la comprensione dello sviluppo - Appunti di Psicologia

LA COMPRENSIONE DELLO SVILUPPO
(Smith, Cowie, Blades)
Teorie e metodi
SVILUPPO = processo di crescita e cambiamento di un organismo nell’arco della vita. I primi metodi
utilizzati per studiare lo sviluppo furono (e tutt’ora sono) le OSSERVAZIONI:
• C. Darwin (1877): “A biographica sketch of an infant”;
• Anni ’20-’30: diffusione di studi in USA, nascita istituti di ricerca in Iowa e Minnesota. In Europa,
studi di Piaget;
• Anni ’40-’50: osservazione sperimentale in laboratorio;
• Anni ’50-’60: approccio ecologico, critica alle situazioni di laboratorio e concetto di VALIDITA’
ECOLOGICA (Bronfenbrenner).
Strategie di ricerca:
 Metodi TRASVERSALI: gruppi di soggetti di età diverse considerati contemporaneamente;
 Metodi LONGITUDINALI: monitoraggio nel tempo dell’evoluzione dello stesso gruppo;
 COHORT DESIGN: coorti diverse (campioni di bambini nati in anni diversi) confrontate alla stessa
età;
 COHORT SEQUENTIAL DESIGN: coorti diverse seguite ciascuna longitudinalmente (esame di variabili
comuni in interazione con fattori storici).
Contesti d’indagine:
 NATURALI: utili soprattutto per raccogliere informazioni su situazioni ancora poco note;
 LABORATORIALI.
Urie Bronfenbrenner: approccio ecologico
Per Bonfenbrenner lo sviluppo è il processo attraverso cui l’individuo comprende e ristruttura l’ambiente
ecologico a livelli di complessità sempre maggiori. Gli studi sullo sviluppo devono garantire la validità
ecologica, ovvero la corrispondenza fra l’ambiente sperimentato dai soggetti in laboratorio e quello che il
ricercatore intende ricreare per ricercare una corrispondenza quanto più possibile vicina al reale (da questo
punto di vista, la Strange Situation HA validità ecologica: non ci si propone di ricostruire una situazione
ordinaria, ma una situazione “strana”).
Rilevazione dei dati:
 Catalogazione dei comportamenti osservati;
 Diari tenuti dai soggetti;
 Interviste e/o questionari;
 Test
Attendibilità = riproducibilità dei risultati nelle medesime condizioni (rilevazione dei dati);
Validità = grado con cui una procedura riesce a rilevare effettivamente ciò che desiderava rilevare
(significatività dei risultati).
ASPETTI BIOLOGICI: CENNI
Stadi di sviluppo dal concepimento alla nascita: 1) germinale (prime 2 settimane); 2) embrionale (3-8
settimane); 3) fetale.
Rischi possibili: a- malformazioni genetiche; b- agenti teratogeni (esterni).
Indice APGAR: valutazione globale della salute del bambino misurato ad 1 e 5 minuti dalla nascita
attraverso una scala da 1 a 10 punti. Influenzato dall’uso di anestetizzanti.
Colostro: latte bluastro del primo allattamento (a circa 1 ora dal parto), ricco di anticorpi e vitamina K
(favorisce la coagulazione sanguigna).
Genotipo: sequenze di geni che compongono 23 coppie di cromosomi (contenute nei nuclei delle cellule),
determinando sia le caratteristiche della specie (filogenesi) che quelle individuali (ontogenesi) ed
influenzando in parte il comportamento (a tal proposito, la GENETICA DEL COMPORTAMENTO studia
l’interazione fra queste componenti innate e l’apprendimento). L’anomalia più diffusa (un bambino ogni
800) riguarda la trisomia 21 o sindrome di Down (in genere portata da danni alla cellula uovo precedenti
alla fecondazione).
Il comportamento che più esprime le influenze genetiche è quello istintivo. Esso è stato studiato a lungo:
• Tinbergen→schemi d’azione fissi (fap): sequenze comportamentali attivate da stimoli-segnale;
• Lorenz→imprinting: meccanismo fortemente canalizzato (il “seguire” degli anatroccoli, ad
esempio), ma scelta flessibile dell’oggetto che attiva il meccanismo (soggetto da seguire), che si
consolida durante un periodo critico o sensibile.
In generale, ogni comportamento si connota per maggiore o minore flessibilità, come espresso
dall’immagine del paesaggio epigenetico (Waddington): i geni costituiscono le canalizzazioni del
comportamento, ma vi sono comportamenti poco canalizzati e più sensibili all’azione dell’ambiente.
APPRENDIMENTO: nei mammiferi più evoluti, è accompagnato dalla costruzione di rappresentazioni
mentali del mondo. Esempi di questa intelligenza possono essere: 1- la costruzione e l’uso di strumenti; 2la simulazione (uso di oggetti in modo simbolico, studi su scimpanzé e gioco con oggetti immaginari
mimati); 3- riconoscimento di sé (rilevato in oranghi e scimpanzé tramite esperimenti con lo specchio); 4comunicazione simbolica appresa = INGANNO. Esistono però diverse tipologie di inganno:
o Animali “programmati” per l’inganno: insetti simili nell’aspetto a vespe per evitare di essere
mangiati;
o Segnali istintivi ma emessi in risposta a dati stimoli (solo quando appare un predatore, ad es.);
o Apprendimento semplice S-R (il cane che simula lo zoppicamento per ricevere carezze);
o Inganno tattico: intento d’inganno con previsione d’esito.
Le forme più complesse prevedono la capacità di metarappresentazione (non mi rappresento solo
l’oggetto, l’emozione, ecc … ma una di queste rappresentazioni di primo ordine viene rappresentata. Se vi
sia o meno la capacità negli animali è una questione controversa, ma alcuni sostengono che, perché
emerga, gli animali devono essere motivati in tal senso).
IL MONDO SOCIALE DEL BAMBINO
Alla nascita il neonato è completamente bisognoso di cure, ma presenta già la base di alcune capacità
sociali: a) comportamenti che operano primariamente in situazioni sociali (interesse per stimoli visivi,
voltare il capo verso i suoni, ecc…); b) comportamenti che elicitano risposte sociali (piangere, ridere); c)
piacere derivante da risposte contingenti altrui; d) capacità di apprendere (discriminare volto e voce della
mamma, ad esempio). L’ulteriore evoluzione è fortemente influenzata dallo SCAFFOLDING, ovvero dal ruolo
di supporto giocato dall’adulto.
