Destra e Sinistra storica in Italia Dopo appena due mesi dalla proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861) moriva inaspettatamente Cavour. Iniziò così il periodo della Destra Storica che governò il regno fino al 1876. Essa era composta dagli eredi di Cavour, cioè dai politici di indole moderata e conservatrice, mentre la Sinistra Storica, l’altro schieramento che sedeva in parlamento, era composta da mazziniani e garibaldini, ovvero dai politici più riformisti ed innovatori. Entrambi questi gruppi politici, comunque, erano espressione del liberalismo italiano, e scaturivano da un corpo elettorale molto contenuto in quanto la legge elettorale dell’epoca era censitaria, per cui permetteva di essere elettori solo ad un 2% dell’intera popolazione italiana. A Cavour succedette Bettino Ricasoli che ebbe il compito di riorganizzare il nuovo Stato. Fu deciso sbrigativamente di estendere lo Statuto Albertino e le strutture amministrative piemontesi a tutta la penisola, attuando una vera piemontizzazione di tutte le regioni italiane, e garantendo soprattutto i ceti proprietari contro le tendenze più democratiche. Tra il 1861 e il 1865, per colpa della maggiore fiscalità richiesta dal nuovo governo e dell’obbligo del servizio militare, ora imposto, scoppiò il fenomeno del brigantaggio nel sud Italia con lo sviluppo di numerose bande di briganti ostili al nuovo governo e appoggiate dalla popolazione. I piemontesi reagirono con estrema violenza inviando più di 100.000 soldati che repressero il fenomeno con brutalità. Tale reazione, tuttavia, alimentò lo sviluppo e una maggiore organizzazione di gruppi briganteschi clandestini come la camorra e la mafia, che già esistevano nel sud anche prima dell’unità. Altro problema prioritario che la Destra dovette affrontare fu quello del pareggio del bilancio statale, fortemente deficitario, che fu perseguito tramite un forte e continuo prelievo fiscale soprattutto con le imposte indirette, di cui la più odiata era la tassa sul macinato, creata nel 1868, che colpiva fiscalmente il pane, alimento soprattutto dei poveri. Altro importante introito per lo Stato fu ricavato dalla vendita delle vaste proprietà ecclesiastiche confiscate alla Chiesa. Durante questo periodo avvenne la terza guerra d’indipendenza nel 1866 che liberò il Veneto ancora occupato dagli austriaci. L’Italia, infatti, si alleò con la Prussia di Bismark nella guerra da questi condotta e vinta nel periodo contro l’Austria, per cui il Veneto le fu assegnato come premio per l’aiuto fornito. Per completare l’unità rimaneva da conquistare Roma, protetta da Napoleone III, e Trento e Trieste, che diventeranno italiane solo con la 1a guerra mondiale. Garibaldi aveva già tentato con un esercito formato dai suoi seguaci di conquistare Roma nel 1862 e 1867, ma fallendo entrambe le volte. Nel 1870, però, la Francia fu sconfitta dalla Prussia in una guerra tra queste due potenze, e Napoleone III fu costretto ad abdicare, per cui l’Italia approfittò di questo fatto per entrare col suo esercito attraverso la famosa breccia di Porta Pia ed occupare la città. Nel 1871 Roma fu dichiarata capitale d’Italia (in precedenza era stata capitale Torino e, dal 1864, Firenze). Si cercò di regolare i rapporti con Papa Pio IX attraverso la legge delle guarentigie che riconosceva al pontefice la sovranità sul Vaticano e un compenso annuo in denaro. Pio IX, tuttavia, non volle riconoscere il nuovo Stato e lo scomunicò. Inoltre nel 1874 promulgò un editto, il non expedit, con cui proibiva ai cattolici qualunque partecipazione alla vita politica del regno italiano (né eletti né elettori). Questo divieto durerà per vari decenni. Nel 1876 fu raggiunto finalmente il pareggio del bilancio, ma fu l’anno in cui la Destra cadde, perché invisa ormai a troppi italiani per la sua politica fiscale e per la gestione troppo elitaria e conservatrice del potere. Andò quindi al potere la Sinistra Storica presieduta da Agostino Depretis, con un programma