzione la teoria di Blum-Kulka, che critica l’idea
che la cortesia sia legata all’indirettezza di un atto linguistico. Blum-Kulka rispetta l’idea
delle strategie indirette ma indica poi, oltre alle strategie convenzionalmente indirette, l’uso di
strategie non convenzionalmente indirette, che sarebbero strategie in cui viene fatta una
richiesta in modo totalmente implicito, come nei seguenti esempi di Betton i (2006: 188) in
cui il parlante vorrebbe che l’interlocutore potasse le rose:
(3) io adesso sono stanca
= perciò pota tu le rose
(4) oggi ho già segato il prato
=quindi tocca a te potare le rose
(5) domani vengono gli zii
=bisogna fare bella figurail giardino deve essere in
ordinepota le rose
Si vede che l’atto della richiesta, che è un atto direttivo, può essere compiuto tramite diverse
forme linguistiche. Lo si può compiere in modo del tutto implicito, ma lo si può compiere
anche usando altre forme per non essere troppo diretti e per mitigare la forza dell’enunciato,
come il suggerimento, il consiglio o la minaccia, per cui può essere difficile distinguere l’atto
della richiesta (Trosborg, 1995: 188-189).
Nella ricerca fatta per questa tesi è stato oggetto di ricerca l’atto linguistico della
richiesta. Nel campo della pragmatica questo è l’atto linguistico di gran lunga più studiato, tra
l’altro perché è interessante in quanto di solito causa una forte minaccia per la faccia: ‘chi fa
la richiesta invade il suo territorio (dell’interlocutore) e ne limita la libertà d’azione, e quindi
ne minaccia la faccia negativa. D’altra parte, nel formulare la richiesta, mette in gioco la
propria faccia positiva, poiché il destinatario può reagire opponendo un rifiuto’ (Bettoni 2006:
184). L´aspetto interessante nello studio dell’apprendimento di una seconda lingua è che
compiendo l´atto linguistico della richiesta, se si vuole rispettare la cortesia nell’interazione, il
parlante, per attenuare o rafforzare la sua richiesta, deve fare uso di strategie di cortesia che
possono riguardare il sistema allocutivo (Nuzzo: in stampa), l´uso dei tempi verbali o nei
modificatori, il che per gli apprendenti L2 non è affatto facile.
Nei vari studi fatti l’argomento dell’apprendimento della pragmatica di una L2 è stato
analizzato in diversi modi. E’ stato per esempio analizzato la differenza tra l’uso dei
mitigatori nella richiesta da parte di nativi e da non nativi di cui spesso è risultato che c’è una
grande differenza tra i due gruppi (Byon 2004; Hassal, 2003; Timmerman, 2007). Sono stati
fatti anche degli studi longitudinali che esaminano l’acquisizione delle strategie di cortesia
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nella richiesta (Bardovi-Harlig, 1999; Barron, 2003; Ellis, 1992; Nuzzo, 2005; Nuzzo 2007).
Quello che rende la richiesta un oggetto di ricerca interessante è che, citando Nuzzo (2009, in
stampa) ‘le richieste formulate da apprendenti di una seconda lingua, anche dotati di una
buona competenza linguistica, sono spesso percepite come inadeguate dagli interlocutori
nativi’. Visto che in molti casi in cui c’è una padronanza della grammatica da parte
dell’apprendente L2, non c’è ancora la padronanza della pragmatica, è interessante guardare
più da vicino il processo di apprendimento della grammatica di L2 e quello
dell’apprendimento della pragmatica in L2.
2.6 L’apprendimento della grammatica di L2 in relazione all’l’apprendimento della pragmatica di L2 Come citato qui sopra, nell´output di un apprendente L2 spesso si possono notare delle
carenze di competenze pragmatiche nonostante una buona competenza linguistica. Questo ci
fa concludere che lo sviluppo della competenza linguistica non è un processo sincrone alla
competenza pragmatica, anche se sicuramente sono legati. Dopo vari studi ancora non è
chiaro com’è esattamente la relazione tra queste due componenti. Sono stati fatti studi
comparativi in cui ci si chiede se l’apprendente L2 è in grado di raggiungere la competenza
pragmatica di un parlante nativo, il che non è quasi mai il caso (Vedder, 2007: 99), ma anche
studi longitudinali che partono dallo sviluppo della competenza grammaticale e
successivamente confrontano questo sviluppo con l’evolversi della competenza pragmatica.
Prima di occuparci della relazione tra la grammatica e la pragmatica ci chiediamo che cos’è
che rende l’apprendimento della pragmatica così complicato.
Inanzitutto nell’apprendimento di una lingua per quel che riguarda la pragmatica, le
differenze culturali tra L1 e L2 possono creare delle difficoltà nell’interazione.
Nell’interazione le regole e valori che sono legati alla cultura dell’interlocutore costruiscono
la sua faccia. Il contenuto della faccia perciò è diverso per ogni lingua e per ogni cultura e
così le strategie di cortesia che vengono scelte per un atto linguistico differenziano in ogni
lingua. Un esempio può essere uno studio di Brown & Levinson (Brown & Levinson 1987:
233): è stato esaminato l’atto linguistico della richiesta in India e viene concluso che in India
per fare una richiesta basta dare solo le ragioni, cioè suggerendo la richiesta, senza
pronunciarla. Qui quindi la cortesia si realizza in un grado molto alto di indirettezza, mentre
in altre lingue si è molto più espliciti e vengono usate delle strategie più dirette per fare una
richiesta.
17
La differenza dei diversi aspetti che costituiscono il concetto di faccia tra un parlante
nativo e un parlante non-nativo può ovviamente causare delle difficoltà nell’interazione nel
senso che possono verificarsi dei fraintendimenti (che possono variare da un piccolo
fraintendimento a un insulto non inteso). Un problema che sorge qui è che ‘tale inadeguatezza
viene in molti casi interpretata come aggressività, arroganza o maleducazione, e il rischio di
questa lettura ‘caratteriale’ di un comportamento linguistico sembra destinato a crescere
insieme alla padronanza delle forme grammaticali e del lessico della seconda lingua: quando
le deviazioni dall’uso convenzionale non possono più essere spiegate come una conseguenza
della scarsa competenza grammaticale, i parlanti nativi generalmente le attribuiscono a
tendenze caratteriali piuttosto che a fattori di conoscenza linguistica, e fabbricano facilmente
pregiudizi sulla personalità dell’interlocutore non-nativo’ (Bettoni, 2006: 237). Inoltre,
siccome le regole culturali della L2 spesso si scontrano con quelle della propria lingua
dell’apprendente, per gli apprendenti di L2 può essere difficile sapere fino a che punto
adottare queste regole: ‘Il dilemma sta nel dover fare una scelta tra agire a seconda delle
regole interazionali e culturali di quella lingua (anche se vanno incontro al proprio carattere),
o distanziarsi da quelle regole e agire in modo più adatto al proprio carattere e alla propria
identità’ (Bettoni, 2006).
Nella discussione sulla relazione tra l’apprendimento della grammatica di L2 e
l’apprendimento della pragmatica di L2 ci sono ancora molte domande. Anche Vedder (2007:
100) nomina la complicatezza in questo campo: ‘non pare affatto chiaro se competenza
grammaticale e competenza pragmatica si sviluppino parallelamente o se si tratti invece di
due componenti linguistiche che progrediscono l’una a spese dell’altra, in momenti diversi’.
Ci sono ragioni per assumere che la grammatica precede la pragmatica, ma allo stesso tempo
è attendibile che bisogna conoscere le regole pragmatiche prima di poter usare la giusta forma
grammaticale. Malgrado ci siano stati molti studi in questo campo, di studi longitudinali che
si concentrano sul processo dell’apprendimento ce ne sono ancora pochi (Bardovi-Harlig,
1999; Barron, 2003; Ellis, 1992; Nuzzo, 2009; Vedder, 2007).
A questo punto è chiaro che la competenza pragmatica viene acquisita in un altro
modo della competenza grammatica. Mentre la competenza grammaticale di L2 è un concetto
abbastanza astratto, la competenza pragmatica lo è molto meno perché si ha a che fare con
regole culturali e interazionali. La competenza pragmatica sembra essere appresa in modo più
interattivo della competenza grammaticale. Per questo Barron nel suo studio
sull’apprendimento della pragmatica da parte di un gruppo di studenti irlandesi apprendenti di
18
tedesco L2 tiene conto del tempo che durante l’apprendimento della L2 è stato trascorso nel
paese della lingua d’arrivo. Risulta che un periodo trascorso nel paese della lingua d’arrivo
può beneficiare le competenze pragmatiche, senza che per forza crescono anche le
competenze grammaticali. Anche Bardovi-Harlig (Bardovi-Harlig, 1999) segnala
l’importanza di questo fattore che influenza l’apprendimento della pragmatica, il che dimostra
che esiste certamente una differenza tra l’apprendimento della grammatica e l’apprendimento
della pragmatica e che l’apprendimento di questi due componenti non è un processo parallelo.
Anche se un’analisi di tipo longitudinale sarebbe il modo più conveniente per indagare questo
processo, per la presente tesi questo non è stato possibile, dato che uno studio del genere
richiederebbe molto tempo. Invece di fare una ricerca longitudinale la presente analisi è di
tipo esplorativo, per il numero di apprendenti L2 piuttosto ristretto. Anche il fatto che non è
stato possibile misurare l’esatto livello grammaticale degli apprendenti ha contribuito alla
scelta di fare un’analisi esplorativa. I risultati dei test daranno un livello di competenza
linguistica generale e un’idea globale del livello grammaticale e perciò potremo trarre delle
conclusioni in modo approssimativo. Il livello linguistico generale degli apprendenti L2 verrà
comparato con il livello pragmatico, analizzando l’uso dei modificatori. Successivamente
verranno messi a confronto i risultati dei diversi apprendenti: ci chiederemo se ci sia una
relazione significativa tra le competenze linguistiche e quelle pragmatiche.
2.7 La modalità scritta e la modalità orale Per la nostra ricerca sono stati somministrati dei Discourse Completion Task; un DCT scritto
e un DCT orale. Il fatto che questi due test i cui contenuti sono quasi identici sono stati
somministrati in una modalità scritta e in una modalità orale potrebbe causare una differenza
nei risultati. Nel DCT scritto gli apprendenti avevano abbastanza tempo a disposizione per
riflettere prima di scrivere una risposta. Il DCT orale invece richiedeva una risposta
immediata, cioè dopo aver ascoltato le istruzioni bisognava rispondere entro dieci secondi. Il
DCT orale probabilmente assomiglia più ad una vera interazione in cui non si ha neanche
molto tempo per riflettere prima di rispondere. Barron (2003) parla di production
questionnaires, il tipo di test che è stato usato per la nostra ricerca. Il DCT è conosciuto come
lo strumento usato per la CCSARP, ovvero il Cross-cultural speech act realization project,
per indagare richieste e scuse realizzate da sia nativi che non-nativi, in diversi contesti sociali
in diverse lingue e culture, usando un unico coding system. Barron discute i vari tipi di DCT
tra cui si può scegliere tenendo conto della finalità della ricerca: il classico DCT, il dialogue
19
construction questionnaire, l’open item in cui c’è solo una risposta verbale e l’open item in
cui c’è free response. Il DCT usato per questa ricerca è del terzo tipo, cioè il DCT con l’open
item con una risposta.
E’ indubbiamente interessante mettere a confronto i risultati dei DCT scritti e dei DCT
orali, soprattutto perché sono stati già fatti degli studi sulla differenza nella performance
scritta e orale che hanno segnalato delle differenze per le due modalità. Nonostante che il
production questionnaire è stato usato per molti studi, nella forma scritta è stato anche molto
criticato. Da diversi studiosi questa forma del DCT è ritenuta poco autentica e per il tempo a
disposizione allo studente ‘the participant is prompted to recall pragmatic information from
memory and report rather than use it’ (Kasper, 2000). Così la produzione della competenza
pragmatica viene facilitata. Anche Beebe & Cummings (1996) hanno studiato il production
questionnaire e hanno trovato che i risultati del DCT scritto differiscono considerevolmente
dai risultati del DCT orale, in quanto nella modalità scritta non si può manipolare le
dinamiche psico-sociali di una vera interazione.
