Testo integrale

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI
CAGLIARI
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso di Laurea in Fisica
RICERCA DI PULSAR ALL’INTERNO
DEL RESTO DI SUPERNOVA DA 530
Tesi di laurea di:
Mario Cadelano
Relatore:
Prof. Nichi D’Amico
Co-Relatori:
Dott.ssa Marta Burgay
Dott. Andrea Possenti
Anno Accademico 2011-2012
Come fai a fare un altro lavoro,
quando puoi fare l’astronomo?
Franco Pacini
I am the voice of Never-Never-Land
The innocence, the dreams of every man
I am the empty crib of Peter Pan
A silent kite against the blue, blue sky...
Thuomas Halopainen
4
Indice
Introduzione
1
1 Le Pulsar
1.1 Cos’é una Pulsar? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.1.1 Nascita di una stella di neutroni . . . . . . . . . . . .
1.1.2 Struttura di una stella di neutroni . . . . . . . . . . .
1.2 La fisica delle Pulsar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2.1 Elettrodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2.2 Relazioni tra periodo, campo magnetico ed età caratteristica di una pulsar . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2.3 Evoluzione di una pulsar . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 Caratteristiche dell’impulso radio . . . . . . . . . . . . . . . .
3
3
4
5
6
6
8
10
11
2 Le Pulsar Wind Nebulae
15
2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.2 Dinamica evolutiva di una PWN . . . . . . . . . . . . . . . . 15
3 Il resto di supernova DA 530
21
4 La Ricerca delle Pulsar
4.1 Generalità sulle problematiche . . . .
4.1.1 La dispersione . . . . . . . . .
4.1.2 La diffusione e la scintillazione
4.2 Programma di analisi dati: PRESTO .
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31
34
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42
48
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5 Analisi dati e risultati
5.1 Introduzione: Il Green Bank Telescope . . . . . . .
5.2 Caratteristiche dell’osservazione . . . . . . . . . . .
5.3 Analisi dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.3.1 Preparazione dei dati . . . . . . . . . . . .
5.3.2 Dedispersione e ricerca dei segnali periodici
i
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ii
6 Interpretazione dei risultati
6.1 Ipotesi 1: segnale appartenente ad un oggetto
6.1.1 Segnale interno al SNR . . . . . . . .
6.1.2 Segnale esterno al SNR . . . . . . . .
6.2 Ipotesi 2: segnale di natura non cosmica . . .
6.2.1 Luminosità della sorgente . . . . . . .
6.2.2 Geometria del sistema . . . . . . . . .
INDICE
cosmico
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53
53
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55
55
59
Conclusioni
61
Bibliografia
63
Ringraziamenti
65
Introduzione
L’obiettivo di questo lavoro di tesi è la ricerca di segnali periodici provenienti da una stella pulsar all’interno del resto di supernova (SNR, supernova
remnant) DA 530.
I SNR sono i resti della detonazione di supernova di stelle particolarmente
massicce, circa 8 M⊙ , le quali, liberandosi in maniera esplosiva del proprio
inviluppo, creano nebulose con al loro interno il prodotto finale di vita della
stella: una stella di neutroni, in alcuni casi osservabile come pulsar, o un
buco nero.
Le pulsar, dunque, sono stelle di neutroni rapidamente rotanti, dotate di
intensi campi magnetici ed emittenti nelle frequenze radio per via dell’accelerazione di particelle cariche da parte del campo magnetico. L’emissione
avviene in due coni lungo l’asse magnetico, i quali, se non allineati con l’asse
di rotazione danno luogo ad un caratteristico segnale pulsato (effetto faro).
La sorgente oggetto di questo lavoro é un resto di supernova di circa 5000
anni, distante circa 3 kpc, evolutosi in un mezzo assai rarefatto (∼ 0.01cm−3 )
all’interno di una bolla di vento stellare composta, probabilmente, dai residui di precedenti fenomeni di formazione stellare (Landecker et al., 1989).
L’analisi spettrale del sistema mostra una forte ed estesa zona di emissione
X non termica, denominata XMM J205314.4+551528, decentrata rispetto
al centro geometrico di DA 530 e accompagnata da una lunga coda di emissione radio. Le sue caratteristiche la rendono un’ottima candidata per il
ruolo di Pulsar Wind Nebula (PWN), ovvero di una nebulosa, emittente X,
energizzata dal vento relativistico di particelle emesse da una pulsar.
Circa quaranta anni fa furono scoperte due potenti pulsar all’interno
di due noti resti di supernova, la Nebulosa Granchio e la Nebulosa della
Vela. Successivamente, il tasso annuale di scoperta di pulsar associate a
SNR è calato drasticamente, sia per le difficoltà insite nella rilevazione di
un segnale pulsar più debole rispetto a quelle del Granchio e della Vela,
sia perché le ricerche erano mirate sopratutto nel centro dei SNR. Ad oggi
si conoscono 32 radiopulsar associate a resti di supernova (dati ricavati da
ATNF pulsar catalogue; Manchester et al., 2005), 18 delle quali sono anche
note come sorgenti pulsanti ad alte energie. Un’elevata frazione di queste
pulsar, infatti, è stata scoperta grazie all’osservazione di emissione in banda
X non termica.
1
2
INDICE
La scoperta di una pulsar all’interno di DA 530 andrebbe quindi ad incrementare il numero di pulsar wind nebula scoperte, contribuendo a chiarire
i legami tra queste e i resti di supernova. Inoltre, l’elevata precisione con
cui è possibile studiare i moti di una pulsar permetterebbe migliori stime
dell’età e della distanza del SNR, i cui valori, ancora oggi, sono affetti da una
grande incertezza. Infine, lo studio delle proprietà di emissione è importante
per comprendere i meccanismi evolutivi di SNR sviluppatisi in ambienti cosı̀
singolari, nonché i meccanismi di accelerazione degli elettroni e quindi la
creazione dei raggi cosmici.
L’osservazione, proposta nel 2007 da M. Burgay, R. Bandiera, F. Bocchino e A. Possenti, è stata effettuata con il radiotelescopio sito in West
Virginia: il Green Bank Telescope. Questo radiotelescopio ha dimostrato di
essere un ottimo strumento per le osservazioni più profonde alla ricerca di
oggetti estremamente deboli. L’osservazione, della durata di circa quattro
ore, è stata effettuata ad una frequenza di 1850 MHz e larghezza di banda
800 MHz, campionando i segnali ad intervalli di 81.92µs.
L’analisi dei dati è invece stata effettuata con la suite di programmi PRESTO, studiata e sviluppata da Scott Ransom e ottimizzata proprio per
analizzare i dati provenienti dal Green Bank Telescope.
Capitolo 1
Le Pulsar
1.1
Cos’é una Pulsar?
Si definisce Pulsar (PULSAting Radio Source) una stella di neutroni rapidamente rotante e dotata di un intenso campo magnetico. La presenza di
un dipolo magnetico rotante dà origine, tramite processi in parte ancora da
chiarire, a due coni di emissione radio che, a causa del mancato allineamento tra asse di rotazione e asse magnetico, danno luogo ad una caratteristica
emissione pulsata, fortemente polarizzata, con periodi che spaziano da qualche millesimo di secondo al secondo, in accordo col periodo di rotazione della
stella.
La scoperta della prima pulsar avvenne, in maniera serendipica, nel 1967
per opera di Jocelyn Bell. Durante un esperimento sulla scintillazione prodotta dal mezzo interplanetario, venne messo in evidenza un inatteso segnale
con periodicitá di 1.337 s e larghezza dell’ordine del centesimo di secondo.
Dall’argomento di causalitá d ≤ cτ , dove c é la velocitá della luce, d é il
diametro della sorgente e τ la durata dell’impulso, si dedusse che l’oggetto emittente doveva avere un diametro massimo di qualche migliaio di km.
Inoltre, il grande quantitativo di energia trasportato dalla radiazione fece
accantonare l’ipotesi di un segnale inviato da una civiltà aliena in favore di
un fenomeno prodotto o da una nana bianca o da una stella di neutroni, la
cui esistenza era, al tempo, strettamente limitata alla teoria.
Il mistero si risolse a favore della stella di neutroni, in seguito alla scoperta di una pulsar, con periodicità di 33 ms, all’interno della Nebulosa del
Granchio, un resto di supernova (SNR). Dalle caratteristiche di quest’ultima apparve ovvio che la struttura di una nana bianca, sottoposta all’enorme
forza centrifuga dovuta alla rotazione, si sarebbe distrutta. L’accoppiamento tra pulsar e SNR, inoltre, chiarı̀ i modelli evolutivi stellari e l’energia
associata ad alcuni resti di supernova stessi.
Ad oggi la popolazione pulsar si può dividere in due famiglie:
• pulsar ordinarie: caratterizzate da periodi rotazionali che spaziano da
3
4
CAPITOLO 1. LE PULSAR
qualche centesimo di secondo a qualche secondo, sono dotate di intensi
campi magnetici (1010 − 1013 G);
• millisecond pulsar: con periodi dell’ordine del millisecondo, sono dotate di campi piú deboli (108 − 109 G) rispetto alle ordinarie.
1.1.1
Nascita di una stella di neutroni
L’origine delle stelle di neutroni, e dunque delle pulsar, è da ricercarsi
nelle fasi finali di vita di una stella massiccia.
Il meccanismo che sta alla base del funzionamento e della stabilità di una
stella della sequenza principale è l’equilibrio tra la forza gravitazionale, dovuta alla stessa massa stellare, e le forze di pressione alimentate dalle fusioni
nucleari dell’idrogeno. Terminato il combustibile nucleare, la pressione di
gravitazione provoca la contrazione della stella, fenomeno che innesca sia la
fusione nucleare di elementi più pesanti, come l’elio nel nocciolo, sia la combustione dell’idrogeno in un guscio subito esterno. La ripresa dei fenomeni
di produzione energetica si accompagna ad una nuova fase di espansione.
Terminato l’elio, il core stellare risulta composto sostanzialmente di carbonio ed ossigeno. A questo punto il destino della stella dipende dalla massa
del nucleo:
stelle con M < 1.4M⊙ : La contrazione gravitazionale riprende, creando
un nucleo di C-O degenere. Eventualmente, la stella si libererà di
parte del suo inviluppo, creando una nebulosa planetaria. Nel core
continua ad essere esercitata una grande pressione gravitazionale, bilanciata ora dalla pressione di degenerazione degli elettroni: il risultato
è una nana bianca.
stelle con 1.4 < M < 3M⊙ : La contrazione gravitazionale è sufficientemente intensa da provocare l’innesco di nuove reazioni nucleari nel nocciolo, con la conseguente creazione di elementi più pesanti. Si avvia
dunque un ciclo di fasi di contrazione ed espansione che danno luogo
ad una struttura a gusci, dove nel nocciolo bruciano elementi sempre
più pesanti e negli strati concentrici gli elementi via via più leggeri. Il
processo non può prolungarsi indefinitamente: il fenomeno si arresta
quando nel nocciolo si crea il ferro, il cui processo di fusione è endotermico. I nuclei di ferro, quindi, incapaci di fondere, si fotodisintegrano
creando nuclei di elio e neutroni, diminuendo l’energia del nucleo, fenomeno aggravato anche dalla formazione di un enorme numero di
neutrini. Il core è dunque sottoposto ad un collasso gravitazionale catastrofico. Il rapido aumento della densità comprime gli elettroni e i
protoni, formando una calda stella di neutroni con densità prossima a
quella nucleare.
La sorte dell’inviluppo è invece differente: l’enorme quantitativo di
5
1.1. COS’É UNA PULSAR?
energia liberata provoca la detonazione degli strati esterni, il processo
è conosciuto come supernova. Il risultato finale è dunque un SNR, con
al suo interno una stella di neutroni, ovvero una pulsar.
stelle con M > 3M⊙ : Giunti alla catastrofe del ferro, la contrazione gravitazionale risulta talmente intensa da provocare il fenomeno di supernova lasciando, al suo interno, un oggetto con raggio pari od inferiore
al raggio di Schwarzchild : un buco nero.
È dunque evidente che la formazione di una stella di neutroni, quindi
di una nana bianca o un buco nero, è una precisa funzione della massa del
nucleo al termine della combustione dell’elio. Esiste tuttavia un altro meccanismo che può portare alla nascita di una pulsar: qualora una nana bianca,
trovandosi in un sistema non isolato, avesse modo di accrescere materia da
una compagna, potrebbe ritrovarsi nella condizione in cui M > 1.4M⊙ , ciò
porterebbe inevitabilmente alla creazione di una stella di neutroni.
1.1.2
Struttura di una stella di neutroni
La nascita teorica delle stelle di neutroni precede la loro scoperta empirica. Già dagli anni trenta furono sviluppati modelli che descrivevano la loro
possibile formazione nei SNR (Baade e Zwicky) e la loro struttura interna
(Oppenheimer e Volkoff).
