SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 SCAVI E RICERCHE ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- PROVINCIA DI BERGAMO ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- BERGAMO Colle di S. Vigilio, via Castello 9 Resti murari di un bastione del Castello di S. Vigilio Il controllo, protrattosi a più riprese fra gli anni 2007 e 2010, aveva lo scopo di accertare preliminarmente la presenza e consistenza dell’eventuale deposito archeologico in un’area privata destinata alla costruzione di autorimesse interrate e nei vani dei limitrofi edifici da ristrutturare. Il luogo interessato si trova a ridosso della cerchia muraria del Castello di S. Vigilio, posta sulla sommità dell’omonimo colle, forse già in età romana utilizzato come punto di avvistamento e su cui nell’altomedioevo fu eretta una cappella da cui poi il luogo prese il nome di Castello della Cappella. Fu poi sempre utilizzata con scopo militare con rifacimenti vari, fino ai primi decenni del XIX secolo, quando iniziarono i primi smaltellamenti. La ricerca svolta nel giardino posto a sud-ovest, in cui era prevista la costruzione dell’autorimessa, dopo due distinti livelli di riporto ha messo in luce nell’area più a sud la rasatura di una 1 - Bergamo, Colle di S. Vigilio, via Castello 9. La struttura muraria. 2 - Bergamo, Colle di S. Vigilio, via Castello 9. Planimetria dell’area indagata. 19 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 BERGAMO Piazza Duomo 8, Hospitium Comunis Pergami Area archeologica pluristratificata dagli inizi dell’età del Ferro a età moderna 3 - Bergamo, Colle di S. Vigilio, via Castello 9. Raffigurazione seicentesca del castello di S. Vigilio. imponente struttura muraria con orientamento E-W e i suoi livelli di uso e costruzione. È stata documentata per una lunghezza di m 8, ma prosegue oltre i limiti di scavo e ha una larghezza media di m 0,96. È composta da elementi lapidei irregolarmente sbozzati legati da malta bianco-grigiastra molto tenace e ha una risega, impostata direttamente sulla roccia, il cosiddetto flysch di Bergamo. Sono stati documentati il taglio di fondazione e i resti di uno strato di calpestio forse in uso con la muratura. A questo seguono alcune attività negative, ‘fosse di scarico’, e un livellamento che sembra documentare la più recente attività anteriore allo smaltellamento della muratura. Dall’analisi dei dati rinvenuti si pone la costruzione della struttura all’età bassomedievale, non anteriormente al XIII secolo, per la presenza di ceramica graffita policroma nei livelli d’uso post-medievali. Tale muratura sembra potersi riconoscere nella rappresentazione di uno dei bastioni in una stampa secentesca dei Remondini (BELLOCCHIO L.P., BELLOCCHIO A., CHIARI A., CASALE A., 2008, Il castello di San Vigilio in Bergamo. Analisi storica e progetto di sistemazione delle aree verdi esterne al castello, Bergamo, p. 14). I controlli sono stati successivamente effettuati anche all’interno dei due corpi degli edifici in ristrutturazione, senza tuttavia riscontrare dati significativi. Coordinate: 45.708811, 9.651355 Maria Fortunati, Fabrizio Geltrudini, Mariagrazia Vitali Le indagini archeologiche, iniziate nel 2007, sono proseguite in fasi successive, secondo le necessità di cantiere; sono state effettuate, con la direzione di M. Fortunati (SBA Lombardia) e la direzione tecnica di M. Vitali, dagli archeologi S. Felisati, F. Geltrudini, G. Righetto. La direzione lavori è stata dell’arch. ing. R. Trussardi e dell’arch. L. Agazzi; si ringraziano i proprietari signori Zani che hanno finanziato l’intervento. 20 Gli scavi archeologici si sono svolti nell’ambito di un programma di restauro più ampio, che riguarda un edificio di mc 20.000, su un lotto di mq 1.500 di cui 1.100 coperti, ancora da completare con futuri interventi. Il luogo sul quale è stato costruito l’edificio, citato nelle fonti documentarie come Hospitium Comunis Pergami, è stato oggetto di indagine archeologica tra il 2001 e il 2011. Preliminarmente e contestualmente agli interventi di restauro dell’edificio, nel 2001, nel 2003-2005, nel 20072008 e nel 2011 sono state condotte sia indagini preliminari atte a verificare la potenzialità archeologica dell’area sia scavi archeologici in estensione (Saggio A, Saggio B, Saggio C, Saggio D1 e D2, Saggio F, Saggio Ambiente 16, Saggio Androne 1, Saggio Androne 2). È stata posta in luce una sequenza archeologica e stratigrafica particolarmente articolata che si snoda, senza soluzione di continuità, lungo un arco cronologico di circa 2500 anni, dall’età protostorica, in particolare dagli inizi dell’età del Ferro (X-IX sec. a.C.), all’età moderna. Il substrato roccioso, riconducibile alla formazione geologica denominata flysch di Bergamo, rinvenuto in un saggio a ca. m 3 di profondità dall’attuale piano di calpestio, rappresenta l’elemento che influenza la crescita dell’insediamento umano, sin dalle fasi più antiche. Attraverso limitati saggi, si sono documentati depositi argillo-limosi fortemente organici alternati a depositi limo-sabbiosi di colore bruno riferibili a piani di calpestio. Alcune buche vengono riempite con terreni limo-argillosi contenenti frammenti di ceramica incisa decorata di tradizione celtica e di ceramica a vernice nera, già nella tarda Età del Ferro, per livellare l’area e contrastare l’affioramento di acqua. Nell’area denominata saggio A tra il II e il I secolo a.C. (Fase II) si attua una considerevole opera di livellamento con l’apporto di uno strato di pietre, con funzione di drenaggio, ricoperto da alcuni potenti strati di terreno limoso, che sigillano le presenze protostoriche e preromane. Tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. (Fase III A), nel settore sud viene costruita una rete di canalette, orientate N-S, con strutture (copertura, spallette, fondo) in lastre di pietra. Partendo da ovest verso est, sono state individuate quattro canalette, accertate per una lunghezza di ca. m 2, distanziate ca. m 2,20-2,50 l’una dall’altra. Nel corso del I secolo d.C. (Fase IIIB) viene costruito nell’area un edificio imponente, che risulta orientato WE. Esso si compone di una struttura perimetrale esterna, accertata per una lunghezza complessiva di m 25, che prosegue oltre i limiti di scavo, a est verso il Palazzo della Ragione e a ovest verso il Vescovado. A nord del perimetrale, vi sono quattro strutture murarie a esso perpendicolari; hanno andamento N-S e sono poste parallele fra loro, a una distanza di ca. m 5,50, in senso W-E e con SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 4 - Bergamo, piazza Duomo 8, Hospitium Comunis Pergami. Planimetria generale dello scavo. una lunghezza individuata di ca. m 3, data dai limiti di scavo ma che proseguiva oltre, per almeno altri m 2,50. Vengono a formarsi ambienti di forma quadrangolare, in tutto quattro, ipotizzando che la grande soglia centrale costituisca un accesso all’area del Foro e non a un ambiente. La soglia metteva in comunicazione l’edificio con un basolato, che occupa l’intera porzione sud dell’area, per una lunghezza di m 21 e una larghezza accertata di m 1,50, ma che prosegue oltre i limiti di scavo. Si compone di lastre di pietra di media e grande dimensione, disposte di piatto e in modo regolare. Si conservano parzialmente le crepidines, nella porzione ovest su un’area di m 8 x 0,50, mentre, a est, su una superficie di m 1,5 x 0,5. Il muro perimetrale è formato da lastre di pietra di piccola e media dimensione legate da malta giallastra in fondazione e da malta biancastra nei brevi tratti di alzato; si conserva anche un piccolo lacerto di intonaco parietale di colore bianco. Lo spessore del muro è di cm 60 in fondazione e 55 nell’alzato. Sino a età tardoromana, attività di ristrutturazione e di ripristino mantengono in uso il complesso; a partire dalla fine del IV secolo e nell’età successiva l’edificio viene abbandonato e subisce la spoliazione e l’asportazione dei materiali edilizi che, spesso, vengono reimpiegati. In età tardoantica, il quadro urbano di Bergamo, similmente ad altre città, ha conosciuto mutamenti sostanziali sia nella struttura degli edifici sia nella ripartizione e nella destinazione degli spazi. Il fenomeno può forse collegarsi ai mutamenti del quadro socio-economico, determinati dalle riforme amministrative dioclezianee. È una fase storica connotata da trasformazioni profonde, come si è potuto riscontrare nell’area a nord della Biblioteca Civica, in via Reginaldo Giuliani, in piazza Mercato del Pesce e nel- 5 - Bergamo, piazza Duomo 8, Hospitium Comunis Pergami. Grande soglia relativa a un accesso all’area del Foro. 21 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 l’area posta sotto la Cattedrale di S. Alessandro. In questo periodo si colloca la costruzione di una calcara, chiaro indizio dell’abbandono del comparto forense; i materiali edili venivano combusti e trasformati in situ. Tra VII e X secolo il luogo è interessato dalla deposizione di accumuli di humus nero, il cosiddetto dark layer, di ca. m 0,55 di spessore, che attesta la presenza di un’area aperta, nel cui interno sono state rinvenute tre sepolture a inumazione. In questa fase temporale, con la costruzione di un muro di grandi dimensioni, riprende anche l’attività edilizia, che diverrà assai più consistente tra XI e XIV secolo. Nel XII secolo viene edificata la Torre Civica, che comporta la parziale rimozione dei depositi archeologici preesistenti. Nello stesso saggio A sono state rinvenute tre sepolture entro fossa, riferibili a età altomedievale. Il saggio B, di m 3 x 3 e profondo m 4, è collocato nel cortile esterno, compreso tra il perimetrale ovest dell’ambiente 12 e il cortile interno della Curia. Sono state accertate nove fasi d’uso (fasi III-XI) che confermano la sequenza stratigrafica riscontrata nel saggio A. Un elemento strutturale di particolare interesse relativo a età romana (fase III B, I sec. d.C.) è rappresentato da un tratto di muro, orientato E-W, individuato per una lunghezza parziale di m 2,60, che prosegue oltre i limiti di scavo ed è la continuazione del lungo muro rinvenuto nel saggio A; a esso perpendicolare, è stato rinvenuto un muro N-S. I tratti delle due strutture individuano un ambiente, analogo alla partizione interna rinvenuta nel saggio A con pavimentazione in malta bianca. Situato nell’ambiente 14, identificato come domus Bragagnoli, il saggio C ha permesso di riscontrare una sequenza stratigrafica articolata, rappresentata da 10 fasi, compresa tra l’età protostorica e l’età moderna; il saggio misura m 7,80 x 3,60. Nell’ambito della fase III B è stata posta in luce una costruzione che rappresenta la continuazione dell’impianto planimetrico scoperto nel saggio A e che ne integra la comprensione. Sono state rinvenute due murature con andamento N-S, in tutto analoghe a quelle del saggio A e distanti l’una dall’altra m 5,50, che dividono lo spazio in due ambienti, con accesso a nord, tramite due soglie. Si tratta pertanto del medesimo complesso, riferibile all’area forense, che aveva un accesso monumentale sul lato sud, fronte strada (saggio A) e accessi alle tabernae, a nord. Nel limitato sondaggio effettuato nell’ambiente 16, adiacente al saggio C, si è rinvenuto, a m 1,80 di profondità, un grosso blocco lapideo, lavorato, di età romana; alla profondità di m 2,50 si è invece individuata una soglia, analoga e posta sullo stesso allineamento di quelle rinvenute nel saggio C, che conserva ancora la scanalatura per l’alloggiamento della porta. I saggi D1 e D2 condotti nell’area del Brolo, da ultimare con ulteriori ricerche, hanno permesso di ritrovare, in un settore scavato sino alla profondità di ca. m 2, un muro e un vespaio in pietre di età romana, ricoperti da strati di riporto e da strutture murarie inquadrabili tra il XII e il XVII-XIX secolo. In particolare sono state rinvenute basi lapidee di pilastri, da riferirsi a un vano porticato di XIV secolo, muri di epoca medievale (XIV-XV secolo), relativi a una suddivisione in ambienti, muri e pavimento in cocciopesto di XVI-XVIII secolo, funzionali alla irreggimentazione delle acque e, infine, strutture, ugualmente collegate a un uso idraulico, di XVIII-XIX secolo. Nella parte settentrionale del Brolo è stata scoperta una fontana medievale, trasformata, nei secoli successivi, in cisterna. Nel saggio F, posizionato davanti all’accesso al nuovo 22 ascensore della Torre Civica, sono stati documentati strati di riporto e di riempimento, inquadrabili tra l’età romana e il XVII secolo Nei due saggi definiti Androne 1 e 2, di limitate dimensioni, condotti sino alla profondità di m 2,50, sono state rinvenute due basi in pietra locale biancastra, a sostegno di colonne o lesene, inquadrabili all’interno della fase III, di prima età romana imperiale. Nel 2011 è stato condotto un saggio di scavo posizionato lungo il perimetrale esterno ovest dell’ambiente 12, con lo scopo di verificare la continuità delle presenze archeologiche, databili in età romana, poste in luce durante la campagna di scavo effettuata tra il 2007 e il 2008. Il saggio, di m 6,50 x 2,40, ha raggiunto una profondità media di ca. m 1,20, senza evidenziare i sottostanti livelli di età romana in quanto sono state rinvenute strutture murarie e pavimentali di epoca bassomedievale e rinascimentale (Fase VII). Nell’area archeologica si sono effettuati rilievi LaserScanner e l’intero complesso è stato poi oggetto di una ricostruzione 3D. L’intervento di conservazione e di restauro condotto sulle presenze archeologiche nel saggio A è stato preceduto da rilievi e analisi dei materiali presenti e delle diverse tessiture murarie. Alcuni reperti, oggetto di studio, sono stati restaurati. Sono inoltre state effettuate indagini archeobotaniche stratigrafiche, analisi petrografiche e di datazione dei laterizi tramite termoluminescenza su campioni provenienti dall’intero complesso oggetto di indagine archeologica. Raffaella Poggiani Keller, Maria Fortunati Indagine sui livelli protostorici Alcuni sondaggi condotti in profondità nell’Hospitium Comunis Pergami (prima denominato Palazzo del Podestà), sia sotto le strutture romane, sia in relazione alle stesse, hanno portato alla luce tracce di livelli insediativi del centro protourbano dei Celti golasecchiani, probabilmente Insubri, fondato, per quanto era finora noto, intorno alla metà del VI secolo a.C. sul complesso collinare di Bergamo lungo la via pedemontana E-W, punteggiata da altri abitati minori che nella medesima epoca occupano siti ciclicamente insediati nel corso della pre-protostoria e nel Medioevo per analoghe esigenze di controllo del territorio. Per i livelli protostorici sotto l’Hospitium si può parlare esclusivamente di “tracce” poiché si tratta non tanto di livelli in situ, rinvenuti solo a contatto con il substrato roccioso (Saggio C e Saggio F), quanto di reperti in giacitura secondaria contenuti all’interno di strati di riporto, usati per livellamenti o come colmatura di fosse, strati che hanno restituito, frammisti, anche materiali ceramici di età romana repubblicana, soprattutto frammenti di recipienti a vernice nera e di olle globose in ceramica di impasto nerastra. Si tratta complessivamente di meno di 150 frammenti ceramici di impasto e di tre manufatti in bronzo (un anellino a sezione bitroncoconica, un frammento di anello a sezione circolare e un frammentino di lingotto). Il generale rimaneggiamento rende difficoltosa una scansione cronologica sicura, tuttavia si individuano, oltre alle note forme delle fasi finali del Golasecca, il c.d. GIIA-B e GIIIA (frammenti di olle globose con orlo ripiegato e decorate a cordoni lisci orizzontali; frr. di boccali; un fr. di SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 6 - Bergamo, piazza Duomo 8, Hospitium Comunis Pergami. Reperti ceramici della prima e della media età del Ferro. mortaio con piede ad anello piatto) corrispondenti al periodo di maggior estensione dell’abitato, anche alcuni elementi più antichi (orli a tesa di vasi biconici con cordoncino liscio o a tacche che corre orizzontale sulla gola, in ceramica rossastra con evidenti inclusi calcarei) attribuibili agli inizi dell’età del Ferro (X-IX secolo a.C.) e oltre (fr. di vaso situliforme). Risulta dunque attestato qui un nucleo centrale dell’abitato sul colle già nella prima età del Ferro, nei secoli XIX a.C., in cui si osserva una prevalente influenza centroorientale veneta: questo dato, del tutto nuovo per la storia della formazione della città, la cui fondazione si collocava nel VI secolo a.C., è confermato anche dagli scavi condotti nel 2011 nella Cattedrale di S. Alessandro, dove le fasi di X-IX secolo a.C. sono ben rappresentate da forme ceramiche abbondanti e da resti in muratura delle strutture insediative. Raffaella Poggiani Keller Indagini diagnostiche e intervento di conservazione delle evidenze archeologiche Nel corso degli interventi di scavo e di conservazione sono state effettuate alcune analisi specialistiche quali: chimico-fisico-mineralogico-petrografiche, paleobotaniche-palinologiche-radiocarboniche-polliniche, di termoluminescenza sui laterizi. Per quanto concerne le prime, sono state condotte indagini con finalità diverse, ma aventi come obiettivo guidare la scelta dei prodotti da utilizzare nel corso del restauro: determinazione del contenuto di umidità delle strutture (individuazione di un prodotto consolidante idoneo), indagini mineralogico-petrografiche (formulazione di nuove malte di allettamento, sigillatura e stuccatura), indagini microbiologiche (individuazione di un idoneo prodotto biocida). Solo conoscendo con rigore scientifico le caratteristiche dei materiali esistenti, le tecniche di lavorazione, nonché le cause e i principali meccanismi di degrado, è possibile elaborare un progetto di conservazione duraturo nel tempo, efficace e rispettoso dal punto di vista storico, tecnico ed economico. L’intervento è stato anche preceduto, oltre che da un’approfondita indagine documentaria, da accurate analisi macroscopiche e restituzione sui rilievi (acquisizione tridimensionale mediante LaserScanner) dei materiali presenti, delle diverse tessiture murarie, dello stato di conservazione oltre a una completa documentazione di scavo. Il percorso seguito a partire dalle analisi preliminari fino all’intervento ha visto la partecipazione di numerosi specialisti guidati tutti dal medesimo obiettivo: la conservazione e la valorizzazione sia per quanto concerne le parti in elevato del Palazzo che le evidenze archeologiche individuate nel sottosuolo nel corso dei lavori. Le varie fasi dell’intervento nello scavo identificato come Saggio A hanno interessato materiali lapidei naturali (pietre), artificiali (malte) e manufatti in piombo (due fistulae), caratterizzati da un differente stato di conservazione. La scelta dei prodotti impiegati e le modalità di applicazione sono stati studiati in funzione delle specifiche situazioni e nel rispetto di criteri di massima reversibilità, minimo intervento e compatibilità chimico-fisico-meccanica rispetto alle superfici esistenti. In particolare, sulle pietre, di natura prevalentemente sedimentaria, sono state effettuate operazioni di pulitura a secco, con acqua e localmente mediante impacchi (carbonato d’ammonio supportato da idoneo spessente) e puntuali sigillature mediante l’impiego di miscele appositamente formulate e preventivamente campionate; le malte pertinenti le diverse unità stratigrafiche dello scavo, aventi come legante principale la calce aerea e come aggregato il cocciopesto o grumi di calce precarbonatati o carbonati e minerali opachi, sono state interessate da operazioni di pulitura a secco e mediante umettatura, locale trattamento con biocidi, consolidamento in profondità mediante iniezione di malte di calce idraulica naturale, sigillatura delle soluzioni di continuità, posa di un consolidamento corticale mediante acqua di calce (in presenza di alto contenuto di acqua nelle murature) o un prodotto in dispersione acquosa colloidale di silice di dimensioni nanometriche (in presenza di ridotto contenuto di acqua) applicato con tecniche differenti in relazione al diverso grado di coesione del supporto. Per quanto concerne invece le due strutture idrauliche in piombo, sono state condotte operazioni di pulitura con acqua demineralizzata abbinate ad azioni meccaniche con bisturi e impacchi localizzati di tipo chimico; è seguito poi un trattamento con prodotti inibitori di corrosione e infine l’applicazione di un protettivo mediante resine acriliche. Silvia Gaggioli 23 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 7 - Bergamo, piazza Duomo 8, Hospitium Comunis Pergami. Loggiato, primo piano, prospetto ovest. Dettaglio delle aperture tamponate e delle sequenze degli intonaci dipinti. Indagini petrografiche sui materiali da costruzione Un gruppo di campioni di materiali lapidei da costruzione, rinvenuti nello scavo archeologico, è stato sottoposto alle consuete indagini di tipo petrografico. Con queste indagini (stereo-microscopia ottica su campione tal quale, microscopia ottica in luce polarizzata su sezione sottile, diffrazione a raggi X su polveri) sono stati classificati i diversi materiali e, sulla base di confronti con materiali prelevati appositamente in diverse aree di cava del territorio lombardo, sono state identificate le provenienze dei materiali stessi. Nell’età romana sono presenti materiali sia di provenienza locale che d’oltremare. Tra i primi rientrano l’arenaria di Sarnico (un’arenaria a cemento calcitico cavata in tutto il settore prealpino tra Bergamo e il lago d’Iseo) del basolato del Saggio A e un calcare bianco del dado di fondazione nell’androne. Tra i secondi si segnalano, nel Saggio A, marmi di grande qualità come Cipollino, Pavonazzetto, Rosso Antico e Proconnesio, oltre a marmi bianchi e grigi a grana fine. Si tratta di materiali riferibili ai “marmi colorati antichi”, provenienti sia dall’attuale Grecia (Cipollino, Rosso Antico) che dall’attuale Turchia (Pavonazzetto, Proconnesio). I marmi colorati, impiegati in modo diffuso nel vasto territorio dell’Impero Romano, sono stati individuati anche in diversi siti archeologici lom- 24 bardi tra cui Milano, Brescia, Cremona, Toscolano, Desenzano, ecc. Marmi bianchi e grigi, di cui è poco significativo indicare una provenienza stante la difficoltà a effettuare confronti, sono presenti ad esempio nel Saggio A ambiente 4. Un discorso a parte merita il frammento di macina del Saggio A ambiente 2, classificato come Leucitite. Si tratta di una roccia vulcanica con silicati di potassio, di provenienza laziale (cave presso Roma e nell’area dei Colli Albani), di cui è conosciuta la scabrosità superficiale e la conseguente scarsissima lucidabilità: caratteristiche adatte per la fabbricazione di macine. Nel Tardo Antico si consolida l’impiego di materiali di provenienza locale come il calcare Majolica (cavato nelle prealpi bergamasche e bresciane) o il calcare nero (cavato in val Seriana o presso il lago d’Iseo) o l’arenaria di Sarnico o il calcare rosso ammonitico (cavato nella Valpolicella veronese), tutti rinvenuti nel Saggio A. Nello stesso saggio sono ancora presenti marmi di grande qualità come quelli bianchi a grana fine e come il Proconnesio. Infine, nel XII secolo, si segnala ancora l’impiego dell’Arenaria di Sarnico, per elementi connessi a una fontana (Saggio D2). Roberto Bugini, Luisa Folli SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 Dati archeobotanici I depositi delle sezioni 6 e 12 (saggio C, ambiente 14, antica Domus Bragagnoli) sono stati oggetto di studio archeobotanico (polline, carboni, frutti e semi) e radiocarbonico, per ricostruire la storia del paesaggio vegetale del Colle di Bergamo e le sue trasformazioni, indotte dalla fondazione e dallo sviluppo del nucleo urbano. I dati raccolti indicano che sul finire della media età del Bronzo (XIV sec. a.C.) sul Colle di Bergamo erano diffusi boschi di latifoglie decidue a ontano, nocciolo, querce e betulla, con faggio e carpino bianco. La presenza di rari granuli pollinici di cereali non consente di escludere che piccoli insediamenti fossero già presenti a distanza, separati da cortine forestate. Attività di pascolo e stabulazione del bestiame in radure e prati sono indicate dalla presenza di spore di funghi coprofili (famiglia Sordariaceae) nei depositi analizzati. Tra il Bronzo Recente e l’età del Ferro il paesaggio del Colle di Bergamo conobbe importanti fasi di trasformazione. I dati archeobotanici raccolti, supportati da datazioni AMS di alta precisione, anticipano alla tarda età del Bronzo la presenza di insediamenti sul Colle. Ampie aree, dapprima coperte da boschi di latifoglie, furono utilizzate per attività agro-pastorali. Il rinvenimento di cariossidi nei depositi di questa fase nel sottosuolo dell’Hospitium indica che tra i cereali coltivati erano presenti i frumenti nudi (Triticum aestivum - durum - turgidum), l’orzo (Hordeum vulgare) e il panìco (Setaria cf. italica). Attività di pascolo e allevamento sono documentate dalla presenza di spore di funghi coprofili. Lo sviluppo dell’abitato protourbano golasecchiano sui colli di Bergamo determina ulteriori trasformazioni nell’assetto del paesaggio vegetale. Tra l’età del Ferro e l’epoca romana il paesaggio del Colle rafforzò il suo carattere rurale. Il tasso di afforestamento decrebbe ulteriormente e aumentò l’estensione delle colture cerealicole. Tra le entità coltivate, i dati pollinici suggeriscono la presenza della vite (Vitis sp.). Tra gli indicatori pollinici sono frequenti taxa tipici di prati umidi falciati, pascoli e ambienti aperti ruderali nitrofili. Dati carpologici e antracologici attestano la presenza del noce (Juglans regia) e del castagno (Castanea sativa) sul Colle di Bergamo a partire dal I sec. a.C./I sec. d.C. I depositi riferiti su base archeologica e documentale al Medioevo-Rinascimento, rappresentati da livelli di preparazione di piani pavimentali e riporti, presentano granulometria grossolana e marcata porosità, condizioni che impediscono la conservazione ottimale dei resti microscopici. Tali livelli riflettono un ambiente a carattere urbano e si caratterizzano per le elevate concentrazioni di microparticelle di carbone (fino a oltre 90.000 frammenti/ cm3 di sedimento), la presenza di spore fungine tipiche di ambienti a forte decomposizione (Glomus sp.) e di legno/carbone umido marcescente (Gelasinospora sp.). Coordinate: 45.703832, 9.662296 Roberta Pini, Lorenzo Castellano, Renata Perego, Cesare Ravazzi Gli scavi archeologici, diretti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, in particolare da R. Poggiani Keller per l’età preistorica e protostorica e da M. Fortunati per l’età romana e le epoche successive, sono stati condotti nel 2001 da M. Vitali, nel 2003-2005 da Lavori Archeologici s.a.s. di P. Blockley con N. Cecchini (responsabile di cantiere), nel 2007-2008-2011 da AR/S Archeosistemi Società Cooperativa, G. Fontana (responsabile di cantiere); nello stesso 2011, sono state effettuate alcune verifiche stratigrafiche, collegate agli interventi strutturali e all’intervento di restauro, da Ghiroldi A. e C. s.a.s. Analisi chimico-fisico-mineralogico-petrografiche condotte presso i laboratori CSG Palladio di Vicenza e coordinati da G. Alessandrini. Analisi petrografiche CNR-ICVBC Milano (R. Bugini, L. Folli). Analisi paleobotaniche-palinologiche-radiocarboniche-polliniche realizzate dal CNR–Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali, Laboratorio di Palinologia e Paleoecologia (R. Pini, L. Castellano, R. Perego, C. Ravazzi). L’intervento di restauro è stato eseguito dalla ditta A.R.C.O. s.n.c. di Virotta M. e P. Si ringraziano tutte le amministrazioni del Comune di Bergamo succedutesi dal 1999 al 2012 e tutti i professionisti, le ditte e gli studiosi che, coinvolti in un lavoro d’équipe, svolto già a partire dalla progettazione delle indagini preventive fino alla redazione del piano di manutenzione, sapientemente e autorevolmente coordinato da Arch. A. Gonella, direttore lavori dello Studio Associato di Progettazione Integrata, hanno consentito di attuare un ambizioso progetto di scavo archeologico, restauro e valorizzazione di un edificio storico della città. Il risultato di tutto questo lavoro è confluito nel volume FORTUNATI M., GHIROLDI A. (a cura di), 2012, Hospitium Comunis Pergami. Scavo archeologico, restauro e valorizzazione di un edificio storico della città, Brescia. 8 - Bergamo, piazza Duomo 8, Hospitium Comunis Pergami. Catalogo dei palinomorfi e dei tipi antracologici e carpologici più caratteristici rinvenuti nelle stratigrafie del sottosuolo: a) granulo pollinico di Cerealia; b) granulo pollinico di Vitis sp.; c) spora di fungo coprofilo (fam. Sordariaceae): d) sezione trasversale e dettaglio della sezione longitudinale radiale di un carbone di Carpinus betulus; e) sezione trasversale di un carbone di Juglans regia; f) sezione trasversale di un carbone di Castanea sativa; g) cariossidi di panìco (Setaria cf. italica); h) frammenti di endocarpo di noce (Juglans regia); i) seme di Castanea sativa. 25 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 BERGAMO Piazza Mascheroni 9/a, Area ex Giardinetto, Albergo S. Lorenzo Area pluristratificata Lungo il limite est di piazza Mascheroni nel centro storico di Bergamo sono proseguite le indagine archeologiche presso il cantiere per la ristrutturazione dell’attuale Hotel S. Lorenzo, iniziate nell’area già dal 1988-89 e a più riprese proseguite fino al 1996 (NSAL 1994, pp. 129-131), consentendo di mettere in evidenza diverse strutture e stratigrafia dall’età pre-romana a quella di medievale. L’indagine svoltasi al primo piano interrato del nuovo stabile in costruzione, si è concentrata nell’area centro-sud per terminare lo scavo di una parte dei vani romani non del tutto indagati nelle precedenti campagne e nell’area nord nella verifica e scavo, ove possibile, delle strutture con abside disposte lungo la parete nord dell’edificio in ristrutturazione e il conseguente approfondimento all’interno di due di queste. Lo scavo, effettuato presso la zona centro-sud della proprietà, ha consentito di definire e identificare un limite spaziale alla frequentazione dei vani di età romana, disposti a sud, già messi in luce nel corso degli anni ’90 del XX secolo, e che avevano consentito di riconoscere sequenze stratigrafiche caratterizzate da fasi costruttive d’uso di tipo residenziale e di abbandono. Al contrario nella porzione nord, se la presenza dei livelli sterili visibili al di sotto del limite nord-ovest degli ambienti romani già indagati lasciava intuire un repentino abbassamento di quota, restava difficile comprendere a pieno come tale spazio potesse essere stato utilizzato nel corso dei secoli. L’indagine condotta aveva il compito di dare una risposta a tali interrogativi e di rendere note tipologie di frequentazione altrimenti occultate per secoli da ambienti medievali e post-medievali. L’evidenza archeologica più antica, rinvenuta durante questo scavo, sembra essere una struttura muraria che tipologia costruttiva, dimensioni e forma curvilinea lasciano ipotizzare come una vera e propria opera di terrazzamento atta a “sostenere” l’area a sud, forse già in questo momento storico databile preliminarmente dalla ceramica rinvenuta al IIIII secolo a.C., destinata ad attività di carattere residenziale. Il tempo e forse l’incuria per il parziale abbandono ne hanno causato il crollo e la conseguente sostituzione con un muro rettilineo NE-SW eseguito con una tecnica costruttiva particolare. Contro le pareti di un iniziale taglio di fondazione erano stati collocati degli assiti lignei entro i quali si era poi costruita la struttura muraria. Dove restavano spazi vuoti fra le due murature si era proceduto con un riempimento in malta e argilla. Si tratta evidentemente di una sorta di tecnica in cassaforma con paramenti lignei probabilmente funzionali al sostegno del muro in fase di tiraggio del legante. Questo potrebbe essere spiegabile con il dover costantemente esercitare una forte azione di controspinta nei confronti del dislivello della collina in questo punto particolarmente accentuato. Da questo momento l’area a nord del citato muro sembra essere destinata, con la realizzazione di una sorta di passerella strutturale e su un’accentuata pendenza SW-NE, 26 9 - Bergamo, piazza Mascheroni 9/a. Planimetria generale delle aree indagate. 10 - Bergamo, piazza Mascheroni 9/a. Veduta generale sull’ambiente di epoca romana con focolare. prevalentemente ad attività di scarico intervallate da dilavamenti probabilmente causati da periodi di abbondanti piogge. In questa stessa fase, a sud del muro citato, vengono costruiti, su un esteso strato di riporto in argilla grigia, una serie di ambienti contigui di forma rettangolare certamente di uso domestico e contraddistinti da livelli di frequentazione in terra battuta. Quello più a nord, indagato nel corso della campagna di scavo del 2010, risulta essere caratterizzato dalla presenza di un focolare realizzato con frammenti di tegole di reimpiego, il cui uso era composto da una sovrapposizione di estese lenti a matrice carboniosa ricche di ossa animali depositate su un livello argilloso chiaramente termotrasformato. La ceramica sigillata SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 aretina rinvenuta in tale contesto daterebbe le attività descritte a un periodo compreso fra gli ultimi decenni del I secolo a.C. e il I secolo d.C. Probabilmente in fase con l’uso di detti ambienti e posizionata a nord di questi, era una canalizzazione caratterizzata da una struttura in pietre contenente tubuli fittili. Successivamente a detti processi è stato possibile registrare, ancora negli ambienti a sud, alcune attività negative riferibili sia a pali lignei, forse di sostegno a una copertura tarda, che, nel caso dell’ambiente con focolare, alla probabile esistenza di una trave interpretabile come elemento divisorio della stanza prima di un suo definitivo abbandono. Tutte queste attività risultavano obliterate da crolli, strati di accumulo, scarico e dilavamento, assimilabili al definitivo abbandono dell’area in oggetto. Vista la tipologia deposizionale delle evidenze archeologiche localizzate nella zona sud, sembra plausibile riconoscere i vani in questione come destinati a attività di tipo domestico e di servizio, forse anche riferibili a una domus romana, a oggi solo in piccola parte conosciuta. Al contrario, a nord, il terreno sembra essere interessato da semplici livelli di scarico in alternanza a strati di dilavamento; d’altronde la pendenza delle superfici, elemento comune a quasi tutti gli strati indagati, rendeva già di per sé improbabile associare la zona a un qualcosa che differisse da semplici frequentazioni in spazi aperti. Sul limite nord dello stabile si colloca l’altra area indagata in questa campagna di scavo, caratterizzata innanzi tutto da quote di frequentazione decisamente più basse rispetto al precedente tanto che si sfiorano differenze di ca. m 4. Tale aspetto è dovuto al pendio del colle su cui insiste la città alta di Bergamo che, nella zona in oggetto, si fa particolarmente accentuato. Sbancamenti e attività costruttive post-romane hanno certamente compromesso gran parte dei piani di vita originali rendendo a oggi difficile comprendere come in antico i livelli di frequentazione delle due aree indagate potessero convivere. I resti di quattro vani absidati rinvenuti in questo spazio sono infatti totalmente circondati da ambienti medievali e post-medievali che hanno, al momento della loro edificazione, certamente alterato il precedente assetto urbanistico della zona. Particolare interessante è costituito dalla presenza di un livello di cocciopesto sulla rasatura di una delle absidi, presumibilmente riferibile a una fase di frequentazione tarda in testa all’abside stessa, post rasatura dell’emiciclo. Purtroppo la limitata estensione dell’unità stratigrafica non consente indicazioni precise sulla sua natura. Il periodo successivo è caratterizzato da frequentazioni medievali riportate alla luce all’interno delle due absidi indagate, soprattutto nella seconda da est, che, a differenza delle altre, presentava una superficie indagabile decisamente più ampia. In quella più a est, scavata per metà, sono state rinvenute una serie di canalizzazioni, livelli a prevalente matrice carboniosa e strati in malta che potrebbero far pensare, in via del tutto ipotetica, ad attività artigianali non meglio definibili. All’interno dell’abside posta più a ovest sono invece stati documentati livelli riferibili alla costruzione di un corto muro con andamento NE-SW ancora in situ. Tale struttura potrebbe essere associabile a un’azione di contenimento del catino absidale in cui è inserita, considerata la grande frattura strutturale visibile all’esterno dell’emiciclo. A questo lasso cronologico, sigillato da imponenti strati di crollo, comuni a tutte le absidi indagate, sembra seguire un periodo di abbandono dell’area probabilmente solo parzialmente frequentata per il recupero di materiali da costruzione. Lo spazio interno ai vani, ove è stato possibile indagarlo, ha resti- 11 - Bergamo, piazza Mascheroni 9/a. Veduta generale sulle strutture absidate riportate alla luce. tuito esclusivamente livelli di frequentazione medievale mentre gli unici materiali di epoca romana sono stati rinvenuti nei livelli di riempimento delle trincee di fondazione delle absidi. In una fase successiva prende vita un nuovo, importante, recupero del sito con il restauro del lato ovest dell’abside posta a est, la costruzione di un pilastro al suo interno e la realizzazione di un livello pavimentale in ciottoli che copre gli emicicli. Il contesto fa pensare a opere evidentemente afferenti all’edificazione di nuovi complessi architettonici ai quali è attribuibile anche la costruzione dei perimetrali attuali che delimitano la proprietà verso nord. Si tratta presumibilmente di ambienti voltati la cui traccia appare ancora visibile sui muri perimetrali est della proprietà. Lo stesso pilastro rinvenuto e la base di un altro gemello posto a sud fungevano certamente da sostegno a tali locali di cui l’acciottolato menzionato costituiva la pavimentazione originale. Difficile dire al momento se possa trattarsi di ambienti chiusi o aperti: solo un’approfondita ricerca di archivio e 27 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 12 - Bergamo, piazza Mascheroni 9/a. Planimetria dei vani absidati rinvenuti durante l’indagine in oggetto e sottostanti il complesso del Carmine. una dettagliata analisi degli alzati potrebbe, forse, risolvere tale dubbio. A un ultimo periodo, certamente postmedievale, sono invece attribuibili tutta una serie di canalizzazioni e una scala della quale restano tracce sul perimetrale nord. La presenza delle canalette, al pari di molte altre nella zona, potrebbe confermare un problema di deflusso delle acque naturali che, soprattutto in caso di pioggia, ancora permane nell’area. La scala, sorretta da un piccolo muretto, è riferibile a una zona di passaggio a ovest, fra gli ambienti medievali posti su livelli diversi e attualmente di difficile ricostruzione in pianta. Alcuni mesi dopo la fine dello scavo, durante lavori di pulizia preliminari all’intervento di rifacimento dei tetti del complesso del Carmine adiacente a est, si è avuta l’opportunità di ispezionare alcuni dei locali a piano terra prospicienti via Boccola, allineati sulla stessa direttrice dei quattro indagati. Si tratta dei conosciuti vani con fronte a vista a arco, tamponati in età moderna e utilizzati come magazzini e botteghe, menzionati più volte nella storiografia bergamasca come resti delle mura romane della città, punto su cui nella più aggiornata storiografia vengono espressi dubbi (FORTUNATI M., 2007, Bergamo romana: appunti per una rilettura dell’assetto urbano alla luce delle nuove scoperte, in Storia economica di Bergamo. I primi millenni. Dalla preistoria al medioevo, pp. 494-495). La veloce ispezione ha permesso di riverificare e attestare che gli archi visibili su strada, la cui datazione è da precisare, ma sicuramente da porre non prima del periodo medievale, sono stati addossati a strutture a emiciclo del tutto uguali a quelle scavate, ancora ben conservate e con le volte di copertura coeve. Questi vani formano con quelli scavati una teoria di 16 ambienti con emiciclo con andamento E-W, affacciati verso il declivio collinare nord della città antica, verso Valverde. Tali strutture sono da ricondurre a elementi costruttivi di terrazzamento atti a limitare i cedimenti naturali dell’accentuato declivio collinare; 28 imponenti muri di contenimento che, con la loro particolare struttura absidata, garantiscono certamente una più efficace spinta verso monte. Sicuramente future indagini su tali evidenze potranno offrire maggiori informazioni non solo sulle tecniche costruttive ma anche sulle loro