Klaus, Kennell: teoria del legame precoce = le prime 6-12 ore di vita sono fondamentali per improntare il
tipo di legame con il caregiver. Questa teoria, però, non è stata adeguatamente provata.
Thomas, Chess: elaborano una scala a 9 dimensioni sulla base di interviste ripetute presentate alle madri,
per individuare precocemente i tratti temperamentali dei neonati. Sono stati distinti bambini “facili” e
“difficili”, ma è possibile che gli esiti riflettano in larga misura gli stati psicologici delle madri.
ATTACCAMENTO
Propensione innata a cercare la vicinanza protettiva di un membro della propria specie quando si è
vulnerabili ai pericoli ambientali per fatica, dolore,impotenza o malattia. (Bowlby,1969)
Per Bowlby, sono individuabili più fasi:
1- segnali indiscriminatamente rivolti agli altri (primi mesi);
2- segnali orientati soprattutto verso soggetti discriminati (5-7 mesi);
3- contatto preferenziale, tramite locomozione e/o altri segnali (7-9 mesi), vero e proprio inizio
dell’attaccamento;
4- rapporto “corretto secondo lo scopo” (2-3 anni): anche il bambino comincia ad adeguarsi alle esigenze
del caregiver;
5- attenuazione dell’attaccamento (età scolare), relazione basata su concetti astratti di fiducia, amore,
approvazione derivanti da modelli operativi interni. Questi sono strutture cognitive che organizzano i
ricordi di interazioni precedenti all’interno di schemi che influenzano il modo di relazionarsi agli altri (sono
modificabili con esperienze successive). Esistono test che esplorano tali modelli:
 Separation Anxiety Test (immagini di separazione mostrate ai bambini fra 8 e 12 anni);

Adult Attachment Interview (AAI – Main et. al)→valuta l’attaccamento nell’adulto. I modelli
individuati sono quattro: a) autonomo; b) distaccato; c)invischiato-preoccupato; d) irrisolto.
Strange situation (Ainsworth): studio di laboratorio con bambini fra i 12 ed i 24 mesi, posti in un contesto
nuovo, caratterizzato dall’allontanamento della figura di attaccamento e dalla presenza di estranei. Le
osservazioni hanno individuato quattro stili:
o sicuro (B): ricerca attiva della vicinanza materna, moderato disagio al suo allontanamento;
o ansioso evitante (A): non apparente turbamento all’assenza della madre ed evitamento del
contatto al suo riavvicinamento;
o ansioso resistente (C): ambivalenza, resistenza attiva ai tentativi di contatto materno, ma poi
ricerca di forme di contatto;
o disorganizzato (D): totale disorientamento. Questa categoria è stata aggiunta in seguito.
E’ stato analizzato il collegamento fra AAI e Strange Situation, giungendo ad ipotizzare che i genitori
distaccati possono avere figli evitanti, i genitori invischiati figli ambivalenti e quelli irrisolti figli
disorganizzati.
I comportamenti osservati, dipendono però anche da fattori culturali (ad esempio, nella cultura
giapponese, raramente bambini di 12 mesi vengono lasciati soli ed il turbamento è dunque più elevato). Più
che misurare le caratteristiche del bambino, la tecnica sembra valutare la relazione.
Tradizionalmente, la figura di attaccamento primaria in diverse culture è la madre. Vi sono però culture,
come quella svedese, dove viene promosso maggiormente il ruolo attivo del padre nella cura dei figli.
Altra figura essenziale sono i nonni, che esercitano sui nipoti influenze: 1) indirette: attraverso l’educazione
ed i modelli trasmessi ai figli; 2) dirette: sempre più spesso passano molto tempo con i nipoti, rivestendo il
ruolo di baby-sitter in assenza dei genitori. Il diritto di mantenere il rapporto con i nipoti anche in presenza
di divorzio o perdita di uno dei genitori, è garantito nel mondo anglosassone dal Children Act.
Asili e childminding: alcuni studi rilevano, nei bambini precocemente inseriti che trascorrono molto tempo
in queste strutture, un attaccamento insicuro. D’altra parte, indagini su comunità che promuovono la vita di
gruppo nei bambini (es- Kibbutz), riscontrano in quest’ultimi lo sviluppo precoce di competenze sociali.
Deprivazione materna (studi di Bowlby)→nel neonato può portare a ritardi nello sviluppo sociale ed
intellettivo. Le fonti d’ispirazione per Bowlby furono: l’idea di “periodo critico” nell’imprinting; osservazioni
su bambini precocemente separati dai genitori; ricerche sul ritardo sociale, linguistico, cognitivo dei
bambini istituzionalizzati; ricerche sulle scimmie Rhesus allevate in isolamento; studi su comportamenti
delinquenziali in adolescenza in soggetti separati precocemente dai genitori in infanzia.
Le maggiori critiche alla teoria riguardano il fatto che essa non considera la possibilità di sviluppo di nuovi
attaccamenti e gli effetti di un ambiente deprivato (orfanotrofio) sulle competenze dei soggetti. Inoltre,
rispetto alla delinquenza, altri autori sostengono che essa sia legata ad una concomitanza di fattori, fra cui
soprattutto il clima familiare (le liti e i divorzi conflittuali incidono molto sul comportamento
delinquenziale). Bowlby ha però avuto il merito di ribadire la natura sociale dell’uomo e l’importanza dei
bisogni emotivi per la sopravvivenza.
Stili genitoriali (Baumrind):
 autoritario (genitore severo ed inflessibile, imposizione di regole);
 permissivo (massima indulgenza);
 autorevole→rappresenta un equilibrio: affettuosa benevolenza, sorveglianza, atteggiamento
democratico.
Per Maccoby e Martin, bisogna ulteriormente distinguere fra genitori responsivi/non responsivi ed
esigenti/non esigenti. Questi schemi sono però più efficaci nella descrizione di famiglie occidentali, non è
escluso che le classificazioni varino in base alla cultura.
