L’apprendimento della cortesia in italiano L2 Un´analisi dell´uso dei modificatori nella richiesta da parte di un gruppo di apprendenti olandesi dell´italiano in relazione alla competenza linguistica L’apprendimento della cortesia in italiano L2 Un´analisi dell´uso dei modificatori nella richiesta da parte di un gruppo di apprendenti olandesi dell´italiano in relazione alla competenza linguistica Jikke van Gosliga Relatore: Ineke Vedder Correlatore: Mauro Scorretti Universiteit van Amsterdam Facoltà di Scienze Umane Tesi di laurea specialistica in lingua e cultura italiana 25 febbraio 2010 2 Indice Prefazione 5 1. Introduzione 6 2. La pragmatica nell’interazione verbale in L2 8 2.1 Gli atti linguistici di Austin e Searle 9 2.2 La cortesia nell’interazione verbale in L2 10 2.3 Il Principio di cooperazione e le massime di Grice 11 2.4 I Face Threatening Acts di Brown & Levinson 13 2.5 L’atto linguistico della richiesta in L2 15 2.6 L’apprendimento della grammatica di L2 in relazione all’l’apprendimento della pragmatica di L2 17 2.7 La modalità scritta e la modalità orale 3. Modificatori 19 22 3.1 Modificatori interni 22 3.2 Modificatori esterni 26 3.3 L’apprendimento dei modificatori interni 26 4. Impostazione della ricerca 28 4.1 Domande e ipotesi 28 4. 2 I soggetti 30 4.3 Test 30 4.4 Analisi 34 5. Risultati 35 5.1 La competenza linguistica e l’uso dei modificatori 35 5.2 La dominanza sociale 38 5.3 La produzione dei modificatori nella modalità scritta e nella modalità orale 44 6. Conclusioni 49 6.1 La relazione tra la competenza linguistica e l’uso dei modificatori 49 6.2 La relazione tra la dominanza sociale e l’uso dei modificatori 50 3 6.3 La relazione tra la modalità e l’uso dei modificatori 51 6.4 La relazione tra la competenza linguistica L2 e la competenza pragmatica L2 52 Bibliografia 54 Allegati 56 4 Prefazione Vorrei ringraziare alcune persone che mi hanno aiutato durante il processo di scrivere la presente tesi. Innanzitutto vorrei indirizzare un ringraziamento a Ineke Vedder, che mi ha seguito in questo processo (anche durante il mio soggiorno a Bologna) e mi ha dato del feedback e dei consigli per la mia ricerca. Poi ringrazio Elisabetta Materassi; la sua disponibilità ha reso possibile la somministrazione dei test con il suo gruppo di studenti. Inoltre vorrei ringraziare il mio coinquilino Alessandro che ha voluto dare un po’ del suo tempo alla costruzione dei test. Ringrazio pure Stefania Ferrari che mi ha aiutato con la correzione dei test costrutti. Ringrazio le mie amiche Christine e Lorine che mi hanno dato una mano durante la somministrazione dei test. Grazie a mia sorella Marieke per il suo coaching e grazie a mia sorella Rinske per il suo aiuto con il lay out della tesi. Infine vorrei tanto ringraziare i miei genitori, perché hanno reso possibile il soggiorno a Bologna per 7 mesi. Durante la mia ricerca il loro interesse e la loro confidenza in me mi hanno sempre dato energia e voglia di portare questa tesi a buon fine. 5 1. Introduzione Negli ultimi decenni la quantità di studi sociopragmatici è aumentata considerevolmente. Della maggior parte degli studi sulla pragmalinguistica e sulla sociopragmatica stanno alla base la teoria della faccia e quella dei Face Threatening Acts, sviluppate da Brown & Levinson (Brown & Levinson, 1987). Anche per la presente ricerca partiamo da questa teoria che spiega che in un’interazione gli interlocutori sono sempre impegnati a mantenere la loro immagine sociale di sé, e a non danneggiare quella dell’interlocutore. Compiendo degli atti linguistici che sono Face Threatening Acts, gli interlocutori cercano di mitigare la forza dell’atto linguistico per non danneggiare la faccia dell’altra persona e per lasciare intatta la propria faccia. Spostando l’attenzione all’apprendimento di una L2, si pone il problema della difficoltà dell’apprendimento della pragmatica di quella L2 che in questa tesi viene esaminato separatamente dall’apprendimento della grammatica di una L2. Gli apprendenti L2 spesso hanno delle difficoltà ad imparare le competenze pragmatiche della L2, perché esse sono legate alle norme e ai valori di una cultura per loro poco conosciuta. Sullo sviluppo della competenza pragmatica e della competenza linguistica della L2 ci sono ancora molte domande. Nonostante diversi studi longitudinali e comparativi sul processo dell’apprendimento di L2 (Bardovi-Harlig, 1999; Barron, 2003; Nuzzo, 2009; Vedder, 2007) non è ancora chiaro come si sviluppano queste due componenti nel processo di apprendimento di una L2. Nella presente ricerca esplorativa è stata investigata la relazione tra la competenza linguistica e la competenza pragmatica di un gruppo di apprendenti di italiano L2. Ci chiediamo se ci sia una correlazione tra la competenza linguistica di apprendenti di italiano L2 e il loro uso di modificatori nella richiesta. Per esaminare questo è stato somministrato un C-test, che è un test che consiste di cinque testi di cui devono essere compilati delle lettere mancanti di diverse parole, con lo scopo di misurare il livello di competenza linguistica degli apprendenti. Per avere anche un’indicazione del livello di competenza grammaticale sono stati usati i risultati di un test di grammatica. Poi, gli apprendenti L2 hanno fatto dei Discourse Completion Tasks che sono dei test in cui vengono manipolate delle interazioni e in cui, in questo caso, viene elicitato l’uso dell’atto linguistico della richiesta, che è un FTA. Di queste richieste successivamente è stato analizzato l’uso dei modificatori che hanno la 6 funzione di mitigare o di rafforzare la forza del FTA. Prima sono stati analizzati i risultati del C-test e dell’esame di grammatica e successivamente sono stati esaminati i risultati dell’uso dei modificatori nei DCT. Successivamente è stato analizzato l’uso dei modificatori per le diverse situazioni per quanto riguarda la dominanza sociale; vediamo se l’uso dei modificatori viene adatto al tipo di situazioni e vediamo se ci sono delle differenze in questo uso tra gli apprendenti di diversi livelli linguistici. Inoltre, visto che gli apprendenti L2 hanno fatto due DCT diversi, cioè uno nella modalità scritta e uno nella modalità orale, guarderemo se ci siano delle differenze o delle similitudini nei risultati tra le due diverse modalità, e nel caso affermativo, da quali apprendenti L2 del gruppo vengono causate queste differenze. Nel primo capitolo esponiamo le teorie principali che stanno alla base del campo socio pragmatico e quindi della nostra ricerca. Verranno trattate le teorie di Austin e Searle e la teoria del Principio di cooperazione e le massime di Grice. Anche la teoria degli FTA di Brown & Levinson verrà trattata. Poi, introduciamo il campo dell’apprendimento della pragmatica verso l’apprendimento della grammatica da parte di apprendenti L2 in quanto si parlerà delle difficoltà e le differenze tra i due elementi. Il capitolo 2.7 tratta la produzione di competenza pragmatica e verrà investigata l’influenza che la modalità può avere sulla produzione di queste competenze. Nel capitolo 3 parleremo dei modificatori; verranno classificati i diversi tipi di modificatori e successivamente verrà trattato l’apprendimento dei modificatori interni. Nel quarto capitolo verrà esposta l’impostazione della ricerca; saranno formulate le domande centrali e le ipotesi per la nostra ricerca e si parlerà più ampiamente dei test somministrati agli apprendenti. Dopodiché nel capitolo 5 verranno esposti i risultati dell’analisi di tutti i dati ed essi verranno discussi nell’ordine in cui sono state poste le domande centrali. Nell’ultimo capitolo verranno riassunti i risultati discussi nel capitolo 5 e si cercherà di trarre delle conclusioni riguardo questi risultati. 7 2. La pragmatica nell’interazione verbale in L2 Nel capitolo introduttivo abbiamo già accennato brevemente all´importanza della pragmatica nel processo di apprendimento di una seconda lingua. Per capire meglio questo processo bisogna fare una chiara distinzione tra la linguistica teorica che non si occupa del contesto dell’enunciazione, e la linguistica applicata, in particola la pragmatica, in cui invece è centrale il parlante della lingua e le sue scelte linguistiche che vengono fatte in base al contesto dell’enunciazione. Bettoni (2006: 74) lo descrive nel seguente modo: ‘La pragmatica si occupa di tutti i fenomeni linguistici che áncorano la lingua al contesto di vita reale in cui viene usata, e che dunque chiamiamo fenomeni pragmatici.’ Tenendo conto delle regole dell’interazione appartenenti ad una cultura, possiamo dire che conoscere la grammatica di una L2 non basta per poter conversare con nativi in modo giusto e appropriato; è necessario apprendere anche a fare le giuste scelte linguistiche in un’interazione: si diventa buon conversatori se ‘oltre alla competenza tecnica, ideativa, semantica, sintattico-testuale, c’è anche quella pragmatica’ (Piazza, 1995: 6). Gli aspetti pragmatici della lingua sono stati studiati sempre di più negli ultimi decenni, a partire dallo studio degli speech acts di Austin negli anni cinquanta, sviluppato poi da Searle e da vari studiosi filosofici e linguistici tra cui Goffman, Grice, Lakoff e Brown & Levinson. Questi si sono concentrati soprattutto sulle regole implicite dell’interazione e sulla cortesia, che anche in questa tesi avrà un ruolo centrale, perché è uno degli elementi principali all’interno della pragmatica. Nel primo paragrafo di questo capitolo, per introdurre il campo degli studi pragmalinguistici verrà trattata la teoria degli speech acts di Austin. Nel secondo paragrafo sposteremo l’attenzione verso la cortesia nell’interazione, discutendo diverse teorie sociopragmatiche e successivamente verrà trattato specificamente l’atto linguistico della richiesta su cui è focalizzata questa ricerca. Poi verranno messi a confronto l’apprendimento della grammatica e l’apprendimento della pragmatica; vedremo quali studi sono già stati fatti in questo campo e quali sono stati i risultati principali emersi da questi studi. Infine parleremo della produzione scritta e orale della competenza di apprendenti L2. Tratteremo le differenze emerse da vari studi già fatti tra la competenza grammaticale e pragmatica prodotta in modalità scritta e in modalità orale. 8 2.1 Gli atti linguistici di Austin e Searle Prima di discutere il ruolo dell’acquisizione della cortesia in L2 esponiamo qui le teorie principali che sono già state sviluppate all’interno degli studi della pragmalinguistica. Tra queste teorie quella di Austin è una delle più note. Nonostante il fatto che alcuni studiosi ritenevano la teoria degli atti linguistici inutile e poco interessante per chi ha come obiettivo principale quello di fare un’analisi dell’interazione verbale (Sbisà 1999: 67), sembra giusto tratteggiarla in grandi linee, perché questa teoria costituisce una delle basi teoriche delle analisi pragmatiche. Nella sua speech act theory Austin elenca diversi speech acts e li classifica in diverse categorie. Il concetto dell’atto linguistico elaborato da Austin ci fa considerare l’atto linguistico, e quindi l’enunciato, come un’azione. Tutti gli enunciati che noi facciamo, che per l’altro non sono per forza intere frasi, ma possono consistere di parti di frasi o persino di una sola esclamazione, possono essere considerati ‘atti linguistici’ che poi possono essere categorizzati in diversi generi, come per esempio un saluto, un ordine, una domanda o un complimento. Oltre a segnalare l’atto del dire (‘pronunciare parole in quanto appartenenti a una lingua e dotate di senso e riferimento (atto locutorio)’ (Sbisà 1999: 69), Austin fa una distinzione tra l’atto di fare qualcosa nel dire qualcosa (ti prometto di chiamarti domani) e l’atto di fare qualcosa col dire qualcosa (non devi urlare). Qui viene distinto l’atto illocutorio, ‘atto che compiamo in quanto ciò che noi diciamo conta come un certo tipo di azione convenzionale (ordinare, consigliare, promettere, ringraziare, scusarsi, e anche giudicare o asserire)’ dall’atto perlocutorio, ‘di cui ci rendiamo responsabili se il nostro dire produce effetti extralinguistici (se cioè convince, persuade, allarma, rassicura, e via dicendo) (Sbisà 1999: 69). Gli atti illocutori successivamente sono stati divisi da Searle (1969), che sosteneva che parlare è un’attività sociale svolta a regole, in cinque gruppi che sono i seguenti: Verdittivi Espositivi Esercitivi Comportativi Commissivi 9 Tra questi generi di atti illocutori vi sono per esempio asserzioni, argomentazioni, promesse, minacce, richieste e ordini. Gran parte di questi verbi sono verbi performativi (promettere, affermare, dichiarare). Più dei concetti dell’atto illocutorio e l’atto perlocutorio di Austin qui ci interessa soprattutto la scelta dell’atto linguistico in un’interazione, perché è ciò che lega la teoria degli atti linguistici all’aspetto pragmalinguistico di una lingua, cosa che anche Sbisà (1989: 54) sottolinea:‘C’è la cornice, il frame sociologico, che è in vigore e che, condizionando il tipo di definizione della situazione, contribuisce a determinare quali tipi di atti linguistici saranno proferiti e/o come saranno intesi gli atti linguistici proferiti.’ Come già detto sopra, gli enunciati sono da categorizzare in diversi tipi di atti linguistici. Il tipo di atto linguistico dell’enunciato può cambiare a seconda del contesto in cui viene realizzato. Con il contesto intendiamo chi è l’interlocutore, com’è la relazione tra lui e il parlante, in quale situazione si trovano i due interlocutori etc. Per questo, un enunciato come ‘Mandami un’email’ fatto da un capo ad un suo dipendente può essere interpretato come un ordine, mentre lo si può interpretare diversamente se una persona lo dice rivolgendosi alla sorella (in questo caso potrebbe essere una richiesta). Un enunciato può quindi avere diversi scopi illocutori e può quindi consistere in diversi atti linguistici allo stesso tempo. A parte questo, è interessante prendere in considerazione anche le considerazioni del parlante prima di pronunciare un atto linguistico. Le sue scelte linguistiche vengono determinate da fattori sociopragmatici ovvero dal contesto. Con ‘contesto’ viene inteso non solo la ‘sequenza di atti linguistici in cui l’atto linguistico si colloca’ e gli ‘scopi, individuali o condivisi, dei partecipanti’ (Sbisà 1989: 54), ma anche la relazione tra due parlanti, di cui parleremo più in dettaglio nel prossimo paragrafo. 2.2 La cortesia nell’interazione verbale in L2 Uno dei fenomeni che si colloca tra i fenomeni di cui si occupa la pragmatica è la cortesia. In qualsiasi cultura la cortesia si manifesta, oltre che nella comunicazione non-verbale, nella lingua verbale nella forma di regole non scritte che sono diverse per ogni cultura. Apprendendo una nuova lingua, se l’obiettivo è quello di poter comunicare senza fraintendimenti e malintesi, oltre a imparare la lingua grammaticalmente è necessario apprendere la lingua per quel che riguarda le regole pragmatiche e quindi apprendere queste regole, il che spesso crea delle grosse difficoltà per l’apprendente, non solo perché queste regole si imparano interagendo con i parlanti nativi, ma anche perché l’apprendente L2 è già 10 in possesso delle regole di cortesia della propria lingua. La padronanza di queste regole della L2 si raggiunge difficilmente a meno che l’apprendente non si distacchi dalla propria cultura, e purtroppo questo spesso porta delle difficoltà. Quello che sottolinea Bettoni (Bettoni, 2006) è che c’è anche da chiedersi se è giusto distaccarsi dalla propria cultura; se si negano le regole della propria cultura per adottare quelle di una cultura che non è la propria con l’obiettivo di realizzare un’interazione ‘riuscita’, questo non equivale forse alla negazione della propria identità? Bisogna ‘capire se, nell’usare un’altra lingua, sappiamo o vogliamo abbandonare – anche solo per la durata della conversazione – sia il mondo che è nostro, per avvicinarci a un mondo che non lo è, sia il modo di essere che è nostro per assumerne uno che non lo è.’