funzioni primarie e non. L’intervento in oggetto ha infine consentito di documentare, a fronte di una continuità di vita più o meno intensa, un uso costante dell’area caratterizzata, con il passare dei secoli, da attività costruttive sempre più articolate; un contesto urbano che nel tempo ha visto allargare i propri confini sostituendo a imponenti opere di terrazzamento altri nuclei architettonici particolarmente complessi. Coordinate: 45.705828, 9.660508 Maria Fortunati, Augusto Pampaloni, Mariagrazia Vitali Le ricerche si sono svolte nel corso di due distinte campagne di scavo effettuate negli anni 2010 e 2011 dirette da M. Fortunati (SBA Lombardia) e realizzate dalla Società Archeo Studi Bergamo s.r.l., con la direzione tecnica di M. Vitali e i responsabili di cantiere E. Faccio e A. Pampaloni, coadiuvati dagli operatori archeologici S. Bocchio, F. Cocomazzi, M. Trucco. Le indagini archeologiche nelle aree con ritrovamenti protostorici sono state dirette da R. Poggiani Keller (SBA Lombardia). Lo scavo è stato finanziato dalla Società HCB, proprietaria dell’area, che ha avviato anche un progetto di valorizzazione e fruizione dell’area archeologica. Un sentito ringraziamento all’ing. P. Facchinetti e al Geom. B. Facchinetti per la collaborazione e disponibilità dimostrate, all’ing. M. Verdina, all’arch. R. Sporchia e alla ditta Edilnova Costruzioni. Si ringrazia, inoltre, l’arch. A. Brena dell’Ufficio Tecnico del Comune di Bergamo per la disponibilità nel fornire il rilievo delle mura di via del Vagine. SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 BERGAMO Piazzale S. Agostino, ex chiesa di S. Agostino Area di culto pluristratificata dall’alto medioevo all’età moderna Durante i lavori promossi dal Comune di Bergamo per la realizzazione dell’impianto di trattamento aria nell’ambito del progetto di “Restauro dell’ex chiesa di S. Agostino a Bergamo”, sono stati effettuati la sorveglianza e lo scavo archeologico. Il progetto inizialmente prevedeva lo scavo di due canali E-W per tutta la lunghezza della chiesa, ma, dopo la messa in luce di oltre 150 sepolture, in accordo con lo Studio di Progettazione e la Direzione Lavori, si è deciso di modificare il piano dei lavori per evitare un intervento troppo invasivo del moderno sull’antico. Sono stati previsti, quindi, lo scavo di quattro piccoli percorsi N-S trasversali nell’aula (svuotando le sepolture intercettate fino a m 1 di profondità), lo scavo di ricerca nelle prime due campate e la realizzazione di 19 sondaggi sul fronte sud all’esterno della chiesa. Per tutta la documentazione è stata adottata la nomenclatura convenzionale che segue: le cappelle sono state numerate da ovest a est (da 01 a 08) tenendo conto della scansione in campate della chiesa e identificate a seconda del loro posizionamento lungo il perimetrale nord, sud o est dell’edificio. Lo scavo dell’aula dell’ex chiesa di S. Agostino ha arricchito la storia dell’edificio già conosciuta con la documentazione d’archivio e lo studio dei suoi apparati artistici e architettonici: durante le indagini archeologiche sono state messe in luce 185 sepolture appartenenti a sette fasi di deposizione fra l’Alto Medioevo e il XVIII secolo, le fondazioni di una prima chiesa più antica fin a oggi sconosciuta, i perimetrali della chiesa trecentesca e altre strutture post-medievali. Quasi tutte le sepolture erano state già violate nell’Ottocento e quindi né i materiali recuperati, né le strutture tombali per lo più modulari (lungh. m 2,20 e largh. m 1,20) e ascrivibili a tipologie edilizie con lunga continuità di vita, sono stati determinanti per l’inquadramento cronologico. Ci si è basati piuttosto sui rapporti stratigrafici con le strutture murarie e sul posizionamento entro la chiesa, giungendo a inquadramenti che oscillano entro una periodizzazione ampia, soprattutto per le tombe già saccheggiate e fondate nella stratigrafia sterile. Il periodo più interessante, e fin oggi sconosciuto, è quello altomedievale, con le presenze insediative ante 1290, anno di posa della prima pietra della chiesa ad aula. Si assiste all’occupazione della porzione centro-ovest del sito, con il livellamento dell’area (decapando la stratigrafia sterile che presentava due dossi con una depressione centrale) e la realizzazione di muri di contenimento del nuovo pianoro su cui sorgerà la prima chiesa (fase 1). Questo edificio, verosimilmente un oratorio ancora non chiaramente databile, sorge all’estremità ovest dell’aula e si conserva solo in fondazione: ha pianta rettangolare perfettamente orientata E-W, occupando un’area di ca. mq 40 (m 7 di lungh. per m 5,5 di largh. max), con termi- nazione absidale parzialmente asportata della quale non è possibile definire la forma semicircolare o poligonale (per confronti tipologici si rimanda a SANNAZARO M., 2006, La cristianizzazione del territorio e gli edifici di culto: le prospettive di una ricerca tra testi scritti e documentazione archeologica, in Notizie Archeologiche Bergomensi 14, pp. 171-190). I perimetrali (larghi cm 80 ciascuno) sono rasati in testa e realizzati in pietre sbozzate e disposte in modo ordinato nell’orizzontalità dei corsi, legate da malta bianca fine piuttosto tenace. In fase con la prima chiesa sono state intercettate due fasi di sepolture a inumazione (prime due fasi di necropoli del sito); nella prima i defunti venivano disposti all’interno (4 Tt.) e all’esterno (4 Tt.) dell’edificio religioso, entro casse lignee o litiche nelle quali sono stati recuperati gli scheletri e alcuni elementi di corredo: due fibbiette di calzari in metallo (T. 194), un ciondolino in osso di forma quadrangolare con modulazioni a croce greca (cm 1 x 1, T. 195), e una perlina in osso. Nella seconda fase di necropoli le sepolture si impostarono con orientamento E-W lungo il fronte nord all’interno (4 Tt.) e all’esterno dell’edificio (7 Tt.). Le strutture erano in cassa lignea e in casse litiche (lungh. max m 1,70, largh. cm 50) costituite da lastre di medie dimensioni disposte di taglio, anche con tipologia antropomorfa (T. 132). Prima della costruzione della chiesa medievale (fase 2), nell’aula furono realizzati i livellamenti per creare uno spiazzo su cui impostare il nuovo edificio, superando i divari altimetrici del deposito naturale e demolendo contestualmente la prima chiesa. Non è possibile determinare il momento dell’abbattimento della struttura, se già durante la predisposizione dell’area di cantiere, o solo quando la fabbrica della chiesa aveva raggiunto l’estrema porzione ovest del sito. La prima pietra di fondazione del monastero e della chiesa dei Padri Eremitani dedicata ai SS. Giacomo e Filippo fu deposta nel 1290 e nel 1347 il vescovo Bernardo Bernardi consacrò la chiesa, ormai ultimata, sotto il titolo dei SS. Giacomo e Filippo e Agostino (SCHIAVINI TREZZI J. (a cura di), 2007, Il convento di S. Agostino. Storia e significati di un monumento, Università degli Studi di Bergamo. Centro Studi sul territorio Lelio Pagani, 15, Bergamo). La chiesa, ad aula rettangolare con terminazione a tre cappelle quadrangolari, occupa un’area superiore a mq 1000 e non è perfettamente orientata E-W come il primo edificio, ma è leggermente ruotata verso NW-SE. Lo scavo archeologico ha evidenziato che la chiesa era ad aula unica e non suddivisa in tre navate da due file di pilastri, come sinora ritenuto da alcuni studiosi, suggestione motivata dall’impostarsi nel XIX secolo di pilastri entro l’aula. I perimetrali della chiesa trecentesca sono costituiti da blocchi lapidei squadrati finemente lavorati con la tecnica del bugnato a cuscino lievemente schiacciato e con segni di lavorazione a martellatura e a gradina. Successivamente a queste strutture furono addossati i pilastri di forma quadrangolare (distanziati oltre m 5 l’uno dall’altro) che scandiscono la chiesa in campate regolari; fu inoltre costruito, fra la 4° e la 5° campata, il tramezzo E-W detto “poggiolo”, emerso in fondazione durante lo scavo: il diaframma architettonico divideva in uguale numero le campate della chiesa e separava la zona riservata ai frati da quella a uso dei fedeli (PETRÒ G., 2007, Fonti archivistiche e notarili per la storia di S. Agostino, in Il convento di S. Agostino. Storia e significati di un monumento, pp. 17-39). In questa fase l’aula era occupata da molte sepolture, fra cui alcune già predisposte fin dalle origini e occupate solo successivamente, come la tomba sotto l’ingresso della 29 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 13 - Bergamo, piazzale S. Agostino, ex chiesa di S. Agostino. Ortofoto generale dell’aula. 30 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 14 - Bergamo, piazzale S. Agostino, ex chiesa di S. Agostino. Prima chiesa nella 1° e 2° campata dell’aula (da est). 15 - Bergamo, piazzale S. Agostino, ex chiesa di S. Agostino. Prospetto sud del paramento trecentesco della chiesa. chiesa (T. 188). Questo è uno dei ritrovamenti più interessanti, non solo perché completamente sconosciuto finora, ma anche perché è una localizzazione raramente documentabile e di prestigio (si rimanda a CHAVARRÌA ARNAU A., 2009, Archeologia delle chiese. Dalle origini all’anno mille, Roma, pp. 179-181). La T. 188, cui si accedeva dal fronte est della fondazione della facciata, fu realizzata contestualmente alla costruzione del muro della chiesa, in cui fu lasciato uno spazio vuoto (lungo m 2,10, largo cm 75 e profondo m 1,50); l’interno è intonacato e sul prospetto nord si è conservato un frammento reimpiegato di intonaco dipinto (cm 12 x 15, a sfondo giallo ed elementi geometrici bianchi) in corrispondenza della testa al defunto, il cui corpo è stato recuperato integro dentro la tomba. Questa fase di necropoli è costituita da deposizioni in cassa lignea o in fossa in nuda terra: alcune tombe sono state intercettate nell’area riservata ai fedeli, altre invece nella zona a uso dei frati, all’estremità sud della 5° campata. Altre sepolture furono realizzate con casse di muratura orientate E-W e posizionate nell’area presbiteriale e a ridosso del perimetrale settentrionale. Fra queste si ricorda la T. 79, nella 6° campata a nord, suddivisa in due loculi e al cui interno sono stati recuperati diversi frammenti di ossa animali lavorate che permettono di ricostruire tutti i passaggi di lavorazione dei bottoni in osso, di cui sono 31 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 16 - Bergamo, piazzale S. Agostino, ex chiesa di S. Agostino. Prospetto est della tomba 188 dentro la fondazione della facciata (da est). 17 - Bergamo, Piazzale S. Agostino, Ex chiesa di S. Agostino. Pianta della tomba 188 e suo posizionamento in aula. stati trovati diversi esemplari sia semilavorati sia finiti. Le prime modifiche strutturali all’impianto architettonico (fase 3) risalgono alla seconda metà del Quattrocento, in seguito all’arrivo degli Osservanti Agostiniani che prendono possesso del convento: all’estremità nord e sud delle prime tre navate furono costruite le cappelle devozionali commissionate da nobili famiglie bergamasche. La realizzazione dei nuovi ambienti determinò lo sfondamento dei perimetrali della chiesa, intercettati in fondazione durante gli scavi. Contestualmente si assiste a interventi di asportazione di tombe più antiche, per far spazio alla quarta fase di necropoli: le deposizioni di questo periodo sono tutte in cassa murata in laterizi e prevalentemente a loculi multipli; furono posizionate o all’interno delle nuove cappelle o in aula, centrate rispetto a esse. Ubicate di fronte alla Cappella 01 nord si trovano le Tt. 118-119 nella cui muratura è stata reimpiegata una lastra in arenaria (m 1,04 x cm 42 x cm 10) con raffigurazioni cristologiche, probabile elemento decorativo pertinente all’area presbiteriale o al poggiolo. In aula si trovano generalmente tombe disposte a coppie e allineate con il perimetrale sud della chiesa oppure a ridosso del poggiolo: a est di questo si trova la T. 34, isolata e di grandi dimensioni (m 2,70 per lato e profonda oltre m 2,20), caratterizzata da incisioni, sull’intonaco di rivestimento delle pareti nord e sud, raffiguranti due crocifissi con il Cristo con il capo chino e i piedi uniti. Sul fronte nord si trovano più facilmente sepolture isolate, od orientate N-S e allineate al perimetrale, oppure 32 orientate E-W e centrate con i pilastri trecenteschi. La T. 94, poi parzialmente asportata dalla successiva Cappella 04 nord, è orientata E-W e ha la cassa in muratura costituita da bozze lapidee di medie dimensioni legate da malta grigia e tenace. All’interno sono stati distinti diversi riempimenti che, oltre a ossa non in connessione anatomica, hanno restituito un ricco corredo costituito da vaghi di collana vitrei con elementi in oro, parti di una collana in anellini vitrei, lacerti di stoffa, passamaneria, bottoni e fiori, tutti pertinenti all’abbigliamento femminile (si rimanda ai contributi di Florence Caillaud e di Mauro Rottoli in questo volume). Nel XVI secolo (fase 4) la chiesa si arricchisce di cappelle semicircolari sia sul fronte nord sia su quello sud, e all’interno dell’aula sono realizzate tombe centrate rispetto alle cappelle (a esclusione della Cappella 08 sud). Alla fine di questo secolo (1577) viene demolito il poggiolo e i relativi altari in addosso; a questo periodo vanno ascritti nuovi interventi di asportazione di sepolture più antiche, intercettate durante la costruzione delle cappelle. Ulteriori modifiche all’impianto della chiesa furono apportate nel XVII secolo (fase 5), con la demolizione delle prime due cappelle quadrangolari sul fronte sud della chiesa, per ricostruirle di forma absidale. Di conseguenza furono asportate le tombe in fase con le cappelle quattrocentesche e furono create nuove deposizioni: la T. 62, frontale alla Cappella 01 sud, in cassa di laterizi e malta, all’interno è intonacata di bianco e dipinta con decorazioni pittoriche a forma di croce e teschi sui lati lunghi; all’estremità sud del fondo conserva un “cuscino” realizzato con laterizi e malta. In questa sesta fase di necropoli vengono impiantate camere sepolcrali molto ampie, al centro dell’aula (fra 3° e 4°, 5° e 7° campata) e in addosso alle sepolture più antiche ubicate lungo i perimetrali. Le grandi camere, suddivise in numerosi loculi sepolcrali (orientati E-W), allineati ai perimetrali della chiesa, si inserivano negli spazi fino ad allora risparmiati da deposizioni o da altri interventi. Inoltre nella sesta campata furono deposte sette sepolture in cassa lignea, i cui orientamenti erano condizionati alle sepolture più antiche. Le ultime modifiche alla chiesa risalgono alla metà del XVIII secolo (fase 6), con la costruzione della Cappella 06 sud di forma quadrangolare, in seguito alla demolizione dell’abside cinquecentesca rintracciata in fondazione durante gli scavi. In aula si assiste all’ultima fase di necropoli: le tombe, realizzate in cassa murata di laterizi e malta, sono tutte orientate E-W (eccetto una sepoltura) e si inseriscono negli spazi vuoti. Questa fase si chiude nel 1796 con l’improvviso trasferimento dei padri agostiniani nella chiesa di S. Francesco, per far alloggiare le truppe francesi nel monastero (fase 7). La chiesa mutò destinazione d’uso: prima in magazzino e poi in caserma; la trasformazione determinò interventi di spoliazione degli apparati religiosi e della quasi totalità delle lastre tombali (alcune lastre furono collocate lungo lo scalone del Palazzo della Ragione in Piazza Vecchia, in città alta a Bergamo), con violazione delle sepolture. L’aula divenne un cantiere per la costruzione del soppalco, che avrebbe scandito così l’ambiente in due piani e in tre navate mediante due file di otto pilastri ciascuna. Dalla metà del XX secolo (fase 8) il complesso di S. Agostino divenne proprietà del Comune di Bergamo che incaricò l’arch. Sandro Angelini di riportare l’aula all’antico splendore: i lavori, condotti fra 1956 e 1958, sono documentati da preziosi schizzi e fotografie delle aree indagate, ancora oggi utili per ricostruire la storia della chiesa. Dap- SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 prima fu asportato il soppalco, e poi furono intrapresi gli scavi nella cappella maggiore e nell’area presbiteriale, indagando i riempimenti di alcune sepolture e asportando il pavimento ottocentesco. Coordinate: 45.705218, 9.670943 Maria Fortunati, Federica Matteoni Lo scavo è stato eseguito da novembre 2008 a settembre 2010 sotto la direzione scientifica di M. Fortunati (SBA Lombardia), con stanziamento del Comune di Bergamo. Il cantiere archeologico è stato condotto dalla società Gea. Ricerca e documentazione archeologica di Parma, con la direzione tecnica di G. Capelli e con F. Matteoni, C. Rovesta e M. L. Sciaratta (direttori di cantiere). Hanno partecipato ai lavori di scavo gli archeologi: L. Balsamo, A. Bonassi, C. Da Rous, A. Loglio, E. Pinotti, D. Selmi, E. Viaro. La rielaborazione della documentazione grafica è stata curata da F. Stocchi della Gea. Il restauro dei reperti mobili della T. 94 è stato condotto da F. Caillaud; F. Battaglia si è occupata della pulitura in situ della lastra con elementi cristologici della T. 118. Le analisi archeobotaniche sono state effettuate dalla Società Arco di Como. Si ringraziano: arch. D. Mazza, responsabile del procedimento del Comune di Bergamo per la fattiva collaborazione; lo studio di Progettazione e Direzione Lavori, in particolare il prof. A. Bellini, già Direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio del Politecnico di Milano, l’arch. M. Sita, l’arch. M.M. Grisoni e l’arch. F. Gerbelli per la partecipe e sentita collaborazione e le consulenze bibliografiche (allo studio Sita si deve anche il rilievo e l’analisi stratigrafica della facciata esterna della chiesa); lo studio di G. Peverelli ed E. Colombo Zefinetti che ha realizzato i rilievi al laser-scanner nelle diverse fasi di scavo e la rielaborazione grafica. Si ringrazia infine l’impresa edile Pandini di Bergamo, in particolare l’ing. G. Pandini, per aver agevolato i lavori. BERGAMO Via Pignolo 102-104 Strada romana ed edifici residenziali e artigianali medievali e post-medievali Nell’ambito dei lavori di ristrutturazione di un edificio compreso tra via Pignolo 102 e 104 e via Pelabrocco, è stata disposta la sorveglianza archeologica per i vani a piano terra interessati dagli scavi per il risanamento e le nuove pavimentazioni. Tale controllo si è reso necessario per la localizzazione dell’antico edificio nel borgo storico di Pignolo Alto, lungo l’asse stradale est più antico della città e non distante dalla chiesa di S. Alessandro in Croce, nella cui area è anche attestata la presenza di una delle antiche necropoli suburbane di età romana. La sorveglianza effettuata non solo ha confermato quanto storicamente conosciuto, ma ha anche permesso di riportare alla luce tangibili evidenze romane e tardoromane delle quali si era persa ogni traccia. I rinvenimenti archeologici più interessanti e meglio conservati sono afferenti a un complesso intervento per la realizzazione di un asse viario di età romana, collocato al di fuori della cinta muraria della Bergamo romana. Sembra trattarsi di un’importante via di comunicazione, probabilmente proprio quella che uscendo dalle mura dalla Porta Picta scendeva verso la pianura a est. L’asse viario in selciato, probabilmente praticabile da due carri che procedano in direzione opposta, era largo ca. m 4 con la presenza, su entrambi i lati, di una crepidine (a sud larga mediamente m 0,50 e a nord m 1,50). D’altra parte anche le sole caratteristiche tecniche della strada sembrano asso- ciabili alle così dette viae silice stratae, strade lastricate aventi una larghezza media compresa fra i m 4 e 6 e munite di marciapiede (margines o crepidines); in questo caso sembra appropriato parlare di “via publica” secondo la definizione che J.P. Adam riprende da un documento amministrativo del I secolo d.C., redatto dal geometra Siculus Flaccus (ADAM J.P., 1988, L’arte di costruire presso i romani, Roma, p. 300). La strada presentava una pendenza W-E di circa il 5% e si conservava per un tratto di m 15. Alcune ampie lacune hanno permesso di osservare la tecnica costruttiva della carreggiata caratterizzata da lastre in pietra poste di taglio e incassate trasversalmente nelle lamelle scagliose della roccia naturale di base. Ove la roccia non era presente gli elementi litici erano immersi in una preparazione di argilla e sabbia bruno-nerastra molto compatta. Diversi grossi blocchi squadrati disposti in maniera apparentemente casuale al centro dell’asse stradale dovevano probabilmente fungere da perni di fissaggio per impedire lo scivolamento delle lastre. Nel locale dello stabile posto a sud e denominato “negozio” è stata riportata alla luce un’ulteriore porzione della strada con caratteristiche strutturali identiche a quelle descritte. A monte dell’asse viario è stato inoltre messo in luce un imponente muro realizzato probabilmente per porre una barriera ai cedimenti che dovevano interessare la collina. Tale compito era certamente ben assolto dalla struttura come dimostra la tecnica costruttiva del prospetto verso monte che evidenzia una sovrapposizione di lastre in pietra disposte a spina di pesce poggianti su un’ampia risega di fondazione incassata nella roccia di base. Diversamente il lato strada, a vista, era realizzato con blocchi squadrati disposti su filari orizzontali (opus quadratum) che rendevano la struttura apprezzabile anche esteticamente. Ancora a nord del muro è stata rinvenuta una doppia fila di 16 anfore prive del puntale che, in origine, dovevano probabilmente essere interrate almeno fino alla spalla. Purtroppo i reperti sono stati rinvenuti appena sotto l’acciottolato del cortile moderno e quindi fortemente disturbati dalle frequentazioni moderne. Per tale motivo anche il solo rinvenimento è da considerarsi un evento del tutto eccezionale. Tale struttura potrebbe essere stata impiegata per scaricare il peso di eventuali frane naturali o per un sistema di drenaggio per la captazione e dispersione delle acque provenienti dalla zona a monte. In ambedue i casi il sistema descritto era certamente funzionale alla buona conservazione del sottostante complesso stradale. Visto il rinvenimento, su livelli d’uso della carreggiata, di frammenti in terra sigillata italica, l’intero contesto è databile a una prima analisi dei reperti fra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. Ancora, nella zona a sud della strada e a questa coevo, è stato possibile documentare un livello in terra battuta a matrice argillosa assimilabile a un piano di calpestio. Nello stesso periodo cronologico sono anche inseribili alcune evidenze archeologiche rinvenute presso il locale denominato “garage”, dove grazie a una migliore conservazione dei livelli archeologici, si è potuto documentare una scansione stratigrafica più ricca e dettagliata. Si tratta in particolare di un muro con andamento N-S e di un livello pavimentale, forse strutture di servizio alla strada romana. La muratura si presentava, sul suo prospetto est, realizzata in lastre litiche poste di piatto e giustapposte senza una regolarizzazione orizzontale, mentre su quello ovest appariva costruita a sacco contro un esteso banco di roccia naturale probabilmente in parte lavorato. La pavimentazione era realizzata con blocchi e lastre litiche di medie e grandi dimensioni som- 33 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 18 - Bergamo, via Pignolo 102-104. Planimetria generale delle aree di scavo e fotomosaico della strada romana rinvenuta. 19 - Bergamo, via Pignolo 102-104. Il drenaggio in anfore a nord della strada di epoca romana. mariamente spaccate e poste di piatto. Il tratto viario rinvenuto ha un andamento W-E, simile all’attuale via Pelabrocco ma leggermente disassato e in quel punto più a settentrione, mentre verso est il suo prolungamento intercetta quasi ortogonalmente via Pignolo. La via rinvenuta risulta così al centro dei corpi dell’edificio in ristrutturazione, che quindi nelle sue prime fasi costruttive occupò un’antica area pubblica andata col tempo in disuso e sostituita probabilmente da nuovi e meno strutturati tracciati viari. A un momento immediatamente successivo è attribuibile la costruzione, a ca. m 1 a sud della strada descritta, di un muro con spessore notevole e leggermente arcuato sul fronte nord. Contemporaneamente nella stessa area del vano “garage”, si assiste a un parziale cambiamento d’uso degli ambienti più antichi. A ridosso del muro in prece- 34 denza descritto viene edificato un piccolo pilastro che, dalle labili tracce stratigrafiche rinvenute, sembrerebbe separare due distinti ambienti: uno, localizzato a sud, era caratterizzato da un piano in malta e riferibile a un locale coperto, l’altro, posto a nord, era contraddistinto da livelli d’uso in argilla e limo e per questo associabile a un’area aperta. Tale assetto planimetrico sembra subire con il tempo alcune piccole variazioni con la realizzazione di un setto murario N-S perpendicolare a uno E-W a sua volta in appoggio al piccolo pilastro sopra descritto. Si tratta probabilmente di precarie fasi di restauro relative a frequentazioni che, con il passare del tempo, stavano assumendo importanza sempre minore, presenze temporanee attestate anche da buche di palo, scarichi di argilla concotta e livelli di limo ricchi di carbone. All’interno di uno dei livelli d’uso è stata rinvenuta una moneta bronzea coniata sotto l’imperatore Marco Aurelio (121-180 d.C.). In una seguente fase è stato quindi possibile documentare una totale copertura della strada e il crollo del muro di contenimento causati dall’accumulo di strati di origine naturale depositatisi per scivolamento e provenienti da ovest. Nonostante l’assenza di elementi datanti sembra verosimile proiettare questo momento al periodo tardoantico, quando la dissoluzione dell’organizzazione statale deve aver reso molto difficoltoso il mantenimento di complesse strutture di servizio come quella in questione per la quale era certamente necessaria una costante manodopera. In un momento successivo, cronologicamente ancora non ben definibile, si assiste quindi a un nuovo fervore edilizio con la costruzione di numerose strutture murarie, alcune delle quali probabilmente interconnesse e funzionali a un nuovo sfruttamento dell’area. La più imponente era posta presso il muro sud dei locali in oggetto ed era realizzata su un’alternanza di filari composti da lastre SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 20 - Bergamo, via Pignolo 102-104. I resti dell’area artigianale rinvenuti nel locale garage. e blocchi litici di media e piccola grandezza legati da abbondante malta. Viste le dimensioni e la doppia risega di fondazione si presume che detto lacerto di muro potesse appartenere a una imponente struttura relativa a una più complessa opera di terrazzamento. Il muro descritto si legava a un’altro che, orientato NNW-SSE, presentava una tecnica in grossi blocchi sbozzati e legati da abbondante malta. Localizzata fra il colonnato sud del portico e il locale “negozio” è stata quindi identificata una nuova struttura composta da blocchi di pietra squadrati di grosse dimensioni legati con argilla e orientata E-W. Vista l’affinità strutturale con un altro muro individuato lungo il perimetrale nord dell’androne dell’edificio, si potrebbe presupporre trattarsi dei residui di un’unica muratura delimitante due distinte proprietà poi accorpate. Nella zona sud-ovest dell’ambiente della progettata autorimessa sono stati messi in luce due muretti paralleli orientati NNWSSE e costruiti con laterizi e pietre sommariamente sbozzate legate con malta; al centro delle strutture era presente una pavimentazione in ciottoli. Potrebbe trattarsi di uno spazio ipoteticamente assimilabile a una sorta di piccola rampa di accesso a un vano interrato ormai non più visibile. Non è da escludere che le strutture fin qui descritte e posteriori al periodo romano possano essere coeve e parte integrante di un unico complesso architettonico funzionale a una redistribuzione planimetrica dell’area con la creazione di distinti ambienti a carattere sia residenziale sia artigianale. Tale ipotesi sembra essere avvalorata anche dai resti archeologici riportati alla luce nel vano “garage” dove è stato possibile documentare un’area dai chiari connotati produttivi. Le evidenze a carattere artigianale sono rappresentate da tre piccoli forni collocati nella zona est dell’ambiente e da una struttura quadrangolare, probabilmente di servizio all’attività ivi svolta, posta al centro dell’area indagata. Il forno rinvenuto nella zona nord-est si presentava realizzato con lastre litiche poste di taglio e parzialmente interrate; al suo interno denotava evidenti tracce di termotrasformazione sia sulle pietre sia su quello che è stato interpretato come piano di cottura. Gli stessi riempimenti, attribuibili all’attività cui la struttura era destinata, presentavano caratteristiche simili, con presenza di limi neri, cenere e frustoli di carbone. Aspetto molto particolare era inoltre la presenza di una sorta di cordolo in argilla posto all’esterno del forno: elemento probabilmente funzionale sia al contenimento sia a un isolamento della struttura. Simile isolante apparteneva anche al forno posto più a sud che presentava però caratteristiche strutturali ben diverse dal precedente essendo realizzato con piccole pietre non lavorate e legate da abbondante argilla. Tale impianto era verosimilmente destinato a una vita molto breve (monouso?) tanto che un identico forno posto a nord nel sostituirlo ne riutilizzava una parete. I piani di cottura di ambedue i forni mostravano evidenti tracce di termotrasformazione così come i livelli d’uso ricchi di carbone e ceneri. A ovest delle strutture è stato rinvenuto un livello di pavimento in fase con queste, caratterizzato da lastre litiche spaccate e poste di piatto. Purtroppo la mancanza di scarti di lavorazione, come di altri indicatori, non permette di conoscere l’attività artigianale cui gli impianti in oggetto potevano essere destinati. Non è da escludere che l’assenza di tali dati possa essere imputabile sia ai più recenti rifacimenti/asportazioni sia alla relativa estensione dell’area d’indagine. 35 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 In un periodo successivo a quanto descritto è stato possibile collocare un primo impianto dell’edificio attuale testimoniato da tre spezzoni associabili alla fondazione dei muri di sostegno a una volta del locale dei nuovi box. Si tratta di strutture murarie in laterizi legati con malta, orientate SW-NE, in cui, sporadicamente, s’inseriscono piccole lastre in pietra. Due di questi apparati, sul lato interno del locale menzionato, sembrano testimoniare la presenza di un’antica apertura ormai quasi del tutto irriconoscibile. In questo momento, nel vano “garage”, viene edificato il perimetrale est come indicato da una evidente trincea di fondazione e da livelli di scarico riferibili ad attività di cantiere. Alle prime fasi di vita dell’edificio attuale è quindi associabile, lungo il perimetrale est del cortile, una serie di strutture di servizio particolarmente interessanti. Si tratta di una scala orientata NW-SE e composta da tre ampi gradini con pianerottolo finale. La pedata era costituita da frammenti di mattoni misti a ciottoli legati con malta, mentre l’alzata era fatta da blocchi di pietra lavorata sicuramente di reimpiego. Il pianerottolo inferiore era formato da file di mattoni posti di taglio, da una grossa pietra e da altre lastre litiche più piccole che riempivano il residuo spazio fino alla struttura di un pozzo. La gradinata era delimitata da due muretti intonacati orientati NW-SE, dei quali quello sul fronte nord-est si presentava realizzato su filari sovrapposti di mattoni legati con malta grigia abbastanza tenace. Al contrario il muro posto sul fronte sud-ovest era costruito con mattoni, sia interi sia frammentari, e pietre non lavorate di diverse dimensioni. Il pozzo menzionato presentava una forma circolare leggermente a tronco di cono rovesciato. La vera era composta da pietre lavorate e squadrate legate tra loro da una malta cementizia molto solida mista a frammenti di laterizi e scaglie litiche. L’ultima fase documentata comprende un complesso sistema di condotte per il deflusso delle acque ridefinito più volte nel corso del tempo. La canaletta più grande, che è risultata essere anche la più antica, ha restituito materiali databili al XIV-XV secolo d.C. ed è rimasta in uso fino ai giorni nostri. Nel vano “garage” si assiste a una parziale risistemazione dell’area caratterizzata dalla posa in opera di una nuova pavimentazione, realizzata con grandi blocchi di pietra giustapposti legati da calce grigia mista a sabbia e ghiaia; nella zona sud un esteso rifacimento era composto da ciottoli di fiume disposti in modo piuttosto casuale e uniti da abbondante calce di colore grigio. Gli scavi effettuati presso il cantiere in oggetto hanno quindi permesso non solo di studiare e analizzare prevedibili contesti medievali e post-medievali, ma di riportare alla luce evidenze archeologiche non note che hanno consentito di arricchire notevolmente le conoscenze storiche su Bergamo antica. Coordinate: 45.70191, 9.672587 Maria Fortunati, Augusto Pampaloni, Paolo Sbrana, Mariagrazia Vitali La sorveglianza archeologica, svolta fra gennaio e novembre 2008, con la direzione di M. Fortunati (SBA Lombardia), è stata finanziata dalla Soc. Equinox s.r.l. ed eseguita con la direzione tecnica di M. Vitali dai responsabili di cantiere P. Sbrana e A. Pampaloni. Si ringraziano per la disponibilità e la collaborazione dimostrate il direttore lavori arch. A. Bertasa e l’impresa Cogen s.p.a. 36 BERGAMO Via S. Giacomo 6 Resti di strutture tardoantiche e medievali In occasione di lavori di ristrutturazione in un appartamento dell’edificio sito in via S. Giacomo 6 in Bergamo alta, poco distante da piazza Mercato delle Scarpe, si sono rinvenute strutture murarie di epoche diverse. L’appartamento è posto circa a metà del dislivello fra via S. Giacomo e il viale delle Mura, a una quota corrispondente all’antica via degli Anditi, la strada di ronda che costeggiava il tracciato delle mura medievali della città fra Porta Penta, Porta Dipinta, e l’area dell’attuale Palazzo Medolago. Il tracciato dell’originario cammino di ronda fu nel tempo occupato da nuove costruzioni che mantennero però uno spazio per una strada porticata da cui il nome “Anditi”. Tale contesto subì nel tempo varie altre modifiche e risulta ora poco leggibile. Da un primo esame sembrerebbe che la quota attuale dell’appartamento, che coincide con quella della terrazza a sud sul fronte del viale della Mura, sia corrispondente a quella dell’antica via (ANGELINI S., 1977, Le mura di Bergamo, Bergamo, p. 231). Gli spazi attuali dell’appartamento sono frutto di consistenti rimaneggiamenti che hanno stravolto l’originario assetto della divisione dei vani, così da alterare la composizione degli originari ambienti e la loro comprensione. Vano A Nella parte centrale di un piccolo locale (vano A) posto al limite nord-ovest dell’appartamento sono stati messi in luce le fondazioni di quattro plinti quadrangolari e una struttura muraria orientata N-S, direttamente appoggiati sull’affioramento roccioso di calcareniti arenarie di Bergamo. Si è inoltre rinvenuto un lacerto di pavimentazione in cocciopesto in fase con l’uso dei plinti. Mancando completamente il deposito stratigrafico circostante, asportato in un momento imprecisato prima dell’attuale intervento, è venuta a mancare la possibilità di una contestualizzazione cronologica. I plinti, legati con malta biancastra compatta, hanno altezza variabile fra i m 0,40 e 0,60. Sono posti fra loro in forma quadrangolare a una distanza E-W di m 1,30 e N-S di m 2,00. Sul piano del plinto sud-ovest si è conservato anche un minuscolo tratto di alzato, una pietra quadrangolare, in fase con la pavimentazione in cocciopesto. L‘osservazione della collocazione di tale frammento permette di stabilire che la misura dell’elevato fosse m 0,60 per 0,60. Un frammento di pavimentazione in cocciopesto, dello spessore di m 0,10-0,15, di fattura grossolana, composto da malta di colore bianco, compatta, con inclusi di medie e grosse dimensioni di frammenti laterizi, era conservato in connessione con la fondazione del plinto sud-ovest coprendone la superficie: ciò permette un sicuro collegamento cronologico fra i plinti e la pavimentazione. La sua preparazione, di circa m 0,30 di spessore, è composta da pietre di medio-grosso taglio poste in senso verticale o leggermente diagonale frammiste a malta biancastra compatta. Infine nell’angolo nord-ovest del vano A è presente un tratto di muratura con andamento N-S largo m 0,70 e lungo m 2,20, privo di SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 rapporti fisici con le altre strutture individuate. Tuttavia dal tipo di malta e dalla tecnica costruttiva è da collocare probabilmente in una fascia cronologica affine alle altre strutture. La presenza dei plinti posti in tale posizione e il tipo di pavimentazione rinvenuta, confrontabile con esemplari di simile fattura in contesti databili al IV-V secolo d.C., porterebbe a ipotizzare che si tratti dei resti di un contesto religioso simile a esempi di età paleocristiana, in cui i plinti fungevano da base per colonne o pilastri per la monumentalizzazione di un altare. Il ritrovamento risulta sicuramente di notevole importanza per la conoscenza storica della città. Purtroppo non si hanno documentazioni scritte che testimoniano edifici religiosi o intitolazioni nell’area. Vano B Nell’angolo nord-ovest dell’ambiente adiacente a est, a un’altezza di ca. m 2 superiore all’attuale piano di calpestio, è posta un’apertura con spalle in lastre di pietra arenaria giallastra, ben squadrate, che conduce a un piccolo ambiente quadrangolare, vano B. Il vano ha muri in pietra a vista, il soffitto con volta a botte e le sue dimensioni sono m 2,50 E-W per m 2,80 N-S. Il perimetrale sud, a circa tre quarti dell’altezza è occupato da una fila di 5 nicchie quadrangolari, di m 0,40 ca., mentre altre due piccole nicchie sono poste al centro dei perimetrali ovest e nord. Lungo il perimetrale ovest, e costruito in fase con esso, è posto un canale di scolo di notevoli dimensioni (m 1,20 ca. di larghezza per la lunghezza di tutto il vano) che uscendo dal muro nord scende con forte inclinazione, dovuta al dislivello del pendio originario, verso sud. Il vano aveva una pavimentazione in cotto posata a spina pesce realizzata con cura con piastrelle non di reimpiego. I pochi reperti ceramici recuperati nel riempimento sono attribuibili a un contesto di XV-XVII secolo. Alla quota dell’attuale piano di calpestio dell’appartamento, al di 21 - Bergamo, via S. Giacomo 6. Particolare dei pilastri messi in luce. sotto di un sottile livello di malta consunta, forse un antico piano di cantiere, si è osservato uno strato bruno, con pochissimi inclusi. Sul lato nord del vano si è messa in luce la struttura muraria triangolare su cui poggia il canale posto nel vano B. Dalla lettura stratigrafica degli alzati delle diverse strutture murarie e dai risultati ottenuti dallo scavo sembra che il vano sia il frutto di accorpamenti di strutture di differenti momenti costruttivi e se ne ipotizza la creazione in un arco cronologico fra il XV e XVI secolo, posteriore alla costruzione del canale, quest’ultimo collocabile nell’ambito del XIV-XV secolo. Maria Fortunati, Giuliana Righetto, Mariagrazia Vitali 22 - Bergamo, via S. Giacomo 6. Il pavimento in cocciopesto. 