collana CROCEVIA diretta da Giovanni Cucci, S.I. nella stessa collana Ferdinando Castelli A volte trovano Scrittori in ricerca Giovanni Cucci Abitare lo spazio della fragilità Oltre la cultura dell’homo infirmus Giovanni Cucci Paradiso virtuale o Infer.net? Rischi e opportunità della rivoluzione digitale Diego Fares Papa Francesco è come un bambù Alle radici della cultura dell’incontro Giovanni Fausti Islam e Cristianesimo Riflessioni di un testimone Francesco Evangelii gaudium Testo integrale e commento de «La Civiltà Cattolica» Mario Imperatori Il cammino pasquale di Gesù Dalla risurrezione alla parusia Antonio Spadaro (a cura di) La famiglia è il futuro Tutti i documenti del Sinodo straordinario 2014 Antonio Spadaro (a cura di) Pietro Favre Servitore della consolazione Il catalogo Àncora aggiornato si trova su www.ancoralibri.it Giovanni Cucci Dipendenza sessuale online La nuova forma di un’antica schiavitù Immagine di copertina di Jerin Mathew © 2015 ÀNCORA S.r.l. ÀNCORA EDITRICE Via G.B. Niccolini, 8 - 20154 Milano Tel. 02.345608.1 - Fax 02.345608.66 [email protected] www.ancoralibri.it N.A. 5552 ÀNCORA ARTI GRAFICHE Via B. Crespi, 30 - 20159 Milano Tel. 02.6085221 - Fax 02.6080017 [email protected] ISBN 978-88-514-1602-7 Introduzione Dipendenza sessuale e cybersex La difficoltà di riconoscere le dipendenze La sexual addiction (dipendenza da sesso) è stata riconosciuta come disturbo per la prima volta dallo psichiatra Richard KraftEbing nel 1886. Egli, nel suo libro Psychopathia sexualis (New York, Stein and Day, 1965), analizzando diversi casi in proposito, parlava di «iperestesia sessuale»: in pratica di una sensibilità particolarmente marcata nei confronti della sessualità, che assilla la persona senza consentirgli di trovare sollievo, neppure dopo ripetute e continue esperienze. In questo libro Kraft-Ebing riconosceva anche il carattere plastico della sessualità, che può riguardare gli aspetti più diversi della vita, i pensieri, gli atteggiamenti, le relazioni, il linguaggio e l’uso del tempo, fino a non lasciare più spazio per altro che non sia la ricerca spasmodica del piacere erotico; e così la persona resta sempre più sola, triste e frustrata, accentuando le componenti distruttive, per sé e per altri. E sono proprio questi aspetti, come vedremo, a richiedere una particolare attenzione per riconoscere e gestire questo tipo di disturbo. Alla sexual addiction sono infatti associati atteggiamenti gravemente lesivi del comportamento come il sadismo, le perversioni e la violenza, con conseguenze gravi anche sotto il profilo penale. Con questi termini la psichiatria intende un disturbo nella modalità dell’eccitamento sessuale, che si desta solamente in occasioni del tutto particolari, come vedere oggetti e indumenti (feticismo), indossare abiti dell’altro sesso (travestitismo), guardare rapporti sessuali compiuti da altri (voyeurismo), mostrarsi nudi (esibizio5 nismo), infliggere umiliazioni, violenze, fino a provocare la morte del partner (sadismo, stupro), o infine molestare, infliggere violenza, avere rapporti sessuali con bambini e adolescenti (pedofilia, efebofilia). I recenti e dolorosi casi di abuso su minori, al di là del clamore mediatico, hanno posto al centro dell’attenzione comune questo grave problema senza tuttavia entrare in merito alla sua psicodinamica e più in generale alla vasta fenomenologia dei comportamenti legati alle perversioni. Don Stephen J. Rossetti, già presidente del St. Luke Institute di Silver Spring (Maryland - USA), un centro di cura per sacerdoti affetti da gravi problemi, in particolare abusi sessuali, rileva ad esempio lo stretto collegamento tra pedofilia, perversione e