.
Uno studio di Grabowski (Grabowski, 2005) ha investigato il writing superiority
effect, che indica il fenomeno della superiorità della modalità scritta sulla modalità orale: in
un’analisi della produzione della competenza, nella modalità scritta le diverse competenze
linguistiche dell’apprendente si dimostrano meglio che nella modalità orale. Motivo di questo
è anzitutto che nella modalità scritta si ha più tempo per riflettere, ci si può fermare a scrivere
quando si vuole. Poi, siccome nella modalità scritta ci vuole più tempo per verbalizzare
l’informazione, c’è più tempo per usare le risorse cognitive (Grabowski, 2005: 178). Dopo i
diversi esperimenti fatti da Grabowski riguardo il writing superiority effect, è risultato che è
stabile e replicabile. In un altro esperimento che Gabrowski ha replicato di Bourdin e Fayol
(Grabowski, 2005), è stato osservato che nei processi low-level (memory span performance), i
bambini sono più bravi nella modalità orale, mentre presso gli adulti non c’è una differenza
significante tra le due modalità. Questo risultato può avere a che fare con il fatto che nei
processi low-level viene usata la working memory, mentre nei processi high-level è coinvolta
la long-term memory, in cui più volte per adulti è stato constatato il writing superiority effect.
In uno studio sulla produzione di competenze linguistiche Martinez-Flor (Martinez-Flor,
2007) cita diversi studi che hanno avuto degli esiti diversi. Beebe & Cummings (Beebe &
Cummings, 1985) in una ricerca sulla differenza tra la modalità scritta e la modalità orale in
cui parlanti L2 producono suggerimenti, hanno trovato che nella modalità orale c’è più
diversità nell’uso di forme pragmalinguistiche e che vengono usate delle forme che sono più
20
simili ad una vera interazione. I risultati della modalità scritta alla fine risultavano uguali a
quelli della modalità orale, solo che erano meno autentici. Questa ricerca però è stata fatta tra
parlanti di L1, ed è plausibile che per apprendenti di L2 i risultati siano diversi. Rintell &
Mitchell (Rintell & Mitchell, 1989) per esempio hanno condotto una ricerca simile ma con
parlanti di L2 in cui non hanno trovato differenze nel performance tra le due modalità. Poi
Martinez-Flor ha condotto una ricerca tra apprendenti di inglese L2 di madrelingua spagnola
in cui ha paragonato la produzione dell’atto linguistico del suggerimento in delle
conversazioni telefoniche (orale) e in degli email (scritto). Martinez-Flor ha osservato che c’è
una piccola differenza tra le due modalità: nella modalità scritta venivano usate delle forme
più adatte alla situazione e più forme diverse. Bisogna accennare però che questa ricerca non
è del tutto paragonabile con la presente ricerca visto che tratta di dialoghi, mentre nella
presente tesi sono stati analizzati monologhi.
21
3. Modificatori Per investigare le competenze pragmatiche di un gruppo di apprendenti è indispensabile
esaminare le caratteristiche dell’interazione e più specificamente l’uso dei modificatori che
vengono usati nel dialogo. I modificatori sono legati a delle regole riguardo l’interazione e la
cultura di una lingua, per cui apprendenti L2 possono avere delle difficoltà ad apprenderli.
Nel prossimo paragrafo esporremo i diversi tipi di modificatori e parleremo
dell’apprendimento di modificatori nel processo dell´ apprendimento della L2.
3.1 Modificatori interni Quando in un atto linguistico è richiesta la cortesia, come nell’atto linguistico della richiesta,
gli interlocutori possono ricorrere all’uso dei modificatori. I modificatori servono a mitigare o
a rafforzare il FTA quando il parlante vuole proteggere la sua faccia. Invece di compiere l’atto
linguistico in modo diretto senza l’uso di modificatori, il che avrebbe un effetto negativo sulla
propria faccia, il parlante di solito sceglie di usare dei modi per salvare la propria faccia e per
gratificare la faccia dell’interlocutore usando dei modificatori. Questi possono essere
rafforzatori (upgraders) o mitigatori (downgraders). I modificatori possono essere divisi in
due gruppi; i modificatori interni e i modificatori esterni: i modificatori interni si trovano
all’interno del FTA mentre i modificatori esterni si trovano fuori da questo atto linguistico
come un’aggiunta. I modificatori interni a loro volta si possono dividere in modificatori
morfosintattici e modificatori lessicali e discorsivi. Il tipo di modificatore che ci interessa per
questa ricerca è quello dei modificatori interni.
La seguente tabella è un riassunto dei modificatori interni che è stata presa da uno
studio di Vedder (Vedder, 2007) che si è basata sulla classificazione di Barron (2003)
apportandovi qualche modifica.
22
Tabella 1. Classificazione dei modificatori interni Modificatori interni Lessicali e Morfosintattici discorsivi Marca di cortesia Condizionale Daresti? Per favore Soggettivizzatore Aspetto Ho paura, penso, mi domando, secondo me Mi stavo domandando Attenuatore Imperfetto Un po’ Mi domandavo Hedge Verbo modale In qualche modo, una specie di Posso? Riempitivo Congiuntivo Vedi, ecco, praticamente Se fosse vero.. Blanditore Incassatura Sarebbe bello se Che ne diresti di..? Downtoner Formula condizionale Forse, possibilmente, magari E’ possibile..? Richiesta di accordo Negazione condizioni preparatorie Ti volevo chiedere se non… Non pensi? Vero? Fatismo Sai,.. 23
Qui sotto si trova un’esposizione dei modificatori che abbiamo indicato per la nostra ricerca.
Gli esempi sono tratti dal corpus dei DCT scritti e orali fatti dagli apprendenti.
Condizionale
Il condizionale è l’unico modificatore morfosintattico che è stato usato nelle richieste dagli
apprendenti. Questa forma, grazie alla condizionalità che crea, fa sì che ci sia un certo grado
di indirettezza che diminuisce la minaccia per la faccia.
1) Quando hai finito il tuo libro, mi potresti prestarlo?
Formula modale
Per l’analisi è stato codificato anche l’uso della formula modale del verbo potere. Spesso però
si vede che l’uso del verbo potere coincide con l’uso del condizionale. Perciò ogni volta che
veniva usato il condizionale del verbo potere l’abbiamo codificato come condizionale e non
come formula modale. Un esempio della formula modale di potere:
2) Scusa, ma puoi lavare i piatti, per favore?
Formula condizionale
La formula condizionale anche se non è un modificatore è stato codificato perché ci dà
un’idea delle competenze pragmatiche dell’apprendente. Spesso al posto di un modificatore
viene usata una formula condizionale, quando l’apprendente non ha le competenze di usare
per esempio un modificatore come il condizionale, e così usa una strategia di evitamento
ricorrendo all’uso di una forma semplice e neutrale, come:
3) Scusami, eeh, è possibile per te abbassare la musica?
Marca di cortesia
La marca di cortesia è un modificatore lessicale che si può manifestare in diverse forme.
Questo modificatore ha la funzione di aggiungere in modo esplicito al FTA una forma di
cortesia che attenua la minaccia per la faccia. Può essere anche un segno di rispetto per
l’interlocutore. Marche di cortesia possono essere per esempio:
4)
Potresti per cortesia abbassare la musica?
5)
Vorrei cortesemente chiederti di smetterla.’
La marca di cortesia che è l’unica usata dagli apprendenti nelle richieste è il semplice per
favore:
24
6)
Mamma, mi puoi passare il sale, per favore?
Attenuatore
L’attenuatore è un modificatore lessicale che di solito è abbastanza frequente come
mitigatore nei FTA. Il nome del modificatore rivela già il suo carattere mitigativo; in un
FTA questo attenua la forza illocutoria. Un esempio:
7)
Scusa signore, potresti abbassare la musica un po’?
Rafforzatore
Il rafforzatore è un modificatore che modifica il FTA però invece di mitigare il FTA come
fanno gli altri modificatori, questo rafforza la forrza illocutoria del FTA. Il rafforzatore è
poco frequente.
8) Adesso è l’ultima volta, basta così eh, mangiamo.
Appellativo
L’appellativo è un modificatore esterno che viene usato per aprire la mossa e per attirare
l’attenzione dell’interlocutore. Con l’appellativo si può dare un certo tono che introduce il
FTA in modo sottile con lo scopo di ottenere una risposta positiva e di non danneggiare la
propria faccia e quella dell’interlocutore. Inoltre, l’appellativo può essere una strategia di
cortesia in quanto può mostrare rispetto per l’interlocutore.
9) Mi scusi, signora. Eh io ho un po’ eeh mal di gola. Eeh
potrebbe darmi qualcosa?
Imperativo
L’imperativo si potrebbe classificare come rafforzatore visto che veramente non appartiene
al genere di modificatore. In questa ricerca abbiamo però voluto esaminare anche l’uso
dell’imperativo, visto che dipende dalla relazione che il parlante ha con l’interlocutore se è
appropriato o meno usare l’imperativo. Esamineremo l’influenza dei fattori
sociopragmatici sulla scelta della strategia di cortesia.
10) Fate meno rumore, per favore, sto telefonando ad un’amica.
Altri modificatori che abbiamo individuato ma che erano molto poco frequenti sono la
richiesta d’accordo, il downtoner, l’incassatura e la negazione.
25
3.2 Modificatori esterni I modificatori esterni si trovano fuori dell’atto principale e servono a dare supporto al FTA.
Questi possono essere per esempio giustificatori, prerichieste o rabbonitori.
11)
Fabrizio, mi presteresti il tuo libro, ho dimenticato il
mio
In questa frase l’atto principale è ‘mi presteresti il tuo libro’. Il modificatore esterno
che viene usato è costituito dalla clausola ‘ho dimenticato il mio’ che è un giustificatore,
ovvero una spiegazione per il FTA che ha come obiettivo quello di giustificare il FTA. Il
modificatore esterno dell’appellativo, che abbiamo già indicato nell’esempio, può avere
diverse funzioni: può rinforzare l’atto linguistico perché il parlante si rivolge
esplicitamente all’interlocutore chiamandolo per nome, ma l’appellativo può essere anche
‘Senti, mi dai...’, in cui l’appellativo ha piuttosto la funzione di alleggerire il peso del FTA.
Malgrado il fatto che di solito i modificatori esterni vengano usati spesso, nella nostra
ricerca non prenderemo in considerazione questo tipo di modificatori, perché nelle
situazioni descritte nei test veniva già data una giustificazione della richiesta. Per questo, i
modificatori esterni usati dagli apprendenti per la maggior parte sono delle ripetizioni che
non ci possono dare nessun’informazione utile sull’uso dei modificatori esterni.
3.3 L’apprendimento dei modificatori interni Nonostante che i risultati delle diverse ricerche sull’apprendimento dei modificatori da parte
di apprendenti L2 possono variare, è chiaro che la modificazione interna viene appresa in uno
stadio dell’apprendimento abbastanza tardo. Nei risultati di studi fatti su questo argomento si
vede che c’è una differenza tra l’apprendimento della modificazione morfosintattica e
l’apprendimento della modificazione lessicale/discorsiva. Mentre la modificazione
morfosintattica viene appresa abbastanza presto perché è spesso frequente nell’input e perché
consiste di formule fisse, la modificazione lessicale/discorsiva è più difficile da apprendere
perché l’uso di questa è più facoltativo (Timmerman, 2007). Nuzzo (2009) ha trovato che i
modificatori morfosintattici sono i più diffusi tra i parlanti L2, e di questi soprattutto
l’imperfetto e il condizionale vengono usati di più. Modificatori lessicali invece, come forse,
non so, magari, vengono usati molto di meno, per l’alto grado di opzionalità in confronto ai
modificatori morfosintattici (Vedder, 2007). Anche in uno studio successivo di Nuzzo è
risultato che i modificatori morfosintattici vengono usati di più dai parlanti L2, e che l’uso di
modificatori lessicali è poco frequente (Nuzzo, 2009). I parlanti L2 solo nel terzo stadio di
26
apprendimento cominciano a utilizzare modficatori lessicali, il che fa pensare che nel
processo di apprendimento ci sia una precedenza della mitigazione morfosintattica. E’
notevole che riguardo questo non c’è una grande differenza tra i parlanti nativi e non-nativi,
cioè anche i parlanti nativi utilizzano più modificatori morfosintattici che lessicali o
discorsivi.
