Il Nobel onora i meccanismi di difesa innati

ATTUALITÀ
Un premio all’immunologia
Il Nobel onora
i meccanismi
di difesa innati
Se qualcuno ambisce al
massimo riconoscimento
nel mondo della scienza,
forse dovrebbe dedicarsi
allo studio dei sistemi
con cui il nostro
corpo combatte le infezioni
e le cellule mutate
a cura della REDAZIONE
immunologia è l’ambito
di ricerca medica che ha
raccolto in assoluto più
premi Nobel: da quello
del 1919, consegnato a
Jules Bordet, scopritore della reazione di lisi batterica e del batterio
della pertosse che porta il suo
nome (Bordetella pertussis), fino a
quello attribuito nel 1996 a Rolf M.
Zinkernagel e Peter C. Doherty, che
hanno identificato i meccanismi
con cui i linfociti riconoscono le
cellule infettate dai virus. In mezzo
quasi un secolo di scienza e altri
nove Nobel che hanno avuto a che
L
’
1
2
Immunità innata
Rapida
Ferma le infezioni
Non ha memoria
Immunità acquisita
Più lenta
Elimina le infezioni
Ha una memoria
Il sistema immunitario
Le infezioni del corpo umano da parte di microrganismi patogeni come batteri, virus, parassiti e funghi suscitano la risposta del sistema immunitario.
Ciò avviene con un processo in due tappe: l’immunità innata ferma l’infezione, quindi l’immunità acquisita la elimina.
fare in qualche modo col sistema di
difesa del nostro organismo.
Quello di quest’anno è quindi un
premio in qualche misura atteso,
che ha onorato il lavoro di Bruce A.
Beutler, Jules A. Hoffmann e Ralph
M. Steinman. “È il giusto riconoscimento a un ambito della ricerca
medico-biologica che sta dando
molte soddisfazioni in termini di
nuove cure per molte malattie, da
quelle autoimmuni al cancro” spiega Alberto Mantovani, direttore
scientifico della Fondazione Humanitas e illustre immunologo.
La vicenda del triplo premio ha
anche avuto un risvolto umano
inaspettato, dato che Steinman è
purtroppo deceduto per un cancro
del pancreas poche ore prima dell’annuncio da parte dell’Accademia
L’ARTICOLO IN BREVE...
Nobel per la medicina 2011 premiano gli scopritori dei meccanismi legati all’immunità innata e all’attivazione delle cellule dendritiche. Ambedue questi meccanismi del sistema immunitario giocano un ruolo di primo piano nelle infezioni e nel combattere le cellule
tumorali. Sono anche alla base delle tecniche messe a punto per la
fabbricazione di vaccini personalizzati anticancro, le cui sperimentazioni stanno dando buoni risultati.
I
reale svedese delle scienze. Quest’ultima si è trovata in imbarazzo
poiché, per regolamento, il premio
Nobel è attribuibile solo a ricercatori viventi. Nessuno ha però osato
togliere il meritato riconoscimento
allo sfortunato scopritore delle cellule dendritiche, elementi del sistema immunitario che giocano un
ruolo di primo piano proprio nel
combattere la malattia di cui Steinman è stato vittima, anche perché i
giurati, nel momento della decisione, non sapevano ciò che gli era accaduto.
Innata e preziosa
sventa le minacce
Bruce A. Beutler e Jules A. Hoffmann sono stati premiati per la
scoperta della cosiddetta immunità
innata. Si tratta di un sistema di difesa che riconosce le minacce aspecifiche, cioè tutto ciò che potrebbe
essere potenzialmente pericoloso
per l’organismo (come alcuni agenti infettivi). “È un meccanismo deli-
Linfociti T
Microrganismo
TLR
(recettore
di tipo Toll)
Cellula dendritica
1
2
Immunità innata
Alcune componenti dei microrganismi si legano ai recettori di
tipo Toll situati su molte cellule del corpo. Ciò attiva l’immunità innata, che induce l’infiammazione e la distruzione dei
microrganismi invasori.