Famiglie monoparentali: divorzio. Ha un impatto diverso a seconda dell’età e del sesso dei figli: negli
adolescenti genera più facilmente sentimenti di rabbia e vergogna; la convivenza con madri non sposate
sembra più semplice per le figlie, mentre i figli maschi accettano con più facilità la presenza di un patrigno
(anche se è diffusa la percezione di un compagno del genitore come di un intruso). Gli adattamenti peggiori
si hanno per divorzi accompagnati da forti conflitti, i genitori in conflitto (separati e non) hanno un impatto
negativo sui figli ben più che il divorzio in sé.
Maltrattamenti: sono la quarta causa di morte in età prescolare. Per i maltrattamenti fisici si ha il culmine
in questa età, soprattutto nei bambini maschi; gli abusi sessuali colpiscono più le ragazze nella seconda
infanzia. In questo caso, sono più coinvolti i padri (95% dei casi), soprattutto non biologici.
Fattori influenzanti la qualità delle cure genitoriali (Belsky): 1- risorse psicologiche dei genitori. E’ più
semplice produrre cambiamenti a livello comportamentale che non nelle rappresentazioni interne dei
genitori. Per Fonagy e coll., stimolare la funzione autoriflessiva aiuta a modificare i modelli operativi interni
disfunzionali; 2- fonti di sostegno ambientali; 3- caratteristiche del bambino (temperamento in primis).
INTERAZIONI FRA PARI
Presenti sin dalle prime fasi di vita, facilitati da comportamenti quali l’imitazione: aiuta il bambino ad
entrare in comunicazione ed impostare interazioni ludiche. Bambini con attaccamento sicuro e bambini
abituati al contatto con i pari manifestano maggiori abilità.
Fratelli: relazione come “palestra” sociale. I fratelli possono porsi come guida e supporto, ma anche
manifestare ambivalenza ed aggressività (gli atteggiamenti ricorsivamente ostili del fratello possono
portare più facilmente a sintomi ansiosi, depressione o aggressività). E’ fondamentale il ruolo dei genitori
come regolatori del rapporto.
Parten (anni ’20): con lo sviluppo aumentano le attività associative e cooperative a discapito di quelle
solitarie (nell’attività parallela i bambini giocano in prossimità l’uno dell’altro, con gli stessi materiali, ma
senza interagire molto. L’attività associativa si ha quando due o più bambini interagiscono in una medesima
azione, facendo cose simili. Con il termine di attività cooperativa si designano situazioni in cui i bambini
interagiscono in modi complementari). Anche i gruppi di gioco si ampliano e, dai 6-7 anni, inizia la
segregazione sessuale: i gruppi maschili risultano più ampi e impegnati in giochi competitivi; gruppi
femminili più ristretti. In adolescenza, parallelamente alle amicizie con individui dello stesso sesso,
assumono importanza le interazioni eterosessuali e i gruppi misti.
AMICIZIA = relazione intima fra due persone, caratterizzata da: stare insieme, attaccamento, fiducia. Per
Newcomb e Bagwell: 1) reciprocità ed intimità; 2) intensità di scambi sociali; 3) propensione alla
ricomposizione dei conflitti; 4) cooperazione all’interno del gruppo. Nelle classi scolastiche è stata spesso
studiata grazie al sociogramma ed al metodo della nomina dei pari, nonché attraverso osservazione ed
interviste.
Bigelow e La Gaipa, studiando le attese di bambini e ragazzi rispetto al rapporto di amicizia, hanno
individuato tre stadi nella concettualizzazione dell'amicizia da parte dei bambini:
1. nel primo stadio l'amicizia è un rapporto che coinvolge le attività comuni e la vicinanza (7-8 anni);
2. nel secondo stadio compare l'ammirazione del carattere e della personalità dei partner (9-10 anni);
3. nel terzo stadio (adolescenza) sono considerate altre dimensioni della relazione quali la lealtà,
l'intimità, la genuinità, l'accettazione e gli interessi comuni.
I vari studi hanno individuato cinque categorie di bambini: popolari; controversi; trascurati; intermedi;
rifiutati. Per questi ultimi, l’etichetta è più stabile, così come più frequenti i comportamenti disadattavi.
Secondo Dodge e coll., il loro status può essere in parte connesso a carenze nelle competenze che facilitano
l’interazione, ovvero: codifica dell’informazione in entrata; interpretazione; ricerca di risposte adeguate;
valutazione e selezione della risposta; attuazione. Tale interpretazione non considera però che, fuori da
scuola, molti bambini presentano interazioni positive con i pari. Inoltre, altri studi dimostrano come i
bambini rifiutati abbiano coscienza della loro situazione e sappiano correttamente interpretare i
comportamenti altrui verso di loro.
Studi hanno rilevato una correlazione fra rifiuto dei pari, dropout scolastico e comportamenti
delinquenziali. Possibili cause: 1- bassa accettazione da parte dei pari; 2- insieme di tratti ed elementi (fra
cui la difficoltà a farsi accettare) favorenti il percorso delinquenziale. Per contrastare tali fenomeni, in USA
si sono diffusi training socializzativi per incrementare le competenze sociali.
In adolescenza, fattori che influenzano la popolarità sono anche l’aspetto fisico ed il livello di maturazione
fisica.
AGGRESSIVITA’: a) verbale/non verbale; b) strumentale/ostile; c) individuale/di gruppo. In età scolare,
l’aggressività può essere usata, come nel caso dei bambini controversi, per imporsi socialmente sugli altri.
Le vittime, riconosciute come più deboli, si sentono impotenti dinnanzi alle violenze (che investono in egual
misura maschi e femmine, anche se sono più i maschi ad attuarle).
La Appel ha identificato un ampio numero di comportamenti attuati dagli adulti per arginare l’aggressività,
distinguendo le tecniche di interruzione (distrarre, separare, trattenere i contendenti, ecc…) e quelle
d’insegnamento. In generale, la meno efficace per porre fine al conflitto consisterebbe nel suggerire ai
bambini di trovare da loro una soluzione. L’autrice ritiene però che sia utile limitare gli interventi e
consentire ai bambini di sperimentare i conflitti.