Nel processo di apprendimento di L2 l’influenza della L1 dell’apprendente può avere
un’influenza; ‘la L1 può facilitare o ostacolare l’acquisizione, in quanto l’impiego adeguato
dei modificatori in L2 è governato da regole d’uso che in parte coincidono e in parte
differiscono dalle regole della L1’ (Vedder, 2007: 107).
27
4. Impostazione della ricerca In questo capitolo presentiamo l’impostazione del test. Prima verranno formulate le domande
di ricerca e le ipotesi appartenenti a queste domande. In seguito verrà esposta più
dettagliatamente la struttura della presente ricerca, trattando i partecipanti e i test
somministrati.
4.1 Domande e ipotesi Per questa tesi ci si è chiesti se ci sia una relazione tra l’apprendimento della grammatica di
una L2 da un lato e l’apprendimento della pragmatica di questa L2 dall’altro lato, in altre
parole se la crescita della competenza grammaticale implichi anche la crescita della
competenza pragmatica. Si tratta di due elementi separati che si sviluppano
indipendentemente oppure si può individuare una correlazione tra i due? Per rispondere a
questa domanda verrà fatta un’analisi dell’uso dei modificatori interni nella richiesta. Poi
esamineremo l’influenza del fattore sociopragmatico della dominanza sociale sulla scelta dei
modificatori. Un altro aspetto che verrà trattato è la differenza nella produzione dei
modificatori tra la modalità scritta e la modalità orale; è interessante analizzare fino a che
punto i risultati del test scritto differiscono dai risultati del test orale. La domanda che sta alla
base di questa ricerca è se ci sia una correlazione tra la competenza linguistica di apprendenti
di italiano L2 e il loro uso di modificatori nella richiesta.
Quanto detto nel capitolo 2.6, malgrado che le due componenti della grammatica e
della pragmatica siano certamente legate, ci aspettiamo che il processo di apprendimento della
grammatica e della pragmatica comunque non è sincrone. Da diversi studi discussi nel
capitolo 2.6 è risultato che il livello di competenza grammaticale non risulta correlato al
livello di competenza pragmatica. E’ plausibile che ci sia una relazione tra le due componenti
in quanto in certe fasi dell’apprendimento la competenza grammaticale aiuta a crescere la
competenza pragmatica, ma allo stesso tempo la competenza pragmatica può evolversi, per
esempio grazie all’esposizione alla L2 per esempio nel paese della lingua d’arrivo, senza che
ci sia una crescita della competenza grammaticale.
Per esaminare più specificamente l’uso dei modificatori interni dal gruppo di studenti
apprendenti dell’italiano L2 ci poniamo le seguenti domande:
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 In che misura c’è una correlazione tra l’uso dei modificatori e il livello di competenza
linguistica misurata tramite un C-test?
 Fino a che punto il fattore della dominanza sociale determina l’uso dei modificatori?
 Fino a che punto si possono notare delle similitudini o delle differenze nell’uso dei
modificatori tra il DCT nella modalità scritta e il DCT nella modalità orale?
Per quanto riguarda la prima domanda, basandoci sulla ricerca longitudinale di Barron
(2003) e sullo studio di Bardovi-Harlig (1999) di cui abbiamo parlato in 2.6, ci aspettiamo che
apprendenti che in base al C-test sono stati classificati come appartenenti alla categoria di
apprendenti avanzati non useranno più modificatori interni degli studenti di altri livelli e la
varietà nella scelta dei modificatori non sarà maggiore. Così anche dagli apprendenti di un
livello linguistico più basso non ci aspettiamo che useranno per forza meno modificatori o
meno varietà nella scelta dei modificatori, visto che fattori esterni possono influenzare la
competenza pragmatica indipendentemente dalla competenza grammaticale. Per quanto
riguarda l’uso dei modificatori morfosintattici, dato che spesso si tratta di determinate
strutture grammaticali, può darsi che il livello di competenza grammaticale sia più legato al
livello della competenza pragmatica. Questo si spiega con il fatto che per poter usare per
esempio una forma del condizionale, che è un modificatore morfosintattico, se si vogliono
usare più forme di questa struttura grammaticale, è necessario che l’apprendente conosca la
coniugazione del verbo. Ci aspettiamo quindi che l’uso dei modificatori morfosintattici
aumenti con l’innalzarsi del livello di padronanza linguistica.
Per la seconda domanda, tenendo conto dei risultati della ricerca di Timmerman
(2007) e Nuzzo (2009) di cui abbiamo parlato nel capitolo 2.4 e tenendo conto del fatto che il
gruppo di apprendenti della presente ricerca appartiene ad un livello base, ci aspettiamo che
gli apprendenti non saranno in grado di adeguare la scelta dei modificatori al tipo di
situazione per quanto riguarda il fattore sociopragmatico. Nonostante questo è probabile che
nei casi in cui la dominanza sociale nell’interazione è molto evidente (come per esempio
un’interazione tra un adulto e un bambino) gli apprendenti sceglieranno un modificatore
adeguato alla situazione.
Per l’ipotesi rispetto alla terza domanda ci riferiamo a Grabowski (2005) e MartinezFlor (2007) di cui abbiamo parlato in 2.7. Grabowski in diversi studi ha costatato il writing
superiority effect. Ci aspettiamo che anche nella presente ricerca si verificherà questo effetto,
visto che per la parte scritta gli apprendenti hanno avuto più tempo per riflettere ed è
29
probabile che abbiano fatto uso della loro long-term memory. Ci aspettiamo quindi che ci sarà
una differenza nell’uso dei modificatori tra il DCT scritto e il DCT orale.
4. 2 I soggetti Il gruppo di partecipanti consiste di 14 studenti apprendenti dell’italiano presso l’Università di
Amsterdam, tutti e 20 sono studenti del primo anno. I test sono stati somministrati in classe.
Per avere maggiori informazioni sugli studenti, prima di somministrare i test, gli è stato
chiesto di compilare un questionario in cui vengono chieste delle informazioni personali,
come nome e cognome, età, sesso, lingua materna, lingua parlata a casa, indirizzo di studio ed
eventuali esperienze in Italia. I questionari si trovano nell´allegato D.
L’età degli studenti partecipanti va dai 19 ai 56 anni, con un’età media di 26. I
partecipanti non sono tutti studenti di Lingua e cultura italiana; 9 dei partecipanti sono
studenti iscritti ad un altro corso di laurea che hanno scelto il corso di Lingua italiana del
primo anno 1 come materia facoltativa.
4.3 Test Per poter fare un’analisi adeguata tenendo in mente l’obbiettivo della ricerca, è occorso
somministrare due tipi di test. In prima istanza si è voluto testare la competenza linguistica
degli studenti somministrando un C-test ovvero un gap-filling test, che verrà discusso più in
dettaglio qui sotto. In più, per avere un’indicazione globale del livello grammaticale generale,
sono stati analizzati i risultati del test di grammatica. Visto che non è stato possibile misurare
il livello grammaticale degli apprendenti potremmo rispondere alla domanda centrale solo in
modo approssimativo.
L’altro tipo di test è sviluppato per misurare le competenze pragmatiche degli studenti.
Sono stati somministrati due Discourse Completion Task; un DCT scritto e un DCT orale.
Riassumendo, i test che sono stati somministrati sono:
-
C- test
-
Test grammaticale (esame finale del corso di lingua)
-
DCT scritto
-
DCT orale
1
Il terzo corso di lingua pratica del primo anno (Taalverwerving Italiaans III) di E. Materassi all'Università di
Amsterdam
30
Il C­test Il C-test è un tipo di Cloze-test che è anche chiamato gap-flling test. Il specifico C-test usato
per la presente ricerca è un test già esistente che è stato creato da Ineke Vedder, Folkert
Kuiken e Roger Gilabert per il progetto CALC, il progetto Communicative Adequacy and
Linguistic Complexity, che investiga la relazione tra adeguatezza comunicativa e complessità
linguistica tra parlanti L2 (Gilabert, Kuiken, Vedder in stampa).
Il test consiste di cinque piccoli testi in cui di ogni altra parola manca la metà o la metà
più uno. Il compito dello studente è quello di dedurre le lettere mancanti dal contesto. In totale
ci sono 100 parole da completare. Ogni testo consiste di circa 60 parole e in ogni testo sono da
compilare circa 50 spazi che possono essere parti sia di un verbo che di un sostantivo, una
preposizione o altri tipi di parole. Il test si trova nell’allegato A.
Questo test è utile perché non testa solo per esempio l’uso dei verbi o la padronanza
dei sostantivi, ma richiede l’uso di diverse competenze linguistiche e non-linguistiche e dà
quindi un’indicazione del livello linguistico generale. I Cloze, tra cui il C-test che si può
collocare tra i test integrativi, misura una combinazione di competenze vocabolari produttive,
competenza grammaticale ricettiva e produttiva, competenza ortografica, semantica,
pragmatica e comprensione di testo (Hulstijn, in stampa).
Il test di grammatica Per motivi pratici, oltre a usare il C-test come indicatore del livello di competenza linguistica,
abbiamo scelto di usare l’esame finale del corso di lingua pratica di apprendenti del primo
anno di studio come indicazione del livello di padronanza di grammatica. L’esame consiste di
due parti, una parte di grammatica e l’altra parte di lessico. Siccome l’esame richiede sia la
competenza lessicale che la padronanza di tempi verbali come il congiuntivo, l’imperfetto, il
futuro etc. ma anche l’uso di preposizioni e sostantivi, ci potrà dare un’indicazione del livello
di competenza grammaticale generale degli studenti.
Il Discourse Completion Task nella modalità scritta e orale Il DCT scritto usato per questa ricerca è stato sviulppato da me. Il test consiste di 30
descrizioni di situazioni che devono elicitare una reazione nella forma di una richiesta da
parte del partecipante. Il partecipante si immedesima nella situazione e reagisce come avrebbe
reagito in una simile situazione nella realtà. Per esempio:
31
1. Sei in vacanza in Messico con un amico. Chiedi a qualcuno per strada se vi può fare una
foto.
Risposta: Mi scusi, signore, ci potrebbe fare una foto?
Il DCT consiste di situazioni in cui le relazioni tra i due interlocutori sono state
manipolate. In ogni situazione dei DCT in cui viene elicitata una richiesta è stato tenuto conto
del fattore sociopragmatico della dominanza sociale. In 2.4 è stata trattata la teoria di Brown
& Levinson dei fattori sociopragmatici che possono determinare la scelta del modificatore in
un’interazione. Per la nostra ricerca abbiamo voluto esaminare la sensibilità degli apprendenti
a questi fattori. Siccome però sarebbe stato complicato considerare tutti e tre i fattori
sociopragmatici è stato deciso di considerare solo uno di questi fattori nelle nostre richieste: è
stato omesso il fattore del grado di imposizione e poi il fattore del potere relativo e della
distanza sociale sono stati presi insieme, per il motivo del fattore del potere relativo che è
intrecciato con il fattore della distanza sociale e spesso i due si influenzano a vicenda. Un
esempio può essere una situazione in cui un direttore parla ad uno dei suoi dipendenti; il
direttore ha un potere relativo sul dipendente e questo porta con sé una distanza sociale tra di
loro. Il fattore di cui abbiamo tenuto conto nelle richieste dei DCT è stato chiamato
dominanza sociale, e parte dal presupposto che in ogni interazione tra due interlocutori c’è
sempre una persona che domina la situazione perché ha uno status sociale più alto dell’altra
persona. Così sono stati creati tre tipi di situazione in cui c’è la dominanza del parlante, la
dominanza dell’interlocutore oppure uno status uguale tra gli interlocutori. Dalle 30
situazioni, 24 elicitano una vera richiesta. In otto delle situazioni il parlante ha uno status
sociale superiore all’interlocutore, e quindi c’è una dominanza del parlante (DP). In altre otto
situazioni lo status sociale del parlante è inferiore a quello dell’interlocutore e quindi c’è la
dominanza dell’interlocutore (DI). Nelle altre otto situazioni lo status sociale degli
interlocutori è più o meno uguale (status uguale). Successivamente le richieste nel DCT sono
state presentate in modo del tutto arbitrario. I DCT si trovano negli allegati B e C.
