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EURO
L’euro senza
Europa
Nei Balcani le banche centrali fanno da sé:
il Kosovo e il Montenegro hanno adottato l’euro
senza aderire all’Unione europea
di Andrew Jackson
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M
entre i regolatori dell’Unione europea
riesaminano l’architettura di base
dell’euro, la valuta sembra seguire invece l’obiettivo imperiale di diffondersi nel
mondo. Tutti i membri della Ue, eccetto il Regno
Unito (e la Danimarca) che ha(nno) negoziato
una clausola d’esenzione, sono obbligati a introdurre la moneta comune nel momento in cui
soddisfano i criteri di convergenza. Tanto che
certi Paesi membri, come la Svezia e la Repubblica Ceca, fanno molta attenzione a non ottemperarli per poter conservare come moneta
la corona svedese e quella ceca. Altri, come
l’Estonia, si sottopongono invece a una drastica
austerità per adottare l’euro, come faranno gli
Estoni nel 2014.
Forse però c’è un’altra strada, quella del Kosovo e del Montenegro che lo hanno adottato
unilateralmente. Anche se è stato in parte uno
sviluppo naturale, poiché già prima dell’Unione monetaria i loro cittadini usavano il
marco tedesco, essa configura comunque un
meccanismo inusuale tramite il quale un Paese
delega lo strumento di scambio a un altro economicamente più forte. E non a seguito di trattative di una commissione valutaria: i due
Paesi hanno semplicemente abolito le valute.
L’ex governatore della Banca centrale del
Montenegro ricorda che il suo Paese ha preso
la decisione prima che l’euro entrasse in circolazione, per evitare che lo smembramento
della Jugoslavia innescasse nel Paese un ciclo
di iperinflazione. L’approccio tuttavia potrebbe
impedire ai due Paesi di accedere alla Ue.
Le regole per l’adesione alla Ue prevedono,
infatti, prima l’avvio della regolare procedura
e solo in seguito la verifica e l’autorizzazione
ad adottare l’euro. I requisiti fiscali, d’inflazione e di tassi d’interesse, difficilmente sono
assolti da Paesi che devono ancora percorrere
una lunga strada economica o nei quali i salari
crescono a un ritmo molto più serrato che nella
potente Germania.
D’altronde, mentre le banche dell’eurozona
subivano gli scossoni della crisi finanziaria
globale, costringendo le loro banche centrali
a garantire innanzitutto la stabilità finanziaria,
quelle del Kosovo “superavano la crisi quasi
del tutto indenni”, come spiega Bostjan Jazbec,
oggi governatore della Banca centrale della
Slovenia e membro del Consiglio direttivo
della Bce, ed ex consulente della Banka Qendrore e Republikës së Kosovës, fondata con
l’indipendenza kosovara.
Uno dei motivi è stato il livello quasi elementare del comparto bancario commerciale
in un Paese nato solo nel 2008, con uno status
geopolitico ancora da definire e con garanzie
sulla proprietà privata incerte. “Per precauzione, abbiamo trasformato i depositi in prestiti a lungo termine, ovvero il cuore dell’attività bancaria”, dice Jazbec, “e non avevamo gli
strumenti ipersofisticati”, come i derivati, le
cartolarizzazioni o altri veicoli finanziari complessi usati dalle banche.
Diversamente che nel Kosovo, “dove la proprietà dei terreni era poco regolamentata e pertanto inutile come garanzia di partenza per le
folli catene del credito immobiliare che si sono
viste altrove”, continua Jazbec, “altri paesi dell’Est della Ue, quali Romania e Ungheria, hanno
invece risentito pesantemente dello scoppio di
una enorme bolla del credito immobiliare.”
“Nei Paesi nei quali il sistema giudiziario è
debole e il capitale umano non ha ancora un
riconoscimento legale pieno, le banche incanalano la liquidità in eccesso verso i settori
che offrono garanzie reali: quello immobiliare
east global geopolitics
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REUTERS/CONTRASTO/HAZIR REKA
EURO
\ Anche i cambiavalute
per le strade di Pristina
si sono adeguati
all’introduzione
dell’euro.
e del credito commerciale”, aggiunge Jazbec.
Ciò spiega in parte la geografia della crisi
bancaria europea, particolarmente critica
lungo il Mediterraneo, dove gli ingranaggi della
giustizia tendono a girare lentamente, la proprietà intellettuale non è una priorità e le Costituzioni danno un contributo più agli ideali
utopici, che ai princìpi operativi.
Prima dell’euro, in Kosovo circolava formalmente il dinaro jugoslavo, ma i cittadini preferivano i contanti, se possibile marchi tedeschi,
dollari Usa o franchi svizzeri.
La bellezza dell’euro è che consente al sistema di disporre di un’unità valutaria contabile, che crea mercati del credito e alimenta la
crescita economica. Dopotutto, non è semplice
rendere operativa una banca se nessuno riconosce il valore della sua valuta.
Un altro vantaggio dell’importare una valuta
in toto dall’estero è che i politici locali non pos-
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sono sbizzarrirsi nelle
politiche per il controllo
dell’inflazione. L’Argentina ricorda che i sistemi
concepiti dalle commissioni valutarie non sempre sono a prova di bancarotta.
Per le autorità europee, le adozioni unilaterali dell’euro sono un bel
rebus. Bruxelles e Francoforte hanno già detto
che “non sono compatibili” con il Trattato che
governa la Ue e che “riguardano un ambito totalmente distinto dall’appartenenza all’area euro”,
precisando, tuttavia, che
l’euro si scambia liberamente e tutti possono
comprarlo o venderlo.
Ottenere un pieno diritto di voto presso la
Bce non è peraltro una priorità a Pristina o a
Podgorica: i loro Pil sono inferiori a quello di
Malta, il membro dell’eurozona più piccolo
per economia.
Resta aperta la domanda su che cosa faranno le banche centrali dei due Paesi balcani,
per esempio, rispetto al rischio di riciclaggio
o di altre operazioni fraudolente, o alla necessità di collaborare con la Bce per scambiare le
banconote consumate.
Ecco qui il problema. L’adozione unilaterale
dell’euro è una soluzione per la liquidità: offre
un mezzo di scambio, ma non vero denaro, e
meno ancora uno strumento politico.
Andrew Jackson è un noto analista macroeconomico e appare anche, egli ricorda, sulla banconota
da 20 dollari Usa.
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