Manning, Heron, Marshall: ostilità specifica; molestia (la ricompensa è la reazione della vittima); ludica (per
gioco).
L’aggressività fisica decresce con l’età, mentre aumenta quella verbale (praticata dalle ragazze
precocemente rispetto ai maschi). Se persiste il comportamento violento, aumenta il rischio di condotte
delinquenziali.
CONSAPEVOLEZZA SOCIALE
Prime tre dimensioni acquisite dai bambini: 1- familiarità (capacità di distinguere i familiari dagli estranei)
dai 7-9 mesi; 2- età (capacità di distinguerla già nei primi dodici mesi, ma affinamento dai 18-24 mesi con
l’uso di etichette verbali); 3- sesso→dai 9-12 mesi e affinamento con l’uso di etichette verbali. Dai 4-5 anni
si acquisisce l’idea che il genere sia un tratto stabile e dai 7 che il sesso biologico è immutabile. Gli
stereotipi sessuali sono presenti già dai 2 anni di vita e ad 8 sono molto simili a quelli posseduti dall’adulto.
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Gli aspetti salienti del ruolo sessuale vengono acquisiti attraverso l’apprendimento …
•
•
teoria dell’apprendimento sociale (Bandura): gli adulti “rinforzano” nel bambino il comportamento
legato al ruolo. I bambini, inoltre, imitano i comportamenti di modelli di riferimento dello stesso
sesso;
teoria cognitivo-evolutiva (Kohlberg): il bambino sviluppa l’identità di genere osservando le proprie
caratteristiche e quelle altrui ed imitando i soggetti dello stesso sesso (ritenendo le attività di questi
ultimi, in virtù dell’identità di genere, adeguate a lui).
Etnia: piena coscienza dagli 8 anni, anche se ci sono manifestazioni precoci di preferenze per il proprio
gruppo etnico (nella scelta di giochi ed amici). Il pregiudizio si manifesta dai 4 anni, di più nei bambini di
gruppi maggioritari (tendono a selezionare stimoli più familiari).
Emozioni: la loro espressione, in gran parte legata agli istinti, è precoce (più evidente dai 7 mesi), così come
il riconoscimento delle emozioni altrui, già presente ad un anno di vita→SOCIAL REFERENCING = uso delle
espressioni emotive altrui come indizio di comprensione della situazione (ad es., nell’esperimento del
baratro apparente).
Baldwin; Lewis e Brooks-Gunn (’79):
1. ogni conoscenza acquisita riguardo agli altri è una conoscenza acquisita anche riguardo noi stessi;
2. ciò che si conosce di sé si conosce anche degli altri e viceversa;
3. le dimensioni sociali sono quegli attributi degli altri e di sé utilizzabili per descrivere le persone.
La consapevolezza degli altri è il requisito per lo sviluppo di emozioni secondarie (orgoglio, vergogna,
colpa), dette autocoscienti.
La capacità di verbalizzare emozioni proprie e altrui si ha dai 24 mesi. Dai 3-4 anni subentra la capacità di
manipolare le proprie emozioni ai fini dell’inganno.
Stati mentali altrui. Secondo Harris, 3 precondizioni ne favoriscono la comprensione: a)
autoconsapevolezza (18-20 mes. Dopo i 18 mesi i bambini riconoscono sicuramente la loro immagine allo
specchio); b) capacità di simulazione (2-3 anni); c) distinzione fra realtà e simulazione (3-4 anni). A 4 anni i
bambini possiedono una teoria della mente, che si affina dai 6-7 anni raggiungendo maggiori livelli di
complessità.
Le femmine, sin dai primi anni di vita, si mostrano più responsive verso gli adulti e meno traumatizzate da
situazioni fuori controllo (come la Strange Situation). In generale mostrano un maggior grado di empatia,
ma si ritiene che, oltre a differenze biologiche, vi sia un’influenza culturale nella definizione dei ruoli alla
base.
Mass-media: influenza sull’immagine del mondo e sul comportamento, ma le opinioni in merito non sono
univoche. Specie rispetto alla violenza, taluni ritengono che la sua visione abbia effetti catartici, altri che
stimoli l’aggressività. Il livello d’influenza dipende da una concomitanza di fattori (età del bambino,
ambiente di appartenenza, contenuto dei programmi, ecc …). In generale, gli effetti sul comportamento si
sono rilevati soprattutto nei maschi, ma il ruolo della tv è più evidente nel favorire gli stereotipi sessuali.
GIOCO
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Visione funzionale: delimita l’ambito del gioco a sequenze comportamentali che hanno fine in sé e
non ulteriori obiettivi esterni;
Visione strutturale: analizza la struttura delle attività ludiche per discernere da altri contesti. Spesso
sono comportamenti agiti anche in altre situazioni, ma nel gioco sono ripetuti, frammentati,
esagerati o reiterati secondo un ordine nuovo;
Visione integrata, identificazione di molteplici criteri: flessibilità; affetto positivo; non letteralità
(gioco di fantasia o simulazione); motivazione intrinseca; rapporto mezzi-fini (interesse per le azioni
in sé più che per le conseguenze delle stesse).
Normalmente il gioco viene distinto dall’esplorazione (anche se nei bambini molto piccoli è difficile
discernere nettamente le due attività)Per Hutt, l’esplorazione è un’attività seria, che vuole rispondere alla
domanda “a cosa serve X?”, mentre il gioco è più rilassato (“cosa posso fare con X?”).
Tipologie di giochi
Di fantasia e sociodrammatico = ha origine dai 12-15 mesi e rileva 3 tendenze parallele: 1.
decentramento→coinvolgimento di altri partecipanti (foss’anche bambole) alla simulazione (da 24
mesi); 2. decontestualizzazione→uso di sostituti di oggetti realistici, sostituti reali o immaginari
(piena padronanza dai 3 anni); 3. integrazione→sequenze più complesse ch e riuniscono le capacità
espresse nelle fasi precedenti.
Gli esiti illustrati derivano da osservazioni di laboratorio sul gioco solitario, mentre Haight e Miller,
in contesto naturalistico, hanno osservato la preponderanza dell’interazione sociale nel gioco dei
bambini, dalla semplice osservazione e imitazione dell’altro (12-15 mesi) all’assunzione di ruoli in
giochi più strutturati (37-48 mesi).