aggressività negata: «Può essere sorprendente che sottostante a molte devianze e patologie sessuali vi sia una forma di rabbia consolidata, o di rabbia che si è erotizzata. Questa era la teoria di Robert Stoller nel suo libro: Perversione: la forma erotica dell’odio. Egli parlò di devianze sessuali nella forma di odio erotizzato. Questo è vero in particolare per gli abusi sessuali dei bambini»1. Nonostante la gravità di questi fenomeni e di altri altrettanto inquietanti (come il legame tra pornografia e violenza), la dipendenza sessuale non è attualmente considerata come un disturbo di tipo psicologico e non si trova quindi inclusa nel principale testo di riferimento in questo campo, il Manuale Diagnostico e StatiS.J. Rossetti, «From Anger to Gratitude. Becoming a Eucharistic People: The Journey of Human Formation», conferenza tenuta alla Pontificia Università Gregoriana il 26-3-2004, manoscritto. Per Stoller, la perversione «è innanzitutto il risultato di una sostanziale interazione fra ostilità e desiderio sessuale […]. Quanto più manifesta è l’ostilità, tanto minori sono i dubbi che si tratti veramente di perversione. L’omicidio, la mutilazione come fonti di eccitazione sessuale, la violenza carnale, il sadismo con punizioni fisiche precise […], sono altrettante forme, in scala discendente, di una rabbia cosciente contro il proprio oggetto sessuale, forme nelle quali essenziale è quello di essere superiore all’altro, di infliggergli un danno, di trionfare su di lui» (R. Stoller, Perversione: la forma erotica dell’odio, Milano, Feltrinelli, 1978, 9, 66). Questa necessità di esprimere con la violenza una superiorità, propria dell’atto perverso, spiegherebbe la grave carenza di relazioni «alla pari» riscontrata in coloro che compiono abusi sessuali. 1 6 stico dei Disturbi Mentali, comunemente conosciuto come DSM. La IV edizione rivista (DSM-IV-TR), pubblicata nel 2000 a opera dell’Associazione Psichiatrica Americana (APA), seguendo le precedenti edizioni del 1994 e del 1987 (DSM-IV; DSM-III-R), tralascia i termini «perversioni» e «deviazioni», perché ritenuti giudicanti e moralistici, in altre parole non «scientifici», per mantenere il solo termine di «parafilie». Le parafilie vengono classificate tra i disturbi «clinici» (i cosiddetti disturbi dell’Asse I), intendendo con questo termine i «disturbi che di solito esordiscono nella prima, nella seconda infanzia, o nell’adolescenza»2. Essi influiscono in modo significativo sulla dinamica psichica generale dell’individuo, fino alla psicosi: tra questi disturbi si trovano la schizofrenia, i disturbi affettivi, i disturbi d’ansia, i disturbi dissociativi, i disturbi da uso di sostanze e la demenza. I medesimi criteri di valutazione si trovano anche nella decima edizione dell’International Statistical Classification of Disease and Related Health Problems (ICD-10), pubblicato a Ginevra nel 1992. Anche l’ultima edizione (la V) del DSM (pubblicata negli Stati Uniti nella primavera del 2013 e in Italia l’anno successivo), pur avendo aumentato enormemente il numero di disturbi possibili (più di 400, tra cui figurano comportamenti molto meno allarmanti, come la depressione post partum e l’astinenza da caffè) non menziona mai la dipendenza sessuale: a differenza del caffè, essa non sembra suscitare problemi sul versante psicologico. Si parla piuttosto di «disfunzioni sessuali», ma senza entrare in merito a una dipendenza in questo ambito, giustificando tale scelta con il fatto che «la ricerca suggerisce che la risposta sessuale non è sempre un processo lineare e uniforme, e che la distinzione tra alcune fasi (ad esempio, il desiderio e l’eccitazione) potrebbe essere artificiale»3. La Associazione Psicologica Americana, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, 4a ed. (DSM-IV), Milano, Masson, 2000, [111], 51. 