(Bettoni 2006: prefazione 1) C’è da osservare che per questa tesi è rilevante soprattutto studiare il fenomeno della cortesia in quanto si manifesta nell’interazione in diverse forme. Nel prossimo paragrafo verranno esposte le teorie principali nel campo della cortesia. 2.3 Il Principio di cooperazione e le massime di Grice Negli studi dell’analisi della conversazione Paul Grice è un punto di riferimento teorico per le sue teorie della conversazione. L’attenzione di Grice è indirizzato soprattutto verso le intenzioni del parlante, non si concentra solo sull’atto linguistico in sé. Nella sua teoria distingue tra il significato naturale e non naturale e il significato del parlante e il significato dell’enunciato. La distinzione tra il significato naturale e non naturale di un’enunciazione indica il rapporto tra un segno e quello a cui riferisce il segno. Un esempio a proposito di questo che ci fa Bazzanella (2005: 170) è la differenza tra le frasi ‘Quelle nuvole nere significano pioggia’ in cui il rapporto tra segno e significato non è arbitrario ma regolare (il significato esiste già, non è un significato che abbiamo attribuito noi all’enunciato) e ‘Il suono della campanella a scuola significa che è finita l’ora’ in cui c’è un rapporto arbitrario tra il segno e l’oggetto di riferimento (noi abbiamo attribuito il significato al suono della campanella). Nel primo caso parliamo di significato ‘naturale’ mentre nel secondo caso il significato è ‘non naturale’. Un’altra distinzione che fa Grice è quella tra il significato del parlante e il significato dell’enunciato. Anche qui contano le intenzioni dell’interlocutore in quanto il significato del parlante è visto come quello che il parlante intende dire, mentre il significato dell’enunciato è il significato letterale che può anche sembrare non avere senso quando non viene considerato il contesto in cui è stato pronunciato. Se gli enunciati spesso hanno un altro significato rispetto al significato letterale, ci si può chiedere come fa l’interlocutore a capirlo e come fanno due persone a interagire comprendendosi totalmente. 11 Grice spiega questo con il ‘Principio di cooperazione’. Questo principio sostiene che la comunicazione verbale tra due interlocutori sia possibile grazie al fatto che gli interlocutori mentre conversano cooperano. Tutti e due cercano continuamente di dedurre l’enunciato letterale dall’implicatura conversazionale, ovvero l’intenzione del parlante, immedesimandosi nell’interlocutore e tenendo conto del contesto in cui viene espresso l’enunciato. Per fare una conversazione in cui c’è comprensione di tutti e due gli interlocutori, Grice (1993) dice: ‘Conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall’intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato’. Per dare un esempio in cui viene mostrata la cooperazione tra due interlocutori immaginiamoci la seguente scena. Mi trovo a casa di una mia amica e la finestra è aperta. Siccome ho un po’ freddo e vorrei che la finestra venisse chiusa, le dico: ‘Fa un po’ freddo qui, vero?’ Con questa frase non enuncio esplicitamente il mio desiderio che la finestra venga chiusa, però probabilmente, grazie al Principio di cooperazione, la mia amica lo avrà capito e chiude la finestra. La mia amica capisce l’implicatura conversazionale del mio enunciato. Insomma, grazie alla cooperazione, due interlocutori si possono capire, anche quando vengono violate le Massime, come nell’esempio dato qui sopra. Grice nella sua teoria delle Massime presenta quattro categorie: La massima della Quantità: dai un contributo tanto informativo quanto è richiesto La massima della Qualità: tenta di dare un contributo che sia vero La massima della Relazione: sii pertinente La massima del Modo: sii perspicuo Queste massime di Grice di solito in una conversazione vengono violate regolarmente, quando per esempio sono stanca e dico ‘Sono stanca morta!’ (sto violando la massima di Qualità perché dico qualcosa che non è del tutto vero), però grazie alla cooperazione degli interlocutori questo non crea grossi problemi nell’interazione: ‘Quando questi punti di orientamento (le massime) non vengono rispettati, gli ascoltatori ricercano un livello più profondo, che risponda al principio di cooperazione e sulla cui base, con un procedimento inferenziale, possano ‘calcolare’ il significato inteso dal parlante, o significato occasionale’(Bazzanella 2005: 173). 12 2.4 I Face Threatening Acts di Brown & Levinson Nel precedente paragrafo abbiamo presentato un caso in cui viene espresso un enunciato implicito che viene compreso dall’interlocutore grazie alla sua capacità di dedurre la vera intenzione del parlante. Guardando a questo tipo di enunciati ci si potrebbe chiedere: perché non dire semplicemente le cose in modo esplicito? E’ qui che arriviamo alla teoria della faccia che è stata sviluppata da Goffman negli anni sessanta. Nella sua ben conosciuta teoria dell’interazione è centrale la ‘faccia’, sia quella del parlante che quella dell’interlocutore. La faccia può essere considerata come ‘the public self-image that every member wants to claim for himself, consisting in two related aspects’(Brown & Levinson 1987: 61), che è legata a concetti come imbarazzo e la ‘perdita della faccia’. Più dettagliatamente Bettoni (2006: 81) spiega la faccia come ‘l’insieme della propria stima di sé, della propria reputazione, dell’immagine pubblica, emotiva e sociale che ognuno ha di sé, e che vorremmo al minimo proteggere dal danno, al massimo potenziare’. I due aspetti di cui si compone la faccia sono la faccia negativa e la faccia positiva che da Bettoni (2006) vengono spiegati semplicemente come: la faccia negativa: il bisogno di essere liberi da imposizioni la faccia positiva: il bisogno di essere accettati e di piacere In un’interazione ognuno cerca continuamente di mantenere la propria faccia, cioè di gratificare la faccia positiva e di proteggere la faccia negativa. Questa manutenzione della faccia viene raggiunta usando delle strategie di cortesia. Spiegato da Bettoni (2006: 81) la cortesia è ‘una serie di strategie verbali impiegate dal parlante per manipolare l’interazione massimalizzando i vantaggi e minimizzando gli svantaggi in termini di faccia, positiva e negativa, propria e dell’ascoltatore’. Queste strategie possono verificarsi nella forma di cortesia positiva o negativa, dove la cortesia positiva per la faccia dell’interlocutore si manifesta per esempio in atti linguistici come complimenti, offerte d’aiuto e promesse, mentre la cortesia negativa si nota in atti linguistici come le scuse o le proteste usando dei mitigatori per attenuare la forza dell’enunciato. Durante l’interazione ovviamente non viene fatto ricorso continuamente a strategie di cortesia, queste vengono messe in atto solo nel momento in cui un atto linguistico che viene enunciato è pericoloso per la faccia. Un atto linguistico di questo tipo da Brown & Levinson viene chiamato Face Threatening Act, ovvero una speech act che minaccia la faccia (sia quella del parlante che quella dell’interlocutore). Brown & Levinson nominano diversi atti linguistici che sono più minacciosi per la faccia di altri, in quanto sono 13 ‘those acts that primarily threaten the addressee’s (H’s) negative-face want, by indicating (potentially) that the speaker (S) does not intend to avoid impeding H’s freedom of action’ (Brown & Levinson, 1987). Tra questi atti linguistici si trovano per esempio ordini, consigli e avvertimenti. Visto che usualmente in un’interazione comunicativa gli interlocutori cercano sempre di evitare di danneggiare sia la loro faccia che la faccia dell’altro, prima di compiere il FTA il parlante di solito valuta se compiere l’atto e nel caso affermativo, come deve compierlo, cioè quali strategie di cortesia sceglie di utilizzare. Secondo Brown & Levinson (1987) il parlante in questa situazione ha cinque strategie possibili: compiere il FTA baldly on the record, cioè compiere il FTA senza ricorrere a strategie di cortesia compiere il FTA usando la cortesia positiva che è orientata verso la faccia positiva dell’interlocutore e che rispetta il suo bisogno di accettazione sociale compiere il FTA usando la cortesia negativa che riconosce e rispetta la faccia negativa dell’interlocutore, e che cioè non interrompe la sua libertà di agire compiere il FTA off the record, cioè compiere l’atto linguistico in modo implicito, usando per esempio sarcasmo o ambiguità (il che porterebbe a una o più violazioni delle massime di Grice) non compiere il FTA Non è difficile capire che queste cinque strategie non vengono scelte arbitrariamente dall’interlocutore ma che esistono vari fattori in base a cui viene individuata la strategia di cortesia migliore. I fattori che determinano la scelta della strategia hanno a che fare con il contesto in cui l’atto linguistico viene compiuto. Brown & Levinson (1987) individuano tre fattori che influenzano il modo in cui viene realizzato un atto linguistico: la distanza sociale il potere relativo il grado d’imposizione Di questi fattori la distanza sociale indica la distanza tra gli interlocutori, in quanto sono confidenti l’uno con l’altro. Il potere relativo ha a che fare con lo status degli interlocutori; chi degli interlocutori ha più potere e quindi quanto il parlante si può imporre sull’altro. Infine c’è il grado d’imposizione che riguarda l’atto linguistico e che indica quanto l’interlocutore si impone sull’altra persona compiendo l’atto linguistico. Possiamo usare un esempio di Brown 14 & Levinson (1987) per mostrare due atti linguistici che hanno lo stesso scopo ma vengono compiuti in modo diverso usando delle strategie di cortesia diverse. (1)Excuse me, would you by any chance have the time? (2)Got the time, mate? Tra questi due probabilmente varia la distanza sociale, in quanto in (1) c’è una distanza sociale maggiore che in (2) dove, siccome l’enunciato viene fatto in modo molto diretto e amichevole, si può assumere che il parlante almeno conosca l’interlocutore e che ci sia una certa confidenza tra i due. In (1) invece, per l’indirettezza che si manifesta nei mitigatori come ‘excuse me’, ‘would’ e ‘by any chance’, si vede che c’è una certa distanza tra i due interlocutori. I fattori sociopragmatici nominati qui sopra giocano un grande ruolo nella scelta del modificatore adeguato in un’interazione. A seconda della distanza e il grado d’imposizione nell’interazione il parlante sceglie la forma più adatta. Per parlanti L1 questo non causa spesso problemi, per apprendenti L2 invece può essere molto complicato scegliere un modificatore adeguato alla situazione. Da una ricerca di Timmerman (Timmerman, 2007) è risultato che nell’uso di modificatori apprendenti L2 sono meno sensibili ai fattori sociopragmatici di parlanti nativi. Da una simile ricerca di Nuzzo (Nuzzo, 2009) risulta pure che i parlanti non-nativi non fanno differenza nell’uso dei modificatori a seconda della distanza sociale tra il parlante e l’interlocutore. 2.5 L’atto linguistico della richiesta in L2 Come abbiamo visto qui sopra, gli interlocutori in un’interazione cercano sempre delle strategie di cortesia per salvare la loro faccia. La teoria di Brown & Levinson parte dal presupposto che la cortesia sia legata all’indirettezza, cioè un maggior grado di indirettezza significa un maggior grado di cortesia, perché lascia più possibilità all’interlocutore e attenua la forza dell’enunciato. Pallotti (1999: 73) a proposito di questo dice: ‘Ben presto si è delineato un rapporto fra la scelta di forme indirette e questioni di cortesia nella conversazione: ad esempio, se per fare una richiesta non usiamo un imperativo, è perché questo metterebbe l’interlocutore con le spalle al muro, di fronte all’alternativa secca fra obbedire o rifiutarsi; usare un enunciato interrogativo come atto linguistico indiretto di richiesta è invece meno impositivo, espone meno direttamente il parlante quanto l’interlocutore alla perdita della ‘faccia’, cioè alle conseguenze internazionali negative di un rifiuto.’ 15 Successivamente ha avuto molta attenzione la teoria di Blum-Kulka, che critica l’idea che la cortesia sia legata all’indirettezza di un atto linguistico. Blum-Kulka rispetta l’idea delle strategie indirette ma indica poi, oltre alle strategie convenzionalmente indirette, l’uso di strategie non convenzionalmente indirette, che sarebbero strategie in cui viene fatta una richiesta in modo totalmente implicito, come nei seguenti esempi di Betton i (2006: 188) in cui il parlante vorrebbe che l’interlocutore potasse le rose: (3) io adesso sono stanca = perciò pota tu le rose (4) oggi ho già segato il prato =quindi tocca a te potare le rose (5) domani vengono gli zii =bisogna fare bella figurail giardino deve essere in ordinepota le rose Si vede che l’atto della richiesta, che è un atto direttivo, può essere compiuto tramite diverse forme linguistiche. Lo si può compiere in modo del tutto implicito, ma lo si può compiere anche usando altre forme per non essere troppo diretti e per mitigare la forza dell’enunciato, come il suggerimento, il consiglio o la minaccia, per cui può essere difficile distinguere l’atto della richiesta (Trosborg, 1995: 188-189). Nella ricerca fatta per questa tesi è stato oggetto di ricerca l’atto linguistico della richiesta. Nel campo della pragmatica questo è l’atto linguistico di gran lunga più studiato, tra l’altro perché è interessante in quanto di solito causa una forte minaccia per la faccia: ‘chi fa la richiesta invade il suo territorio (dell’interlocutore) e ne limita la libertà d’azione, e quindi ne minaccia la faccia negativa. D’altra parte, nel formulare la richiesta, mette in gioco la propria faccia positiva, poiché il destinatario può reagire opponendo un rifiuto’ (Bettoni 2006: 184). L´aspetto interessante nello studio dell’apprendimento di una seconda lingua è che compiendo l´atto linguistico della richiesta, se si vuole rispettare la cortesia nell’interazione, il parlante, per attenuare o rafforzare la sua richiesta, deve fare uso di strategie di cortesia che possono riguardare il sistema allocutivo (Nuzzo: in stampa), l´uso dei tempi verbali o nei modificatori, il che per gli apprendenti L2 non è affatto facile. Nei vari studi fatti l’argomento dell’apprendimento della pragmatica di una L2 è stato analizzato in diversi modi. E’ stato per esempio analizzato la differenza tra l’uso dei mitigatori nella richiesta da parte di nativi e da non nativi di cui spesso è risultato che c’è una grande differenza tra i due gruppi (Byon 2004; Hassal, 2003; Timmerman, 2007). Sono stati fatti anche degli studi longitudinali che esaminano l’acquisizione delle strategie di cortesia 16 nella richiesta (Bardovi-Harlig, 1999; Barron, 2003; Ellis, 1992; Nuzzo, 2005; Nuzzo 2007). Quello che rende la richiesta un oggetto di ricerca interessante è che, citando Nuzzo (2009, in stampa) ‘le richieste formulate da apprendenti di una seconda lingua, anche dotati di una buona competenza linguistica, sono spesso percepite come inadeguate dagli interlocutori nativi’. Visto che in molti casi in cui c’è una padronanza della grammatica da parte dell’apprendente L2, non c’è ancora la padronanza della pragmatica, è interessante guardare più da vicino il processo di apprendimento della grammatica di L2 e quello dell’apprendimento della pragmatica in L2. 