Linguistico = l’esperimento di Weir (lasciò un registratore acceso sotto il lettino del figlio di 2 anni)
dimostra come sin da molto piccoli il linguaggio viene usato a scopo ludico. Tra 3 e 6 anni sono
frequenti le verbalizzazioni scherzose, mentre dai 6 anni si colgono le battute a doppio senso.
Lotta e inseguimento = la lotta tra pari si ha dai 3 anni circa, si distingue dal conflitto per via
dell’espressione scherzosa, brevità, assenza di spettatori e interazione in genere fra amici. I
bambini rifiutati tendono più facilmente a volgerlo in conflitto. In adolescenza, l’importanza di forza
e dominanza conduce alla selezione dell’avversario da sfidare (manipolazione intenzionale
convenzioni ludiche).
Guerra e armi = dibattito sui possibili effetti dannosi … ma è più probabile che sia l’aggressività già
presente a guidare la propensione verso tali giochi.
Videogiochi = l’indagine di Bonnafont (’92) rileva l’effetto negativo dei videogiochi sulla
comunicazione con i genitori, ma addirittura effetto positivi sull’interazione con i coetanei.
Giochi con regole = dai 6-7 anni occupano sempre più tempo e le regole divengono pubbliche (fisse,
talvolta negoziabili). Per Piaget, è preceduto dal gioco pratico (periodo sensomotorio) e da quello
simbolico (finzione). La Smilansky individua: 1. gioco funzionale (pratico); 2. di costruzione; 3.
drammatico; 4. con regole. L’autrice mette a punto la tecnica del tutoring (direttive, suggerimenti o
partecipazione attiva dell’adulto) per stimolare nei bambini giochi di fantasia e sociodrammatici.
Le ragazze tendono ad inscenare più frequentemente il quotidiano in attività connesse al ruolo
femminile, i maschi attingono soprattutto a tv e libri e prediligono giochi di lotta ed inseguimento.
Teorici del gioco
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F. Froeber: sottolineò il significato educativo del gioco;
H. Spencer: teoria del surplus energetico (mezzo di impiego dell’energia in eccesso);
K. Groos: esercizio di abilità necessarie alla sopravvivenza;
S. Hall: funzione catartica di drammatizzazione degli istinti;
M. Montessori: primitiva fuga dalla realtà (gioco di simulazione) ma anche potente mezzo di
apprendimento;
Piaget: gioco come supremazia dell’assimilazione sull’accomodamento. Adottare la realtà ai
propri schemi, non viceversa. Funzione di consolidamento di abilità, senso di continuità, fiducia
in sé, padronanza;
Freud: appagamento desideri e padronanza eventi traumatici;
S. Isaac: fondamentale per crescita emotiva e cognitiva;
Vygotskij: appagamento dei desideri, senso di fiducia e padronanza. Ingresso nel mondo delle
idee
Bruner: il tempo dedicato al gioco cresce di pari passo con il crescere della scala evolutiva.
Ruolo nell’apprendimento e adattamento al mondo, nonché nell’espressione di attitudini
creative.
LO SVILUPPO MORALE
Comportamento d’aiuto: per Durkin va distinto dal più generico comportamento prosociale, che può
essere sia egoistico (i bambini possono prevedere la ricompensa) che disinteressato. L’aiuto ha come
vantaggio evolutivo l’aumento di prestigio e la costruzione di legami cooperativi (più accrescimento
autostima, empatia ed interiorizzazione di norme sociali di cooperazione).
La pro socialità si riscontra a partire dai 20 mesi circa e risulta connessa, oltre che a sviluppo cognitivo, a
dinamiche affettive familiari (affetto materno ed incoraggiamento, rapporti con fratelli). Sortiscono effetti
sia i rinforzi (nei più piccoli, soprattutto materiali) che l’esempio dell’adulto (ma molto dipende dalle
differenze individuali).
Percezione comportamento pro sociale: tra 7 e 17 anni si tende a dare più aiuto a parenti o comunque
persone molto vicine o simili, anche se questa tendenza varia in base al livello di ragionamento morale (a
livelli più alti, l’aiuto è esteso anche ad altri). Per Hoffman, stili disciplinari centrati sull’induzione
(spiegazione conseguenze delle azioni, approccio cognitivo) risultano più efficaci nel promuovere lo
sviluppo morale. Bisogna però tener conto di differenze culturali legate alla società di appartenenza (alcone
società esaltano la cooperazione più di altre).
Sviluppo del ragionamento morale (= modo in cui valutiamo e giudichiamo se un’azione è giusta o meno)
Piaget conduce sia studi sul gioco delle biglie e le regole che lo governano, sia esperimenti di valutazione di
episodi sottoposti all’attenzione dei bambini. Sulla base di ciò, individua 3 stadi:
1. Giudizio premorale (4-5 anni): le regole non sono comprese;
2. Realismo morale (4-5 a 9-10 anni): moralità eteronoma, le regole provengono da un’autorità
superiore e sono immutabili; azioni valutate in base alle conseguenze; punizione come retribuzione
inevitabile;
3. Soggettivismo morale (dai 9-10 anni): moralità autonoma, le regole sono create dai soggetti e
possono essere cambiate con mutuo consenso; valutazione azioni in base alle intenzioni; punizione
proporzionale alla colpa.
Studi successivi hanno invece rilevato la capacità, anche in bambini sotto i 5 anni, di distinguere tra
comportamenti che violano mere convenzioni sociali e violazioni di codici morali (si è ipotizzata la scarsa
adeguatezza dei compiti elaborati da Piaget).
Kholberg (1969):
LIVELLO
STADIO
Preconvenzionale
(sotto 9 anni, qualche
adolescente, molti criminali)
Stadio 1: moralità eteronoma
Stadio 2: individualismo, obiettivo
strumentale, scambio
Convenzionale
(maggior parte adolescenti e
buona parte adulti)
Stadio 3: mutue aspettative,
relazioni, conformismo
Stadio 4: sistema sociale e
coscienza
Postconvenzionale
(minoranza oltre i 20 anni)
Stadio 5: contratto o vantaggio
sociale e diritti individuali
Stadio 6: (ipotetico) principi etici
universali
COSA E’ GIUSTO
Obbedire per il proprio interesse,
per trarre vantaggio/evitare
punizioni o danni.
