testo - Antonio Maria Baggio

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Giovedì 08/08/2013
Quando Pietro si muove
Da domani la visita apostolica a 14 anni da quella di Giovanni Paolo II
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"Speriamo che le parole del Papa servano a sviluppare un dialogo vero,
nell’ambito della società cubana, che porti a mettere in discussione anche i
pregiudizi del passato, puntando al bene del popolo". È questo l’auspicio di
Antonio Maria Baggio, docente di filosofia politica all’Istituto universitario Sophia
di Loppiano, alla vigilia della visita di Benedetto XVI a Cuba, dal 26 al 28 marzo,
a 14 anni dallo storico viaggio di Giovanni Paolo II nell’isola caraibica. Baggio
conosce bene la realtà cubana perché, su richiesta della Conferenza episcopale
locale, collabora ad un progetto di formazione per laici cattolici sulla dottrina
sociale della Chiesa. Patrizia Caiffa, per il Sir, lo ha intervistato.
Quali aspettative da questa visita? "Sarà importante ascoltare ciò che dirà il Papa e capire se i rappresentanti del
governo cubano prenderanno degli impegni davanti a eventuali proposte che il
Papa potrà presentare. Serve un clima di maggiore fiducia perché aumenti il
dialogo, per migliorare la situazione di Cuba senza conflitti, senza dare spazio
alle posizioni più estremiste. Anche ciò che diranno i vescovi cubani sarà
importante". Durante la visita del card. Bertone a Cuba nel 2008 il nuovo governo promise
maggiore apertura per i media cattolici. È stato così? "Sì. Sono solo un osservatore, ma andando negli anni a Cuba, ho verificato
maggiori possibilità di dialogo e aperture. Anche per l’organizzazione della visita
di Benedetto XVI c’è stato un maggiore atteggiamento collaborativo da parte
delle istituzioni, e un clima positivo. Durante il recente pellegrinaggio della
Virgen del Cobre che ha percorso tutta l’isola, i cattolici hanno avuto migliori
possibilità di esprimere la propria fede. Da parte delle istituzioni c’è stata
collaborazione e, in parte, tolleranza. La domanda che ora tutti si fanno è:
questo si trasporterà sul piano di un pluralismo politico, di una possibilità di
dialogo anche a livello di partecipazione pubblica? A queste domande ora non è
possibile rispondere, dobbiamo solo aspettare i fatti. Auspico che sia così,
perché riscontro una certa maturità nel dialogo: le riviste ecclesiali spesso
ospitano al loro interno confronti e interrogativi. Questo è un fatto
completamente nuovo. Poi la sostanza non è cambiata. Il regime non si è auto­
modificato". E gli annunciati cambiamenti in campo economico? "Il governo auspica un’apertura delle attività in proprio, ma a Cuba non esiste
una filiera commerciale, un mercato come noi lo intendiamo. Non si può
inventare solo un mestiere, sono necessarie anche le condizioni per farlo. La
transizione sarà un po’ più lunga. Certo, bisogna rispettare la storia di Cuba
dopo la rivoluzione, che ha portato elementi positivi e negativi, e non pensare
ad un capitalismo sfrenato ma ad altri modelli. L’economia ha altre possibilità
per salvare la solidarietà e la responsabilità sociale, ma prima bisogna dare la
libertà e poi creare queste forme". Quale contributo può dare, in questo senso, la Chiesa cubana? "Penso alla possibilità di sperimentare forme di azienda e cooperativa di tipo
privato, soprattutto in campo agricolo e dei servizi alla persona. Ma chi forma
queste persone che non hanno mai pensato ad una contabilità di tipo privato?
La Chiesa sta organizzando tante iniziative. È un gran contributo che la Chiesa
può dare per aprire la mente all’esercizio della libertà in campo economico, in
maniera responsabile. Dare ulteriore spazio a questo aspetto dell’impegno
sociale della Chiesa può essere un grande bene per Cuba. Sarebbe importante
che il governo lo capisse. Non si sta costruendo un capitalismo antagonista al
governo. Si tratta di trasformare la mentalità per un esercizio libero e
responsabile dell’economia, come ben descritto dalla dottrina sociale della
Chiesa". Pensa che il Papa chiederà la cancellazione dell’embargo? "Non so se il Papa lo chiederà, di sicuro lo stanno chiedendo tutte le persone
ragionevoli, compresa la Chiesa cubana, da tantissimo tempo. Perché l’embargo
non è effettivo per tutti: chi ha i mezzi riesce a procurarsi qualunque cosa. E
non limita la collaborazione di Cuba con il Venezuela e con il Brasile. L’embargo
serve solo a colpire i poveri e a creare ulteriore difficoltà a chi già ne ha. È un
problema interno agli Usa, perché è voluto dalle posizioni più radicali degli esuli
cubani". Sarà una visita storica come lo fu quella di Giovanni Paolo II? "Quando si muove un Papa è difficile che le cose rimangano uguali. Certamente
è una visita di carattere pastorale, per cui l’elemento spirituale rimane
fondamentale. Ma questo produce comunque cambiamenti, perché è il bene che
cresce. Certo, se noi ci aspettiamo di vedere immediatamente, il giorno dopo la
partenza del Papa, qualcosa di eclatante, forse potremmo rimanere delusi. È
importante non far sentire i cubani isolati, aiutarli a comunicare e parlare". Pare sempre più possibile un incontro tra il Papa e Fidel Castro…
"Me lo auguro per il bene di Fidel, che si trova nell’ultima fase della sua
esistenza e per il quale l’incontro con il vicario di Cristo può fare un gran bene.
In ogni caso Dio sceglie sempre modi e tempi imprevedibili per bussare
all’anima delle persone".
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