Immunità acquisita
Le cellule dendritiche attivano i linfociti T che
risvegliano l’immunità acquisita.
Ne consegue una cascata di reazioni immunitarie con la formazione di anticorpi e cellule killer.
cato perché deve riconoscere un pericolo anche senza averlo mai incontrato prima” spiega Mantovani.
“Si intuisce facilmente che un errore di questo sistema può portare a
sepsi (cioè alla diffusione generale
dell’infezione, non a caso l’argomento da cui sono partiti gli studi
di Butler) oppure, viceversa, a malattie autoimmuni, dovute a un
falso riconoscimento: il corpo attacca alcuni tessuti (oppure microrganismi innocui) pensandoli
potenzialmente pericolosi”.
La scoperta dei due Nobel è però
ancora più specifica e ha a che fare
anche con i tumori. Nel 1973 i due
scoprono che iniettando in un topo
una certa quantità di tossine batteriche si stimola la produzione di un
fattore che a sua volta provoca la
necrosi (cioè la morte) dei tessuti
tumorali, fattore che viene appunto chiamato TNF, dall’inglese
Tumor Necrosi Factor.
Altri ricercatori, tra cui l’italoamericano Tony Cerami, hanno
scoperto nei primi anni Ottanta
che il fattore di necrosi tumorale è
responsabile anche del deperimento tipico dei malati di tumore, la
cosiddetta cachessia. Malgrado la
presenza del TNF, che è l’arma con
cui il corpo induce l’eliminazione
di ciò che è nocivo, restava sempre
poco chiara la modalità del riconoscimento dell’agente infettivo.
“Come poteva il
nostro sistema
immunitario sapere se quel determinato batterio era a posto o
fuori posto? Per
arrivare a una spiegazione si è dovuto attendere la scoperta dei recettori di tipo Toll, proprio quelli premiati col Nobel” aggiunge Mantovani.
Esistono infatti alcuni topi geneticamente modificati che sono resistenti all’azione del TNF e questo
perché privi di un particolare recettore, chiamato Toll.
“È qui che entra in gioco la genialità di Hofmann, che capì che il
recettore Toll era proprio quel collegamento mancante tra immunità
innata e immunità specifica, cioè
quella chiave di volta in grado di
svegliare il sistema immunitario e
combattere la malattia”.
Beutler, invece, è stato il primo a
trovare i recettori di tipo Toll nei
mammiferi, mentre in anni seguenti altri hanno scoperto che il recettore Toll attiva le
cellule dendritiche, proprio quelle
per la cui scoperta
è stato attribuito il
terzo Nobel a Steinman
“È giusto ricordare che una ricercatrice del mio gruppo, Marta
Muzio, è stata la prima a scoprire
tutti i passaggi legati all’attivazione
dei recettori Toll nell’uomo e questo grazie a un fondo FIRC e AIRC.
Il lavoro è uscito nel 2000 sul Journal of Leucocyte Biology. All’epoca la
scoperta era ancora di nicchia, ora
grazie a questo tipo di conoscenze
si possono produrre vaccini e far-
Anche in Italia
si fa ricerca
con successo
sui recettori Toll
DICEMBRE 2011 | FONDAMENTALE | 15
ATTUALITÀ
Un premio all’immunologia
In questo articolo:
premio Nobel
cellule dendritiche
immunità innata
di cui si è parlato finora”.
La scoperta del
ciclo completo di attivazione di questi
meccanismi di difesa ha consentito di mettere a punto diversi vaccini, tra cui quelli anticancro,
ma anche di sviluppare terapie sperimentali contro il virus dell’AIDS o di
bloccare le reazioni autoimmuni attraverso farmaci biologici.