Successivamente, “giusto” come
ciò che è leale, scambio alla pari.
Vivere secondo ciò che gli altri si
aspettano.
Adempiere a doveri condivisi: le
leggi, salvo casi estremi, vanno
rispettate.
Contratto: valori e regole alla
base di un contratto sociale da
rispettare.
Agire sempre secondo princìpi
etici, cui in genere le leggi
corrispondono.
Diverse critiche (soggettività nel metodo clinico dell’intervista, scarsa attendibilità, campione solo
maschile). Revisioni successive (Anne Colby) hanno adottato lo Standard Issue Scoring, metodo più preciso
di attribuzione dei punteggi. E’ stata eliminata l’ultima categoria (non vi sono prove della sua esistenza).
Gilligan (studi sulle donne e sul tema dell’aborto): gli uomini tendono ad anteporre i princìpi alle persone, le
donne l’opposto.
Doise: il conflitto cognitivo che si genera nel confronto del bambino con gli altri, rappresenta
un’opportunità di apprendimento anche nell’ambito dello sviluppo morale.
L’ADOLESCENZA
Aspetti biologici
Pubertà = insieme di cambiamenti biologici e fisici che rappresentano la variabile stabile dell’adolescenza.
Cambiamenti ormonali, sviluppo degli organi sessuali e differenziazione più marcata fra i sessi. Menarca e
prima eiaculazione come eventi convenzionalmente indicanti l’ingresso in questa fase. Il miglioramento
delle condizioni di vita (alimentazione, igiene, attività, ecc…) ha condotto ad un abbassamento dell’età in
cui si manifestano questi cambiamenti (in particolare rispetto al menarca).
Effetti psicologici: spesso senso di inadeguatezza e sentimenti negativi (specie per il menarca), ma in
genere non traumatici.
In diverse società sono previsti riti d’iniziazione che fungono da normalizzatori della pubertà, favorendone
l’accettazione.
La produzione ormonale influisce sulle dimensioni dell’autonomia e del conflitto con i genitori, ma in ciò
rivestono molta importanza gli aspetti cognitivi e l’autostima→preoccupazione per valutazioni altrui,
tendenza ad enfatizzare l’importanza del proprio comportamento agli occhi degli altri (Elkind, “fiaba
personale”: storia immaginaria della propria vita, accompagnata da fantasie di onnipotenza e immortalità).
Maturazione precoce: maggior prestanza fisica, possibili vantaggi sociali (come il prestigio nello sport), ma
anche possibile maggiore tendenza verso condotte devianti precoci. Non inequivocabilmente provati effetti
significativi sulle prestazioni intellettive (la cui evoluzione è più legata a famiglia e classe sociale).
Crisi d’identità: concetto fortemente influenzato dalle teorie freudiane, che vedono l’identità come l’esito
della risoluzione di dinamiche infantili. Erikson rivede la teoria, evidenziando la centralità dell’adolescenza e
delle influenze socio-culturali (ved. “Psicologia del ciclo di vita”). Marcia riprende la teoria in questione e,
attraverso studi empirici, rileva la presenza di quattro fasi:
- DIFFUSIONE = no riflessione sistematica, né scelte relative a temi portanti (religione, politica,
lavoro, ecc…);
- ESCLUSIONE = scelta senza crisi o attenta considerazione delle alternative;
- MORATORIA = sospensione del giudizio ed esplorazione;
- RAGGIUNGIMENTO DI IDENTITA’
L’ultimo stadio non è necessariamente raggiunto del tutto, anche perché lo sviluppo non è in blocco su ogni
aspetto dell’identità. Si tratta di un percorso graduale, non a salti.
Ruolo sessuale: specie in passato, le donne vivevano con maggiore conflittualità il proprio ruolo. La società,
pur incentivando competizione e successo, mal tollerava questi atteggiamenti nel genere femminile. Oggi
c’è un qualche miglioramento, ma di frequente la donna è comunque costretta a scegliere tra famiglia e
carriera.
Influenze cross-culturali differenziano l’assunzione dei ruoli nelle varie società (ricerche della Mead IN
Nuova Guinea).
Conoscenze sessuali: fra le più importanti fonti d’informazione sul tema vi è la famiglia; le conoscenze
risultano però maggiori in quei Paesi che promuovono programmi scolastici sull’argomento.
Atteggiamenti evoluti nel tempo verso maggior permissivismo, anche se il sesso senza affetto continua ad
avere valenze negative anche fra i giovani. In alcune culture, permane il permissivismo “differenziato”
(concesso solo agli uomini).
Comportamenti sessuali: la precocità nei rapporti tende a correlare con maggiore permissività nella società.
Molti studi sono però stati condotti con il metodo dell’intervista, ed è possibile che gli esisti siano falsati per
l’intervento di fattori quali la desiderabilità sociale. Sicuramente c’è un’influenza dell’educazione lassista e
dei pari, mentre sono controversi i risultati degli studi sull’ambiente socioeconomico. I pari sono visti
certamente come autorità, ma non in ogni ambito: i genitori sono riconosciuti come punti di riferimento
per questioni relative al curriculum scolastico ed alla pianificazione di obiettivi futuri.
Ipotesi della TEMPESTA e TENSIONE = tradizionale associazione dell’adolescenza con concetti di forte
turbamento interiore e disordini comportamentali. Lo studio di Rutter ed altri sull’Isola di Wight ha
evidenziato come il turbamento, nella maggior parte dei casi sia di media o lieve entità, mentre i disordini
veri e propri riguardano una minoranza con problemi comportamentali o di natura psicologica o
psichiatrica.
Arnett, modelli di socializzazione: a) RISTRETTA = società piccole, i membri si conoscono, c’è collaborazione
collettiva all’educazione; b) ESTESA = società moderne occidentali, alta incidenza di comportamenti
“temerari” in adolescenza. Maggior libertà personale ed espressiva, ma minor controllo e punti di
riferimento.