La pressione che si oppone al collasso gravitazionale di tali stelle è dovuta
ad un gas degenere di neutroni. Adottando una descrizione non relativistica
dell’equilibrio idrostatico di una sfera di neutroni autogravitante troviamo
la seguente relazione massa raggio:
R = 0.114
h2
8/3
Gmp
M (−1/3)
(1.1)
Si ha dunque che ad una stella con M = 1.4M⊙ corrisponde un raggio
di R = 1.5 · 106 cm, circa il raggio di una grande città! La densità media
di tali oggetti si attesta intorno a ρ = 2 · 1014 g/cm3 , ovvero circa pari a
quella nucleare! Viste dunque le caratteristiche di questi oggetti, essi sono
di particolare interesse per lo studio dell’equazione di stato (ossia la relazione
tra pressione e densità) della materia ultradensa. I numerosi tentativi messi
in atto hanno sostanzialmente suddiviso le equazioni proposte in due gruppi:
• equazioni dure, per le quali la materia stellare sarebbe quasi incomprimibile;
• equazioni soffici, per le quali sarebbe almeno parzialmente comprimibile.
6
CAPITOLO 1. LE PULSAR
Figura 1.1: Struttura interna di una stella di neutroni.
La comprensione della struttura interna di una stella di neutroni è ancora
incerta. I moderni modelli propongono una solida crosta esterna, composta
principalmente da nuclei pesanti ed elettroni. Al di sotto della crosta si
troverebbero i neutroni, sporadicamente accompagnati da qualche protone
ed elettrone. Nel core più interno, invece, le densità potrebbero raggiungere
valori tali da creare stati di superfluidità e superconduttività (Fig:1.1).
1.2
1.2.1
La fisica delle Pulsar
Elettrodinamica
Durante la fase di collasso gravitazionale la nascente stella di neutroni
è soggetta ad una diminuzione del suo raggio, quindi del suo momento di
inerzia. Ciò, in linea con la conservazione del momento angolare e del flusso
del campo magnetico, comporta un aumento della sua velocità angolare e
dell’intensità del campo magnetico superficiale. Per tali motivi appare ovvio
che il modello generalmente adottato descriva le pulsar come stelle in rapida
rotazione su se stesse, con periodi dal secondo al millisecondo, dotate di un
intenso campo magnetico superficiale (B ∼ 108 ÷ 1013 G) , dove l’asse di
rotazione e l’asse magnetico non sono generalmente allineati.
L’accoppiamento tra sistemi rotanti dotati di campi magnetici e materiale stellare altamente conduttore comporta la produzione di campi elet-
7
1.2. LA FISICA DELLE PULSAR
trici che, nell’approssimazione di campo magnetico dipolare, rispettano la
seguente relazione:
~ × ~r
~i = 0
~i + ω
×B
E
c
(1.2)
~i , ω
~ i sono rispettivamente il campo elettrico interno, la
Dove E
~ , ~r e B
velocità angolare, il raggio vettore e il campo magnetico della stella. Per la
legge di Gauss segue che:
1 ~ ~
1
~i
∇ · Ei = −
ω
~ ·B
(1.3)
4π
2πc
Dove ρi è la densità di carica.
Se approssimiamo ulteriormente il sistema, considerando gli assi magnetici
e rotazionali allineati (lo studio del sistema senza tale approssimazione è più
complesso, ma porta a risultati del tutto simili), ai poli magnetici avremo
~ i , quindi una densità di carica negativa. Al contrario la densità di
ω
~ k B
carica positiva si accumulerà all’equatore.
Tale separazione delle cariche dà vita ad un intenso campo elettrico che
strappa ioni ed elettroni dalla superficie della stella, mettendoli in moto
lungo le linee del campo magnetico.
Le linee del campo magnetico possono coruotare con la stella fino ad un
raggio limite, denominato raggio del Cilindro di Luce:
ρi =
c
(1.4)
ω
~
Oltre tale valore le linee del campo B sono aperte. RLC rappresenta
infatti la distanza alla quale le linee del campo magnetico ruotano con la
stella a velocitá pari a quella della luce: v = RLC × ω = c.
Si consideri dunque un angolo θp , rispetto all’asse magnetico, che delimiti la
zona in cui le linee del campo magnetico sono aperte. Si può rapidamente
dimostrare che, se R è il raggio della stella di neutroni e P il suo periodo,
per un campo dipolare vale la seguente proporzione:
RLC =
sin2 θp
sin2 90◦
=
R
RLC
(1.5)
Quindi:
sin θp =
s
R
RLC
(1.6)
Ponendo R ≃ 10km e P ≃ 1s si ottiene θp ≃ 10◦ .
Le particelle che si muovono in una zona con θ > θp rimangono confinate
nella magnetosfera chiusa; quelle invece che si muovono nella zona in cui
θ < θp , accelerate dal campo magnetico lungo le linee aperte, vengono emesse
e danno origine ad una radiazione di curvatura in cui le particelle hanno
8
CAPITOLO 1. LE PULSAR
Figura 1.2: Rappresentazione della magnetosfera di una pulsar.
un fattore di Lorentz γ ≃ 107 . A seguito di fenomeni di annichilazione e
produzione di coppie i fattori di Lorentz delle particelle, che si producono
in cascata, raggiungono infine γ ≃ 102 − 103 , da cui l’emissione in banda
radio. Inoltre, come precedentemente accennato, la rotazione su un asse non
allineato a quello magnetico provoca il caratteristico segnale pulsato.
1.2.2
Relazioni tra periodo, campo magnetico ed età caratteristica di una pulsar
Un’attenta analisi delle caratteristiche dei segnali radio delle pulsar mostra che il range dei periodi di rotazione può variare da 10−3 s a qualche
secondo, mentre la variazione rispetto al tempo del loro periodo (Ṗ ) spazia
in un range da 10−12 s/s a 10−21 s/s. La stella è soggetta ad un fenomeno
di costante rallentamento in cui si è messo in evidenza che il tasso di rallentamento, il Ṗ appunto, è spesso molto stabile. Tale caratteristica rende
talune pulsar ottimi orologi cosmici.
Nello studio teorico delle pulsar col modello del rotatore obliquio, Franco
Pacini mise per primo in evidenza che un tale sistema rotante dotato di cam-
9
1.2. LA FISICA DELLE PULSAR
po magnetico doveva emettere, nell’approssimazione di dipolo magnetico, a
spese dell’energia rotazionale:
d1 2
2ω 4 µ2
dE
=
Iω = −
(1.7)
dt
dt 2
3c3
Dove I é il momento di inerzia e µ il momento di dipolo magnetico.
Esplicitando µ e ω si ottiene la seguente relazione fondamentale:
8π 2 B 2 R6 sin2 α
(1.8)
3c3
I
Dove α é l’angolo tra il momento magnetico e l’asse di rotazione. Risolvendo per il campo magnetico troviamo:
P Ṗ =
B=
q
3c3
P Ṗ I
8π 2
3
R sin α
(1.9)
Quindi, assumendo I ∼ 1045 g cm2 , R ∼ 106 cm e α = 90◦ :
q
B ≃ 3.2 · 1019 P Ṗ G
(1.10)
È inoltre possibile dare una stima dell’età di una pulsar, nell’approssimazione di dipolo magnetico, campo B costante e rotatore allineato, come
segue:
dP
Ṗ =
= aP −1 =⇒
dt
Z
P
P dP = a
P0
Z
τ
dt
(1.11)
0
Dove P0 é il periodo rotazionale iniziale. Poiché, dati i tassi di rallentamento, di norma si ha che P0 << P si ottiene:
P
P2
=
(1.12)
2a
2Ṗ
Generalizzando il sistema come un campo non dipolare, si può dimostrare
che:
τ≃
τ=
P
(n − 1)Ṗ
(1.13)
ω ω̈
ω˙2
(1.14)
dove τ é denominata etá caratteristica e n indice di frenamento, per il
quale vale la seguente:
n=
L’indice n é pari a 3 nella trattazione teorica di campo dipolare, nelle misure sperimentali esso mediamente assume un valore n ≃ 2.5. Ció non é fonte
di stupore viste le approssimazioni necessarie per trattare l’elettrodinamica
delle pusar.
10
CAPITOLO 1. LE PULSAR
Figura 1.3: Diagramma P − Ṗ .
1.2.3
Evoluzione di una pulsar
Il diagramma P − Ṗ (Fig:1.3), che analizza il comportamento della derivata del periodo rotazionale Ṗ , o equivalentemente del campo B (vedi 1.10),
in relazione al periodo di rotazione della stella, è un potente strumento per
studiare i possibili scenari evolutivi delle pulsar, sia isolate che binarie. Come precedentemente anticipato, la nascita di una pulsar, a seguito, in genere,
del collasso gravitazionale del nocciolo della stella madre e del fenomeno di
supernova, comporta che essa, dovendo rispettare le leggi di conservazione,
possieda elevati valori di Ṗ e B. Di conseguenza, la sua posizione iniziale nel
diagramma P − Ṗ sarà in alto a sinistra. Successivamente essa rallenta la
rotazione, muovendosi, nel diagramma, orizzontalmente verso destra, ovvero
senza dare segni di decadimento del campo magnetico.
Giunti a valori di periodo abbastanza elevati, il campo magnetico e il moto
rotazionale non sono più in grado di sostenere l’emissione radio e la pulsar
si spegne. Nel diagramma il fenomeno è evidenziato dalla presenza di una
linea, detta linea della morte, oltrepassata la quale si ha l’interruzione dell’emissione. A causa dell’incertezza circa il modello elettrodinamico corretto,
diversi autori propongono diverse linee della morte, e allora preferibile par-
1.3. CARATTERISTICHE DELL’IMPULSO RADIO
11
lare di una valle della morte.
Come si evince dalla figura la gran parte delle pulsar si trova nei pressi della
valle della morte: ciò non deve sorprendere, visti i lunghi tempi di permanenza nella zona (t = 108 anni), rispetto al tempo di attraversamento della
regione delle pulsar giovani (t = 105 anni).
Molti modelli predicono per la linea della morte una dipendenza del tipo:
B
∼ 0.2 · 1012
P2
(1.15)
Nonostante il nome assegnatole, la linea della morte non rappresenta la
fine di tutte le pulsar. Infatti, qualora una di esse si trovi in un sistema
binario, potrebbe essere riaccelerata mediante l’accrescimento di massa e
momento angolare da parte della stella compagna. Ciò potrebbe provocare
la riaccensione della stella, a cui viene allora associato il nome di recycled
pulsar. Durante questa fase tuttavia è evidente, ma ancora non ben compreso, il decadimento del campo magnetico. In ogni caso, i periodi rotazionali di questi sistemi sono nell’ordine dei millisecondi, perciò, essi sono più
comunemente noti come millisecond pulsar.
1.3
Caratteristiche dell’impulso radio
Le pulsar sono sorgenti di una debole emissione radio, la quale, per
essere rivelata, necessita dell’addizione di tante pulsazioni successive, la cui
potenza singola non sarebbe discernibile dal rumore di fondo. Per ottenere
un profilo stabile dell’impulso può essere necessaria l’addizione di centinaia
o migliaia di pulsazioni singole, in generale perfino milioni, a seconda del
flusso della sorgente.
Il profilo della pulsazione può essere più o meno complesso (Fig:1.4): è
possibile osservare componenti singole, di forma gaussiana, componenti doppie o segnali con strutture più articolate, con differenze tra pulsar ordinarie
e millisecond pulsar. Dal momento che i coni di emissione sono usualmente
due, qualora entrambi, durante la rotazione, attraversassero la nostra linea di vista, osserveremmo un secondo segnale, noto come interpulsazione,
sfasato di 180◦ rispetto a quello principale.
L’interpretazione della tipologia di profilo radio può avvalersi di due
differenti modelli (Fig:1.5):
modello a coni concentrici : la regione emissiva è caratterizzata una
struttura a coni concentrici con vertice comune (Rankin, 1983).
modello a macchie : il cono di emissione è composto da varie zona emittenti intervallate da aree vuote (Lyne and Manchester, 1988).
12
CAPITOLO 1. LE PULSAR
Figura 1.4: Esempi di impulsi radio da differenti sorgenti pulsar.
Figura 1.5: Rappresentazione del modello a coni concentrici (sinistra) e del
modello a macchie (destra).
La tipologia e il numero dei picchi dipende dunque dalla porzione di cono
intersecata dalla linea di vista.
Il profilo dell’impulso è inoltre una funzione della frequenza alla quale
viene osservato: a basse frequenze infatti si è soliti notare un allargamento
del segnale e una separazione delle varie componenti. La forma del impulso
integrato, ottenuto sommando diverse volte le pulsazioni singole, è invece
cosı̀ stabile da poter rappresentare una sorta di impronta digitale della pulsar. Qualche dipendenza temporale è relegata ad alcuni casi eccezionali, in
cui la modificazione del profilo di epoca in epoca è solitamente dovuta alla
variazione dell’orientazione dei coni di emissione rispetto alla nostra visuale,
1.3. CARATTERISTICHE DELL’IMPULSO RADIO
13
fenomeno causato da un qualche tipo di moto di precessione.