Oltre a questi fattori abbiamo tenuto conto del sesso della persona a cui gli apprendenti
si dovevano rivolgere realizzando le richieste; in 10 situazioni il parlante si deve rivolgere ad
un uomo, in 8 situazioni ad una donna, in 3 situazioni il sesso non risulta dalla descrizione
della situazione e in altre 3 situazioni il parlante ha a che fare con più persone.
Inoltre ci si trovano altre sei situazioni in cui viene richiesta un’informazione invece di
32
un servizio o un oggetto, e in queste situazioni non è stato tenuto conto del fattore
sociopragmatico.
Siccome per il DCT scritto gli apprendenti avevano abbastanza tempo per rispondere,
a differenza del DCT orale in cui gli apprendenti avevano un tempo limitato di dieci secondi,
gli studenti che dovevano fare prima la parte scritta e poi la parte orale potevano avere un
risultato migliore per il DCT orale. Per escludere questo effetto gli apprendenti sono stati
divisi in due gruppi: il gruppo A ha prima fatto la parte scritta, cioè il C-test e il DCT scritto, e
poi il DCT orale, il gruppo B viceversa.
Il DCT orale è stato sviluppato in modo che è simile a quello scritto, cosicché è
possibile paragonare i test nelle due diverse modalità. Il test, nonostante che ci sia stata fatta
qualche modifica nelle situazioni e nell’ordine delle frasi, ha quindi la stessa struttura del
DCT scritto.
Nel DCT orale dopo ogni situazione descritta seguiva una pausa di 10 secondi in cui il
partecipante doveva dare una risposta. Il gruppo A che prima ha fatto il DCT scritto
consisteva di otto persone mentre il gruppo B consisteva di 12 persone.
Le istruzioni dei test scritti e del questionario erano in italiano, mentre le istruzioni per
il DCT orale sono state date in olandese dalla ricercatrice prima dello svolgimento del test.
Dando le istruzioni si è cercato di essere il più neutrale possibile per non influenzare le
risposte.
La partecipazione ai test è stata resa possibile grazie alla disponibilità della docente di
integrare i test all’interno del corso e di dare feedback personale agli studenti.
Per quanto riguarda la correzione dei test, solo il C-test e l’esame di grammatica sono
stati corretti in modo obbiettivo valutandoli con un voto. Con la chiave delle risposte del Ctest sono stati corretti i test degli studenti, usando la exact-answer procedure (Hulstijn, in
stampa). Questo implica che la risposta è considerato corretto se è identica alla parola
originale, senza errori di ortografia. Il voto si calcola sottraendo il numero di errori dal totale
di 100 (le 100 parole da completare). L’esame di grammatica invece consisteva di due parti;
una parte di grammatica e l’altra parte di lessico. Per l’indicazione globale del livello
grammaticale abbiamo preso in considerazione solo i risultati della parte grammaticale
dell’esame. I voti sono stati calcolati dal docente del corso.
33
4.4 Analisi Qui verranno presentate le analisi dei dati dei test somministrati. Per poter fare un’analisi sono
state codificate tutte le risposte dei DCT somministrati nel senso che sono stati contati tutti i
diversi tipi di modificatori interni usati dagli apprendenti L2 nelle loro richieste. Per
correttezza è stato controllato se c’era una correlazione tra la lunghezza delle frasi enunciate
dagli apprendenti e la quantità di modificatori all’interno di queste frasi. E’ risultato che non
c’è da costatare una correlazione tra i due elementi. 2
Per la codificazione dei modificatori interni è stato usato lo schema di Vedder basato
su Barron, che è stato illustrato in capitolo 3.1. Nonostante che l’oggetto di interesse fosse la
modificazione interna sono stati presi in considerazione anche altri modificatori come gli
appellativi e l´uso dell´imperativo. Per poter mettere in relazione l’uso dei modificatori con la
competenza linguistica degli studenti sono stati studiati i risultati del C-test e del test di
grammatica. I C-test sono stati corretti secondo la exact-answer procedure, e poi sono stati
stabiliti i punteggi. I test grammaticali sono stati corretti dopodiché per ogni apprendente è
stato fissato un voto finale dell’esame.
2
Nella modalità scritta la quantità media di modificatori per frase = 1,74; SD = 0,28 con n = 14. Nella modalità
orale la quantità media di modificatori per frase = 1,51; SD = 0,41 con n = 14.
34
5. Risultati In questo capitolo verranno analizzati i risultati dei test somministrati con l’obbiettivo di
trovare delle risposte alle domande che hanno guidato la ricerca. Prima verranno trattati i
risultati del C-test e del test di grammatica e li metteremo a confronto con i risultati dei DCT,
cioè l’uso dei modificatori nelle richieste. Nel primo e nel secondo paragrafo guarderemo al
totale uso dei modificatori in cui i modificatori del DCT scritto e del DCT orale sono stati
sommati. Successivamente verrà guardato all’impatto del fattore ‘dominanza sociale’ nelle
richieste. Verrà analizzato l’uso dei modificatori per i diversi tipi di situazione riguardo la
dominanza sociale, e ci chiediamo fino a che punto il fattore della dominanza sociale influenzi
l’uso dei modificatori. Poi ci chiediamo se ci siano delle differenze in questo uso dei
modificatori tra gli apprendenti dei diversi livelli di competenza linguistica. Infine
separatamente verranno esaminati i risultati della modalità scritta e della modalità orale con lo
scopo di vedere se ci siano delle differenze o delle similitudini nei risultati delle due modalità
dei DCT.
5.1 La competenza linguistica e l’uso dei modificatori La prima domanda riguarda la relazione tra il livello di competenza linguistica degli studenti e
il loro uso dei modificatori. Nel presente paragrafo verranno messi in relazione i risultati del
C-test all’uso dei modificatori tratto dal DCT scritto e dal DCT orale somministrati. Oltre ai
risultati del C-test abbiamo anche preso in considerazione i risultati del test di grammatica,
che ci danno un’indicazione generale del livello di competenza grammaticale. Per la
suddivisione in livelli di competenza linguistica però, ci baseremo soltanto sul C-test, visto
che dà un’immagine affidabile della competenza linguistica degli apprendenti, mentre il test
di grammatica ci dà solo un’indicazione del livello di competenza grammaticale. Nella tabella
1 sono stati riportati i risultati del C-test e del test di grammatica. Per sapere come è composto
il gruppo di studenti per quanto riguarda il loro livello di competenza linguistica, nella
seguente tabella gli studenti sono stati suddivisi in tre gruppi diversi a seconda di questo
livello di competenza linguistica che è stato stabilito in base ai risultati del C-test. Il primo
gruppo rappresenta gli apprendenti di un livello di competenza linguistica più basso di tutti,
mentre nel secondo gruppo sono stati collocati gli studenti di un livello di competenza
35
linguistica intermedio. Il terzo gruppo sono gli apprendenti di un livello di competenza
linguistica più avanzato.
Tabella 2. I risultati del C‐test e del test di grammatica Punteggio C‐test n=14 Gruppo 1: 0‐60 Livello basso Gruppo 2: 60‐80 Livello intermedio Gruppo 3: 80‐100 Livello avanzato Nomi Aby, Wendelien Annemieke, Dycke, Nadine, Sara, Tessa, Carola, Marleen, Rob, Laetia Emily, Jaap, Martijn Punteggio Nomi test grammatica 0‐6,5 Annemieke, Nadine, Sara, Aby 5,5‐8 Rob, Dycke, Wendelien, Carola 8‐10 Martijn, Tessa, Jaap, Marleen, Emily, Laetia Se vediamo in quanto i risultati del test di grammatica aderiscano ai risultati del C-test, si nota
che gli apprendenti che in base ai risultati del C-test vengono classificati nel gruppo degli
apprendenti più avanzati (Emily, Jaap, Martijn), anche per il test di grammatica hanno un
punteggio più alto di tutti. Poi, tre apprendenti che in base al C-test vengono classificati su un
livello intermedio hanno pure un punteggio intermedio per il test di grammatica.
Ciononostante, visto che ci sono anche delle differenze tra i risultati del C-test e del test di
grammatica, per quanto riguarda la classificazione in livelli di competenza linguistica ci
baseremo solo sui risultati del C-test. Per poter individuare la relazione tra il livello di
competenza linguistica e l’uso dei modificatori da parte degli apprendenti sono stati contati i
modificatori usati nelle richieste. Nella seguente tabella sono esposti i risultati del C-test e
l’uso dei modificatori nelle richieste.
36
Tabella 3. La quantità e la diversità dei modificatori nel DCT scritto e nel DCT orale e i risultati del C‐test per ogni singolo studente Nomi n=14 Numero totale modificatori Numero diversi modificatori Punteggio C‐
test Punteggio test di grammatica Annemieke 54 5 67 3,2 Dycke 67 7 70 7,1 Martijn 76 7 86 8,7 Nadine 68 6 76 5,8 Sara 75 7 71 5,1 Tessa 72 6 74 8,7 Wendelien 64 6 56 7,1 Carola 93 8 78 7,1 Jaap 108 9 81 9,2 Marleen 61 5 67 8,3 Rob 96 10 68 7 Aby 62 7 57 6,2 Emily 95 7 91 9,7 Laetia 80 6 76 9,4 Guardando nella tabella 3 gli studenti che in base ai loro risultati del C-test sono stati collocati
nel gruppo degli avanzati, da una persona, cioè Jaap, si può costatare una chiara correlazione
tra il livello di competenza linguistica e il livello di competenza pragmatica. Ha il migliore
risultato del C-test e del test di grammatica e anche con l’uso dei modificatori può essere
considerato l’apprendente più competente: usa il più modificatori di tutti gli apprendenti (108)
e usa una varietà massima di modificatori (9). Pure Emily che ha un punteggio alto per il Ctest, anche nell’uso dei modificatori ha un risultato superiore a quello degli altri studenti (in
totale ha usato 95 modificatori). Nel suo uso dei modificatori però non c’è una grande varietà.
E’ da notare che diversi apprendenti con un risultato intermedio nel C-test, per quel
37
che riguarda l’uso dei modificatori nei DCT possono essere classificati al livello più alto.
Rob, per esempio, ha un punteggio di 68 per il C-test, ma usa un numero di modificatori
relativamente alto e variato (96 modificatori di 10 tipi di modificatori). Di altri apprendenti
che hanno un punteggio alto per il C-test e per il test di grammatica, l’uso dei modificatori
non è particolarmente grande e non c’è neanche una grande diversità di modificatori.
Per quanto riguarda gli apprendenti del livello di competenza linguistica più basso,
nella tabella 3 si nota che essi non usano molti modificatori. Un esempio è Annemieke, che ha
il punteggio più basso del C-test e che anche nei DCT ha l’uso più limitato di modificatori.
Riassumendo questi risultati, nonostante che sia certamente possibile che apprendenti
di un livello linguistico relativamente avanzato abbiano pure un grande e variato uso dei
modificatori, un alto livello linguistico sicuramente non garantisce un alto livello pragmatico.
Poi, apprendenti del nostro gruppo con un voto basso per il C-test non hanno neanche un
livello molto alto di competenze pragmatiche. Inoltre è interessante che, guardando il nostro
gruppo di apprendenti, studenti che sono stati classificati ad un livello linguistico intermedio
possono invece avere un livello di competenze pragmatiche relativamente alto.
5.2 La dominanza sociale In questo paragrafo verrà esaminata la relazione tra l’uso dei modificatori e la distanza sociale
che c’è tra i due interlocutori nelle situazioni in cui viene elicitata una richiesta. Le nostre
aspettative riguardo la scelta del modificatore a seconda della relazione tra gli interlocutori
dicevano che, siccome in diversi studi nominati in capitolo 2.6 è risultato che spesso c’è una
scarsa capacità degli apprendenti L2 di adattare la scelta del modificatore alla relazione che
c’è con l’interlocutore, non ci aspettiamo neanche dai nostri apprendenti di avere questa
capacità. In capitolo 4.3 è stato spiegato che le situazioni dei DCT sono state divise in tre
gruppi in cui c’è sia la dominanza dell’interlocutore, sia la dominanza del parlante oppure c’‘e
uno status uguale, il che vuol dire che nessuno dei due interlocutori domina l’interazione. Per
ogni di questi tre gruppi sono stati contati tutti i modificatori usati. Prima di analizzare i
risultati e trarre delle conclusioni, esponiamo nella seguente tabella 4 una rassegna dei tipi di
modificatori contati con degli esempi dei modificatori più frequenti.