2.6 L’apprendimento della grammatica di L2 in relazione all’l’apprendimento della pragmatica di L2 Come citato qui sopra, nell´output di un apprendente L2 spesso si possono notare delle carenze di competenze pragmatiche nonostante una buona competenza linguistica. Questo ci fa concludere che lo sviluppo della competenza linguistica non è un processo sincrone alla competenza pragmatica, anche se sicuramente sono legati. Dopo vari studi ancora non è chiaro com’è esattamente la relazione tra queste due componenti. Sono stati fatti studi comparativi in cui ci si chiede se l’apprendente L2 è in grado di raggiungere la competenza pragmatica di un parlante nativo, il che non è quasi mai il caso (Vedder, 2007: 99), ma anche studi longitudinali che partono dallo sviluppo della competenza grammaticale e successivamente confrontano questo sviluppo con l’evolversi della competenza pragmatica. Prima di occuparci della relazione tra la grammatica e la pragmatica ci chiediamo che cos’è che rende l’apprendimento della pragmatica così complicato. Inanzitutto nell’apprendimento di una lingua per quel che riguarda la pragmatica, le differenze culturali tra L1 e L2 possono creare delle difficoltà nell’interazione. Nell’interazione le regole e valori che sono legati alla cultura dell’interlocutore costruiscono la sua faccia. Il contenuto della faccia perciò è diverso per ogni lingua e per ogni cultura e così le strategie di cortesia che vengono scelte per un atto linguistico differenziano in ogni lingua. Un esempio può essere uno studio di Brown & Levinson (Brown & Levinson 1987: 233): è stato esaminato l’atto linguistico della richiesta in India e viene concluso che in India per fare una richiesta basta dare solo le ragioni, cioè suggerendo la richiesta, senza pronunciarla. Qui quindi la cortesia si realizza in un grado molto alto di indirettezza, mentre in altre lingue si è molto più espliciti e vengono usate delle strategie più dirette per fare una richiesta. 17 La differenza dei diversi aspetti che costituiscono il concetto di faccia tra un parlante nativo e un parlante non-nativo può ovviamente causare delle difficoltà nell’interazione nel senso che possono verificarsi dei fraintendimenti (che possono variare da un piccolo fraintendimento a un insulto non inteso). Un problema che sorge qui è che ‘tale inadeguatezza viene in molti casi interpretata come aggressività, arroganza o maleducazione, e il rischio di questa lettura ‘caratteriale’ di un comportamento linguistico sembra destinato a crescere insieme alla padronanza delle forme grammaticali e del lessico della seconda lingua: quando le deviazioni dall’uso convenzionale non possono più essere spiegate come una conseguenza della scarsa competenza grammaticale, i parlanti nativi generalmente le attribuiscono a tendenze caratteriali piuttosto che a fattori di conoscenza linguistica, e fabbricano facilmente pregiudizi sulla personalità dell’interlocutore non-nativo’ (Bettoni, 2006: 237). Inoltre, siccome le regole culturali della L2 spesso si scontrano con quelle della propria lingua dell’apprendente, per gli apprendenti di L2 può essere difficile sapere fino a che punto adottare queste regole: ‘Il dilemma sta nel dover fare una scelta tra agire a seconda delle regole interazionali e culturali di quella lingua (anche se vanno incontro al proprio carattere), o distanziarsi da quelle regole e agire in modo più adatto al proprio carattere e alla propria identità’ (Bettoni, 2006). Nella discussione sulla relazione tra l’apprendimento della grammatica di L2 e l’apprendimento della pragmatica di L2 ci sono ancora molte domande. Anche Vedder (2007: 100) nomina la complicatezza in questo campo: ‘non pare affatto chiaro se competenza grammaticale e competenza pragmatica si sviluppino parallelamente o se si tratti invece di due componenti linguistiche che progrediscono l’una a spese dell’altra, in momenti diversi’. Ci sono ragioni per assumere che la grammatica precede la pragmatica, ma allo stesso tempo è attendibile che bisogna conoscere le regole pragmatiche prima di poter usare la giusta forma grammaticale. Malgrado ci siano stati molti studi in questo campo, di studi longitudinali che si concentrano sul processo dell’apprendimento ce ne sono ancora pochi (Bardovi-Harlig, 1999; Barron, 2003; Ellis, 1992; Nuzzo, 2009; Vedder, 2007). A questo punto è chiaro che la competenza pragmatica viene acquisita in un altro modo della competenza grammatica. Mentre la competenza grammaticale di L2 è un concetto abbastanza astratto, la competenza pragmatica lo è molto meno perché si ha a che fare con regole culturali e interazionali. La competenza pragmatica sembra essere appresa in modo più interattivo della competenza grammaticale. Per questo Barron nel suo studio sull’apprendimento della pragmatica da parte di un gruppo di studenti irlandesi apprendenti di 18 tedesco L2 tiene conto del tempo che durante l’apprendimento della L2 è stato trascorso nel paese della lingua d’arrivo. Risulta che un periodo trascorso nel paese della lingua d’arrivo può beneficiare le competenze pragmatiche, senza che per forza crescono anche le competenze grammaticali. Anche Bardovi-Harlig (Bardovi-Harlig, 1999) segnala l’importanza di questo fattore che influenza l’apprendimento della pragmatica, il che dimostra che esiste certamente una differenza tra l’apprendimento della grammatica e l’apprendimento della pragmatica e che l’apprendimento di questi due componenti non è un processo parallelo. Anche se un’analisi di tipo longitudinale sarebbe il modo più conveniente per indagare questo processo, per la presente tesi questo non è stato possibile, dato che uno studio del genere richiederebbe molto tempo. Invece di fare una ricerca longitudinale la presente analisi è di tipo esplorativo, per il numero di apprendenti L2 piuttosto ristretto. Anche il fatto che non è stato possibile misurare l’esatto livello grammaticale degli apprendenti ha contribuito alla scelta di fare un’analisi esplorativa. I risultati dei test daranno un livello di competenza linguistica generale e un’idea globale del livello grammaticale e perciò potremo trarre delle conclusioni in modo approssimativo. Il livello linguistico generale degli apprendenti L2 verrà comparato con il livello pragmatico, analizzando l’uso dei modificatori. Successivamente verranno messi a confronto i risultati dei diversi apprendenti: ci chiederemo se ci sia una relazione significativa tra le competenze linguistiche e quelle pragmatiche. 2.7 La modalità scritta e la modalità orale Per la nostra ricerca sono stati somministrati dei Discourse Completion Task; un DCT scritto e un DCT orale. Il fatto che questi due test i cui contenuti sono quasi identici sono stati somministrati in una modalità scritta e in una modalità orale potrebbe causare una differenza nei risultati. Nel DCT scritto gli apprendenti avevano abbastanza tempo a disposizione per riflettere prima di scrivere una risposta. Il DCT orale invece richiedeva una risposta immediata, cioè dopo aver ascoltato le istruzioni bisognava rispondere entro dieci secondi. Il DCT orale probabilmente assomiglia più ad una vera interazione in cui non si ha neanche molto tempo per riflettere prima di rispondere. Barron (2003) parla di production questionnaires, il tipo di test che è stato usato per la nostra ricerca. Il DCT è conosciuto come lo strumento usato per la CCSARP, ovvero il Cross-cultural speech act realization project, per indagare richieste e scuse realizzate da sia nativi che non-nativi, in diversi contesti sociali in diverse lingue e culture, usando un unico coding system. Barron discute i vari tipi di DCT tra cui si può scegliere tenendo conto della finalità della ricerca: il classico DCT, il dialogue 19 construction questionnaire, l’open item in cui c’è solo una risposta verbale e l’open item in cui c’è free response. Il DCT usato per questa ricerca è del terzo tipo, cioè il DCT con l’open item con una risposta. E’ indubbiamente interessante mettere a confronto i risultati dei DCT scritti e dei DCT orali, soprattutto perché sono stati già fatti degli studi sulla differenza nella performance scritta e orale che hanno segnalato delle differenze per le due modalità. Nonostante che il production questionnaire è stato usato per molti studi, nella forma scritta è stato anche molto criticato. Da diversi studiosi questa forma del DCT è ritenuta poco autentica e per il tempo a disposizione allo studente ‘the participant is prompted to recall pragmatic information from memory and report rather than use it’ (Kasper, 2000). Così la produzione della competenza pragmatica viene facilitata. Anche Beebe & Cummings (1996) hanno studiato il production questionnaire e hanno trovato che i risultati del DCT scritto differiscono considerevolmente dai risultati del DCT orale, in quanto nella modalità scritta non si può manipolare le dinamiche psico-sociali di una vera interazione. . Uno studio di Grabowski (Grabowski, 2005) ha investigato il writing superiority effect, che indica il fenomeno della superiorità della modalità scritta sulla modalità orale: in un’analisi della produzione della competenza, nella modalità scritta le diverse competenze linguistiche dell’apprendente si dimostrano meglio che nella modalità orale. Motivo di questo è anzitutto che nella modalità scritta si ha più tempo per riflettere, ci si può fermare a scrivere quando si vuole. Poi, siccome nella modalità scritta ci vuole più tempo per verbalizzare l’informazione, c’è più tempo per usare le risorse cognitive (Grabowski, 2005: 178). Dopo i diversi esperimenti fatti da Grabowski riguardo il writing superiority effect, è risultato che è stabile e replicabile. In un altro esperimento che Gabrowski ha replicato di Bourdin e Fayol (Grabowski, 2005), è stato osservato che nei processi low-level (memory span performance), i bambini sono più bravi nella modalità orale, mentre presso gli adulti non c’è una differenza significante tra le due modalità. Questo risultato può avere a che fare con il fatto che nei processi low-level viene usata la working memory, mentre nei processi high-level è coinvolta la long-term memory, in cui più volte per adulti è stato constatato il writing superiority effect. In uno studio sulla produzione di competenze linguistiche Martinez-Flor (Martinez-Flor, 2007) cita diversi studi che hanno avuto degli esiti diversi. Beebe & Cummings (Beebe & Cummings, 1985) in una ricerca sulla differenza tra la modalità scritta e la modalità orale in cui parlanti L2 producono suggerimenti, hanno trovato che nella modalità orale c’è più diversità nell’uso di forme pragmalinguistiche e che vengono usate delle forme che sono più 20 simili ad una vera interazione. I risultati della modalità scritta alla fine risultavano uguali a quelli della modalità orale, solo che erano meno autentici. Questa ricerca però è stata fatta tra parlanti di L1, ed è plausibile che per apprendenti di L2 i risultati siano diversi. Rintell & Mitchell (Rintell & Mitchell, 1989) per esempio hanno condotto una ricerca simile ma con parlanti di L2 in cui non hanno trovato differenze nel performance tra le due modalità. Poi Martinez-Flor ha condotto una ricerca tra apprendenti di inglese L2 di madrelingua spagnola in cui ha paragonato la produzione dell’atto linguistico del suggerimento in delle conversazioni telefoniche (orale) e in degli email (scritto). Martinez-Flor ha osservato che c’è una piccola differenza tra le due modalità: nella modalità scritta venivano usate delle forme più adatte alla situazione e più forme diverse. Bisogna accennare però che questa ricerca non è del tutto paragonabile con la presente ricerca visto che tratta di dialoghi, mentre nella presente tesi sono stati analizzati monologhi. 21 3. Modificatori Per investigare le competenze pragmatiche di un gruppo di apprendenti è indispensabile esaminare le caratteristiche dell’interazione e più specificamente l’uso dei modificatori che vengono usati nel dialogo. I modificatori sono legati a delle regole riguardo l’interazione e la cultura di una lingua, per cui apprendenti L2 possono avere delle difficoltà ad apprenderli. Nel prossimo paragrafo esporremo i diversi tipi di modificatori e parleremo dell’apprendimento di modificatori nel processo dell´ apprendimento della L2. 3.1 Modificatori interni Quando in un atto linguistico è richiesta la cortesia, come nell’atto linguistico della richiesta, gli interlocutori possono ricorrere all’uso dei modificatori. I modificatori servono a mitigare o a rafforzare il FTA quando il parlante vuole proteggere la sua faccia. Invece di compiere l’atto linguistico in modo diretto senza l’uso di modificatori, il che avrebbe un effetto negativo sulla propria faccia, il parlante di solito sceglie di usare dei modi per salvare la propria faccia e per gratificare la faccia dell’interlocutore usando dei modificatori. Questi possono essere rafforzatori (upgraders) o mitigatori (downgraders). I modificatori possono essere divisi in due gruppi; i modificatori interni e i modificatori esterni: i modificatori interni si trovano all’interno del FTA mentre i modificatori esterni si trovano fuori da questo atto linguistico come un’aggiunta. I modificatori interni a loro volta si possono dividere in modificatori morfosintattici e modificatori lessicali e discorsivi. Il tipo di modificatore che ci interessa per questa ricerca è quello dei modificatori interni. La seguente tabella è un riassunto dei modificatori interni che è stata presa da uno studio di Vedder (Vedder, 2007) che si è basata sulla classificazione di Barron (2003) apportandovi qualche modifica. 22 Tabella 1. Classificazione dei modificatori interni Modificatori interni Lessicali e Morfosintattici discorsivi Marca di cortesia Condizionale Daresti? Per favore Soggettivizzatore Aspetto Ho paura, penso, mi domando, secondo me Mi stavo domandando Attenuatore Imperfetto Un po’ Mi domandavo Hedge Verbo modale In qualche modo, una specie di Posso? Riempitivo Congiuntivo Vedi, ecco, praticamente Se fosse vero.. Blanditore Incassatura Sarebbe bello se Che ne diresti di..? Downtoner Formula condizionale Forse, possibilmente, magari E’ possibile..? Richiesta di accordo Negazione condizioni preparatorie Ti volevo chiedere se non… Non pensi? Vero? Fatismo Sai,.. 23 Qui sotto si trova un’esposizione dei modificatori che abbiamo indicato per la nostra ricerca. Gli esempi sono tratti dal corpus dei DCT scritti e orali fatti dagli apprendenti. Condizionale Il condizionale è l’unico modificatore morfosintattico che è stato usato nelle richieste dagli apprendenti. Questa forma, grazie alla condizionalità che crea, fa sì che ci sia un certo grado di indirettezza che diminuisce la minaccia per la faccia. 1) Quando hai finito il tuo libro, mi potresti prestarlo? Formula modale Per l’analisi è stato codificato anche l’uso della formula modale del verbo potere. Spesso però si vede che l’uso del verbo potere coincide con l’uso del condizionale. Perciò ogni volta che veniva usato il condizionale del verbo potere l’abbiamo codificato come condizionale e non come formula modale. Un esempio della formula modale di potere: 2) Scusa, ma puoi lavare i piatti, per favore? Formula condizionale La formula condizionale anche se non è un modificatore è stato codificato perché ci dà un’idea delle competenze pragmatiche dell’apprendente. Spesso al posto di un modificatore viene usata una formula condizionale, quando l’apprendente non ha le competenze di usare per esempio un modificatore come il condizionale, e così usa una strategia di evitamento ricorrendo all’uso di una forma semplice e neutrale, come: 3) Scusami, eeh, è possibile per te abbassare la musica? Marca di cortesia La marca di cortesia è un modificatore lessicale che si può manifestare in diverse forme. Questo modificatore ha la funzione di aggiungere in modo esplicito al FTA una forma di cortesia che attenua la minaccia per la faccia. Può essere anche un segno di rispetto per l’interlocutore. Marche di cortesia possono essere per esempio: 4) Potresti per cortesia abbassare la musica? 5) Vorrei cortesemente chiederti di smetterla.’ La marca di cortesia che è l’unica usata dagli apprendenti nelle richieste è il semplice per favore: 24 6) Mamma, mi puoi passare il sale, per favore? Attenuatore L’attenuatore è un modificatore lessicale che di solito è abbastanza frequente come mitigatore nei FTA. Il nome del modificatore rivela già il suo carattere mitigativo; in un FTA questo attenua la forza illocutoria. Un esempio: 7) Scusa signore, potresti abbassare la musica un po’? Rafforzatore Il rafforzatore è un modificatore che modifica il FTA però invece di mitigare il FTA come fanno gli altri modificatori, questo rafforza la forrza illocutoria del FTA. Il rafforzatore è poco frequente. 