Come già accennato le pulsar son deboli sorgenti radio, e la densità media
di flusso presenta una forte dipendenza inversa rispetto alla frequenza:
S ∼ ν −α
(1.16)
con S e α rispettivamente la densitá di flusso (misurata in Jy) e indice
spettrale dell’emissione, che osservativamente assume valori da 0 a 4, con
valor medio pari a 1.8. La massima frequenza alla quale una pulsar è stata
osservata è di 87 GHz, mentre gli ordini di grandezza di S variano dal µJy
al Jy.
Il fatto che le pulsar siano intrinsecamente deboli limita fortemente il
range di oggetti osservabili: è stato infatti possibile, per ora, intercettare solo pulsar particolarmente vicine o particolarmente potenti; quasi tutte infatti
appartengono alla nostra Galassia. Lo studio delle pulsar non è comunque
rimasto confinato alla banda radio. Si sono spesso effettuate osservazioni
nella banda γ e nella banda X alla ricerca di eventuali controparti. Tuttavia
tali osservazioni risultano notevolmente più complesse e sono state individuate, perlopiù, controparti per le pulsar giovani e potenti, come la pulsar
del Granchio o della Vela, le quali hanno rivelato pulsazioni di diversa struttura ed emissione non coerente. Con l’avvento dei satelliti AGILE e FERMI
la situazione è progressivamente cambiata: ad oggi sono note più di 100 pulsar emittenti γ, molte delle quali osservate in X e alcune senza controparte
radio.
14
CAPITOLO 1. LE PULSAR
Capitolo 2
Le Pulsar Wind Nebulae
2.1
Introduzione
Si definisce Pulsar Wind Nebula (PWN), una nebulosa energizzata da un
pulsar wind, ovvero da un flusso di particelle cariche magnetizzate, emesse
dalle pulsar e accelerate a regimi relativistici (γ = 106 ). Le prime osservazioni associarono il fenomeno ai resti di supernova, nei quali la giovane
pulsar nata al loro interno interagiva con il materiale residuo dell’esplosione
stellare. Tuttavia, al giorno d’oggi, sono note PWN non più correlate ai
SNR ma, ad esempio, a stelle pulsar isolate o binare, le quali, energizzando
il mezzo interstellare in cui sono immerse, danno luogo al fenomeno fisico.
Il range di frequenze a cui è possibile osservare una PWN è estremamente
variabile: si possono effettuare osservazioni nell’ottico, nella banda radio,
nella banda X e nella banda γ. Una tale banda larga è giustificata dalle
numerose tipologie e varianti di PWN osservate e studiate.
2.2
Dinamica evolutiva di una PWN
Per comprendere la struttura e il funzionamento di una PWN è necessario studiare le interazioni tra l’energia rotazionale ceduta dalla pulsar e il
mezzo circostante. Risulta dunque fondamentale la costruzione di un quadro
evolutivo che tenga conto delle dinamiche tra la stella, l’emissione e il SNR
in cui essa è nata e si è evoluta.
Le modalità evolutive dipendono sia dal tasso di energia emessa, che dalla
pulsar si propaga (attraverso il vento relativistico) nel SNR, sia da altre
caratteristiche fisiche, come la densità del mezzo in cui essa ruota.
Sebbene, intuitivamente, potrebbe apparire ovvio trovare la pulsar nel
centro del SNR, questo è vero, generalmente, solo nelle sue prime fasi di vita.
Nelle fasi di vita iniziali l’onda di detonazione della supernova si muove con
velocità dell’ordine dei 1000 km/s, più rapidamente, dunque, della pulsar,
la cui velocità di moto proprio si aggira intorno a qualche centinaio di km/s.
15
16
CAPITOLO 2. LE PULSAR WIND NEBULAE
Figura 2.1: La Nebulosa del granchio, un magnifico esemplare di PWN.
L’immagine propone una composizione tra emissione X (PWN, blu) e ottica
(guscio esterno del SNR, rosso-violaceo). È ben visibile la zona di emissione
del pulsar wind con struttura jet e toroidale.
Ciò dunque giustifica la presenza, nei PWN giovani, della pulsar nel centro del SNR. Nelle fasi di vita più avanzate, invece, il decentramento della
stella può essere prodotto dalla sua velocità propria o da ulteriori fenomeni
asimmetrici interni al sistema.
L’accensione del meccanismo di emissione della pulsar crea un vento di
particelle relativistiche che, interagendo con la materia del SNR creano una
bolla ad alta pressione, la cui espansione a velocità supersoniche dà luogo
ad un termination shock, quindi alla formazione di due regioni separate: la
prima, la bolla, mantenuta a pressione dal vento relativistico, rappresenta il
PWN vero e proprio, la seconda regione è il resto di materiale espulso dalla
stella madre (Fig:2.1).
La distanza dal centro del SNR a cui si colloca il termination shock è, ovvia-
17
2.2. DINAMICA EVOLUTIVA DI UNA PWN
mente, quella per cui la pressione dovuta al pulsar wind è uguale e contraria
a quella esercitata dal mezzo circostante. Sia dunque M la pressione esterna, RP W N il raggio della PWN, Ė l’energia emessa nell’unità di tempo dalla
pulsar sotto forma di vento relativistico. Assumendo emissione isotropica
ed eguagliando le pressioni esercitate si ha che:
Ė
=M
4πcRP2 W N
(2.1)
L’andamento dell’energia emessa dalla pulsar nel tempo segue generalmente la seguente relazione:
Ė = Ė0
t
1+
τ0
− n+1
n−1
(2.2)
Dove Ė0 è il suo valore iniziale, τ0 l’età caratteristica della pulsar e
n l’indice di frenamento. Dalla relazione si evince che l’output energetico
della pulsar si mantiene circa costante fino a τ0 , successivamente decade
rapidamente.
Se si assume che tutta l’energia ceduta dalla pulsar sia trasportata dal vento
relativistico (trascurando quindi l’energia persa in maniera radiativa) e che
la geometria della PWN sia, in prima approssimazione, sferica, è possibile
prevedere la seguente evoluzione del raggio in funzione del tempo:
RP W N ≈ 1.5Ė0
1/5
3/10
−1/2 6/5
ESN Mej
t
(2.3)
Dove ESN e Mej sono l’energia e la massa rilasciate durante l’esplosione
di supernova. Appare dunque chiaro che nelle fasi iniziali di vita la velocità
di espansione della PWN aumenta nel tempo.
Vale la pena mettere in evidenza che l’emissione osservabile della PWN
avviene nella zona del termination shock, dunque ad una distanza RP W N ,
per emissione di sincrotrone nella banda X. La ragione di questo fenomeno
non intuitivo risiede nella fisica dei plasmi, in cui è possibile dimostrare
che l’emissione nella zona interna, in cui il moto delle particelle è ordinato
rispetto al campo magnetico, è trascurabile rispetto a quello nel termination
shock, in cui si ha un’orientazione casuale tra il campo magnetico e il moto
delle particelle.
La trattazione del PWN con simmetria sferica semplifica ragionamenti
e calcoli; tuttavia, risulta essere una cruda approssimazione della realtà. La
struttura della nebula è infatti asimmetrica, di forma spesso allungata nel
piano equatoriale, a causa dell’asimmetria del vento relativistico.
Come messo in evidenza nel capitolo precedente, l’emissione di particelle da
parte della pulsar ha luogo in due zone: i coni di emissione delimitati dalla
magnetosfera aperta. Tale emissione, combinata alla rotazione della stella
dà luogo ad una struttura toroidale del vento emesso. Al contrario, se l’asse
di emissione del vento coincide con l’asse rotazionale si creerà una struttura
18
CAPITOLO 2. LE PULSAR WIND NEBULAE
del pulsar wind conica o a jet. I casi esposti, tuttavia, rappresentano le
condizioni limite del sistema che, dunque, nei casi più generali presenterà
strutture miste e complesse (vedi Fig 2.1).
Analizziamo dunque il comportamento del guscio esterno alla PWN. La
detonazione di supernova iniziale è accompagnata da un’onda d’urto che si
espande nel mezzo interstellare (ISM) creando un guscio di gas caldo e campo
magnetico compresso, all’interno del quale la pulsar si attiverà e creerà la
PWN. Il comportamento del raggio del resto di supernova nel tempo può
essere descritto da una relazione del tipo:
RSN R ≈ 6.2 · 10
4
ESN
n0
1/5
t2/5
(2.4)
Dove n0 é la densità del mezzo. E’ necessario evidenziare che l’andamento reale dei raggi, della PWN e del SNR, differisce da quello semplificato
espresso nelle formule. Si deve infatti tenere in considerazione che la fase
di espansione del SNR, inizialmente, è più rapida rispetto a quella presa in
considerazione e che anche l’output energetico della pulsar, nelle fasi iniziali,
è maggiore.
Successivamente, l’onda d’urto decelera e si viene a creare un un’onda di
reverse shock (RS) che si propaga in verso contrario diretta verso la PWN.
Tale onda inversa può eventualmente raggiungere la PWN e comprimerla, diminuendone il raggio fintanto che la pressione non ridiventa sufficientemente
alta.
Tenendo conto dei suddetti effetti, l’andamento dei raggi, teorico e sperimentale, è rappresentato in Fig(2.2): le linee tratteggiate mostrano l’andamento delle relazioni (2.3) e (2.4); le linee solide mostrano l’andamento
facendo ricorso a modelli più sofisticati che tengono conto degli effetti secondari sopra esposti e dell’influenza del RS sul RP W N nelle fasi di vita
avanzate.
Dal grafico si evince che adottando il modello semplificato si potrebbe avere,
tra i mille e i diecimila anni di vita del sistema, il sorpasso del raggio della
PWN rispetto a quello del SNR. Tuttavia, come mostrato dalle linee solide,
i modelli più precisi escludono tale evento e mettono in evidenza la brusca
diminuzione del RP W N in corrispondenza dell’arrivo del RS.
L’interazione col RS non corrisponde necessariamente ad una compressione uniforme del RP W N . Nei casi in cui la pulsar possieda un’elevata velocità
propria o in caso di asimmetrie nella distribuzione di densità del mezzo in
cui la SNR si evolve, il RS comprimerà la PWN in maniera non simmetrica.
Quindi si avrà la formazione di una PWN residua dalla struttura complessa
e deforme la cui posizione può, inoltre, allontanarsi significativamente dalla
pulsar.
Nelle fasi di vita più avanzate, la pressione entro la PWN può incremen-
2.2. DINAMICA EVOLUTIVA DI UNA PWN
19
Figura 2.2: Evoluzione temporale di RSN R e RP W N . Le linee tratteggiate
mostrano l’andamento delle relazioni 2.3 e 2.4. Si sono posti Mej = 5Msol ,
ESN = 1051 erg. Le curve solide mostrano il modello di Gelfand et al. (2009)
con Ė0 = 1040 erg/s, Mej = 8Msol e n0 = 0.1cm−3 .
tare considerevolmente il suo raggio, dimuendo l’intensità del suo campo
magnetico. In queste tarde fasi di vita è solitamente più semplice l’osservazione dell’oggetto nella banda γ, anche se l’emissione in X risulta ancora
rintracciabile nei pressi della pulsar.
Nonostante il numero di PWN identificate aumenti nel tempo grazie
all’ausilio dei nuovi telescopi radio e X, una classificazione delle diverse tipologie è tuttora difficile e discutibile. Le diverse varianti di PWN si diversificano sostanzialmente a causa della loro origine e dall’intensità della
pressione esterna M a cui sono sottoposte. Una possibile classificazione è la
seguente (Pellizzoni et al., 2004):
PWN statiche o plerioni : si trovano all’interno dei SNR in cui nascono
dall’interazione tra il pulsar wind e il materiale espulso nel fenomeno
di supernova. Esempio: Nebulosa Granchio (Fig:2.1).
PWN binarie : nascono dall’interazione dei pulsar wind di un sistema
binario di stelle. Possibile esempio: la pulsar doppia.
Bow-Shock PWN : nascono dall’interazione tra una pulsar che si muove con velocità supersonica V e l’ISM che essa attraversa. In questo
20
CAPITOLO 2. LE PULSAR WIND NEBULAE
caso la pressione esterna esercitata è M = ρV 2 , dove ρ è la densità
del mezzo. I bow-shock sono tipicamente associati a pulsar con alti
valori di Ėrot . Si è soliti osservare strutture cometarie o a proiettile,
rispettivamente in presenza di alte (> 1000km/s) o basse velocità nel
moto proprio e nel piano del cielo.
Le pulsar bow-skock sono generalmente oggetti deboli, ma non particolarmente rari vista la facilità con cui esse si formano: è sufficiente
che la stella abbia una velocità di qualche decina di chilometri al secondo. La loro osservazione può avvenire o tramite le linee di eccitazione
dell’idrogeno (Hα) o tramite l’emissione di sincrotrone da parte del
pulsar wind. La pulsar ricercata in questo lavoro di tesi dovrebbe dar
luogo ad un fenomeno bow-shock. Esempio: Nebulosa Vedova Nera
(Fig:2.3).