SVILUPPO DELLA MENTE NEI BAMBINI
PERCEZIONE: http://appuntidipsicologia.wordpress.com/2012/04/25/percezione/
LINGUAGGIO:
http://appuntidipsicologia.wordpress.com/2012/04/14/linguaggio-e-comunicazione-quadro-generale/
COGNIZIONE: PIAGET:
http://appuntidipsicologia.wordpress.com/2012/03/31/piaget/
http://appuntidipsicologia.wordpress.com/2012/03/31/piaget-revisione-critica/
COGNIZIONE: TEORIA DELL’ELABORAZIONE DELLE INFORMAZIONI
Atkinson e Shiffrin:
- l’attenzione seleziona le informazioni ambientali;
- segue codifica da parte di registri sensoriali;
- alcune informazioni decadono, altre passano, attraverso strategie di codifica, nel magazzino a breve
termine, che ha capacità limitata;
- l’ultimo step è il passaggio nella memoria a lungo termine, con capacità illimitate e dati recuperabili
(strategie di recupero).
Brainerd→studio delle restrizioni che agiscono sulla memoria di lavoro (= a breve termine)dei bambini in
compiti di problem solving:
1) di codifica = difficoltà nella selezione di informazioni rilevanti per la soluzione di problemi;
2) del calcolo = assenza di strategie recuperabili dalla memoria a lungo termine;
3) dei processi di recupero = della strategia adeguata di soluzione del problema;
4) di immagazzinamento = non riuscire a trattenere a sufficienza le informazioni nella memoria di lavoro;
5) di capienza = della memoria di lavoro.
Sviluppo delle capacità cognitive nei bambini: 1- graduale incremento capienza magazzini; 2- aumento
efficienza di elaborazione dati; 3- incremento parallelo delle due capacità illustrate.
MEMORIA
Strategie di codifica: a) rehearsal, o ripetizione mentale di informazioni . Presente nei bambini, ma
pienamente padroneggiata dai 7 anni; b) organizzazione, combinazione dei dati. Acquisita dai 10 anni in su;
c) elaborazione, ovvero creazione di connessioni fra dati. Competenza già presente a 6 anni, ma
miglioramento graduale.
Strategie di recupero: verso i 10-11 se ne comprende appieno il potenziale. Esempio di strategia è l’
associazione fra concetti ed immagini/oggetti che fungono da cue.
La padronanza delle strategie consiste non solo nel saperle applicare, ma nel comprenderne il potenziale e
l’utilità nelle diverse circostanze.
Metacognizione: consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti.
 consapevolezza delle capacità di memoria = secondo diversi studi, non verrebbe acquisita prima dei
9 anni. Determinante per l’acquisizione è l’esperienza, così come l’apprendimento per l’incremento
di tali capacità (è più facile immagazzinare nuove informazioni su temi già noti).
 Consapevolezza delle strategie = la padronanza delle strategie consiste non solo nel saperle
applicare, ma nel comprenderne il potenziale e l’utilità nelle diverse circostanze.
Memoria costruttiva: capacità di inferire, estrapolare, congetturare nozioni che non sono state apprese in
precedenza. Connessa a due importanti concetti della teoria delle informazioni:
• Script = sequenze di azioni appropriate entro un particolare contesto e mirate ad un obiettivo
specifico. Ogni parte del copione è una casella, da riempire con azioni in parte obbligatorie, in parte
opzionali. Gli adulti strutturano in copioni la loro conoscenza del mondo, ma quando il livello di
complessità di un copione non è ancora elevato e vi si fa comunque troppo affidamento, si rischia
di cadere in errore;
• Schemi = tutto ciò che il soggetto sa in merito ad una scena, un luogo, un oggetto, ecc … Lo schema
di un oggetto include ogni nostra aspettativa sullo stesso. Con gli anni si affina la capacità di usare
gli schemi in modo flessibile.
Alla luce di ciò, la memoria di un bambino è attendibile in contesti quali la testimonianza? A lungo si è
creduto di no, un po’ per via delle idee freudiane sulle fantasie infantili, un po’ a causa di studi quali quelli
di Varendock. In tempi più recenti sì è però constatato come i resoconti dei bambini, benché più sintetici,
siano comunque affidabili se i bambini non sono sottoposti a domande ambigue o tendenziose.
INTERVISTA COGNITIVA: consiste nel chiedere al soggetto di rievocare l’evento ricostruendone le diverse
circostanze, usando più sensi e vari ordini di narrazione (dall’inizio dei fatti, dalla fine, ecc …).
In conclusione, i bambini sono più suggestionabili perché dispongono di schemi di riferimento più deboli e
meno complessi … la ridotta presenza degli schemi, tuttavia, porta anche al vantaggio di una ridotta
influenza del pregiudizio e della distorsione. La performance dipende anche dal grado di autorevolezza
attribuito all’interlocutore e da azioni di quest’ultimo (ripetere due volte la stessa domanda, ad es., è
interpretato come segnale di errore per il bambino).
Come per gli adulti, anche nei bambini lo stress ha un effetto negativo sul ricordo.
LA COMPRENSIONE DELLA MENTE NEI BAMBINI
Teoria della mente = comprensione del fatto che gli altri possiedono desideri, credenze, interpretazioni del
mondo.
Test della falsa credenza (Wimmer, Perner): presentano ai bambini la storia di Maxi che nasconde una
tavoletta di cioccolato la quale, in sua assenza, viene spostata dalla mamma. Ancora a 4 anni i bambini
rispondevano che Maxi avrebbe cercato la tavoletta nel luogo in cui la mamma l’aveva nascosta, pur non
avendo visto il nascondiglio. Semplificando la storia (proponendone una più breve e con meno
informazioni), anche bambini di 4 anni davano la risposta corretta. Lo stesso esito si ha con il test del
tubetto di Smarties … ma ciò non vuol dire che sotto i 4 anni il soggetto non sappia nulla dei meccanismi
mentali. Dai 2-3 anni si usa il linguaggio per connotare stati mentali, si comprende che per conoscere un
oggetto bisogna poterlo vedere, pur non capendo come uno stesso oggetto possa essere una cosa e
sembrarne un’altra. I bambini sanno che gli altri hanno desideri e credenze che possono influenzarne i
comportamenti. Tuttavia, non padroneggiano il concetto di falsa credenza.
