FABBRICA ETICA - Fabrica Ethica

Regione Toscana
Convegno Internazionale “Fabrica Ethica. Responsabilità Sociale delle Imprese : SA 8000”
Firenze, Palazzo dei Congressi
13-14-15 Marzo 2002
Intervento di
ALESSANDRO BARBERIS
(Presidente Confindustria Toscana)
Firenze, 14 Marzo 2002
Il rapporto tra etica ed affari è un tema sul quale molto è stato detto e scritto, molto è stato
fatto dalle imprese, un tema che ogni imprenditore si pone ogni giorno nel suo operare.
Il punto di fondo è il rapporto tra perseguimento del profitto e sviluppo economico da una
parte e comportamenti etici e valori sociali dall’altra.
L’assunto dal quale muove l’economia è che non si tratti di due dimensioni separate o,
peggio, contrapposte.
La sfida che il mondo dell’impresa affronta è quella di rendere compatibili questi aspetti e di
riconoscerne le strette relazioni nei due sensi.
Lo sviluppo economico accresce il progresso sociale; i comportamenti etici ed i valori sociali,
incorporati nei prodotti, possono accrescerne la competitività.
In Toscana credo di poter dire che questa sensibilità non manchi.
Abbiamo una regolamentazione dell’attività imprenditoriale molto avanzata in tema di tutela
del lavoro, di sicurezza, di rispetto dell’ambiente, di tutela del consumatore.
Norme comunitarie, nazionali, regionali, di cui spesso noi contestiamo farraginosità ed
eccessi burocratici ma di cui certamente condividiamo le finalità sociali.
Chiediamo semplificazioni. Proponiamo di raggiungere gli stessi obiettivi riducendo il costo
della burocrazia per le imprese.
Cerchiamo di rendere concreti i valori sociali mantenendo competitività sui mercati.
Ieri è stato sostenuto che l’etica, in quanto bisogno sociale, è materia di negoziazione politica,
cioè del pubblico, e per questa via è disciplinata dalle Leggi; mentre le imprese hanno il
compito primario della produzione del profitto.
Sono d’accordo con questo assunto. Anche se, a fianco delle norme, troviamo un sempre più
diffuso ricorso a comportamenti “virtuosi” di carattere volontario.
Mi riferisco, ad esempio, alle certificazioni ambientali (Iso 14000, Emas, Ecolabel), ma anche
agli investimenti sociali e culturali che molte imprese toscane realizzano.
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Firenze, Palazzo dei Congressi
13-14-15 Marzo 2002
C’è una lunga e ricca tradizione di “socialità” delle imprese toscane, una storia di profondo
radicamento sul territorio e nella società delle attività produttive industriali.
Ovviamente ognuno deve essere libero di decidere, al di là di ciò che è obbligatorio per legge,
quali possono essere i valori di riferimento.
L’etica non può essere obbligatoria.
Insomma, come chiediamo di poter operare in un contesto esterno favorevole alle attività
imprenditoriali, così siamo anche consapevoli del ruolo che possiamo svolgere per migliorare
questo contesto.
E’ un rapporto a due sensi perché un’impresa non può essere né competitiva né etica in un
contesto ostile.
Ma tutto questo deve poi confrontarsi con il mercato. E la concorrenza globale ci porta a
dover fare i conti con realtà dove è spesso difficile trovare il seppur minimo rispetto degli
standard in materia di lavoro e di ambiente.
La riduzione dei dazi, spesso concessa unilateralmente e senza chiedere contropartite, apre le
porte dell’unione Europea al dumping sociale.
Dobbiamo confrontarci con prodotti a minor valore aggiunto sociale e decisamente più
economici.
Una parziale risposta è arrivata dall’ultima Conferenza interministeriale WTO di Doha, dove
si è aperto uno spiraglio per difendere il valore socialmente utile delle nostre produzioni.
Ma tutto dipenderà dagli accordi che saranno raggiunti in seno alle competenti organizzazioni
internazionali, come l’ILO. E tutti siamo consapevoli di quanto tempo potrà occorrere e quali
difficoltà dovranno essere superate per conseguire qualche risultato in questa direzione.