38
Tabella 4. Numero dei modificatori usati nelle situazioni con dominanza del parlante (DP), dominanza dell’interlocutore (DI) e con status uguale nei DCT per l’intero gruppo n=14 Numero di modificatori Tipo di modificatore Con DP Con DI Con = Appellativo 117 171 110 (mi) scusi, scusa(mi) signora,signore 76 125 59 nome 41 35 32 ciao, buongiorno 0 14 8 altri 0 0 8 Marca di cortesia 53 16 38 per favore 53 16 38 Condizionale 22 45 26 potresti 2 3 19 potrei/vorrei 3 7 5 potrebbe 16 33 2 potreste 1 2 0 Formula condizionale 9 38 11 7 25 10 sarebbe possibile di.. 2 4 0 va bene se 0 2 0 altri 0 7 1 Formula modale del verbo potere 89 105 138 è possibile di.. 39
puoi/potete 75 12 82 può 10 54 29 posso 4 39 27 Attenuatore 8 15 3 17 0 4 Imperativo 55 0 8 Altri 2 4 2 (un po’, diminuitivi) Rafforzatore (ti prego, dai, è l’ultima volta) Guardando al totale uso di modificatori per le diverse situazioni nei DCT scritto e
orale, ci sono diverse cose interessanti da notare. Innanzitutto, cominciando dagli appellativi,
è da notare che questi vengono usati di più in situazioni in cui c’è la dominanza
dell’interlocutore. Nella tabella si vede che essi consistono per la maggior parte di espressioni
come ‘Mi scusi, signora’, ‘Scusami’, etc. L’uso del nome o un saluto come appellativo
occorre molto meno spesso.
Anche sull´uso del condizionale c’è qualcosa da dire: a questo modificatore viene fatto
ricorso notevolmente di più nelle situazioni con dominanza dell’interlocutore. Questo era
piuttosto prevedibile visto che in queste situazioni è voluta più cortesia che nelle altre
situazioni, perché il parlante nell’interazione ha uno status inferiore all’interlocutore. Nelle
situazioni con dominanza dell’interlocutore, il condizionale è usato 45 volte, mentre nelle
situazioni con dominanza del parlante al condizionale è ricorso 22 volte. Come vediamo nella
tabella, la forma più usata di questi è il condizionale nella terza persona (potrebbe), il che
mostra l’uso del Lei, cioè è una forma di cortesia.
La formula condizionale che per la maggior parte consiste nell’espressione ‘è possibile
di…’ viene usata di più quando c’è la dominanza dell’interlocutore, mentre nelle situazioni
con dominanza del parlante questa formula viene usata notevolmente poco. Non è
sorprendente, visto che nelle situazioni con dominanza del parlante di solito si tende ad essere
più diretti e non si usano delle forme generali per evitare una richiesta troppo forte o diretta.
Poi, la formula condizionale spesso può essere una strategia per sostituire l’uso del
40
condizionale: quando il condizionale non viene ancora del tutto padroneggiato l’apprendente
ricorre ad una formula condizionale che non richiede coniugazioni di verbi.
Un’altra cosa che colpisce dalla tabella 4 è l’uso della formula modale del verbo
potere. Dagli apprendenti la seconda persona singolare del verbo potere viene usato
soprattutto nelle situazioni in cui c’è uno status uguale tra gli interlocutori. Questo dà
l’impressione che questa coniugazione del verbo potere è vista come forma informale che in
genere si usa in situazioni tra persone che si conoscono molto bene, come amici o parenti. Poi
si vede che l’uso di questa forma del verbo è abbastanza grande nelle situazioni in cui c’è la
dominanza del parlante; in queste situazioni il parlante non ha bisogno di mostrare rispetto o
di essere cortese all’interlocutore, visto che il parlante stesso ha la dominanza
nell’interazione. Succede l’opposto nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore:
visto che il parlante ha uno status inferiore all’interlocutore, mostra la cortesia usando la
forma del Lei, ovvero la terza persona singolare del verbo (può).
Inoltre, se guardiamo all’uso dell’imperativo si vede molto chiaramente che viene
usato di più nelle situazioni con dominanza del parlante. Nelle situazioni con dominanza del
parlante lo si trova 55 volte, mentre nelle situazioni con dominanza dell’interlocutore non è
usato nessuna volta. Nelle situazioni in cui c’è uno status uguale tra gli interlocutori viene
ricorso molto poco all’imperativo (8 volte).
L’attenuatore e il rafforzatore vengono usati in quantità molto basse per cui è difficile
trarre delle conclusioni. Si nota però che se si guarda al totale uso l’attenuatore viene usato
molto di più nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore e che il rafforzatore si
trova soprattutto nelle situazioni in cui c’è la dominanza del parlante. Dato che è stata trovata
una grande varietà nei tipi di rafforzatori e attenuatori, è stato scelto di non esporli nella
tabella.
Tutto sommato è chiaro che certi modificatori vengono scelti dagli apprendenti in
modo non arbitrario. Sembra che ci siano degli apprendenti che hanno la capacità di
distinguere diverse situazioni e di adattare la loro scelta del tipo di modificatore al tipo di
situazione. Sapendo questo è interessante esaminare più in dettaglio l’uso dei modificatori; ci
chiediamo se tutti gli apprendenti siano in grado di scegliere attentamente il tipo di
modificatore oppure se siano soprattutto gli apprendenti con una competenza linguistica
relativamente alta che hanno la capacità di scegliere un modificatore adatto alla situazione.
41
Abbiamo visto che c’è una differenza evidente nell’uso dei modificatori per le diverse
situazioni. I risultati degli individui dei gruppi ci hanno mostrato che gran parte degli
apprendenti sembra contribuire al grande uso dell’appellativo nelle situazioni in cui c’è la
dominanza dell’interlocutore: gli apprendenti del livello linguistico più basso usano
l’appellativo molto di più sia nelle situazioni in cui c’è la dominanza del parlante che nelle
situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. Laetia, Marleen e Tessa, tutte e tre
apprendenti del livello intermedio, fanno un grande uso dell’appellativo, soprattutto nelle
situazioni con dominanza dell’interlocutore. Gli apprendenti più avanzati in tutti i tipi di
situazione usano molti appellativi, ma pure qui si può costatare un uso leggermente maggiore
per le situazioni con dominanza dell’interlocutore.
Del condizionale abbiamo visto che in totale c’è un uso notevolmente più grande nelle
situazioni in cui c’era la dominanza dell’interlocutore. Gli apprendenti Aby e Wendelien del
livello più basso però usano in tutte le situazioni particolarmente pochi modificatori, e si nota
soprattutto un uso molto ridotto del condizionale. Nelle loro richieste quindi non c’è una
chiara differenza nell’uso del condizionale per le diverse situazioni; solo Wendelien ha un uso
leggermente più grande nelle situazioni con dominanza dell’interlocutore. Dycke e Carola,
che in base al C-test stanno su un livello di competenza linguistica intermedio, sembrano
scegliere il condizionale in relazione alla distanza sociale, perché lo usano soprattutto nelle
situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. Da parte di diversi altri apprendenti del
livello intermedio l’uso del condizionale è limitato. Da Laetia del gruppo intermedio viene
ricorso molto al condizionale e sembra che lo fa apposta: da lei il condizionale occorre solo in
situazioni con dominanza dell’interlocutore in cui è richiesta un alto grado di cortesia. Martijn
e Emily che sono apprendenti più avanzati hanno un uso molto grande del condizionale. Da
loro viene usato notevolmente di più nelle situazioni in cui c’è dominanza dell’interlocutore,
soprattutto nella forma della terza persona singolare (potrebbe).
Dall’analisi del totale uso della formula condizionale risultava un uso più grande nelle
situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. Guardando più in dettaglio a questo uso
appare che Aby e Wendelien, apprendenti del livello linguistico più basso, la usano sia in
quantità bassa, però da entrambi viene usata di più nelle situazioni con dominanza
dell’interlocutore. La formula condizionale da certi apprendenti sembra essere usata come
forma formale, grazie alla indirettezza che comporta. Sara e Rob che hanno una competenza
linguistica intermedia la usano soprattutto nelle situazioni in cui c’è dominanza
dell’interlocutore; questo può anche essere una strategia di evitamento, visto che da loro c’è
42
un uso molto ridotto del condizionale. Jaap e Emily che a seconda del C-test hanno un livello
di competenza linguistica avanzato usano la formula condizionale soprattutto nelle situazioni
con dominanza dell’interlocutore, possibilmente per creare indirettezza come abbiamo già
visto prima da altri apprendenti. Martijn, che è pure del livello avanzato, non lo usa invece
nessuna volta. Poi, diverse volte è stata usata la forma ‘sarebbe possibile di’, che veramente
comporta due tipi di modificatori, cioè il condizionale e la formula condizionale, ma che
abbiamo contato come formula condizionale. Altre forme occorse di questo modificatore sono
per esempio ‘va bene se’ oppure ‘sono permesso di’.
Della formula modale di cui abbiamo visto che c’è un totale uso più grande nelle
situazioni in cui c’è uno status uguale tra gli interlocutori, la forma della seconda persona
singolare viene usata da Wendelien e Aby del livello più basso nelle situazioni con uno status
uguale. Inoltre, anche da Sara, Rob, Carola e Dycke che a seconda del C-test hanno un livello
di competenza linguistica intermedio sembra che la forma puoi della formula modale venga
usata come formula informale. Viene usata soprattutto nelle situazioni con uno status uguale
in cui spesso il parlante parla ad un conoscente o un amico. Anche apprendenti che hanno un
livello più alto di competenza linguistica, come Emily e Martijn, scelgono la formula modale
di più nelle situazioni in cui c’è uno status uguale tra i parlanti. Questo potrebbe essere
spiegato nel fatto che in queste situazioni si tende di essere più diretti e meno cortesi che in
situazioni con dominanza dell’interlocutore.
Il totale uso dell’attenuatore sembrava verificarsi soprattutto in situazioni in cui c’è la
dominanza dell’interlocutore. Guardando più in dettaglio all’uso di questo modificatore
appare che dagli apprendenti di un livello di competenza linguistica basso non viene usato
quasi mai. Da apprendenti del secondo gruppo come Carola, Laetia e Rob, si può costatare
che l’attenuatore viene scelto apposta nella situazione adatta: da tutti gli apprendenti del
livello intermedio (tranne che da Nadine) viene usato solo in situazioni in cui c’è una
dominanza dell’interlocutore. Emily, Jaap e Martijn che sono apprendenti relativamente più
avanzati hanno un uso molto limitato dell’attenuatore il che ci impedisce di trarre delle
conclusioni sull’uso.
Per quanto riguarda il rafforzatore vediamo che sono soprattutto gli apprendenti di un
livello di competenza linguistica intermedio che usano frequentemente il rafforzatore. Nei
casi in cui viene usato il rafforzatore c’è sempre la dominanza del parlante, il che ci fa pensare
che gli apprendenti adeguano la scelta del modificatore al tipo di situazione.
43
L’imperativo si trova notevolmente di più nelle situazioni in cui c’è la dominanza del
parlante e il parlante parla ad una persona più giovane di lui. Questo sembra essere causato da
quasi tutti gli apprendenti; Aby nelle situazioni con dominanza del parlante lo usa 6 volte
(malgrado nella forma sbagliata), mentre nelle situazioni con dominanza dell’interlocutore
non lo usa nessuna volta. La forma dell’imperativo è quasi sempre sia nella seconda persona
singolare che nella seconda persona plurale. Anche dagli apprendenti del livello di
competenza linguistica intermedio è notevole che l’uso dell’imperativo si limita alle situazioni
con dominanza del parlante, il che ci fa pensare che gli apprendenti adeguano la scelta del
modificatore al tipo della situazione.
Da Emily, Jaap e Martijn che sono apprendenti relativamente avanzati l’imperativo
viene scelto quasi solo nelle situazioni con dominanza del parlante.