3 Associazione Psicologica Americana, «Highlights of Changes from DSM-IV-TR to DSM-5», 13, <www.dsm5.org/Documents/changes%20from%20dsm-iv-tr%20 to%20dsm-5.pdf>. 2 7 stessa problematica delle perversioni è stata ben presto derubricata dai trattati, con la motivazione che si stava operando una discriminazione nei confronti di coloro che mettono in atto atteggiamenti non conformi al sentire comune4. La perversione (nel senso indicato da Stoller) è invece un elemento preponderante della dipendenza sessuale, come vedremo, eppure non trova posto nell’universo ufficiale della psicologia e della psichiatria. Come a dire che su queste cose ognuno deve arrangiarsi come può. Certo, la cautela circa la complessità delle possibili interpretazioni va mantenuta: anche se i dati risultano eloquenti, si tratta pur sempre di una variabilità statistica. Nel comportamento umano non è possibile riscontrare un mero rapporto di causa-effetto, proprio a motivo della libertà e della complessa struttura della personalità. Ma un cibo velenoso rimane tale anche se non uccide sempre coloro che lo assumono. La tendenza a un approccio tecnico da parte della psichiatria contemporanea porta a trascurare l’importanza di quel cibo altrettanto indispensabile per la vita che è la cultura, per accanirsi invece su aspetti molto meno rilevanti della psiche. Il rischio di introdurre regole arbitrarie vale comunque per ogni tipo di comportamento e dinamica classificato come «disturbo», anche grave, come è stato più volte rilevato in sede di ricerca psichiatrica. Il caso della schizofrenia è un esempio emblematico5. Che fare dunque? Abolire il vocabolario della salute mentale perché di parte? Rinunciare a differenziare il comportamento? Il disagio conseguente a queste situazioni risulta d’altra parte «Determinare la devianza di un individuo nell’area della sessualità implica stabilire una chiara norma per il comportamento sessuale. Chi stabilirà tali norme? La psichiatria dovrà essere il guardiano morale del comportamento sessuale? Possiamo usare termini come deviazione sessuale, perversione o anche parafilia senza che sembrino peggiorativi?» (G. Gabbard, Psichiatria psicodinamica, Milano, Cortina, 1995, 307). 5 Per una panoramica al riguardo cf E. Minkowski, La schizofrenia, Einaudi, Torino, 1998; R. Laing, L’io diviso. Studio di psichiatria esistenziale, Einaudi, Torino, 2010; L. Sass, Follia e modernità. La pazzia alla luce dell’arte, della letteratura e del pensiero moderni, Milano, Cortina, 2013. 4 8 ben noto a medici e psichiatri che hanno a che fare con pazienti ossessionati da queste problematiche, vissute con disagio e ansia, anche a motivo delle possibili conseguenze penali, insieme alla frustrazione di non poterle contrastare. Nonostante queste riserve, la dipendenza sessuale ha trovato un campo di studio e ricerche sempre più ampio e diversificato a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, evidenziando forti somiglianze con altre forme di disagio (alcool, droga, alimentazione, gioco, acquisti). I comportamenti perversi e le gravi e pesanti conseguenze – in termini di disagio e sofferenza – avvertite, oltre che dalle vittime, da coloro che le mettono in atto, non sono certo scomparsi, e richiedono un aiuto adeguato. Il problema rimane intatto nella sua gravità, ma come diventa possibile affrontarlo senza una ricerca e una attenzione consapevoli della non ovvietà di tali comportamenti? Resta infine da domandarsi come mai il fenomeno delle dipendenze sia diventato così ampio e diversificato, andando