8) Adesso è l’ultima volta, basta così eh, mangiamo. Appellativo L’appellativo è un modificatore esterno che viene usato per aprire la mossa e per attirare l’attenzione dell’interlocutore. Con l’appellativo si può dare un certo tono che introduce il FTA in modo sottile con lo scopo di ottenere una risposta positiva e di non danneggiare la propria faccia e quella dell’interlocutore. Inoltre, l’appellativo può essere una strategia di cortesia in quanto può mostrare rispetto per l’interlocutore. 9) Mi scusi, signora. Eh io ho un po’ eeh mal di gola. Eeh potrebbe darmi qualcosa? Imperativo L’imperativo si potrebbe classificare come rafforzatore visto che veramente non appartiene al genere di modificatore. In questa ricerca abbiamo però voluto esaminare anche l’uso dell’imperativo, visto che dipende dalla relazione che il parlante ha con l’interlocutore se è appropriato o meno usare l’imperativo. Esamineremo l’influenza dei fattori sociopragmatici sulla scelta della strategia di cortesia. 10) Fate meno rumore, per favore, sto telefonando ad un’amica. Altri modificatori che abbiamo individuato ma che erano molto poco frequenti sono la richiesta d’accordo, il downtoner, l’incassatura e la negazione. 25 3.2 Modificatori esterni I modificatori esterni si trovano fuori dell’atto principale e servono a dare supporto al FTA. Questi possono essere per esempio giustificatori, prerichieste o rabbonitori. 11) Fabrizio, mi presteresti il tuo libro, ho dimenticato il mio In questa frase l’atto principale è ‘mi presteresti il tuo libro’. Il modificatore esterno che viene usato è costituito dalla clausola ‘ho dimenticato il mio’ che è un giustificatore, ovvero una spiegazione per il FTA che ha come obiettivo quello di giustificare il FTA. Il modificatore esterno dell’appellativo, che abbiamo già indicato nell’esempio, può avere diverse funzioni: può rinforzare l’atto linguistico perché il parlante si rivolge esplicitamente all’interlocutore chiamandolo per nome, ma l’appellativo può essere anche ‘Senti, mi dai...’, in cui l’appellativo ha piuttosto la funzione di alleggerire il peso del FTA. Malgrado il fatto che di solito i modificatori esterni vengano usati spesso, nella nostra ricerca non prenderemo in considerazione questo tipo di modificatori, perché nelle situazioni descritte nei test veniva già data una giustificazione della richiesta. Per questo, i modificatori esterni usati dagli apprendenti per la maggior parte sono delle ripetizioni che non ci possono dare nessun’informazione utile sull’uso dei modificatori esterni. 3.3 L’apprendimento dei modificatori interni Nonostante che i risultati delle diverse ricerche sull’apprendimento dei modificatori da parte di apprendenti L2 possono variare, è chiaro che la modificazione interna viene appresa in uno stadio dell’apprendimento abbastanza tardo. Nei risultati di studi fatti su questo argomento si vede che c’è una differenza tra l’apprendimento della modificazione morfosintattica e l’apprendimento della modificazione lessicale/discorsiva. Mentre la modificazione morfosintattica viene appresa abbastanza presto perché è spesso frequente nell’input e perché consiste di formule fisse, la modificazione lessicale/discorsiva è più difficile da apprendere perché l’uso di questa è più facoltativo (Timmerman, 2007). Nuzzo (2009) ha trovato che i modificatori morfosintattici sono i più diffusi tra i parlanti L2, e di questi soprattutto l’imperfetto e il condizionale vengono usati di più. Modificatori lessicali invece, come forse, non so, magari, vengono usati molto di meno, per l’alto grado di opzionalità in confronto ai modificatori morfosintattici (Vedder, 2007). Anche in uno studio successivo di Nuzzo è risultato che i modificatori morfosintattici vengono usati di più dai parlanti L2, e che l’uso di modificatori lessicali è poco frequente (Nuzzo, 2009). I parlanti L2 solo nel terzo stadio di 26 apprendimento cominciano a utilizzare modficatori lessicali, il che fa pensare che nel processo di apprendimento ci sia una precedenza della mitigazione morfosintattica. E’ notevole che riguardo questo non c’è una grande differenza tra i parlanti nativi e non-nativi, cioè anche i parlanti nativi utilizzano più modificatori morfosintattici che lessicali o discorsivi. Nel processo di apprendimento di L2 l’influenza della L1 dell’apprendente può avere un’influenza; ‘la L1 può facilitare o ostacolare l’acquisizione, in quanto l’impiego adeguato dei modificatori in L2 è governato da regole d’uso che in parte coincidono e in parte differiscono dalle regole della L1’ (Vedder, 2007: 107). 27 4. Impostazione della ricerca In questo capitolo presentiamo l’impostazione del test. Prima verranno formulate le domande di ricerca e le ipotesi appartenenti a queste domande. In seguito verrà esposta più dettagliatamente la struttura della presente ricerca, trattando i partecipanti e i test somministrati. 4.1 Domande e ipotesi Per questa tesi ci si è chiesti se ci sia una relazione tra l’apprendimento della grammatica di una L2 da un lato e l’apprendimento della pragmatica di questa L2 dall’altro lato, in altre parole se la crescita della competenza grammaticale implichi anche la crescita della competenza pragmatica. Si tratta di due elementi separati che si sviluppano indipendentemente oppure si può individuare una correlazione tra i due? Per rispondere a questa domanda verrà fatta un’analisi dell’uso dei modificatori interni nella richiesta. Poi esamineremo l’influenza del fattore sociopragmatico della dominanza sociale sulla scelta dei modificatori. Un altro aspetto che verrà trattato è la differenza nella produzione dei modificatori tra la modalità scritta e la modalità orale; è interessante analizzare fino a che punto i risultati del test scritto differiscono dai risultati del test orale. La domanda che sta alla base di questa ricerca è se ci sia una correlazione tra la competenza linguistica di apprendenti di italiano L2 e il loro uso di modificatori nella richiesta. Quanto detto nel capitolo 2.6, malgrado che le due componenti della grammatica e della pragmatica siano certamente legate, ci aspettiamo che il processo di apprendimento della grammatica e della pragmatica comunque non è sincrone. Da diversi studi discussi nel capitolo 2.6 è risultato che il livello di competenza grammaticale non risulta correlato al livello di competenza pragmatica. E’ plausibile che ci sia una relazione tra le due componenti in quanto in certe fasi dell’apprendimento la competenza grammaticale aiuta a crescere la competenza pragmatica, ma allo stesso tempo la competenza pragmatica può evolversi, per esempio grazie all’esposizione alla L2 per esempio nel paese della lingua d’arrivo, senza che ci sia una crescita della competenza grammaticale. Per esaminare più specificamente l’uso dei modificatori interni dal gruppo di studenti apprendenti dell’italiano L2 ci poniamo le seguenti domande: 28 In che misura c’è una correlazione tra l’uso dei modificatori e il livello di competenza linguistica misurata tramite un C-test? Fino a che punto il fattore della dominanza sociale determina l’uso dei modificatori? Fino a che punto si possono notare delle similitudini o delle differenze nell’uso dei modificatori tra il DCT nella modalità scritta e il DCT nella modalità orale? Per quanto riguarda la prima domanda, basandoci sulla ricerca longitudinale di Barron (2003) e sullo studio di Bardovi-Harlig (1999) di cui abbiamo parlato in 2.6, ci aspettiamo che apprendenti che in base al C-test sono stati classificati come appartenenti alla categoria di apprendenti avanzati non useranno più modificatori interni degli studenti di altri livelli e la varietà nella scelta dei modificatori non sarà maggiore. Così anche dagli apprendenti di un livello linguistico più basso non ci aspettiamo che useranno per forza meno modificatori o meno varietà nella scelta dei modificatori, visto che fattori esterni possono influenzare la competenza pragmatica indipendentemente dalla competenza grammaticale. Per quanto riguarda l’uso dei modificatori morfosintattici, dato che spesso si tratta di determinate strutture grammaticali, può darsi che il livello di competenza grammaticale sia più legato al livello della competenza pragmatica. Questo si spiega con il fatto che per poter usare per esempio una forma del condizionale, che è un modificatore morfosintattico, se si vogliono usare più forme di questa struttura grammaticale, è necessario che l’apprendente conosca la coniugazione del verbo. Ci aspettiamo quindi che l’uso dei modificatori morfosintattici aumenti con l’innalzarsi del livello di padronanza linguistica. Per la seconda domanda, tenendo conto dei risultati della ricerca di Timmerman (2007) e Nuzzo (2009) di cui abbiamo parlato nel capitolo 2.4 e tenendo conto del fatto che il gruppo di apprendenti della presente ricerca appartiene ad un livello base, ci aspettiamo che gli apprendenti non saranno in grado di adeguare la scelta dei modificatori al tipo di situazione per quanto riguarda il fattore sociopragmatico. Nonostante questo è probabile che nei casi in cui la dominanza sociale nell’interazione è molto evidente (come per esempio un’interazione tra un adulto e un bambino) gli apprendenti sceglieranno un modificatore adeguato alla situazione. Per l’ipotesi rispetto alla terza domanda ci riferiamo a Grabowski (2005) e MartinezFlor (2007) di cui abbiamo parlato in 2.7. Grabowski in diversi studi ha costatato il writing superiority effect. Ci aspettiamo che anche nella presente ricerca si verificherà questo effetto, visto che per la parte scritta gli apprendenti hanno avuto più tempo per riflettere ed è 29 probabile che abbiano fatto uso della loro long-term memory. Ci aspettiamo quindi che ci sarà una differenza nell’uso dei modificatori tra il DCT scritto e il DCT orale. 4. 2 I soggetti Il gruppo di partecipanti consiste di 14 studenti apprendenti dell’italiano presso l’Università di Amsterdam, tutti e 20 sono studenti del primo anno. I test sono stati somministrati in classe. Per avere maggiori informazioni sugli studenti, prima di somministrare i test, gli è stato chiesto di compilare un questionario in cui vengono chieste delle informazioni personali, come nome e cognome, età, sesso, lingua materna, lingua parlata a casa, indirizzo di studio ed eventuali esperienze in Italia. I questionari si trovano nell´allegato D. L’età degli studenti partecipanti va dai 19 ai 56 anni, con un’età media di 26. I partecipanti non sono tutti studenti di Lingua e cultura italiana; 9 dei partecipanti sono studenti iscritti ad un altro corso di laurea che hanno scelto il corso di Lingua italiana del primo anno 1 come materia facoltativa. 4.3 Test Per poter fare un’analisi adeguata tenendo in mente l’obbiettivo della ricerca, è occorso somministrare due tipi di test. In prima istanza si è voluto testare la competenza linguistica degli studenti somministrando un C-test ovvero un gap-filling test, che verrà discusso più in dettaglio qui sotto. In più, per avere un’indicazione globale del livello grammaticale generale, sono stati analizzati i risultati del test di grammatica. Visto che non è stato possibile misurare il livello grammaticale degli apprendenti potremmo rispondere alla domanda centrale solo in modo approssimativo. L’altro tipo di test è sviluppato per misurare le competenze pragmatiche degli studenti. Sono stati somministrati due Discourse Completion Task; un DCT scritto e un DCT orale. Riassumendo, i test che sono stati somministrati sono: - C- test - Test grammaticale (esame finale del corso di lingua) - DCT scritto - DCT orale 1 Il terzo corso di lingua pratica del primo anno (Taalverwerving Italiaans III) di E. Materassi all'Università di Amsterdam 30 Il C­test Il C-test è un tipo di Cloze-test che è anche chiamato gap-flling test. Il specifico C-test usato per la presente ricerca è un test già esistente che è stato creato da Ineke Vedder, Folkert Kuiken e Roger Gilabert per il progetto CALC, il progetto Communicative Adequacy and Linguistic Complexity, che investiga la relazione tra adeguatezza comunicativa e complessità linguistica tra parlanti L2 (Gilabert, Kuiken, Vedder in stampa). Il test consiste di cinque piccoli testi in cui di ogni altra parola manca la metà o la metà più uno. Il compito dello studente è quello di dedurre le lettere mancanti dal contesto. In totale ci sono 100 parole da completare. Ogni testo consiste di circa 60 parole e in ogni testo sono da compilare circa 50 spazi che possono essere parti sia di un verbo che di un sostantivo, una preposizione o altri tipi di parole. Il test si trova nell’allegato A. Questo test è utile perché non testa solo per esempio l’uso dei verbi o la padronanza dei sostantivi, ma richiede l’uso di diverse competenze linguistiche e non-linguistiche e dà quindi un’indicazione del livello linguistico generale. I Cloze, tra cui il C-test che si può collocare tra i test integrativi, misura una combinazione di competenze vocabolari produttive, competenza grammaticale ricettiva e produttiva, competenza ortografica, semantica, pragmatica e comprensione di testo (Hulstijn, in stampa). Il test di grammatica Per motivi pratici, oltre a usare il C-test come indicatore del livello di competenza linguistica, abbiamo scelto di usare l’esame finale del corso di lingua pratica di apprendenti del primo anno di studio come indicazione del livello di padronanza di grammatica. L’esame consiste di due parti, una parte di grammatica e l’altra parte di lessico. Siccome l’esame richiede sia la competenza lessicale che la padronanza di tempi verbali come il congiuntivo, l’imperfetto, il futuro etc. ma anche l’uso di preposizioni e sostantivi, ci potrà dare un’indicazione del livello di competenza grammaticale generale degli studenti. Il Discourse Completion Task nella modalità scritta e orale Il DCT scritto usato per questa ricerca è stato sviulppato da me. Il test consiste di 30 descrizioni di situazioni che devono elicitare una reazione nella forma di una richiesta da parte del partecipante. Il partecipante si immedesima nella situazione e reagisce come avrebbe reagito in una simile situazione nella realtà. Per esempio: 31 1. Sei in vacanza in Messico con un amico. Chiedi a qualcuno per strada se vi può fare una foto. Risposta: Mi scusi, signore, ci potrebbe fare una foto? Il DCT consiste di situazioni in cui le relazioni tra i due interlocutori sono state manipolate. In ogni situazione dei DCT in cui viene elicitata una richiesta è stato tenuto conto del fattore sociopragmatico della dominanza sociale. In 2.4 è stata trattata la teoria di Brown & Levinson dei fattori sociopragmatici che possono determinare la scelta del modificatore in un’interazione. Per la nostra ricerca abbiamo voluto esaminare la sensibilità degli apprendenti a questi fattori. Siccome però sarebbe stato complicato considerare tutti e tre i fattori sociopragmatici è stato deciso di considerare solo uno di questi fattori nelle nostre richieste: è stato omesso il fattore del grado di imposizione e poi il fattore del potere relativo e della distanza sociale sono stati presi insieme, per il motivo del fattore del potere relativo che è intrecciato con il fattore della distanza sociale e spesso i due si influenzano a vicenda. Un esempio può essere una situazione in cui un direttore parla ad uno dei suoi dipendenti; il direttore ha un potere relativo sul dipendente e questo porta con sé una distanza sociale tra di loro. Il fattore di cui abbiamo tenuto conto nelle richieste dei DCT è stato chiamato dominanza sociale, e parte dal presupposto che in ogni interazione tra due interlocutori c’è sempre una persona che domina la situazione perché ha uno status sociale più alto dell’altra persona. Così sono stati creati tre tipi di situazione in cui c’è la dominanza del parlante, la dominanza dell’interlocutore oppure uno status uguale tra gli interlocutori. Dalle 30 situazioni, 24 elicitano una vera richiesta. In otto delle situazioni il parlante ha uno status sociale superiore all’interlocutore, e quindi c’è una dominanza del parlante (DP). In altre otto situazioni