Figura 2.3: La Nebulosa Vedova Nera, un esempio di Pulsar Bow-Shock.
Capitolo 3
Il resto di supernova DA 530
La radiosorgente DA530 fu osservata per la prima volta da Galt & Kennedy nel 1968. Successivamente, mediante osservazioni con DRAO (Dominion
Radio Astrophysical Observatory) a 1420 MHz (Roger & Costain,1976) e a
1720, 2695 e 4750 MHz con l’Effelsberg 100 m Telescope, si mise in evidenza
la sua natura di SNR, con una tipica struttura a guscio e un’emissione radio
fortemente polarizzata.
L’oggetto si presenta di forma regolare con forte simmetria bilaterale, struttura circolare con due bordi brillanti diametralmente opposti e un campo
magnetico circonferenziale uniforme. Dalle osservazioni si è potuto stimare
che il fenomeno di supernova sia stato di tipo Ia, con un’esplosione meno
energetica rispetto alla norma (ESN ≤ 1050 erg).
Posta a una distanza, tuttora discussa, di circa 3,5 kpc, si trova oltre
400 pc sopra il piano galattico. Tali caratteristiche annoverano l’oggetto
in un ristretto gruppo di SNR siti ad elevate altitudini galattiche, il cui
modello evolutivo si discosta da quello classico, probabilmente a causa di
un’espansione in un ISM poco denso, caratteristica avallata dalla debolissima emissione X.
Invero il SNR si trova all’interno di un mezzo assai rarefatto (ρ ∼ 0.01cm−3 ),
una regione H1 (idrogeno neutro), originata probabilmente da un precedente
vento stellare o facente semplicemente parte dell’ISM poco denso tipico delle
alte latitudini galattiche. Questa regione inoltre non risulta essere attiva,
non essendovici evidenze di espansione. L’analisi della struttura dell’ISM
porta a credere che esso sia composto dai resti di antichi fenomeni di formazione stellare, durante i quali sarebbe nata la stella madre di DA530
(Landecker et al., 1999).
L’emissione radio (Fig:3.1) risulta essere fortemente polarizzata e, nonostante la bassa densità del mezzo, l’efficienza di generazione dell’emissione di
sincrotrone risulta maggiore rispetto a quella dei classici SNR. A differenza
di quello in X, il flusso radio non appare ostacolato da un mezzo cosı̀ rare21
22
CAPITOLO 3. IL RESTO DI SUPERNOVA DA 530
SNR DA 530
Etá
∼ 5000yr
D
∼ 2, 2 kpc − 3, 5 kpc
gl (deg)
93.28
gb (deg)
+6.76
Dim
∼ 17 x 13 pc
ESN
≤ 1050 erg
Mejecta
∼ 3.9Msol
ρ
∼ 0.01cm−3
Tabella 3.1: Principali caratteristiche di DA 530. D è la distanza dell’oggetto, gl e gb rispettivamente la longitudine e la latitudine galattica, Dim
rappresenta le dimensioni del guscio, ESN l’energia dell’esplosione di supernova, Mejecta la massa espulsa in seguito alla detonazione e ρ la densità del
mezzo circostante.
Figura 3.1: Emissione continua radio di DA530 a 1420 MHz. A sinistra una
rappresentazione dei profili e a destra una scala di grigi.
23
fatto, rendendo di fatto DA530 la sorgente con il rapporto tra flusso radio e
X più elevato conosciuto.
Ad oggi, tutte le osservazioni effettuate non hanno rilevato controparti nell’ottico o nell’infrarosso. L’assenza di emissione ottica potrebbe essere causata da fenomeni di assorbimento della radiazione da parte dell’ISM; tuttavia
l’ipotesi non appare convincente in quanto è possibile identificare, all’interno dell’osservazione, due galassie, nella zona nord-est e sud-ovest della shell,
emittenti nelle lunghezze d’onda del visibile (Landecker et al., 1999).
Osservazioni in banda X più recenti, effettuate con XMM-Newton (Bocchino & al., 2006) hanno rilevato la presenza di un certo numero di sorgenti
puntiformi, alcune delle quali già note e non appartenenti al SNR, insieme
ad un’estesa regione di emissione negli X duri, a sud-est, dietro il grande
arco brillante del guscio e priva di evidenti controparti, alla quale è stato assegnato il nome XMM J205314.4+551528 (Fig:3.2, sinistra). L’analisi
spettrale di questa sorgente evidenzia un indice fotonico pari a 1.8 (quindi
indice spettrale -0.8), dovuto dunque ad emissione non termica.
Figura 3.2: Sinistra: Osservazione nella regione 1-5 keV, le emissioni di
background sono state eliminate e l’immagine corretta. Al centro si vede
chiaramente la sorgente XMM J205314.4+551528. I cerchi bianchi mostrano
ulteriori sorgenti X identificate dal satellite ROSAT e XMM NEWTON e le
linee nere, invece, rappresentano le isofote a 1.4 GHz. Destra: La stessa zona
osservata nel radio, a 1.4 GHz, dove è evidente un’esteso arco di emissione
radio che pare propagarsi dalla zona di emissione X.
La probabilità che l’emissione X sia dovuta alla sovrapposizione, sullo
sfondo, di un ammasso di galassie è dell’1%, pertanto è possibile che l’emissione sia prodotta o da raggi cosmici accelerati o da una PWN (Bocchino et
al, 2006).
La probabilità che l’emissione sia dovuta ad un PWN non è assolutamente
24
CAPITOLO 3. IL RESTO DI SUPERNOVA DA 530
trascurabile se si tiene conto che gli spettri di potenza con indice di fotone
circa pari a 2 sono tipici delle PWN conosciute (Gotthelf, 2003; Gaensler &
Slane, 2006) e risultano essere troppo grandi per una emissione non termica
da parte del guscio.
Un ulteriore argomento a favore della PWN può essere dedotto considerando che la sorgente si trova in una posizione decentrata rispetto al centro del
guscio. Poichè un simile indice di fotone non può essere attribuito ad una
PWN giovane (Gotthelf, 2003), la scoperta di una pulsar all’interno di un
SNR di mezza età, ovvero in un range di 104 − 105 anni (si tenga conto che
una pulsar in questo stadio è ancora considerata giovane), in posizione non
centrale non sarebbe motivo di sorpresa. Escludendo i PWN più giovani
infatti, difficilmente si è soliti trovare la pulsar nel centro geometrico del
SNR, a causa della velocità impartita alla pulsar dall’esplosione asimmetrica della supernova, fenomeno che comporta un decentramento crescente nel
tempo, tanto più rapida tanto più è intenso il kick subito (si prenda come esempio, estremo, la Guitar Nebula Fig:3.3). Tuttavia è bene rimarcare
che l’età esatta del SNR, cosiccome l’associazione pulsar-SNR, è ancora in
discussione.
Figura 3.3: La Guitar Nebula ripresa con il telescopio spaziale Hubble.
Si tratta di una pulsar bow shock in cui sono estremi gli effetti di allontanamento della pulsar dal centro dell’esplosione conseguenti al kick della
detonazione di supernova.
Vale la pena mettere in evidenza che la peculiare emissione X osservata
può essere associata ad una PWN di tipo bow-shock a causa della presenza
di un’estesa emissione radio (Fig:3.2, destra), apparentemente lungo la coda
della componente X (Fig:3.2, sinistra), caratteristica tipica delle bow-shock
con struttura cometaria ed alte velocità. La zone emittente X, abbandonata con rapidità dalla pulsar in fuga, è soggetta ad un raffreddamento che
25
degrada l’emissione alla banda radio.
Si tenga conto infine che tutte le precedenti osservazioni di DA 530, finalizzate alla localizzazione della pulsar, miravano verso il centro geometrico
dell’oggetto. Le osservazioni analizzate in questa testi puntano esattamente
in direzione di XMM J205314.4+551528.
La scoperta di una pulsar all’interno di DA 530 darebbe conferma, in
primis, della correlazione stretta tra emissione X dura e PWN; inoltre, noto
il periodo e la derivata del periodo, sarebbe possibile determinare in maniera
indipendente l’età del sistema e quindi, facendo ricorso ai modelli di SNR,
si potrebbe stimare una distanza molto più precisa.
Sarebbe possibile calcolare l’energia rotazionale ceduta dalla pulsar e dunque
studiarne l’efficienza del processo di conversione in radiazione X. Infine, la
scoperta della pulsar sarebbe un ottimo incentivo per osservazioni future
mirate a mettere in evidenza la sua natura bow-shock e, in generale, per
studiare i meccanismi evolutivi e l’energetica della PWN.
26
CAPITOLO 3. IL RESTO DI SUPERNOVA DA 530
Capitolo 4
La Ricerca delle Pulsar
4.1
Generalità sulle problematiche
A causa dell’interinseca debolezza dell’emissione radio, il raggio di osservabilità delle pulsar risulta assai ridotto. In generale infatti sarà possibile
osservare solamente le sorgenti più potenti o quelle più vicine a noi osservatori, mancando dunque un’ampia gamma di oggetti distribuiti su tutta la
Galassia (la media delle distanze delle pulsar note nel campo della Galassia
è di circa quattro kpc). Principalmente si è soliti puntare i telescopi verso il
piano galattico, alla ricerca di giovani pulsar nel luogo dove esse nascono e
in cui, quindi, ci si aspetta di trovarle in numero maggiore, o verso gli ammassi globulari, nell’alone, in cui si trovano pulsar più vecchie e il maggior
numero di sistemi esotici, formatisi grazie al ricco e denso ambiente degli
ammassi. Ovviamente un particolare interesse è riservato, come nel caso da
noi studiato, ai resti di supernova, nei quali è possibile trovare le pulsar ivi
nate.
Intercettare un segnale periodico da parte di una pulsar richiede necessariamente che almeno uno dei coni di emissione, durante il periodo rotazionale,
intersechi la nostra linea di vista. Tuttavia, essendo l’orientazione degli assi
puramente casuale, vi sarà un grande numero di stelle pulsar non rilevabili, a
meno che esse non siano sottoposte ad un qualche tipo di moto precessionale
in grado di far variare periodicamente l’orientazione dei coni emittenti.
La minima sensibilità di flusso per il quale possiamo considerare il segnale
genuino si esprime, in mJy, come segue:
Smin
Tsys + Tsky
= SN Rmin p
G Np ∆t∆νM Hz
s
We
P − We
(4.1)
Dove SN Rmin è il minimo rapporto segnale/rumore rilevabile dal radiotelescopio, Tsys e Tsky sono rispettivamente la temperatura di rumore
ricevitore e la temperatura del cielo, G è il guadagno dell’antenna in K/Jy,
Np il numero di polarizzazioni, ∆t il tempo di osservazione, ∆νM Hz è la
27
28
CAPITOLO 4. LA RICERCA DELLE PULSAR
larghezza della banda di osservazione in MHz e, infine, We la larghezza effettiva del segnale della pulsar rilevato.
Se W è la larghezza intrinseca dell’impulso abbiamo che We è dato da:
We =
q
W 2 + (βδt)2 + δt2DM + δt2scatt
(4.2)
Dove βδt è il tempo di campionamento moltiplicato per un coefficiente
il cui valore dipende dal ricevitore, mentre δtDM e δtscatt son due termini
di allargamento dell’impulso che dipendono da fenomeni di interazione tra
la radiazione e l’ISM, la dispersione e la diffusione, dei cui effetti si parlerà
nelle prossime sezioni.
Tenendo conto che la Tsky diminuisce con l’aumentare della frequenza e che
osservazioni ad alta frequenza dimunuiscono la rilevanza dei fenomeni di
interazione con l’ISM, si sarebbe tentati di prediligere le osservazioni ad alte
frequenze. Sfortunamente, a causa della relazione (1.16), ciò diventa d’altro
canto svantaggioso in termini di flusso.
4.1.1
La dispersione
Si consideri la velocità di gruppo di un’onda in un plasma (condizione
rispettata nel caso delle osservazioni radioastronomiche):
s
s
νp2
ne e2
vg = c 1 −
=c 1−
ν
2πme ν 2
(4.3)
Il termine sotto radice rappresenta l’indice di rifrazione del mezzo. Nel
dettaglio c è la velocità della luce, ne , e e me sono rispettivamente la densità,
la carica e la massa degli elettroni; νp è invece la frequenza di plasma,
ovvero la frequenza al di sotto della quale il segnale verrebbe completamente
assorbito dal mezzo. La diretta conseguenza della (4.3) è il ritardo del
segnale a diverse lunghezze d’onda, fenomeno noto come dispersione. Per
quantificare questo ritardo si consideri che per frequenze molto maggiori di
quella di plasma la (4.3) si riduce a:
1 νp2
vg = c 1 −
2 ν2
!