politico assai riformista che prevedeva la riforma dell’istruzione elementare, per ampliare il numero degli alfabetizzati (ancora più del 70% della popolazione era analfabeta), l’abolizione della tassa sul macinato, la riforma elettorale per aumentare il numero degli elettori. Nel 1877 fu varata la legge Coppino che stabiliva l’obbligatorietà e la gratuità dei primi due anni di scuola elementare. Tra il 1879 e il 1884 venne gradualmente abolita la tassa sul macinato. Nel 1882 fu approvata la riforma elettorale (sempre però censitaria) che portò il corpo elettorale a circa il 7% della popolazione. Depretis fu il creatore della pratica del trasformismo in quanto mirò sempre a superare le vecchie divisioni tra Destra e Sinistra che si erano sviluppate durante gli anni risorgimentali. In pratica le maggioranze parlamentari si alleavano di volta in volta sui singoli provvedimenti parlamentari, senza tener conto di chi era di Destra o di Sinistra. In questo modo anche i governi di Sinistra non vennero più visti come pericolosi riformisti, ma divennero essi stessi portavoce degli interessi della borghesia, che non ebbe più problemi e timori a sostenerli. Nel periodo sorsero le prime grandi industrie italiane, e nacquero nuove banche spesso finanziate da capitali tedeschi che vedevano nella nascente industria italiana un buon investimento, ma l’agricoltura rimaneva il settore economico principale. Negli anni ’80, però, subì una grave crisi per colpa di una depressione economica internazionale e dell’arrivo in Europa delle derrate agricole americane a prezzi più bassi grazie alla loro abbondanza perché prodotte con mezzi meccanici all’avanguardia. Tale crisi interessò poi anche il sistema industriale, per cui il governo dal 1887 varò un sistema protezionistico basato su alte tariffe doganali imposte sui prodotti d’importazione. Il protezionismo ebbe qualche effetto positivo, ma tanti effetti negativi soprattutto sugli abitanti del sud Italia che non riuscivano più ad esportare la loro produzione agricola. Negli ultimi 20 anni del secolo circa 2 milioni di italiani dovettero emigrare per sopravvivere. In politica estera nel 1882 l’Italia concluse il trattato della Triplice Alleanza con Germania ed Impero Austro-Ungarico, che prevedeva il reciproco aiuto in caso di attacco da parte francese. Nel 1885 tentò l’avventura coloniale in Etiopia, che fu però fallimentare in quanto il reparto di 500 soldati inviato venne annientato a Dogali nel 1887. A Depretis successe Francesco Crispi che ebbe due direttive nella sua politica: il consolidamento autoritario delle strutture dello Stato, e una politica estera improntata all’espansionismo in Africa. Egli si fece nominare dal nuovo re Umberto I, figlio del defunto Vittorio Emanuele II, Presidente del Consiglio, Ministro degli esteri e anche degli interni. Era antifrancese, mentre simpatizzava decisamente per Bismark. La sua politica coloniale in Africa fu però fallimentare con due gravissime sconfitte subite dall’esercito italiano: ad Amba Alagi nel 1895 e ad Adua l’anno dopo dove 10.000 soldati rimasero uccisi o catturati. Altri fatti importanti accaduti in Italia a fine secolo furono i Fasci Siciliani, una protesta popolare attuata dai siciliani contro le loro pessime condizioni di vita che venne soffocata con violenza da Crispi nel 1893. Lo scandalo della Banca Romana scoppiato nei primi anni ‘90 quando si scoprì che tale banca, che era una delle sei banche italiane all’epoca autorizzate a stampare carta moneta, per coprire alcuni gravi ammanchi finanziari aveva emesso banconote senza autorizzazione governativa. L’eccidio del generale Bava – Beccaris a Milano il 6 maggio 1898, quando egli ordinò di sparare sulla folla che stava protestando contro la situazione di grave crisi finanziaria in cui tutti versavano in quel periodo. Morirono un centinaio di persone. L’assassinio di re Umberto 1° a Monza il 29 luglio del 1900 per opera di Gaetano Bresci, un anarchico rivoluzionario.