37 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 Ricerca storica sull’edificio posto in via S. Giacomo 6 La struttura rinvenuta è posta all’interno di un edificio frutto di molteplici trasformazioni. Prima della costruzione delle mura venete nel 1561, esso si affacciava sulle mura medievali. L’attuale terrazzo dell’unità immobiliare corrisponde alla strada di ronda, via degli Anditi, di quest’ultime, che per tecnica costruttiva sono assimilabili alle mura medievali del Vagine (XII secolo). Collocandosi in un’area dalle vicende urbane molto complesse, si è proceduto dallo studio delle fonti documentarie anteriori al 1561 (estimi veneti, pergamene...) fino a fondi ottocenteschi di carattere iconografico e alle licenze edilizie del Novecento. La prima pianta disponibile è la mappa del catasto napoleonico del 1813. L’immobile, ora dall’aspetto unitario, è composto da diversi corpi divisi tra loro da cavedi interni. Conferma di ciò sono le pareti con muratura a vista visibili all’interno dell’unità immobiliare e riconducibili per tecnica costruttiva a epoche diverse: parete a est secolo XII, pareti contro terra a nord post-medievali. La facciata verso valle, molto rimaneggiata, è in lastre di pietra lavorata, forse di recupero, ma messe di piatto solo come rivestimento della muratura portante, al fine di simulare un edificio medievale, forse esito di una ristrutturazione di fine Ottocento; che si tratti di un rivestimento è evidente all’osservazione dall’interno del tamponamento delle aperture al piano terra. È solo a questo livello che si conservano in facciata anche resti di una muratura antica, con spalle di aperture originali legate a essa. Una di queste spalle è leggibile anche all’interno dell’abitazione, mentre le altre sono state demolite per la realizzazione di spalle a sguincio legate al tamponamento delle porte ad arco. L’intero fronte a valle è stato sovralzato in due tempi diversi. In antico l’edificio presentava sulla via degli Anditi aperture ad arco di una certa grandezza analogamente alle case vicine e come è visibile dalle stampe sei-settecentesche. La via viene interrotta a fine secolo XIX dalla costruzione della funicolare. Da uno studio di Angelo Mazzi sul vicino palazzo della funicolare, che dà sul Mercato delle Scarpe (MAZZI A., 1926, Il palazzo della funicolare, in Bergomum, 4; per il tracciato delle mura antiche vedi MAZZI A., 1880, Corografia Bergomense, pp. 57-58) si ricavano molti dati sulle condizioni del terreno nel 1420. La strada di S. Giacomo è su un terrazzamento; tra l’edificio oggetto di studio e quello della funicolare vi è un ripido pendio per cui gli edifici presentano locali voltati su più livelli e vi erano un bregn (casa diroccata) e una muracha (rudere o addirittura pietraia di crollo). Prima della realizzazione del Mercato delle Scarpe vi era un vallone. Alla ridotte dimensioni del luogo, l’Autore riconduce l’ampliamento verso sud delle mura, condizione necessaria alla creazione della stessa piazza Mercato delle Scarpe, denominata Mercato Vecchio già nell’XI secolo. Gli edifici a valle di via S. Giacomo sorsero quindi su un’immensa massa di terra di riporto, che si allargava man mano che il vallone scendeva verso il piano, con possibilità di slittamenti, e su resti di edifici precedenti. Dallo studio non è emerso nessun luogo di culto di cui, se pur demolito per la costruzione delle mura venete, non fosse già stata individuata la posizione. L’unico spunto pareva offerto dalla pergamena del 1455, in cui è menzionata una petia terre casata, solerata, lobiata (…) in vicinia domini Sancti Cassiani confinante a sud con capelle 38 domini Sancti Silvestri, a ovest con una strada e sugli altri lati con altre proprietà. Il proseguo della ricerca ha chiarito però che la “cappella di S. Silvestro” è solo una cappellania del Duomo, presente ancora all’inizio dell’Ottocento: questo spiega anche la forma della testimonianza in questione, dove la capella è citata al genitivo, indicando quindi una proprietà della stessa, non una struttura edilizia. Coordinate: 45.702484, 9.665096 Desirée Vismara Il controllo è stato effettuato nel 2010, con la direzione di M. Fortunati (SBA Lombardia), la direzione tecnica di M. Vitali e il responsabile di cantiere G. Righetto. Si ringraziano la proprietaria M. Alberti che ha finanziato il controllo e i direttori lavori arch. E. Milesi e arch. A. Ferrari. BERGAMO Via Solata 6 Saggio esplorativo. Presenze di età romana La ristrutturazione di un edificio situato in via Solata, una delle aree più interessanti e meglio conservate dal punto di vista archeologico di Città Alta (NSAL 1994, p. 133; NSAL 2003-2004, pp. 61-62) ha fornito l’occasione per una, seppur limitata, indagine condotta nel dicembre 2008. In realtà il progetto non prevedeva operazioni di scavo, essendo il fabbricato già fornito di ambienti interrati ma, grazie alla disponibilità della proprietà e alla collaborazione dell’impresa edile, è stato comunque possibile effettuare un intervento archeologico. Il vano scelto è stata una piccola cantina di m 4,50 x 4,60 con muri in pietra a vista e copertura con volta a botte in mattoni posta circa m 2,50 sotto la quota strada. Un’apertura, successivamente tamponata, larga m 1,40 nella parete occidentale della stanza suggerisce l’esistenza di un ulteriore ambiente ipogeo. Dopo la rimozione del pavimento in cotto e della relativa soletta di allettamento si è proseguito con l’asportazione di uno strato a matrice sabbiosa di colore marrone-giallastro che copriva l’intera area individuando la testa di alcune strutture murarie. Nell’angolo sud-ovest dell’ambiente è venuta alla luce la parte inferiore di una piccola cisterna. Il manufatto (m 1,50 x 1,80) è delimitato da quattro muri, due dei quali inglobati nei perimetrali dell’edificio attuale, larghi m 0,20-0,30 e realizzati con scaglie di pietra di varia pezzatura disposte di piatto e legate con malta giallastra a matrice sabbiosa. Che esso fosse un elemento originariamente interrato è confermato dal fatto che i suoi perimetrali sono realizzati contro terra. L’interno è rivestito con uno strato di cocciopesto fine, di buona fattura, caratteristica che la identifica come cisterna per l’acqua, simile alle tante rinvenute nella zona di Bergamo. Sul fondo poggiano di piatto numerose lastre litiche di medie e mediogrosse dimensioni che non sembrano far parte dei livelli di riempimento successivi all’abbandono della struttura ma neppure connesse con la sua funzione originaria. È possibile che essa sia stata in un secondo tempo utilizzata come “ghiacciaia” per la conservazione dei cibi. Non esi- SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 23 - Bergamo, via Solata 6. La cisterna di età romana. 24 - Bergamo, via Solata 6. Muratura di età romana. stono elementi per un suo inquadramento cronologico preciso anche se le caratteristiche sembrano rimandare all’epoca romana. La cisterna taglia a nord-est una muratura orientata EW larga m 0,60, conservata per una lunghezza massima di m 2,70, realizzata con pietre di varie pezzature legate con un misto di malta povera e limo argilloso. Lungo la faccia settentrionale gli elementi litici sono disposti in corsi pressoché orizzontali; la faccia sud sembra essere 25 - Bergamo, via Solata 6. Frammento architettonico di cornice in calcare bianco. stata invece realizzata contro terra. Nella parte meridionale della cantina, a est della cisterna e a sud del muro citato, è stato eseguito, per un esame della stratigrafia, un ulteriore sondaggio, di m 1,80 x 1,30, profondo m 1,80 senza peraltro raggiungere lo sterile. È stato possibile individuare una successione di strati di natura antropica che hanno restituito reperti ceramici di età romana. Tra i rinvenimenti si segnala in particolare un frammento architettonico di cornice in calcare bianco, 39 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 inquadrabile a un esame preliminare alla prima età romana imperiale, che potrebbe essere appartenuto a un edificio pubblico. Coordinate: 45.704239, 9.665297 Maria Fortunati, Angelo Ghiroldi I lavori sono stati finanziati dalla Fondazione “Azzanelli Cedrelli Celati e per la salute dei fanciulli” di Bergamo. Un ringraziamento alla ditta edile Ambrosini s.r.l. di Carobbio degli Angeli (BG) per la disponibilità e collaborazione. Lo scavo archeologico, diretto da M. Fortunati (SBA Lombardia), è stato eseguito dalla ditta Ghiroldi A. e C. s.a.s. di Desenzano d/G (BS), direttore tecnico A. Ghiroldi, responsabile di cantiere M. Marella, operatori archeologici C. Bertoni e E. Zani. BERGAMO Via Sudorno 1 Sito pluristratificato dall’età romana all’epoca rinascimentale Le indagini sono state effettuate nel periodo febbraioottobre 2009, durante i lavori di ristrutturazione di un immobile, costruito nel 1924, nella zona nord-occidentale del colle poco fuori dalla porta di S. Alessandro. Vista l’ubicazione dell’edificio in un’area di interesse archeologico, sono stati dapprima effettuati cinque sondaggi (A, B, C, D, E) seguiti poi dallo scavo integrale che ha consentito di verificare come l’area sia stata oggetto di un’occupazione pressoché ininterrotta dall’epoca romana all’età moderna. In particolare si sono potute distinguere quattro fasi principali (romana, medievale, rinascimentale, moderna) con sottofasi, relative in certi casi a interventi di modesta entità. Vi sono inoltre alcune strutture murarie, fisicamente e stratigraficamente isolate, per le quali l’inquadramento cronologico si basa essenzialmente su un’analisi delle caratteristiche costruttive. Area esterna. Epoca romana In età romana sembra che la zona sia stata interessata da una struttura abitativa di cui rimangono tracce nella muratura US 17 e nella pavimentazione US 25. Il muro, in buono stato di conservazione, è ubicato nell’area nordovest del cortile. Presenta andamento N-S e prosegue sia in direzione nord, al di sotto dell’adiacente edificio scolastico, sia in direzione sud all’interno del fabbricato. È realizzato in facciata con pietre squadrate posizionate di piatto e legate da malta biancastra e all’interno con un riempimento a sacco. Sulla faccia ovest è conservata, per un’altezza massima m 0,45, una fascia intonacata formata da due strati: il primo, a contatto diretto con le pietre, è un cocciopesto grossolano di colore arancione; il secondo strato è una malta fine di colore biancastro, sulla quale è stesa una finitura dipinta di colore rosso. A ovest è stato individuato un piano in lastre di pietra di varie pezzature legate tra loro da malta biancastra poggiante sullo sterile che sembra svolgere il doppio ruolo di pavimentazione e di piano di appoggio del muro stesso. La fascia intonacata termina inferiormente con un bordo obliquo che pare indicare la presenza di un originario differente tipo di rivestimento, forse lastre litiche. 40 Sul lato orientale l’alzato del muro termina in corrispondenza di un piano pavimentale in cocciopesto (US 25) tuttora conservato per una larghezza massima di circa m 1,70. La pavimentazione presenta un vespaio di preparazione in frammenti lapidei legati con malta grossolana, sopra al quale è steso uno spesso strato di malta biancastra con abbondanti frammenti laterizi. Il pavimento risulta tagliato a est da una grossa buca che ha interessato tutta questa porzione del cortile. Stratigraficamente sono stati riconosciuti come appartenenti a quest’epoca due strati di accumulo di materiale, con abbondante presenza di ceramica, che colmano lo spazio a ovest tra US 17, fino alla quota del limite inferiore del rivestimento a intonaco, e lo strato di roccia, che qui presenta una forte pendenza da ovest a est. Lo sterile sembra essere stato tagliato quasi verticalmente e con un andamento parallelo al muro US 17 a una distanza di circa m 2 da esso. A est di US 17 la pavimentazione in cocciopesto US 25 è coperta da uno strato di riporto o accumulo (US 24) probabilmente da inserire cronologicamente in una fase immediatamente successiva all’abbandono delle strutture romane. Area esterna. Epoca medievale In epoca medioevale l’area del cortile sembra essere stata interessata da almeno tre fasi edilizie con le quali sono stati creati alcuni vani sia fuori terra che seminterrati. Le prime due fasi riguardano la parte occidentale dello scavo, poi interessata da interventi di epoca rinascimentale, mentre la terza, ascrivibile al XII secolo, si sviluppa nella zona orientale. Numerosi strati contenenti vari materiali sono stati riportati nell’area per creare il livello su cui è stato impostato il piano di calpestio pertinente alle fasi medievali. Alla prima fase appartengono alcune strutture murarie e il piano pavimentale US 54, situate nell’area nord-ovest. US 4 è una struttura muraria, situata lungo il limite ovest dello scavo con andamento N-S, realizzata con pietre non lavorate, disposte di piatto e legate da malta povera; presenta un rivestimento in cattivo stato di conservazione sulla parete ovest. Legato a US 4 è un pavimento in laterizi, US 54, conservato solo in pochi brevi tratti. US 8 è un muro posizionato nell’area nord dello scavo, formante un angolo di circa 90° con US 4, a cui era originariamente legato. Sulla faccia sud presenta uno strato di intonaco di colore biancastro, probabilmente aggiunto in una fase successiva e non coevo alla realizzazione del muro stesso. Sulla faccia nord è ricavata un’apertura, probabilmente uno scolo per l’acqua, in seguito tamponata. Lungo la cresta del muro si osserva un’apertura, nella quale è inserita una tubatura fittile. L’asportazione degli strati a sud di US 8 ha consentito l’individuazione della risega di fondazione del muro composta da quattro ulteriori corsi abbastanza regolari sporgenti circa m 0,10 rispetto a quelli superiori e un’altra apertura quadrangolare di forma rettangolare ricavata all’interno del muro e probabilmente pertinente a una canalizzazione. US 56 è una struttura muraria, situata nella parte centro-meridionale dell’area di scavo a ridosso del muro perimetrale della casa da cui è stata tagliata. Si appoggia al muro romano US 17 e probabilmente insieme a US 4 e US 8 fa parte di un unico edificio come suggerito anche dalla stessa tecnica costruttiva e dalla stessa tipologia di legante. A una fase costruttiva successiva sembrano appartenere invece altre strutture murarie. US 5, posizionata nell’area occidentale dello scavo, con andamento E-W, è una SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 26 - Bergamo, via Sudorno 1. Area esterna. Strutture di età medievale e rinascimentale. 27 - Bergamo, via Sudorno 1. Area esterna, età romana. struttura muraria realizzata con pietre non lavorate, disposte irregolarmente e legate da terra a matrice argillosabbiosa. US 9 è un muro con andamento E-W, costruito con pietre disposte di piatto a formare corsi abbastanza regolari legate con terra a matrice argillosa, che si appoggia al muro US 8 e ne forma, mantenendo lo stesso andamento, il prolungamento verso est. Per tipologia costruttiva è associato a US 5 come la struttura muraria US 12, orientata N-S e ortogonale a US 5, realizzata con lastre di pietra posizionate di piatto e, in prossimità del pavimento US 11, anche di taglio, legate da terra a matrice argillosa. Il vano quadrangolare costituito da UUSS 4, 5, 8, 12 ha la pavimentazione (US 11), composta da lastre di pietra di forma irregolare disposte prevalentemente di piatto, legate da terra a matrice argillosa. In questa seconda fase sono stati probabilmente creati almeno due vani, probabilmente quadrangolari, utilizzando le strutture già esistenti US 4 e US 8 a cui sono state addossate le strutture US 5 e US 12, con le quali costituiscono il primo ambiente. Il secondo vano si estendeva verso sud-est ma di quest’ultimo rimane solamente il perimetrale nord US 9. Nell’area est risulta ascrivibile a questa fase la struttura US 39, priva di rapporti stratigrafici con le altre strutture ma realizzata con la stessa tecnica muraria di US 5 e US 9. Alla terza fase dell’epoca medievale è attribuibile il muro US 26, parte di un complesso fortificato ascrivibile al XII secolo e probabilmente da identificarsi con la cortina muraria che, come testimoniato dalle fonti, fu rinforzata 41 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 28 - Bergamo,via Sudorno 1. Area esterna, età rinascimentale. La cisterna. con la costruzione della torre di S. Alessandro. Tale struttura, parzialmente conservata per circa m 3 (largh. m 2, h m 1,50), ha andamento NE-SW e risulta collocata sul fianco est della casa. I primi due corsi superiori sono composti da blocchi rettangolari di pietra bianca, disposti di piatto, legati da malta grigio biancastra. Il terzo corso presenta grandi blocchi squadrati, ma meno rifiniti, della stessa pietra dei corsi superiori, sempre disposti orizzontalmente. Nella parte bassa la malta risulta più grossolana e di un colore più giallastro. Inferiormente vi sono due ulteriori corsi che fanno probabilmente parte della fondazione della struttura stessa e sono formati da grosse pietre sbozzate, legate da malta grossolana, che in alcuni punti presentano inzeppature con scaglie della stessa pietra. A nord-est la muratura risulta tagliata dal fossato della cinta muraria veneta, mentre a sud-ovest, seppure asportata nella sua parte superiore, prosegue all’interno dell’edificio attuale collegandosi ad altri elementi murari pertinenti alla cinta medioevale sopra citata. appoggia al muro US 9, a circa metà della sua lunghezza, e forma con esso un angolo retto. Si può notare come il pavimento US 11, appartenente alla fase precedente, continui a svolgere la sua funzione anche in questa fase edilizia ma la risistemazione degli ambienti, che sono stati ampliati verso est, ha comportato la demolizione di US 12. La faccia est di US 10, per la qualità delle finiture, era a vista, al contrario di quella occidentale costruita contro terra. Nella nuova sistemazione spaziale, dunque, a est era stato realizzato un vano interrato o seminterrato, di cui restano parte dei perimetrali nord (US 9) ed ovest (US 10), ad ampliamento di quello delimitato dalle UUSS 4-5-8-9. L’ultima fase, successiva alla demolizione della torre (US 26) nel 1361, è rappresentata a est da un lungo muro che corre lungo tutto il lato est della proprietà, probabilmente collegato alla realizzazione della cinta muraria veneziana, composto da pietre di diverse forme e dimensioni disposte in maniera irregolare e legate da terra a matrice argillosa di colore marrone. Area esterna. Epoca rinascimentale Area interna. In epoca rinascimentale l’area occidentale è interessata dalla costruzione di una cisterna riconoscibile per la tecnica costruttiva, tipica di strutture per la raccolta e l’accumulo di acqua, e descritta in un mappale storico di Bergamo. Orientata NW-SE e posizionata nell’angolo nord-ovest dell’area di scavo, sull’incrocio tra i muri UUSS 4 e 8, è realizzata con pietre sbozzate e squadrate, legate da malta rosata. La volta di copertura è invece costituita da soli blocchetti di pietra e laterizi legati da malta biancastra. Sulla parete sud-ovest è presente un blocco riutilizzato di forma quadrangolare caratterizzato da un foro del diametro di m 0,07. Nelle opere realizzate in questa fase va inserita anche, un’altra struttura muraria (US 10), con andamento N-S, costruita con pietre disposte di piatto in corsi abbastanza regolari e legate da malta biancastra. Tale struttura si Nel mese di ottobre 2009, in seguito alla richiesta di un abbassamento di circa m 0,60 nei locali adibiti a cantine, si è proseguito con lo scavo stratigrafico e scientifico anche all’interno dell’abitazione. Nel vano nord-ovest e nella parte ovest del corridoio centrale non sono state trovate evidenze archeologiche e a m 0,30-0,40 è emerso lo strato roccioso. Numerose presenze archeologiche, appartenenti a più fasi, sono invece emerse nella parte est della cantina. 42 Area interna. Epoca romana Lo scavo nei vani interni ha consentito l’individuazione della prosecuzione verso sud del muro romano US 17 che, quindi, è stato complessivamente seguito per m 17,50. Come all’esterno, a ovest del muro è presente il piano US SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 29 - Bergamo, via Sudorno 1. Area interna, età romana. 57 e a est il pavimento in cocciopesto US 25. Nel vano meridionale dello scantinato il muro piega formando un angolo di 90° in direzione est. Nella pavimentazione in cocciopesto è invece inserita una canaletta (US 73), orientata SW-NE, con sezione rettangolare, fondo piatto e pareti diritte rivestite di cocciopesto di colore rosa. A sud di US 17 è stato messo in luce un plinto (US 61) probabile fondazione di un pilastro. La struttura di forma quadrangolare, coeva a US 17, è costituita da tre corsi abbastanza regolari di pietre poste di piatto legate da malta biancastra. Le pietre laterali sono squadrate mentre quelle all’interno sono solo parzialmente sbozzate; tra di esse è presente, riutilizzato, anche un coppo. La struttura è stata parzialmente asportata sul lato sud-est durante precedenti lavori e pertanto risulta impossibile stabilire le sue originarie dimensioni. Area interna. Epoca altomedievale Nel vano sud della cantina, a sud del muro US 17, è stata rinvenuta una tomba (US 64) orientata NE-SW con struttura a cassa in lastre litiche per le spallette verticali e per la copertura. La lastra ovest risultava sfondata. All’interno della tomba sono stati rinvenuti due scheletri in pessimo stato di conservazione. La posizione del primo (US 69 B) addossato alla spalletta nord, fa supporre che la tomba sia stata riutilizzata per l’introduzione del secondo (US 69 A). Lo scheletro US 69 B aveva alcuni elementi di ornamento: un’armilla bronzea ancora infilata sull’arto e, davanti al cranio, erano presenti dei vaghi di collana. Tali elementi fanno supporre possa trattarsi di un individuo di sesso femminile. Tra i resti degli arti infe- riori è stata invece recuperata una piccola fusarola. La struttura della tomba, gli elementi di ornamento e la relazione con le strutture US 17 e US 73 fanno propendere per una datazione della tomba all’VIII-IX secolo d.C. Difficile risulta invece stabilire se in quell’epoca le strutture romane fossero ancora almeno parzialmente utilizzate o se fossero già state abbandonate e in rovina. Area interna. Epoca medievale Nei vani orientali dello scantinato sono venute alla luce varie porzioni di murature, realizzate sia con pietre semplicemente sbozzate che con grossi blocchi squadrati, le più rilevanti delle quali sono US 72 e US 81 che sembrano essere la prosecuzione del muro US 26 rinvenuto all’esterno e che con questo fanno parte del complesso fortificato, comprendente anche la già citata torre di S. Alessandro, che proteggeva in epoca medievale questa parte della città. Maria Fortunati, Angelo Ghiroldi I materiali dallo scavo della domus La mancanza di reperti diagnostici limita l’inquadramento cronologico delle fasi di impianto e di frequentazione della domus. Ben diversa è la situazione delle fasi di abbandono poiché la mole di materiali restituiti dagli 43 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 30 - Bergamo, via Sudorno 1. Materiali ceramici dallo scavo della domus. 44 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 strati di accumulo, che coprivano i piani pavimentali, sia a est che a ovest del muro, permette di inquadrare con sicurezza la dismissione della domus nel corso del III secolo d.C. Si tratta per la maggior parte di manufatti ceramici di produzione locale o tutt’al più regionale: il nucleo più consistente è rappresentato dalla ceramica comune grezza, olle (nn. 1-3), tegami (nn. 4-5) e ciotole-coperchio (nn. 78), declinati in varie tipologie tutte inquadrabili tra il III e la prima metà del V secolo d.C. Di particolare interesse è la presenza di numerosi frammenti di orli e di peduncoli riconducibili a tegami a tre piedi (nn. 5-6): questi risultano documentati in Lombardia fin dal II-I secolo a.C. con continuità fino al VII secolo d.C., ma il confronto con altri esemplari del bergamasco consente di restringere l’arco cronologico dei reperti di via Sudorno al periodo tra il III e il IV secolo d.C. Altrettanto consistente, seppur inferiore per percentuale, è la ceramica comune depurata, rappresentata da frammenti riconducibili a brocche con imboccatura circolare, a volte dotate di versatoio (n. 9), diffuse tra I e IV secolo d.C. ma con maggiori attestazioni in età tardoromana, da ciotole a corpo emisferico (n. 10) diffuse tra la seconda metà del V e la fine del VI secolo d.C. e infine da olpai (n. 11), che presentano affinità con la produzione della prima età imperiale. La ceramica fine da mensa è scarsamente rappresentata. I manufatti trovano riscontro nella più tarda produzione di terra sigillata padana, databile alla media e tarda età imperiale. Sul piano tipologico una parte si presenta come chiara derivazione dalle manifatture nord-italiche di epoca precedente, con maggiore o minore aderenza ai prototipi a seconda dell’arco cronologico di appartenenza. Rientrano in questa categoria le patere di tipo Conspectus 39 e di tipo Conspectus 3 (n. 12), alcune coppe derivanti dalla forma Dragendorff 35A (Conspectus 43) (n. 13), e un esemplare di coppa emisferica con listello, derivante dalla forma Dragendorff 24/25 (Conspectus 34) (n. 14). Altri esemplari manifestano maggiori legami con la coeva produzione gallica ed è questo il caso di coppe emisferiche con orlo distinto, derivate dal tipo Lamboglia 2 della chiara B (n. 15), mentre si connota per una spiccata somiglianza con i manufatti africani una scodella con orlo a sezione triangolare, influenzata dalla forma Hayes 61A in sigillata africana D (n. 16). La percentuale di manufatti vitrei è decisamente irrisoria. L’unico frammento diagnostico appartiene a un piatto Isings 47 in vetro trasparente verde-azzurro (n. 17). In linea con la destinazione residenziale dell’area e forse anche a prova di una contrazione delle importazioni, i contenitori da trasporto rivestono un ruolo decisamente subalterno. Ben documentate sono le manifatture di area adriatica, per le quali si segnalano diversi orli di anfore con collo a imbuto (n. 18) e alcuni esemplari riconducibili ad anforette da pesce (n. 19). Meno chiaro e quantificabile appare l’apporto delle isole greche e del Mediterraneo orientale: quand’anche ipotizzabile una provenienza dal settore levantino, il carattere estremamente frammentario dei reperti non facilita il riconoscimento tipologico. A ridimensionare il flusso di importazioni dall’oriente contribuisce tuttavia l’assenza di pareti costolate. Percentualmente irrilevante è la presenza dei contenitori africani, di cui mancano frammenti diagnostici. Per la produzione della penisola iberica si segnala invece la presenza di un’anfora Almagro 50 (n. 20). Un’ultima nota riguarda le lucerne, i cui frammenti si inquadrano principalmente nella produzione a canale dei primi due secoli dell’impero, configurandosi come residuale (n. 21). Coordinate: 45.706458, 9.656945 Chiara Ficini, Cecilia Rossi Si ringraziano i proprietari P. Fausti e V. Calvi, che hanno finanziato i lavori, e l’Impresa Pandini s.r.l. di Bergamo per la collaborazione. Un doveroso ricordo va allo scomparso ing. G. Pandini che ha seguito i lavori archeologici con vera passione adoperandosi per la migliore riuscita degli stessi. Lo scavo archeologico e il restauro sono stati diretti da M. Fortunati (SBA Lombardia). Lo scavo archeologico è stato eseguito dalla ditta Ghiroldi A. e C. s.a.s. di Desenzano d/G (Bs): direttore tecnico A. Ghiroldi, responsabile di cantiere C. Bertoni, operatori archeologici E. Gatto, F. Agogeri, M. Marella, E. Zani, D. Ravizza, L. Basetti. Il restauro della muratura romana è stato eseguito dalla ditta Cocciopesto restauri di Mozzo. Le notizie storiche sulle fortificazioni medievali sono state fornite da F. Macario. BERGAMO Via Zelasco. Assistenza lavori posa teleriscaldamento Strutture di età rinascimentale e moderna Le indagini sono state effettuate per valutare la reale consistenza dei manufatti individuati durante l’esecuzione dei lavori di scavo per la posa del teleriscaldamento in via Zelasco iniziati nel luglio 2010. Il progetto prevedeva la realizzazione di una trincea larga m 2 e profonda m 2,02,5 lungo l’intera via Zelasco, in via Locatelli e in via Brigata Lupi. Nel tratto iniziale, di ca. m 60 a partire dall’incrocio con via Locatelli, effettuato direttamente dall’impresa, erano state individuate presenze che hanno indotto la Soprintendenza per i Beni Archeologici a disporre una assistenza continua alle operazioni di scavo nonché un esame di quanto già venuto alla luce. I rinvenimenti fatti dall’impresa consistevano in tre 31 - Bergamo, via Zelasco. Assistenza lavori posa teleriscaldamento. Una delle canalizzazioni sotterranee. 45 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 32 - Bergamo, via Zelasco. Assistenza lavori posa teleriscaldamento. Il muro US 19 con la coeva pavimentazione in laterizi. grosse fosse di scarico e alcune murature collocabili cronologicamente tra l’età rinascimentale e quella moderna. La prima fossa, lunga ca. m 8 e profonda m 2, era visibile sulla parete nord dello scavo ed era caratterizzata da una grossa concentrazione nella parte inferiore di ossa umane in giacitura secondaria apparentemente di risulta da esumazioni. Una seconda fossa di scarico, lunga m 2,20 e profonda cm 55, contenente prevalentemente macerie quali laterizi e pietre, è stata individuata su entrambe le sezioni. L’ultima in sequenza, di pari dimensioni della precedente, era una fossa di scarico di materiale ceramico post-medievale. A ovest delle fosse erano state intercettate una serie di murature con andamento N-S, parallele tra loro, pertinenti a una stessa struttura, probabilmente identificabile come una grossa canalizzazione sotterranea. Si tratta di due murature larghe più di m 1, realizzate con pietre di medie e grosse dimensioni legate con abbondante malta di calce biancastra tenace a granulometria fine, sulle quali si imposta una volta di corsi regolari di laterizi disposti in maniera radiale e legati con la stessa malta delle spallette. Un manufatto analogo è stato individuato a una distanza di ca. m 5,00. Proseguendo verso l’estremità occidentale della via lo scavo ha consentito di mettere in luce altre strutture murarie, alcune delle quali però visibili solo nelle sezioni della trincea. Lungo la sezione sud è stata individuata per un tratto di m 4,60 una struttura muraria con andamento E-W costruita con pietre squadrate di medie e grandi dimensioni disposte su corsi abbastanza regolari e legate con malta bianco giallastra tenace a granulometria fine. Lo scavo per l’allacciamento al civico n. 3 ha permesso di individuare un’ulteriore porzione della stessa struttura, che viene così ad avere una lunghezza documentata di m 8,40, prima di terminare girando ortogonalmente verso sud. Più a ovest è stata messa in luce un’altra muratura 46 costruita con la tecnica “a sacco”. All’esterno erano pietre e laterizi disposti in corsi regolari; all’interno un riempimento con laterizi, pietre e rari ciottoli legati con malta di calce bianco grigiastra poco tenace. L’intera faccia sud del muro è rivestita su tutta l’altezza conservata da uno strato di m 0,02 di intonaco giallastro tenace molto compatto. Il muro termina nella parte inferiore con una piccola risega sporgente per un massimo di m 0,20 e un minimo di m 0,05. Il manufatto è presente all’interno dell’area di scavo per una lunghezza di m 14,00 ed è connesso, nella parte nord-ovest, con un pavimento in laterizi, visibile per un tratto lungo m 4,67 e largo m 1,36. I laterizi sono disposti di piatto su file regolari N-S accostati sul lato lungo alternate a singole file dove sono accostati sul lato corto. Nella parte centrale il disegno risulta il medesimo ma la disposizione è irregolare e vengono impiegati anche frammenti di laterizi. La superficie è coperta a tratti dalla stessa malta grigiastra che lega i laterizi. La pavimentazione termina a ovest con una soglia costituita da due elementi lapidei lavorati sul cui lato lungo è presente una scanalatura regolare a sezione rettangolare. Gli elementi sono accostati e legati con la stessa malta del pavimento. Le ultime evidenze rinvenute nella trincea di scavo, davanti al palazzo dell’INPS, consistevano in una canalizzazione sotterranea orientata N-S con spallette in pietre di medie dimensioni disposte di piatto e legate con malta biancastra sulle quali era impostata una volta in laterizi. Tutte le evidenze archeologiche individuate in via Zelasco sono molto probabilmente riconducibili alle fasi di costruzione, ampliamento e demolizione dell’antico Ospedale dei SS. Maria e Marco, detto più semplicemente di S. Marco od Ospedale Grande. Si trattava del grande complesso nato, su decreto del vescovo Giovanni Barozzi del 1457, dalla fusione degli undici ospedali esistenti all’epoca all’interno della città. La costruzione, iniziata in realtà nel 1478, venne ampliata già nel 1536 e ancora nei secoli successivi per rispondere alle esigenze di una città in crescita. Il complesso, di cui restano poche tracce, quali la chiesa di S. Marco, nota anche col nome di chiesa di S. Rita, venne demolito nel 1937. Coordinate: 45.69758, 9.668280 Maria Fortunati, Angelo Ghiroldi I lavori sono stati finanziati da A2A s.p.a. ed eseguiti dalla ditta Viridia s.c. a r.l. di Settimo T.se (TO). Lo scavo archeologico è stato diretto da M. Fortunati (SBA Lombardia) ed è stato eseguito dalla ditta Ghiroldi A. e C. s.a.s. di Desenzano d/G (BS), direttore tecnico A. Ghiroldi, responsabile di cantiere C. Bertoni, operatori archeologici F. Agogeri, L. Basetti e D. Ravizza. SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 BERGAMO Mura venete La cannoniera nel baluardo di S. Giovanni. Strutture difensive di XVI secolo Scavo e valorizzazione I lavori per la costruzione delle mura venete della città, erette per ragioni di stato e mai utilizzate per difesa, iniziarono nel 1561. Il baluardo e la cannoniera di S. Giovanni, posti sullo spigolo sud-ovest della cinta muraria, furono completati nel 1590, come scriveva Alvise Grimani (AA.VV, 1977, Le mura di Bergamo, pp. 85-86). La cannoniera, definita “troniera” nel gergo militare del tempo, fa parte del baluardo di S. Giovanni ed è collocata dietro l’orecchione orientale del baluardo stesso, sotto il Seminario. Nella prima metà del XIX secolo, il Comune di Bergamo, divenuto proprietario degli spalti, promosse la costruzione della strada fra Porta S. Giacomo e Porta S. Alessandro, modificando l’assetto originario del pianoro dello spalto, con l’abolizione delle tracce delle strutture militari. In occasione del cinquantesimo di fondazione (19572007) dell’omonima Impresa, l’ing. Giovanni Pandini, attento e appassionato cultore degli aspetti culturali della sua città, decise di donare alla cittadinanza il recupero, la valorizzazione e la fruizione per il pubblico della Cannoniera di S. Giovanni. Preliminarmente alle opere di scavo, sono stati eseguiti sondaggi, carotaggi e scansioni laser per evidenziare la struttura della cannoniera che, in letteratura, era nota per l’ottimo stato di conservazione. Il controllo archeologico ai lavori di rimessa in luce è stato deciso per verificare l’eventuale presenza di stratigrafia, sia riguardante la fase costruttiva della fortificazione sia i possibili elementi più antichi, forse anche di età romana, data l’importanza della collocazione del baluardo al di sotto del colle di S. Giovanni, su cui si impostava presumibilmente un edificio da spettacolo di età romana. I primi interventi avvenuti nell’ottobre 2007 hanno riguardato lo scavo con mezzo meccanico per l’individuazione e la messa in luce del complesso. Nell’impossibilità di recuperare l’originale accesso che si estendeva anche al di sotto dell’attuale viale delle Mura, si è proceduto asportando il materiale di riempimento che ricopriva la rasatura dei poderosi muri dell’opera difensiva. L’apertura ai vani della cannoniera si trovava a una profondità di circa m 12 dal piano di calpestio dell’attuale belvedere e, per la messa in sicurezza e sostegno dell’area, soprattutto del lato lungo via delle Mura, è stata posata una fila di micropali. I lavori sono quindi ripresi, ugualmente con mezzo meccanico, per lo svuotamento dall’alto dell’area del futuro accesso alla cannoniera e proseguiti all’interno dei vani, per poter individuare, ove presenti, i livelli di calpestio e i piani pavimentali antichi. Nel vano principale infatti, ove sono le due aperture delle cannoniere rivolte verso sud-ovest, 33 - Bergamo, mura venete. La cannoniera nel baluardo di S. Giovanni. L’accesso attuale alla Cannoniera dal baluardo di S. Giovanni. 47 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 BERGAMO Viale Vittorio Emanuele 100 Area verde al di sotto del baluardo di S. Michele 34 - Bergamo, mura venete. La cannoniera nel baluardo di S. Giovanni. Veduta dell’interno della Cannoniera. erano conservate molte delle lastre di pietra che componevano il pavimento originale e anche alcune palle da cannone di pietra, lasciate ora in loco e visibili al pubblico. È stata anche rimessa in uso la sortita, che scende fino ai piedi delle mura e che era ostruita da tamponamenti. Il progetto di valorizzazione ha visto la realizzazione di una gradinata che garantisce l’accesso alla cannoniera. Coordinate: 45.70404, 9.657749 Maria Fortunati, Mariagrazia Vitali Il progetto e l’intervento di valorizzazione sono stati coordinati dall’arch. G. Napoleone (Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio di Milano) e da M. Fortunati (SBA Lombardia). La sorveglianza archeologica alle opere di scavo, iniziata nell’ottobre 2007 e proseguita in più fasi per due anni, svoltasi sotto la direzione tecnica di M. Vitali, è stata eseguita da S. Felisati e da G. Righetto. L’idea, il progetto e il completo finanziamento dell’opera si devono all’ing. G. Pandini dell’omonima Impresa. Si ringraziano per la costante e attenta assistenza in cantiere anche i figli, cui si deve la direzione lavori, ing. Giulio e arch. Giorgio e le maestranze. L’inaugurazione è avvenuta il 14 novembre 2009. 48 L’indagine ha avuto avvio per valutare la consistenza di una eventuale stratificazione archeologica, in vista della realizzazione di un’autorimessa interrata. L’area interessata riguarda parte di un giardino privato posto al di sotto delle mura cittadine di epoca veneta, confinante a nord direttamente con la cortina muraria del Baluardo di S. Michele. Per valutare il tipo di deposito, si è dapprima eseguita una trincea con il mezzo meccanico, lunga m 15, larga m 1,8 e profonda m 2,5, con orientamento SW-NE, partendo dal profilo inferiore del baluardo delle Mura e proseguendo in direzione S-W, verso la villa dei proprietari, edificata nel 1908. Successivamente data la particolare localizzazione dell’area, in periodo veneto interessata dalla costruzione delle mura che modificarono l’antico assetto della città medievale, il controllo è stato continuo in tutte le fasi di sbancamento del terreno. La trincea mostrava una stratigrafia varia lungo la sua lunghezza. Al di sotto del coltivo, vi era uno strato di riporto di vario spessore, con scarichi di macerie con abbondanti laterizi, malta e frammenti di cocciopesto di età probabilmente bassomedievale, alcuni frammenti di pareti di anforacei romani e di invetriate databili fra XVI e XVIII secolo. Il riporto sembra interpretabile come strato di macerie di distruzione di strutture murarie, probabilmente riportate. Informazioni orali fornite dai proprietari indicano che tale area era stata occupata come cantiere e deposito di materiali, durante la costruzione del vicino Palazzo Stampa in epoca neoclassica. Al di sotto delle macerie vi erano livelli argillosi di disgregazione dei primi piani rocciosi delle arenarie locali. La cortina muraria delle Mura prosegue almeno fino a una quota m –3 dal piano del giardino attuale, con la stessa tessitura e tecnica muraria, ben curata, a vista e con il profilo leggermente inclinato. Coordinate: 45.702628, 9.6716 Maria Fortunati, Mariagrazia Vitali L’assistenza archeologica ai lavori di scavo, eseguita nel 2009, con la direzione di M. Fortunati (SBA Lombardia) e con la direzione tecnica di M. Vitali, è stata effettuata dall’archeologo P. Sbrana, con il finanziamento dei proprietari Signori Agazzi, che si ringraziano, unitamente all’impresa Edile Previtali, per la collaborazione. SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 BAGNATICA (BG) Adiacenze della chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista Strada di età romana, edificio tardoromano, strutture altomedievali e preesistente corpo di fabbrica della chiesa parrocchiale Nel passato il territorio di Bagnatica ha conosciuto stanziamenti d’età preistorica, protostorica, romana e medievale lungo i prospicienti rilievi del Tomenone e del Belvedere (POGGIANI R., 1995, Dalla preistoria all’età romana, in Bagnatica. Una comunità e il suo territorio, Comune di Bagnatica, pp. 104-118). Anche nella piana, presso la chiesa parrocchiale, l’antico popolamento è noto da attestazioni di I secolo a.C., d’età imperiale e da un raro contesto, probabilmente altomedievale, relativo alla deposizione di un cavallo presso una struttura lignea quadrangolare (NSAL 1995-97, pp. 48-49). Il controllo degli scavi per la ripavimentazione del sagrato, nella piazza antistante la facciata e lungo il lato sud della parrocchiale di S. Giovanni Battista, ha posto in luce alcune strutture di rilevante interesse archeologico, riconducibili a epoche e funzioni differenti: un tratto di una strada di età romana, resti di un edificio tardoromano con successive trasformazioni altomedievali, un loculo tombale, strutture murarie di una precedente fase edilizia della chiesa di S. Giovanni. La più antica struttura, individuata nell’adiacenza dell’angolo sud-ovest della chiesa a una profondità media di m -0,50 dall’odierno piano stradale della via SS. Redentore, è un tratto (m 6,40 E-W x 3,00 N-S) di una strada attribuibile all’età imperiale romana composta da un massiccio basolato, con direttrice SW-NE desumibile da uno dei suoi margini laterali, in pietre allineate infisse di taglio. Il rinvenimento costituisce la prima attestazione di un possibile collegamento della viabilità d’età romana all’importate asse viario Bergomum-Brixia, il cui passaggio è finora documentato a Carobbio degli Angeli, composto anch’esso da grandi pietre di forma poligonale (Carta Archeologica della Lombardia. La Provincia di Bergamo, II, 1992, p. 56, scheda n. 154). I grossi basoli, in calcare bianco detto pietra di Bagnatica (max m 1,00 x 0,70), tendenzialmente quadrangolari, a superficie levigata e giustapposti a secco in un unico corso, erano stabilizzati da zeppature in schegge litiche poste tra gli interstizi. Al di sotto dei basoli era ben distinguibile il modesto e ben pressato statumen, strato di allettamento in sabbia, ghiaia e scarti della sbozzatura dei basoli. La superficie stradale non presentava traccia di solchi carrai, seppur individuati su un analogo basolo, rinvenuto nei pressi in contesto secondario, smosso da un tratto contiguo dell’antica via. L’ultimo utilizzo della strada, riferibile a età tardoromana o altomedievale, potrebbe essere indiziato dalla tipologia di un ago in bronzo a capocchia sferica, rinvenuto tra i basoli. Questo ritrovamento apre nuove prospettive per 35 - Bagnatica, chiesa di S. Giovanni Battista. Impianto dell’edificio altomedievale. 