LA MUSICA
Ho sempre avuto coscienza di un altro spazio in cui si muovevano gli oggetti delle mie
fantasticherie. Cercavo qualcosa di diverso dallo spazio reale. Di qui la mia curiosità per l’altro
emisfero in cui le cose potevano andare diversamente.
Henri Matisse, da un’intervista con Tériade, 1930
LE CHANT DU ROSSIGNOL
Nell’estate 1919 Henri Matisse viene invitato da Sergej Diaghilev e Igor Stravinskij a ideare scene e
costumi per Le Chant du rossignol, una delle nuove produzioni della dodicesima stagione dei
Balletti russi. Basato sulla favola di Hans Christian Andersen, L’usignolo dell’imperatore, il balletto
racconta la storia di un imperatore della Cina che preferisce al canto soave di un usignolo vero il
freddo gorgheggio di un uccello meccanico. Ma, ad allontanare la Morte, accanto al letto
dell’imperatore gravemente ammalato sarà l’usignolo vivo che con la sua melodia rianimerà il
sovrano, nella gioiosa sorpresa di tutta la corte. La prospettiva di collaborare alla creazione di uno
spettacolo così articolato fu accolta da Matisse con un misto di entusiasmo e riluttanza.
Conosceva da tempo le sperimentazioni teatrali della compagnia fondata da Diaghilev, sin dalle
prime rappresentazioni a Parigi nel 1909, e gli erano ben note le scelte artistiche originali che
avevano coinvolto negli anni personalità al di fuori del mondo del teatro, molte delle quali scelte tra
i giovani nomi dell’avanguardia (Bakst, Benois, Picasso, Derain, Gonˇcarova).
L’occasione rappresentava quindi, per Matisse, l’opportunità di condividere con altri temperamenti
visionari la sua ricerca estetica e l’esperienza di una fusione totale delle arti: danza, musica, teatro
e pittura come elementi di un’irripetibile visione orchestrata intorno a un unico principio. Una
composizione armonica di colori, forme e linee in cui trasporre, amplificandoli, i fondamenti della
sua ricerca artistica: il decorativismo, l’intenso fascino dell’Oriente e la passione per le stoffe, così
presenti nella sua opera pittorica.
La realizzazione fu laboriosa e complessa, accompagnata da soggiorni di Matisse a Londra, per
lavorare a stretto contatto con Diaghilev, con il coreografo Massine e il resto della compagnia
teatrale. Le giornate londinesi offrirono a Matisse anche la possibilità di riandare nei grandi musei
per arricchire di nuove suggestioni il suo progetto. In particolar modo visitò più volte le collezioni
d’arte orientale del Victoria and Albert Museum e si recò al British Museum.
Henri Matisse
Bozzetto di costumi per Le Chant du rossignol: Guerriero e Ministro,1920 , China su carta,
14 x 20,3 cm, Parigi, Bibliothèque Nationale de France - Bibliothèque-Musée de l'Opéra
Henri Matisse
Bozzetto per Le Chant du rossignol: lanterne, prima idea per il costume
dell'Usignolo, trono, costume della Morte, costume dei Dolenti, 1920,
China su carta, 25,4 x 25,3 cm
Parigi, Bibliothèque Nationale de France - Bibliothèque-Musée de l'Opéra
L’evoluzione del progetto è testimoniata dagli appunti e dai bozzetti per fondali, costumi e
attrezzeria; lo spettacolo sarà poi documentato dalle riprese fotografiche della messa in scena
del balletto. L’idea generale era immaginata come un insieme di armonica corrispondenza. I colori
per le scene si limitavano a poche e decise cromie, dal turchese al nero e al bianco, mentre per i
costumi Matisse azzardò sfavillanti accordi di bianco e nero, rosa e oro, arancio e rosso in uno
scintillio di segni, come ampie pennellate. “Ho accettato dicendomi: toglierò un po’ di tempo al mio
lavoro, ai miei dipinti”, racconterà Matisse nel 1941 a Pierre Courthion, “ma sarà solo un balletto.
Allora ho capito cosa significava una scenografia, cioè che poteva essere pensata come un dipinto
con dei colori in movimento. Questi colori sono i costumi stessi. I colori si muovono e devono allo
stesso tempo segnare la scenografia con la traccia di un’unica sensazione.
Bisogna che una grande sensazione domini tutti i colori, che possono così danzare insieme senza
demolire l’armonia del tutto. In questo sono stato molto aiutato dal coreografo Massine che ha ben
compreso la mia idea”. La decorazione fu orchestrata nel perfetto equilibrio tra due soluzioni
formali distinte: astratta semplicità delle linee (struttura architettonica della scena, vesti dei
dolenti, sipari, motivi floreali diffusi) e ricchezza esornativa orientaleggiante (costumi
dell’imperatore, guerrieri, accessori e i molti elementi iconografici).
Tuttavia, la prima del balletto, presentata all’Opéra de Paris il 2 febbraio 1920, si risolse in un fiasco,
davanti a un pubblico ancora non abbastanza pronto ad accogliere innovative sperimentazioni,
come, peraltro, spesso accadeva per le originali e futuristiche rappresentazioni del teatro
d’avanguardia.
Malgrado ciò, l’esperienza di Le Chant du rossignol ha rappresentato per Matisse un momento di
ricca creatività, in cui, ad esempio, si assiste al battesimo di un metodo di lavoro che caratterizzerà
le grandi opere decorative della tarda maturità: il collage con le carte ritagliate. Il mantello
dell’imperatore, così come i costumi dei dolenti, rappresentano, infatti, quelli che potrebbero
essere visti come primi esperimenti per le gouaches découpées. Eppure la grande raffinatezza
della messa in scena, orchestrata su delicati accordi cromatici e linearità estrema della partitura
decorativa, furono tra gli elementi più discussi dalla critica del tempo.
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