lo status sociale del parlante è inferiore a quello dell’interlocutore e quindi c’è la dominanza dell’interlocutore (DI). Nelle altre otto situazioni lo status sociale degli interlocutori è più o meno uguale (status uguale). Successivamente le richieste nel DCT sono state presentate in modo del tutto arbitrario. I DCT si trovano negli allegati B e C. Oltre a questi fattori abbiamo tenuto conto del sesso della persona a cui gli apprendenti si dovevano rivolgere realizzando le richieste; in 10 situazioni il parlante si deve rivolgere ad un uomo, in 8 situazioni ad una donna, in 3 situazioni il sesso non risulta dalla descrizione della situazione e in altre 3 situazioni il parlante ha a che fare con più persone. Inoltre ci si trovano altre sei situazioni in cui viene richiesta un’informazione invece di 32 un servizio o un oggetto, e in queste situazioni non è stato tenuto conto del fattore sociopragmatico. Siccome per il DCT scritto gli apprendenti avevano abbastanza tempo per rispondere, a differenza del DCT orale in cui gli apprendenti avevano un tempo limitato di dieci secondi, gli studenti che dovevano fare prima la parte scritta e poi la parte orale potevano avere un risultato migliore per il DCT orale. Per escludere questo effetto gli apprendenti sono stati divisi in due gruppi: il gruppo A ha prima fatto la parte scritta, cioè il C-test e il DCT scritto, e poi il DCT orale, il gruppo B viceversa. Il DCT orale è stato sviluppato in modo che è simile a quello scritto, cosicché è possibile paragonare i test nelle due diverse modalità. Il test, nonostante che ci sia stata fatta qualche modifica nelle situazioni e nell’ordine delle frasi, ha quindi la stessa struttura del DCT scritto. Nel DCT orale dopo ogni situazione descritta seguiva una pausa di 10 secondi in cui il partecipante doveva dare una risposta. Il gruppo A che prima ha fatto il DCT scritto consisteva di otto persone mentre il gruppo B consisteva di 12 persone. Le istruzioni dei test scritti e del questionario erano in italiano, mentre le istruzioni per il DCT orale sono state date in olandese dalla ricercatrice prima dello svolgimento del test. Dando le istruzioni si è cercato di essere il più neutrale possibile per non influenzare le risposte. La partecipazione ai test è stata resa possibile grazie alla disponibilità della docente di integrare i test all’interno del corso e di dare feedback personale agli studenti. Per quanto riguarda la correzione dei test, solo il C-test e l’esame di grammatica sono stati corretti in modo obbiettivo valutandoli con un voto. Con la chiave delle risposte del Ctest sono stati corretti i test degli studenti, usando la exact-answer procedure (Hulstijn, in stampa). Questo implica che la risposta è considerato corretto se è identica alla parola originale, senza errori di ortografia. Il voto si calcola sottraendo il numero di errori dal totale di 100 (le 100 parole da completare). L’esame di grammatica invece consisteva di due parti; una parte di grammatica e l’altra parte di lessico. Per l’indicazione globale del livello grammaticale abbiamo preso in considerazione solo i risultati della parte grammaticale dell’esame. I voti sono stati calcolati dal docente del corso. 33 4.4 Analisi Qui verranno presentate le analisi dei dati dei test somministrati. Per poter fare un’analisi sono state codificate tutte le risposte dei DCT somministrati nel senso che sono stati contati tutti i diversi tipi di modificatori interni usati dagli apprendenti L2 nelle loro richieste. Per correttezza è stato controllato se c’era una correlazione tra la lunghezza delle frasi enunciate dagli apprendenti e la quantità di modificatori all’interno di queste frasi. E’ risultato che non c’è da costatare una correlazione tra i due elementi. 2 Per la codificazione dei modificatori interni è stato usato lo schema di Vedder basato su Barron, che è stato illustrato in capitolo 3.1. Nonostante che l’oggetto di interesse fosse la modificazione interna sono stati presi in considerazione anche altri modificatori come gli appellativi e l´uso dell´imperativo. Per poter mettere in relazione l’uso dei modificatori con la competenza linguistica degli studenti sono stati studiati i risultati del C-test e del test di grammatica. I C-test sono stati corretti secondo la exact-answer procedure, e poi sono stati stabiliti i punteggi. I test grammaticali sono stati corretti dopodiché per ogni apprendente è stato fissato un voto finale dell’esame. 2 Nella modalità scritta la quantità media di modificatori per frase = 1,74; SD = 0,28 con n = 14. Nella modalità orale la quantità media di modificatori per frase = 1,51; SD = 0,41 con n = 14. 34 5. Risultati In questo capitolo verranno analizzati i risultati dei test somministrati con l’obbiettivo di trovare delle risposte alle domande che hanno guidato la ricerca. Prima verranno trattati i risultati del C-test e del test di grammatica e li metteremo a confronto con i risultati dei DCT, cioè l’uso dei modificatori nelle richieste. Nel primo e nel secondo paragrafo guarderemo al totale uso dei modificatori in cui i modificatori del DCT scritto e del DCT orale sono stati sommati. Successivamente verrà guardato all’impatto del fattore ‘dominanza sociale’ nelle richieste. Verrà analizzato l’uso dei modificatori per i diversi tipi di situazione riguardo la dominanza sociale, e ci chiediamo fino a che punto il fattore della dominanza sociale influenzi l’uso dei modificatori. Poi ci chiediamo se ci siano delle differenze in questo uso dei modificatori tra gli apprendenti dei diversi livelli di competenza linguistica. Infine separatamente verranno esaminati i risultati della modalità scritta e della modalità orale con lo scopo di vedere se ci siano delle differenze o delle similitudini nei risultati delle due modalità dei DCT. 5.1 La competenza linguistica e l’uso dei modificatori La prima domanda riguarda la relazione tra il livello di competenza linguistica degli studenti e il loro uso dei modificatori. Nel presente paragrafo verranno messi in relazione i risultati del C-test all’uso dei modificatori tratto dal DCT scritto e dal DCT orale somministrati. Oltre ai risultati del C-test abbiamo anche preso in considerazione i risultati del test di grammatica, che ci danno un’indicazione generale del livello di competenza grammaticale. Per la suddivisione in livelli di competenza linguistica però, ci baseremo soltanto sul C-test, visto che dà un’immagine affidabile della competenza linguistica degli apprendenti, mentre il test di grammatica ci dà solo un’indicazione del livello di competenza grammaticale. Nella tabella 1 sono stati riportati i risultati del C-test e del test di grammatica. Per sapere come è composto il gruppo di studenti per quanto riguarda il loro livello di competenza linguistica, nella seguente tabella gli studenti sono stati suddivisi in tre gruppi diversi a seconda di questo livello di competenza linguistica che è stato stabilito in base ai risultati del C-test. Il primo gruppo rappresenta gli apprendenti di un livello di competenza linguistica più basso di tutti, mentre nel secondo gruppo sono stati collocati gli studenti di un livello di competenza 35 linguistica intermedio. Il terzo gruppo sono gli apprendenti di un livello di competenza linguistica più avanzato. Tabella 2. I risultati del C‐test e del test di grammatica Punteggio C‐test n=14 Gruppo 1: 0‐60 Livello basso Gruppo 2: 60‐80 Livello intermedio Gruppo 3: 80‐100 Livello avanzato Nomi Aby, Wendelien Annemieke, Dycke, Nadine, Sara, Tessa, Carola, Marleen, Rob, Laetia Emily, Jaap, Martijn Punteggio Nomi test grammatica 0‐6,5 Annemieke, Nadine, Sara, Aby 5,5‐8 Rob, Dycke, Wendelien, Carola 8‐10 Martijn, Tessa, Jaap, Marleen, Emily, Laetia Se vediamo in quanto i risultati del test di grammatica aderiscano ai risultati del C-test, si nota che gli apprendenti che in base ai risultati del C-test vengono classificati nel gruppo degli apprendenti più avanzati (Emily, Jaap, Martijn), anche per il test di grammatica hanno un punteggio più alto di tutti. Poi, tre apprendenti che in base al C-test vengono classificati su un livello intermedio hanno pure un punteggio intermedio per il test di grammatica. Ciononostante, visto che ci sono anche delle differenze tra i risultati del C-test e del test di grammatica, per quanto riguarda la classificazione in livelli di competenza linguistica ci baseremo solo sui risultati del C-test. Per poter individuare la relazione tra il livello di competenza linguistica e l’uso dei modificatori da parte degli apprendenti sono stati contati i modificatori usati nelle richieste. Nella seguente tabella sono esposti i risultati del C-test e l’uso dei modificatori nelle richieste. 36 Tabella 3. La quantità e la diversità dei modificatori nel DCT scritto e nel DCT orale e i risultati del C‐test per ogni singolo studente Nomi n=14 Numero totale modificatori Numero diversi modificatori Punteggio C‐ test Punteggio test di grammatica Annemieke 54 5 67 3,2 Dycke 67 7 70 7,1 Martijn 76 7 86 8,7 Nadine 68 6 76 5,8 Sara 75 7 71 5,1 Tessa 72 6 74 8,7 Wendelien 64 6 56 7,1 Carola 93 8 78 7,1 Jaap 108 9 81 9,2 Marleen 61 5 67 8,3 Rob 96 10 68 7 Aby 62 7 57 6,2 Emily 95 7 91 9,7 Laetia 80 6 76 9,4 Guardando nella tabella 3 gli studenti che in base ai loro risultati del C-test sono stati collocati nel gruppo degli avanzati, da una persona, cioè Jaap, si può costatare una chiara correlazione tra il livello di competenza linguistica e il livello di competenza pragmatica. Ha il migliore risultato del C-test e del test di grammatica e anche con l’uso dei modificatori può essere considerato l’apprendente più competente: usa il più modificatori di tutti gli apprendenti (108) e usa una varietà massima di modificatori (9). Pure Emily che ha un punteggio alto per il Ctest, anche nell’uso dei modificatori ha un risultato superiore a quello degli altri studenti (in totale ha usato 95 modificatori). Nel suo uso dei modificatori però non c’è una grande varietà. E’ da notare che diversi apprendenti con un risultato intermedio nel C-test, per quel 37 che riguarda l’uso dei modificatori nei DCT possono essere classificati al livello più alto. Rob, per esempio, ha un punteggio di 68 per il C-test, ma usa un numero di modificatori relativamente alto e variato (96 modificatori di 10 tipi di modificatori). Di altri apprendenti che hanno un punteggio alto per il C-test e per il test di grammatica, l’uso dei modificatori non è particolarmente grande e non c’è neanche una grande diversità di modificatori. Per quanto riguarda gli apprendenti del livello di competenza linguistica più basso, nella tabella 3 si nota che essi non usano molti modificatori. Un esempio è Annemieke, che ha il punteggio più basso del C-test e che anche nei DCT ha l’uso più limitato di modificatori. Riassumendo questi risultati, nonostante che sia certamente possibile che apprendenti di un livello linguistico relativamente avanzato abbiano pure un grande e variato uso dei modificatori, un alto livello linguistico sicuramente non garantisce un alto livello pragmatico. Poi, apprendenti del nostro gruppo con un voto basso per il C-test non hanno neanche un livello molto alto di competenze pragmatiche. Inoltre è interessante che, guardando il nostro gruppo di apprendenti, studenti che sono stati classificati ad un livello linguistico intermedio possono invece avere un livello di competenze pragmatiche relativamente alto. 5.2 La dominanza sociale In questo paragrafo verrà esaminata la relazione tra l’uso dei modificatori e la distanza sociale che c’è tra i due interlocutori nelle situazioni in cui viene elicitata una richiesta. Le nostre aspettative riguardo la scelta del modificatore a seconda della relazione tra gli interlocutori dicevano che, siccome in diversi studi nominati in capitolo 2.6 è risultato che spesso c’è una scarsa capacità degli apprendenti L2 di adattare la scelta del modificatore alla relazione che c’è con l’interlocutore, non ci aspettiamo neanche dai nostri apprendenti di avere questa capacità. In capitolo 4.3 è stato spiegato che le situazioni dei DCT sono state divise in tre gruppi in cui c’è sia la dominanza dell’interlocutore, sia la dominanza del parlante oppure c’‘e uno status uguale, il che vuol dire che nessuno dei due interlocutori domina l’interazione. Per ogni di questi tre gruppi sono stati contati tutti i modificatori usati. Prima di analizzare i risultati e trarre delle conclusioni, esponiamo nella seguente tabella 4 una rassegna dei tipi di modificatori contati con degli esempi dei modificatori più frequenti. 38 Tabella 4. Numero dei modificatori usati nelle situazioni con dominanza del parlante (DP), dominanza dell’interlocutore (DI) e con status uguale nei DCT per l’intero gruppo n=14 Numero di modificatori Tipo di modificatore Con DP Con DI Con = Appellativo 117 171 110 (mi) scusi, scusa(mi) signora,signore 76 125 59 nome 41 35 32 ciao, buongiorno 0 14 8 altri 0 0 8 Marca di cortesia 53 16 38 per favore 53 16 38 Condizionale 22 45 26 potresti 2 3 19 potrei/vorrei 3 7 5 potrebbe 16 33 2 potreste 1 2 0 Formula condizionale 9 38 11 7 25 10 sarebbe possibile di.. 2 4 0 va bene se 0 2 0 altri 0 7 1 Formula modale del verbo potere 89 105 138 è possibile di.. 39 puoi/potete 75 12 82 può 10 54 29 posso 4 39 27 Attenuatore 8 15 3 17 0 4 Imperativo 55 0 8 Altri 2 4 2 (un po’, diminuitivi) Rafforzatore (ti prego, dai, è l’ultima volta) Guardando al totale uso di modificatori per le diverse situazioni nei DCT scritto e orale, ci sono diverse cose interessanti da notare. Innanzitutto, cominciando dagli appellativi, è da notare che questi vengono usati di più in situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. Nella tabella si vede che essi consistono per la maggior parte di espressioni come ‘Mi scusi, signora’, ‘Scusami’, etc. L’uso del nome o un saluto come appellativo occorre molto meno spesso. Anche sull´uso del condizionale c’è qualcosa da dire: a questo modificatore viene fatto ricorso notevolmente di più nelle situazioni con dominanza dell’interlocutore. Questo era piuttosto prevedibile visto che in queste situazioni è voluta più cortesia che nelle altre situazioni, perché il parlante nell’interazione ha uno status inferiore all’interlocutore. Nelle situazioni con dominanza dell’interlocutore, il condizionale è usato 45 volte, mentre nelle situazioni con dominanza del parlante al condizionale è ricorso 22 volte. Come vediamo nella tabella, la forma più usata di questi è il condizionale nella terza persona (potrebbe), il che mostra l’uso del Lei, cioè è una forma di cortesia. La formula condizionale che per la maggior parte consiste nell’espressione ‘è possibile di…’ viene usata di più quando c’è la dominanza dell’interlocutore, mentre nelle situazioni con dominanza del parlante questa formula viene usata notevolmente poco. Non è sorprendente, visto che nelle situazioni con dominanza del parlante di solito si tende ad essere più diretti e non si usano delle forme generali per evitare una richiesta troppo forte o diretta. Poi, la formula condizionale spesso può essere una strategia per sostituire l’uso del 40 condizionale: quando il condizionale non viene ancora del tutto padroneggiato l’apprendente ricorre ad una formula condizionale che non richiede coniugazioni di verbi. Un’altra cosa che colpisce dalla tabella 4 è l’uso della formula modale del verbo potere. Dagli apprendenti la seconda persona singolare del verbo potere viene usato soprattutto nelle situazioni in cui c’è uno status uguale tra gli interlocutori. Questo dà l’impressione che questa coniugazione del verbo potere è vista come forma informale che in genere si usa in situazioni tra persone che si conoscono molto bene, come amici o parenti. Poi si vede che l’uso di questa forma del verbo è abbastanza grande nelle situazioni in cui c’è la dominanza del parlante; in queste situazioni il parlante non ha bisogno di mostrare rispetto o di essere cortese all’interlocutore, visto che il parlante stesso ha la dominanza nell’interazione. Succede l’opposto nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore: visto che il parlante ha uno status inferiore all’interlocutore, mostra la cortesia usando la forma del Lei, ovvero la terza persona singolare del verbo (può). Inoltre, se guardiamo all’uso dell’imperativo si vede molto chiaramente che viene usato di più nelle situazioni con dominanza del parlante. Nelle situazioni con dominanza del parlante lo si trova 55 volte, mentre nelle situazioni con dominanza dell’interlocutore non è usato nessuna volta. Nelle situazioni in cui c’è uno status uguale tra gli interlocutori viene ricorso molto poco all’imperativo (8 volte). L’attenuatore e il rafforzatore vengono usati in quantità molto basse per cui è difficile trarre delle conclusioni. Si nota però che se si guarda al totale uso l’attenuatore viene usato molto di più nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore e che il rafforzatore si trova soprattutto nelle situazioni in cui c’è la dominanza del parlante. Dato che è stata trovata una grande varietà nei tipi di rafforzatori e attenuatori, è stato scelto di non esporli nella tabella. Tutto sommato è chiaro che certi modificatori vengono scelti dagli apprendenti in modo non arbitrario. Sembra che ci siano degli apprendenti che hanno la capacità di distinguere diverse situazioni e di adattare la loro scelta del tipo di modificatore al tipo di situazione. Sapendo questo è interessante esaminare più in dettaglio l’uso dei modificatori; ci chiediamo se tutti gli apprendenti siano in grado di scegliere attentamente il tipo di modificatore oppure se siano soprattutto gli apprendenti con una competenza linguistica relativamente alta che hanno la capacità di scegliere un modificatore adatto alla situazione. 