36 - Bagnatica, chiesa di S. Giovanni Battista. Veduta dell’area di scavo sul fronte della chiesa. la conoscenza del tracciato Bergamo-Brescia che, superato il Serio più a sud del ponte attuale, continuava per Carobbio. È ora da approfondire se il tratto qui rinvenuto possa essere ricollegato a tale via. Tratti di vie basolate sono stati rinvenuti anche in Bergamo in più punti della città antica, fra cui si ricorda il tratto in via R. Giuliani, anch’esso composto da grosse lastre di arenaria (NSAL 1987, pp. 99-100). Nell’adiacenza nord-ovest della strada basolata, viene costruito, probabilmente in età tardoromana, un grande edificio il cui fronte murario sud, con pilastro angolare, è stato evidenziato per un tratto di m 8,60. Internamente l’edificio è suddiviso da un muro coevo trasversale di minore spessore, nel quale successivamente può essere 49 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 37 - Bagnatica, chiesa di S. Giovanni Battista. La strada romana in basoli. stata aperta una porta d’accesso, indiziata dalla realizzazione di un gradino murario che reimpiega le parti di un’antica soglia parallelepipeda con incavi, in calcare di Zandobbio. L’età altomedievale è scandita da quattro differenti interventi strutturali. Inizialmente, ad avvenuto abbattimento dell’edificio tardoromano, si erige un nuovo muretto effimero N-S, di cui rimangono due lacerti superstiti in ciottoli legati da malta povera, parzialmente impostato sul residuo del preesi- 38 - Bagnatica, chiesa di S. Giovanni Battista. Veduta della muratura curvilinea rinvenuta a sud della chiesa. 50 stente pilastro angolare. In un secondo momento, nell’adiacenza del muretto ancora in uso e uniformandosi al suo orientamento, si realizza un vano di forma quadrangolare (m 5,60 N-S x 4,60 E-W), ad angoli lievemente arrotondati. La struttura era marginata da un cordolo in ciottoli legati da calce (largh. m 0,20-0,35; h. residua m 0,30-0,40) e internamente pavimentata da uno piano battuto, ricoperto di calce. Segue lo scavo per la posa di una struttura seminterrata quadrangolare (m 1,50 x 1,20-2,00; prof. m 0,30-0,50), la cui base è rivestita da un strato sottile di malta, con due analoghi cordoli che ne tripartiscono il fondo. Saremmo in presenza di un perduta struttura lignea seminterrata, forse riconducibile a un ambito manifatturiero. La quarta fase altomedievale comporta l’asportazione della suddetta struttura lignea seminterrata, poi colmata con terreno carbonioso che ha restituito ossi, tegulae, ferri ossidati, una scoria metallica, qualche vetro frammentario e alcuni frammenti di recipienti in pietra ollare da fuoco, anche con tracce di restauro antico. Nell’adiacenza nord della parrocchiale è posta (X secolo?) una struttura tombale litica antropomorfa di m 1,42, orientata E-W, forse infantile ma rinvenuta priva dei relativi resti ossei. Non è escludibile che la tomba sia stata deposta nell’adiacenza dell’originaria chiesa altomedievale di S. Giovanni, probabilmente presente al di sotto dell’odierna parrocchiale. A una fase forse romanica della suddetta chiesa potrebbe ascriversi un’estesa muratura curvilinea, ad arco di ellisse in più segmenti (m 8,60 x 4,60), che originariamente aggettava dall’odierno lato meridionale della chiesa. Il SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 corpo di fabbrica aveva un accesso, indiziato dal corrispondente rinforzo pavimentale, realizzato anche con il reimpiego di alcuni basoli stradali romani di recupero. Al suo interno permanevano dei tratti della sua ultima pavimentazione, in acciottolato. Una moneta, in fase di lettura, costituirebbe un terminus post quem per il pavimento acciottolato. Per una futura lettura stratigrafica degli alzati murari comparata con i dati archeologici, nel breve frangente dello scavo si è svolto il rilievo stratigrafico della fascia inferiore della facciata e del lato sud dell’odierna chiesa parrocchiale. Coordinate: 45.6637, 9.782209 Maria Fortunati, Roberto Mella Pariani, Mariagrazia Vitali L’indagine, svolta con finanziamenti parrocchiali nel settembre 2011, è stata diretta da M. Fortunati (SBA Lombardia) e realizzata dalla Società Archeo Studi Bergamo s.r.l. con la direzione tecnica di M. Vitali e il responsabile di cantiere R. Mella Pariani. Per il supporto e l’interessamento all’indagine si ringrazia il parroco di Bagnatica don F. Zucchelli, il direttore dei lavori arch. P. Masotti, la ditta edile Magri e L. Baracchetti. CALCINATE (BG) Chiesa parrocchiale di S. Maria del Castello Strutture murarie all’interno e all’esterno della chiesa e necropoli medievale Anticamente dipendente dalla chiesa battesimale e poi pievana di Ghisalba, la chiesa di S. Maria fu originariamente dedicata anche ai SS. Vittore e Quirico e sorse all’interno del castrum altomedievale di Calcinate, probabilmente come oratorio di fondazione privata. L’intitolazione a S. Quirico richiama l’oratorio altomedievale rinvenuto nella vicina Bolgare (DE MARCHI P.M., FORTUNATI M. (a cura di), 2006, Bolgare. Un territorio tra due fiumi nell’Altomedioevo, Notizie Archeologiche Bergomensi, 14) La fortificazione occupava l’area nord-ovest dell’antico abitato quadripartito, documentato sin dall’anno 973, munito di torri e circondato da mura e fossato (CASTAGNA E., CAPRONI R., COLMUTO ZANELLA G., FINAZZI G., 1993, La Parrocchia di S. Maria Assunta in Calcinate, Amministrazione Comunale di Calcinate, pp. 11-33). Nonostante l’avvenuto abbattimento, un rilievo cartografico d’età napoleonica evidenzia il sedime dell’antico castrum, ben distinguibile in un’area sostanzialmente circolare e pressoché priva di edifici, al centro della quale sorge isolata l’odierna parrocchiale. L’edificio medievale venne ricostruito tra il 1505 e il 1535 e ampliato a ovest nel 1585. Fu con la radicale ricostruzione nel 1719 su disegno di Filippo Juvarra, che l’orientamento della chiesa verrà invertito, ponendo l’abside a ovest. In vista della creazione di un nuovo impianto interrato di riscaldamento, per la cui realizzazione era necessario creare una trincea all’interno della chiesa e anche uti- lizzare una parte dell’adiacente area esterna meridionale, la Soprintendenza ha disposto il controllo archeologico degli scavi, al fine di monitorare e tutelare in questo luogo, ad alta potenzialità archeologica, le possibili antiche preesistenze strutturali. Nella chiesa risultava già effettuata, al momento dell’inizio del controllo archeologico, un’ampia trincea che, da un grande bocchettone di uscita dell’aria calda scavato poco prima del 1993 a nord-est della base della gradinata del presbiterio, attraversava la larghezza della navata e proseguiva poi verso est fino a giungere alla porta laterale dell’aula. Il primo controllo archeologico nella trincea, ha subito posto in evidenza la presenza di una serie d’importanti strutture murarie, di piani pavimentali e di sepolture. Interno della chiesa Fase I Nell’area sud della navata, nella trincea in corrispondenza dell’ingresso secondario all’odierna chiesa, a una profondità di m -2,15, sono stati rinvenuti due lacerti murari in ciottoli legati da argilla. Il primo presso l’accesso laterale sud della navata aveva forma angolare con i due tratti rimasti con andamento E-W e N-S mentre il secondo, rettilineo e conservato per m 3,40, di poco discosto a sud, aveva andamento N-S ed era asportato verso nord dalle successive sepolture della necropoli. Sono da riferire alle fondazioni di un antico edificio la cui funzione non è definibile. Non erano presenti piani di calpestio relativi a questo edificio. Fase II a In un momento seguente si erige a ca. m 15 poco più a settentrione un secondo edificio. Tale fabbrica è attestata da due murature in pietre legate da malta e poste fra loro ad angolo, che costituiscono il perimetro sud-est di un ambiente (m 4,90 E-W x m 3,60 N-S). L’estremità ovest della muratura E-W è costituita da una testata in opera, forse riconducibile allo stipite di una porta d’accesso che si apriva su questo lato della costruzione. L’altra muratura N-S a nord sembra indiziare per m 0,80 un ulteriore scarto murario verso est. L’insufficienza dei dati non consente di definire la tipologia e la destinazione civile o cultuale dell’edificio, forse relativo a un’antica fase edilizia della chiesa di S. Maria, quale ipotetica cappella a aula unica, con attacco a est di una presunta abside di indefinibile tipologia. Le murature presentano lungo i margini dei filari di ciottoli affiancati, mentre il riempimento murario è costituito da pezzame minuto, legato da malta grigia, poco tenace. Ipoteticamente riconducibili a questa fase e dislocati m 3 a est dai resti dell’edificio, sono una breve muratura rettilinea in senso N-S realizzata con ciottoli di media dimensione legati con malta tenace grigio chiara e un muretto perimetrale in ciottoli e malta, forse la parete di una tomba, riempita da limo e macerie e non indagata, che si appoggia con orientamento N-S al fianco est della stessa muratura. La notizia della scoperta di un’abside muraria poco più a ovest, presso i gradini del presbiterio e attribuita al contiguo oratorio dei Disciplini, aumenta il quadro di incertezza nella ricostruzione dell'edificio di questa fase: il rinvenimento, non segnalato né documentato, fu effettuato nel 1993 durante gli scavi del precedente impianto di riscaldamento (CASTAGNA et alii, op. cit., p. 50, nota 25). 51 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 lunghezza e m 0,90 di larghezza, correva nell’adiacenza esterna del fronte sud, superandone il limite est per m 4. Purtroppo il vincolo posto dalla committenza di non superare in profondità la quota prevista per la posa del nuovo pavimento ha precluso la piena comprensione della funzione e degli sviluppi delle strutture murarie emerse, rinviando a lavori futuri il completamento delle indagini. Necropoli Fase I 39 - Calcinate, chiesa parrocchiale S. Maria del Castello. Le evidenze archeologiche rinvenute all’interno della chiesa. Fase II b È possibile che in un momento successivo si sia voluto creare, usufruendo dell’angolo interno sud-est, un piccolo vano rettangolare, costruendo due murature reciprocamente ortogonali, l’una E-W e l’altra N-S, dello spessore di m 0,70, realizzate in ciottoli e malta. La rasatura dei muri a livello del piano di calpestio non ha permesso di stabilire se il vano fosse un ambiente in alzato o un vano funerario ipogeo. La possibilità che il vano si sviluppasse in alzato potrebbe essere avallata dalla presenza, nel muro nord, di due circoscritte aree ortogonali di grosse pietre, forse identificabili come le basi degli stipiti della porta che dava accesso al vano da nord. Fase III Sull’area del secondo edificio abbattuto si ha la ricostruzione, in forma ampliata, di un nuovo edificio, con muri massicci larghi m 1,60. La muratura impiega grosse pietre e conci quadrangolari lungo i margini esterni e minute scaglie residuali da sbozzatura nel riempimento; rarissima è la presenza di frammenti laterizi. Il legante è una copiosa malta grigia, tenace. Come per il secondo, anche di questo terzo edificio è stato evidenziato l’angolo sud-est. Il perimetrale sud è stato riconosciuto per m 9,70, mentre quello est per m 6,60. Esternamente lo spigolo murario risulta smussato da un incavo ornamentale a quarto di cerchio. Sul fronte interno il perimetrale est presenta una lesena quadrata, mentre sul corrispondente fronte esterno vi è il residuo di una più cospicua lesena angolare. Una sorta di stretto camminamento rettilineo E-W, con presumibile funzione di marciapiede delle dimensioni di m 10,70 di 52 Nell’adiacenza meridionale del secondo edificio (prima chiesa?), seppur in un’area non direttamente contigua a esso, si ha l’impianto e la prima fase d’utilizzo di un’area cimiteriale a inumazione. La presumibile attribuzione della necropoli a questa fase, mancando reperti datanti, si basa sui dati stratigrafici e sulle tipologie tombali. Sono state indagate solo tre delle 14 sepolture evidenziate sul fondo della trincea di posa delle nuove condutture. Le 14 strutture tombali, totalmente o parzialmente messe in luce in corrispondenza del fondo o nella sezione prossima al fondo della trincea aperta precedentemente al controllo archeologico, sono a cassa litica e in nuda terra, a inumazione singola e con capo rivolto a ovest. Le sepolture erano prevalentemente deposte all’interno di loculi di forma antropomorfa od ovoidale, costituiti da semplici filari a secco di lastre infisse di taglio o conci in calcare chiaro deposti sul fondo in nuda terra della fossa. Residui in situ delle coperture dei loculi, ampiamente smosse da interventi successivi, testimoniano l’originario impiego di lastre calcaree affiancate trasversalmente in piano a chiusura delle sepolture. Una percentuale minore d’individui era stata inumata all’interno di una semplice fossa, scavata nella nuda terra. All’interno del cimitero le tombe presentano un’occupazione serrata dello spazio disponibile. Un dato interessante è la dislocazione planimetrica delle sepolture, che sembra attenersi sostanzialmente a un impianto predefinito in filari longitudinali, affiancati e orientati in direzione E-W, mentre le loro estremità risultano a volte reciprocamente adiacenti o di poco invasive della deposizione preesistente. Nonostante le inumazioni siano state evidenziate nel limitato spazio della trincea, l’indagine ha permesso di riconoscere per lo meno quattro allineamenti tombali, reciprocamente affiancati. Questa tipologia di allineamento delle sepolture per file sembrerebbe essere un’evoluzione in senso longitudinale, di un precedente e contrapposto modello di partizione trasversale, per righe, che spesso caratterizzò, tra VI-VIII secolo, gran parte dei cimiteri longobardi. Le tre sepolture scavate sono di un adulto e di due preadulti, deposti con testa a ovest, in tombe di forma ovale e antropomorfa con resti di muretti in pietre a secco. Area esterna sud Il controllo dell’area scavata a sud della chiesa (m 7,50 x 7,50 ca.) per il posizionamento della centrale termica, ha permesso di documentare un settore di grande interesse posto a lato dell’odierna chiesa. La fase più antica, rinvenuta a m 2,50 ca. dal piano attuale, ha evidenziato massicce murature con andamento N-S ed E-W in grossi ciottoli, rimaste in uso per diverso tempo, che mostravano vari rifacimenti e riutilizzi con aggiunte nuove, diversi piani pavimentali d’uso in battuto e pavimenti in cotto tutti molto usurati, ricchi di carboni. La scoperta di numerosi grumi ferrosi di scorie di lavorazione potrebbe SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 Vitali ed eseguito dagli archeologi E. Faccio, R. Mella Pariani e M. Motto. L’indagine si è svolta con un finanziamento della Parrocchia di S. Maria Assunta di Calcinate. Si ringraziano l’arch. don D. Tiraboschi, Delegato della Diocesi di Bergamo per i rapporti con le Soprintendenze, il parroco don D. Gregis e il fabbriciere M. Sangaletti, il direttore dei lavori ing. D. Valentini, l’impresa Castedil s.r.l. e il sig. G. Gavazzi. CAPRINO BERGAMASCO E PALAZZAGO (BG) Cava di Colle Pedrino Intervento estrattivo 40 - Calcinate, chiesa parrocchiale S. Maria del Castello. Resti dell’area artigianale. attestare che il vano nell’ultimo periodo di vita avesse un uso artigianale. Infine l’abbandono dell’area è testimoniato da uno strato di crollo dovuto a un incendio. Nell’angolo sud-ovest della stessa area fu in una fase successiva costruita un’importante e massiccia muratura da attribuire a una canalizzazione di raccolta di acque. Coordinate: 45.61884, 9.797758 Maria Fortunati, Roberto Mella Pariani, Monica Motto, Mariagrazia Vitali Lo scavo è stato diretto da M. Fortunati (SBA Lombardia) e svolto dalla Società Archeo Studi Bergamo s.r.l., con la direzione tecnica di M. Prospezione archeologica di superficie Con questo intervento di tipo esplorativo e conoscitivo si intendeva valutare l’eventuale presenza di evidenze archeologiche, preistoriche e protostoriche in particolare (data la vicinanza a siti preistorici rilevati attraverso la ricerca di superficie), sull’area interessata dalla futura attività estrattiva normata dalla L.R. 14/98. Si tratta di un’area intatta di ca. mq 7.650, interna all’attuale cava, che si sviluppa sul colle Pedrino, tra quota 1130 e 1200 m s.l.m., su versanti particolarmente scoscesi ricoperti da abbondante detrito e con evidenti affioramenti del substrato roccioso. Data l’assenza di terreni agricoli e le pecu- 41 - Calcinate, chiesa parrocchiale S. Maria del Castello. Le imponenti murature in ciottoli all’esterno della chiesa. 53 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 42 - Caprino Bergamasco-Palazzago, cava di Colle Pedrino. liarità del territorio montano destinato per lo più a pascolo e ad area boschiva, l’indagine si è concentrata principalmente sulla ricerca di possibili strutture sepolte affioranti in superficie e sulla prospezione di quelle aree che, per caratteristiche morfologiche specifiche (terrazzi di versante e pianori sommitali), presentavano maggiore probabilità di avere ospitato nel passato attività antropiche. La natura del luogo si è rivelata generalmente inadatta a ospitare attività umane, salvo in una piccola porzione di territorio in leggera pendenza lungo il quale sono sistemati a secco una serie di accumuli di pietrame, organizzati in modo ordinato, presumibilmente realizzati in tempi recenti allo scopo di ripulire il terreno per renderlo utilizzabile come pascolo. Ai piedi di questo pendio si trova l’unica area pianeggiante all’interno del perimetro di indagine conoscitiva; tale pianoro, però, non presenta sicuri indizi di natura archeologica, sebbene sia stata individuata una struttura in muratura a secco (emergente per un massimo di due corsi) della lunghezza visibile di ca. m 4, interpretabile come muro di terrazzamento o sistemazione dell’area pianeggiante. Si tratta dell’unico settore, tra quelli indagati, che presenti una potenzialità archeologica, dettata esclusivamente dalle caratteristiche morfologiche del terreno. In quest’area verrà eseguita assistenza archeologica all’avvio dei lavori di coltivazione di cava. Stralcio della CTR: in evidenza l’area di intervento. Coordinate: 45.771409, 9.514847 Nicola Pagan, Raffaella Poggiani Keller La prospezione archeologica di Colle Pedrino (intervento estrattivo autorizzato da Provincia di Bergamo con Det. Dir. 4077 del 30/12/2009), effettuata per conto della società Italcementi s.p.a. sotto la direzione scientifica di R. Poggiani Keller e M. Fortunati (SBA Lombardia), è stata condotta nel 2010 da SAP Società Archeologica s.r.l. di Mantova con il coordinamento sul campo di N. Pagan. CARONA (BG) Area delle incisioni rupestri Ricerche 2010-11 43 - Caprino Bergamasco-Palazzago, cava di Colle Pedrino. Mappatura dell’area di intervento con indicazione dell’assetto morfologico del sito. 54 Lungo le pendici meridionali del Monte Aga e il sentiero (n. 248) che dal passo Selletta scende costeggiando un ramo secondario del Brembo verso il rifugio Calvi, tra quota 2100 e 2400 m s.l.m. sono state individuate dai membri del Centro Storico Culturale Valle Brembana alcune rocce con incisioni rupestri di età storica. L’importanza delle incisioni è apparsa subito chiara durante un sopralluogo effettuato dal personale del Civico Museo Archeologico di Bergamo e dai suoi collaboratori nel 2006 per verificarne i caratteri e l’estensione. Dal 2007 a oggi il Museo ha condotto ricerche nel sito in regime di concessione ministeriale. L’area dei massi incisi è molto ampia e ha carattere omogeneo. Si tratta di blocchi rocciosi di arenaria argillosa (pelite), di distacco dalla parete rocciosa della montagna e di dimensioni variabili, caratterizzati da una superficie piatta e liscia, adeguata ad accogliere le incisioni, realizzate con la tecnica filiforme tramite uno strumento metallico; assai rare sono le figure ottenute a picchiettatura. Il repertorio iconografico è costituito prevalentemente da iscrizioni e date di varie epoche e figure per lo più a carattere SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 simbolico. Tra le immagini più frequenti vi sono le croci, i cuori, i nodi di Salomone, le stelle a cinque punte; compaiono anche antropomorfi tra cui spiccano alcuni armati di epoca medievale e moderna. Le figure femminili sono spesso rappresentate nei costumi tradizionali e in atteggiamento di danza. Non mancano elementi fitomorfi e tra le figure di animali sono presenti bovini, pecore e cervi. Assai frequenti sono, infine, i “filetti” e i reticoli di linee, spesso molto irregolari, o le linee tracciate senza alcuna precisa sintassi e i cerchi realizzati a compasso. Poche sono le scene figurate, riferibili alla caccia al cervo con arco e frecce; quella incisa sulla roccia CMS 1 non ha apparentemente elementi datanti, mentre quella della roccia LTB 20 è stata probabilmente realizzata in epoca medievale-moderna. Tutte la campagne sono state finalizzate alla raccolta di documentazione più completa possibile relativa ai massi incisi, operazioni che hanno comportato la loro georeferenziazione, la compilazione delle schede di roccia su modello della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Lombardia, la fotografia. È stato eseguito il rilievo delle incisioni più interessanti da un punto di vista iconografico. Si è provveduto inoltre a effettuare alcuni piccoli sondaggi, allo scopo di verificare l’esistenza di tracce di frequentazione antica, nei pressi del masso CMS 1, che reca sulla sua superficie alcune figure di V secolo a.C. e numerose iscrizioni celtiche in alfabeto leponzio di IV-I secolo a.C. recupero di una fibula di tipo Certosa in bronzo, databile al V secolo a.C., alcuni pezzi di aes rude, databili tra V e IV secolo a.C. e numerosi chiodi in ferro di epoca imprecisata. I punti di ritrovamento dei reperti sono stati registrati con una stazione topografica totale, mantenendo come origine del sistema di coordinate la medesima del cantiere di scavo del 2009. Il programma di rilievi a contatto e di schedatura delle incisioni rupestri ha riguardato in primo luogo i massi della Val Camisana. Allo stato attuale sono state individuate, numerate e georeferenziate 133 rocce con incisioni. Nella campagna di ricerche del 2010 sono state rilevate e schedate le rocce CMS nn. 39, 51, 54,56, 58, 62, 66, 67. Sono state, inoltre, rilevate, ma non schedate le rocce nn. 60, 63, 119, 121, 123. Schedate ma non rilevate sono le nn. 53, 55, 57, 61, 64, 65, 68, 69, 124. Sono state, inoltre, ricontrollate sei iscrizioni leponzie di CMS 1, che verranno pubblicate nell’immediato futuro. Nella località Le Torbiere sono state rilevate e schedate le rocce LTB nn. 35, 36, 37, 38. Nella località AGA le rocce nn. 36 e 37. Nella località Valsecca (VLS) sono state localizzate e georeferenziate 28 rocce. Al fine di valorizzare la roccia CMS 1 e renderla visibile nel suo ambiente anche a chi non può raggiungerla in quota, è stato realizzato dal PROGETTO AZIMUT un rilievo con laser scanner, con il quale sarà realizzato un supporto digitale da porre in consultazione all’interno delle sale del Museo. Nel 2010 l’indagine archeologica ha riguardato i lati orientale e settentrionale della roccia CMS 1, per evidenziare eventuali tracce di frequentazione antica. Gli interventi non hanno dato i risultati sperati, a causa dell’intensa attività di erosione e di dilavamento che interessa quel punto. Una prospezione autorizzata con rilevatore di metalli in prossimità del masso CMS 1, finalizzata a comporre una mappa di dispersione di materiali sul versante interessato dai fenomeni erosivi, ha permesso il Nel 2011 l’indagine archeologica, consistente nella ripulitura di alcune sezioni a vista, è proseguita alla base del pendio del piccolo terrazzo dove è localizzata la roccia CMS 1, allo scopo di ricercare eventuali materiali trasportati dall’erosione. Anche questo intervento, come quelli dell’anno precedente, non ha dato i risultati sperati. Il programma di rilievi a contatto e di schedatura delle incisioni rupestri ha riguardato in primo luogo i massi dell’area di Aga. Qui si è completata la raccolta dei dati delle 44 - Carona, area delle incisioni rupestri. Ricerche 2010-11. Veduta del masso CMS1. 55 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 45 - Carona, area delle incisioni rupestri. Ricerche 2010-11. Rilievo del masso CMS 1. prime 24 rocce, si è provveduto al rilievo delle rocce nn. 36, 37, 40, 44, 45 e 48 e sono state schedate le rocce nn. 31, 34-45, 47-48. Nella località Le Torbiere è stato eseguito il rilievo della n. 39 ed è stata compilata la scheda della n. 41. Poiché risultavano incongruenze nella prima battuta di georeferenziazione si è proceduto a riposizionare tutte le rocce. Relativamente all’area Camisana, ci si è dedicati alla lettura delle iscrizioni in alfabeto di Lugano della roccia CMS 1, di cui ne sono state trascritte altre 18 (oltre alle 11 già pubblicate). CAVERNAGO (BG) Castello di Malpaga, area del fossato Alcuni survey in altre aree della valle hanno permesso di localizzare rocce incise. In particolare nella loc. Masoni, lungo il sentiero che porta al passo Venina, sono state georeferenziate 17 rocce incise con figure e iscrizioni di epoca storica. Presso il Lago del Becco è stata localizzata una roccia con un gran numero di incisioni con date e scritte riferibili a un ampio arco cronologico a partire dal 1600. Nel periodo compreso tra il 19 ottobre e l’11 dicembre 2009 e nei giorni 1-2 marzo 2010, è stata condotta un’assistenza archeologica ai lavori intrapresi nell’area esterna al castello di Malpaga, nel cortile meridionale del borgo. I lavori di scavo meccanico sono stati eseguiti per ricostruire un tratto del muro meridionale del fossato crollato, durante un forte temporale, nel settembre del 2008. Nel 2010 e nel 2012 sono state prelevate dal personale e dai collaboratori dell’Istituto per le dinamiche ambientaliCNR di Dalmine alcune carote dalla torbiera principale allo scopo di avviare lo studio paleoambientale per verificare l’impatto umano nell’area e datarlo attraverso analisi radiocarboniche degli elementi vegetali. Notizie storiche sul castello Stefania Casini Direttore del Civico Museo Archeologico, Bergamo. 56 Presenze pluristratificate tra età bassomedievale ed età moderna La prima citazione sui documenti relativa al castello di Malpaga risale al 1383 quando “il castro de Malpaga” è citato nell’atto notarile del governatore di Bergamo Rodolfo Visconti, in relazione a lavori di restauro e di rafforzamento delle strutture fortificate del territorio. La data di costruzione del castello non è nota ma risale, probabilmente, a un periodo precedente l’invenzione della polvere da sparo (metà del XIV secolo) poiché le merlature a coda di rondine, tuttora visibili a coronamento del castello, sono piuttosto basse, adatte a tecniche offensive che impiegavano archi, balestre, catapulte, le cui parabole SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 46 - Carona, area delle incisioni rupestri. Ricerche 2010-11. Localizzazione dei saggi di scavo intorno al masso CMS 1 e dei materiali rinvenuti con rilevatore di metalli. 57 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 erano abbastanza modeste. Il castello è stato in seguito interessato da numerose fasi di restauro e di ampliamento. La principale tra queste si colloca negli anni 1456-1459, quando il castello, divenuto proprietà di Bartolomeo Colleoni, fu trasformato da edificio con carattere esclusivamente militare a residenza castellata. I lavori commissionati dal Colleoni comportarono l’aggiunta di alcuni corpi di fabbrica, la sistemazione del fossato e la costruzione del borgo a circondare sui quattro lati il castello, per ospitare i soldati e la servitù del condottiero. La tessitura muraria tipica delle costruzioni attribuite al Colleoni è costituita da corsi di ciottoli disposti a spina di pesce alternati, a intervalli regolari, con ricorsi di mattoni; anche il muro di contenimento del fossato segue questa tecnica costruttiva e risale quindi, probabilmente, alla seconda metà del XV secolo. Le strutture più antiche, invece, sono costruite in ciottoli e malta, senza mattoni. I conti Martinengo, nipoti ed eredi del Colleoni, commissionarono nel corso del XVI secolo altre ristrutturazioni e ampliamenti, oltre al ciclo di affreschi (1520-1530), tuttora conservato, che decora gli spazi interni del castello. Il castello è stato interessato da interventi recenti, negli anni 1948-1957, che hanno riguardato soprattutto la divisione degli spazi interni e il restauro degli affreschi. Il territorio sul quale sorgono il borgo e il castello di Malpaga è stato abitato sin da epoche molto antiche. Tracce archeologiche di queste frequentazioni, datate almeno a partire dall’epoca romana, sono state ritrovate numerose (Carta Archeologica della Lombardia. La Provincia di Bergamo, II, 1992, pp. 63-64, schede nn. 192-194). Con ogni probabilità nell’area poi chiamata Malpaga esisteva nel X secolo un piccolo insediamento chiamato Sorengo o 47 - Cavernago, Castello di Malpaga, area del fossato. Prospetto nord, rilievo materico. 58 Suverigo, citato in una pergamena del 979 che registra la permuta di due appezzamenti di terreno. I lavori Lo scavo con mezzo meccanico ha interessato una fascia rettangolare, orientata E-W, contigua al fossato del castello, di larghezza m 4 e lunghezza iniziale circa m 20. In seguito al crollo del muro si sono rese visibili nella parete del fossato alcune strutture murarie e in particolare, nella metà est dell’area, le murature perimetrali di un ambiente interrato poco al di sotto della quota di camminamento attuale. I ritrovamenti Le strutture murarie e le altre evidenze archeologiche documentate sono raggruppabili in tre fasi principali, la più antica (Fase I) precedente la costruzione del muro del fossato (Fase II), l’altra, più recente (Fase III), successiva al muro. Nella ristretta porzione di scavo è stata evidenziata una stratigrafia archeologica/antropica sino a m 1,20 di profondità, al di sotto della quale affiora un substrato naturale ghiaioso, dalla composizione molto omogenea. Le evidenze archeologiche sono raggruppabili in tre fasi principali: la Fase I che precede, verosimilmente di poco, la costruzione del muro di contenimento del fossato; la Fase II riferibile ai lavori commissionati dal Colleoni nel 1456-1459; per ultima la Fase III relativa alla costruzione di alcuni ambienti di periodo post-medievale (ambiente A) e moderno (ambienti B, C, D, E, F) addossati al muro del fossato. Alla fase III è da ascrivere anche la stesura di SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 48 - Cavernago, Castello di Malpaga, area del fossato. Planimetria generale dell’area indagata. 49 - Cavernago, Castello di Malpaga, area del fossato. L’area di indagine e la porzione crollata di muro del fossato, da nord-ovest. un acciottolato, la cui lunga durata d’uso è testimoniata da numerose riprese, che ha costituito il piano di camminamento nel cortile precedente quello attuale. Le evidenze archeologiche più antiche (Fase I: anteseconda metà del XV secolo) sono state individuate a una quota di circa m -0,50-0,60 rispetto al piano attuale. A questa quota è ben visibile la trincea di fondazione (Fase II) del muro del fossato; la trincea, larga poco più di m 1, taglia longitudinalmente, in senso E-W, tutti gli strati, che sono quindi di formazione precedente, presenti nei 2/3 meridionali dell’area. Nella metà est dello scavo sono presenti due strati argillosi (contenenti, soprattutto nell’interfaccia, ghiaia, piccoli frammenti di mattoni, grumi di malta bianca e piccoli carboni) e, visibile per una lunghezza N-S di m 0,70 presso la sezione est dello scavo, una struttura muraria (un basamento?) costituita da un corso di ciottoli e mattoni frammentari legati da malta chiara. La maggior parte delle evidenze archeologiche è concentrata nella metà ovest dello scavo. Lungo la sezione sud è visibile, per una lun- ghezza E-W di circa m 8, uno strato di terra mescolata a malta, nel quale sono immersi numerosi frammenti di coppi e più rari ciottoli; le macerie che lo compongono potrebbero essere state intenzionalmente sparse per asciugare e drenare il terreno oppure essere state livellate al momento del riporto di uno strato steso su tutta l’area in funzione della posa del piano in ciottoli e ghiaia (Fase III). Sono state individuate alcune buche, tra le quali una, localizzata lungo il limite della trincea di fondazione del muro del fossato, potrebbe essere la traccia lasciata da un palo infisso orizzontalmente durante i lavori di costruzione del muro. Sono presenti altre tre piccole buche circolari, di diametro compreso tra m 0,25 e 0,40, caratterizzate da un riempimento di terra carboniosa e ghiaia annerita, con inclusi piccoli frammenti laterizi e rari grumi di malta. Le buche non sono allineate e sono poste a distanze variabili (ca. m 1-1,70 una dall’altra); verosimilmente contemporanee, potrebbero anche risalire ai lavori di costruzione del muro del fossato. 59 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 Alla Fase IIIb (XX secolo) appartengono le rasature e i resti di alcune strutture murarie di età moderna, costruite in mattoni e cemento e parzialmente franate nel fossato. Coordinate: 45.621722, 9.757864 Maria Fortunati, Monica Girardi, Valentina Cabiale I lavori di assistenza archeologica e di scavo archeologico, diretti da M. Fortunati (SBA Lombardia), sono stati effettuati, su incarico della proprietà, Malpaga s.p.a., da F.T. Studio di Peveragno (CN), con M. Girardi in qualità di direttore tecnico, V. Cabiale, in qualità di responsabile dello scavo, e C. Cervetti. Il rilievo è stato eseguito da F. Villani ed è stato restituito da C. Papalia, della F.T. Studio; le foto sono state scattate da V. Cabiale e F. Villani. Il rilievo e l’analisi degli elevati del castello sono stati eseguiti nel 2008 dalla F.T. Studio su incarico di “Archeias architetti e ingegneri associati” di Milano. I lavori di scavo meccanico sono stati eseguiti dall’impresa edile L. Cividini s.p.a. di Dalmine (BG). Si ringraziano per la collaborazione i progettisti e direttori dei lavori, F. Marsan e A. Ferri, e G. Puglielli della Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio di Milano. Per le notizie storiche sul Castello di Malpaga si rimanda a ANGELINI L., 1967, Il castello di Bartolomeo Colleoni a Malpaga (Bergamo), Bergamo; GAMBA PERSIANI L., 1999, Cavernago. L’antico feudo di Malpaga e Cavernago, Bergamo. 50 - Cavernago, Castello di Malpaga, area del fossato. Ambiente A, da nord. Nella fase II (1456-1459) si costruisce il muro di contenimento del fossato. Il muro è complessivamente, sui quattro lati, in buono stato di conservazione; la metà ovest del tratto meridionale è crollata nel 2008. È costruito in corsi di ciottoli, disposti a spina di pesce, con ricorsi di mattoni. Questa tessitura presenta alcune varianti, ad esempio sulla frequenza dei ricorsi di mattoni, che potrebbero dipendere da differenti fasi costruttive e indicare momenti costruttivi diversi per i vari lati del fossato. Si nota, inoltre, una discontinuità muraria nel muro ovest, dove questo, presso l’angolo sud-ovest del fossato, si appoggia a un tratto murario di realizzazione non coeva e con ricorsi di mattoni più radi. Il muro meridionale è stato costruito a sacco, con pietrame piccolo e malta molto tenace nel nucleo interno; il riempimento della trincea di fondazione è costituito da terreno ghiaioso a granulometria media nel quale sono mescolati alcuni ciottoli più grandi, rari frammenti laterizi, piccoli grumi di malta, frustoli laterizi e rari frammenti di ossa animali. L’unico frammento ceramico ritrovato nel riempimento della trincea di fondazione è di ceramica graffita tardomedioevale e costituisce pertanto ulteriore conferma della datazione al XV secolo del muro. La fase IIIa-b (XVII?-XX secolo) comprende le evidenze archeologiche successive alla costruzione del muro del fossato e è divisibile in due sottofasi: una Fase IIIa, la più antica, e una Fase IIIb, di periodo successivo. Alla Fase IIIa (XVII?-XIX secolo) appartiene l’ambiente A. Esso misura internamente m 2,40 (N-S) x m 3,10 (E-W) ed è alto m 1,40 ca. I muri sono di larghezza non costante ma comunque non maggiore di cm 35. L’ambiente A viene costruito in periodo post-medievale (XVII-XVIII secolo?) per un uso non precisabile, e poi convertito, in età probabilmente moderna (XIX secolo?), in vasca per la preparazione della calce. Le caratteristiche costruttive (mancanza di ingressi, accessibilità solo dall’alto) fanno supporre che anche in origine il suo uso fosse quello di vasca o deposito piuttosto che di vano abitabile. 60 CAVERNAGO E CALCINATE (BG) Condotto di Bonifica tra i fiumi Serio e Cherio Rinvenimenti archeologici dall’età tardo La Tène al periodo altomedievale L’attività di controllo e assistenza archeologica lungo l’asse principale del Condotto di Bonifica realizzato dal Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca ha avuto inizio nell’ottobre del 2005 ed è proseguita, riguardo alle evidenze archeologiche assegnabili all’età classica, medievale e moderna, fino al settembre del 2008, con un intervento minore circoscritto al mese di giugno 2009. L’analisi dei depositi ha mostrato la presenza, a una profondità variabile tra m 4 e 5 rispetto al livello di campagna, di un potente strato di ghiaie fluviali più o meno legate da sali calcarei solidificati. Tali ghiaie formano la piattaforma su cui si basa il successivo accrescimento di materiale fluviale più recente caratterizzato da una serie di paleoalvei minori, ormai asciutti, originatisi dall’azione torrentizia di bracci minori dei fiumi Serio e Cherio, soprattutto in età peri- e postglaciale. Dal punto di vista archeologico gli interventi antropici documentabili - dal Neolitico all’età moderna - hanno riguardato queste ultime stratigrafie. Il deposito di terreno organico che attualmente ricopre questi strati geologici è nel suo complesso mediamente oscillante tra m 0,60 e 1,20, apporto provocato da modesti apporti limosi di natura esondativa e dall’attività agricola che ha portato al progressivo rimodellamento del terreno e del piano di campagna. Soprattutto in età storica i paleoalvei furono scelti - per ovvie ragioni - per costruirvi le emergenze più significative dal punto di vista strutturale che sono state rinvenute: sepolture, vasche interrate, porzioni di ville agricole. SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 La metodologia di investigazione è stata doppia, basandosi sul controllo delle operazioni di sterro e la contestuale individuazione di saggi archeologici. tamento N-S distanti tra loro m 6, ambedue interrati. Si tratta di una viabilità di età moderna, delimitata da due canali laterali, che collegava i centri rurali di Ghisalba e Cavernago. I rinvenimenti e i saggi di scavo. Coordinate: 45.61313, 9.760237 I siti individuati, a partire dal corso del fiume Serio per arrivare al fiume Cherio, sono stati i seguenti: 1 - Cavernago, Guado-Capanna Circa m 700 a est del fiume Serio presso la località Malpaga, è stato individuato un guado bassomedievale posto su uno dei bracci laterali del fiume Serio realizzato nell’ambito della riorganizzazione agricola e viaria che subì questo territorio probabilmente in occasione della realizzazione del vicino castello di Malpaga. Il guado, sottoposto a una serie di progressivi impaludamenti, servì in età rinascimentale, a seguito del progressivo prosciugarsi del corso d’acqua, come piattaforma per la realizzazione di edifici leggeri a fini agricoli. 