ben al di là della classica «sostanza», e si ritrovi nelle situazioni più diverse dal punto di vista professionale, di ambiente e di classe sociale, e si sia diffuso in modo così capillare nelle nostre società6. È strano che proprio ciò che dovrebbe offrire gioia, piacere e voglia di vivere, finisca per diventare una delle maggiori fonti di disagio, infelicità e morte. È il punto terminale cui porta un bene che si è trasformato in modalità viziosa. Il cybersesso Le gravi problematiche sin qui emerse trovano un riscontro ancora più preoccupante e marcato nel caso delle dipendenze sessuali online, un fenomeno sempre più diffuso e devastante, in quanto presenta suggestioni cui difficilmente può sfuggire chi ne è affetto. Cf A. Giddens, La trasformazione dell’intimità. Sessualità, amore ed erotismo nelle società odierne, Bologna, il Mulino, 1995, 77, 78; C. Guerreschi, La dipendenza sessuale. Quando il sesso può uccidere, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2011, 73. 6 9 Ma cosa s’intende con l’espressione cybersex? Si può riprendere la definizione proposta da Tonino Cantelmi, uno dei pionieri in Italia negli studi sulla dipendenza da Internet: «Il cybersesso può essere operativamente definito come un’attività sessuale online tramite la quale le persone utilizzano Internet per mettere in atto attività sessuali eccitanti o gratificanti. Queste includono, ad esempio, guardare foto o video erotici, leggere materiale sessuale, utilizzare chat erotiche, scambiarsi email ed immagini esplicitamente sessuali, condividere fantasie sessuali mentre entrambe le persone si masturbano. Questo utilizzo diviene patologico quando la persona non riesce a farne a meno nonostante evidenti conseguenze negative nella propria vita, a livello personale ed interpersonale»7. Lo studio di questa dipendenza evidenzia una costante puntualmente presente nel controverso tema della bontà/nocività di Internet, e cioè che esso è uno specchio che amplifica ciò che è già presente nella vita ordinaria, su altra scala: «Secondo la Società Italiana di Intervento sulle Patologie Compulsive (S.I.I.Pa.C.), gli elementi che possono favorire lo sviluppo della cyber-porn addiction, quali psicopatologie pre-esistenti (depressione, disturbi ossessivo-compulsivi, ecc.), condotte rischiose (eccessivo consumo, riduzione delle esperienze di vita e di relazioni “reali”) ed eventi di vita sfavorevoli (portando a problemi lavorativi, familiari, amicali, ecc.), sono accentuati dalle caratteristiche della rete, ovvero anonimato ed estrema facilità nell’accedere ai servizi»8. D’altra parte, anche se il cyberdipendente manifesta problemi e difficoltà molto simili a quanto riscontrato nel mondo reale, è tutT. Cantelmi - E. Lambiase, «La dipendenza da cybersesso: dall’uso ricreativo a quello patologico delle condotte sessuali online», in Psicotech, 4 (2006), n. 4, 7-28, qui 8. 8 S. Ficocelli, «Troppi porno, non ricordo più nulla: i film hard danneggiano la memoria», in la Repubblica.it, 18 dicembre 2012; cf F.O. Poulsen - D.M. Busby - A.M. Galovan, «Pornography Use: Who Uses It and How It Is Associated with Couple Outcomes», in Journal of Sex Research, 2013, Vol. 50, Issue 1, 72-83; cf G. Cucci, Paradiso virtuale o Infer.net? Rischi e opportunità della rivoluzione digitale, Milano-Roma, Àncora - La Civiltà Cattolica, 2015. 