(4.4)
Il tempo quindi necessario per compiere una distanza d sarà:
t=
Z
0
d
dl
≃
vg
Z
0
d
νp2
1
1+ 2
c
2ν
!
dl =
d
e2
+
DM
c 2πme cν 2
(4.5)
Dove si definisce DM la misura di dispersione:
DM =
Z
0
d
ne dl
(4.6)
4.1. GENERALITÀ SULLE PROBLEMATICHE
29
Ovvero la densità di elettroni liberi calcolata all’interno di una colonna
che punta alla sorgente. Se dunque l’osservazione viene compiuta tra le
frequenze ν1 e ν2 si produrrà un allargamento dell’impulso pari a:
∆tDM =
1
1
∆νM Hz
e2
c
− 2 DM ≃ 8.3 · 103 3
DM
2
2πme
ν1
ν2
vM Hz
(4.7)
Con DM espresso in pc cm−3 , νM Hz e ∆νM Hz rispettivamente la frequenza centrale e la larghezza di banda.
Il valore di DM per una determinata pulsar non può essere, generalmente,
noto a priori. Tuttavia esistono modelli che, tenendo conto della distribuzione dell’ISM su tutta la galassia, possono predire valori approssimativi di
DM, nota la posizione galattica dell’oggetto e non senza marcate differenze tra i vari modelli. In ogni caso, per oggetti posti sul disco galattico ci
aspettiamo, visto la gran quantità di gas e polveri, valori alti di DM (fino
a 1000 pc cm−3 ), mentre per oggetti posti nell’alone galattico i valori, per il
motivo inverso, saranno assai minori.
Per ovviare alla dispersione si è soliti dividere la banda osservativa in vari
canali di ampiezza δν, in ciascuno dei quali gli effetti dovuti alla dispersione
risulteranno ridotti. Ciascun canale sperimenterà quindi un ritardo diverso,
creando il cosiddetto effetto deriva mostrato in Fig(4.1).
Si effettua dunque l’integrazione del segnale su tutta la banda lungo una
linea che intercetti tutti i picchi del segnale nei vari canali: il processo è noto col nome di dedispersione. In tal modo il rapporto segnale/rumore sarà
notevolemte migliorato e la pulsazione sarà meglio evidenziata. Tuttavia
l’integrazione necessita la conoscenza del valore di DM alla posizione della
sorgente, valore non noto a priori. Si procede dunque effettuando l’integrazione su un range di possibili DM, tenendo conto della regione in cui si
osserva e del periodo che si aspetta di misurare. Se il periodo di osservazione
è suddiviso in vari intervalli δt, si definisce il valor minimo al quale ha senso
dedisperdere quello per cui il segnale, su tutta la banda passante, subisce un
ritardo pari ad un singolo tempo di campionamento (Fig(4.2), linea verde):
∆tDM = 8.3 · 103
∆νM Hz
DMmin = δt
3
vM
Hz
(4.8)
Ovvero:
DMmin = 1.2 · 10−4
3
vM
Hz
δt
∆νM Hz
(4.9)
Dunque si pone il passo in DM, il DMstep , uguale a quello per cui l’allargamento sarà pari alla risoluzione temporale, che inizialmente sarà proprio il
tempo di campionamento δt e che poi aumenterà quando il DM sarà tale da
provocare un allargamento superiore a δt. Quindi, il valore massimo al quale
30
CAPITOLO 4. LA RICERCA DELLE PULSAR
Figura 4.1: Effetto della dispersione sui canali a diverse frequenze. Pulsar
B1356-60 con periodo di 128ms e DM=295 pc cm−3 .
ha senso indagare il segnale, a DMstep fisso, è quello per cui l’allargamento
su ogni canale è pari al tempo di campionamento (Fig(4.2), linea nera):
δtDM = 8.3 · 103
δνM Hz
DMmax = δt
3
vM
Hz
DMmax = 1.2 · 10−4
3
vM
Hz
δt
δνM Hz
(4.10)
(4.11)
Sucessivamente, qualora fosse necessario, è possibile prendere in considerazione DMmax per cui l’allargamento prodotto è pari a 2 o 3 tempi di
campionamento.
Il più grande valore di DM al quale si può spingere la ricerca viene scelto in
base all’allargamento che si vuol produrre a seconda del periodo ipotizzato
o in base al DM atteso in una data posizione della Galassia.
4.1. GENERALITÀ SULLE PROBLEMATICHE
31
Figura 4.2: Selezione del range di DM nel quale effettuare l’analisi. In ascissa
il tempo è diviso per tempi di campionamento δt, in ordinata l’intera banda
∆ν é suddivisa in canali di ampiezza δν.
4.1.2
La diffusione e la scintillazione
Il fenomeno di diffusione, o scattering, è dovuto alla disomogeneità del
mezzo interstellare. I fotoni infatti, subendo continui urti con la materia,
vengono deflessi ed arrivano al ricevitore avendo percorso cammini differenti,
fenomeno che provoca un allargamento asimmetrico del segnale, la coda di
scattering, la quale presenta un andamento del tipo (vedi Fig:4.4):
δtscatt ∼
d2
ν4
(4.12)
A differenza della dispersione, che può essere aggirata mediante gli artefici sopra esposti, nulla è possibile fare contro la diffusione, se non osservare
ad alte frequenze, il che, come si è visto, è sconsigliabile per altri motivi.
Questa tipologia di fenomeno è di certo non desiderabile in quanto l’allargamento del segnale comporta inevitabilmente una diminuzione del rapporto
segnale/rumore, incrementando le difficoltà nella ricerca.
La grande disomogeneità e le turbolenze dell’ISM producono inoltre delle
modulazioni di fase nel segnale con conseguenti fluttuazioni nell’intensità
32
CAPITOLO 4. LA RICERCA DELLE PULSAR
rilevate dai radiotelescopi, la cosiddetta scintillazione. Gli effetti di tale
fenomeno sono minori a frequenze maggiori.
Entrambi i fenomeni possono essere descritti mediante un modello a
schermo sottile, lo thin screen model (Scheuer, 1968), dove l’ISM viene rappresentato come una lastra sottile di irregolarità che si frappone a metà
strada tra la sorgente e la Terra, dove avvengono i fenomeni di interazione
sopra esposti (Fig:4.3).
4.1. GENERALITÀ SULLE PROBLEMATICHE
33
Figura 4.3: Rappresentazione del modello a schermo sottile.
Figura 4.4: Effetti della diffusione sul segnale intercettato.Dati della pulsar
PSR B1831-03. È ben messo in evidenza l’effetto della coda di scattering.
34
4.2
CAPITOLO 4. LA RICERCA DELLE PULSAR
Programma di analisi dati: PRESTO
La suite di programmi di ricerca e analisi dati utilizzata per questo lavoro di tesi è denominata PRESTO: PulsaR Exploration and Search TOolkit.
Ideata e costruita da Scott Ransom (New Search Techniques for binary pulsars, 2000), fu inizialmente pensata come strumento per la ricerca di millisecond pulsar in sistemi binari all’interno di ammassi globulari.
Scritta in linguaggio ANSI C e Python, è in grado di analizzare i dati
grezzi provenienti da diversi radiotelescopi come il GBT, Arecibo e Parkes. Ha al suo attivo la scoperta di oltre centocinquanta pulsar, di cui metà
appartenenti alla tipologia recycled in sistemi binari.
La suite si articola in vari comandi che in maniera intuitiva ed efficace
permettono di analizzare i dati grezzi, preparli per la ricerca, effettuare
l’analisi dei segnali periodici e, infine, ottimizzare i migliori candidati per
mettere in risalto la pulsazione cercata. Ciascun passaggio è accompagnato
dall’output di file di testo e grafici, descriventi i risultati ottenuti, e da file
di programma, necessari per i passaggi successivi.
Verranno di seguito presentati i vari programmi della suite, accompagnati
da una descrizione delle loro funzioni:
READFILE
Si tratta di un comando basilare che identifica la tipologia di dati con
cui lavorerà. Manda in output una tabella che riassume le principali caratteristiche dell’osservazione come, ad esempio, il nome del radiotelescopio, le
coordinate e il nome dell’oggetto osservato, la durata dell’osservazione e il
tempo di campionamento, la frequenza centrale, la larghezza di banda e il
numero di canali in cui è stata divisa.
RFIFIND
Il comando permette di iniziare l’analisi e la preparazione dei dati. Esso analizza i file alla ricerca di radiointerferenze (RFI da Radio Frequence
Interference) o di altri problemi sia nella serie temporale che nei canali di
frequenza. Ciascun canale viene esaminato ad intervalli di breve durata,
solitamente 1 o 2 secondi, a scelta dell’analizzatore.
Il risultati vengono presentati mediante un grafico nel quale, esaminando il
tempo di osservazione in funzione dei canali, vengono evidenziate delle zone
colorate corrispondenti ai segnali di interferenza che è necessario isolare. Si
ottiene dunque un file .mask, una vera e propria maschera che permetterà
di ignorare le RFI nei processi futuri.
Generalmente la percentuale di intervalli da eliminare non deve superare il
20%, qualora ciò accadesse è consigliabile effettuare un’analisi più fine dei
canali, ripetendo l’operazione con step temporali più piccoli.
4.2. PROGRAMMA DI ANALISI DATI: PRESTO
35
PREPDATA
L’applicazione permette di dedisperdere una singola serie temporale.
Tramite le opzioni -dm 0.0 e -nobary l’operazione viene effettuata per
valori nulli di DM e senza apportare correzioni baricentriche. In tal modo
è possibile individuare i segnali periodici di maggiore intensità che, vista la
scelta del DM, sono tutti necessariamente di origine terrestre e che pertanto
vanno rimossi. Per questo motivo è inutile tener conto del moto della Terra
intorno al Sole rispetto alla sorgente osservata. Per la ricerca vera e propria
di una pulsar, invece, la dedispersione viene effettuata per valori di DM diversi da zero e con l’apporto di correzioni baricentriche.
In output viene fornito un file .dat, visualizzabile tramite il comando exploredat, mediante il quale è possibile avere una rappresentazione grafica
dei risultati.
REALFFT
Agendo sui file .dat effettua una trasformata di Fourier della serie temporale. Il risultato è un file .fft contenente lo spettro delle potenze, visualizzabile tramite il comando explorefft. In Fig(4.5) viene mostrato un esempio
dei risultati ottenuti con exploredat e explorefft.
Figura 4.5: Sinistra: Serie temporale ottenuta con exploredat sui file .dat.
Destra: Serie delle potenze ottenuta mediante l’azione di realfft sui file .dat
e, dunque, di explorefft sui file .fft. I dati provengono dalla pulsar B1534+12,
ottenuti mediante il GBT. Alcune frequenze, g.e. ∼ 110Hz, che non sono
visibili nella serie temporale poiché il singolo impulso è al di sotto del rumore
di fondo, vengono invece messe chiaramente in luce nello spettro di potenza.
ACCELSEARCH
Esegue una ricerca dei segnali periodici di maggior intensità e ricorrenza,
sommandone un numero di armoniche impostabile a priori. In output viene
fornito un listato con le caratteristiche dei segnali più rilevanti (periodo,
36
CAPITOLO 4. LA RICERCA DELLE PULSAR
DM, rapporto segnale/rumore spettarle e numero di armoniche sommate).
Nel caso di DM=0 l’output viene utilizzato per creare una lista di RFI da
escludere nei successivi processi di analisi. Per gli altri valori di DM fornisce
una lista di candidati (possibili segnali appartenenti alle pulsar).
ZAPBIRDS
Si edita inizialmente un file di testo contenente un elenco dei segnali
più intensi scoperti a DM=0 con accelsearch, i cosiddetti birds. Tramite
zapbirds i segnali birds vengono definitivamente rimossi e rimpiazzati da
un valore medio di intensità locale nei file .dat.
A questo punto si è portata a termine la preparazione dei dati, per i quali
è pronto un file .zapbirds che permetterà, durante le ricerca della pulsar, di
ignorare tutte le fonti di radiointerferenza terrestre individuate.
Prima di procedere con la ricerca della pulsar è bene creare un piano
per effettuare la dedispersione dei dati. Per ovviare alla dispersione è infatti
necessario modificare i tempi di arrivo del segnale in ciascun canale. Inoltre,
non essendo a priori noto l’esatto valore di DM, il processo va ripetuto per un
range ragionevole di suoi possibili valori (§4.1.1 e Fig:4.2). Per facilitare tali
procedimenti PRESTO propone la creazione di sottobande, raggruppamenti
di canali, da dedisperdere ad un valore di DM nominale; ottenuto il set di
sottobande si procede dedisperdendole l’una rispetto all’altra nell’intorno di
questo DM. Il vantaggio dell’operazione è un minore tempo di calcolo rispetto al caso, ideale e talvolta preferibile, in cui ciascun canale viene sottoposto
alla dedispersione ad ogni valore di DM necessario (processo effettuabile con
prepdata).