3 - Cavernago, Riccadonna 1 Al di là dell’attuale S.S. 498 per Ghisalba, m 700 più a est del precedente saggio, nei pressi della cascina Riccadonna, è stato scavato un saggio che ha restituito un pozzocisterna coperto da una tettoia leggera, con canale di adduzione posto più a est che forniva acqua alla cascina Riccadonna nella sua fase originaria. Questo ritrovamento testimonia la riorganizzazione delle residenze agricole che contraddistinse il territorio nelle ultime fasi della dominazione veneziana. Coordinate: 45.613137, 9.760237 4 - Calcinate, Villa Passa 1 Coordinate: 45.613377, 9.749594 2 - Cavernago, Dorotina Circa 1 km a sud-est del corso del fiume Serio, lungo il tracciato secondario del condotto che piega verso Ghisalba, è stato individuato un canale interrato perpendicolare a esso; ca. m 400 a nord-est, sul tracciato principale del condotto, ne è stato trovato un altro, del tutto simile. Questi due canali, per la presenza di ceramica, l’orientamento e le caratteristiche topografiche, sono stati interpretati come testimonianza della maglia centuriata che regolarizzava questi territori in età romana. 400 m più a est è stato individuato un ulteriore sito archeologico, caratterizzato dalla presenza di due canali paralleli con orien- L’area è stata individuata ca. m 700 a N-W di Villa Passa. Il saggio ha restituito un canale strutturato attivo tra l’età del Bronzo Antico e Medio, successivamente coperto da terreni agricoli di età romana. Coordinate: 45.610885, 9.789462 5 - Calcinate, Villa Passa 2 L’area si trova in corrispondenza di Villa Passa e ha restituito una serie di importanti evidenze archeologiche, databili tra l’età repubblicana e tardoantica. Si tratta di una strada glareata fiancheggiata da almeno quattro sepolture a incinerazione organizzate dietro bassi recinti 51 - Cavernago - Calcinate. Planimetria dei rinvenimenti. 61 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 murari, assegnabili tra la metà del I secolo a.C. e i primi due decenni del II secolo d.C. Successivamente, l’area conobbe la costruzione di strutture, tra cui una grande vasca per la raccolta e la conservazione dell’acqua, pertinenti a una villa produttiva che doveva insistere sul fianco nord-est della strada, la cui impostazione segnò la fine dell’uso cimiteriale dell’area. In età tardoantica, a partire dal IV secolo, la villa decadde e la vasca fu obliterata, ma la strada, con una serie di rifacimenti, proseguì a essere usata fino al secolo successivo, quando subì un ridimensionamento, pur mantenendosi attiva ancora per qualche tempo. Coordinate: 45.609805, 9.792423 turata fu frequentata, con una serie di riorganizzazioni e rifacimenti, per tutta l’epoca imperiale finché, abbandonata nel corso dell’avanzato V secolo, nei suoi pressi fu impiantata una casa-capanna altomedievale che perdurò almeno fino alla seconda metà del VI secolo. Coordinate: 45.606637, 9.804268 8 - Calcinate, Campo Musna 7 Nel giugno del 2009, nel corso dello scavo di stratigrafie preistoriche nell’area del condotto secondario che collega il saggio di Campo Musna 3 alla strada provinciale in dire- 6 - Calcinate, Campo Musna 3 All’incrocio tra la derivazione 9 e il condotto principale è stato effettuato un saggio che ha restituito consistenti stratigrafie di età classica. Tra queste un canale alto-imperiale che regolarizzava un preesistente corso d’acqua naturale poi obliterato con materiale di risulta e pietrame nel III secolo. Nel IV secolo fu realizzato un nuovo canale, con andamento diverso rispetto al precedente. Coordinate: 45.607133, 9.803925 7 - Calcinate, Campo Musna 5 Questo saggio, eseguito ca. m 200 a nord-ovest del precedente, è risultato il più esteso tra tutti quelli effettuati. Ha consentito di indagare la parte produttiva artigianale di una grande villa di prima età imperiale, con una vasta area recintata entro la quale si sviluppava una serie di ambienti e strutture minori molto complesse. L’area strut- 52 - Calcinate, villa Passa 2. Veduta generale. 62 53 - Calcinate, villa Passa 2. Particolare della tomba 1. SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 zione di Mornico al Serio, sono state rinvenute alcune evidenze assegnabili all’età romana. In questa occasione è stata identificata una viabilità secondaria romana con direzione SE-NW, costituita da una strada glareata larga circa m 6, che insisteva su terreni pianeggianti agricoli di età romana imperiale. A nord di essa, è stato messo in luce un nuovo tratto del canale obliterato tardoantico già identificato e scavato nel saggio di Campo Musna 3. Coordinate: 45.605556, 9.805448 Conclusioni In grande sintesi, gli scavi effettuati in questo settore della pianura bergamasca posto tra i fiumi Serio e Cherio hanno mostrato alcune caratteristiche di natura storicoambientale abbastanza leggibili. Le frequenti esondazioni dei torrenti e l’irregolare e stagionale presenza di grandi quantità di masse di acqua superficiale hanno spinto, sin dall’età protostorica, a un costante tentativo di irreggimentazione al fine di rendere i terreni più abitabili e sfruttare sia le masse idriche che l’enorme potenzialità agricola di questi terreni. Il successo di questa operazione si ebbe solo con il complessivo intervento di organizzazione idrica attuato in età romana attraverso la predisposizione di una maglia centuriata, rispettata poi per secoli. Su di essa si installarono dapprima viabilità e canalizzazioni e poi si svilupparono ville produttive che cercarono di sfruttare, anche a fini artigianali, la presenza di acqua. Nel corso del III secolo d.C. vi fu almeno in parte il passaggio dalla coltivazione all’allevamento, mentre all’inizio del secolo successivo, anche in questo caso in coerenza con le vicende dell’intera regione, sembra di assistere a una generale ripresa con forti segnali di vitalità. La prosecuzione delle attività produttive fin oltre gli estremi margini della crisi del mondo imperiale va anch’essa in questo senso. La trasformazione è tuttavia immediatamente successiva, e ben testimoniata dalle prime presenze altomedievali, nuove sia come tecniche edilizie che come scelte abitative. Dopo questa fase, bisogna aspettare gli interventi bassomedievali per trovare tracce di provvedimenti finalizzati nuovamente al governo e alla gestione delle acque, azioni che sembrano farsi più intense in età rinascimentale e moderna, quando appaiono finalizzate con chiarezza allo sfruttamento agricolo. Maria Fortunati, Fabio Giovannini, Luigi Scaroina Gli interventi di assistenza e di scavo archeologico per i periodi storici, diretti da M. Fortunati (SBA Lombardia), sono stati effettuati, a seguito di incarico del Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca, dalla Società Search s.r.l. da ottobre 2005 a giugno 2008, e dalla Società A.R.C. s.r.l. a settembre 2008, oltre a un breve intervento nel giugno 2009; tutto il postscavo è stato elaborato e prodotto dalla Società A.R.C., e in particolare da F. Giovannini e da L. Scaroina. Direttori tecnici dei lavori archeologici: F. Giovannini e L. Scaroina; responsabile di cantiere F. Giovannini; operatori archeologici C. Carnevale, M. dal Molin, B. Balducci, A. Gentilini, S. di Stefano, F. Attardo, R. Graditi, A. De Leo; M. Marinelli, A. Breviario, M. G. Pasquale, A. Sarcina, F. Vattai, L. Zanforlin, M. Roccia, S. Sapuppo, E. Defendenti. Si ringraziano per la fattiva ed operosa collaborazione G. Radice, dirigente area tecnica del Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca, e A. Montanaro, capo settore progettazione e direzione lavori dello stesso Consorzio. CAVERNAGO E ZANICA (BG) Metanodotto SNAM Necropoli di epoca romana a Cavernago e complesso funerario di età altomedievale a Zanica Tra la fine del 2008 e l’ottobre dell’anno successivo è stato realizzato un metanodotto, della lunghezza di km 13,50, che ha attraversato i comuni di Mornico al Serio, Calcinate, Cavernago e Zanica. L’analisi preventiva e il controllo in corso d’opera hanno permesso l’individuazione di 13 settori di indagine archeologica e la documentazione di numerose anomalie (antropiche e naturali). Tranne che per la piccola necropoli del Settore XI, tutte le evidenze archeologiche indagate sono emerse immediatamente al di sotto del livello di coltivo e con evidenti segni di disturbo legati alle operazioni di aratura. Lo stato di conservazione e l’indagine non estensiva dei resti hanno limitato l’interpretazione e la datazione di alcuni manufatti. Di particolare importanza scientifica risultano essere i due complessi funerari rinvenuti nei comuni di Cavernago (Settore II) e di Zanica (Settore VII) i cui corredi sono in corso di restauro e di studio. Gli altri settori hanno restituito: - tracce di frequentazione di epoca protostorica individuata grazie a rarissimi materiali raccolti [Settore IV (Mornico al Serio) e Settore XII (Zanica)]; - livelli di frequentazione di epoca romana costituiti da: piani d’uso e fosse di drenaggio [Settore I (Zanica)], buca con funzione strutturale [Settore VIII (Cavernago)], opere di canalizzazione [Settore IX (Cavernago)] e infine materiale sparso, forse da riutilizzo [Settore XIII (Zanica)]; - all’epoca altomedievale risale il complesso funerario costituito da tre tombe a inumazione, di cui una con cassa in ciottoli e laterizi e due (con sepolture multiple) in fossa terragna [Settore XI (Mornico al Serio)]; - di possibile epoca medievale sono i resti di due abitazioni conservatesi a livello di fondazione in grossi ciottoli nel Settore IX (Cavernago) e Settore XIII (Zanica) ; - all’epoca moderna / contemporanea sono databili alcune canalizzazioni in disuso [Settore I (Zanica)], sepolture di animali [Settori III e XIII entrambi a Zanica], una buca di ignota funzione [Settore IV (Mornico al Serio)], porzioni del tracciato di alcune strade in ciottoli [Settore V (Mornico al Serio), Settore VI (Calcinate) e probabilmente nel Settore IX (Cavernago)] e infine opere legate a operazioni di drenaggio, bonifiche o canalizzazioni [Settori III e X a Zanica e Settore VI a Calcinate]; - di epoca incerta risultano essere il canale e la strada in ciottoli rinvenuti nel Settore XII (Zanica). Cavernago - Cascina Medea. Necropoli di epoca romana (Settore II) Nel comune di Cavernago, in un’area compresa tra Cascina Medea a sud e la strada provinciale (ex S.S. n. 469) a ovest, sono state scavate 30 tombe di epoca romana. 63 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 54 - Mornico al Serio - Zanica. Metanodotto SNAM. Tracciato dell’opera. L’area era già nota per avere restituito altre sepolture romane rinvenute nella seconda metà dell’Ottocento (POGGIANI KELLER R. (a cura di), 1992, Carta Archeologica della Lombardia. II. La provincia di Bergamo, Modena, Scheda n. 194, pp. 63-64). La tipologia tombale maggiormente rappresentata è quella della fossa terragna di forma sub-rettangolare o tondeggiante. Sono presenti anche tombe in cassa e cassetta laterizia e una tipologia “mista” di sepolture in fossa terragna con struttura parziale o copertura in laterizi. Caratteristica della necropoli è la difformità di orientamento e tecnica costruttiva delle singole sepolture. In generale il rito dell’incinerazione è associato alle tombe in fossa e a quelle in cassetta laterizia singola o doppia, quest’ultima utilizzata spesso per separare il corredo dal terreno di rogo. Il rito dell’inumazione, invece, è associato alle sepolture in cassa o a tecnica “mista”. Al centro del sepolcreto sono collocati un foro libatorio, realizzato con due coppi giustapposti (denominato “T. 5”) e un’anforetta probabilmente per libagioni (denominata “T. 6”). Sulla base dei dati stratigrafici e grazie ad alcune osservazioni sugli elementi di corredo, la necropoli sembra essere stata utilizzata dal II al IV secolo d.C. Le tombe a incinerazione indiretta, in fossa terragna, poste a ovest, sono probabilmente le più antiche; successivamente la necropoli si è espansa verso est, mantenendo inalterato il rito a incinerazione in fossa associandolo a quello in cassetta laterizia mentre all’epoca tarda risalgono le inumazioni in cassa e in fossa con copertura laterizia poste ancora più a oriente. La particolare ricchezza di quasi tutti 64 i corredi indica che la comunità che utilizzò la necropoli doveva avere condizioni economiche tutt’altro che modeste. Per quel che riguarda i corredi, le monete (allo stato degli studi: 126 in bronzo, 5 antoniniani e 4 in argento tra le quali una dracma padana del II secolo a.C.) sono state rinvenute sia impilate sia gettate all’interno delle fosse in modo casuale. A eccezione dei rinvenimenti monetali, presenti in 23 sepolture, la classe più rappresentativa è certamente la ceramica. Le forme maggiormente presenti sono quelle in ceramica comune come l’olla, l’olpe, l’anforetta, il tegame peduncolato, la patera, il piatto, la coppa e la tazzina biansata. Ben documentata è anche la terra sigillata: la forma maggiormente diffusa è il piatto, ma sono presenti anche una patera e una coppetta con orlo estroflesso decorato con grandi fiori di loto applicati. Tra gli oggetti in vetro sono attestati balsamari a corpo tondeggiante e allungato e due coppette. Molti anche gli oggetti in ferro: si tratta perlopiù di coltelli o lame. Altri elementi in ferro sono piccoli chiodi o placchette, forse elementi di assemblaggio o decorativi di cassette funerarie, chiodi da carpenteria o altri elementi in ferro di grandi dimensioni che potevano servire all’assemblaggio delle assi che costituivano il letto funebre. I monili rinvenuti in alcune sepolture costituivano certamente parte dell’ornamento personale del defunto: si segnalano i gioielli ritrovati all’interno della cassa di una sepoltura femminile, l’inumazione T. 24. La tomba, che spicca tra le altre anche per la tecnica costruttiva estremamente accurata e la tipologia (una cassa in laterizi con due nicchie sui lati) ha restituito un corredo ricco e diver- SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 55 - Cavernago, cascina Medea. Metanodotto SNAM. Planimetria generale della necropoli di età romana. Zanica - Capannelle “Campone”. Complesso funerario di età altomedievale (Settore VII) 56 - Cavernago, cascina Medea. Metanodotto SNAM. Il corredo della tomba 24 dopo il restauro. sificato: 15 monete, un’olpe, una lama di coltello e, al centro della cassa, un anello da dito in argento con castone in pasta vitrea unito a uno più sottile in bronzo ed elementi di collana in oro: un ciondolo ovale e due elementi cilindrici forati, tutti con decorazione a sbalzo. Da altre sepolture provengono una collana di perline in pasta vitrea blu, uno spillone in argento decorato a incisione associato a una brocchetta in bronzo con ansa conformata a sirena, due ciondoli, uno frammentato in argento e l’altro, sempre in argento, di forma circolare con placchetta applicata in oro di forma ovale decorata a sbalzo, due anelli da dito in argento, uno con decorazione a rilievo e l’altro con castone in pasta vitrea blu e una piccola armilla in bronzo a testa di serpe, unico elemento di corredo di una probabile inumazione infantile. Coordinate: 45.6109, 9.769185 Il complesso funerario rinvenuto in località Capannelle, Campone, nel comune di Zanica (BG - strada provinciale 117) è la probabile prosecuzione del nucleo sepolcrale, composto da sei inumazioni altomedievali, scavato nel 1972 (POGGIANI KELLER P. (a cura di), 1992, Carta Archeologica della Lombardia. La provincia di Bergamo II, Modena, Scheda n. 638, p. 138). L’indagine del 2009 ha portato in luce un complesso di tipo “a file” (ovvero “a righe”), costituito da 25 sepolture orientate in senso ENEWSW e disposte su tre allineamenti paralleli in senso NS. Su ogni fila sono state individuate da sette a nove tombe, distanti circa m 0,50 le une dalle altre. Nella T. 22, isolata a nord-est, era deposto probabilmente un sub-adulto. Le sepolture possono essere suddivise in due categorie: la prima a cassa, con piano di deposizione in frammenti di laterizi (presente nel solo allineamento ovest) o in malta, o in lastre di arenaria oppure in terra; la seconda in fossa terragna, talvolta con una doppia fila di ciottoli allineati ai lati dell’inumato. Nessuna presentava copertura, molto probabilmente asportata dai lavori agricoli. È testimoniata la presenza di un segnacolo tra le Tt. 23 e 24, riconducibili a due individui di alto rango. In base a un’analisi preliminare degli oggetti di corredo, la necropoli può essere datata tra la prima metà del VII e gli inizi dell’VIII secolo d.C. Nelle tombe dove gli scheletri sono in connessione anatomica (sei sepolture sono state sconvolte in antico mentre quattro risultano interamente spoliate) è stato possibile notare l’usanza di sistemare gli individui supini, con arti inferiori e superiori stesi e mani lungo il corpo, o appoggiate sull’anca o con le mani incrociate sul bacino. La testa è sempre collocata a ovest: risulta evidente la tendenza a sottolineare la zona del cranio dell’inumato tramite alcuni 65 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 razione di tipo monocromatica, bicromatica e tricromatica (Tt. 4 e 24), un anello in argento decorato in rilievo con due elementi di forma ellissoidale e girali laterali (T. 24). Le coppie di orecchini rinvenute, entrambe in argento, sono state trovate in due varianti: la prima del tipo a cestello con castone in pasta vitrea blu (T. 11), la seconda con un elemento di forma troncoconica con base a stella a sei punte e decorazione con una serie di piccole sfere in argento applicate (T. 24). La ceramica risulta invece poco rappresentata: è stata rinvenuta una sola bottiglia in ceramica comune con collo allungato, corpo globulare leggermente carenato e fondo piatto (T. 5). Rimane infine da segnalare il ritrovamento di alcune conchiglie gasteropodi di piccole dimensioni concentrate nella zona del cranio di un individuo di sesso maschile (T. 16) e il rinvenimento di una singola conchiglia del medesimo tipo e dimensioni nella sepoltura femminile adiacente a nord: in questo caso essa è stata trovata tra il castone in pasta vitrea blu e la montatura di uno dei due orecchini (T. 11). Coordinate: 45.623376, 9.725432 Remo Bitelli, Maria Fortunati, Agnese Pittari, Lucia Ragni 57 - Zanica, Capannelle, Campone. Metanodotto SNAM. Planimetria generale del complesso funerario di età altomedioevale. 58 - Zanica, Capannelle, Campone. Metanodotto SNAM. Il corredo della tomba 24 dopo il restauro. espedienti costruttivi come la posa dei ciottoli di taglio anziché di piatto o l’inserimento di blocchi di arenaria nella spalletta della cassa, oppure tramite la presenza di un “cuscino”. Due le sepolture infantili rinvenute, la T. 22, già citata, e la T. 10, dove è stata trovata un’armilla di piccole dimensioni. Solo dieci delle tombe scavate hanno restituito oggetti di corredo, tra i quali quello maggiormente rappresentato è la fibbia da cintura, in bronzo o in ferro (Tt. 5, 8, 18 e 25). Dalle tombe maschili provengono un bracciale in ferro e la parte sommitale di un umbone di scudo in ferro (T. 16), una cintura in ferro del tipo “a 5 pezzi” e un coltello (T. 23). Dalle sepolture femminili: un’armilla di bronzo del tipo a testa di serpente (la già citata T. 10), due armille, agganciate l’una all’altra, in bronzo, decorate con elementi in ferro (T. 24), collane in pasta vitrea con deco- 66 I lavori, finanziati da Snam Rete Gas s.p.a. e diretti da M. Fortunati (SBA Lombardia), sono stati effettuati dalla ditta Tecne s.r.l. di Riccione (RN) con L. Belemmi (direttore tecnico), R. Bitelli (responsabile di cantiere), S. D’Amato, V. Celsi, V. Fravega, A. Merola, G. Negro, A. Pittari e L. Ragni (responsabili di Settore), M. Balsamo Carone, F. Bestetti, L. Bottiglieri, G. Dalla Casa, C. Di Bene, N. Morandi, S. Morandi, E. Rivero Ruiz e M. Solieri (operatori archeologi). La ricognizione di superficie è stata effettuata da C. Cesaretti, la fase di scortico da R. Bitelli e S. De Francesco. La lucidatura delle tavole e le elaborazioni in CAD sono a cura di S. D’Amato. I reperti di età romana sono in corso di studio da parte di L. Ragni, i reperti di età altomedioevale da parte di A. Pittari, le monete da parte di E.A. Arslan che si ringrazia per i preziosi suggerimenti. Il progetto dell’intervento di restauro si deve ad A. Gasparetto (SBA Lombardia). Il restauro dei reperti è stato effettuato da L. Morlacchi. Le fotografie dei reperti sono a cura di L. Monopoli e L. Caldera (SBA Lombardia). Un sentito ringraziamento per la costante e fattiva collaborazione sia in fase di scavo sia nel corso dell’intervento di restauro, a SNAM Rete Gas s.p.a. (C. Pazzini, Responsabile Investimenti NordEst, R. Basilotta e N. Messina), all’Impresa Oreste Manna ed infine ai Sindaci e agli Uffici Tecnici dei Comuni di Mornico al Serio, Calcinate, Cavernago e Zanica per avere offerto la cartografia dei rispettivi Comuni. Si ringrazia S. Masseroli, Direttore della Biblioteca Civica Mons. L. Chiodi di Verdello per la collaborazione. Infine un ringraziamento ad A. Piazzoli per avere fornito copia della documentazione originale dello scavo del 1972 a Zanica, località Capannelle, Campone. CHIUDUNO (BG) Azienda Agricola Cinesi Rinvenimento di strutture di età romana durante i lavori per la posa di un impianto fotovoltaico Il progetto di realizzazione di un impianto fotovoltaico in comune di Chiuduno, presso il terreno di proprietà dell’azienda agricola Cinesi Palmino, è stato preceduto, nel mese di luglio 2010, da un sistematico intervento di valutazione della potenzialità archeologica del sito, tramite una serie di sondaggi ubicati in maniera strategica al fine di coprire tutta l’area di intervento. SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 Il territorio comunale di Chiuduno, posto tra l’alta pianura e la Valcalepio, lungo l’antico tracciato BergomumBrixia, è noto, sin dal XIX secolo, per i numerosi rinvenimenti sia preistorici e protostorici sia di età romana (Carta Archeologica della Lombardia. La Provincia di Bergamo, II, 1992, schede nn. 209-223, pp. 65-69). La tipologia dei ritrovamenti di età romana (resti abitativi, tratti di strada, monete, tesoretti, tombe) fa ritenere che la località Cicola, in particolare, fosse sede di un vicus dal periodo tardorepubblicano e per tutta l’età imperiale. Sulla scorta della potenzialità archeologica del contesto territoriale, sono stati progettati sondaggi preliminari, realizzati con mezzo meccanico dotato di benna a lama piatta al fine di ottenere una visuale continua del sedimento per individuare eventuali resti presenti nel sottosuolo. Sono così stati identificati alcuni frammenti di laterizi (tegulae), segno indicativo della presenza insediativa antica collocabile tra l’età romana e l’alto medioevo. Si è proceduto pertanto all’esecuzione dei sondaggi partendo da nord verso sud, prima sulla metà ovest e sulla est. Nella prima porzione, i sondaggi hanno dato esito negativo fino al sondaggio 30 in corrispondenza del limite sud, mentre a partire dal successivo sondaggio 31 fino al 33 sono stati messi in luce alcuni resti strutturali. In particolare il sondaggio 31 ha evidenziato i resti di una porzione muraria a una profondità media di circa m 0,30. L’ampliamento del sondaggio ha consentito di porre in luce un tratto murario di ca. m 3 di lunghezza, con uno spessore di m 0,60, realizzato in grossi ciottoli collocati nell’argilla, corrispondente al primo corso di fondazione. Adiacente a questo muro, si è trovato un residuo di crollo e un elemento strutturale in ciottoli di medio piccola dimensione con un andamento inclinato rispetto al muro sopra descritto, di cui non è possibile fornire una interpretazione considerata la ridotta dimensione del sondaggio. Dalla pulizia sono emerse due monete in bronzo illeggibili e nel crollo sono stati individuati frammenti di laterizi pertinenti a tubuli per il passaggio dell’aria calda, suggerendo l’ipotesi della presenza di strutture a ipocausto nelle vicinanze. I resti, considerata la tipologia dei manufatti rinvenuti, sono collocabili in età romana, con probabili riutilizzi in età successiva. Anche i sondaggi 32 e 33 hanno evidenziato frammenti laterizi sparsi senza, tuttavia, la presenza di strutture murarie. Nella porzione est dell’area interessata dal progetto non si sono evidenziate presenze archeologiche. A seguito dei rinvenimenti, il progetto iniziale, che prevedeva la realizzazione di piantane a sostegno dei pannelli fotovoltaici, è stato modificato, realizzando dei plinti poggianti sul terreno, dopo aver messo in sicurezza i rinvenimenti con uno strato di sabbia e geotessile. Coordinate: 45.644603, 9.833846 Benedetta Castelli, Paolo Corti, Maria Fortunati Le indagini archeologiche preliminari, dirette da M. Fortunati (SBA Lombardia), sono state eseguite dalla ditta Ar.Pa. Ricerche di Corti Paolo, incaricata dalla proprietà; in particolare P. Corti, direttore tecnico e responsabile di cantiere, con la collaborazione di B. Castelli, C. Ardis e L. Bersanetti. Si ringrazia la proprietà per la fattiva collaborazione. 59 - Chiuduno, azienda agricola Cinesi. Ortofoto della struttura identificata. 67 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 CHIUDUNO (BG) Frazione Cicola, Via Suardo Scavo pluristratificato In occasione dei lavori di costruzione di un edificio residenziale nel comune di Chiuduno, Frazione Cicola-Via Suardo in area pedecollinare al confine con Carobbio degli Angeli, all’assistenza preventiva ha fatto seguito uno scavo archeologico in estensione. Nelle adiacenze dell’area erano note evidenze archeologiche riconducibili alla presenza di tombe e a tratti di strada di epoca romana. Sul rilievo collinare retrostante tra 1986 e 1991, prima in occasione di ricerche di superficie, poi con sondaggi mirati, fu rilevata una sequenza insediativa relativa all’età del Rame, al Bronzo Finale e alla media età del Ferro (NSAL 1986, pp. 55-56 e NSAL 1990, p. 16). L’area indagata, compresa tra due cascine diroccate ed estesa su mq 1600, è stata suddivisa in due lotti per consentire la prosecuzione dei lavori edilizi, in concomitanza con le operazioni archeologiche. Si trova tra il fiume Cherio e il fiume Oglio, a una quota di ca. 226 m s.l.m., in corrispondenza di una fascia di raccordo tra la pianura e i rilievi collinari esposti a meridione. Nell’area dello scavo prevalgono sedimenti di origine colluviale, con materiali fini, per lo più limi argillosi, sovrapposti a unità di origine fluviale/fluvioglaciale. Le pendenze sono da basse a moderate; l’uso del suolo è seminativo e a vigneto. La disposizione delle barre/terrazze è tale per cui è possibile riconoscere un allineamento orientato WNW-ESE. In questi allineamenti si sono incanalati in più riprese i depositi di origine colluviale. È stato possibile suddividere la sequenza stratigrafica in dodici fasi. Nella fase I, sopra uno strato naturale di limo argilloso, si osservano le prime evidenze antropiche impostate in corrispondenza di un leggero avvallamento orientato NWSE, secondo una morfologia naturale preesistente. Questo leggero infossamento ha risparmiato dall’erosione un suolo e una struttura interpretata come fondo di capanna, con dimensioni di ca. m 5 x 8, di forma sub-rettangolare, allungata in senso NW-SE. Il livello d’uso relativo ha restituito un’ansa a nastro di sezione piano-convessa, tipica della cultura della Lagozza (Neolitico tardo). Poco a nord-est della struttura, è presente una fossa di combustione di forma circolare, con diametro di m 1,20, profonda m 0,45, contenente carboni provenienti da rami di quercia caducifoglie. Per tale struttura, complessa e standardizzata, come attestano altri rinvenimenti simili nelle zone limitrofe (ad esempio a Trescore B., località Canton), si dispone di una datazione radiometrica riferibile alla seconda metà del IV millennio a.C. (LTL 12409A: 4499 ± 45 BP, cal. (2 90,9%) 3360-3080 a.C.). Un deposito colluviato copre queste evidenze (fase II). Appartiene alla fase successiva (fase III) una sepoltura di inumato rannicchiato, deposto sul fianco destro, con arti superiori ripiegati in modo che le mani, non conservate, risultavano poste di fronte alla faccia. La sepoltura è contenuta in una struttura di forma sub-rettangolare orientata NE-SW, ampia m 1,60 x 0,90, formata da pietre sommariamente sbozzate, accostate tra loro. Una piccola struttura arcuata, formata da lastre carbonatiche, sembra 60 - Chiuduno, fraz. Cicola, via Suardo. Prime tracce della frequentazione preistorica, con buche di palo, livello d’uso e fossa di combustione del Neolitico recente. 68 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 61 - Chiuduno, fraz. Cicola, via Suardo. Planimetria delle strutture di fase I (Neolitico). 62 - Chiuduno, fraz. Cicola, via Suardo. Fase III. Inumato rannicchiato sul fianco destro. delimitare all’esterno la sepoltura, formando un recinto con funzione di contenimento di un tumulo parzialmente conservato. Nella fase IV l’area è ancora esposta a episodi naturali di scivolamento, responsabili della formazione di uno strato interessato da evidenze archeologiche dell’età del Rame, la cui distribuzione caotica testimonia la mancanza di un livello d’uso vero e proprio, intaccato da episodi naturali erosivi o scivolamenti successivi (fase V e fase VI). In corrispondenza del limite est dell’area indagata, si osservano depositi che riempiono una depressione orientata secondo la massima pendenza (NW-SE), interpretati come bonifica per l’attraversamento di un canale o avvallamento. Una prima analisi dei reperti rinvenuti colloca questi interventi nell’età del Ferro (fase VII). Nella fase VIII sono state inserite le unità relative a un canale di epoca romana e tre sepolture di animali, due di bovini e una non ben riconoscibile perché mal conservata. Il canale, situato nella parte sud del lotto 1, è visibile per un tratto lungo m 30, largo m 8, ha andamento NW-SE e segue lineamenti morfologici più antichi. L’area indagata in questa fase è da inserire in un contesto di tipo agricolo. Ennesimi episodi alluvionali interessano nuovamente l’area (fase IX); il canale della fase precedente risulta interrato. Numerosi sono gli interventi documentati, quali buche, vasche e trincee. La maggior parte di queste opere è di dubbio significato: sono documentate asportazioni di strutture precedenti, in alcuni dei cui riempimenti è presente ceramica graffita. In questa fase vengono stesi depositi di riporto per preparare l’area ad accogliere strutture ed edifici in muratura. Le strutture documentate nella parte orientale e nella parte centrale dell’area di scavo rimandano direttamente a una precedente configurazione architettonica della zona compresa tra i due corpi di fabbrica delle cascine (fase X). In particolare, è emerso come le due cascine fossero collegate a est e a ovest da spazi presumibilmente porticati, in modo da definire uno spazio a corte. È presente un acciottolato per l’ingresso nella corte, collocato proprio lungo il fianco orientale della stessa. Il lato orientale della struttura è porticato, come testimonia l’esistenza di pilastri a base quadrata. All’interno del cortile e in prossimità del suo limite orientale, sono state rinvenute due strutture interrate, riferibili all’attività di artigianato serico che venne impiantato in questo luogo a partire dall’inizio del XIX secolo. La prima struttura interrata è una grossa vasca (lungh. m 7,60, largh. m 4,50, prof. m 1,83), orientata NESW (secondo l’orientamento degli edifici), con gli angoli arrotondati e i muri spessi ca. m 0,38. A oriente vi è una doppia rampa di scale per l’accesso, entrambe formate da quattro gradini. Le strutture murarie sono costituite da blocchi di pietra calcarea biancastra per lo più appena sbozzati e da rari ciottoli fluviali di medie e grandi dimensioni. Il fondo della vasca è costituito da un pavimento in tavelle, con modulo di m 0,26 x 0,125, disposte a file alternate in senso verticale e orizzontale. Sui paramenti dei muri sono visibili alcune tracce di malta idraulica che in origine doveva rivestire internamente la struttura. In prossimità dell’angolo sud-ovest della struttura vi è un pozzetto di forma quadrangolare, collegato alla vasca mediante un foro a sezione rettangolare posto a un’altezza dal fondo di m 0,29, che probabilmente fungeva da scarico, come peraltro si evince dalla presenza di una canaletta interrata che si dirige verso il corpo di fabbrica meridionale della cascina e dal fatto che il pavimento in laterizi sia in leggera pendenza proprio in quella direzione. Sull’angolo opposto della struttura, quello nord-est, vi è un foro circolare di m 0,11 di diametro, collegato a una canalina di immissione che serviva a riempire la vasca. Immediatamente a ovest è presente un’altra struttura interrata, di forma rettangolare e di dimensioni più modeste (lungh. m 3, largh. m 1,80, prof. m 1). Le due strutture risultano strettamente connesse in quanto a funzione. Infatti all’interno della vasca doveva venire ammollata la seta in una soluzione di acqua e calce al fine di ottenere un risultato sbiancante. La calce veniva spenta nella struttura adiacente. Nella fase XI le strutture dell’attività artigianale vengono abbandonate e riempite con macerie. Viene realizzato un nuovo acciottolato e, nella prima metà del XX secolo, viene realizzato un appartamento, tamponando il precedente ambiente aperto e voltato. Appartengono a questa 69 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 63 - Chiuduno, fraz. Cicola, via Suardo. Fase X. Strutture interrate riferibili all’attività di artigianato serico. fase anche interventi come fosse di scarico, canalette per lo scolo delle acque, fosse per la calce. Le evidenze più recenti documentate sono strutture in cemento quali conigliere, residui in fondazione di stalle e letamai, un pozzo nero, una fossa per la calce, un piano in cemento e una trincea superficiale per la posa di un tubo per l’acqua (fase XII). Coordinate: 45.656177, 9.83509 Marco Redaelli in collaborazione con Maria Fortunati e Raffaella Poggiani Keller Le indagini, dirette da M. Fortunati e R. Poggiani Keller (SBA Lombardia), sono state eseguite tra marzo e settembre 2011 dalla SAP Società Archeologica s.r.l. di Mantova con la collaborazione di R. Caimi (direttore tecnico), A. Baruta, D. Basile, P. Butta, A. Casale, L. Colombo, A. D’Alfonso, M. Fait, C. Franzoni, E. Garatti, F. Guidi, G. Martino, C. Marveggio, L. Mura, A. Neri, A. Pace, M. Ravaglia, M. Redaelli, I. Sanavia, V. Santi, E. Solera e M. Tremari. Analisi paleobotaniche eseguite da ARCO-Laboratorio di Archeobiologia dei Musei civici di Como; datazioni radiometriche a cura dal CEDAD dell’Università del SalentoLecce. I lavori edili, commissionati da La Casa Ecologica della Bergamasca soc. coop., erano diretti da A. Quarti; l’impresa Edilnova di Ravasio ha svolto i lavori edili e il movimento terra. Un particolare ringraziamento a F. Magri per i consigli stratigrafici forniti all’inizio dei lavori. 70 COVO (BG) Località Fontanone Vecchio Tombe di età tardoantica-altomedievale In località Fontanone Vecchio a Covo è stata realizzata una indagine preliminare per valutare la potenzialità archeologica del sito, considerato che nei pressi è stato indagato un insediamento di età romana, riferibile a una villa rustica con fasi di occupazione di età altomedievale, sia abitative sia cimiteriali (Cascina Bellinzana, NSAL 1995-97, pp. 55-59). L’indagine è stata condotta su un’area di circa mq 30.000, realizzando una serie di trincee della larghezza di m 1,70 e tra loro distanziate m 10 che hanno portato all’identificazione di alcune evidenze archeologiche. Strutture tombali Sono state identificate nove strutture tombali di cui una alla cappuccina, due con contorno in ciottoli e sei in nuda terra. Le tombe si dividevano in due nuclei distinti: uno a sud, con la tomba alla cappuccina, due con struttura in ciottoli e due in nuda terra, tutte realizzate in un’area con sedimento costituito da ghiaia grossolana in matrice sabbiosa SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 64 - Covo, località Fontanone Vecchio. Planimetria dei rinvenimenti. compatta, localmente definito “mistone”, e uno a nord, con quattro sepolture in nuda terra, realizzate all’interno di un’area argillo-sabbiosa, probabilmente residuo di un paleoalveo glaciale. Tutte le tombe di entrambi i gruppi erano orientate W-E. La tomba alla cappuccina (T. 1) (lungh. m 2, largh. m 0,60) era realizzata con mattoni sesquipedali (cm 32,5 x 45 x 6) sagomati su uno dei lati corti per migliorare l’aderenza con il mattone opposto e legati da malta di calce nella parte superiore. All’interno era un unico scheletro, privo di corredo e collocato supino con le gambe distese, braccio destro disteso con la mano sotto il femore e braccio sinistro flesso sull’addome. Il fondo della tomba era realizzato con tre tegulae posizionate in sequenza sul lato corto e con le alette rivolte verso il basso. Ai piedi era presente uno spazio destinato ad offerte deposizionali, in realtà mai deposte né asportate successivamente in quanto non sono state notate tracce di manomissione della struttura. La sepoltura era pertinente a un individuo adulto di sesso femminile. Sui mattoni erano presenti diversi tipi di impronte realizzate in fase di essiccazione del laterizio tra cui un piede umano e alcune impronte animali. Le tombe con contorno in ciottoli (Tt. 2 e 3) erano di forma subrettangolare (ca. m 2 di lungh. e m 1 di largh.) con pareti costituite da vari corsi di ciottoli sovrapposti, prive di copertura e con fondo in terra. Entrambe avevano un solo scheletro all’interno. Sulla base di un confronto con le strutture tombali rinvenute nello scavo di cascina Bellinzana, sopra citato, si può ipotizzare che queste tombe avessero una copertura in ciottoli collocati a formare un tumulo e asportati durante i lavori agricoli. A causa del tipo di sedimento, i resti ossei rinvenuti all’interno di queste tombe avevano uno stato di conservazione peggiore rispetto alla precedente. Le sei tombe in nuda terra sono state evidenziate in fase di splateamento, senza poterne individuare il taglio, data la tipologia del sedimento. Lo stato di conservazione degli scheletri era precario. Tutte le tombe erano a deposizione singola e prive di corredo. Le tombe si inquadrano in età tardoantica-altomedievale per la tipologie strutturale e per le caratteristiche deposizionali dei defunti. Rinvenimenti sparsi Nella zona nord, poco a est rispetto alla zona delle tombe ma comunque all’interno del suddetto paleoalveo, sono stati rinvenuti altri elementi di frequentazione antica: una sepoltura di bovino con nei pressi alcuni residui di tessuto con trama e ordito della stessa dimensione, campionato nella sua totalità, un residuo di focolare e due strisce parallele di terreno scottato di cui non è stato possibile interpretare la funzione. Un sondaggio, realizzato in una di queste, ha evidenziato la forma concava dello strato scottato come se si fossero volute rendere compatte e 65 - Covo, località Fontanone Vecchio. Tomba 1 alla cappuccina, tomba 2 con contorno in ciottoli. 