7 10 tavia anche importante rilevare alcune nuove possibilità (e quindi anche nuovi motivi di preoccupazione) che il web presenta rispetto alla pornografia stampata e in DVD in voga prima dell’avvento dell’era digitale. La psicologa Patricia Wallace evidenzia a questo proposito soprattutto quattro aspetti differenziali: 1) il tempo dedicato alla pornografia (e l’influsso sulla fantasia e la mente) tende ad ampliarsi. L’offerta sempre nuova e soprattutto gratuita e facilmente disponibile porta a un sensibile aumento di questa dimensione nella vita del dipendente. Con effetti sempre più devastanti, come si vedrà; 2) la diffusione, a differenza del mezzo stampato, raggiunge una fascia sempre più grande. Ciò può diventare pericoloso per chi, nell’età dello sviluppo, comincia a fare i conti con la dimensione delicata e complessa della sessualità (insieme alle sottostanti e altrettanto critiche problematiche, legate alla solitudine, al senso di inferiorità e di frustrazione cui la pornografia sembra offrire una potente modalità di compensazione); 3) l’anonimato. Chi naviga può coprire le proprie difficoltà relazionali, o la mancata accettazione di sé; è sufficiente cliccare ed entrare a piacimento negli ambienti più graditi, ma soprattutto si può decidere quale identità assumere, grazie alle innumerevoli possibilità offerte dalle comunità virtuali (Second Life, Avatar…). Si avverte in altre parole la sensazione di essere onnipotenti. Anonimato significa anche la possibilità di accedere al materiale pornografico evitando la spiacevole situazione di doverne fare richiesta all’edicolante, come avveniva prima. Ma soprattutto ora è possibile trovare gratuitamente materiale a volontà, anche se poi molti si affezionano a siti e a personaggi che si esibiscono a pagamento, rovinandosi economicamente molto di più che con l’acquisto di materiale cartaceo. È un fatto che la pornografia su Internet sta diventando un business sempre più rilevante, anche all’interno delle molteplici diramazioni del web: «Il sesso su Internet è al terzo posto per valore economico nella Rete. Ogni secondo si spendono 11 in Internet circa 90 dollari in materiale pornografico e quasi 30.000 persone lo stanno guardando, quasi sempre dall’ufficio; ogni giorno nascono centinaia di nuovi siti porno. Ce n’è abbastanza per dire che siamo di fronte a un’emergenza poco appariscente perché consumata in silenzio e in solitudine, ma estremamente subdola perché va a minare non solo i rapporti di coppia, ma la capacità dell’individuo di avere relazioni sane e, nei casi più gravi, di affrontare e vivere la realtà»9. 4) il virtuale favorisce l’allentamento dei freni inibitori e quindi la facilità ad acquisire comportamenti viziosi senza avvertirne la gravità: «Le persone si sentono più libere di leggere storie erotiche sullo schermo o di guardare immagini a sfondo esplicitamente sessuale al loro computer, ma probabilmente non sarebbero mai entrate in un cinema per adulti né avrebbero assistito a uno spettacolo erotico. Su Internet è anche maggiore la libertà di esplorare ambiti della sessualità quali feticismo, devianza, sottoculture alternative in modi che non erano nemmeno immaginabili in passato»10. E, questo, vale soprattutto per la pornografia violenta, con conseguenze rilevanti nei confronti dei reati a sfondo sessuale. La dipendenza sessuale esisteva certamente anche prima di Internet; per questo non ha senso attribuire la colpa esclusivamente alle nuove tecnologie. Il virtuale però esercita un fascino ancora più invasivo, a motivo di quelle che Al Cooper chiama le 3 A: Accesso, Affidabilità e Anonimato11. A queste si deve indubbiamente aggiungere l’interattività, che è la vera grande novità del mondo virtuale 2.0. <www.medicinalive.com/generale/dipendenza-da-cybersex-la-nuova-patologiacompulsiva/>. 10 P. Wallace, La psicologia di Internet, Milano, Cortina, 2000, 234. 11 Cf A. Cooper, «Sexuality and the Internet: surfing into a new millennium», in Cyberpsychology & Behavior, 1998, 1(2), 187-193. 9 12