DDPLAN.PY
Questo comando permette la creazione automatica di un piano per la
dedispersione con sottobande. Esso richiede in input alcuni dati:
• -d: il valor massimo di DM a cui si desidera dedisperdere. Conoscendo
la posizione dell’oggetto nella galassia è possibile stimare dei valori,
seppur approssimativi, e ipotizzare dunque un ampio range sul quale
lavorare;
• -n , -b, -t, -f: rispettivamente il numero di canali, la larghezza della
banda, il tempo di campionamento e la frequenza centrale;
• -s: definisce il numero di sottobande che si vuole creare;
In output viene fornita una tabella con indicati i passi in DM, il numero di
step necessari e il numero di tempi di campionamento da sommare assieme
per velocizzare i calcoli.
4.2. PROGRAMMA DI ANALISI DATI: PRESTO
37
PREPSUBBAND
Effettua la dedispersione delle sottobande chiedendo in input i dati ottenuti nel passaggio precedente e il file .mask. I risultati vengono nuovamente
posti in un file .dat sul qual sarà possibile, tramite realfft, eseguire una
trasformata di Fourier ed escludere, con zapbirds, tutte le interferenze precedentemente esaminate. Si applica dunque accelsearch per ottenere una
lista dei migliori candidati.
ACCEL SIFT.PY
Tramite questo programma è possibile effettuare un’ulteriore selezione
dei candidati ed escludere quelli che difficilmente possono appartenere ad
una pulsar, in base a considerazioni di natura euristica. Inoltre esso esegue
una somma sulle armoniche e sui segnali, trovati a vari DM, provenienti dallo stesso candidato. In output viene fornito un testo con la classificazione
dei migliori segnali accompagnati dal rapporto segnale/rumore di ciascun
DM a cui sono stati rilevati.
Idealmente una pulsar reale dovrebbe mostrare un picco nel rapporto segnale/rumore ad un DM ben determinato e un andamento decrescente, tanto
più rapidamente quanto minore è il periodo della pulsar, al variare del DM
nell’intorno del picco.
PREPFOLD
Esegue la somma in fase della serie temporale (folding) dei candidati
ottenuti con accelsearch, in un range di DM e periodo attorno ai valori
impostati. In output (Fig:4.6) si ottiene un plot dei risultati ottenuti con il
profilo ottimizzato e le caratteristiche principali della pulsazione. Facendo
riferimento alla numerazione in Fig(4.6) verrà ora riportata una descrizione
dei grafici presenti in essa:
1. Nel primo grafico troviamo una rappresentazione visiva del profilo
d’impulso di due periodi della pulsazione trovata. La linea tratteggiata rappresenta il valor medio dell’ampiezza calcolata nell’arco di
due fasi.
2. Nella scala di grigi viene riportata in ascissa la fase della pulsazione e
in ordinata il tempo di integrazione. Le zone più scure rappresentano un segnale più intenso ed una pulsar risulta facilmente discernibile
qualora tali zone siano collocate in maniera più o meno continua su
tutto il periodo di integrazione e sempre alla stessa fase (se il periodo
utilizzato per il folding è corretto).
A destra viene graficato il valore del χ2 ridotto in relazione al tempo
di osservazione. Tale valore viene calcolato rispetto all’ampiezza costante della linea tratteggiata nel grafico 1. Pertanto ci si aspetta che,
38
CAPITOLO 4. LA RICERCA DELLE PULSAR
in presenza di una pulsar, il valore del χ2 ridotto cresca linearmente
col tempo; ciò discende dal fatto che la misura del χ2 consta sostanzialmente nella misura dell’ampiezza del segnale, ovvero del quadrato
del flusso
osservato che, in generale, rispetta una relazione del tipo
√
S ∼ ∆t, dove ∆t è il tempo di osservazione.
3. Come nel grafico 2, viene costruita una scala di grigi dove in ordinata
si trova la frequenza di osservazione o, equivalentemente, la divisione
in canali o sottobande. Anche in questo caso un segnale proveniente
da una pulsar è distinguibile per un’intensità marcata e continua in
tutto il dominio delle frequenze e per la presenza del segnale sempre
alla stessa fase, qualora la dedispersione sia stata effettuata al DM
corretto (nel grafico ciò non è ben visibile perchè in ogni singolo canale
la pulsar è troppo debole affinché il segnale venga messo bene in luce).
4. Il valore del χ2 ridotto viene calcolato rispetto ad un range di DM
intorno al valore impostato. L’andamento classico mostrato da una
pulsar vede un massimo in corrispondenza del DM esatto in cui essa è
localizzata, accompagnato da due code decrescenti nei DM adiacenti.
5. In questi due grafici il χ2 ridotto viene invece calcolato in relazione al
periodo P e alla derivata del periodo Ṗ . L’andamento ideale prevede
un massimo nei migliori valori di P e Ṗ e un andamento decrecente
nei valori attigui.
6. L’ultimo grafico mostra la relazione tra il periodo e la sua derivata,
alla ricerca del miglior valore di P e Ṗ in corrispondenza del valore più
alto del χ2 ridotto.
4.2. PROGRAMMA DI ANALISI DATI: PRESTO
39
Figura 4.6: Profilo ottimizzato ottenuto con prepfold su una pulsar di
prova, B1534+12, osservata con il GBT. Per maggiori informazioni sui grafici
numerati fare riferimento al testo.
40
CAPITOLO 4. LA RICERCA DELLE PULSAR
Capitolo 5
Analisi dati e risultati
5.1
Introduzione: Il Green Bank Telescope
Il radiotelescopio utilizzato per l’acquisizione dei dati in questo lavoro di
tesi è il Robert C. Byrd Green Bank Telescope (GBT) (Fig:5.1), il più grande
radiotelescopio orientabile e la più grande struttura terrestre completamente
movibile. Deve il suo nome al senatore degli USA Robert C. Byrd. Parte
del National Radio Astronomy Observatory (NRAO), fu costruito e attivato
tra il 1991 e il 2002, nella località di Green Bank in West Virginia.
La struttura sostituisce un precedente radiotelescopio, un paraboloide di
minore estensione, collassato nel 1988 a seguito del cedimento di un elemento
strutturale.
Tra le sue più rilevanti scoperte citiamo la scoperta di tre millisecond
pulsar nell’ammasso globulare M62 e la scoperta di un grande campo magnetico nel complesso molecolare di Orione. I suoi fini scientifici, tuttavia,
coprono un grande varietà di oggetti che comprendono la Luna, sorgenti
galattiche ed extragalattiche, fino alla radiazione cosmica di fondo.
Nella seguente tabella vengono riportate le principali caratteristiche dello
strumento.
Green Bank Telescope
Lunghezze d’onda
Radio e microonde
Stile
Riflettore parabolico
Montatura gregoriana
Diametro
100 m
Area di raccolta
7.854 m2
Lunghezza focale
60 m
Frequenze Obs
290 MHz - 100 GHz
Pannelli
2004 in Alluminio
Attuatori
2209
41
42
CAPITOLO 5. ANALISI DATI E RISULTATI
Figura 5.1: Il Green Bank Telescope (GBT), a Green Bank nel West
Virginia, USA.
5.2
Caratteristiche dell’osservazione
Nella tabella 5.1 vengono riportate le principali caratteristiche tecniche
dell’osservazione di XMM J205314.4+551528 all’interno di DA530 con il
GBT. L’osservazione è stata proposta da M. Burgay, R. Bandiera, F. Bocchino e A. Possenti nel 2007. Nonostante la maggior parte delle pulsar siano
state scoperte a 1.4 GHz, tale banda, al GBT, è fortemente disturbata da radiointerferenze; si è dunque preferito optare per un osservazione a frequenze
maggiori.
All’interno della suite PRESTO le specifiche dell’osservazione sono visualizzabili facendo agire il comando readfile sui dati dell’osservazione.
5.3
5.3.1
Analisi dei dati
Preparazione dei dati
Rimozione delle RFI
Il primo passo per la preparazione dei dati sperimentali consta nelle reiezione delle interferenze radio, le RFI. PRESTO individua automaticamente
43
5.3. ANALISI DEI DATI
Sorgente
Telescopio
Strumentazione
Data Obs (YYYY:MM:DD)
Inizio Obs UT
RA (J2000)
DEC (J2000)
Azimuth (deg)
Elevation (deg)
Durata Obs (h)
Tsample (µs)
Freq. centrale (MHz)
Larghezza banda (MHz)
Numero di IFs
Polarizzazioni
Numero di canali
Bit per canale
XMM J205314.4+551528
GBT
GBT Pulsar Spigot System
2007-09-18
04:51:46
20:53:13.9920
55:15:27.3600
316.72
60.436
4.13
81.92
1850
800
2
Sommate
1024
16
Tabella 5.1:
Principali caratteristiche dell’osservazione di XMM
J205314.4+551528. Tsample rappresenta il periodo di campionamento mentre
le IFs rappresentano il numero di polarizzazioni osservate.
le principali interferenze mediante il programma rfifind che agisce direttamente sui dati dell’osservazione. In Fig(5.2) e Fig(5.3) vengono riportati
due grafici con i risultati ottenuti analizzando i dati ad intervalli temporali
di 2 secondi. La percentuale di dati scadenti da eliminare è minore del 2%,
pertanto non è necessario ripetere l’operazione con intervalli di durata inferiore.
Dai grafici si evince immediatamente che la principale fonte di interferenza
è un segnale periodico individuato in un piccolo gruppo di canali attorno
a 1600 MHz. E’ inoltre possibile notare, nella prima colonna di Fig(5.2),
la presenza di interferenze minori, distrubuite su tutti i canali ma molto
limitate nel tempo, mentre sono vuote la seconda e terza colonna, dove generalmente vengono riportati ulteriori problemi ricorrenti nel dominio dei
tempi e delle frequenze.
44
CAPITOLO 5. ANALISI DATI E RISULTATI
Figura 5.2: Schema delle principali RFI individuate.
5.3. ANALISI DEI DATI
45
Figura 5.3: Maschera ideale utilizzata per la reiezione delle radiointerferenze.
46
CAPITOLO 5. ANALISI DATI E RISULTATI
Rimozione delle RFI persistenti di basso livello
Il passo seguente è l’individuazione e la rimozione delle radiointerferenze
periodiche di origine terrestre.
Per l’individuazione PRESTO dispone del programma prepdata, tramite
il quale effettua una dedispersione su una singola serie temporale. Con le
opzioni -nobary, -dm 0.0 e -mask chiediamo che la dedispersione venga
fatta a misura di dispersione nulla, senza correzioni baricentriche e applicando la maschera delle RFI creata nel passaggio precedente. Si ottiene dunque
un file .dat che, mediante realfft, viene sottoposto ad una trasformata di
Fourier. I grafici mostrano i risultati ottenuti.
Figura 5.4: Sopra: Sezione della serie temporale dedispersa a DM=0. Sotto: Rappresentazione parziale dello spettro delle potenze ottenuto con la
trasformata di Fourier.
Dunque, ottenuti i file .fft, è possibile utilizzare accelsearch per otte-
47
5.3. ANALISI DEI DATI
nere una lista dei segnali periodici più numerosi e con maggior rapporto
segnale/rumore. Tramite l’opzione -numharm 4 si è chiesto al programma di cercare e sommare fino a quattro armoniche dello stesso segnale. I
risultati vengono elencati in Tabella(5.2)
Cand
1
2
3
5
6
7
8
SNR
18.66
16.64
13.21
13.21
5.37
5.28
4.27
Num. Arm.
4
2
1
4
2
4
1
Periodo (ms)
49.99564(2)
833.27(1)
16.665694(9)
90.00003(7)
45.00556(3)
24.995080(5)
29.99845(3)
Freq. (Hz)
20.001745(8)
1.20009(2)
60.00350(3)
11.111107(8)
22.21948(2)
40.007874(8)
33.33506(3)
Tabella 5.2: Specifiche degli otto segnali periodici più potenti rilevati con
accelsearch a DM=0. SNR rappresenta il rapporto segnale/rumore, Num.
Arm. invece il numero di armoniche trovate per il candidato. N.B: alcuni segnali, pur appartenendo alla stessa sorgente di interferenza, vengono distinti
da PRESTO poichè intercettati con valori leggermente diversi, pertanto sono
stati omessi dalla tabella.
Tramite il comando zapbirds è ora possibile eliminare dallo spettro di
potenza i segnali periodici terrestri di maggior rilevanza (Fig:5.5). In tal
modo i dati, ripuliti, possono essere esaminati alla ricerca di un segnale
periodico e dedisperso proveniente da una pulsar.
Figura 5.5: Rappresentazione parziale dello spettro delle potenze ripulito
mediante zapbirds.