41 Abbiamo visto che c’è una differenza evidente nell’uso dei modificatori per le diverse situazioni. I risultati degli individui dei gruppi ci hanno mostrato che gran parte degli apprendenti sembra contribuire al grande uso dell’appellativo nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore: gli apprendenti del livello linguistico più basso usano l’appellativo molto di più sia nelle situazioni in cui c’è la dominanza del parlante che nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. Laetia, Marleen e Tessa, tutte e tre apprendenti del livello intermedio, fanno un grande uso dell’appellativo, soprattutto nelle situazioni con dominanza dell’interlocutore. Gli apprendenti più avanzati in tutti i tipi di situazione usano molti appellativi, ma pure qui si può costatare un uso leggermente maggiore per le situazioni con dominanza dell’interlocutore. Del condizionale abbiamo visto che in totale c’è un uso notevolmente più grande nelle situazioni in cui c’era la dominanza dell’interlocutore. Gli apprendenti Aby e Wendelien del livello più basso però usano in tutte le situazioni particolarmente pochi modificatori, e si nota soprattutto un uso molto ridotto del condizionale. Nelle loro richieste quindi non c’è una chiara differenza nell’uso del condizionale per le diverse situazioni; solo Wendelien ha un uso leggermente più grande nelle situazioni con dominanza dell’interlocutore. Dycke e Carola, che in base al C-test stanno su un livello di competenza linguistica intermedio, sembrano scegliere il condizionale in relazione alla distanza sociale, perché lo usano soprattutto nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. Da parte di diversi altri apprendenti del livello intermedio l’uso del condizionale è limitato. Da Laetia del gruppo intermedio viene ricorso molto al condizionale e sembra che lo fa apposta: da lei il condizionale occorre solo in situazioni con dominanza dell’interlocutore in cui è richiesta un alto grado di cortesia. Martijn e Emily che sono apprendenti più avanzati hanno un uso molto grande del condizionale. Da loro viene usato notevolmente di più nelle situazioni in cui c’è dominanza dell’interlocutore, soprattutto nella forma della terza persona singolare (potrebbe). Dall’analisi del totale uso della formula condizionale risultava un uso più grande nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. Guardando più in dettaglio a questo uso appare che Aby e Wendelien, apprendenti del livello linguistico più basso, la usano sia in quantità bassa, però da entrambi viene usata di più nelle situazioni con dominanza dell’interlocutore. La formula condizionale da certi apprendenti sembra essere usata come forma formale, grazie alla indirettezza che comporta. Sara e Rob che hanno una competenza linguistica intermedia la usano soprattutto nelle situazioni in cui c’è dominanza dell’interlocutore; questo può anche essere una strategia di evitamento, visto che da loro c’è 42 un uso molto ridotto del condizionale. Jaap e Emily che a seconda del C-test hanno un livello di competenza linguistica avanzato usano la formula condizionale soprattutto nelle situazioni con dominanza dell’interlocutore, possibilmente per creare indirettezza come abbiamo già visto prima da altri apprendenti. Martijn, che è pure del livello avanzato, non lo usa invece nessuna volta. Poi, diverse volte è stata usata la forma ‘sarebbe possibile di’, che veramente comporta due tipi di modificatori, cioè il condizionale e la formula condizionale, ma che abbiamo contato come formula condizionale. Altre forme occorse di questo modificatore sono per esempio ‘va bene se’ oppure ‘sono permesso di’. Della formula modale di cui abbiamo visto che c’è un totale uso più grande nelle situazioni in cui c’è uno status uguale tra gli interlocutori, la forma della seconda persona singolare viene usata da Wendelien e Aby del livello più basso nelle situazioni con uno status uguale. Inoltre, anche da Sara, Rob, Carola e Dycke che a seconda del C-test hanno un livello di competenza linguistica intermedio sembra che la forma puoi della formula modale venga usata come formula informale. Viene usata soprattutto nelle situazioni con uno status uguale in cui spesso il parlante parla ad un conoscente o un amico. Anche apprendenti che hanno un livello più alto di competenza linguistica, come Emily e Martijn, scelgono la formula modale di più nelle situazioni in cui c’è uno status uguale tra i parlanti. Questo potrebbe essere spiegato nel fatto che in queste situazioni si tende di essere più diretti e meno cortesi che in situazioni con dominanza dell’interlocutore. Il totale uso dell’attenuatore sembrava verificarsi soprattutto in situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. Guardando più in dettaglio all’uso di questo modificatore appare che dagli apprendenti di un livello di competenza linguistica basso non viene usato quasi mai. Da apprendenti del secondo gruppo come Carola, Laetia e Rob, si può costatare che l’attenuatore viene scelto apposta nella situazione adatta: da tutti gli apprendenti del livello intermedio (tranne che da Nadine) viene usato solo in situazioni in cui c’è una dominanza dell’interlocutore. Emily, Jaap e Martijn che sono apprendenti relativamente più avanzati hanno un uso molto limitato dell’attenuatore il che ci impedisce di trarre delle conclusioni sull’uso. Per quanto riguarda il rafforzatore vediamo che sono soprattutto gli apprendenti di un livello di competenza linguistica intermedio che usano frequentemente il rafforzatore. Nei casi in cui viene usato il rafforzatore c’è sempre la dominanza del parlante, il che ci fa pensare che gli apprendenti adeguano la scelta del modificatore al tipo di situazione. 43 L’imperativo si trova notevolmente di più nelle situazioni in cui c’è la dominanza del parlante e il parlante parla ad una persona più giovane di lui. Questo sembra essere causato da quasi tutti gli apprendenti; Aby nelle situazioni con dominanza del parlante lo usa 6 volte (malgrado nella forma sbagliata), mentre nelle situazioni con dominanza dell’interlocutore non lo usa nessuna volta. La forma dell’imperativo è quasi sempre sia nella seconda persona singolare che nella seconda persona plurale. Anche dagli apprendenti del livello di competenza linguistica intermedio è notevole che l’uso dell’imperativo si limita alle situazioni con dominanza del parlante, il che ci fa pensare che gli apprendenti adeguano la scelta del modificatore al tipo della situazione. Da Emily, Jaap e Martijn che sono apprendenti relativamente avanzati l’imperativo viene scelto quasi solo nelle situazioni con dominanza del parlante. Riassumendo, sull’uso di alcuni modificatori da parte degli apprendenti possiamo trarre delle conclusioni. All’inizio di questo paragrafo abbiamo potuto individuare diverse tendenze. Abbiamo visto che l’uso dell’appellativo, del condizionale e della formula condizionale è il più grande nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. In queste situazioni è richiesta un maggior grado di cortesia per cui del condizionale viene usata soprattutto la forma della terza persona singolare e per l’appellativo viene fatto ricorso soprattutto ad espressioni come ‘Mi scusi, signora’. Inoltre è stato notato che la formula modale del verbo potere viene usata soprattutto nelle situazioni in cui c’è uno status uguale, nella forma della seconda persona singolare. Poi, all’imperativo si ricorre notevolmente di più nelle situazioni in cui c’è una dominanza del parlante. Dopo aver esaminato l’uso dei modificatori per ogni individuo abbiamo potuto costatare che gli apprendenti di tutti e tre i livelli sono in grado di adattare la scelta del modificatore alla situazione. Questa capacità però sembra il più grande dagli apprendenti che a seconda del C-test sono stati classificati su un livello di competenza linguistica intermedio e avanzato. Dal gruppo del livello più basso l’uso dei modificatori è estremamente limitato e perciò è difficile individuare delle tendenze riguardo la scelta del tipo di modificatore a seconda della dominanza sociale. 5.3 La produzione dei modificatori nella modalità scritta e nella modalità orale In questo paragrafo guarderemo alle differenze nell’uso dei modificatori tra la modalità scritta e la modalità orale. Prima verrà analizzato il totale uso dei modificatori della modalità scritta e della modalità orale, successivamente verrà guardato ai dati in maniera più dettagliata; nel 44 caso in cui c’è una differenza tra i risultati, guarderemo da quali apprendenti viene causata questa differenza. Tabella 5. L’uso dei modificatori di tutti gli apprendenti nella modalità scritta e orale n=14 Appellat ivo Marca di cortesia Condizi onale Formula Formula Attenua condizio modale tore nale Rafforza tore Imperat ivo Altri Modalit à scritta 221 43 72 26 181 11 13 27 6 Modalit à orale 187 64 21 45 138 14 8 33 2 Totale 408 107 93 71 319 25 21 60 8 Prima di analizzare i dati della tabella 5 bisogna segnalare che la lunghezza media delle frasi della modalità scritta differisce da quella della modalità orale: nella modalità scritta le frasi hanno una quantità media di 11,7 parole e una quantità di modificatori per frase di 1,74, mentre nella modalità orale la quantità media di parole per frase è 9,7 e la quantità di modificatori per frase è 1,51 3 . C’è quindi da aspettarsi che ci siano dei modificatori che occorrono di più nella modalità scritta che nella modalità orale. Innanzitutto, uno degli aspetti che si notano guardando ai dati qui sopra è l’uso dell’appellativo che è considerevolmente maggiore nella modalità scritta. Poi, il condizionale viene usato molto di più nella modalità scritta che nella modalità orale (72 verso 21). Nel capitolo 2.7 è stata spiegata la differenza tra la modalità scritta e la modalità orale: per la modalità scritta gli apprendenti hanno avuto più tempo per riflettere sulle loro risposte mentre nella modalità orale gli apprendenti avevano solo dieci secondi a disposizione entro cui rispondere. Questo potrebbe spiegare anche l’uso limitato del condizionale nella modalità orale: visto che il condizionale per questi apprendenti è una forma abbastanza complicata da usare, nella modalità scritta ci riescono meglio che nella modalità orale. Un altro modificatore che si trova molto di più nella modalità scritta è la formula modale del verbo potere. Questo potrebbe essere spiegato dal fatto che la forma della terza 3 Modalità scritta: quantità media = 11,7 parole per frase con SD = 1,51; quantità media di modificatori per frase media = 1,74 con SD = 0,28 Modalità orale: quantità media = 9,7 parole per frase con SD = 2,17; quantità media di modificatori per frase media = 1,51 con SD = 0,41 45 persona singolare del verbo (cioè la forma di cortesia), spesso non viene ancora del tutto padroneggiato da apprendenti di un livello linguistico basico. Per ragioni di tempo a disposizione nel DCT questo modificatore viene usato di meno nella modalità orale. Altre differenze si trovano nell’uso della marca di cortesia: nella modalità orale questo modificatore ricorre notevolmente più spesso. Questo si può ritenere abbastanza sorprendente, perché ci si aspetterebbe un maggior uso nella modalità scritta piuttosto che nella modalità orale, per la stessa ragione del tempo a disposizione che è nominata qui sopra. Inoltre è sorprendente perché di solito la marca di cortesia di solito non viene appreso in uno stadio iniziale dell’apprendimento di L2. La formula condizionale che, come abbiamo visto nello scorso paragrafo, consiste soprattutto nell’espressione ‘è possibile di’, si trova molto di più nel DCT orale. Può essere che questo modificatore viene usato come sostituto per altri modificatori che gli apprendenti non padroneggiano ancora del tutto. Quando per esempio in una certa situazione ci vorrebbe il condizionale, ma l’apprendente non padroneggia ancora il condizionale, ricorre a questa semplice formula condizionale. In questo modo l’apprendente evita di usare un modificatore che non padroneggia. Come si vede dalla tabella, della categoria ‘altri’ in cui si trovano tra l’altro il downtoner e la richiesta d’accordo ci sono di più nella modalità scritta, ma è un numero molto piccolo per cui è difficile trarre delle conclusioni sull’uso di questi modificatori. Oltre a queste non ci sono da individuare grandi differenze tra le due modalità. Analizzando le differenze tra le due modalità in modo più dettagliato, ci sono certe tendenze da individuare. Innanzitutto nella nota a piè di pagina 3 si ha potuto notare che ci sono delle differenze più grandi tra gli apprendenti nelle quantità di modificatori usati nella modalità orale che nella modalità scritta: per la modalità orale la deviazione standard dell’uso medio dei modificatori è più grande che per la modalità scritta. Questo potrebbe significare che la modalità orale ha più influenza sulla produzione delle competenze pragmatiche che la modalità scritta. Nella tabella abbiamo visto che l’appellativo viene usato molto di più nella modalità scritta. Qui è difficile individuare un gruppo di persone dello stesso livello di competenza linguistica che usa l’appellativo soprattutto nella modalità scritta: Sara, per esempio, che ha un livello di competenza linguistica intermedio, lo usa 25 volte nella modalità scritta e 15 volte nella modalità orale, mentre da Emily, che ha un livello di competenza linguistica più avanzato, questa differenza è molto più piccola; usa l’appellativo 15 volte nella modalità orale 46 e 18 volte nella modalità scritta. Da certi apprendenti quindi l’uso dell’appellativo è molto più grande nella modalità scritta, ma da certi altri la differenza è meno significativa. Poi, si nota una grande differenza nel totale uso del condizionale tra le due modalità; al condizionale viene ricorso molto di più nella modalità scritta. Dato l’uso limitato del condizionale da parte degli apprendenti del livello più basso possiamo costatare che questa differenza tra le due modalità è realizzata soprattutto dagli apprendenti dei livelli intermedio e avanzato. Dycke per esempio, del livello intermedio, nella modalità orale usa il condizionale 6 volte, mentre nella modalità scritta lo usa 15 volte. Un altro esempio è Laetia da cui c’è una grande differenza da costatare tra le due modalità: nella modalità orale usa il condizionale 8 volte, mentre