71 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 “impermeabili” le sponde di un canaletto di trasporto dell’acqua. Ugualmente nella zona nord, nel settore ovest, è stata rinvenuta una grossa fossa circolare, scavata nel sedimento argillo-sabbioso, colmata di ciottoli di medie dimensioni in matrice argillosa. Si può ipotizzare che tale fossa sia stata scavata per recuperare sedimento utile alla produzione di mattoni e che poi sia stata colmata con materiale prelevato dalle zone circostanti. Un successivo intervento per completare la verifica in corrispondenza del tracciato stradale di collegamento interpoderale che costeggia a est l’area indagata, non ha fornito ulteriori dati sulla presenza antropica antica. Coordinate: 45.511475, 9.771202 Benedetta Castelli, Paolo Corti, Maria Fortunati Le indagini archeologiche, dirette da M. Fortunati (SBA Lombardia), sono state eseguite dalla ditta Ar.Pa. Ricerche di Corti Paolo, su incarico della proprietà, da P. Corti, direttore tecnico e responsabile di cantiere, con la collaborazione di B. Castelli, responsabile di area, e S. Barlassina, P. D’Antonio, C. Mandelli, P. Torre, E. Zani. 66 - Ghisalba, cava Portico Nuovo. Tomba 2 in corso di scavo. GHISALBA (BG) Cava Portico Nuovo 2 Tombe di età romana Nei mesi di maggio-agosto 2011 si è svolta a Ghisalba l’assistenza archeologica alle fasi di scotico in un’area di mq 51.000 ca. situata presso la cava Portico Nuovo 2 in località Portico Nuovo, tra via Portico Seminario e via Portico Nuovo. L’area, destinata ad attività estrattiva, era stata sottoposta in via preliminare nel marzo 2011 a indagini di superficie in quanto già nota per ritrovamenti di età romana (NSAL 1999-2000, pp. 104-106). Le operazioni hanno previsto la rimozione del terreno arativo in sei lotti all’interno dei quali si è proceduto per fasce regolari orientate N-S larghe m 10 circa, fino al raggiungimento del substrato costituito da alluvioni fluvioglaciali sabbioso-ghiaiose pleistoceniche. L’area in oggetto ha rivelato, nella totalità dei lotti, un’omogenea situazione stratigrafica: immediatamente al di sotto del suolo arativo (m 0,40-0,50) è presente, per uno spessore di m 0,30-0,70, un livello in cui si alternano dossi di ghiaia orientati NW-SE a debole matrice argillosa alterata, e fasce di depositi limo-argillosi di origine alluvionale. Tra quest’ultimo livello e il substrato ghiaioso, che si individua dai m 0,70 ai m 2 dal piano di campagna, è un livello di depositi sabbiosi dello spessore di circa m 0,10-0,60. Nel corso dell’intervento è stata rilevata nei lotti 4-5-6 la presenza di alcune evidenze archeologiche, con comune orientamento SW-NE, ubicate alla profondità di m 0,4 dal piano di campagna, parzialmente compromesse dalla prolungata destinazione a uso agricolo dell’area. Nel lotto 6 si individua un’anomalia riferibile alla parte basale di un piano realizzato in ciottoli di piccole e medie dimensioni; nei lotti 4 e 5 compaiono due sepolture a incinerazione, una a cassetta e l’altra in fossa terragna, e due fosse subcircolari riferibili al medesimo contesto funerario pertinente all’epoca romana. La prima fossa subcircolare (m 0,81 x 0,70 x 0,18) si con- 72 serva solo per la parte basale ed è caratterizzata da un riempimento di colore bruno scuro a forte componente carboniosa e dalla presenza di numerosi frammenti di ceramica depurata acroma ascrivibili all’epoca romana (riferibili a un’olpe, una patera e un contenitore). La tomba a incinerazione indiretta in fossa semplice (T. 1), di forma subelissoidale (m 1,61 x 0,80 x 0,22), è caratterizzata da un riempimento a matrice limo-argillosa di colore bruno a forte componente organica, per la presenza di numerosi carboni e frammenti sparsi di ossa combuste ben visibili in superficie. Il corredo è costituito da due colli di olpe, un piccolo contenitore e un’olpe frammentari e numerosi frammenti di ceramica depurata acroma ascrivibili all’epoca romana, quali pareti di contenitori, fondi con piede ad anello e anse a nastro e numerose borchiette in ferro. La T. 1, il cui taglio incide il livello limo-argilloso e la testa del livello di ghiaia a debole matrice argillosa alterata, si conserva solo per la parte basale e presenta un significativo disturbo, sia per le arature di età contemporanea che hanno sconvolto l’originale livello di deposizione di ossa combuste e oggetti di corredo, sia per il profondo taglio di una buca di palo appartenente a una recinzione recente. La tomba a incinerazione indiretta T. 2, a cassetta laterizia rettangolare (m 0,80 x 0,87 x 0,37) con struttura in embrici (m 0,60 x 0,40 x 0,02), nonostante l’assenza di struttura di copertura, non presenta segni di disturbo postdeposizionale che abbiano intaccato il riempimento; il taglio incide il livello limo argilloso e la parte sommitale del livello di ghiaia a debole matrice argillosa alterata. Il riempimento, caratterizzato da una matrice limo-argillosa e da un colore bruno chiaro, ha restituito un primo piano di deposizione costituito da alcune ossa combuste affioranti e da nove elementi di corredo: due olpi in ceramica depurata, una moneta in bronzo, un’olletta in ceramica; due patere a vernice nera, due ciotole in ceramica comune; un balsamario in vetro. In seguito al recupero di questa prima parte del corredo, è emerso un secondo piano di deposizione costituito da una concentrazione di ossa combuste, al cui interno sono stati individuati due elementi di corredo che tuttavia non presentano segni di combustione: una fibula ad arco in bronzo e un coltellino/rasoio in ferro. SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 La seconda fossa subcircolare (m 0,8 x 1,1 x 0,18), conservata solo per la parte basale, è caratterizzata da un riempimento che presenta una matrice limo-argillosa di colore bruno scuro a forte componente organica per la presenza significativa di carboni; ha restituito un frammento in ceramica depurata acroma; il taglio ha inciso il livello limo-argilloso. Il piano costituito da ciottoli di dimensioni medio-piccole, posti di piatto e compattati con terreno limo-argilloso, è orientato NW-SE e si conserva per un lacerto di forma irregolare (m 4,9 x 3,6 x 0,1). Mostra lacune da aratura ben percepibili in superficie e, nel limite est, viene intercettato da un canale moderno largo m 1,3 orientato N-S, al cui interno è stato rinvenuto un frammento di ceramica di epoca moderna. Coordinate: 45.602273, 9.776019 Alessandra Casale, Maria Fortunati Lo scavo archeologico, diretto da M. Fortunati (SBA Lombardia), su finanziamento della Testa Battista & C. s.p.a., è stato svolto dalla SAP Società Archeologica s.r.l. di Mantova, direttore tecnico A. Favaro. Hanno operato in cantiere gli archeologi A. Casale (responsabile di cantiere), M. Grignano e V. Santi. ISSO (BG) Località Cantonata, via Vittorio Veneto Chiesa di S. Giacomo, tra l’alto medioevo e la fine del 1500 Nel corso del 2010, durante l’attività di assistenza ai lavori per la realizzazione di un impianto fotovoltaico nel territorio del comune di Isso, su un’area di circa mq 260 compresa tra i sondaggi SG 25-26-36-37, sono venute alla luce alcune sepolture e i resti di un edificio religioso. Quest’ultimo si presenta orientato E-W, con aula unica rettangolare e abside semicircolare distinta dai perimetrali. I muri, larghi m 0,70-0,80, sono realizzati con ciottoli fluviali e, soprattutto nella zona dell’abside, radi frammenti di laterizi. Le dimensioni interne sono di m 12 per m 4,60 (m 10 x 4,60 l’aula). Sono chiaramente distinguibili almeno due fasi principali, la seconda delle quali sembra essere perlopiù limitata a una risistemazione interna dell’oratorio legata a motivazioni cultuali e liturgiche. Nella prima l’edificio, che aveva un unico accesso centrale a ovest come indicato da un ampliamento della fondazione del perimetrale in corrispondenza della soglia, presentava una pavimentazione in lastre di pietra irregolari e di varia pezzatura su di un letto di malta biancogrigiastra. La tecnica costruttiva dei muri vede le facce esterne con corsi regolari pressoché orizzontali di ciottoli di medie e medio-grosse dimensioni e l’interno a sacco con elementi di varie pezzature; gli angoli del lato orientale sono rinforzati con grosse pietre squadrate; la fondazione, esaminata con un sondaggio presso il perimetrale ovest, presenta gli elementi litici disposti in modo più caotico dovuto al riempimento diretto della fossa di fondazione. Il legante è costituito da malta ghiaiosa di colore bian- castro abbastanza tenace. Nella fase successiva, che vari indizi suggeriscono possa essere collocata in età bassomedievale, viene realizzato un muro divisorio tra l’aula e il presbiterio. Nell’abside trova posto un altare in muratura di cui rimane la parte inferiore della base d’appoggio rettangolare di m 1 x 0,80 con tracce di un rivestimento esterno in malta grigia fine. Nella zona sudoccidentale dell’aula un intervento abbastanza consistente, che vede la rimozione di parte della pavimentazione in lastre di pietra poi rabberciata con malta e pietre, viene eseguito per la realizzazione di un incasso di m 0,20 x 0,15 profondo m 0,50. Sulla funzione di questo incasso delimitato da laterizi non esistono elementi certi ma la posizione all’interno dell’edificio suggerisce l’ipotesi possa trattarsi dell’alloggiamento per il sostegno del fonte battesimale. Va infatti ricordato che la tradizione vuole che il fonte battesimale vada collocato in prossimità dell’ingresso della chiesa, come miglior spazio per il sacramento che introduce nella comunità cristiana, in accordo con lo schema liturgico che vuole l’atrio e la porta destinati ai riti di introduzione, la navata e l’ambone per la liturgia della parola e il presbiterio per i riti di conclusione. Le strutture di questa fase, seppure vedano utilizzati gli stessi elementi materiali, ciottoli fluviali e pietre, si contraddistinguono per l’uso, come legante, di una malta sabbiosa abbastanza fine di colore grigiastro. Alcuni frammenti rinvenuti nella zona absidale sembrano inoltre indicare la presenza di una decorazione parietale dipinta. Lacerti di preparazione pavimentale in cocciopesto grossolano, uno presso l’ingresso e l’altro nell’angolo sud-est dell’aula, suggeriscono la presenza di una ulteriore pavimentazione o, più probabilmente, di una riparazione di quella esistente. Nella parte posteriore dell’abside, all’esterno della chiesa, sono stati rinvenuti i resti di una struttura di difficile comprensione. Ha un andamento semicircolare che segue la curvatura del muro absidale, senza però accostarvisi, ed è delimitata da laterizi (cm 25 x 12 x 5) con un riempimento a sacco di ciottoli e frammenti di laterizi. Poggia direttamente sul terreno senza alcuna fondazione ed è tuttora conservata, su un unico corso, per una lunghezza di m 2,80 e una larghezza di m 0,75. Potrebbe essere stato un rinforzo per la muratura dell’abside. Per quanto riguarda le sepolture non è facile determinarne né la reale successione, né i rapporti con le varie fasi dell’edificio così come non è possibile stabilire, per quelle in muratura, il numero dei possibili reimpieghi, consuetudine abbastanza diffusa in epoca medievale. Complessivamente sono state rinvenute 16 sepolture, tutte a inumazione, i cui dati principali sono riassunti nella tabella. Lo studio degli scheletri non è stato ancora avviato e quindi non è ancora possibile un esame dei dati provenienti dall’esame degli inumati, con particolare riferimento a sesso, età, patologie ed eventuali rapporti di parentela. In particolare questa ultima informazione, se ricavabile dagli elementi a disposizione, potrebbe essere molto utile nella determinazione della natura familiare o comunitaria dell’edificio. Nelle sepolture in fossa terragna, tranne che per la T. 11, i resti scheletrici si presentavano incompleti e in pessimo stato di conservazione sia per la tipologia della tomba stessa che per le caratteristiche dell’inumato, come nel caso degli infanti. Riguardo a questi ultimi si può osservare come T. 2 presentasse, poco a ovest del capo, 73 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 67 - Isso, località Cantonata, via Vittorio Veneto. Vista generale da nord dell’edificio religioso con ubicazione delle sepolture. una mezza macina in pietra posta verticalmente, probabilmente con la funzione di segnacolo. La T. 2 è inoltre l’unica sepoltura che ha restituito un elemento di corredo, una piccola fusarola in ceramica invetriata, probabilmente con funzione di vago di collana visto il suo posizionamento all’altezza del torace. Da un’analisi delle quote sembra che le tombe in fossa 8, 15 e 6 siano quelle cronologicamente più recenti; la T. 6 inoltre insisteva in parte sulla lastra di copertura della 7. Le tombe 9 e 10, entrambe di neonati, erano vicine a T. 4 ma non sembra fossero in relazione con quest’ultima. Nessuna osservazione particolare si può invece fare sulle altre (Tt. 11, 12, 13, 14, 15, 16). Le tombe in muratura, cinque in tutto, sono tutte diverse l’una dall’altra, anche se non è chiaro come possa essere interpretato questo dato. Tre (Tt. 5, 4, 7) si trovano a nord della chiesa, una (T. 3) a sud e una (T. 1) all’angolo sudest, nel punto d’attacco tra l’aula e l’abside e quindi apparentemente in un punto che potrebbe essere considerato privilegiato. In effetti T. 1 è anche l’unica che presenta un evidente reimpiego con conservazione dei resti del precedente inumato. Di forma rettangolare è realizzata con corsi di ciottoli e pietre assemblati con scarsa malta ghiaiosa e argilla; i lati corti sono costituti da due grosse pietre; il fondo è in frammenti di laterizi mentre la copertura è costituita da una lastra di pietra monolitica. Uguale copertura aveva T. 3, addossata al perimetrale sud dell’edificio. La struttura rettangolare è realizzata con pietre, ciottoli e frammenti di laterizi legati con malta grigio biancastra ghiaiosa; il fondo è costituito da quattro 74 68 - Isso, località Cantonata, via Vittorio Veneto. Tabella sinottica delle sepolture. tegulae accostate l’una all’altra. Ai lati del capo sono presenti due sesquipedali, probabilmente a rappresentare un alveo cefalico. A nord dell’oratorio si trovano T. 4, T. 7 e T. 5. Le prime due, poste una accanto all’altra, è possibile che siano in qualche modo collegate anche se differiscono per diversi particolari. La prima (T. 4) è di forma trapezoidale, con struttura in ciottoli e pietre disposti in corsi SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 69 - Isso, località Cantonata, via Vittorio Veneto. Tombe 4 e 7 a cassa in muratura. regolari e legati con malta grigio biancastra ghiaiosa; i lati corti erano contraddistinti da sesquipedali, due a ovest e uno a est, posti verticalmente; il fondo e la copertura, che al momento del rinvenimento si trovava rotta lungo l’asse longitudinale e collassata verso l’interno, erano costituiti da due grosse lastre monolitiche in pietra. La tomba 7, costruita addossata al lato nord di T. 4, è di forma ovoidale, realizzata con ciottoli, pietre e frammenti di laterizi disposti in corsi sommariamente orizzontali e legati con malta povera grigiastra e ghiaiosa; il fondo è in nuda terra e la copertura è costituita da una lastra monolitica di pietra. La T. 5 è quella che più si discosta tipologicamente dalle altre tombe in muratura dalle quali di distingue soprattutto per la copertura alla cappuccina. La struttura è costituita da tre corsi sovrapposti orizzontalmente di ciottoli e frammenti di laterizi legati con malta grigiastra abbastanza fine; il fondo è realizzato con frammenti di laterizi; la copertura è data da sei paia di sesquipedali disposti a spiovente e affiancati l’uno all’altro per il lato lungo; il lato corto superiore era stato tagliato obliquamente per migliorare l’accostamento degli elementi, poi sigillati con malta biancastra ghiaiosa e tenace. All’interno erano presenti due corpi, un adulto e un subadulto posto tra le gambe del primo, apparentemente deposti assieme. Questa è l’unica tomba da cui proviene un elemento datante, rinvenuto nello strato di riempimento del taglio della tomba. Si tratta di un denaro scodellato di Ottone I o III della zecca di Milano databile tra il 973 e il 1002 (D/ +IMPERATOR. Al centro OTTO; R/ AVC/(stella)MED/IOLA/ NIV(?)). Il fatto che la moneta sia suberata la rende di particolare interesse. Di difficile comprensione, anche per la mancanza di riscontri, è la grossa pietra lavorata trovata vicino alle tombe 5 e 16, rispettivamente a nord della prima e a est della seconda. La pietra è stata sommariamente lavorata conferendole una forma trapezoidale con gli angoli smussati. Nella parte occidentale presenta un foro passante. Il masso poggia orizzontalmente apparentemente in modo non casuale, ma senza elementi che permettano di comprenderne la funzione. Un’ipotesi potrebbe essere quella di base di sostegno per un elemento verticale che, dato il contesto, potrebbe riconoscersi in una croce. Per quanto riguarda l’identificazione con la chiesa di S. Giacomo sappiamo che le uniche tracce dello scomparso oratorio, prima delle recenti scoperte archeologiche, erano fornite da un documento del 1390 dell’Archivio Comunale di Cremona e dal toponimo “Cascine S. Giacomo” situato appena oltre il confine con il territorio di Camisano. Il documento notarile, conservato presso l’Archivio di Stato di Cremona, è riportato da D. Muoni (1871, L’antico stato di Romano di Lombardia, Milano, p. 492): “16 giugno 1390 Bertolino, figlio di Antonio detto Robinato dei Conti di Camisano … e Maffeo cognomi nato Bunidio, figlio del 75 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 70 - Isso, località Cantonata, via Vittorio Veneto. La tomba 5 alla cappuccina. 71 - Isso, località Cantonata, via Vittorio Veneto. Denario scodellato di Ottone I o III dalla tomba 5. Conte Imerio di Camisano, professanti la legge longobarda, vendono a Pacino de Ferini de Cuxy e a Bertolino de Cuxy di Romano una pezza di terra in Ysse dove si dice in Salizia presso la chiesa di San Jacopo. Atto redatto in Romano, sotto la porta del sedume dell’abitazione di Pietro de Cuxy, dal notaio Zano figlio di Giovanni Guzardi.” Il campo Salizza e l’omonima cascina si trovano esattamente a metà strada tra le cascine S. Giacomo di Camisano e l’oratorio di cui si sono rinvenuti i resti. È quindi molto probabile che l’oratorio possa essere identificato con la scomparsa chiesa di S. Giacomo citata nel documento del 1390. 76 Per quanto riguarda l’arco cronologico entro il quale l’edificio sembra aver svolto le sue funzioni, pur in assenza di elementi certi, sembra possibile collocarlo tra l’alto medioevo e gli inizi del 1600. Che la fase più antica possa appartenere a un periodo tra l’VIII e il X secolo è suggerito dalle caratteristiche del manufatto, dalla dedicazione a S. Giacomo Maggiore, che proprio nell’alto medioevo acquista una particolare importanza per la cristianità, dalla tecnica di costruzione e dalla tipologia delle sepolture in muratura. Per la data della fine del suo utilizzo, se non addirittura della sua demolizione, abbiamo invece dati più attendibili. Il già citato documento del 1390 ci attesta la chiesa di S. Giacomo ancora esistente, però non ne troviamo traccia nella visita pastorale del vescovo Nicolò Sfondrati del 1580. In quella successiva fatta dal vescovo Pietro Campari si cita un nuovo oratorio, quello di S. Andrea, edificato nella piazza del paese ed effettivamente documentato nel catasto Teresiano del 1723. Nei toponimi presenti nel catasto Lombardo-Veneto (1848-1859) la zona dove si trovava la chiesa di S. Giacomo è menzionata come “ortaglia e ortajola”, nomi che indicano la presenza di campi coltivati e che denota abbastanza chiaramente come la destinazione d’uso dell’area fosse diventata prettamente agricola. Un’ultima osservazione va fatta riguardo all’oratorio e al rapporto tra le sepolture rinvenute e l’oratorio. Dai dati sopra esposti sembra potersi evincere che la chiesetta di S. Giacomo abbia avuto, come luogo di culto, una vita abbastanza lunga, quantificabile in almeno cinque o sei secoli. Di contro le sepolture a essa connesse sono relativamente poche, considerando anche che le tipologie sembrano indicare una loro appartenenza a periodi diversi. Inoltre un eventuale loro ripetuto reimpiego può essere solo supposto in quanto solo una (T. 1) presentava evidenti tracce di questa pratica. L’interrogativo che ne consegue è se questo edificio appartenesse a un singolo nucleo familiare oppure all’intera comunità. È vero che il villaggio di Isso contava pochi abitanti, 120 alla visita pastorale del 1624, ma il numero complessivo di sepolture, ancorché riutilizzate, risulta troppo esiguo per la collettività. Oltre a ciò in tutta la zona circostante, ampiamente indagata nella fase di assistenza ai lavori relativi all’impianto fotovoltaico, non sono state trovate né un’area cimiteriale né altre sepolture. Non si può escludere in assoluto che nelle parti limitrofe non scavate potessero essere presenti, anche se appare abbastanza improbabile, alcune altre sepolture ma comunque certamente non in quantità tale da mutare radicalmente l’affermazione. Ne consegue che sembra plausibile l’ipotesi che si trattasse di una cappella familiare, forse in alcuni momenti particolari “prestata” alla comunità. In questa ottica potrebbero intendersi i lavori di sistemazione interna con l’altare in muratura e il fonte battesimale che più si accordano con un uso comunitario. L’appartenenza a una specifica famiglia spiegherebbe sia la sua edificazione a una certa distanza dal centro dell’abitato che la nuova destinazione d’uso del terreno dopo la sua demolizione, fatto più facilmente collegabile a un possesso privato dell’area. Il rinvenimento della chiesa di S. Giacomo si colloca in un’area del settore sud-ovest del territorio comunale di Isso già insediata a partire dall’età romana imperiale; nel settore nord della medesima località, denominata “Cantonata”, sono stati infatti rinvenuti i resti di una villa rustica di età romana (Carta Archeologica della Lombardia. La Provincia di Bergamo, II, 1992, p. 92, scheda n. 362) e nel campo “Ortaolle”, ubicato nelle immediate vicinanze, alcuni materiali ritrovati nel corso di ricognizioni SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 di superficie indiziano la presenza di un’area artigianale di epoca tardoantica-altomedievale (op. cit. p. 92, scheda n. 366). Maria Fortunati, Angelo Ghiroldi trattamento biocida, un’applicazione ogni ventiquattro ore per tre cicli, vista la manifestata intenzione da parte della proprietà di una successiva musealizzazione della struttura archeologica che però si trova in un contesto ambientale fortemente sottoposto al proliferare di erbe spontanee infestanti. L’intervento di restauro Coordinate: 45.473735, 9.754111 I lavori sono iniziati con una preliminare pulitura con acqua a bassa pressione che ha consentito l’evidenziazione delle strutture mettendo in risalto la cromaticità degli elementi strutturali da sottoporre al restauro. Un secondo passaggio, con acqua demineralizzata additivata con ammonio carbonato al 5%, ha permesso la quasi totale eliminazione del leggero ma tenace strato di limo argilloso che ricopriva in parte gli elementi costitutivi. L’utilizzo abbondante, a bassa pressione, di acqua priva di sali, ha concluso il ciclo della pulitura con risultato eccellente. Dopo la pulitura generale sono state effettuate le valutazioni sullo stato generale delle malte e degli elementi della struttura. Si è ritenuto opportuno procedere a un preconsolidamento eseguito con una soluzione di consolidante acrilico in alcool isopropilico che è stata veicolata con ausilio di pennelli morbidi e di iniezioni mirate dove la situazione di disgregazione si presentava più importante. Queste operazioni sono state ripetute più volte con intervalli di trentasei ore per passaggio. Conclusa la fase di preconsolidamento si è passati agli interventi di consolidamento e restauro. Una parziale ricostruzione di alcuni settori delle murature perimetrali dell’edificio, con particolare riferimento a poche lacune dovute principalmente a interferenze di epoca moderna, ha reso più evidente la lettura planimetrica della struttura. Per l’intervento si sono utilizzati elementi lapidei originali ritrovati durante lo scavo che sono stati posti in opera, dopo attente verifiche con campionature preliminari, con l’ausilio di malte compatibili con quelle esistenti. Contemporaneamente si è intervenuti su quattro tombe a cassa e una alla cappuccina. Le tombe a cassa hanno i muri perimetrali in elementi litici e laterizi e fondo in laterizi frammentari o interi; lastre in arenaria grezzamente finite fungono da coperchio. La cappuccina è composta da dodici laterizi contrapposti sei per lato e fondo in frammenti di laterizi. Anche in questo caso molto importante è stata un’accurata pulitura preliminare di tutte le superfici. La struttura dei muri non presentava particolari dissesti se non l’evidente necessità di un consolidamento che rilegasse in modo adeguato gli elementi, operazione eseguita secondo le stesse modalità adottate per le murature dell’edificio. Per la cappuccina, dopo la pulitura adeguata del fondo, si sono ricollocati nella loro posizione originale i laterizi preventivamente sottoposti in laboratorio a un trattamento antisale e alla ricomposizione di alcuni elementi fortemente fessurati con l’inserimento di spinature in acciaio inox bloccate con mastice epossidico verticale trasparente. Stesso tipo di intervento è stato operato su tre delle lastre di copertura delle tombe con l’inserimento di perni filettati in acciaio inox e stuccature di finitura. Nell’area interna della chiesa sono state pulite e restaurate alcune porzioni di una preparazione pavimentale in cocciopesto. A lavori ultimati tutti i reperti sono stati sottoposti al I lavori sono stati finanziati dalle società NRG Agrivis s.r.l. e Agroenergia s.r.l. dei sigg. A. Cremonesi - A. e A. Volpi - R. Maccali, proprietari dell’area. Un ringraziamento alla dr. B. Barneschi che ha seguito le attività per conto della proprietà. Lo scavo archeologico e il restauro sono stati diretti da M. Fortunati (SBA Lombardia). Lo scavo archeologico è stato eseguito dalla ditta Ghiroldi A. e C. s.a.s. di Desenzano d/G (BS), direttore tecnico Angelo Ghiroldi, responsabile di cantiere E. Zani, operatori archeologici C. Bertoni e F. Agogeri. Lo studio della moneta è del dr. E.A. Arslan e le notizie storiche sono state fornite dal prof. R. Caproni, ispettore onorario della Soprintendenza. Roberto Casula MEZZOLDO (BG) Alpe Azzaredo Bivacchi d’alta quota e rocce con incisioni Nel 2011 si è svolto un intervento di tutela del paesaggio antico in alta quota in località Azzaredo, dove l’ERSAF aveva iniziato lavori di “valorizzazione” del sito interessato da due torbiere, procedendo alla creazione, in sostituzione, di bacini d’acqua a godimento della struttura ricettiva che progettava di realizzare sul sedime di un antico edificio d’alpeggio conservato a livello di rudere. L’area era già nota alla Soprintendenza per la segnalazione nelle vicinanze di massi con incisioni della c.d. arte schematica fatta a partire dal 1999 dal pittore A. Tarenghi del CAI della Valle Brembana. Era seguita nel 2003 la ricognizione totale dei massi con incisioni nelle località Alpe Bressano, Alpe Azzaredo, Pianvalle e Alpe Cavizzola a cura della Soprintendenza e a opera di R. Poggiani Keller, C. Liborio e T. Pacchieni, nell’ambito del Progetto di catalogazione IRWeb-Incisioni Rupestri su Web delle incisioni lombarde. Le ricognizioni avevano portato anche all’individuazione di bacini, come quello in località Pianvalle, e di strutture pastorali (recinti, edifici, ripari sotto roccia) che potevano avere interesse archeologico. Una prima presentazione dei risultati era stata illustrata nella mostra documentaria e nel Convegno “Vallate alpine: un patrimonio da scoprire. Frequentazione dell’area montana dalla preistoria ad oggi, con particolare riferimento alle Orobie” organizzati a Piazza Brembana il 30 luglio 2005 (R. POGGIANI KELLER, C. LIBORIO, M.G. RUGGIERO in NSAL 2005, pp. 263-264). Successivi sopralluoghi nel sito di Azzaredo, dei quali era stato incaricato l’ispettore onorario M. Malzanni, avevano portato al rinvenimento sulle rive della torbiera più grande di industria litica preistorica (tra cui un microbulino), ad attestazione di una frequentazione stagionale per la caccia e la pastorizia. Nell’agosto 2011, a seguito della manomissione in corso dell’importante archivio archeologico costituito dalla torbiera, si è proceduto, in accordo con ERSAF, al suo immediato ripristino e contestualmente si sono eseguiti caro- 77 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 72 - Mezzoldo, Alpe Azzaredo. L’area della torbiera dove si è svolto l’intervento di emergenza nell’estate 2011. taggi manuali in profondità in collaborazione con il CNRIDPA per le analisi palinologiche e paleobotaniche, attualmente non ancora concluse. L’intervento ha offerto l’occasione per avviare nei prossimi anni un progetto di indagine complessivo dell’area adiacente alla torbiera per la verifica di eventuali livelli di frequentazione stagionali in epoca preistorica, la cui cronologia resta da definire, e per programmare un intervento di archeologia preventiva in occasione dei lavori di costruzione della struttura ricettiva progettata da ERSAF. L’indagine dovrà anche chiarire le relazioni, cronologiche e funzionali, tra contesti archeologici e massi con incisioni d’arte schematica disseminati nell’area. Raffaella Poggiani Keller Ai lavori hanno partecipato, oltre alla scrivente, M. Malzanni, A. Tarenghi, G. Pesenti e la moglie e il Presidente del CAI Valle Brembana E. Ronzoni. Si ringraziano per la tempestiva sospensione dei lavori e per le opere di ripristino della situazione ambientale i responsabili ERSAF, M. Noris e G. Gaiani. Le indagini paleoambientali tramite carotaggi sono state dirette da R. Pini del CNR-IDPA che ha in corso lo studio dei sedimenti. 73 - Mezzoldo, Alpe Azzaredo. Masso con coppelle rilevato nella ricognizione del 2003. 74 - Mezzoldo, Alpe Azzaredo. Masso con incisione serpentiforme rilevato nella ricognizione del 2003. 78 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 PALOSCO (BG) Piazza Manzoni TRESCORE BALNEARIO (BG) Cascina Abadia Strutture di età moderna In occasione della realizzazione di parcheggi interrati in piazza Manzoni, situata nel centro di Palosco, nel corso del 2011 un controllo archeologico ha interessato l’intera piazza. Un primo intervento nella parte nord della piazza, in febbraio, all’inizio dei lavori di sbancamento, ha messo in evidenza la completa assenza di strutture murarie o altri elementi a carattere archeologico. Un secondo intervento, effettuato in aprile e in maggio, si è concentrato nella parte meridionale della stessa dove è stata verificata la presenza di strutture murarie e di ambienti interrati pertinenti a edifici conosciuti dagli abitanti del luogo, abbattuti agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso. Le fotografie dell’epoca infatti mostrano sul lato sud della piazza due caseggiati, le cui facciate erano volte a nord, separati da un piccolo giardino; i documenti storici indicano anche la presenza di edifici a partire dal Medioevo. Le strutture murarie trovate sono molto malmesse, conservate per lo più a livello di fondazione, per pochi corsi di ciottoli e frammenti di laterizi. Probabilmente sono individuabili due perimetrali delle costruzioni moderne, uno orientato N-S (lungh. m 8, largh. m 0,7) che segnerebbe il limite occidentale del primo edificio, e l’altro orientato E-W che delimiterebbe a nord il secondo edificio, di dimensioni inferiori al precedente. Si può ipotizzare inoltre la presenza di un terzo perimetrale, visibile per una lunghezza di m 2,7 e parzialmente asportato da interventi successivi, che chiuderebbe a oriente il secondo caseggiato. Le altre murature emerse (lungh. compresa tra m 0,6 e m 6, largh. tra m 0,4 e m 0,6) invece sono muri più piccoli, divisori interni o riferibili ad ambienti, in particolare un vano interrato pavimentato in malta biancastra il cui accesso lungo il lato sud era costituito da una scala in ciottoli e laterizi di cui si conservano due gradini, la cui funzione non è dato conoscere. Buona parte delle restanti strutture risulta asportata dai lavori realizzati per la posa dei sottoservizi della piazza effettuati negli anni ‘60 del secolo scorso. In tutta la superficie sono presenti inoltre numerosi tagli moderni che hanno danneggiato i piani di cantiere costituiti da una stesura di calce viva biancastra di diverse dimensioni. Coordinate: 45.585054, 9.835406 Maria Fortunati, Federica Guidi L’intervento di scavo archeologico, sotto la direzione di M. Fortunati (SBA Lombardia), è stato eseguito da P. Butta, A. Casale, M. Fait, F. Guidi (responsabile di cantiere), G. Martino della ditta SAP Società Archeologica s.r.l. di Mantova. Si ringraziano per la disponibilità l’ing. U. Vezzoli, responsabile dei lavori per la realizzazione dei nuovi parcheggi per il Comune di Palosco, e la ditta SINERGIE di Seriate (BG) in particolare R. Nembrini e tutto il personale. Un ringraziamento particolare va al Sindaco M. Pinetti, che ha agevolato le operazioni di documentazione fotografica dello scavo, al prof. R. Caproni, Ispettore Onorario della Soprintendenza, ed al fotografo T. Scaburri, per la loro gentilezza e sollecitudine. Strutture della media età del Ferro, resti altomedievali, strutture medievali Il controllo archeologico del cantiere alla cascina Abadia è stato eseguito nel contesto del restauro e recupero dell’antico edificio. L’edificio presenta una tipologia edilizia con pianta a L, con un porticato e un cortile delimitato da un muro in pietre e ciottoli. Le murature della struttura sono in pietre, con sporadiche presenze di laterizi. Dallo studio dell’analisi degli alzati eseguite da F. Macario il primo impianto risalirebbe al XII secolo. La cascina, citata in un documento del 1153, localizzata nell’antico abitato di Sonvico (villaggio più in alto) sorto già in età romana, era il centro dei possedimenti del monastero di San Fermo in Plorzano in Bergamo e il nome “Abadia” ricorda la proprietaria, cioè la badessa del monastero (ZONCA A., 1986, Trescore medievale, San Paolo d’Argon, p. 45). Successivamente furono aggiunti corpi di fabbrica, fra cui una torre nel XIII secolo, sul fronte ovest fino al XVI secolo e sul fronte sud fra il XVII e il XIX secolo. La ricostruzione storica indica che l’area ha sempre mantenuto nel corso dei secoli una vocazione prettamente agricola. L’area oggetto dell’indagine è stata divisa in due grandi settori, sia perché le operazioni di scavo sono state realizzate in due distinti periodi a circa due anni di distanza, sia perché compiuti in aree con destinazioni d’uso fortemente diverse. Il primo settore a essere sondato corrisponde alla zona sulla quale sorge la cascina Abbadia, il secondo attiene all’area fuori il perimetro del cortile dell’edificio, mq 2000 ca., scelta per la costruzione di autorimesse interrate, nel luogo in cui erano i fondi a vocazione agricola della proprietà, probabilmente fino a un periodo piuttosto recente. Le ricerche hanno rivelato la presenza di diverse evidenze archeologiche riferibili a periodi differenti. Area esterna Le attestazioni più antiche sono da ricondurre alla media età del Ferro e sono rappresentate da due strutture murarie orientate N-S, parallele fra loro a una distanza di m 4,20, una conservata in condizioni precarie, ma ancora leggibile. Quella meglio preservata si mostra come una muratura a sviluppo rettilineo, regolare, di ca. m 14 per una larghezza massima di m 0,60, con due corsi di ciottoli disposti ordinatamente al centro e ciottoli più piccoli laterali posti come inzeppatura, fortemente assicurati tra loro da argilla depurata usata probabilmente abbastanza liquida in modo da occludere tutti gli spazi. La fondazione era incassata in un taglio con pareti verticali irregolari, praticato nelle ghiaie del substrato naturale con fondo piano e regolare. La muratura conservava ancora a tratti un corso superiore fuori terra costituito da ciottoli isometrici di medio-piccole dimensioni apparentemente privi di legante. La struttura aveva sicuramente un’estensione maggiore di quella osservata sia a sud dove eccedeva il limite di cantiere rimanendo visibile in sezione ma asportata dalla costruzione 79 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 75 - Trescore Balneario, cascina Abadia. Planimetria generale dell’area di scavo. dell’edificio adiacente, sia a nord dove si è potuta seguire fino a ca. m 2 dal muro del cortile dell’edificio antico, dove lo scavo è stato interrotto. Per la lunghezza, la tecnica costruttiva con una base solida e massiccia e un alzato limitato e labile, la combinazione con una struttura analoga e parallela, probabilmente delle stesse dimensioni, la mancanza di tratti murari trasversali come parte di possibili divisori di ambienti e la scarsa presenza di reperti, la spiegazione più attendibile porta a considerare le due strutture come demarcazioni di uno spazio adibito ad asse viario o forse residuo di un possibile corridoio. La struttura è collocata sulla sommità di un alto morfologico, delineato dalla sponda di un bacino o di un corso d’acqua. La cronologia è stata proposta in base al ritrovamento di alcuni frammenti di ceramica, i soli rinvenimenti effettuati in tutta la porzione sud del cantiere e congiuntamente in base all’analisi della tecnica costruttiva con l’impiego di ciottoli non lavorati e legati con argilla. Un altro ritrovamento di notevole interesse è stato l’agglomerato di pietre rinvenuto nella parte nord-ovest del cantiere, interpretato come una piattaforma di sostegno e drenaggio funzionale alla costruzione di una soprastante struttura abitativa o di servizio. Purtroppo i materiali rinvenuti, essendo di epoche molto diverse tra loro, non sono utili per una collocazione temporale puntuale. Una datazione all’alto Medioevo potrebbe essere plausibile sulla base dei confronti con analoghe strutture. I confronti, riferiti ad abitazioni con un piano pavimentale in terra battuta con “vespaio di pietre in assetto caotico spesso fino a mezzo metro” e con “pareti ad incannicciato rivestito di terra intonacata” (VALENTI M., I villaggi altomedievali in Italia, in AA.VV., Arqueología e las Aldeas en la Alta Edad Media, convegno internazionale VictoriaGasteiz, Universidad del País Vasco, 20-21 novembre 2008, Victoria, p. 17), potrebbero essere avvalorati dai frammenti rinvenuti sulla superficie della struttura. Inoltre un 80 76 - Trescore Balneario, cascina Abadia. Planimetria delle strutture della media età del Ferro. avvallamento centrale di forma rettangolare e fondo piano, appare proprio come una interruzione intenzionale per l’alloggiamento di una grossa trave verticale a sostegno di una copertura e i due canali ubicati sul limite dei lati lunghi e paralleli alla struttura potrebbero essere stati l’alloggio di pali orizzontali perimetrali. La restante area sud del cantiere non ha restituito nessun resto archeologico e al di sotto del livello di coltivo, ha evidenziato alcuni strati di terreno limo-argilloso pulito da riferire ad apporti alluvionali che coprivano un livello di ca. m 2,5 di ghiaie grossolane con numerosi ciottoli di grandi dimensioni e sacche di sabbia. SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 77 - Trescore Balneario, cascina Abadia. Panoramica sulle strutture della media età del Ferro. Area edificio Riguardo ai rinvenimenti nell’area dell’edificio bisogna osservare che si tratta interamente di strutture e solo in un caso, limitato alla stanza IX, di uno strato connesso alle strutture. Per il resto purtroppo i livelli d’uso sono stati asportati in antico e anche le murature rinvenute sono solo a livello di fondazioni. Inoltre non avendo potuto realizzare un lavoro sistematico per esigenze di messa in sicurezza dell’edificio, lo scavo si è ridotto a una serie di piccole trincee, non continue, rendendo difficoltosa la lettura della stratigrafia. Oltre a ciò gli elementi utili per una datazione dei ritrovamenti sono stati molto scarsi, anche nell’angolo sud-est dell’edificio che ha restituito la serie stratigrafica più ricca e articolata. I lavori hanno previsto lo scavo di sondaggi di ca. m 1 x 0,5 e m 0,5 di profondità, limitati lungo i muri portanti della struttura e ove necessario, per trarre indicazioni preliminari all’effettuazione delle sottomurazioni. Nel saggio aperto nella torre, stanza IV, è stata individuata la struttura muraria orientata N-S, al di sotto del muro ovest dell’ambiente, posta come sua fondazione, costituita da ciottoli di grandi dimensioni e pietre appena sbozzate ordinati in filari, privi di legante. Nell’angolo sud-ovest della stanza si è rinvenuta una struttura di forma troncoconica, distrutta nella parte superiore. Costruita contro terra, con pietre e mattoni legati con malta grigia, il suo interno mostrava un intonaco lisciato ed estremamente regolare, mentre il fondo era irregolare e sconnesso e mancava l’intonacatura. Si ipotizza che fosse impiegata come silos per la conservazione di alimenti o sementi o come una sorta di “ghiacciaia”. Tra le stanze VI e VII è stata osservata una muratura con andamento a nord, leggermente diverso a quello dell’edificio, composta da due filari regolari di ciottoli di medie dimensioni legati con malta grigio-giallastra. All’incirca a metà del suo sviluppo orizzontale è coperta da una fila E-W di grossi basoli la cui funzione non è stata individuata. Nella stanza VII 78 - Trescore Balneario, cascina Abadia. Parte di un grande contenitore in muratura. sono state messe in luce alcune murature composte da grossi blocchi di pietre squadrate e non, legate da abbondante malta giallastra riconosciute come strutture precedenti ai muri dell’edificio. La stanza IX è quella che ha restituito le evidenze archeologiche più consistenti. La prima struttura individuata, orientata N-S, costituita da ciottoli di medie e grandi dimensioni legati con abbondante malta, sembra essere stata parte di una importante struttura complessa, della quale facevano parte anche murature rinvenute nel portico antistante la porta della stanza. Purtroppo non sono stati rinvenuti elementi utili 81 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 ai fini di una puntuale datazione del complesso. Le poche evidenze osservate indicano quindi genericamente la presenza di alcuni edifici nella zona sud-est dell’impianto della cascina, cioè della parte la cui costruzione, dalla lettura degli alzati è da porre