48
CAPITOLO 5. ANALISI DATI E RISULTATI
5.3.2
Dedispersione e ricerca dei segnali periodici
Piano di dedispersione
Preliminarmente è necessario creare un piano di dedispersione del segnale
radio. Tramite il comando python DDplan.py è possibile ottenere una
tabella di valori di DM a cui dedisperdere, specificando in quante sottobande
intendiamo suddividere la nostra osservazione. Si è scelto di raggruppare i
canali quattro a quattro, creando 256 sottobande; si è tenuto conto che un
maggior numero di sottobande avrebbe reso vano il maggior vantaggio del
processo, la diminuzione dei tempi di calcolo e il risparmio di spazio nel disco,
mentre un minor numero di sottobande avrebbe diminuito eccessivamente
la sensibilità del processo.
La tabella 5.4 mostra il piano di dedispersione ottenuto.
Tempo di campionamento minimo: 0.0819 ms
Nuovo tempo campionamento: 2x0.08192ms = 0.16384ms
DM minimo: 0, 313pc/cm3
DM massimo: 244.80pc/cm3
DMmin DMmax dDM dsubDM Dms/chiamata chiamate
0.000
244.80
0.30
61,20
204
4
Tabella 5.3: Piano ottimale di dedispersione ottenuto con DDplan.py.
DMmin e DMmax e dDM rappresentano rispettivamente i valori di DM
mimimo e massimo e lo step tra un DM e il successivo ai quali si lavorerà.
In sintesi, il programma propone la suddivisione in 256 sottobande da dedisperdere in quattro sezioni, ciascuna con un range di DM di 61.20pc/cm3 ,
quindi da 0 a 244.80pc/cm3 . In ciascuna chiamata lo step tra un DM e
il successivo sarà di 0.3pc/cm3 , per un totale di 204 DM per chiamata e
816 totali. Per accelerare i tempi di calcolo, essendo la nostra risoluzione
temporale maggiore di quella necessaria per trovare una pulsar di qualche
decina fino a qualche centinaio di ms di periodo, il programma somma a
due a due i tempi di campionamento definendo quindi un nuovo tempo di
campionamento pari al doppio di quello originario.
Dedispersione e ricerca dei segnali periodici
Tramite il comando prepsubband è ora possibile dedisperdere i dati seguendo il piano esposto nella precedente sezione. Si ottengono in tal modo i
file .dat dai quali, mediante realfft, si ricavano i .fft, che, dopo essere stati
ripuliti con zapbirds, possono dunque essere sottoposti ad analisi con accelsearch. Ottenuta una lista di migliori candidati, ulteriormente raffinata
con ACCEL sift.py, si esegue prepfold su ciascuno di essi alla ricerca di
5.3. ANALISI DEI DATI
49
una pulsazione periodica le cui caratteristiche siano compatibili con l’emissione da parte di una pulsar. Si sono esaminati i candidati con rapporto
segnale/rumore superiore a 5.
Nella ricerca sono stati isolati solo cinque possibili validi candidati, nessuno
dei quali tuttavia con un chiaro ed intenso profilo caratteristico. La struttura
dei cinque segnali infatti risulta confusa e rumorosa.
Non potendo in alcun modo confermare, a priori, la bontà di ciascun
candidato, si è rieseguito un ciclo di prepfold su una seconda osservazione
dell’oggetto, successiva alla prima e della durata di 4.67 ore. Qualora infatti
uno dei segnali periodici ottenuti nel prima fase appartenesse ad una pulsar
difficilmente rilevabile, tale signale sarebbe nuovamente presente, circa con
le stesse caratteristiche, nell’osservazione successiva.
La seconda analisi dei cinque candidati ha messo in luce un possibile ed
interessante segnale, con periodicità di 1.61 ms, DM∼ 80pc/cm3 e rapporto segnale/rumore circa pari a 6, le cui caratteristiche sono riportate in
Fig(5.6), per la prima osservazione, e in Fig(5.7) per la seconda.
Dalle Fig(5.6-5.7) si evince una pulsazione più chiara e definita nella
seconda osservazione, sia nel profilo del segnale, sia nei grafici con le scale
dei grigi. Nello specifico, questi ultimi mostrano un segnale più o meno
continuo e di intensità variabile nella seconda osservazione, mentre risulta
maggiormente disturbato nella prima. La maggior definizione del segnale
in Fig(5.7) non deve tuttavia sorprendere, vista la maggiore durata della
seconda osservazione rispetto alla prima.
L’andamento del chi-quadro ridotto, inoltre, risulta ottimale nella seconda
osservazione, nonostante il suo basso valore, mentre mostra un andamento
più indefinito nella prima. Nonostante un basso rapporto segnale/rumore, il
segnale risulta comunque interessante poiché, a differenza degli altri quattro
candidati, il processo di folding ha rilevato lo stesso segnale, in entrambe le
osservazioni, con un profilo più o meno simile e circa ai medesimi valori di
DM e periodo.
Per tutte le ragioni su esposte non è possibile confermare subito il candidato ed associare il suo segnale alla pulsar ricercata. Tuttavia, viste le
sue interessanti caratteristiche e un valore di DM non troppo differente da
quello stimabile per un oggetto nella posizione di DA 530 (∼ 75pc/cm3 ad
una distanza di 3.5 kpc), possiamo concludere che l’oggetto è meritevole di
un’osservazione più approfondita.
50
CAPITOLO 5. ANALISI DATI E RISULTATI
Figura 5.6: Caratteristiche del miglior segnale periodico ricavate mediante
l’azione di prepfold sulla prima osservazione.
5.3. ANALISI DEI DATI
51
Figura 5.7: Caratteristiche del miglior segnale periodico ricavate mediante
l’azione di prepfold sulla seconda osservazione.
52
CAPITOLO 5. ANALISI DATI E RISULTATI
Capitolo 6
Interpretazione dei risultati
Nonostante le caratteristiche della sorgente XMM J205314.4+551528 siano indubbiamente tipiche dei PWN, non si è trovato un segnale sufficientemente intenso da poter confermare la presenza di una pulsar al suo interno.
D’altro canto, il candidato esaminato nel precedente capitolo potrebbe rivelarsi, a seguito di ulteriori osservazioni, associato ad un oggetto cosmico,
interno od esterno al SNR.
In egual misura, future osservazioni potrebbero smentire la nostra ipotesi,
relegando la struttura del segnale trovato a fenomeni di interferenza e rumore di fondo.
Per tali motivazioni, riteniamo la sorgente in esame meritevole di nuove osservazioni atte a chiarire la sua natura. Vale la pena, in ogni caso, studiare
nel dettaglio alcuni dei possibili scenari sopra citati.
6.1
6.1.1
Ipotesi 1: segnale appartenente ad un oggetto
cosmico
Segnale interno al SNR
Qualora il segnale periodico mostrato in Fig(5.6-5.7) appartenesse ad
una pulsar all’interno del SNR DA 530, le sue caratteristiche divergerebbero
notevolmente da quelle pronosticate. Per un oggetto con età circa pari
a 5000 anni infatti, i modelli comunemente utilizzati per lo studio delle
pulsar suggeriscono periodi rotazionali compresi tra qualche decina e qualche
centinaio di ms. Il candidato esaminato, tuttavia, presenta una periodicità
drasticamente minore (∼ 1.6ms). Le principali motivazioni alla base di
questo fenomeno potrebbero essere due:
1. Il tasso di rallentamento dell’oggetto è assai inferiore a quello comunemente osservato in questa tipologia di pulsar. Ciò renderebbe
questa stella di particolare interesse per future osservazioni mirate a
comprendere le dinamiche evolutive di questo sistema.
53
54
CAPITOLO 6. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI
2. L’età stimata per il SNR non è corretta. Sarebbero perciò necessari
ulteriori studi per comprendere meglio la peculiare evoluzione di DA
530. È comunque bene ricordare che tuttora gli studi sull’età del sistema, cosı̀ come quelli sulla distanza, forniscono valori affetti da grande
incertezza.
Supponendo esatta la prima opzione, vale la pena stimare alcuni dei
parametri caratteristici della pulsar. Sia dunque P il periodo rotazionale
della pulsar: se essa, al momento della sua nascita, ∼ 5000 anni or sono, era
dotata di un periodo iniziale, in accordo con i modelli teorici, circa pari a
Pi = 1ms, è possibile stimare un tasso di rallentameto medio Ṗ come segue:
Ṗ =
P − Pi
s
≈ 4 · 10−15
T
s
(6.1)
Dove T è l’età del sistema. Dalla relazione (1.10) otteniamo immediatamente che:
B ≈ 8 · 1010 G
(6.2)
Come previsto, l’intensità del campo magnetico associato all’oggetto si
attesta intorno ai valori più bassi associabili a pulsar isolate in questo stadio
di vita.
Nonostante non sia possibile, con i dati ottenuti, confermare la natura
di PWN dell’oggetto, risulta comunque interessante una stima di alcuni dei
possibili parametri della nebulosa.
Precedenti studi sulla sorgente XMM J205314.4+551528 hanno permesso
di stimare la sua luminosità nella banda X (2-10 keV), fornendo un valore circa pari a ∼ 1032 erg/s, ad una distanza di 2,2 kpc (Bocchino et al,
2006). Poichè dagli studi sulle PWN è noto che l’efficienza del processo di
conversione (ǫ = LP W N /Ė) del vento relativistico in radiazione X si attesta ragionevolmente in un intervallo 10−6 − 10−1 (Cheng et al., 2004), è
possibile stimare un intervallo di valori di Ṗ associabili alla pulsar e verificarne la consistenza col valore medio calcolato precedentemente. Sia dunque
ǫmax = 10−1 e ǫmin = 10−6 , nota la luminosità si ha che:
1033
erg
erg
< Ė < 1038
s
s
Poiché dalla meccanica classica è noto che Ė =
abbiamo che:
(6.3)
4π 2 I
Ṗ ,
P3
con I ∼ 1045 g cm2
s
s
< Ṗ < 10−17
(6.4)
s
s
Il valore medio del tasso di rallentamento ottenuto nella sezione precedente non si colloca all’interno di questo intervallo. Sulla base di questo
10−22
6.2. IPOTESI 2: SEGNALE DI NATURA NON COSMICA
55
ragionamento possiamo ritenere il candidato non consistente con un fenomeno di PWN di tipo bow-shock. Infatti, con Ṗ ∼ 10−15 s/s avremmo
Ė ∼ 1040 erg/s quindi ǫ ≈ 10−8 , valore due ordini di grandezza inferiore
a quello minimo atteso. Tuttavia, una bassa efficienza di conversione della
radiazione potrebbe sussitere se si tiene conto che il PWN potrebbe essere
formato da una pulsar molto debole e che esso si espande in un ambiente
anomalo. Per di più, il valore utilizzato per la luminosità potrebbe non essere corrispondente a quello reale in quanto esso viene stimato per un oggetto
posto alla distanza di 2.2kpc, valore tuttora incerto. Infine, le efficienze utilizzate nei calcoli sono stimate in base ad un ristetto campione di oggetti e
sono, quindi, tuttora fonte di studio.
6.1.2
Segnale esterno al SNR
Il segnale candidato ottenuto dalla ricerca di cui al capitolo precedente
potrebbe appartenere ad un oggetto cosmico esterno. È infatti ovvio che, al
momento dell’osservazione, il radiotelescopio raccoglie la radiazione proveniente da una regione del cielo non perfettamente delimitata alla sorgente
interessata. In questo caso, alle frequenze tra 1.73 e 2.6 Ghz, la risoluzione
del GBT è di 5.8’ contro i 40” di estensione del bersaglio puntato.
La radiazione raccolta, inoltre, può aver avuto origine da sorgenti, sia più
vicine che più lontane, il cui segnale è prospetticamente sovrapposto a quello
ricercato in DA 530. Tale possibilità è rafforzata se si tiene conto che, alle
alte latitudini galattiche in cui si trova l’oggetto di nostro interesse, il tasso
di variazione di DM con la distanza è molto minore rispetto a quello sul
piano galattico.
6.2
Ipotesi 2: segnale di natura non cosmica
Qualora il candidato esaminato non si rivelasse appartenente ad alcun
tipo di oggetto cosmico, è possibile indagare le cause che hanno portato
alla mancata rivelazione della pulsar. Da una parte questo potrebbe essere avvenuto a causa della luminosità intrinseca della sorgente: essa infatti
potrebbe risultare più bassa rispetto al valore misurabile dal radiotelescopio. Inoltre vi è sempre una non trascurabile probabilità che, nonostante il
sistema studiato contenga una pulsar, il cono di emissione non punti verso
la nostra linea di vista. Nelle seguenti sezioni verranno approfonditi questi
ragionamenti.
6.2.1
Luminosità della sorgente
In questa sezione si effettuerà una stima della massima sensibilità dell’osservazione effettuata, ovvero si stabilirà un limite inferiore per il flus-
56
CAPITOLO 6. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI
so rilevabile. La relazione che stabilisce il minimo flusso osservabile dal
radiotelescopio è la seguente (si veda §4.1 per ulteriori spiegazioni):
Smin
Tsys + Tsky
= SN Rmin p
G Np ∆t∆νM Hz
s
We
P − We
(6.5)
Alcuni dei parametri necessari per il calcolo della (6.5) vengono riportati
in Tab(6.1).