nella modalità scritta lo usa 16 volte. E’ interessante che nell’uso dei modificatori di Aby e Wendelien che hanno un punteggio molto basso per il C-test, si possono individuare più tipi di modificatori in cui c’è una differenza tra le due modalità: qui si possono costatare delle differenze nell’uso di quasi tutti i modificatori (l’appellativo, la marca di cortesia, la formula condizionale e la formula modale), mentre da Martijn, Emily e Jaap che secondo il C-test stanno su un livello più avanzato le si trovano solo nell’uso della marca di cortesia, nel condizionale e nell’appellativo. Inoltre si nota che nei gruppi del livello basso e intermedio c’è una grande differenza nell’uso della formula modale del verbo potere tra la modalità scritta e la modalità orale (a questo modificatore viene fatto ricorso molto di più nella modalità scritta), mentre nel gruppo degli apprendenti più avanzati non c’è. Anche la differenza nell’uso della formula condizionale nel gruppo degli avanzati non c’è, mentre negli altri gruppi invece c’è una notevole differenza: da loro la formula condizionale viene usata di più nella modalità orale. Riassumendo, possiamo dire che la modalità in cui sono stati somministrati i DCT sembra certamente avere influenza sull’uso dei modificatori da parte degli apprendenti. Abbiamo visto che le differenze tra gli apprendenti nell’uso dei modificatori nella modalità orale differiscono considerevolmente da quelle nella modalità scritta. Poi, l’appellativo, il condizionale e la formula modale del verbo potere vengono usati molto di più nella modalità scritta che nella modalità orale. Sorprendentemente, alla marca di cortesia si ricorre di più nella modalità orale, e anche la formula condizionale viene usata di più in questa modalità. Un motivo per questo può essere che, siccome nella modalità orale c’è più tempo a disposizione, modificatori che non vengono padroneggiati come il condizionale vengono evitati usando la 47 formula condizionale. Successivamente è risultato che le differenze nell’uso dei modificatori tra le due modalità si trovano soprattutto nella produzione degli apprendenti del livello di competenza linguistica basso e intermedio. Da questi apprendenti la modalità in cui viene elicitata la richiesta ha influenza sulla loro produzione dei modificatori. Gli apprendenti linguisticamente più avanzati sembrano meno sensibili a questo fattore. Motivo per questo può essere la loro competenza linguistica e grammaticale che è già così stabilita che l’aspetto del breve tempo a disposizione per rispondere nella modalità orale non crea grosse difficoltà nella loro produzione dei modificatori. 48 6. Conclusioni Nella presente tesi si è analizzato l’uso dei modificatori nella richiesta e la relazione tra questo uso e le competenze linguistiche degli apprendenti L2. Ci siamo chiesti se ci sia una correlazione tra il livello di competenza linguistica e il livello di competenza pragmatica. Inoltre, è stata analizzata l’influenza del fattore sociopragmatico sulla scelta dei modificatori nella richiesta e sono state analizzate le due modalità in cui sono stati somministrati i DCT, con l’obiettivo di poter indicare similitudini o differenze nei risultati delle due modalità. Nei prossimi paragrafi verranno esposte le nostre conclusioni riguardo queste domande. 6.1 La relazione tra la competenza linguistica e l’uso dei modificatori Nel paragrafo 5.1 sono stati presentati i risultati del C-test che ha misurato il livello di competenza linguistica degli apprendenti L2 e successivamente sono stati messi a confronto con l’uso dei modificatori nelle richieste nei DCT. Tornando alla nostra ipotesi basata sugli studi discussi nel capitolo 2.6 sulla relazione tra la grammatica e la pragmatica, ricordiamo che diversi di questi studi (Bardovi-Harlig, 1999; Barron, 2003) hanno segnalato che l’evoluzione delle componenti della grammatica e della pragmatica non è un processo sincrone, tra l’altro per la presenza di fattori esterni che possono influenzare la competenza pragmatica senza che per forza si evolve la competenza grammaticale. I risultati dei nostri dati aderiscono a questa affermazione in quanto certi apprendenti (Carola, Laetia e Rob) del nostro gruppo di un livello di competenza linguistica intermedio, in termini di uso di modificatori si trovano su un livello relativamente avanzato, il che significa una quantità di modificatori usati relativamente grande e una grande varietà nel tipo di modificatori usati. Questi apprendenti possono avere una competenza pragmatica persino più sviluppata di apprendenti di un livello linguistico più avanzato. Guardando poi all’uso dei modificatori da parte di apprendenti del livello di competenza linguistica più basso, vediamo che c’è una relazione più chiara tra i risultati del C-test e l’uso dei modificatori: nella tabella 3 abbiamo potuto vedere che gli apprendenti che in base ai risultati del C-test sono stati classificati sul livello più basso, anche nell’uso dei modificatori appartengono al livello più basso; hanno un uso particolarmente ridotto dei modificatori e anche la varietà dei modificatori è molto limitata. Questo dà l’impressione che dagli apprendenti che linguisticamente si trovano ad un livello basso, la possibilità di essere molto competente pragmaticamente è abbastanza piccola. Anche il fatto che Jaap e Emily, che 49 sono gli apprendenti linguisticamente più avanzati del gruppo, usano molti modificatori fa supporre che, nonostante che la grammatica e la pragmatica non si sviluppino in modo sincrone, c’è sicuramente una relazione tra le due componenti. Bisogna segnalare però che una grande quantità di modificatori non significa per forza anche varietà nell’uso dei modificatori, la quale è un indicatore importante per stabilire il livello di competenza pragmatica. Poi, oltre all’uso dei modificatori ci sono anche altri mezzi per esprimere la cortesia; la competenza pragmatica consiste di più elementi dell’uso dei modificatori riguardo i quali non possiamo trarre delle conclusioni. Poi, nel nostro gruppo, gli apprendenti di un livello di competenza linguistica avanzato anche dal punto di vista pragmatico si trovano su un livello avanzato e gli apprendenti di un livello di competenza linguistica bassa hanno pure una competenza pragmatica bassa in termini dell’uso dei modificatori. Il fatto però che diversi studenti che si trovano ad un livello di competenza linguistica intermedio sono pragmaticamente più avanzati ci mostra che per diverse ragioni la competenza pragmatica può evolversi indipendentemente dalla competenza grammaticale (Barron, 2003). 6.2 La relazione tra la dominanza sociale e l’uso dei modificatori Le nostre ipotesi rispetto alla domanda fino a che punto il fattore sociopragmatico della dominanza sociale determina l’uso dei modificatori erano che questo fattore non avrebbe molta influenza sull’uso dei modificatori. Dato i risultati degli studi di Timmerman (2007) e Nuzzo (2009) che mostrano una scarsa sensibilità di parlanti non nativi a fattori sociopragmatici, ci aspettavamo che gli apprendenti della nostra ricerca non avrebbero nemmeno avuto questa capacità. I nostri risultati invece mostrano un’immagine un po’ diversa; guardando al totale uso dei modificatori c’è invece una relazione tra la dominanza sociale nelle situazioni e l’uso dei modificatori da parte degli apprendenti L2. Il totale uso dei modificatori ci mostra che di alcuni tipi di modificatori l’uso differisce per ogni situazione. Ci sono alcuni aspetti che danno la forte impressione che gli apprendenti siano sensibili al fattore sociopragmatico della dominanza sociale: c’è un uso particolarmente grande dell’appellativo, del condizionale e della formula condizionale nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. L’appellativo e la formula condizionale da tutti gli apprendenti di tutti i livelli vengono usati giustamente nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. Inoltre abbiamo visto che l’uso dell’imperativo è molto più grande nelle situazioni in cui il parlante domina la situazione, e anche questo modificatore da tutti gli apprendenti di tutti i livelli viene scelto soprattutto, e da alcuni solo, in questo tipo di 50 situazione. La formula modale del verbo potere da tutti gli apprendenti viene usata di più nelle situazioni in cui nessuno degli interlocutori ha la dominanza. Anche se per certi modificatori si può individuare molto chiaramente una certa tendenza, per altri modificatori l’apprendente sembra avere più difficoltà: nell’uso della marca di cortesia per esempio abbiamo trovato risultati contrastanti. Il condizionale per diversi apprendenti sembra una forma abbastanza complicata, visto che viene usato soprattutto dagli apprendenti di un livello di competenza linguistica avanzato. Gli apprendenti degli altri livello però, nonostante il loro uso ridotto di questo modificatore, lo usano notevolmente di più nelle situazioni in cui c’è la dominanza dell’interlocutore. Riassumendo, è diventato abbastanza chiaro che gli apprendenti più avanzati usano molto più modificatori degli apprendenti dei livelli più bassi. Gli apprendenti del livello di competenza linguistica più basso hanno un uso molto più ridotto dei modificatori degli altri apprendenti per cui è difficile trarre delle conclusioni rispetto alla loro sensibilità al fattore sociopragmatico. E’ chiaro però che non fanno sbagli nella scelta del tipo di modificatore: nei casi in cui l’apprendente mostra una mancanza di cortesia non è causata da una scelta sbagliata del modificatore ma più che altro per l’assenza di un modificatore. Nei casi in cui padroneggiano il modificatore questi apprendenti sembrano avere la capacità di adattare la scelta del modificatore al contesto. Gli apprendenti del livello intermedio e avanzato di competenza linguistica sembrano tutti essere in grado di scegliere il giusto modificatore in relazione alla dominanza sociale, in quanto i modificatori contati sono tutti adatti alla situazione e non sono occorsi degli errori interazionali. 6.3 La relazione tra la modalità e l’uso dei modificatori Analizzando l’uso dei modificatori per tutte e due le modalità abbiamo trovato delle differenze significative nei risultati. Innanzitutto l’appellativo, il condizionale e diversi modificatori della categoria ‘altri’ occorrono molto più spesso nelle richieste scritte che in quelle orali, il che rafforza la nostra ipotesi basata sulle trovate di Grabowski e Martinez-Flor: anche nei nostri test somministrati agli apprendenti sembra che si sia verificata il writing superiority effect. Vale a dire che siccome nella modalità scritta la lunghezza media di frase era più lunga che nella modalità orale, era abbastanza ovvio che di certi modificatori ci sarebbe un uso più grande nella modalità scritta. Sembra che i nostri risultati corrispondono poi ai risultati trovati da Beebe & Cummings (1996) e da Kasper (2000) che mostrano che la produzione della competenza pragmatica viene facilitata nella modalità scritta. 51 Per certi modificatori come il condizionale, ci vuole più tempo per l’apprendente per ritrovare la giusta forma, e questo tempo nella modalità orale non c’è a disposizione. Questo può spiegare anche il fatto che la formula condizionale viene usata di più nella modalità orale: è una forma sostitutiva per il condizionale che da molti apprendenti non viene ancora padroneggiata. Dopo aver analizzato l’uso dei modificatori per le due modalità per ogni singolo studente è risultato che per la maggior parte sono gli apprendenti del livello di competenza linguistica più basso che causano le differenze nell’uso dei modificatori tra le due modalità. Da essi si trovano delle differenze tra le due modalità per tutte le categorie dei modificatori, mentre dagli apprendenti di un livello più avanzato si trovano delle differenze solo per tre tipi di modificatori. Risulta quindi che gli apprendenti avanzati hanno una competenza più stabile che li permette di produrre i modificatori più o meno nello stesso modo in tutte e due le modalità, mentre degli apprendenti del livello più basso la competenza linguistica è ancora talmente bassa che la modalità influenza la produzione delle loro competenze. Essi sembrano meno capaci di tenere pronta la loro competenza grammaticale e perciò il tempo limitato per rispondere nella modalità orale ha più pressione e crea più problemi nella produzione dei modificatori. Il writing superiority effect nel nostro gruppo di apprendenti si verifica quindi sempre di meno a seconda dell’innalzarsi del livello di competenza linguistica. 6.4 La relazione tra la competenza linguistica L2 e la competenza pragmatica L2 Nella presente ricerca è stato provato di individuare la relazione tra la competenza linguistica e la competenza pragmatica nel processo di imparare l’italiano L2. Come detto prima, per vedere più chiaro la relazione tra la grammatica L2 e la pragmatica L2 occorrerebbe fare uno studio longitudinale che mostra lo sviluppo di tutti e due gli elementi durante un certo periodo, come è stato fatto da Bardovi-Harlig (1999), Barron (2003), Vedder (2007) e altri. Malgrado che questo non sia stato possibile, con la presente ricerca abbiamo provato di trovare dei risultati significativi per quanto riguarda la relazione tra la competenza linguistica e la competenza pragmatica. All’inizio di questa ricerca abbiamo presentato diversi studi in cui veniva enunciata l’affermazione che le competenze pragmatiche e le competenze linguistiche non si sviluppano nello stesso modo (Nuzzo, 2009; Vedder, 2007). I nostri risultati aderiscono a questa affermazione, in quanto abbiamo visto che studenti di un livello di competenza linguistica intermedio possono avere una competenza pragmatica 52 relativamente sviluppata, cosa che secondo Barron (2003) può essere spiegato da un periodo trascorso al paese della lingua d’arrivo. Poi, apprendenti che si trovano ad un livello di competenza linguistica avanzato non sono per forza molto avanzati nelle loro competenze pragmatiche. Inoltre, i nostri risultati riguardo la sensibilità al fattore sociopragmatico mostrano che, visto che tutti gli apprendenti risultano capaci di adattare la scelta del modificatore alla dominanza sociale, le competenze linguistiche non determinano per forza le competenze pragmatiche. Di apprendenti di un livello di competenza linguistica basso invece la possibilità che hanno una grande competenza pragmatica è relativamente piccola, e dal capitolo 5.3 che paragona i risultati del DCT scritto con quelli del DCT orale, risulta che dagli apprendenti del livello di competenza linguistica più basso la modalità ha più influenza sulla produzione dei modificatori che da apprendenti di livelli più avanzati. Questo mostra che anche se le due componenti sembrano svilupparsi in due modi diversi, sono certamente legati. I due punti di vista esposti da Vedder (2007:101) sulla questione sullo sviluppo delle due componenti sembrano essere combinati: la competenza pragmatica all’inizio dell’apprendimento di L2 si sviluppa indipendentemente dalla grammatica, ma allo stesso tempo è necessario avere delle competenze grammaticali per poter apprendere e usare delle forme pragmatiche. Nonostante che dalla presente ricerca siano venuti fuori dei risultati abbastanza chiari, per avere una conoscenza più grande sulla relazione tra la competenza linguistica e la competenza pragmatica occorrerebbe somministrare un affidabile test grammaticale per misurare l’esatto livello di competenza grammaticale. Inoltre, con un numero di apprendenti più grande che viene seguito durante un certo periodo si potrebbe fare un’analisi statistica, il che ci darebbe ancora più informazione sulla complicata relazione tra le due componenti. 53 Bibliografia Bardovi-Harlig, K., Exploring the interlanguage of interlanguage pragmatics: a research agenda for acquisitional pragmatics, Indiana University, 1999 Barron, A., Acquisition in interlanguage pragmatics: learning how to do things with words in a study abroad context, John Benjamins B.V., 2003 Bazzanella, C., Linguistica e pragmatica del linguaggio. Un’introduzione Roma-Bari, Laterza, 2005 Beebe, L.M. e Cummings, M.C., ‘Speech actperformance: A function of the data collection procedure.’ Paper presentato al Sixth Annual TESOL and Sociolinguistics Colloquium, New York, 1985 Beebe, L.M. e Cummings, M.C., ‘Natural speech act data versus written questionnaire data: How data collection method affects speech act performance’, in Gass, S.M., & Neu, J., Speech Acts Across Cultures: Challenges to Communication in a Second Language, Mouton de Gruyter, Berlin, 1996 Bettoni, C., Usare un’altra lingua, Roma-Bari, Laterza, 2006 Brown, P. & Levinson, S., Politeness, some universals in language usage, Cambridge University Press, 1987 Byon, A. S., ‘Sociopragmatic analysis of Korean requests: Pedagogical settings’. Journal of Pragmatics 36, 2004 Gabrowski, J., Speaking, writing, and memory span performance: replicating the Bourdin and Fayol results on cognitive load in German children and adults in L. Allal & J. Dolz (Eds.) Proceedings Writing 2004. Geneva (CH) Adcom Productions (cd-rom) Galatolo, R. e Pallotti, G., La conversazione, Raffaello Cortina Editore, 1999 Gilabert, R., Kuiken, F. & Vedder, I., ‘Comunicative adequacy and linguistic complexity in L2 writing in relation to CEFR scales and levels’, in stampa, in G. Pallotti, Eurosla Monograph Series, vol. 1, Series Editor Grice, P., Logica e conversazione. Saggi su intenzione, significato e comunicazione, Il Mulino, Bologna, 1993 Hassal, T., ‘Requests by Australian learners of Indonesian’ in Journal of Pragmatics 35, 2003 Hulstijn, J.H., Measuring Second Language Proficiency, Amsterdam Center for language and communication, in ‘Experimental methods in language acquisition research’, Blom, E. e Unsworth, S., (eds.), Benjamins 54 Kasper, G., ´Data collection in pragmatics research´, in Spencer-Oatey, H., Culturally Speaking: Managing Rapport Through Talk Across Cultures, Open Linguistic Series, London, 2000 Martinez-Flor, A., Task effects on EFL learners’ production of suggestions: a focus on elicited phone messages and emails in Mooney, Annabelle, Co-operation, violations and making sense, in Journal of pragmatics, Cardiff, 2003 Nuzzo, E., L´acquisizione della forma di cortesia in tre apprendenti d´italiano L2,in ‘ITALS’, in via di stampa Nuzzo, E., Richiedere in italiano L1 e L2, strategie di attenuazione della forza illocutoria, Università di Verona, 2009 Piazza, R., ‘La conversazione. Descrizione dei meccanismi’, in Dietro il parlato, Firenze, La Nuova Italia, 1995 Rintell & Mitchell, ‘Studying requests and apologies: an enquiry into method.’ in BlumKulka, S., House, J. and Kasper, G., Cross-Cultural Pragmatics: Requests and apologies. Norwood NJ, 1989 Sbisà, M., ‘Atti linguistici e analisi dell’interazione verbale’ in La conversazione, Raffaello Cortina Editore, 1999 Sbisà, M., Linguaggio, ragione, interazione, Bologna, Il Mulino, 1989 Searle, J. R., Speech acts: An essay in the philosophy of language, Cambridge University Press, 1969 Timmerman, L., Richieste e rifiuti in italiano nativo e non-nativo. Un’ analisi pragmalinguistica e sociopragmatica dei mezzi di mitigazione, tesi di laurea breve, Amsterdam, gennaio 2007 Trosborg, A., Interlanguage pragmatics. Requests, complaints and apologies, Berlin-New York, Mouton de Gruyter, 1995 Vedder, I., Competenza pragmatica e complessità sintattica in italiano L2: l’uso dei modificatori nelle richieste, in ‘Linguistica e filologia’, Bergamo, 2007 Watts, R., Politeness, Key topics in sociolinguistics, Cambridge, 2003 55 Allegati A C-test Nome e cognome: _______________________________ C‐test Italiano Di queste parole manca la metà o la metà + 1. Completa le parole. Esempio: Domani pe_ _ _ di and_ _ _ al cin _ _ _. Soluzione: Domani penso di andare al cinema. Se non conosci la parola, la puoi saltare. IN BOCCA AL LUPO! 1. Cupido sì, amore eterno no. Terra di poeti, viaggiatori e innamorati. Il B _ _ Paese risc _ _ _ _ il cu _ _ _ dei gio _ _ _ _ ? Pare prop _ _ _ di s _. I gio _ _ _ italiani so _ _ i p _ _ innamorati d _ tutti. N _ _ credono a _ _ amore ete _ _ _ , ma a _ colpo d _ fulmine s _ . Nove ital _ _ _ _ su di _ _ _ hanno de _ _ _ di ess _ _ _ già st _ _ _ innamorati. Ma solo un giovane su due crede all’amore eterno. 2. McDonald´s sulle pagelle scolastiche La pervasività della pubblicità negli Stati Uniti non conosce limiti. E’ succ _ _ _ _ in una contea del _ _ Florida, la Seminole County, do _ _ 27000 stud _ _ _ _ delle scu _ _ _ media s _ sono vis _ _ recapitare a ca _ _ la pag _ _ _ _ (in America vi_ _ _ di sol _ _ _ inviata p _ _ posta) su _ _ _ quale e _ e _ _ stata stam _ _ _ _ la pubbl _ _ _ _ _ degli ‘Happy Meals’ d _ McDonald’s. Non so _ _ : ogni studente che riporta buoni voti ha diritto a un ‘Happy Meal’ gratis. 3. Cocaina in macchina Un cittadino tedesco è stato arrestato nei pressi di Prato per traffico internazionale di stupefacenti. Tutto co _ _ in u _ film: l’ínsospe _ _ _ _ _ _ _ turista c _ _ nasconde l _ droga n _ _ doppiofondo de _ _ _ valigia. L’uo _ _ è st _ _ _ fermato d _ _ carabinieri p _ _ un cont _ _ _ _ _ mentre e _ _ a bo _ _ _ di u _ _ macchina di grossa cilin _ _ _ _ _ . I mil _ _ _ _ _ hanno tro _ _ _ _ sei ch _ _ _ di coc _ _ _ _ . L’uomo aveva nascosto le buste sotto il sedile. 4. Tornano di moda i cavalli Sono oltre 70 le città francesi che hanno scelto il cavallo invece del motore per alcuni servizi pubblici. Niente p _ _ scuolabus o cam _ _ _ per l _ raccolta d _ _ rifiuti, m _ carrozzelle a cav _ _ _ _ e carr _ _ _ _ . A St Pierre sur Dives nel Calvados i bam _ _ _ _ vanno a scu _ _ _ in carozz _ _ _ _ _ comunale. A Trouville, sem _ _ _ in Normandia, l _ bottiglie d _ vetro vu _ _ _ circolano s _ _ carretti. Tor _ _ _ _ 56 all’ant _ _ _ è an _ _ _ la sce _ _ _ del com _ _ _ di Castelbuono, in Sicilia. A Castelbuono sono stati recuperati gli asinelli per la raccolta differenziata. 5. Sparatoria in una clinica a Napoli Sparatoria all’ingresso della clinica Villa Betania nel quartiere Ponticelli a Napoli. Una per _ _ _ _ , forse u _ paramedico, risult _ _ _ _ _ _ ferita a _ una ga _ _ _ . L’uo _ _ che h _ fatto fu _ _ _ all’int _ _ _ _ della cli _ _ _ _ Villa Betania avr _ _ _ _ sparato p _ _ << motivi pass _ _ _ _ _ _ >>. Le condi _ _ _ _ _ dell’infer _ _ _ _ _ che è st _ _ _ colpito al _ _ coscia sini _ _ _ _ , non appa _ _ _ _ preoccupanti. La prima prognosi rilasciata dai medici che l’hanno assistito è di dieci giorni. 57 B DCT orale Discourse Completion Task orale Esempio: Tua madre sta per andare al supermercato. Hai bisogno di shampoo. Chiedile se te lo può comprare. Tu: Mamma, visto che vai al supermercato, mi potresti portare lo shampoo? 1. Stai insegnando l’italiano a un gruppo di studenti. Due studenti continuano a ridere e a fare rumore. Chiedi di smettere. 2. Sei in farmacia e non riesci a trovare la medicina per la gola. Chiedi alla commessa se ti può indicare dov’è. 3. Sei sull’autobus. La persona seduta di fianco a te sta ascoltando musica a volume molto alto. Chiedi se la può abbassare un po’. 4. Sei in un negozio di vestiti e vuoi una maglia che in realtà costa parecchio. Chiedi alla commessa se ti può fare uno sconto. 5. L´appartamento è in disordine. Ci sono libri e vestiti dappertutto. Chiedi alla ragazza con cui abiti se può fare un po’ di ordine. 6. Sei al lavoro. Vuoi fare una fotocopia ma c’è un problema con la fotocopiatrice. Chiedi a una tua collega se ti può dare una mano. 7. I tuoi nipotini non vogliono mangiare le verdure che hai preparato. Chiedigli ancora una volta di mangiarle. 8. Sali sul taxi. Chiedi all’autista se ti può portare in Piazza Maggiore. 9. Stai mangiando una pizza in pizzeria. Il tuo coltello è caduto. Chiedi alla cameriera se te ne può portare un altro. 10. Hai perso la prima ora di lezione perché dovevi andare dal dentista. Chiedi a un tuo compagno di classe se ti può prestare gli appunti. 11. Sei all’allenamento di tennis. Si è rotta la tua racchetta da tennis. Chiedi al tuo allenatore se te ne può prestare una. 12. Tua sorella più piccola sta giocando con le amiche e fanno molto rumore mentre stai al telefono. Chiedile se può fare meno rumore. 13. Tuo fratello sta leggendo una rivista che ti piace. Chiedi se la puoi leggere quando avrà finito. 14. Stasera vai a una cena con un amico ma non sai cosa mettere. Chiedi a una tua amica se ti può prestare una camicia. 15. Hai organizzato una festa per il compleanno della tua nipotina. Devi andare in cucina. Chiedi a uno dei bambini di sorvegliare il gruppo affinché si comportino bene mentre non ci sei. 16. La donna delle pulizie sta pulendo casa vostra. Chiedile se può pulire anche le scale con l´aspirapolvere. 17. Sei nella sala di studio della tua facoltà e vedi un posto. Domanda alla persona che sta lì vicino se il posto è libero. 18. Stai salendo sull´autobus ma non hai ancora comprato il biglietto. Chiedi all´autista se lo puoi comprare da lui. 19. Stai pranzando con i tuoi amici. Chiedi a uno di loro se ti può passare l’acqua. 20. Hai un appuntamento dal dottore ma non ce la fai a arrivare in tempo. Telefona al dottore e chiedi se è possibile spostare l’appuntamento di due ore. 58 21. Sei al mercato e vuoi comprare delle mele. Domanda al signore quanto costano. 22. Il sabato lavori in una pasticceria. C’è un gruppo di ragazzi che disturba gli altri clienti. Chiedi se possono smettere di disturbare gli altri. 23. Sei in discoteca e vuoi bere qualcosa. Ordina un bicchiere di vino bianco al barista. 24. Il tuo motorino non parte. Chiedi a un’amica se ti può dare un passaggio a scuola. 25. Sei al lavoro. La settimana prossima è il compleanno di tua madre. Chiedi al tuo capo se puoi prendere quel giorno libero. 26. Il tuo amico sta fumando una sigaretta. Chiedigli se te ne dà una. 27. Sei in un negozio di vestiti. Cerchi una giacca. Chiedi alla commessa se ti può aiutare. 28. Lavori nella biblioteca della tua facoltà. Il tuo nuovo collega mentre lavora sta navigando su internet. Chiedigli se può disconnettersi perché è vietato. 29. Stasera vai a un concerto e non vuoi tornare presto come al solito. Chiedi a tuo padre (con cui abiti) se puoi fare tardi. 30. Sei a teatro per vedere un concerto. Domanda alla signora all’entrata quanto durerà il concerto. 59 C DCT scritto Discourse Completion Task scritto Leggi le situazioni descritte qui sotto e scrivi cosa avresti risposto all’altra persona. Esempio: Sei in vacanza in Messico con un amico. Chiedi a qualcuno per strada se vi può fare una foto. Tu: Mi scusi, signore, ci potrebbe fare una foto? 1. La cucina è in disordine, ci sono piatti e bicchieri del tuo coinquilino dappertutto . Chiedigli se può lavare i piatti. Tu: 2. Al lavoro hai un problema con il tuo pc. Un tuo collega sa tutto di pc. Chiedigli se ti può dare una mano a risolvere il problema. Tu: 3. Sei al supermercato e non riesci a trovare il dentifricio. Domanda a un commesso se ti può indicare dov’è. Tu: 4. Sei in treno e un uomo dietro di te sta parlando al telefono a voce molto alta. Chiedigli se può abbassare il tono della voce. Tu: ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ 5. Sei in biblioteca e vuoi sapere che ore sono ma non hai l’orologio. Domanda a una signora che ore sono. Tu: 6. La donna delle pulizie sta pulendo casa tua. Chiedile di lavare anche il pavimento. Tu: 7. La tua bici è rotta. Chiedi a un tuo amico se ti può dare un passaggio a scuola. 60 Tu: 8. Sei in classe e hai dimenticato il tuo libro. Chiedi alla docente se ti può prestare il suo libro. Tu: 9. Stai allenando un gruppo di allievi nella corsa. Devi andare un attimo da un tuo collega. Chiedi a uno dei tuoi allievi di tenere d’occhio il resto del gruppo. Tu: 10. Arrivi alla fermata dell’autobus. Domanda a qualcuno se è già passato il 13. Tu: 11. Tuo fratello più piccolo sta giocando con un suo amico. Ti danno molto fastidio perché stai studiando. Chiedi a tuo fratello se può fare meno rumore. Tu: 12. Hai perso una lezione del tuo corso perché sei stato ammalato. Chiedi a una compagna di classe se ti può dare gli appunti della lezione che hai perso. Tu: 13. Tua sorella sta finendo un libro molto bello che vorresti leggere. Chiedile se te lo presta quando l’avrà finito. Tu: 14. Vai al cinema. Domanda alla signora allo sportello a che ora comincia il film ‘Australia’. Tu: 15. Sali sull´autobus. Chiedi all’autista se ti può avvisare quando avete raggiunto la fermata Santa Viola. Tu: 16. Stasera vai ad una festa con un’amica ma non hai niente da mettere. Chiedi alla tua amica se ti può prestare una sua maglietta. Tu: 61 17. Sei al ristorante e devi andare in bagno. Domanda al cameriere dov’è il bagno. Tu: 18. Hai un appuntamento dal dentista in una data in cui devi lavorare. Telefona al dentista e chiedi se puoi spostare l’appuntamento. Tu: 19. Stai cenando con i tuoi. Chiedi a tua madre se ti può passare il sale. Tu: 20. La tua coinquilina sta preparando la pasta. Chiedi se ne puoi avere un po’ anche tu. Tu: 21. Ti trovi al ristorante e stai mangiando un piatto di pasta. Chiedi al cameriere di portarti un po’ di formaggio. Tu: 22. Sei al lavoro e ti viene in mente che domani hai un appuntamento dal dottore. Chiedi al tuo capo se domani mattina puoi cominciare un’ora più tardi. Tu: 23. Sei alla stazione e vuoi sapere a che ora parte il treno per Verona. Domandalo a qualcuno sul binario. Tu: 24. Il weekend lavori in un bar. I bambini di un cliente del bar continuano a correre e a fare rumore nel bar. Chiedigli di smetterla. Tu: 25. Sei in farmacia e hai bisogno di una medicina per il mal di gola. Chiedi alla commessa se ti può consigliare qualcosa. Tu: 62 26. Stai insegnando l’italiano a un gruppo di studenti. Due studenti continuano a distrarre gli altri. Chiedigli se la possono smettere. Tu: 27. I bambini a cui fai da babysitter non vogliono andare a dormire. Richiedigli ancora una volta di andare a dormire. Tu: 28. Il tuo nuovo collega di cui sei il supervisore ha dimenticato di registrare le sue ore della settimana scorsa. Chiedigli se lo può fare prima di andare a casa. Tu: 29. Domani vuoi andare in spiaggia ma non sai se il tempo lo permetterà. Domanda al tuo amico se ha sentito le previsioni. Tu: 30. Stasera vuoi andare in discoteca e non vorresti tornare presto come al solito. Siccome abiti ancora con i tuoi chiedi a tua madre se puoi tornare verso le quattro. Tu: 63 D Questionari dei partecipanti Laetia 23 Femminile Lingua materna: olandese Lingua casa: olandese Materia principale: italiano Esperienza all’estero: Sì Aby 21 Femminile Lingua materna: olandese Lingua casa: olandese Materia principale: Lingua e comunicazione Esperienza all’estero: No Jaapl 48 Maschile Lingua materna: olandese Lingua casa: olandese Materia principale: Italiano Esperienza all’estero: No Marleen 21 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Europese studies Esperienza all’estero: No Emily 22 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese 64 Materia principale: Inglese Esperienza all’estero: No Rosalie 20 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Kunstgeschiedenis Esperienza all’estero: No Rob 56 Maschile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Italiano Esperienza all’estero: No Dycke 20 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Europese studies Esperienza all’estero: Sì, due volte per tre mesi per lavoro Martijn 22 Maschile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: fisica e astronomia Esperienza all’estero: Sì, un corso d’italiano per 5 mesi Carola 19 Femminile 65 Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Italiano Esperienza all’estero: No Wendelien 26 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Italiano Esperienza all’estero: Sì Tessa 19 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Italiano Esperienza all’estero: No Nadine 26 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Italiano Esperienza all’estero: Sì, ma per un corso e per lavoro per otto settimane Annemieke 21 Femminile Lingua materna: Olandese Lingua casa: Olandese Materia principale: Nederlands Esperienza all’estero: No 66