“Una strategia su cui Steinman e
altri stavano lavorando è quella di
‘dirigere’ le cellule dendritiche
verso il bersaglio programmandole
all’interno dell’organismo, invece
di doverle estrarre dal sangue, per
lavorarle e poi reimmetterle nel paziente come accade nei comuni
preparati vaccinali” spiega ancora
Mantovani. Questo tipo di sperimentazione è davvero agli esordi,
ma promette bene. Tanto bene da
valere il primo Nobel postumo
della storia.
Nella foto da
sinistra: Bruce A.
Beutler, Jules A.
Hoffmann e Ralph
M. Steinman.
maci attivatori del sistema immunitario, tra cui i cosiddetti vaccini anticancro” afferma Mantovani.
La guerra
di dendriti e Toll
Le cellule dendritiche, che costituiscono l’altra metà del premio, sono
state descritte per la prima volta da
Steinman (e dal suo capo Zanvil A.
Cohn) nel 1973. “I dendriti catturano
le proteine degli agenti infettivi (ma
anche delle cellule mutate per via del
cancro) e le porgono sulla superficie
cellulare perché altre cellule del sistema immunitario, i linfociti T, le possano riconoscere” spiega Mantovani.
L’altra caratteristica dei dendriti è
quella di attivare il sistema immunitario in presenza di infiammazione,
considerata un segnale di qualcosa
che non va nel corpo. “In sostanza se
c’è un’infezione le cellule dendritiche
maturano ed esprimono sulla loro superficie proprio i recettori di tipo Toll
LA FIDUCIA NELLA SCIENZA
Nei giorni successivi all’annuncio
del Nobel, molti hanno raccontato la
lunga battaglia di Ralph Steinman
contro il tumore, compresa la sua
scelta di sottoporsi a terapie sperimentali basate sulla sua stessa scoperta. I vaccini anticancro, infatti,
sono basati sull’attivazione delle
cellule dendritiche contro particolari antigeni presenti sulla cellula maligna. Il primo vero vaccino anticancro basato sull’attivazione dei dendriti è stato approvato per il trattamento del cancro della prostata,
mentre un tipo diverso di vaccino è
già in uso da alcuni anni per la terapia del melanoma.
Una delle difficoltà incontrate
nella messa a punto di queste terapie è l’unicità delle cellule dendriti-
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che: ognuno di noi ha le proprie e
non è possibile usare un vaccino
fabbricato con cellule dendritiche
altrui. Questo rende complessa la
produzione del rimedio e piuttosto
elevato il suo costo (quello contro il
carcinoma prostatico costa circa
95.000 dollari per tre dosi che bastano per tre mesi di terapia).
Malgrado ciò ci sono stati sviluppi
importanti negli ultimi mesi, anche
con il contributo dello stesso Steinman che pure stava già male: all’inizio del 2011, per esempio, è stato pubblicato su Journal of Clinical Oncology
uno studio su un vaccino dendritico
nel glioma maligno, sperimentato su
pazienti già in stadio avanzato (per
non dire quasi terminale) con risultati notevoli in termini di sopravviven-
za (anche se sempre relativi alla gravità dei casi trattati).
Steinman credeva molto nelle potenzialità dell’approccio immunologico alla cura dei tumori e ha insistito
per accelerare i tempi della sperimentazione sull’uomo, pur mantenendo
tutti i criteri di rigore che rendono sicure le nuove terapie.
Egli stesso si è sottoposto ad alcune cure innovative, due delle quali,
secondo i familiari, comprendevano
anche vaccini dendritici. In ambedue
i casi, però, si trattava di sperimentazioni ufficiali, che avevano passato
tutte le fasi di verifica da parte degli
organismi regolatori.
Come molti grandi scienziati,
Steinman ha lavorato nel suo laboratorio fino agli ultimi giorni di vita.
Una settimana prima della sua morte
ha discusso con i colleghi i risultati di
una sperimentazione con vaccino
dendritico per il virus dell’AIDS.