Ricerche scientifiche nello spazio Il satellite “Fermi” a caccia di pulsar Il satellite Fermi, del peso di circa 4 tonnellate, lanciato dalla NASA circa un anno fa, viaggia ad un’altezza di 565 Km compiendo un giro della terra ogni 90 minuti: sta esplorando la volta celeste e trasmetterà i dati a terra sino al 2018. E’ stato realizzato da una collaborazione internazionale in cui la componente italiana, finanziata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e dall’Agenzia Spaziale Nazionale, ha avuto il compito della costruzione del dispositivo principale di rivelazione dei segnali. Un folto gruppo di docenti e ricercatori del Dipartimento di Fisica della nostra Università, del Politecnico e dell’Infn in questo contesto ha avuto a sua volta un ruolo strategico nella messa a punto di questo apparato e nell’acquisizione ed analisi dei dati. Lo scopo principale della missione scientifica è quello di osservare i raggi gamma provenienti dalle regioni più remote dell’universo, dove hanno luogo cataclismi cosmici non ancora ben compresi che coinvolgono supernove, pulsar, quasar … che a loro volta testimoniano, in funzione della loro distanza, ere molto turbolente in cui l’universo era più giovane di diversi miliardi di anni di quello attuale. I raggi gamma sono fotoni, cioè costituenti elementari della radiazione elettromagnetica, come del resto le onde radio, la luce visibile, i raggi X, i raggi UV: essi sono prodotti in reazioni nucleari con energie milioni di volte superiori a quelle dei fotoni della luce visibile. La cobalto-terapia si avvale proprio di questa radiazione. I raggi gamma cosmici, spesso possono avere energie superiori anche a cento miliardi di volte quelle dei fotoni visibili, e a differenza di questi riescono ad attraversare distanze sino ai limiti dell’universo osservabile senza essere troppo attenuati; inoltre a differenza della radiazione cosmica corpuscolare non sono deviati dai campi magnetici presenti nell’universo: quindi recano informazioni certe sulla posizione e sull’evoluzione della lontanissima sorgente di partenza. Lo studio della radiazione X, e recentemente di quella gamma, ha mostrato un aspetto dell'universo violento e rapidamente variabile che ha profondamente rivoluzionato l'astronomia moderna e più in generale l'idea stessa che avevamo di un universo quasi “immutabile”, come ci è apparso per secoli osservandolo con telescopi ottici. L’aspetto più singolare di queste affascinanti ricerche è che anche i più giovani vi possono dare contributi preziosi e significativi. Infatti due giovani ricercatori baresi, Francesco Giordano e Andrea Caliandro, attraverso una serie accurata di analisi dei segnali captati dal dispositivo di rivelazione dei raggi gamma, hanno contribuito alla scoperta di un numero incredibile (sinora oltre cinquanta) di stelle di neutroni o pulsar, superstiti di stelle molto massicce che alla fine della loro vita evolutiva, quando hanno esaurito il loro combustibile nelle reazioni termonucleari che le fanno risplendere, collassano a causa della forte gravità e quindi esplodono. Si parla in tal caso di esplosione di supernova e se queste poco prima dell’esplosione hanno massa pari ad almeno una volta e mezza quella del sole, generano una stella di neutroni. La storia di questi corpi celesti inizia nel ’67 quando la ventiquattrenne ricercatrice britannica Jocelyne Bell scoprì una sorgente cosmica di impulsi radio con cadenza estremamente regolare pari a 1.3 secondi e quindi ancora altre con cadenze o periodi diversi. Furono interpretate come stelle pulsanti e quindi denominate pulsar, acronimo di “pulsating radio sources”: ci furono ovviamente anche suggestioni fantascientifiche che tentarono a tutti i costi imputare il fenomeno a segnali di intelligenze aliene! Nel ’68 nella nebulosa del Granchio fu scoperta una pulsar con pulsazioni di luce visibile con cadenza pari a 33 millesimi di secondo che è stata ricondotta alla supernova osservata in Cina nel 1054. Successivamente sono state associate nuove pulsar a supernove esplose negli ultimi duemila anni e riportate nelle cronache di varie civiltà. Due davvero spettacolari furono osservate da T.Brahe e da J.Keplero e usate da Galileo come prova contro l'immutabilità delle sfere celesti. L’ultima risale al 1987 ed è esplosa appena fuori dalla nostra galassia. Queste corpi celesti hanno proprietà davvero eccezionali, ma ancora poco chiare: per esempio molti non emettono impulsi radio ma solo raggi gamma. Il processo di emissione pulsata ora è attribuito a intensi fasci di radiazione generati nell’intenso campo magnetico della stella: mentre questa ruota vorticosamente su se stessa essi si allineano con la nostra visuale con la cadenza osservata come la luce intermittente di un faro. Il campo magnetico è davvero elevatissimo: circa dieci miliardi di volte quello utilizzato in un apparecchio clinico di risonanza magnetica nucleare! A causa di questa intensa emissione l’ energia di rotazione e quindi il periodo di pulsazione si riducono in maniera consistente con il tasso di energia irradiata, ma in modo discontinuo, il che ci fa ritenere che l’astro non abbia le proprietà di un fluido. Si ritiene che abbia una crosta solida levigata spessa un km (forse di ferro) che subisce spinte e riassestamenti periodici e improvvisi a causa delle forze d’attrito discontinue tra essa e l’interno. Modelli di interpretazione più avanzati suggeriscono che le pulsar sarebbero oggetti minuscoli con raggi di appena una decina di km, ma avrebbero densità media di diecimila miliardi di volte quella del piombo, gravità superficiale pari a mille miliardi di volte quella terrestre, masse non superiori al triplo di quella del nostro sole: pertanto le asperità della superficie, cioè le sue montagne, non potrebbero superare il millimetro! Gli strati più interni, spessi sempre 1 km sarebbero di nichelio e germanio, circondano quindi un nocciolo di neutroni con piccole quantità di protoni ed elettroni (i neutroni sono particelle con carica elettrica nulla ed insieme ai protoni costituiscono i nuclei degli atomi). Si stima che nella nostra galassia, che ospita almeno un centinaio di miliardi di stelle, ci siano circa cento milioni di questi corpi celesti, ma non tutti sono rivelabili sia perché i loro fasci rotanti possono non intercettarci, sia perché potrebbero essere assorbiti dalla materia circostante. Pertanto l’osservazione delle pulsar attraverso i raggi gamma emessi, proprio perché questi possono giungere a noi anche dalle distanze più remote senza essere troppo attenuati, è cruciale per comprendere al meglio la struttura ed il meccanismo di funzionamento di questi astri. Prima del lancio di Fermi erano solo sette le pulsar osservate nella banda dei raggi gamma da missioni precedenti, e questi pochi esemplari non consentivano di spiegarne le proprietà con affidabilità. Adesso il gruppo dispone di un numero sempre maggiore di dati su queste stelle di neutroni, di cui analizzare le caratteristiche e nell’ambito di questa missione spaziale certamente si potranno dare tra poco spiegazioni più esaurienti e forse definitive. Paolo Spinelli -Dipartimento Interuniversitario di Fisica Responsabile scientifico presso la sezione Infn di Bari dell’esperimento “Fermi” Pulsar del Granchio vista dal telescopio ottico VLT del Cile Pulsar del Granchio vista con il telescopio a raggi X dal satellite CHANDRA: si notino i due fasci di radiazione emessi a 45°