SN Rmin
Tsys (K)
Tsky (K)
G (K/Jy)
Np
∆t (s)
∆νM Hz
δt (ms)
5
26
1.31
1.9
2
14885
800
0.08192
Tabella 6.1: Alcuni parametri utilizzati per il calcolo di Smin . Tsky è stata
calcolata mediante il programma tt408 che chiede in input le coordinate
della sorgente.
L’ultimo termine sotto la radice della (6.5) contiene il periodo P, ovvero una stima media della periodicità attesa dalla sorgente esaminata, e
l’allargamento effettivo dell’impulso We pari a (vedi 4.2):
We =
q
W 2 + (βδt)2 + δt2DM + δt2scatt
(6.6)
La larghezza intrinseca dell’impulso W è stata stimata come il 15% del
periodo rotazionale, β è invece un coefficiente che dipedende dal ricevitore
e vale circa 2.
Il parametro δtDM è stato valutato con la relazione (4.10), per valutare
δtscatt , invece, si è fatto ricorso al modello di Taylor e Cordes (2002), il
quale, mediante il programma ne2001 che, chiedendo in input le coordinate
galattiche e la distanza della sorgente, fornisce in output il valore cercato
ad 1 GHz; tale risultato va poi scalato tenende conto di una dipendenza del
tipo ∝ ν −4 (4.12). Di seguito vengono riportati i valori ottenuti:
δtDM = 2.50 · 10−4 s
δtscatt = 2.39 · 10−8 s
(6.7)
6.2. IPOTESI 2: SEGNALE DI NATURA NON COSMICA
57
Dunque si sono calcolati i valori di flusso minimo per diversi periodi
rotazionali valutati in base alle caratteristiche del preseunto oggetto nel
SNR. Giunti a questo punto, è interessante introdurre un nuovo parametro,
la pseudoluminosità L, ovvero il prodotto tra il flusso (in mJy) e la distanza
al quadrato (in kpc). La pseudoluminosità è stata calcolata per ogni valore
di flusso minimo supponendo una distanza di ∼ 3kpc. Nella tabella 6.2
vengono riportati i risultati ottenuti.
In Fig(6.1-sopra) è riportata la distribuzione della pseudoluminosità a
1.4 GHz per un campione di circa 1400 oggetti. La freccia bianca indica il
valor medio di L da noi calcolato, scalato tenendo conto di un andamento con
la frequenza del tipo ∝ ν −1.8 . Dall’istogramma appare evidente che i valori
di flusso calcolati si collocano intorno ai valori medio-alti di quelli associati
alle pulsar campione. Possiamo dunque dedurre che la probabilità che la
sorgente radio in DA 530 abbia una luminosità minore di quella effettivamente osservabile non è assolutamente trascurabile, circa pari al 70%. Tale
probabilità scende intorno 55% se si considera un campione di circa 30 pulsar esclusivamente associate ai SNR (Fig:6.1-sotto). È dunque ragionevole
ricondurre la mancata detezione del segnale a questo fenomeno.
P (ms)
20
50
100
150
200
S (mJy)
6.204
6.189
6.187
6.186
6.186
L (mJy kpc2 )
55.84
55.70
55.68
55.67
55.67
Tabella 6.2: Flusso minimo rilevabile nell’osservazione compiuta e relativa
pseudoluminosità calcolati per un campione di periodi, ad una distanza di
∼ 3kpc.
58
CAPITOLO 6. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI
Figura 6.1: Distribuzione della pseudoluminosità a 1.4 GHz di 1400 pulsar
generiche (sopra) e 30 pulsar associate a SNR (sotto). La freccia indica
il valor medio di L stimato per l’osservazione di DA 530. I diversi colori rappresentano diverse tipologie di sorgenti, la cui differenziazione non è
interessante ai fini di questo lavoro.
6.2. IPOTESI 2: SEGNALE DI NATURA NON COSMICA
6.2.2
59
Geometria del sistema
L’emissione anisotropa di una radiopulsar, come si è visto, risulta osservabile qualora almeno uno dei due coni di emissione, durante la rotazione,
intersechi la linea di vista.
È possibile stimare, senza eccessive difficoltà, quale sia la probabilità che
nemmeno un cono di emissione punti verso il nostro sistema di rilevazione.
Sia f (α, η) la frazione di cielo spazzata dai due fasci radio di apertura α, se
η è l’angolo tra l’asse rotazionale e l’asse magnetico (Fig:6.2) si ha che:
Figura 6.2: Rappresentazione geometrica della frazione di angolo solido
spazzata dai coni di emissione.
1
f (α, η) = 2
4π
Z
θu
θl
2π sin θdθ = cos θl − cos θu
(6.8)
Dove θl = max(0, η−α) e θu = min(0, η+α). Una stima precisa di questi
angoli non è fattibile con semplicità poiché, a priori, non può essere noto
l’esatto valore di η. Tuttavia, la probabilità che tale angolo sia compreso
in un intervallo tra η ed η + dη è pari a sin ηdη, perciò, se il range di
valori permessi ad η va da 0 a π/2, vale la seguente relazione (Emmering &
Chevalier, 1989):
f (α) =
Z
0
π/2
f (α, η) sin ηdη = (1 − cos α) +
π
− α sin α
2
(6.9)
È dunque necessario stimare un buon valore per l’angolo α. Se si assume
conservativamente una larghezza dell’impulso pari al 15% del periodo rotazionale, troviamo un valore per l’angolo semi-apertura circa pari a ∼ 27◦ .
60
CAPITOLO 6. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI
Inserendo questo valore nella (6.4) si ottiene f (α) ≈ 0.61, pertanto la probabilità che nemmeno un cono di emissione radio intersechi la linea di vista
è:
P = [1 − f (α)] = 0.39
(6.10)
Dunque la probabilità che una pulsar, pur emettendo in radio, non sia
in alcun modo rivelabile è circa pari al 40%, un valore assolutamente non
trascurabile. Probabilità ancora più elevate si ottengono se si assume un
cono di semiaperutura più piccolo dei 27◦ ipotizzati sopra.
Conclusioni
Nel presente lavoro di tesi si è analizzata l’osservazione del resto di supernova DA 530, proposta da Burgay, Bocchino, Bandiera e Possenti, ed
effettuata nel 2007 con il radiotelescopio GBT (freq. centrale: 1850 MHz,
larghezza banda: 800 MHz). L’analisi è stata svolta al fine di individuare,
all’interno del resto, una pulsar emittente nelle onde radio, ovvero una stella di neutroni rapidamente rotante e dotata di un intenso campo magnetico
(§1).
DA 530 si presenta come un guscio posto una distanza, ancora incerta,
tra i 2.2 e 3.5 kpc e circa 400 pc sopra il piano galattico, con un’età, anch’essa
incerta, attorno ai 5000 anni. Caratterizzato da forte simmetria bilaterale
e da un intenso campo magnetico tangenziale, si è evoluto in una bolla di
vento stellare, probabilmente causata da precedenti fenomeni di formazione
stellare, e in un mezzo assai rarefatto, tipico delle alte latitudini galattiche
(§3) (Landecker et al., 1999).
L’analisi nella banda X (Bocchino et al., 2006) ha evindenziato la presenza di
un’estesa area emittente negli X duri, denominata XMM J205314.4+551528,
le cui caratteristiche emissive e geometriche la rendono un’ottima candidata
per ospitare al suo interno un pulsar wind nebula (PWN), una nebulosa
energizzata dal vento relativistico di particelle emesse da una pulsar (§2).
L’analisi dell’osservazione è stata effettuata con la suite di programmi
PRESTO, sviluppata da S. Ransom nel 2004 (§4). Dallo studio dei dati (§5)
non è stato possibile rilevare alcun segnale chiaramente appartenente ad una
pulsar, con l’eccezione di un unico candidato, con periodicità di ∼ 1.6ms e
DM ∼ 80pc cm−3 , le cui struttura è meritevole di ulteriori osservazioni, atte
a confermare la sua veridicità.
Si è dunque sviluppata un’analisi interpretativa dei risultati (§6) in cui
si è ipotizzata una reale natura cosmica del candidato e si sono esaminate le
caratteristiche della pulsar eventualmente associata. Sulla base dell’età del
SNR si è dimostrato che il tasso di rallentamento (Ṗ ∼ 10−15 s/s, dunque il
suo campo magnetico B ∼ 1010 G) si attesta su valori generalmente inferiori
a quelli ipotizzabili per una pulsar con 5000 anni di vita.
Dagli studi di Bocchino et al., i quali stimano una luminosità in banda X
nell’ordine dei ∼ 1032 erg/s, e tenendo conto che il range di efficienze ca61
62
CAPITOLO 6. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI
ratteristico dell’emissione X di una PWN varia nell’intervallo 10−6 − 10−1
(Cheng et al. 2004), si è stimato un ulteriore intervallo di valori di Ṗ associabili alla pulsar che energizza il PWN. I risultati ottenuti suggeriscono
un Ṗ variabile nell’intervallo tra ∼ 10−22 s/s e ∼ 10−17 s/s, quindi in disaccordo con il valore su menzionato di 10−15 . Tuttavia è bene ricordare che
il tasso di rallentamento e la luminosità sono state valutate per un oggetto
con età e distanza assai incerte; il range di efficienze, inoltre, è riferito ad
una statistica di pochi esamplari, tuttora in fase di discussione.
È stato preso in considerazione anche il caso in cui il segnale sotto esame,
pur appartenendo ad un oggetto cosmico, sia originato da una sorgente
esterna al SNR, dunque frutto di una sovrapposizione prospettica nel campo
di osservazione.
Successivamente si è ipotizzato invece che il candidato fosse frutto di
interferenze radio durante l’osservazione o di una fluttuazione statistica nel
processo di analisi. Sono state dedotte alcune motivazioni che potrebbero
spiegare la mancata rilevazione della sorgente radio. In primo luogo si è calcolato il flusso minimo rilevabile nell’osservazione. I risultati ottenuti sono
stati confrontati con un campione di pulsar e si è dimostrato che la possibilità che il segnale pulsar non sia stato rilevato a causa di una luminosità
intrinseca minore di quella osservabile è particolarmente rilevante (∼ 70%).
Inoltre, la probabilità che nessuno dei due coni attraversi la linea di vista e
che quindi il segnale radio, magari presente, non sia in alcun modo rilevabile
è almeno pari al 40%.
Possiamo dunque concludere che il resto di supernova DA 530 è meritevole di ulteriori osservazioni mirate a indagare la validità del candidato
esaminato. Qualora infatti esso venisse confermato si potrebbero stimare con maggiore precisione l’età e la distanza del sistema ed analizzare la
struttura del PWN associato ad esso.
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arXiv:1008.4741lv1 [astro-ph.HE] 27 Aug 2010.
Ringraziamenti
Desidero ringraziare in primo luogo il mio relatore, il Prof. Nichi D’Amico, per avermi dato la possibilità di svolgere questo lavoro di tesi. Un
enorme ringraziamento va ai miei co-relatori, Marta Burgay ed Andrea Possenti, per l’enorme quantitativo di pazienza e disponibilità che mi hanno
concesso (anche dall’altro capo del mondo) durante la stesura di questa tesi
e per avermi introdotto all’intrigante mondo delle pulsar.
Un grazie va inoltre ad Alberto Pellizzoni e ai suoi insegnamenti sulle Pulsar
Wind Nebulae. Spero vivamente, nel futuro, di poter riprendere lo studio
di questi affascinanti oggetti cosmici.
Un enorme ringraziamento va a tutti i ricercatori e il personale dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari per la calorosa accoglienza e simpatia. In
particolare ad Adina, Noemi e Sabrina per i loro indispensabili caffè pomeridiani! Il ringraziamento è doppio per Noemi, che, grazie ai suoi consigli,
ha reso questa piccola impresa un po’ meno difficile.
È per me un dovere rivolgere un sentito ringraziamento a chi, nel corso
di questi anni, ha creduto e lavorato con me. In particolare a Federico, il
quale, sulla base di processi fisici ancora da chiarire, ancora mi sopporta; a
Martina, per la nostra vetusta ed intramontabile amicizia e perchè sta con
Marco, il miglior cuoco della Galassia; ai miei compagni storici di laboratorio, Riccardo e Francesca, con i quali ho condiviso i momenti più disperati
di questo triennio universitario; a Sara, perchè se non la ringrazio ora Tomorrow Could Be Too Late; a Monica, alla quale dimostrerò che il metodo
migliore per far funzionare un computer è minacciarlo; ai miei istruttori,
Sabrina ed Alessandro, e a tutti i miei compagni del Tempio di Shaolin.
Credo che questo lavoro sia esattamente un primo punto di arrivo che
mi proposi all’inizio della mia carriera universitaria o, probabilmente, della
carriera scolastica. Pertanto ringrazio tutti coloro che, a modo loro, hanno contribuito sia a spianare che a riempire di ostacoli questa affascinante
strada.
65
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