Riassumendo, sull’uso di alcuni modificatori da parte degli apprendenti possiamo
trarre delle conclusioni. All’inizio di questo paragrafo abbiamo potuto individuare diverse
tendenze. Abbiamo visto che l’uso dell’appellativo, del condizionale e della formula
condizionale è il più grande nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. In
queste situazioni è richiesta un maggior grado di cortesia per cui del condizionale viene usata
soprattutto la forma della terza persona singolare e per l’appellativo viene fatto ricorso
soprattutto ad espressioni come ‘Mi scusi, signora’. Inoltre è stato notato che la formula
modale del verbo potere viene usata soprattutto nelle situazioni in cui c’è uno status uguale,
nella forma della seconda persona singolare. Poi, all’imperativo si ricorre notevolmente di più
nelle situazioni in cui c’è una dominanza del parlante. Dopo aver esaminato l’uso dei
modificatori per ogni individuo abbiamo potuto costatare che gli apprendenti di tutti e tre i
livelli sono in grado di adattare la scelta del modificatore alla situazione. Questa capacità però
sembra il più grande dagli apprendenti che a seconda del C-test sono stati classificati su un
livello di competenza linguistica intermedio e avanzato. Dal gruppo del livello più basso l’uso
dei modificatori è estremamente limitato e perciò è difficile individuare delle tendenze
riguardo la scelta del tipo di modificatore a seconda della dominanza sociale.
5.3 La produzione dei modificatori nella modalità scritta e nella modalità orale In questo paragrafo guarderemo alle differenze nell’uso dei modificatori tra la modalità scritta
e la modalità orale. Prima verrà analizzato il totale uso dei modificatori della modalità scritta
e della modalità orale, successivamente verrà guardato ai dati in maniera più dettagliata; nel
44
caso in cui c’è una differenza tra i risultati, guarderemo da quali apprendenti viene causata
questa differenza.
Tabella 5. L’uso dei modificatori di tutti gli apprendenti nella modalità scritta e orale n=14 Appellat
ivo Marca di cortesia Condizi
onale Formula Formula Attenua
condizio modale tore nale Rafforza
tore Imperat
ivo Altri Modalit
à scritta 221 43 72 26 181 11 13 27 6 Modalit
à orale 187 64 21 45 138 14 8 33 2 Totale 408 107 93 71 319 25 21 60 8 Prima di analizzare i dati della tabella 5 bisogna segnalare che la lunghezza media delle frasi
della modalità scritta differisce da quella della modalità orale: nella modalità scritta le frasi
hanno una quantità media di 11,7 parole e una quantità di modificatori per frase di 1,74,
mentre nella modalità orale la quantità media di parole per frase è 9,7 e la quantità di
modificatori per frase è 1,51 3 . C’è quindi da aspettarsi che ci siano dei modificatori che
occorrono di più nella modalità scritta che nella modalità orale.
Innanzitutto, uno degli aspetti che si notano guardando ai dati qui sopra è l’uso
dell’appellativo che è considerevolmente maggiore nella modalità scritta. Poi, il condizionale
viene usato molto di più nella modalità scritta che nella modalità orale (72 verso 21). Nel
capitolo 2.7 è stata spiegata la differenza tra la modalità scritta e la modalità orale: per la
modalità scritta gli apprendenti hanno avuto più tempo per riflettere sulle loro risposte mentre
nella modalità orale gli apprendenti avevano solo dieci secondi a disposizione entro cui
rispondere. Questo potrebbe spiegare anche l’uso limitato del condizionale nella modalità
orale: visto che il condizionale per questi apprendenti è una forma abbastanza complicata da
usare, nella modalità scritta ci riescono meglio che nella modalità orale.
Un altro modificatore che si trova molto di più nella modalità scritta è la formula
modale del verbo potere. Questo potrebbe essere spiegato dal fatto che la forma della terza
3
Modalità scritta: quantità media = 11,7 parole per frase con SD = 1,51; quantità media di modificatori per frase
media = 1,74 con SD = 0,28
Modalità orale: quantità media = 9,7 parole per frase con SD = 2,17; quantità media di modificatori per frase
media = 1,51 con SD = 0,41
45
persona singolare del verbo (cioè la forma di cortesia), spesso non viene ancora del tutto
padroneggiato da apprendenti di un livello linguistico basico. Per ragioni di tempo a
disposizione nel DCT questo modificatore viene usato di meno nella modalità orale.
Altre differenze si trovano nell’uso della marca di cortesia: nella modalità orale questo
modificatore ricorre notevolmente più spesso. Questo si può ritenere abbastanza sorprendente,
perché ci si aspetterebbe un maggior uso nella modalità scritta piuttosto che nella modalità
orale, per la stessa ragione del tempo a disposizione che è nominata qui sopra. Inoltre è
sorprendente perché di solito la marca di cortesia di solito non viene appreso in uno stadio
iniziale dell’apprendimento di L2.
La formula condizionale che, come abbiamo visto nello scorso paragrafo, consiste
soprattutto nell’espressione ‘è possibile di’, si trova molto di più nel DCT orale. Può essere
che questo modificatore viene usato come sostituto per altri modificatori che gli apprendenti
non padroneggiano ancora del tutto. Quando per esempio in una certa situazione ci vorrebbe il
condizionale, ma l’apprendente non padroneggia ancora il condizionale, ricorre a questa
semplice formula condizionale. In questo modo l’apprendente evita di usare un modificatore
che non padroneggia. Come si vede dalla tabella, della categoria ‘altri’ in cui si trovano tra
l’altro il downtoner e la richiesta d’accordo ci sono di più nella modalità scritta, ma è un
numero molto piccolo per cui è difficile trarre delle conclusioni sull’uso di questi
modificatori. Oltre a queste non ci sono da individuare grandi differenze tra le due modalità.
Analizzando le differenze tra le due modalità in modo più dettagliato, ci sono certe
tendenze da individuare. Innanzitutto nella nota a piè di pagina 3 si ha potuto notare che ci
sono delle differenze più grandi tra gli apprendenti nelle quantità di modificatori usati nella
modalità orale che nella modalità scritta: per la modalità orale la deviazione standard dell’uso
medio dei modificatori è più grande che per la modalità scritta. Questo potrebbe significare
che la modalità orale ha più influenza sulla produzione delle competenze pragmatiche che la
modalità scritta.
Nella tabella abbiamo visto che l’appellativo viene usato molto di più nella modalità
scritta. Qui è difficile individuare un gruppo di persone dello stesso livello di competenza
linguistica che usa l’appellativo soprattutto nella modalità scritta: Sara, per esempio, che ha
un livello di competenza linguistica intermedio, lo usa 25 volte nella modalità scritta e 15
volte nella modalità orale, mentre da Emily, che ha un livello di competenza linguistica più
avanzato, questa differenza è molto più piccola; usa l’appellativo 15 volte nella modalità orale
46
e 18 volte nella modalità scritta. Da certi apprendenti quindi l’uso dell’appellativo è molto più
grande nella modalità scritta, ma da certi altri la differenza è meno significativa.
Poi, si nota una grande differenza nel totale uso del condizionale tra le due modalità; al
condizionale viene ricorso molto di più nella modalità scritta. Dato l’uso limitato del
condizionale da parte degli apprendenti del livello più basso possiamo costatare che questa
differenza tra le due modalità è realizzata soprattutto dagli apprendenti dei livelli intermedio e
avanzato. Dycke per esempio, del livello intermedio, nella modalità orale usa il condizionale
6 volte, mentre nella modalità scritta lo usa 15 volte. Un altro esempio è Laetia da cui c’è una
grande differenza da costatare tra le due modalità: nella modalità orale usa il condizionale 8
volte, mentre nella modalità scritta lo usa 16 volte.
E’ interessante che nell’uso dei modificatori di Aby e Wendelien che hanno un
punteggio molto basso per il C-test, si possono individuare più tipi di modificatori in cui c’è
una differenza tra le due modalità: qui si possono costatare delle differenze nell’uso di quasi
tutti i modificatori (l’appellativo, la marca di cortesia, la formula condizionale e la formula
modale), mentre da Martijn, Emily e Jaap che secondo il C-test stanno su un livello più
avanzato le si trovano solo nell’uso della marca di cortesia, nel condizionale e
nell’appellativo.
Inoltre si nota che nei gruppi del livello basso e intermedio c’è una grande differenza
nell’uso della formula modale del verbo potere tra la modalità scritta e la modalità orale (a
questo modificatore viene fatto ricorso molto di più nella modalità scritta), mentre nel gruppo
degli apprendenti più avanzati non c’è. Anche la differenza nell’uso della formula
condizionale nel gruppo degli avanzati non c’è, mentre negli altri gruppi invece c’è una
notevole differenza: da loro la formula condizionale viene usata di più nella modalità orale.
Riassumendo, possiamo dire che la modalità in cui sono stati somministrati i DCT
sembra certamente avere influenza sull’uso dei modificatori da parte degli apprendenti.
Abbiamo visto che le differenze tra gli apprendenti nell’uso dei modificatori nella modalità
orale differiscono considerevolmente da quelle nella modalità scritta. Poi, l’appellativo, il
condizionale e la formula modale del verbo potere vengono usati molto di più nella modalità
scritta che nella modalità orale. Sorprendentemente, alla marca di cortesia si ricorre di più
nella modalità orale, e anche la formula condizionale viene usata di più in questa modalità. Un
motivo per questo può essere che, siccome nella modalità orale c’è più tempo a disposizione,
modificatori che non vengono padroneggiati come il condizionale vengono evitati usando la
47
formula condizionale.
Successivamente è risultato che le differenze nell’uso dei modificatori tra le due
modalità si trovano soprattutto nella produzione degli apprendenti del livello di competenza
linguistica basso e intermedio. Da questi apprendenti la modalità in cui viene elicitata la
richiesta ha influenza sulla loro produzione dei modificatori. Gli apprendenti linguisticamente
più avanzati sembrano meno sensibili a questo fattore. Motivo per questo può essere la loro
competenza linguistica e grammaticale che è già così stabilita che l’aspetto del breve tempo a
disposizione per rispondere nella modalità orale non crea grosse difficoltà nella loro
produzione dei modificatori.
48
6. Conclusioni Nella presente tesi si è analizzato l’uso dei modificatori nella richiesta e la relazione tra questo
uso e le competenze linguistiche degli apprendenti L2. Ci siamo chiesti se ci sia una
correlazione tra il livello di competenza linguistica e il livello di competenza pragmatica.
Inoltre, è stata analizzata l’influenza del fattore sociopragmatico sulla scelta dei modificatori
nella richiesta e sono state analizzate le due modalità in cui sono stati somministrati i DCT,
con l’obiettivo di poter indicare similitudini o differenze nei risultati delle due modalità. Nei
prossimi paragrafi verranno esposte le nostre conclusioni riguardo queste domande.
6.1 La relazione tra la competenza linguistica e l’uso dei modificatori Nel paragrafo 5.1 sono stati presentati i risultati del C-test che ha misurato il livello di
competenza linguistica degli apprendenti L2 e successivamente sono stati messi a confronto
con l’uso dei modificatori nelle richieste nei DCT. Tornando alla nostra ipotesi basata sugli
studi discussi nel capitolo 2.6 sulla relazione tra la grammatica e la pragmatica, ricordiamo
che diversi di questi studi (Bardovi-Harlig, 1999; Barron, 2003) hanno segnalato che
l’evoluzione delle componenti della grammatica e della pragmatica non è un processo
sincrone, tra l’altro per la presenza di fattori esterni che possono influenzare la competenza
pragmatica senza che per forza si evolve la competenza grammaticale. I risultati dei nostri dati
aderiscono a questa affermazione in quanto certi apprendenti (Carola, Laetia e Rob) del nostro
gruppo di un livello di competenza linguistica intermedio, in termini di uso di modificatori si
trovano su un livello relativamente avanzato, il che significa una quantità di modificatori usati
relativamente grande e una grande varietà nel tipo di modificatori usati. Questi apprendenti
possono avere una competenza pragmatica persino più sviluppata di apprendenti di un livello
linguistico più avanzato.