fra i secolo XVII e XX. Coordinate: 45.692422, 9.837033 Maria Fortunati, Raffaella Poggiani Keller, Paolo Sbrana, Mariagrazia Vitali Il controllo, iniziato nel gennaio 2008 e proseguito non continuativamente fino al dicembre 2010, secondo le tempistiche dei lavori del cantiere edile, con la direzione scientifica di M. Fortunati e R. Poggiani Keller (SBA Lombardia), e la direzione tecnica di M. Vitali, è stato eseguito da P. Sbrana. L’indagine è stata eseguita con il finanziamento della proprietà, Soc. Abbadia s.r.l., la direzione lavori è stata dello Studio di architettura Bertasa, che si ringrazia per la disponibilità, insieme all’impresa Nembrini. TRESCORE BALNEARIO (BG) Località Canton, via Mandalì ex cava M. Vescovi Insediamento calcolitico e tombe medievali In considerazione della prevista lottizzazione dell’area, nel 2010 sono stati condotti lavori di verifica archeologica per chiarire la situazione stratigrafica di questa zona del Canton interessata dalla presenza di un insediamento preistorico del Neolitico e dell’età del Rame (IV-III millennio a.C.), già accertato e scavato su larga estensione, tra 1984 e 2009, negli appezzamenti limitrofi (NSAL, vari anni). Trattandosi di un’area interessata da parziale escavazione per la coltivazione di una cava di pietra prossima alla località Boschetti dove negli anni Sessanta del XX secolo si erano rinvenute tombe di epoca non precisata, probabilmente medievali (Carta archeologica della Lombardia. La Provincia di Bergamo, II, 1992, scheda n. 551), la verifica ha comportato la ripulitura e il rilevamento del fronte ovest della cava e l’apertura di due trincee adiacenti al fronte W-E verso via Mandalì. Fronte ovest della cava. Al di sotto di uno strato di riporto recente (US 1) e di uno spesso strato ghiaioso (US 2), alla profondità di ca. m 1,56 rispetto all’attuale p.d.c., si rileva una tomba (US 8) in nuda terra, semidistrutta dai lavori di cava, contenente un inumato di ca. 3/5 anni di cui rimanevano il cranio e poche ossa lunghe apparentemente riposizionate dagli operatori della cava. Non è evidente un taglio di fondazione della tomba in US 2, mentre il sottostante strato US 3 con carboni sparsi ed esteso per alcuni metri a sud della T. 8 sembra essersi formato in età romana, quando nell’area si svolgono attività agricole indiziate da strutture povere (buche per palo di recinti, fosse) rilevate in campagne di scavo precedenti in area limitrofa (il taglio 385 con presenza delle buche di palo 387 e 393 dell’area Amboni). Il sottostante strato US 4 a matrice ghiaiosa di colore rossastro (radiolariti locali) rappresenta un marker significativo per la correlazione stratigrafica con i livelli prei- 82 storici rilevati nei saggi condotti negli anni passati nella proprietà Amboni, posta immediatamente a ovest. Questo strato, da attribuire all’età del Rame, compare a m 1,80 dal p.d.c. e ha uno spessore medio di m 0,40. La stratigrafia sottostante presenta, in sequenza, lo strato limoso di colore marrone/olivastro US 5, spesso da cm 12 a 18, lo strato ad argille contenenti grossi frammenti di selce alterata US 6, di ca. cm 20, il sottostante banco di argille rosse con alcuni blocchi alterati di “marmo di Zandobbio” US 7, che compare a m 2,60 di profondità dal p.d.c. e ha uno spessore di m 1,46. Il paleosuolo alterato US 7 sigilla il sottostante strato US 12 a limi-argillosi, anch’esso di interesse archeologico. Nella trincea n. 2, aperta sulla scarpata prospiciente la via Mandalì e con andamento W-E, al di sotto di UUSS 1 e 2 (quest’ultima presente da m 0,60 a m 1,72 dal p.d.c.) si riconferma la presenza di US 3, di colore nerastro e spessa cm 20 ca., con laterizi molto frammentari sparsi, che sembra occultare una grossa buca piena di sassi di varie dimensioni. Sotto si rileva lo strato US 19, meglio definito nella trincea 3 e attribuibile a età romana A m 2,50 dal p.d.c., iniziano i livelli preistorici: US 4 a ghiaie rosse, il sottostante strato marrone/olivastro di ca. cm 20 equiparabile a US 5. Con US 13, strato a sassetti, e con il sottostante taglio 14 si individua una situazione di aratura che ha intaccato US 15 (strato limoso simile a US 5): questa situazione si colloca a m 3,04 dal p.d.c. Sotto US 15, che mostra uno spessore da m 3,08 a m 3,40 dal p.d.c., si evidenzia US 16 a ghiaie rosse. Nella Trincea 2 non si raggiunge lo strato sterile. Trincea n. 3. Aperta a ovest della trincea 2, presenta, in sequenza, uno spesso strato formato dalle UUSS 2A e 2, presenti già dal p.d.c. che qui risulta privo dello strato di riporto US 1. Sotto si riconoscono US 3 e quindi US 19, a sassetti sparsi. Il marker che segna il passaggio dai livelli di età storica a quelli preistorici è rappresentato anche qui da US 4 a ghiaie rosse selciose, posta alla profondità di m 3 ca. La sequenza sottostante è identica a quella di Tr. 2, cioè UUSS 5, 13 (che qui non presenta tracce di arature), 15 a limo olivastro e infine 16 a ghiaie rosse. Da questi tre sondaggi si deduce che nell’area esistono tracce di epoca medioevale e che forse US 3 è coeva alla necropoli medievale, che si estendeva anche all’interno della Cava Vescovi (Carta archeologica della Lombardia. La Provincia di Bergamo, II, 1992, scheda n. 551) e continuava a sud, dove fu indagata negli anni scorsi rivelando un inizio precoce in età altomedievale. Lo strato US 19 probabilmente è attribuibile al periodo romano. I sottostanti strati da US 4 a US 16 sono da attribuire al periodo preistorico e sono correlabili con la sequenza rilevata nei sondaggi eseguiti a ovest in proprietà Amboni nel 2001, in particolare il Saggio A dove US 311 risulta uguale a US 4 della Sezione Fronte ovest della cava e delle Trincee 2 e 3. Mentre US 5/2010 non è correlabile, US 13 e le arature 14 si confrontano con la situazione basale di US 311 e le arature 402/2001, così che US 4 = US 311 e la sottostante US 14 = US 402. Questa stratigrafia è attribuibile alla fase Campaniforme dell’avanzata età del Rame (seconda metà del III millennio a.C.), come evidenziato dai reperti ceramici trovati nel Saggio “C” in Proprietà Amboni (scavo 2001). Raffaella Poggiani Keller, Franco Magri Le indagini preventive, dirette da R. Poggiani Keller (SBA Lombardia), sono state eseguite, su incarico della proprietà, nel 2010 da F. Magri a seguito della prevista lottizzazione dell’area (proprietà arch. A. Zappella, progetto arch. G. Gambirasio). SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 AUTOSTRADA BREBEMI Archeologia preventiva lungo il tracciato Brebemi le sequenze di scheggiatura e i caratteri tecnomorfologici dei prodotti: l’elevata laminarità e la produzione fortemente normata sembrerebbero suggerire l’appartenenza di questo esiguo lotto di manufatti litici al Neolitico e, in maniera del tutto preliminare, la valutazione dell’incidenza delle differenti materie prime, che non sembra indicare una presenza sostanziale di selce lessinica, potrebbe suggerire un’attribuzione a una fase non avanzata del periodo. Coordinate: 45.492773, 9.786195 ANTEGNATE (BG) Tracciato Brebemi, opera extra-linea VLW01 Pozzo di età neolitica Circa m 90 a nord del tracciato autostradale Brebemi ad Antegnate nell’opera extra linea VLW01, che unisce la SS 11 alla SS 498, alla progressiva chilometrica Brebemi 21+200, si è individuata una struttura infossata preistorica, interpretabile come pozzo, che in seguito alla defunzionalizzazione fu trasformato in fossa di scarico. A pianta subcircolare con diametro medio di m 2,40 e profondità massima indagata di m 1,50, presenta pareti subverticali ed è caratterizzata da due strati di riempimento: US 2, più superficiale, costituito da una matrice argillo-limosa di colore bruno nerastro, con spessore di m 0,75, rappresenta il classico riempimento antropico di scarico contenente frammenti ceramici, selce e sporadici frammenti di ossi; US 5 è probabilmente l’esito di un reinterro in parte artificiale, in parte naturale, costituito da una matrice limosabbiosa, di colore bruno giallastro, contenente scarsi frammenti ceramici e rari frustoli carboniosi. I 67 elementi in selce e radiolarite di US 2, nonostante l’assenza di manufatti ritoccati cronologicamente caratterizzanti, offrono spunti per l’analisi delle sequenze di produzione e per un loro inquadramento cronologico. Le sequenze di produzione non mostrano significative differenze secondo la materia prima utilizzata: mancano quasi completamente gli elementi caratteristici delle fasi di inizializzazione e messa in forma del nucleo, testimoniati qui da poche lamelle parzialmente corticali con cortice laterale, mentre risultano sovrarappresentati i supporti di piena produzione che testimoniano, sia per calibro dimensionale, sia per caratteristiche morfotecniche, una produzione normalizzata. L’inquadramento cronologico dell’insieme può essere tentativamente proposto valutando 79 - Antegnate, tracciato Brebemi, opera extra-linea VLW01. Pozzo di età neolitica. US 2 in corso di scavo. Raffaella Poggiani Keller, Gabriele Martino Lo scavo è stato svolto nel novembre 2011 dalla SAP Società Archeologica s.r.l. sotto la direzione scientifica di R. Poggiani Keller (SBA Lombardia). Direttore tecnico A. Favaro; hanno lavorato in cantiere gli archeologi M. Grignano e V. Santi. L’analisi dell’industria litica si deve a G. Martino. Sigla scavo: BREBEMI ANT BG ‘11 sito VLW01. ANTEGNATE (BG) Tracciato Brebemi, a sud-est della “chiesa dei Mortini” Necropoli dell’età del Bronzo Nel 2010, lungo il tracciato dell’autostrada Brebemi (alla progressiva chilometrica pk 19+850 ca.), ca. m 120 a sudest della chiesa dei Mortini, è stata individuata una necropoli dell’età del Bronzo. L’area indagata è ampia mq 2500 e i rinvenimenti sono stati effettuati a una profondità di ca. m 0,40 dal piano di campagna. Le evidenze archeologiche sono risultate assai compromesse dai lavori agricoli di epoca recente e, tra le 18 anomalie individuate, solo in 14 casi è stato possibile riconoscere delle sepolture in urne cinerarie, talvolta sormontate da ciotole-coperchio, deposte in pozzetti foderati da ciottoli. Le sepolture sono distribuite su buona parte dell’area, con una concentrazione nella zona orientale di 6 tombe disposte a L (Tt. 4-9), forse relative a un gruppo familiare, seguite m 15-20 a est da altre due sepolture (Tt. 17-18) e m 35-40 a ovest da un nucleo di 10 tombe disposte a semicerchio. Di particolare interesse è la T. 9, in cui sono presenti tre contenitori ceramici uno dei quali tagliato a metà, utilizzato verosimilmente come segnacolo. L’analisi tipologica dei corredi meglio conservati (Tt. 1, 2, 3, 5, 6, 7, 9) consente di rilevare delle affinità sia con il mondo palafitticolo terramaricolo, che caratterizza l’età del Bronzo Medio padana, sia con l’area culturale della Scamozzina di Albairate e Monza, che interessa la Lombardia occidentale e il Piemonte orientale. Il confine tra le due sfere culturali è stato individuato proprio nella fascia situata tra il fiume Adda e il corso dell’Oglio. L’ubicazione della necropoli di Antegnate fa sì che sia nelle forme vascolari che nella loro decorazione siano riscontrabili elementi caratteristici di entrambe le aree culturali. Ad esempio, il profilo delle urne biconiche ad alto labbro rinvenute ad Antegnate richiama l’area occidentale, mentre altre forme, tra le quali soprattutto le scodelle, sono proprie della cultura terramaricola. D’altro canto, l’assenza di elementi bronzei di corredo avvicina la necropoli di Antegnate all’area orientale, dal momento che le necropoli della Scamozzina si distinguono in genere proprio per la varietà di manufatti metallici presenti nelle sepolture. A differenza però dell’area terramaricola, non sono attestate in questo contesto le anse sopraelevate che caratterizzano la ceramica di quell’ambito culturale. In assenza di oggetti di corredo metallici, la datazione si basa sulle forme vascolari che permettono di collocare la necropoli di Antegnate tra la fine del Bronzo Medio e 83 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 80 - Ritrovamenti archeologici sul percorso Brebemi. 84 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 ANTEGNATE (BG) Tracciato Brebemi, a nord di cascina Piave Labili tracce di frequentazione preromana L’attività di assistenza archeologica allo splateamento lungo il tracciato autostradale Brebemi alla progressiva chilometrica pk 20+900, ca. m 200 a nord-ovest della Cascina Piave, ha portato a individuare su una superficie di mq 150 un tratto di terreno antropizzato con due anomalie contenenti frammenti di ceramica d’impasto. La prima è una buca di forma subovale orientata E-W (m 2,9 x 1,9), con pareti leggermente inclinate, fondo piano, profondità massima m 0,44, contenente nel riempimento ceramica d’impasto e depurata e un piccolo elemento in bronzo attribuibili all’età del Ferro (VI-IV sec. a.C.). Essa taglia una seconda struttura infossata di forma subovale orientata E-W (m 11,25 x 4,75), con pareti leggermente inclinate, fondo concavo e profondità massima di m 0,35, con un riempimento che contiene un solo frammento di ceramica d’impasto. Questa fossa risulta di difficile attribuzione cronologica e funzionale. Coordinate: 45.492728, 9.791012 81 - Antegnate, tracciato Brebemi, a sud-est della “chiesa dei Mortini”. Necropoli dell’età del Bronzo. Le tombe 4-9 disposte a L. Raffaella Poggiani Keller, Valentina Santi Lo scavo è stato svolto tra 12 gennaio e 1 febbraio 2011 dalla SAPSocietà Archeologica s.r.l. sotto la direzione scientifica di R. Poggiani Keller (SBA Lombardia). Direttore tecnico A. Favaro; hanno operato in cantiere gli archeologi U. Boni, N. Cappellozza, V. Santi ed E. Sarina. Sigla scavo: BREBEMI ANT BG ‘12 sito 2. ANTEGNATE (BG), LOTTO 2 Tratta PK 22+000 Insediamento di età romana e tardoromana 82 - Antegnate, tracciato Brebemi, a sud-est della “chiesa dei Mortini”. Necropoli dell’età del Bronzo. Urna cineraria della tomba 1. gli inizi del Bronzo Recente. Queste considerazioni risultano avvalorate dai dati di scavo provenienti dalla vicina necropoli di Urago d’Oglio (SIMONE ZOPFI L., 2005, Urago d’Oglio (BS). Necropoli ad incinerazione dell’età del bronzo, Brescia, pp. 45-69) dove la disposizione e la struttura delle sepolture risulta analoga a quella di Antegnate, come pure le tipologie vascolari attestate. Coordinate: 45.495270, 9.803495 Raffaella Poggiani Keller, Mimosa Ravaglia Lo scavo è stato svolto tra aprile e luglio 2010 dalla SAP-Società Archeologica sotto la direzione scientifica di R. Poggiani Keller (SBA Lombardia). Hanno operato in cantiere gli archeologi della SAP s.r.l., coordinati dal Direttore Tecnico A. Favaro: F. Bernardinelli, A. Casale, O. Magalini, E. Mantovani, M. Nelti, A. Rizzotto. La prima analisi sulla tipologia dei corredi si deve a M. Ravaglia. Sigla scavo: BREBEMI ANT BG ‘10. Nel territorio di Antegnate, già noto per le presenze di età tardo La Tène e di età romana (Carta Archeologica della Lombardia, La provincia di Bergamo, 1992, p. 40, schede nn. 31-34), è stato individuato, alla tratta PK 22+000, un insediamento di età romana e tardoromana, a m 0,30 di profondità dal piano di campagna. Le evidenze erano distribuite su un’area di ca. m 50 E-W x 35 N-S, situata nella porzione meridionale del tracciato autostradale. Nel settore ovest del sito è stato rinvenuto un edificio a pianta quadrata, con lato di ca. m 6, costituito da strutture murarie conservate solo in fondazione, realizzate in ciottoli con scarso uso di frammenti laterizi. A nord di esso era presente un pozzo in ciottoli, di pianta circolare con luce interna di m 1; immediatamente a sud dell’edificio, era ubicato un muro orientato N-S lungo ca. m 4,5 e largo m 0,6, affiancato a est da uno spargimento di laterizi e materiale lapideo a pianta semicircolare, relativo a un livello di bonifica sul quale si sono forse impostate aree produttive o di attività antropica in genere. Nell’area centrale era infine situata una struttura a pianta quadrata collocata all’interno di una struttura circolare, con diametro di ca. m 3,9, realizzata con ciottoli di medie dimensioni e laterizi, legati tra loro con malta bianca tenace: è probabilmente un magazzino-silos. Lo studio preliminare dei materiali rinvenuti, tra cui ciotole-coperchio in frammenti con orlo a tesa, corpo a calotta, piede ad anello, frammenti di un catino-coperchio con orlo a tesa ondulata e vasca troncoconica arrotondata, frammenti di olle con orlo ripiegato verso l’esterno, collo troncoconico, spalla leggermente carenata e corpo troncoconico arrotondato, suggerisce che questo piccolo nucleo insediativo fosse in piena attività in un periodo compreso 85 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 83 - Antegnate, Tratta PK2 2+000. Insediamento di età romana e tardoromana. Panoramica generale dello scavo. tra il III e il V secolo d.C. In base agli elementi messi in luce, si ipotizza la presenza del nucleo di una villa con una pars dominica, residenziale, e di una pars rustica, produttiva. Coordinate: 45.489381, 9.777113 Maria Fortunati, Emiliano Garatti Coordinate: 45.501012, 9.710948 Raffaella Poggiani Keller, Emiliano Garatti Lo scavo è stato svolto nel novembre 2010 da SAP Società Archeologica s.r.l. sotto la direzione scientifica di R. Poggiani Keller (SBA Lombardia). Direttore tecnico A. Favaro; hanno lavorato in cantiere gli archeologi A. Casale, G. Miele, A. Rizzotto, E. Sarina. Sigla scavo: BREBEMI BAR BG ‘10 sito1. BARIANO (BG) Tracciato Brebemi, a nord di Cascina Belvedere di Sopra Tracce di frequentazione antropica pre-protostorica BARIANO (BG), LOTTO 2 Tratta PK 29+150, Casello CS004 Tomba di età La Tène All’altezza della progressiva chilometrica pk 27+600 lungo il tracciato Brebemi a Bariano sono state rinvenute anomalie d’interesse archeologico su una superficie di mq 130. Nell’interfaccia tra strato agricolo e strato alluvionale sottostante sono emersi frammenti ceramici, grezzi e non diagnostici, su una superficie ristretta. Un’ulteriore passata con mezzo meccanico fornito di benna a lama piatta ha permesso di individuare 5 tagli. Mentre le due buche a pianta subrettangolare sono probabilmente interventi agricoli di età contemporanea, i tre tagli circolari UUSS 9, 11, 13, appartengono a una fase più antica. Si tratta di tre buche a pianta circolare, con diametro simile (rispettivamente m 0,80, m 1,20 e m 0,90) e profondità tra m 0,25 e 0,30; le pareti sono inclinate di circa 45°, con fondo irregolarmente concavo. In US 11 e 13 si rinvengono elementi di dubbia natura, forse materiale organico carbonizzato o piccole scorie di difficile definizione. Gli scarsi elementi ceramici a impasto grezzo contenuti nelle buche suggeriscono una datazione pre- o protostorica. Le scoperte effettuate in Bariano sin dal XVI secolo evidenziavano un sito di età romana di particolare rilevanza nell’ambito della bassa pianura bergamasca (Carta Archeologica della Lombardia, La provincia di Bergamo, 1992, pp. 43-45, schede nn. 62-68; FORTUNATI M., 2007, Archeologia del territorio in età romana, in FORTUNATI M., POGGIANI KELLER R. (a cura di), Storia economica e sociale di Bergamo, Bergamo, pp. 567-568). Nell’area del Casello CS004, è stata rinvenuta alla profondità di m 0,40 dal piano di campagna una tomba isolata, riferibile alla cultura La Tène, deposta in una fossa di forma subrettangolare orientata N-S, lunga ca. m 2 e larga m 1,1. Sono stati posti in luce 12 elementi relativi al corredo, tra i quali si segnala una ciotola in ceramica depurata con vasca troncoconica a profilo convesso, un vasetto a imboccatura troncoconica distinta, una patera acroma a larga imboccatura, un vasetto di forma ovoide e coperchio con presa a pigna, con decorazione sovradipinta costituita da due fasce rosse orizzontali parallele poco al di sotto dell’orlo, un vaso a trottola di forma quasi lenticolare ma con 86 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 84 - Bariano, Tratta PK 29+150, Casello CS004. Tomba di età La Tène. Corredo. spalla ancora leggermente arrotondata, un’armilla in vetro con costolature simmetricamente digradanti e costolatura centrale più stretta e rilevata. La presenza di una tomba La Tène isolata, non associata a una necropoli, costituisce un dato già riscontrato in altri ritrovamenti nel territorio centro padano e anche durante i lavori per la realizzazione del tracciato Brebemi; è stata infatti rinvenuta nello stesso territorio comunale di Bariano una sepoltura isolata probabilmente coeva (PK 28+050). 85 - Bariano, Tratta PK 28+050. Tomba di età tardo La Tène. Corredo. Coordinate: 45.511283, 9.693004 BARIANO (BG), LOTTO 2 Tratta PK 28+050 Tomba di età tardo La Tène A est di Cascina Bruciati, è stata scoperta una tomba isolata, riferibile alla cultura La Tène, a una profondità di m 0,40 ca. dal piano di campagna, in taglio sul substrato limo-argilloso alluvionale. La tomba era orientata approssimativamente secondo i punti cardinali (N-S) ed era deposta in una fossa poco leggibile a causa del forte decapaggio subito; presentava pianta subquadrata con fondo piano e pareti verticali, e altezza massima preservata di m 0,10. L’unico oggetto fittile del corredo era un’olletta, completa ma frammentata e collassata, a impasto nero decorata da una piccola onda geometrica; a est di essa poggiava sulla tegola una moneta in bronzo (non leggibile allo stato attuale), ricoperta dalle ossa combuste, frammiste a oggetti metallici: si sono recuperate tre fibule in bronzo e tre oggetti in ferro, molto ossidati, la cui tipologia potrà essere definita con l’intervento di restauro. In via preliminare la tomba è databile al periodo tardo La Tène. Coordinate: 45.503121, 9.705466 BARIANO (BG), LOTTO 2 Tratta PK 27+800 Due canalette agrarie Nel mese di novembre 2010, a nord della Cascina Belvedere di Sopra, sono state individuate due canalette, parallele e orientate SW-NE, secondo l’orientamento dei decumani dell’impianto centuriale di età romana. Le due evidenze, distribuite su una superficie di mq 100, distavano tra loro ca. m 10; erano lunghe almeno m 12 e proseguivano oltre il limite nord di scavo. Il riempimento di entrambe non conteneva reperti utili ai fini della datazione. Non sono state individuate tracce di piani di frequentazione o di strati antropizzati ma i canali, evidentemente decapati, tagliavano direttamente lo strato sterile, costituito da limo argilloso. Coordinate: 45.501986, 9.708459 BARIANO (BG), LOTTO 2 Tratta PK 28+250 Tracce di frequentazione di età tardoantica A nord-est della Cascina Bruciati, sono state rinvenute tracce di frequentazione di età tardoantica presenti su un’areale di mq 3500, a una profondità di m 0,40 ca. dal piano di campagna. Nel settore ovest sono state individuate due buche subovali di notevoli dimensioni, l’una di m 6,85 lungo l’asse maggiore N-S e m 4,9 lungo l’asse EW; la seconda, di diametro di ca. m 0,87, il cui riempimento era costituito da una matrice limo-argillosa di colore grigiastro e priva di materiale artificiale. Il sito risultava attraversato, nella sua parte mediana, dalle tracce di una strada realizzata con ciottoli e frammenti laterizi di epoca romana, in precario stato di conservazione; era larga mediamente m 2 e lunga oltre m 100, con un orientamento NW-SE. In particolare è stato rinvenuto lo statumen, cioè la preparazione del manto stradale di una via glareata, costituito da un battuto in terra a matrice limo-sabbiosa, con un piano di ciottoli rarefatti e alcune risarciture in pezzame laterizio di epoca romana (coppi, mattoni, embrici). Sono state individuate anche 87 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 due canalette, posizionate lungo il suo limite esterno e interpretabili come opere di scolo delle acque piovane; esse risultavano riempite da una matrice limo-argillosa di colore grigio giallastro, con una profondità media di m 0,20 contenente frammenti laterizi di epoca romana. La maggior parte delle evidenze archeologiche individuate nel sito erano localizzate nella parte orientale del settore; si trattava di buche di palo, fosse di medie dimensioni e una grande fossa di scarico, che si sviluppava in senso EW per una lunghezza di ca. m 6 e in senso N-S per ca. m 4. Indagata solo parzialmente, in quanto si sviluppava oltre il limite di scavo, conteneva ciottoli di varie dimensioni, numerosi frammenti laterizi, una discreta quantità di frammenti fittili, due monete in bronzo, al momento illeggibili, e un frammento di lamina bronzea. La maggior parte del materiale ceramico recuperato, sottoposto a una prima classificazione crono-tipologica in corso di post-scavo, indica una prevalenza di forme chiuse, riferibili a olle. Le forme indicate come diagnostiche, tra le quali si annoverano un frammento di coperchio con orlo a breve tesa inclinata a profilo arrotondato, un’olla a breve orlo estroflesso, un’olla a orlo ingrossato arrotondato e un frammento di mortarium a listello, sembrano indicare un arco cronologico compreso tra il III e il VI sec d.C. Coordinate: 45.504031, 9.70347 Maria Fortunati, Emiliano Garatti CARAVAGGIO (BG) Tracciato Brebemi, a ovest della SP 132 Tracce di frequentazione preistorica e protostorica Alla progressiva chilometrica pk 33+300 del tracciato autostradale Brebemi, ca. m 200 a ovest della S.P. 132, nel Comune di Caravaggio, si è indagata un’area di mq 5000 dove si sono evidenziate numerose anomalie e strutture riferibili a una fase insediativa di epoca protostorica. Nel settore ovest sono state individuate tre fosse di forma subcircolare (UUSS 6, 8, 65) e una buca di notevole dimensioni, rivestita internamente con una foderatura in ciottoli (US 4). Le fosse pseudocircolari presentano un diametro medio di m 1,80 e una profondità di m 0,35 e sono caratterizzate nel loro riempimento da una matrice argillolimosa, di colore bruno nerastro, contenente ciottoli di piccole dimensioni, frammenti di ceramica di impasto, tracce di concotto e frustuli carboniosi. Una prima analisi dei frammenti ceramici recuperati all’interno dei riempimenti permette di attribuire all’età del Ferro almeno due strutture (UUSS 8 e 65), mentre la presenza di manufatti litici all’interno di US 6 potrebbe indicare l’appartenenza della struttura a un’epoca precedente, indizio di una frequentazione occasionale del sito in età preistorica. Sempre nell’area ovest è stata individuata un’anomalia di forma circolare (diam. m 2,40, UUSS 3, 4), interpretata come pozzo-silos, profondo m 0,85 e realizzato mediante il rivestimento della grande fossa US 4 con una foderatura in ciottoli (US 16), stabilizzati mediante l’inserimento di un rivestimento in ghiaia e argilla (US 25) tra la foderatura e il taglio. Lungo il limite nord dell’area ovest è stata indagata una 86 - Caravaggio. Tracciato Brebemi, a ovest della SP 132. Tracce di frequentazione preistorica e protostorica. Panoramica generale dell’area est. 88 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 archeologi E. Sarina, V. Santi, M. Grignano, M. Fait, A. Casale, M. Ravaglia, A. D’Alfonso, A. Rizzotto, G. Miele. Sigla scavo: BREBEMI CAR BG ‘11 sito 2. CARAVAGGIO (BG) Tracciato Brebemi, a est di cascina Biligornia Tracce di frequentazione antropica pre-protostorica 87 - Caravaggio. Tracciato Brebemi, ad ovest della SP 132. Tracce di frequentazione preistorica e protostorica. Probabile pozzo-silos.. fossa di forma circolare (US 63), simile a US 4, ovvero un pozzo-silos con foderatura in ciottoli, della profondità di m 1. Anche in questo caso è stata riscontrata la presenza di uno strato “cuscinetto” tra parete del taglio e foderatura in ciottoli a matrice argillo-limosa, di colore bruno scuro, contenente frustuli carboniosi e frammenti ceramici, riconducibili all’età del Ferro. Localizzate prevalentemente nel settore centrale del sito, sono state inoltre individuate numerose buche di palo (UUSS 22, 24, 26, 27, 44, 45, 47, 52, 55), caratterizzate da un’inzeppatura in ciottoli di piccole dimensioni. Non presentano allineamenti tali da individuare una struttura, ma potrebbero essere riconducibili ad apprestamenti legati allo sfruttamento temporaneo del sito. Simile intenzione, seppur legata allo stoccaggio di materiali di scarico, sembra individuabile nella presenza di numerose fosse di forma pseudoellittica (UUSS 10, 15, 31, 33, 43, 49,59, 61, 74), caratterizzate nel loro riempimento dalla presenza di frammenti di ceramica di impasto, frammenti di concotto con una faccia levigata, frustuli di carbone e ciottoli. Risultano di particolare interesse le fosse UUSS 59, 74 sul cui fondo sono stati individuati un frammento di vaso con ansa a nastro, impostata tra orlo e spalla (US 59) e diversi frammenti di ceramica d’impasto, riconducibili a due vasi ovoidi (RR 4, RR 5, US 74). Anche in questo caso una prima analisi dei frammenti ceramici ha permesso di datare tali strutture all’età del Ferro. A ovest delle UUSS 22, 24 è stata individuata un’anomalia di forma circolare (US 15) di notevoli dimensioni (diam. m 3,80), interpretato come pozzo. In conclusione, l’analisi preliminare dei materiali colloca le strutture nella piena età del Ferro, tra VI e V secolo a.C. Tuttavia vi sono anche elementi di probabile datazione più antica, riferibile all’ambito preistorico (industria litica), che inducono a ipotizzare che il sito dell’età del Ferro sia sorto su livelli di frequentazione preistorica. La disposizione delle strutture protostoriche indica una prosecuzione dell’area archeologica verso sud oltre il limite di scavo. Coordinate: 45.511509, 9.641152 Raffaella Poggiani Keller, Marco Grignano Lo scavo è stato svolto tra marzo e maggio 2011 da SAP Società Archeologica s.r.l. sotto la direzione scientifica di R. Poggiani Keller (SBA Lombardia). Direttore tecnico A. Favaro; hanno lavorato in cantiere gli All’altezza della progressiva chilometrica pk 31+450 del tracciato autostradale Brebemi, circa m 150 a nord-est di cascina Biligornia si è indagata un’area di mq 200 con presenza di sette tagli, due a pianta subrettangolare e cinque a pianta circolare, di diversa epoca. Mentre i due tagli a pianta subrettangolare, UUSS 14 e 16, sono presumibilmente dovuti ad attività agricola, le cinque buche a pianta circolare (UUSS 4, 6, 8, 10 e 12) si datano a età pre-protostorica. Di misure differenti (UUSS 4 e 10 con diam. di m 0,27 e h di m 0,05; le altre buche con diam. da m 0,45 a m 0,60 e profondità da m 0,18 a m 0,35), le buche hanno un riempimento molto simile, a matrice argillo-limosa di colore bruno nerastro contenente frustoli carboniosi e scarsi elementi ceramici a impasto grezzo. Per quanto riguarda la disposizione dei tagli, le UUSS 4, 6 e 8 sono allineate, mentre UUSS 10 e 12 sono isolate. L’allineamento individuato potrebbe riferirsi a una struttura con sviluppo verso ovest che potrebbe essere indagata in caso di interventi nell’area contigua. Tutte le strutture erano tagliate in un paleosuolo a matrice argillo-limosa e colore bruno grigiastro, presente a una profondità di ca. m 0,60 dal piano di campagna. Coordinate: 45.510858, 9.664021 Raffaella Poggiani Keller, Emiliano Garatti Lo scavo è stato svolto nel maggio 2011 da SAP Società Archeologica s.r.l. sotto la direzione scientifica di R. Poggiani Keller (SBA Lombardia). Direttore tecnico A. Favaro; hanno lavorato in cantiere gli archeologi V. Santi ed E. Sarina. Sigla scavo: BREBEMI CAR BG ‘11 sito 4. CARAVAGGIO (BG), LOTTO 2 Tratta PK 29+200, Casello CS004 Necropoli di età romana Nel Comune di Caravaggio erano già state rinvenute, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, importanti testimonianze riferibili ad abitati e necropoli di età sia romana sia longobarda (Carta Archeologica della Lombardia, La provincia di Bergamo, 1992, p. 55, schede nn. 148-151). Circa m 250 a sud-est della Cascina dei Dossi, è stata scoperta una necropoli di età romana estesa su un’area di ca. mq 2300; le indagini hanno permesso di individuare, alla profondità di m 0,30 dal piano di campagna, 39 tombe distribuite su due aree ben distinte, distanziate di ca. m 60. Il nucleo più consistente era costituito da 35 tombe, di cui una a inumazione e 34 incinerazioni, che si sviluppavano su un’area di ca. mq 660. Di queste, almeno 31 hanno restituito oggetti di corredo, in massima parte in precario stato di conservazione: ben conservati erano gli elementi delle tombe 1 (un’olpe e una lucerna), 6 (un’olpe, un’olletta, una coppetta a pareti sottili a impasto grigiastro), 17 (un’anfora molto frammentata, due balsamari in vetro, una coppetta in ceramica), e 24 (un’olpe e un balsamario in vetro). L’unico inumato era deposto significativamente prono, con braccia e arti inferiori distesi; curiosamente, ai piedi 89 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 88 - Caravaggio, Tratta PK 29+200, Casello CS004. Necropoli di età romana. Tomba 39. dello scheletro era conservato un bicchiere-tazza, in ceramica comune, anch’esso capovolto. La presenza di inumazioni di questo tipo in età romana, seppur rara, non è priva di confronti, che andranno approfonditi; a titolo esemplificativo si cita il rinvenimento analogo effettuato nel corso degli scavi per la stazione TAV di Bologna (2007, T. 161). Più a ovest, a ca. m 60 di distanza, si trovava un secondo nucleo, costituito da quattro tombe, di cui una inumazione e tre incinerazioni, una delle quali in anfora; egualmente mal conservate, hanno restituito un minor numero di elementi, interi e in frammenti. Le due necropoli potrebbero essere coeve, anche se il nucleo numericamente inferiore sembrerebbe più tardo, mentre quello più consistente, in via preliminare, è databile al I-II secolo d.C., soprattutto grazie ai numerosi balsamari in vetro. Coordinate: 45.507809, 9.69265 CARAVAGGIO (BG), LOTTO 2 Ossigenodotto Limito - Ospitaletto Tombe di età romana L’assistenza archeologica agli scavi finalizzati alla realizzazione di una conduttura per la distribuzione di ossigeno, intervento collegato alla costruzione del tracciato autostradale Brebemi, ha posto in luce tre siti di età romana, tra il km 30 e il km 33 della tratta intercorrente tra Limito (MI) e Ospitaletto (BS), nel territorio comunale di Caravaggio. Nel primo e nel terzo sito sono state scoperte alcune sepolture, mentre il secondo era interessato da una serie di strutture, in precario stato di conservazione, limitrofe al ritrovamento identificato come Caravaggio Sito 8 (PK 32+300) della tratta Brebemi. Tutti i rinvenimenti erano ubicati alla profondità di ca. m 0,40 dal piano di campagna. Il primo sito è stato individuato all’inizio della tratta dell’ossigenodotto: si trattava di un piccolo nucleo di sepolture collocate a breve distanza l’una dall’altra, poste in luce in seguito all’iniziale scotico del terreno, distribuite su una superficie di mq 20. Il nucleo era costituito da tre sepolture a incinerazione indiretta in nuda terra e da una, sempre a incinerazione indiretta, ma posta in anfora. Quest’ultima era deposta in una fossa di forma circolare con pareti verticali che conteneva al centro, posta in verticale e parzialmente lacunosa, un’anfora fortemente frammentata, con la parte superiore collassata verso l’interno, contrad- 90 89 - Caravaggio, Ossigenodotto Limito - Ospitaletto. Tombe di età romana. Sito 3, tomba 1. distinto da un riempimento ricco di carboni e di abbondanti ossa combuste; esternamente, invece, è stata rinvenuta una moneta in bronzo, in pessimo stato di conservazione, allo stato attuale illeggibile. Le sepolture, a incinerazione indiretta, erano in nuda terra, tutte quante a una profondità di ca. m 0,20; al di sotto del riempimento sommitale si palesava in tutti e tre i casi un riempimento basale costituito da ciò che restava della terra di rogo, frammisto alle ossa bruciate. La tomba 4 era la sola a presentare un corredo articolato, costituito da un’olla, due balsamari in vetro, e numerosi elementi in metallo, tra cui numerosi chiodi; la particolarità di questa tomba era rappresentata dalla maggiore profondità rispetto alle altre. Il sito 3, infine, è rappresentato da due sepolture ugualmente di età romana, rinvenute su una superficie di mq 15; come per il primo sito, anche in questa circostanza si trattava di tombe a incinerazione indiretta. La tomba 1, probabilmente grazie alla maggiore profondità, ha conservato e restituito gran parte degli oggetti di corredo che la contraddistinguevano; si segnala come, al centro della fossa di forma rettangolare, fosse posta un’anfora segata, mentre il corredo (un’olpe in ceramica, una coppetta acroma in ceramica, una moneta al momento non leggibile, un piatto e due bicchieri in ceramica), era disposto nel riempimento basale che conteneva anche la terra di rogo. La tomba 2, invece, essendo scavata a una quota leggermente più alta, ha subito in maniera più invasiva l’intervento delle arature che hanno compromesso la conservazione del corredo. Coordinate sito 1: 45.510366, 9.646962 Coordinatee sito 3: 45.509791, 9.660303 CARAVAGGIO (BG), LOTTO 2 Ossigenodotto Limito - Ospitaletto Insediamento di età romana Il sito è stato individuato a circa metà della tratta in oggetto, distribuito su una superficie di mq 80. In questo caso sono state poste in luce una serie di strutture di età romana, che si collocavano alle propaggini di quello che è stato identificato come Sito 8 della tratta Brebemi (PK SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 32+300), un complesso pluristratificato che fa capo a una serie di edifici rustici di età romana. Nell’insieme le evidenze indagate si possono raggruppare, da una parte, in alcune fondazioni costruite con materiale lapideo e laterizi e, dall’altra, in due strutture costituite da frammenti di laterizi disposti principalmente in piano in modo serrato e regolare. In entrambi i casi è probabile che si tratti o di vespai per piani pavimentali o di bonifiche di zone depresse; tuttavia, data la limitatezza dell’area indagata non è stato possibile accertarsi di quali fossero gli esatti limiti delle strutture poste in luce. Coordinate sito 2: 45.509129, 9.653056 CARAVAGGIO (BG), LOTTO 2 Tratta PK 34+150 Tracce di frequentazione di età romana e tardoromana Nell’area del Casello di Treviglio CS005 è stato indagato un sito archeologico di epoca romana, conservato in modo piuttosto lacunoso dal momento che i lavori agricoli hanno fortemente compromesso l’area; le testimonianze archeologiche erano ubicate alla profondità di m 0,40 dal piano di campagna e disposte su una superficie di oltre mq 2500. Tra le evidenze indagate nel settore nord, esclusivamente tagli, di particolare interesse era una buca che presentava una forma perfettamente circolare e dal cui riempimento provenivano parecchi frammenti di ceramica: si trattava di una fossa dal diametro di m 1,4 e profonda ca. m 1; da un preliminare studio della ceramica recuperata, tra cui un orlo di coppetta a pareti sottili in ceramica depurata grigia decorata con strigliature, il sito si inquadra nella prima età imperiale. La fossa non era di facile interpretazione, ma la regolarità del taglio e l’abbondanza di mate- riale presente nel riempimento fanno ipotizzare si tratti dell’asportazione di un elemento strutturale, riutilizzata come fossa di scarico. Presso il limite ovest di scavo del settore nord, sono stati portati in luce due solchi lineari paralleli che si sviluppavano in senso NE-SW per ca. m 18: essi avevano una larghezza di m 0,50 e una profondità massima di m 0,20; il riempimento conteneva numerosi frammenti di laterizi, un elemento in ferro, una moneta in bronzo (non leggibile allo stato attuale) e un frammento di un’astina in bronzo ricurva a sezione circolare. I due solchi, ben visibili nello strato ghiaioso molto compatto, potrebbero essere la traccia del passaggio di carri e quindi essere testimonianza della presenza di un tracciato stradale che si sviluppava lungo una direttrice NE-SW. Presso il limite nord-est del settore nord è stata documentata una sepoltura sconvolta, che ha restituito due monete (allo stato attuale illegibili; una di esse forata), e un elemento cilindrico in bronzo. Il settore meridionale conservava le strutture di maggiore interesse: una struttura muraria rettilinea, e una grande struttura ad anello in ciottoli al centro della quale si trova un pozzo anch’esso in ciottoli. Il muro presentava andamento lineare NW-SE, era lungo m 6 ca., largo m 0,40 ed era composto da embrici; si conservava per un solo corso ed era ben riconoscibile per i primi m 2,9 verso sud, mentre la parte a nord risultava compromessa. Asportato lo strato nel quale era stato scavato il taglio di fondazione del muro, si è posta in luce una grande struttura circolare (m 7,40 N-S x m 8 E-W): si trattava di una struttura formata da ciottoli disposti in modo regolare e accostati a secco, senza l’utilizzo di leganti, al cui centro è stato rinvenuto un pozzo, anch’esso in ciottoli (diam. ca. m 1,15), formato da elementi accostati regolarmente, in più anelli sovrapposti, a secco. Dal riempimento 90 - Caravaggio, Tratta PK 34+150. Tracce di frequentazione di età romana e tardoromana. Pozzo. 