Sono processi che richiedono tempo perché occorre traghettare il sistema produttivo toscano
in questo percorso verso un’affermazione sui mercati della qualità.
C’è una consapevolezza diffusa tra le imprese toscane dell’impossibilità di una strategia
basata su bassi costi di produzione e bassi prezzi.
Occorre puntare sulla competitività nella qualità, che non significa non tenere sotto controllo i
costi bensì produrre beni e servizi la cui qualità sia riconoscibile e premiata dal mercato.
La sfida è allora quella di capire come i valori sociali ed i comportamenti etici possano
divenire valore aggiunto delle produzioni riconosciuto dal mercato.
Solo così, infatti, potremo avere imprese competitive e sociali, fabbriche etiche e cancelli
aperti, sviluppo economico e progresso.
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Non dobbiamo realisticamente nasconderci che ancora oggi il consumatore etico è una piccola
nicchia di mercato e che è largamente prevalente l’attenzione al rapporto qualità/prezzo nel
comportamento dei consumatori.
Occorrono, dunque, anche cambiamenti nel comportamento dei consumatori.
Avanzo una proposta: perché non promuovere il Made in Italy non soltanto per la
qualità della fattura e del design, ma anche per i valori sociali incorporati nel
prodotto?
“Fatto in Italia” oggi significa non soltanto “fatto bene” e “bello” ma anche “prodotto bene”,
nel rispetto del nostro ambiente, così apprezzato dai turisti di tutto il mondo, e dei diritti delle
persone.
In questi giorni si sta parlando, soprattutto, della certificazione SA 8000.
Uno strumento nuovo per il nostro Paese, che ha un merito ai nostri occhi. Quello di essere
una certificazione volontaria che fa salva l’autonomia delle scelte imprenditoriali.
Perché ogni impresa deve trovare la propria strada per coniugare competitività e valori sociali.
Alzare l’asticella degli obblighi giuridici e dei costi burocratici per le imprese europee
metterebbe a repentaglio la competitività sui mercati internazionali.
Fa bene allora la Regione a promuovere il ricorso delle imprese toscane a questa
certificazione come ad una opportunità in più, per migliorare ancora le nostre performances
sociali e per renderle più visibili sul mercato.
SA 8000 non è ovviamente l’unica strada. E le imprese certificate non sono le uniche
ad essere etiche!
Insieme alla SA 8000 esistono altri strumenti: penso, ad esempio, alle “carte sociali ed etiche”
che alcune aziende hanno adottato e pubblicizzato.
Penso al “global compact” che il Segretario generale dell’ONU ha lanciato a Roma lo scorso
8 febbraio.
Penso alle azioni di investitori e banche che hanno concentrato le proprie attività in questo
settore.
Penso, infine, alle esperienze di bilancio sociale che sono state fatte nella nostra regione.
Impariamo a conoscere meglio SA 8000 ed a capire se possa essere lo strumento giusto per le
imprese toscane.
Vi sono differenze significative rispetto alle altre certificazioni volontarie che hanno registrato
in Toscana confortanti successi.
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Sia nella certificazione della qualità dei processi che in quella ambientale è, infatti, molto più
stretto il legame tra vantaggi competitivi e obiettivi sociali.
L’incentivo alla certificazione sociale è invece percepibile molto più difficilmente da
un sistema produttivo composto in larghissima parte da piccole imprese come quello
toscano.
La singola impresa ha un impatto diretto sugli ambienti sociali e sui mercati relativamente
contenuto.
Forse le aziende più interessate sono quelle che producono per il consumatore finale.
Ecco perché stiamo pensando ad adattare queste esperienze internazionali alla nostra realtà,
immaginando forme di certificazione di distretto.
In conclusione, non c’è dubbio che qualità significhi anche responsabilità sociale. In Toscana
abbiamo le nostre esperienze, ma guardiamo anche a quanto possiamo imparare dalle
esperienze altrui.
Perseguiamo tutte le strade possibili perché le imprese toscane possano essere competitive sui
mercati internazionali con una sempre maggiore qualità delle produzioni, affinché lo sviluppo
economico possa portare alla società toscana tutti i vantaggi in termini di benessere che è
stato capace sin qui di produrre e che non dobbiamo cessare di ricercare per un futuro di
progresso.
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