Guardando poi all’uso dei modificatori da parte di apprendenti del livello di
competenza linguistica più basso, vediamo che c’è una relazione più chiara tra i risultati del
C-test e l’uso dei modificatori: nella tabella 3 abbiamo potuto vedere che gli apprendenti che
in base ai risultati del C-test sono stati classificati sul livello più basso, anche nell’uso dei
modificatori appartengono al livello più basso; hanno un uso particolarmente ridotto dei
modificatori e anche la varietà dei modificatori è molto limitata. Questo dà l’impressione che
dagli apprendenti che linguisticamente si trovano ad un livello basso, la possibilità di essere
molto competente pragmaticamente è abbastanza piccola. Anche il fatto che Jaap e Emily, che
49
sono gli apprendenti linguisticamente più avanzati del gruppo, usano molti modificatori fa
supporre che, nonostante che la grammatica e la pragmatica non si sviluppino in modo
sincrone, c’è sicuramente una relazione tra le due componenti. Bisogna segnalare però che
una grande quantità di modificatori non significa per forza anche varietà nell’uso dei
modificatori, la quale è un indicatore importante per stabilire il livello di competenza
pragmatica. Poi, oltre all’uso dei modificatori ci sono anche altri mezzi per esprimere la
cortesia; la competenza pragmatica consiste di più elementi dell’uso dei modificatori riguardo
i quali non possiamo trarre delle conclusioni. Poi, nel nostro gruppo, gli apprendenti di un
livello di competenza linguistica avanzato anche dal punto di vista pragmatico si trovano su
un livello avanzato e gli apprendenti di un livello di competenza linguistica bassa hanno pure
una competenza pragmatica bassa in termini dell’uso dei modificatori. Il fatto però che diversi
studenti che si trovano ad un livello di competenza linguistica intermedio sono
pragmaticamente più avanzati ci mostra che per diverse ragioni la competenza pragmatica può
evolversi indipendentemente dalla competenza grammaticale (Barron, 2003).
6.2 La relazione tra la dominanza sociale e l’uso dei modificatori Le nostre ipotesi rispetto alla domanda fino a che punto il fattore sociopragmatico della
dominanza sociale determina l’uso dei modificatori erano che questo fattore non avrebbe
molta influenza sull’uso dei modificatori. Dato i risultati degli studi di Timmerman (2007) e
Nuzzo (2009) che mostrano una scarsa sensibilità di parlanti non nativi a fattori
sociopragmatici, ci aspettavamo che gli apprendenti della nostra ricerca non avrebbero
nemmeno avuto questa capacità. I nostri risultati invece mostrano un’immagine un po’
diversa; guardando al totale uso dei modificatori c’è invece una relazione tra la dominanza
sociale nelle situazioni e l’uso dei modificatori da parte degli apprendenti L2. Il totale uso dei
modificatori ci mostra che di alcuni tipi di modificatori l’uso differisce per ogni situazione.
Ci sono alcuni aspetti che danno la forte impressione che gli apprendenti siano
sensibili al fattore sociopragmatico della dominanza sociale: c’è un uso particolarmente
grande dell’appellativo, del condizionale e della formula condizionale nelle situazioni in cui
c’è la dominanza dell’interlocutore. L’appellativo e la formula condizionale da tutti gli
apprendenti di tutti i livelli vengono usati giustamente nelle situazioni in cui c’è la dominanza
dell’interlocutore. Inoltre abbiamo visto che l’uso dell’imperativo è molto più grande nelle
situazioni in cui il parlante domina la situazione, e anche questo modificatore da tutti gli
apprendenti di tutti i livelli viene scelto soprattutto, e da alcuni solo, in questo tipo di
50
situazione. La formula modale del verbo potere da tutti gli apprendenti viene usata di più
nelle situazioni in cui nessuno degli interlocutori ha la dominanza.
Anche se per certi modificatori si può individuare molto chiaramente una certa
tendenza, per altri modificatori l’apprendente sembra avere più difficoltà: nell’uso della marca
di cortesia per esempio abbiamo trovato risultati contrastanti. Il condizionale per diversi
apprendenti sembra una forma abbastanza complicata, visto che viene usato soprattutto dagli
apprendenti di un livello di competenza linguistica avanzato. Gli apprendenti degli altri livello
però, nonostante il loro uso ridotto di questo modificatore, lo usano notevolmente di più nelle
situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore.
Riassumendo, è diventato abbastanza chiaro che gli apprendenti più avanzati usano
molto più modificatori degli apprendenti dei livelli più bassi. Gli apprendenti del livello di
competenza linguistica più basso hanno un uso molto più ridotto dei modificatori degli altri
apprendenti per cui è difficile trarre delle conclusioni rispetto alla loro sensibilità al fattore
sociopragmatico. E’ chiaro però che non fanno sbagli nella scelta del tipo di modificatore: nei
casi in cui l’apprendente mostra una mancanza di cortesia non è causata da una scelta
sbagliata del modificatore ma più che altro per l’assenza di un modificatore. Nei casi in cui
padroneggiano il modificatore questi apprendenti sembrano avere la capacità di adattare la
scelta del modificatore al contesto. Gli apprendenti del livello intermedio e avanzato di
competenza linguistica sembrano tutti essere in grado di scegliere il giusto modificatore in
relazione alla dominanza sociale, in quanto i modificatori contati sono tutti adatti alla
situazione e non sono occorsi degli errori interazionali.
6.3 La relazione tra la modalità e l’uso dei modificatori Analizzando l’uso dei modificatori per tutte e due le modalità abbiamo trovato delle
differenze significative nei risultati. Innanzitutto l’appellativo, il condizionale e diversi
modificatori della categoria ‘altri’ occorrono molto più spesso nelle richieste scritte che in
quelle orali, il che rafforza la nostra ipotesi basata sulle trovate di Grabowski e Martinez-Flor:
anche nei nostri test somministrati agli apprendenti sembra che si sia verificata il writing
superiority effect. Vale a dire che siccome nella modalità scritta la lunghezza media di frase
era più lunga che nella modalità orale, era abbastanza ovvio che di certi modificatori ci
sarebbe un uso più grande nella modalità scritta. Sembra che i nostri risultati corrispondono
poi ai risultati trovati da Beebe & Cummings (1996) e da Kasper (2000) che mostrano che la
produzione della competenza pragmatica viene facilitata nella modalità scritta.
51
Per certi modificatori come il condizionale, ci vuole più tempo per l’apprendente per
ritrovare la giusta forma, e questo tempo nella modalità orale non c’è a disposizione. Questo
può spiegare anche il fatto che la formula condizionale viene usata di più nella modalità orale:
è una forma sostitutiva per il condizionale che da molti apprendenti non viene ancora
padroneggiata.
Dopo aver analizzato l’uso dei modificatori per le due modalità per ogni singolo
studente è risultato che per la maggior parte sono gli apprendenti del livello di competenza
linguistica più basso che causano le differenze nell’uso dei modificatori tra le due modalità.
Da essi si trovano delle differenze tra le due modalità per tutte le categorie dei modificatori,
mentre dagli apprendenti di un livello più avanzato si trovano delle differenze solo per tre tipi
di modificatori. Risulta quindi che gli apprendenti avanzati hanno una competenza più stabile
che li permette di produrre i modificatori più o meno nello stesso modo in tutte e due le
modalità, mentre degli apprendenti del livello più basso la competenza linguistica è ancora
talmente bassa che la modalità influenza la produzione delle loro competenze. Essi sembrano
meno capaci di tenere pronta la loro competenza grammaticale e perciò il tempo limitato per
rispondere nella modalità orale ha più pressione e crea più problemi nella produzione dei
modificatori. Il writing superiority effect nel nostro gruppo di apprendenti si verifica quindi
sempre di meno a seconda dell’innalzarsi del livello di competenza linguistica.
6.4 La relazione tra la competenza linguistica L2 e la competenza pragmatica L2 Nella presente ricerca è stato provato di individuare la relazione tra la competenza linguistica
e la competenza pragmatica nel processo di imparare l’italiano L2. Come detto prima, per
vedere più chiaro la relazione tra la grammatica L2 e la pragmatica L2 occorrerebbe fare uno
studio longitudinale che mostra lo sviluppo di tutti e due gli elementi durante un certo
periodo, come è stato fatto da Bardovi-Harlig (1999), Barron (2003), Vedder (2007) e altri.
Malgrado che questo non sia stato possibile, con la presente ricerca abbiamo provato di
trovare dei risultati significativi per quanto riguarda la relazione tra la competenza linguistica
e la competenza pragmatica. All’inizio di questa ricerca abbiamo presentato diversi studi in
cui veniva enunciata l’affermazione che le competenze pragmatiche e le competenze
linguistiche non si sviluppano nello stesso modo (Nuzzo, 2009; Vedder, 2007). I nostri
risultati aderiscono a questa affermazione, in quanto abbiamo visto che studenti di un livello
di competenza linguistica intermedio possono avere una competenza pragmatica
52
relativamente sviluppata, cosa che secondo Barron (2003) può essere spiegato da un periodo
trascorso al paese della lingua d’arrivo. Poi, apprendenti che si trovano ad un livello di
competenza linguistica avanzato non sono per forza molto avanzati nelle loro competenze
pragmatiche. Inoltre, i nostri risultati riguardo la sensibilità al fattore sociopragmatico
mostrano che, visto che tutti gli apprendenti risultano capaci di adattare la scelta del
modificatore alla dominanza sociale, le competenze linguistiche non determinano per forza le
competenze pragmatiche. Di apprendenti di un livello di competenza linguistica basso invece
la possibilità che hanno una grande competenza pragmatica è relativamente piccola, e dal
capitolo 5.3 che paragona i risultati del DCT scritto con quelli del DCT orale, risulta che dagli
apprendenti del livello di competenza linguistica più basso la modalità ha più influenza sulla
produzione dei modificatori che da apprendenti di livelli più avanzati. Questo mostra che
anche se le due componenti sembrano svilupparsi in due modi diversi, sono certamente legati.
I due punti di vista esposti da Vedder (2007:101) sulla questione sullo sviluppo delle due
componenti sembrano essere combinati: la competenza pragmatica all’inizio
dell’apprendimento di L2 si sviluppa indipendentemente dalla grammatica, ma allo stesso
tempo è necessario avere delle competenze grammaticali per poter apprendere e usare delle
forme pragmatiche. Nonostante che dalla presente ricerca siano venuti fuori dei risultati
abbastanza chiari, per avere una conoscenza più grande sulla relazione tra la competenza
linguistica e la competenza pragmatica occorrerebbe somministrare un affidabile test
grammaticale per misurare l’esatto livello di competenza grammaticale. Inoltre, con un
numero di apprendenti più grande che viene seguito durante un certo periodo si potrebbe fare
un’analisi statistica, il che ci darebbe ancora più informazione sulla complicata relazione tra le
due componenti.