↓
Entro i 4 anni si comprendono quelle di primo livello (io B immagino ciò che A pensa); bisogna attendere i 6
anni per quelle di secondo ordine (io C immagino cosa B crede che A pensi). Rispetto al comportamento
d’inganno, esso sembrerebbe fare la sua prima comparsa fra i 3 ed i 5 anni.
Wellman:
- A 2 anni i bambini hanno una teoria basata sulla psicologia del desiderio = sono i desideri ad
orientare il comportamento umano;
- A 3 anni, teoria del desiderio e della credenza;
- A 4 anni, comprendono il fatto che la credenza non è una riproduzione, ma un’interpretazione del
mondo. Perner parla di METARAPPRESENTAZIONE = distinzione fra ciò che viene designato da una
certa espressione (referente) e la rappresentazione mentale di tale oggetto /evento.
Leslie osserva però che nel gioco d’immaginazione i bambini possono usare un oggetto noto
(rappresentazione primaria) come fosse un’altra cosa (secondaria), e ciò non li svia una volta tornati alla
realtà.
Per Harris la capacità di rappresentazione, ma la simulazione alla base della comprensione della mente
altrui (fingersi il protagonista della storia e prevederne le azioni in base alle proprie credenze).
Riggs&Co. (1996): possibilità di superare il test della falsa credenza non legata tanto alla comprensione
delle rappresentazioni mentali, quanto alla capacità di ragionare sulla prova stessa.
Test con bambini autistici = non superano le prove di falsa credenza. Molti ritengono si tratti d’incapacità
nella costruzione di rappresentazioni mentali di pensieri e stati d’animo altrui. Altri sostengono si tratti
d’incapacità a svincolarsi dalla concretezza dell’oggetto (= nella storia di Sally ed Anne c’è una pallina in una
scatola, ma Sally è convinta si trovi in un cesto. Gli autistici rispondono che Sally la cercherà comunque
nella scatola, perché è lì che realmente sta la pallina).
APPRENDIMENTO IN CONTESTO SOCIALE:
http://appuntidipsicologia.wordpress.com/2012/04/01/apprendimento-e-contesto-sociale/
http://appuntidipsicologia.wordpress.com/2012/04/01/apprendimento-e-contesto-sociale-oltre-vygotskij/
INTELLIGENZA E RENDIMENTO:
http://appuntidipsicologia.wordpress.com/2012/04/18/intelligenza/
CONTESTO SOCIALE: DEPRIVAZIONE E COMPENSAZIONE:
Svantaggio = situazione relativamente stabile, che dà luogo a cattivi risultati scolastici e determina una
riduzione delle opportunità nel più ampio contesto sociale. Risultano fattori influenti la composizione
familiare, il basso reddito, una casa povera (rapporto Newsom, fra i primi documenti ad attestare
l’interesse per il problema [1963]).
Minoranze etniche→ diversi studi attestano il minor grado di successo scolastico, ma altri autori (Claplan,
Choy, Whitmore) hanno studiato i bambini stranieri che, pur con difficoltà in materie linguistiche,
riuscivano bene a scuola. Nelle loro famiglie tutti i membri si adoperavano per facilitarli nello studio,
sobbarcandosi le faccende domestiche, organizzando momenti di lettura comune, ecc…
Modello del deficit (anni ’60 – ’70) : svantaggio come esito di fattori psicologici legati in primis alla famiglia
(scambi linguistici, atteggiamenti, ecc…). “Deprivazione culturale” (mancanza di stimoli culturali in famiglia)
alla base di programmi compensatori.
Modello della differenza: reazione al modello precedente. La scuola è un’istituzione creata su misura per la
classe media. Si è giunti, in diversi casi, ad invocare scuole separate.
Modello dello svantaggio sociale (compromesso tra i due precedenti): fattori socio-economici alla base
della situazione depauperata in famiglia e di deficit reali nello sviluppo. Poca fiducia in programmi
compensatori.
Svantaggio “genetico” (Jensen): le minoranze etniche hanno oggettive carenze intellettive. Tesi contestata
da studi su bambini adottati.
Studi su bambini gravemente deprivati sin da piccoli: la stimolazione ambientale può contrastare
notevolmente gli effetti, ma deve essere affiancata ad un supporto affettivo (studi di Koluchova su gemelli
cecoslovacchi). In casi estremi di deprivazione prolungata, tuttavia, non si è riscontrato un pieno recupero
di alcune facoltà basilari, come quelle linguistiche (http://www.youtube.com/watch?v=bWzO8DtRd-s caso
di Genie studiato da Curtiss).
Bernstein (’62)→propose una distinzione fra codici conversazionali:
- Codice elaborato = linguaggio formale ed indipendente dal contesto, poiché i significati sono resi
epliciti. Struttura complessa, più usato nelle famiglie di classe medio-alta. Comunicazione orientata
verso la persona (“So che vorresti guardare la tv fino a tardi, ma domani dovrai alzarti presto ed hai
bisogno di dormire”).
- Codice ristretto, linguaggio pubblico = frasi idiomatiche, grammatica semplice, più dipendente dal
contesto (“Fai come ti dico!”). Livello di concettualizzazione inferiore. Spesso associato ad una
comunicazione orientata verso la posizione (“Niente storie, tutti i bambini vanno a letto presto!”).
Labov analizzò il linguaggio dei ragazzi del ghetto di Harlem fra 8 e 17 anni, preferendo parlare di
differenze, più che “deficit”. Inglese non standard, privo di deficit, ma molto diverso da quello usato nelle
scuole.
Ognuno dei modelli esposti presenta contributi interessanti, ma l’assolutizzazione di un modello sugli altri
porta ad indebite semplificazioni. L’intento dei programmi compensatori era buono, ma la scuola da sola
non può sopperire a necessità familiari oggettive, che vanno oltre la sola istruzione (es., il clamoroso
fallimento dei programmi Head Start in U.S.A.). Usando un’ottica ecologica, servono programmi integrati
che coinvolgano parallelamente scuola e famiglia.
RESILIENZA = resistenza psicologica a circostanze avverse. Oltre ad un elevato Q.I., è promossa dalla
presenza di una rete sociale di riferimento e/o singole figure positive di supporto.