53
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55
Allegati A C-test
Nome e cognome: _______________________________ C‐test Italiano Di queste parole manca la metà o la metà + 1. Completa le parole. Esempio: Domani pe_ _ _ di and_ _ _ al cin _ _ _. Soluzione: Domani penso di andare al cinema. Se non conosci la parola, la puoi saltare. IN BOCCA AL LUPO! 1. Cupido sì, amore eterno no. Terra di poeti, viaggiatori e innamorati. Il B _ _ Paese risc _ _ _ _ il cu _ _ _ dei gio _ _ _ _ ? Pare prop _ _ _ di s _. I gio _ _ _ italiani so _ _ i p _ _ innamorati d _ tutti. N _ _ credono a _ _ amore ete _ _ _ , ma a _ colpo d _ fulmine s _ . Nove ital _ _ _ _ su di _ _ _ hanno de _ _ _ di ess _ _ _ già st _ _ _ innamorati. Ma solo un giovane su due crede all’amore eterno. 2. McDonald´s sulle pagelle scolastiche La pervasività della pubblicità negli Stati Uniti non conosce limiti. E’ succ _ _ _ _ in una contea del _ _ Florida, la Seminole County, do _ _ 27000 stud _ _ _ _ delle scu _ _ _ media s _ sono vis _ _ recapitare a ca _ _ la pag _ _ _ _ (in America vi_ _ _ di sol _ _ _ inviata p _ _ posta) su _ _ _ quale e _ e _ _ stata stam _ _ _ _ la pubbl _ _ _ _ _ degli ‘Happy Meals’ d _ McDonald’s. Non so _ _ : ogni studente che riporta buoni voti ha diritto a un ‘Happy Meal’ gratis. 3. Cocaina in macchina Un cittadino tedesco è stato arrestato nei pressi di Prato per traffico internazionale di stupefacenti. Tutto co _ _ in u _ film: l’ínsospe _ _ _ _ _ _ _ turista c _ _ nasconde l _ droga n _ _ doppiofondo de _ _ _ valigia. L’uo _ _ è st _ _ _ fermato d _ _ carabinieri p _ _ un cont _ _ _ _ _ mentre e _ _ a bo _ _ _ di u _ _ macchina di grossa cilin _ _ _ _ _ . I mil _ _ _ _ _ hanno tro _ _ _ _ sei ch _ _ _ di coc _ _ _ _ . L’uomo aveva nascosto le buste sotto il sedile. 4. Tornano di moda i cavalli Sono oltre 70 le città francesi che hanno scelto il cavallo invece del motore per alcuni servizi pubblici. Niente p _ _ scuolabus o cam _ _ _ per l _ raccolta d _ _ rifiuti, m _ carrozzelle a cav _ _ _ _ e carr _ _ _ _ . A St Pierre sur Dives nel Calvados i bam _ _ _ _ vanno a scu _ _ _ in carozz _ _ _ _ _ comunale. A Trouville, sem _ _ _ in Normandia, l _ bottiglie d _ vetro vu _ _ _ circolano s _ _ carretti. Tor _ _ _ _ 56
all’ant _ _ _ è an _ _ _ la sce _ _ _ del com _ _ _ di Castelbuono, in Sicilia. A Castelbuono sono stati recuperati gli asinelli per la raccolta differenziata. 5. Sparatoria in una clinica a Napoli Sparatoria all’ingresso della clinica Villa Betania nel quartiere Ponticelli a Napoli. Una per _ _ _ _ , forse u _ paramedico, risult _ _ _ _ _ _ ferita a _ una ga _ _ _ . L’uo _ _ che h _ fatto fu _ _ _ all’int _ _ _ _ della cli _ _ _ _ Villa Betania avr _ _ _ _ sparato p _ _ << motivi pass _ _ _ _ _ _ >>. Le condi _ _ _ _ _ dell’infer _ _ _ _ _ che è st _ _ _ colpito al _ _ coscia sini _ _ _ _ , non appa _ _ _ _ preoccupanti. La prima prognosi rilasciata dai medici che l’hanno assistito è di dieci giorni. 57
B DCT orale
Discourse Completion Task orale Esempio: Tua madre sta per andare al supermercato. Hai bisogno di shampoo. Chiedile se te lo può comprare. Tu: Mamma, visto che vai al supermercato, mi potresti portare lo shampoo? 1. Stai insegnando l’italiano a un gruppo di studenti. Due studenti continuano a ridere e a fare rumore. Chiedi di smettere. 2. Sei in farmacia e non riesci a trovare la medicina per la gola. Chiedi alla commessa se ti può indicare dov’è. 3. Sei sull’autobus. La persona seduta di fianco a te sta ascoltando musica a volume molto alto. Chiedi se la può abbassare un po’. 4. Sei in un negozio di vestiti e vuoi una maglia che in realtà costa parecchio. Chiedi alla commessa se ti può fare uno sconto. 5. L´appartamento è in disordine. Ci sono libri e vestiti dappertutto. Chiedi alla ragazza con cui abiti se può fare un po’ di ordine. 6. Sei al lavoro. Vuoi fare una fotocopia ma c’è un problema con la fotocopiatrice. Chiedi a una tua collega se ti può dare una mano. 7. I tuoi nipotini non vogliono mangiare le verdure che hai preparato. Chiedigli ancora una volta di mangiarle. 8. Sali sul taxi. Chiedi all’autista se ti può portare in Piazza Maggiore. 9. Stai mangiando una pizza in pizzeria. Il tuo coltello è caduto. Chiedi alla cameriera se te ne può portare un altro. 10. Hai perso la prima ora di lezione perché dovevi andare dal dentista. Chiedi a un tuo compagno di classe se ti può prestare gli appunti. 11. Sei all’allenamento di tennis. Si è rotta la tua racchetta da tennis. Chiedi al tuo allenatore se te ne può prestare una. 12. Tua sorella più piccola sta giocando con le amiche e fanno molto rumore mentre stai al telefono. Chiedile se può fare meno rumore. 13. Tuo fratello sta leggendo una rivista che ti piace. Chiedi se la puoi leggere quando avrà finito. 14. Stasera vai a una cena con un amico ma non sai cosa mettere. Chiedi a una tua amica se ti può prestare una camicia. 15. Hai organizzato una festa per il compleanno della tua nipotina. Devi andare in cucina. Chiedi a uno dei bambini di sorvegliare il gruppo affinché si comportino bene mentre non ci sei. 16. La donna delle pulizie sta pulendo casa vostra. Chiedile se può pulire anche le scale con l´aspirapolvere. 17. Sei nella sala di studio della tua facoltà e vedi un posto. Domanda alla persona che sta lì vicino se il posto è libero. 18. Stai salendo sull´autobus ma non hai ancora comprato il biglietto. Chiedi all´autista se lo puoi comprare da lui. 19. Stai pranzando con i tuoi amici. Chiedi a uno di loro se ti può passare l’acqua. 20. Hai un appuntamento dal dottore ma non ce la fai a arrivare in tempo. Telefona al dottore e chiedi se è possibile spostare l’appuntamento di due ore. 58
21. Sei al mercato e vuoi comprare delle mele. Domanda al signore quanto costano. 22. Il sabato lavori in una pasticceria. C’è un gruppo di ragazzi che disturba gli altri clienti. Chiedi se possono smettere di disturbare gli altri. 23. Sei in discoteca e vuoi bere qualcosa. Ordina un bicchiere di vino bianco al barista. 24. Il tuo motorino non parte. Chiedi a un’amica se ti può dare un passaggio a scuola. 25. Sei al lavoro. La settimana prossima è il compleanno di tua madre. Chiedi al tuo capo se puoi prendere quel giorno libero. 26. Il tuo amico sta fumando una sigaretta. Chiedigli se te ne dà una. 27. Sei in un negozio di vestiti. Cerchi una giacca. Chiedi alla commessa se ti può aiutare. 28. Lavori nella biblioteca della tua facoltà. Il tuo nuovo collega mentre lavora sta navigando su internet. Chiedigli se può disconnettersi perché è vietato. 29. Stasera vai a un concerto e non vuoi tornare presto come al solito. Chiedi a tuo padre (con cui abiti) se puoi fare tardi. 30. Sei a teatro per vedere un concerto. Domanda alla signora all’entrata quanto durerà il concerto. 59
C DCT scritto
Discourse Completion Task scritto Leggi le situazioni descritte qui sotto e scrivi cosa avresti risposto all’altra persona. Esempio: Sei in vacanza in Messico con un amico. Chiedi a qualcuno per strada se vi può fare una foto. Tu: Mi scusi, signore, ci potrebbe fare una foto? 1. La cucina è in disordine, ci sono piatti e bicchieri del tuo coinquilino dappertutto . Chiedigli se può lavare i piatti. Tu: 2. Al lavoro hai un problema con il tuo pc. Un tuo collega sa tutto di pc. Chiedigli se ti può dare una mano a risolvere il problema. Tu: 3. Sei al supermercato e non riesci a trovare il dentifricio. Domanda a un commesso se ti può indicare dov’è. Tu: 4. Sei in treno e un uomo dietro di te sta parlando al telefono a voce molto alta. Chiedigli se può abbassare il tono della voce. Tu: ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐
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Tu: 8. Sei in classe e hai dimenticato il tuo libro. Chiedi alla docente se ti può prestare il suo libro. Tu: 9. Stai allenando un gruppo di allievi nella corsa. Devi andare un attimo da un tuo collega. Chiedi a uno dei tuoi allievi di tenere d’occhio il resto del gruppo. Tu: 10. Arrivi alla fermata dell’autobus. Domanda a qualcuno se è già passato il 13. Tu: 11. Tuo fratello più piccolo sta giocando con un suo amico. Ti danno molto fastidio perché stai studiando. Chiedi a tuo fratello se può fare meno rumore. Tu: 12. Hai perso una lezione del tuo corso perché sei stato ammalato. Chiedi a una compagna di classe se ti può dare gli appunti della lezione che hai perso. Tu: 13. Tua sorella sta finendo un libro molto bello che vorresti leggere. Chiedile se te lo presta quando l’avrà finito. Tu: 14. Vai al cinema. Domanda alla signora allo sportello a che ora comincia il film ‘Australia’. Tu: 15. Sali sull´autobus. Chiedi all’autista se ti può avvisare quando avete raggiunto la fermata Santa Viola. Tu: 16. Stasera vai ad una festa con un’amica ma non hai niente da mettere. Chiedi alla tua amica se ti può prestare una sua maglietta. Tu: 61
17. Sei al ristorante e devi andare in bagno. Domanda al cameriere dov’è il bagno. Tu: 18. Hai un appuntamento dal dentista in una data in cui devi lavorare. Telefona al dentista e chiedi se puoi spostare l’appuntamento. Tu: 19. Stai cenando con i tuoi. Chiedi a tua madre se ti può passare il sale. Tu: 20. La tua coinquilina sta preparando la pasta. Chiedi se ne puoi avere un po’ anche tu. Tu: 21. Ti trovi al ristorante e stai mangiando un piatto di pasta. Chiedi al cameriere di portarti un po’ di formaggio. Tu: 22. Sei al lavoro e ti viene in mente che domani hai un appuntamento dal dottore. Chiedi al tuo capo se domani mattina puoi cominciare un’ora più tardi. Tu: 23. Sei alla stazione e vuoi sapere a che ora parte il treno per Verona. Domandalo a qualcuno sul binario. Tu: 24. Il weekend lavori in un bar. I bambini di un cliente del bar continuano a correre e a fare rumore nel bar. Chiedigli di smetterla. Tu: 25. Sei in farmacia e hai bisogno di una medicina per il mal di gola. Chiedi alla commessa se ti può consigliare qualcosa. Tu: 62
26. Stai insegnando l’italiano a un gruppo di studenti. Due studenti continuano a distrarre gli altri. Chiedigli se la possono smettere. Tu: 27. I bambini a cui fai da babysitter non vogliono andare a dormire. Richiedigli ancora una volta di andare a dormire. Tu: 28. Il tuo nuovo collega di cui sei il supervisore ha dimenticato di registrare le sue ore della settimana scorsa. Chiedigli se lo può fare prima di andare a casa. Tu: 29. Domani vuoi andare in spiaggia ma non sai se il tempo lo permetterà. Domanda al tuo amico se ha sentito le previsioni. Tu: 30. Stasera vuoi andare in discoteca e non vorresti tornare presto come al solito. Siccome abiti ancora con i tuoi chiedi a tua madre se puoi tornare verso le quattro. Tu: 63
D Questionari dei partecipanti
Laetia 23 Femminile Lingua materna: olandese Lingua casa: olandese Materia principale: italiano Esperienza all’estero: Sì Aby 21 Femminile Lingua materna: olandese Lingua casa: olandese Materia principale: Lingua e comunicazione Esperienza all’estero: No Jaapl 48 Maschile Lingua materna: olandese Lingua casa: olandese Materia principale: Italiano Esperienza all’estero: No Marleen 21 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Europese studies Esperienza all’estero: No Emily 22 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese 64
Materia principale: Inglese Esperienza all’estero: No Rosalie 20 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Kunstgeschiedenis Esperienza all’estero: No Rob 56 Maschile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Italiano Esperienza all’estero: No Dycke 20 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Europese studies Esperienza all’estero: Sì, due volte per tre mesi per lavoro Martijn 22 Maschile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: fisica e astronomia Esperienza all’estero: Sì, un corso d’italiano per 5 mesi Carola 19 Femminile 65
Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Italiano Esperienza all’estero: No Wendelien 26 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Italiano Esperienza all’estero: Sì Tessa 19 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Italiano Esperienza all’estero: No Nadine 26 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Italiano Esperienza all’estero: Sì, ma per un corso e per lavoro per otto settimane Annemieke 21 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Nederlands Esperienza all’estero: No 66
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