91 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 sono stati recuperati anche diversi frammenti di ceramica romana, tra i quali alcuni frammenti di un piatto in terra sigillata e di ceramica comune che, in base a uno studio preliminare, si possono collocare cronologicamente nei primi decenni del I secolo d.C. Il sito testimonia la presenza nell’area oggetto di indagine di un insediamento di età romana, in parte mantenutosi per diversi secoli; i tagli circolari indagati potrebbero essere interpretati come silos, utilizzati per l’immagazzinamento delle derrate e delle eventuali produzioni agricole effettuate in loco. In un momento successivo (III-VI secolo d.C. ca.) l’insediamento assume una funzione differente e vengono smantellate le strutture circolari adibite a silos, il pozzo viene obliterato riportando livelli di ghiaia e di limo sulla sua imboccatura, e al di sopra di questi livelli viene costruita una struttura muraria. Coordinate: 45.507497, 9.629903 CARAVAGGIO (BG), LOTTO 2 Tratta PK 34+150, Casello CS005 Tracce di frequentazione di età tardoromana Rinvenuto nell’area del Casello di Treviglio CS005, si tratta di un sito archeologico di epoca tardoromana conservato in modo lacunoso: le strutture e le anomalie indagate si distribuivano in modo puntiforme su un’area di oltre mq 7000, ubicate alla profondità di m 0,40 dal piano di campagna; le unità stratigrafiche più significative riguardavano i fondi di alcune tombe e alcune strutture murarie, verosimilmente di epoca tardoantica. Delle tre tombe esplorate, situate nella zona più a sud dell’area archeologica, due (T. 1 e T. 2) conservavano parte della struttura; erano orientate in senso E-W, e presentavano il corso basale delle pareti realizzato con frammenti di laterizi e ciottoli di modeste dimensioni, accostati a secco. Una di esse (T. 2) presentava anche parte del fondo realizzato con embrici accostati, conservato solo nella parte più a est; quest’ultima ha restituito anche un elemento di corredo: un recipiente in ceramica depurata di piccole dimensioni, assai frammentario. Immediatamente a ovest si trovava una terza tomba (T. 3), in fossa nella nuda terra: dal suo riempimento è stato recuperato un frammento di fibula in bronzo. Altre anomalie, situate in un’area più centrale della zona del casello rispetto a quelle appena descritte, potrebbero essere relazionate a fondi di sepolture. In una zona più a nord, a pochi metri dal limite di scavo, sono state invece documentate alcune strutture murarie, in ciottoli e scarsi laterizi, senza legante. Conservate in fondazione, per un solo corso, erano disposte ad angolo retto e identificavano verosimilmente un ambiente. Tra le due strutture murarie è stata rinvenuta la fondazione di un pilastro, di forma quadrata, di m 0,45 di lato, ugualmente realizzato in ciottoli e laterizi, atto a sostenere l’angolo sud-est dell’ambiente. All’interno dell’ipotetico vano, si osservava uno spargimento di ciottoli e di embrici, anche di grandi dimensioni, con andamento piuttosto irregolare. In questo strato si sono ritrovati alcuni frammenti fittili, di vetro, ferro, bronzo e una moneta. Il sito indagato conservava quindi tracce di un insediamento vicino al quale era stata organizzata la piccola area sepolcrale sopradescritta; i frammenti ceramici recuperati durante l’indagine archeologica consentono di fare alcune considerazioni sulla cronologia dell’occupazione dell’area. La ceramica diagnostica è di tipo comune, a impasto gros- 91 - Caravaggio, Tratta PK 34+150, Casello CS005. Tracce di frequentazione di età tardoromana. Panoramica della zona nord. 92 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 solano; in particolare si osservano frammenti di olle e di catini-coperchi, la cui diffusione si colloca tra il III e il VI secolo d.C. La tipologia strutturale delle sepolture indurrebbe a circoscrivere l’inquadramento cronologico del sito in epoca tardoromana. Coordinate: 45.506166, 9.627242 CARAVAGGIO (BG), LOTTO 2 Tratta PK 31+700 Tracce di frequentazione di età tardoantica Circa m 200 a nord-ovest della Cascina Biligornia, è stato rinvenuto un insediamento tardoantico, conservato in labili tracce, esteso su di un’area di ca. mq 2000, ubicato alla profondità di m 0,40 dal piano di campagna. Nella parte sud-est del sito sono state individuate fosse di scarico, che in alcuni casi presentavano terreno rubefatto nel riempimento: il dato induce a ipotizzare un possibile uso artigianale dell’area indagata, o di una parte di essa; l’ipotesi è confermata dal rinvenimento, nella parte nord, di una struttura interrata a pianta quadrata, con lato di ca. m 3,5, caratterizzata dalla presenza di terreno compatto e rubefatto sulle pareti e sul fondo: si tratta presumibilmente di una fornace. Immediatamente a sud di essa erano conservate labili tracce di strutture insediative: si tratta di cinque buche di palo disposte su due allineamenti ortogonali, al cui angolo era situata la fondazione di un pilastrino realizzata in ciottoli, con pianta subcircolare e diametro di m 0,60: evidentemente sorreggevano una palificazione dotata di una sorta di copertura, probabilmente in fase con la struttura della fornace, forse da riferirsi a un’area di stoccaggio dei materiali. A sud dell’area di scavo era conservato un angolo costituito da due lacerti murari in fondazione, ortogonali tra loro e realizzati in ciottoli con scarso uso di frammenti laterizi: si tratta del solo corso basale di fondazione, tuttavia sufficiente a testimoniare una parte residenziale nel sito. Sempre nella parte sud, spostato verso ovest, è stato rinvenuto un piccolo vespaio a pianta quadrata con lato di ca. m 2, circondato da strutture murarie che lo definivano, conservate solo nei tagli di fondazione e nell’angolo nord-ovest: potrebbe trattarsi di un magazzino-silos, lievemente interrato, di tipologia diffusa in area bergamasca. L’insediamento presentava nella parte nord una struttura curiosa: una bonifica o fondazione a pianta non ricostruibile, rettangolare o subovale, con ingombro massimo di ca. m 2 x 1,5, costituito da ciottoli e frammenti laterizi; a sud e a est di esso sono stati rinvenuti sei coppi integri, in due casi coperti da un coppo contrapposto, disposti a semicerchio; pur in assenza dello scheletro, si ipotizza che siano sepolture di neonati entro coppo. La ceramica recuperata, in particolare alcuni frammenti di olle, permette di datare il sito, in via preliminare, a un periodo compreso tra il III e il VII secolo d.C. Coordinate: 45.511106, 9.660394 CARAVAGGIO (BG), LOTTO 2 Tratta PK 29+900 Fornace di epoca post-rinascimentale Ca. 300 m a sud-est della Cascina Vallicelle di Sopra, sono state rinvenute due anomalie accostate di indubbia natura antropica, che sono state denominate “Struttura 1” e “Struttura 2”. L’area, di ca. m 50 x 20, è stata oggetto di un intervento archeologico che ha permesso di documentare, alla profondità di m 0,40 dal piano di campagna, una fornace per mattoni (“Struttura 1”), affiancata dall’area presumibilmente adibita all’essiccazione dei laterizi (“Struttura 2”). La “Struttura 1” era costituita dalla camera di combu- 92 - Caravaggio, Tratta PK 29+900. Fornace di epoca post-rinascimentale. Panoramica. 93 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 stione, di forma rettangolare (m 3,9 x 6,9), collegata a un ambiente antistante da quattro canali d’irradiazione che terminavano direttamente all’interno dei praefurnia. All’interno di uno dei canali era presente uno spargimento di coppi e laterizi frammentati che rappresentava o un residuo del crollo dell’arco che presumibilmente lo ricopriva, o un residuo del crollo della copertura della camera di cottura. Sul lato nord della camera di combustione erano presenti quattro praefurnia, di forma rettangolare, paralleli fra loro. Nella parte alta della parete est di uno dei praefurnia, sullo spigolo rivolto verso la camera di combustione, era visibile l’innesto dell’arco a tutto sesto che probabilmente sormontava l’apertura del praefurnium stesso. L’assenza di materiali non ha permesso di fornire una datazione precisa dell’impianto; tuttavia, in base alle caratteristiche tipologiche dei laterizi e a confronti con strutture analoghe rinvenute nel territorio lombardo, è possibile attribuire la fornace a un arco di tempo compreso tra il XVII e il XIX secolo d.C. Coordinate: 45.509415, 9.684212 93 - Fara Olivana, Tratta PK 25+350 Necropoli tardo La Tène - prima età imperiale. Tomba 4. COVO (BG), LOTTO 2 Tratta PK 22+750 Tracce di frequentazione di età tardoantica Nel mese di settembre 2011, è stato effettuato uno scavo archeologico nel territorio comunale di Covo, già noto per ritrovamenti archeologici (Carta Archeologica della Lombardia, Provincia di Bergamo, II, 1992, pp. 76-77, schede nn. 278-281; NSAL 1995-97 e 2010-11), lungo il tracciato della Brebemi (alla progressiva chilometrica PK 22+750, nella carreggiata nord), ca. m 150 a sud-est della Cascina Battagliona. Sono state rinvenute sette unità stratigrafiche negative (tagli), a ca. m 0,30 di profondità dal piano di campagna, a pianta irregolarmente subcircolare e con diametri compresi tra m 0,35 e m 1,30; la profondità massima dei tagli è di m 0,40. Le evidenze non presentavano allineamenti particolari ed è quindi difficile interpretarne la funzione d’uso: potrebbe trattarsi di elementi legati a strutture stanziali, quali capanne, o semplicemente di interventi sporadici e isolati. Non è conservato il livello d’uso a esse relativo, presumibilmente a causa dei lavori agricoli. Sono stati rinvenuti numerosi frammenti ceramici, quasi esclusivamente di ceramica comune, che inducono a ipotizzare una datazione preliminare del sito tra il IV e il VI secolo d.C. Coordinate: 45.488388, 9.768047 FARA OLIVANA (BG), LOTTO 2 Tratta PK 25+350 Necropoli tardo La Tène - prima età imperiale Il territorio di Fara Olivana, già conosciuto per la presenza di tombe di età romana (Carta Archeologica della Lombardia, La provincia di Bergamo, 1992, p. 81, schede nn. 298-299) è risultato rivestire, su una superficie complessiva di ca. mq 8000, posta in prossimità dell’attuale cimitero, un notevole interesse tra l’epoca tardo La Tène e l’età longobarda. All’altezza della PK 25+350 ca. e del nuovo sottovia per Fara Olivana SO023, nel campo denominato Valazza, è stato indagato, nel mese di luglio 2010, un nucleo di otto sepolture, situate immediatamente a ovest della necropoli longobarda, presentata in questo notiziario. Dal momento che le due necropoli sono state scavate 94 94 - Fara Olivana, Tratta PK 25+350. Necropoli tardo La Tène - prima età imperiale. Tomba 36. contestualmente, la numerazione delle tombe segue l’ordine con cui sono state indagate e sono contraddistinte dai numeri 3, 4, 5, 6, 7, 21, 36, 73. Ubicate alla profondità di m 0,30 dal piano di campagna, le tombe 7, 21, 36, 73 erano scavate nella nuda terra; altre due invece (Tt. 4 e 6) avevano strutture in laterizi di dimensioni piuttosto contenute. La tomba 3 si distingueva per la tipologia e il rituale di deposizione: caratterizzata da una cassa in laterizi di forma rettangolare, conteneva al suo interno, presso il lato ovest, solo un’anfora priva di collo e fondo, dentro la quale non era contenuto alcun oggetto. Una volta rimossa l’anfora e il fondo della struttura in laterizi, si è palesato un altro livello di deposizione con abbondante terra di rogo e ossa combuste, nel quale erano stati deposti un’urna cineraria e tre balsamari in vetro. La tomba 4, invece, presentava la canonica struttura alla cappuccina orientata in senso E-W, realizzata con due embrici per lato; al suo interno erano state deposte una patera e un’olletta a vernice nera. La tomba 36, in fossa terragna riempita con abbondante terra di rogo, presentava il corredo composto da numerosi reperti, disposto su più livelli; alcuni elementi in metallo sono stati recuperati nella zolla di terreno in cui essi erano SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 conservati. Dal livello più superficiale provenivano 28 elementi: 10 monete in bronzo, un vasetto in ceramica depurata, due coltelli in ferro di cui uno con dorso ricurvo, frammenti relativi a una pinza, un vago in vetro con decorazione a occhi di colore giallo, bianco e blu, un peso in piombo, una coppetta, una coppa tipo Lamboglia 27, almeno sei contenitori assimilabili a olle o bicchieri, due ciotole, una patera tipo Lamboglia 36 acroma, un paio di cesoie, una mandibola di cinghiale, tre fibule La Tène in bronzo con arco a sezione circolare e nodulo sopra alla molla. Dal livello inferiore provenivano un contenitore in ceramica frammentario, sei monete in bronzo, una perla in pasta vitrea blu e gialla, una fusaiola, una fibula in bronzo e una in ferro. Infine si cita la tomba 73, a incinerazione in nuda terra, nella quale sono stati rinvenuti una tavoletta in argento, un elemento in vetro, un gancio in ferro e frammenti ceramici di diversa tipologia. Da un punto di vista cronologico, in via preliminare e in attesa dello studio dei reperti, è possibile individuare due gruppi di tombe: alcune (Tt. 3, 4, 6, 7, 73) si inquadrano nel I secolo d.C., mentre le altre (Tt. 5, 36) sono più antiche per la presenza di elementi attribuibili al tardo La Tène. Le tombe sembrano allineate lungo un asse che si prolunga idealmente fino a una necropoli costituita da 36 tombe a incinerazione (infra), databile ai primi secoli dell’impero, rinvenuta a soli m 250 ca. di distanza in direzione N-NW; si può supporre che entrambe le necropoli sorgessero lungo un ipotetico asse viario. I due complessi funerari indiziano inoltre, indirettamente, la presenza di uno o più insediamenti nelle vicinanze. Coordinate: 45.490987, 9.734973 FARA OLIVANA (BG), LOTTO 2 Campo base Brebemi Necropoli di età romana Nei mesi di giugno e luglio 2009 l’assistenza archeologica alle attività di splateamento sull’area destinata a ospitare il campo base di Fara Olivana ha permesso di individuare una necropoli formata da 36 tombe a incinerazione di epoca romana, su una superficie di ca. mq 700: di essa si sono rinvenuti i limiti sud, ovest e nord verso il cantiere Brebemi, ma non quello est che, probabilmente, si trova a est della strada campestre che segna l’estremità orientale dell’area di intervento, a fianco della quale corrono due fossati, denominati Roggia nuova e Fontana detta dei morti. La necropoli era situata m 250 a ovest della Cascina Fara Nuova e m 320 a nord dell’attuale cimitero di Fara Olivana. ed era costituita da 36 tombe a incinerazione indiretta, sviluppate secondo una disposizione estensiva, senza sovrapposizioni tra le sepolture, in gruppi familiari che occupavano spazi definiti a ridosso di un fossato coevo. Questo, largo da m 1,70 a m 4 e profondo m 0,7, presentava una lunghezza presunta di almeno m 155 da NE a SW e, nel settore occupato dalla necropoli, risultava connesso verso nord a una fossa quadrangolare di ca. m 6 x 11, che presentava pareti inclinate e fondo leggermente concavo. Tutte le tombe erano a incinerazione, in fossa semplice, con rito indiretto. In pochi casi sono stati rinvenuti resti di legno carbonizzato; in un caso i resti di legno erano particolarmente consistenti e riferibili, con probabilità, alla barella funebre. All’interno della terra di rogo, sono stati individuati alcuni elementi di corredo legati a una offerta primaria, cioè gettati nel rogo o appartenenti al defunto 95 - Fara Olivana, campo base Brebemi. Necropoli di età romana. Planimetria con la disposizione dei gruppi familiari. al momento della cremazione; in genere si tratta di monete in bronzo, in un caso di un coltello spezzato intenzionalmente e di una fibula in bronzo (T. 4), di uno stilo e due anelli di catena in ferro e una moneta in bronzo (T. 29). Quanto agli oggetti di corredo riferibili a offerte secondarie, cioè deposte nella fossa successivamente al rito di cremazione, si ricordano monete, coppette, olpi, anelli di catena in ferro, oggetti spezzati ritualmente e deposti capovolti; in tre corredi sono stati rinvenuti un balsamario in vetro, una lucerna firmalampen, una armilla in bronzo. In due tombe contigue (T. 3 e T. 9) sono stati posti in luce resti vegetali carbonizzati, appoggiati sul fondo della fossa, prima di deporre la terra di rogo. Numericamente rilevante è la presenza di segnacoli, in prevalenza anfore segate e, in un caso, due coppi verticali contrapposti, infissi nella terra di rogo, deposta sopra la fossa. La distribuzione spaziale delle sepolture ha permesso di ipotizzare un’organizzazione in base a possibili gruppi familiari, con le tombe disposte principalmente in cerchi od ovali non chiusi e, successivamente, in sottogruppi di derivazione più o meno lineari che occupavano spazi laterali al gruppo principale (gruppi A, B, C, D). A causa della quota di rinvenimento, mediamente m 0,20 al di sotto dell’attuale piano di campagna, la sequenza stratigrafica superiore alla necropoli è stata asportata dalle continue operazioni di aratura, successive all’abbandono del sepolcreto. Lo scavo ha restituito 35 monete; si tratta di esemplari integri, in bronzo. Di questi, 34 provengono da 16 tombe mentre uno dallo splateamento dall’area. A un’analisi preliminare, si annoverano cinque sesterzi, due antoniniani, due dupondi, due che per peso e pondomentria possono essere indicati come assi o dupondi, tutti gli altri esemplari risultano assi. Le monete coprono un arco crono- 95 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 96 - Fara Olivana, campo base Brebemi. Necropoli di età romana. Panoramica generale dell’area. FARA OLIVANA (BG), LOTTO 2 Tratta PK 25+250 Tracce di frequentazione di età tardoantica 97 - Fara Olivana, campo base Brebemi. Necropoli di età romana. Tomba 16. logico che è compreso tra gli inizi del I secolo d.C. e il III secolo d.C., con una maggiore concentrazione tra la fine del II e il III secolo. Per quanto riguarda la distribuzione delle monete all’interno delle sepolture, una piccola parte delle tombe (22%) ne è stata trovata priva. Delle altre, il 33% è costituito esclusivamente da monete (il 44% ha almeno una moneta), e il 16% ha corredo esclusivamente ceramico. I corredi con monete sono presenti principalmente nel settore nord della necropoli, in particolare nei gruppi “C” e “D”. A un’analisi preliminare dei dati di scavo, la necropoli sembra coprire un arco cronologico compreso tra il I e il III secolo d.C.; sembrerebbe inoltre esserci uno sviluppo temporale parallelo tra i diversi gruppi familiari, in particolare i sottogruppi “C1” e “D1” potrebbero appartenere a una fase successiva al gruppo principale. Coordinate: 45.494037, 9.733382 96 Nel corso dei lavori di scavo è stata indagata, all’altezza della PK 25+250, nel campo denominato “Campo Longo”, un’area con tracce di frequentazione di età tardoantica: su un’area di ca. mq 1900 sono state documentate numerose buche di palo, lacerti di strutture, spargimenti di materiali, un pozzo, tracce di canali, il fondo di una tomba e, unico elemento in buono stato di conservazione, una vasca interrata di forma quadrata. Sono stati documentati due livelli composti da laterizi frammentati e ciottoli, posti con il probabile intento di creare un livello di bonifica e preparazione su cui impostare delle strutture insediative o artigianali. Il pozzo indagato risultava scavato direttamente nella terra, senza alcun tipo di struttura; il taglio, di ca. m 2,15 di diametro e profondo oltre m 2,1, presentava fondo concavo e pareti fortemente inclinate, e intercettava vari strati sterili costituiti da apporti limosi e torbosi. Di particolare interesse il rinvenimento di una tomba presso l’area centro-orientale del sito, a una profondità di ca. m 0,30 dal piano di campagna, fortemente compromessa dai lavori agricoli. Si trattava di una tomba a inumazione isolata, orientata in senso E-W con struttura in laterizi di cui si conservava solo una parte del fondo, parte delle spallette e, al suo interno, alcuni frammenti di ossa sparse. La parte di struttura del fondo conservata era costituita da tre embrici accostati; le spallette erano in frammenti di embrici e ciottoli di modeste dimensioni, accostati a secco. Non si esclude che la sepoltura fosse dotata di un corredo depredato e, nonostante sia l’unica rinvenuta, non è da escludere la presenza di altre tombe. L’unico elemento ben conservato del sito era una struttura di forma quadrata situata presso il limite ovest dell’area di scavo: si tratta di una struttura a pianta quadrangolare, interrata, di m 2,10 per lato con altezza massima di m 0,90; si conservavano 10 corsi di ciottoli fluviali alternati a corsi composti da frammenti di tegole e di anfore disposte a spina di pesce, e da frammenti di tegole e di mattoni disposti in piano legati da malta color SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 tale da isolare il contenuto dall’umidità del terreno. La tipologia della struttura induce a ritenere che si trattasse di un ambiente adibito a magazzino o silos per lo stoccaggio delle derrate alimentari. Nell’area indagata, si ipotizza la presenza di un piccolo nucleo abitativo con strutture in materiale deperibile; l’abitato era sicuramente dotato di elementi atti alla sopravvivenza, quali un pozzo e almeno un magazzino per la conservazione delle derrate. Il materiale ceramico recuperato, in gran prevalenza olle e alcuni frammenti di mortarium, si inserisce in via preliminare in un arco cronologico che va dal III al VI secolo d.C. Coordinate: 45.490611, 9.737427 FARA OLIVANA (BG), LOTTO 2 Tratta PK 25+600 Insediamento di età tardoantica 98 - Fara Olivana, Tratta PK 25+250. Tracce di frequentazione di età tardoantica. Il magazzino-silos. grigio chiaro piuttosto tenace. Sul fondo della struttura, a contatto con lo sterile, erano posizionati sei grossi ciottoli fluviali, piani e di forma allungata, che potrebbero essere stati utilizzati come sostegno per un assito ligneo, in modo Tra gennaio e aprile 2010, nell’area prospicente l’attuale cimitero di Fara Olivana, alla progressiva chilometrica PK 25+600, sono state documentate diverse evidenze archeologiche che denotano la presenza di un sito di età tardoromana, a carattere insediativo. Il sito, distribuito su un’area di ca. mq 3000, si conservava in modo piuttosto lacunoso, poiché i piani di calpestio ori- 99 - Fara Olivana, Tratta PK 25+600. Insediamento di età tardoantica. Planimetria del sito. 97 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 Infine, nella parte sud del sito sono state indagate 40 buche di palo di dimensioni e tipologie differenti. I tagli delle buche non disegnavano piante a forma particolare, ed è impossibile capire se appartenevano tutte a una sola fase, o se si riferissero a differenti fasi. Lo scavo dell’insediamento conferma l’occupazione antropica del territorio di Fara Olivana già in età tardoantica: la datazione del sito, basata sull’analisi preliminare delle monete rinvenute, ben 44, indica un’occupazione dell’area in un arco cronologico piuttosto ampio, tra il IV e il VII secolo d.C. Coordinate: 45.491863, 9.732127 FARA OLIVANA (BG), LOTTO 2 Tratta PK 25+350 Necropoli longobarda 100 - Fara Olivana, Tratta PK 25+600. Insediamento di età tardoantica. Pozzo in ciottoli. ginari erano stati intaccati e asportati dai lavori agricoli di epoca moderna: si conservavano esclusivamente strutture in fondazione, o scavate in negativo (come le buche di palo) e alcuni livelli di bonifica e preparazione, rinvenuti alla profondità di ca. m 0,40 dal piano di campagna. Nell’area centrale erano presenti la maggior parte delle strutture archeologiche, ortogonali e caratterizzate da un orientamento N-S quasi perfetto. In particolare, è stato documentato un grande livello in ciottoli e laterizi disposto per creare un piano di bonifica sul quale si impostavano le strutture. Questo piano aveva una dimensione piuttosto irregolare, seppur organizzato a forma di L, e si presuppone fosse la preparazione pavimentale di una struttura dotata di due ambienti rettangolari ortogonali, con uno spazio interno di ca. mq 140. Inoltre, alcuni lacerti di strutture in ciottoli e laterizi di reimpiego, situati all’interno di questo ipotetico edificio, lasciano supporre la presenza di spazi razionalmente divisi all’interno dei due ambienti. Tali vani avevano una chiusura ideale verso nord-ovest nelle strutture murarie UUSS 185, 186, 187, con analogo orientamento. Anche in questo caso si trattava di muri in ciottoli di medie dimensioni e laterizi conservati solo in fondazione. Anche il settore nord-ovest del sito conservava alcune strutture murarie, in fondazione. Anche in questo caso, la periodizzazione in fasi non è supportata da rapporti fisici o stratigrafici, considerata l’assenza di livelli d’uso: è quindi inevitabile utilizzare le caratteristiche fisiche delle strutture, e il loro orientamento, per ragionare su eventuali sincronismi. Le US 198, 199 e 200 costituivano la parte nord di un edificio, in pessimo stato di conservazione e caratterizzato da fondazioni dei perimetrali molto diverse tra loro: US 198, il perimetrale est, era infatti costituito da abbondanti frammenti laterizi e scarsi ciottoli; US 199, perimetrale nord, era in ciottoli; US 200, perimetrale ovest, in ciottoli e laterizi. Vi erano, infine, alcune evidenze di natura artificiale, che sono risultate di dubbia interpretazione: nella maggior parte dei casi (UUSS 208, 232, 233, 276) si trattava di “spargimenti di laterizi e ciottoli”, conservati in modo lacunoso e in forme irregolari: potrebbero essere interpretati come bonifiche ovvero preparazioni. Al centro dell’area indagata è stato rinvenuto un pozzo (US 207), realizzato in ciottoli senza legante, conservato in altezza per ca. m 2 (anche se le pareti sono visibili per un massimo di m 1,40, dal momento che la parte sommitale risultava collassata). 98 All’altezza della PK 25+350 e nell’area del nuovo sottovia per Fara Olivana, è stata rinvenuta una necropoli longobarda di notevole interesse, a una profondità di ca. m 0,30 dal piano di campagna, indagata tra aprile e agosto 2010. Le sepolture, per un totale di 102, erano distribuite su un’area di mq 2500 ca., e si collocavano immediatamente a est di un piccolo nucleo di sepolture a incinerazione di epoca precedente, trattato in questo notiziario (Fara Olivana, Necropoli tardo La Tène - prima età imperiale), che denota forse una continuità fisica e concettuale dello spazio sepolcrale durato per più secoli. Le sepolture della necropoli di Fara si sviluppavano per righe (o file) non regolari, orientate N-S e presentavano orientamento E-W, secondo l’uso canonico, con capo a ovest e piedi a est. Si sono riscontrate tre diverse tipologie tombali: 74 tombe erano realizzate in nuda terra con tagli di forma ovale o rettangolare, 17 avevano un rivestimento delle pareti in struttura lignea, testimoniata dalla presenza già in superficie di una bordatura di ca. cm 10 di colore brunonerastro, che è stato possibile seguire per tutta l’altezza delle pareti; e infine 11 tombe presentavano struttura in ciottoli e laterizi. Le tombe dotate di struttura evidenziavano, a loro volta, tipologie differenti: solo tre di esse presentavano una vera e propria struttura con pareti e fondo (Tt. 34, 107, 108). Esse sono state costruite con pareti in ciottoli e laterizi disposti regolarmente, a secco, e con un fondo realizzato con laterizi accostati e posti in piano: si tratta per lo più di materiale di reimpiego e, in particolare per il fondo, si è osservato l’utilizzo di sesquipedali. Altre sepolture presentavano le sole pareti realizzate a secco con ciottoli e laterizi e la totale assenza del fondo strutturato; in sei casi il solo fondo strutturato e le pareti in nuda terra; in una unica sepoltura (T. 59) si è osservato un laterizio sotto la testa del defunto, a guisa di cuscino, e uno sotto i piedi; la tomba 62 presentava dei sesquipedali presso gli angoli del fondo. Va tuttavia considerato che le tombe con struttura, data la loro maggiore visibilità rispetto alle altre, sono le uniche della necropoli a essere state violate, motivo per cui la mancanza di parte della struttura potrebbe essere dovuta all’opera di saccheggio. Gli scheletri si presentavano nella maggior parte dei casi in cattivo stato di conservazione, ma leggibili; tutti gli inumati sono stati deposti supini e presentavano quasi sempre le braccia distese lungo i fianchi; in rari casi le braccia erano ripiegate sul bacino; un solo inumato conservava un osso del braccio sinistro, ulna o radio, ripiegato sul torace. Una sola sepoltura con- SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 101 - Fara Olivana, Tratta PK 25+350. Necropoli longobarda. Panoramica generale. teneva due scheletri, dove il primo inumato in ordine cronologico è stato chiaramente spostato verso est per la deposizione di un secondo individuo in un momento posteriore (T. 107). Tenendo presente che si tratta di considerazioni assai preliminari, addotte sulla base dell’osservazione dei corredi in scavo e di basilari conoscenze antropologiche, si può affermare che la necropoli accoglieva 17 tombe maschili sicure e 8 probabili, 8 tombe femminili e 6 probabili e 12 sepolture di subadulti; le restanti sono da verificare tramite indagini antropologiche, anche se si ipotizza comunque una predominanza di individui maschi adulti. Le sepolture maschili offrivano significativi esempi di inumazioni di guerrieri ed erano quelle dotate di maggior ricchezza numerica di elementi, quali armi e altri indicatori di particolare interesse; le tombe inequivocabilmente femminili restituivano monili preziosi e fibule; le sepolture di bambini si accomunavano per la presenza di perline in pasta vitrea, piccole fusarole o contenitori in ceramica. Vi erano anche 20 tombe totalmente prive di corredo; tra queste cinque non conservavano alcun frammento di ossa. Le sepolture maschili appartenenti a guerrieri risultano di straordinario interesse dal momento che hanno restituito molti accessori dell’armatura: si contano 9 spade, 8 umboni, numerosi scramasax e coltelli. Un buon numero di tombe (almeno 15) della necropoli di Fara Olivana ha restituito elementi riconducibili alla cintura per la sospensione delle armi: placchette, puntalini, bottoni in osso di forma piramidale, fibbie, passanti e altri elementi in metallo non identificati sul campo. Il metallo di questi esemplari risulta alterato, ma le radiografie e il restauro di alcuni di essi, effettuati nel 2012, hanno permesso di mettere in luce le preziose decorazioni in agemina. Degli scudi si conservano, oltre agli 8 umboni in ferro, la parte relativa all’immanicatura, anch’essa in ferro, e le borchie decorative; in particolare si segnalano dalla tomba 63 due borchie in bronzo dorato decorate con una fascia composta da due file contrapposte di triangolini punzonati delimitate da due linee puntinate. Sono state recuperate tredici punte di lancia in ferro con relativa immanicatura e, nel caso della tomba 60, anche un fermo della parte terminale dell’asta formato da un elemento cilindrico. Sempre da una ricca sepoltura maschile, la tomba 63, proviene una placchetta d’argento a S formata da due teste di cavallo contrapposte: tra i vari confronti possibili, si ricordano le placchette rinvenute in tombe longobarde, in diverse località d’Italia, quali Trezzo sull’Adda, Castelli Calepio, Caravaggio, Luni, Castel Trosino. Le sepolture che sono state ricondotte a inumazioni femminili della necropoli sono 14: tali deposizioni si contraddistinguono per la ricchezza di alcuni oggetti presenti, che le segnalano come le tombe più ricche della necropoli di Fara Olivana. Tra i reperti tipici ed emblematici del costume femminile germanico troviamo le fibule a staffa (tre esemplari in bronzo dorato con protome zoomorfa), quattro fibule a disco cloisonnè in argento e foglia d’oro con almandini e una fibula a disco in bronzo, più due esemplari di fibule a S. Di straordinario interesse è una fibula a staffa in bronzo di grandi dimensioni (lungh. ca. 14 cm) decorata con incisioni; a essa erano associati 26 elementi in argento decorati a punzonatura, relativi a una cintura. Da due tombe femminili in particolare (Tt. 41 e 61) provengono i ritrovamenti più significativi della necropoli di Fara Olivana. 99 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 102 - Fara Olivana, Tratta PK 25+350. Necropoli longobarda. Particolare della tomba 41. 103 - Fara Olivana, Tratta PK 25+350. Necropoli longobarda. Tomba 62. 100 Oltre alle già citate fibule, da una di queste sepolture (T. 41) provengono 10 pendagli d’oro, 10 vaghi in ametista e 76 vaghi in pasta vitrea colorata, appartenenti a due diverse collane. Di straordinaria manifattura, i 10 pendagli d’oro presentano un’accurata decorazione in filigrana di due differenti tipologie. L’altra inumazione (T. 61) conservava, invece, due orecchini d’oro a cestello con almandini. Un manufatto assai suggestivo proviene sempre da una tomba femminile (T. 81): si tratta di una sfera di cristallo di ca. cm 2 di diametro; il curioso oggetto era posizionato tra i femori, al di sotto di una fibula a staffa, e si presuppone si trattasse di un amuleto conservato all’interno di un contenitore in materiale deperibile appeso a una cintura. Tra i prodotti più ricchi e preziosi della necropoli di Fara Olivana spiccavano le 12 croci in lamina d’oro, lisce in quattro casi e decorate nei restanti. Rinvenute all’altezza del volto o sulla spalla, com’è consuetudine, dovevano essere fissate a un sudario. La pratica di deporre un contenitore in ceramica è abbastanza diffusa nella necropoli in sepolture di adulti, ma soprattutto in quelle di subadulti; in 24 casi sono stati rinvenuti contenitori in ceramica deposti ai piedi o presso il capo del defunto, forse contenenti offerte alimentari. Si annoverano 15 pettini in osso, piuttosto frammentari, all’apparenza privi di decorazioni: tale elemento si trova per lo più in sepolture di subadulti, ma in alcuni casi è presente anche in quelle di adulti, nonché di guerrieri di una certa importanza (Tt. 60, 62). Infine si ricorda la presenza di 18 monete datate al IV secolo d.C. (alcune di esse ben inseribili in un arco cronologico compreso nella seconda metà), all’interno di 9 tombe. La necropoli longobarda di Fara Olivana si può collocare in via preliminare tra il VI e il VII secolo d.C. Si ipotizza inoltre che abbia seguito uno sviluppo da sud- SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 ovest verso nord: le tombe che sembrano essere più antiche, forse inquadrabili nella seconda metà del VI secolo, sono infatti distribuite presso il limite sud-ovest di scavo; la necropoli sarebbe andata poi espandendosi con il gruppo centrale delle inumazioni più ricche, quelle di guerrieri dotati di armamento completo e quelle femminili più importanti, e tutte le altre deposizioni attorno. Lo studio preliminare della necropoli è stato presentato al Convegno Internazionale Necropoli longobarde in Italia. Indirizzi della ricerca e nuovi dati (Trento 26-28 settembre 2011). Coordinate: 45.49104, 9.735134 Maria Fortunati, Emiliano Garatti I rinvenimenti archeologici effettuati lungo il tratto autostradale in fase di costruzione hanno arricchito ulteriormente le conoscenze archeologiche nel territorio di Treviglio (Carta Archeologica della Lombardia, La provincia di Bergamo, 1992, pp. 127-129, schede nn. 561-575), documentando in modo capillare l’importante momento di integrazione tra la cultura tardo La Tène e la cultura romana. TREVIGLIO (BG), LOTTO 3 Tratta PK 35+025 Pozzo in ciottoli e malta Nell’area in oggetto, situata immediatamente a ovest della S.S. 11 Treviglio-Caravaggio, è stato identificato e scavato un pozzo realizzato in ciottoli e malta: la struttura, posta a una profondità di ca. m 1,6 dal piano di campagna, ha forma circolare (diam. esterno m 1,6 ca.; diam. interno m 1,2 ca.; h. conservata m 4,8 ca.). Il riempimento ha restituito solamente un frammento di coppo che non costituisce un elemento utile per un inquadramento cronologico. 104 - Treviglio, Tratta PK 35+025. Pozzo in ciottoli e malta. Coordinate: 45.507545, 9.619005 TREVIGLIO (BG), LOTTO 3 Tratta PK 35+100 Tombe a incinerazione di età tardo La Tène - prima età imperiale A ca. m 0,60 di profondità dal piano di campagna, è stata scavata una sepoltura a incinerazione diretta (T. 1): il riempimento conteneva frammenti di ossa e frammenti lignei combusti, interpretabili come residuo della lettiga funebre. Tra i materiali del corredo si ricordano: frammenti di ceramica comune, di terra sigillata, un balsamario integro in vetro, frammenti di vetro deformati dal calore, frammenti di embrici e alcuni chiodi in ferro, pertinenti alla lettiga. Il corredo, attribuibile a una sepoltura femminile, può essere datato, a una analisi preliminare, ai primi decenni del I secolo d.C. A poca distanza dalla tomba 1 è stata rinvenuta una sepoltura del tutto simile, scavata a una quota di ca. m 0,60 dal piano di campagna (T. 2). Il riempimento ha restituito vasellame frammentario in ceramica comune (un’olla, una brocchetta e una ciotola), due patere in terra sigillata, una delle quali con bollo in planta pedis GELL., un’anfora frammentaria e tagliata a metà in senso longitudinale, una brocca in vetro frammentaria, due balsamari in vetro integri, due monete di bronzo, un coltello e alcuni chiodi in ferro. Il corredo si inquadra nel corso del I secolo d.C. 105 - Treviglio, Tratta PK 35+100. Tomba 5. 101 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 La tomba 3, isolata, è risultata invece quasi completamente asportata dai lavori agricoli e non ha restituito alcun oggetto di corredo. Ca. m 2 a nord della tomba 1 sono state individuate le tombe 4 e 5. La tomba 4 mostrava, già al momento della pulizia superficiale, il contorno di due contenitori ceramici, asportati nella loro porzione superiore dai lavori agricoli: i due vasi, un’olla a corpo troncoconico e una ciotola, sono stati recuperati in blocco, per facilitare il loro successivo restauro. Oltre ai due manufatti ceramici il riempimento della tomba 4 ha restituito solo un chiodo in ferro. La tomba 5 aveva una struttura a cassa di laterizi, parzialmente conservata: il corredo era costituito da un vaso a trottola, in frammenti ma integralmente ricostruibile, una ciotola in ceramica comune, frammenti di ceramica comune, una moneta in bronzo, un coltello in ferro, un’armilla in vetro con corpo a cinque costolature e un vago di collana in vetro. La quasi assoluta assenza di resti carboniosi nel riempimento rafforza l’ipotesi che si trattasse di una sepoltura a incinerazione indiretta; si può ipotizzare che nell’area della cosiddetta tomba 4 sia stata effettuata la cremazione della defunta della tomba 5. Sempre a cassa di laterizi è anche la tomba 6, a incinerazione, quasi completamente distrutta dai lavori agricoli: il riempimento ha restituito solamente una moneta in bronzo e scarsi frammenti di ceramica comune. Il nucleo di sepolture sopra descritte sembra riferibile a un arco cronologico compreso tra II-inizi del I secolo a.C. (T. 5) e I secolo d.C. (Tt. 1-3); lo studio dei materiali permetterà di meglio circoscrivere l’orizzonte cronologico di appartenenza. Il dato che si rileva è la continuità come luogo di sepoltura tra l’età tardo La Tène e la prima età romana imperiale. Coordinate: 45.50684, 9.618383 TREVIGLIO (BG), LOTTO 3 Tratta PK 35+150 Pozzo di età romana TREVIGLIO (BG), LOTTO 3 Tratta PK 35+600 Due tombe a incinerazione di età romana Nel maggio 2011 è stata individuata, presso la PK 35+600, una sepoltura a incinerazione entro cassa di laterizi, costituita da embrici, orientata in senso N-S (T. 1): nel riempimento erano presenti in superficie, oltre a frammenti di laterizi e di ceramica comune romana, alcune macchie di terreno combusto. Nella rimozione della parte più superficiale del riempimento sono stati rinvenuti frammenti di embrici, di ceramica comune, un’ansa di anfora e una moneta in bronzo. Le pareti laterali lunghe della struttura (lati est e ovest) risultavano collassate verso l’interno: al di sotto di esse sono stati rinvenuti due reperti fittili frammentari e schiacciati, una coppetta in ceramica a vernice nera e un’olla (?) in ceramica comune. In prossimità della spalletta nord, il riempimento ha restituito tre fibule integre in bronzo, una serie di frammenti di bronzo, apparentemente pertinenti a fibule, una moneta in bronzo e alcuni frustuli di ossa. Tra le fibule, alcune delle quali sono in condizioni di conservazione discrete, si distinguono un esemplare di schema medio La Téne tipo Misano e una con molla bilaterale a quattro avvolgimenti: questi tipi di fibula trovano confronti nella Lombardia orientale, per esempio a Verdello e Urago d’Oglio, in un ambito cronologico che va dalla fine del II alla seconda metà del I secolo a.C. e sono da riferire a una tomba femminile. Il fondo della tomba è costituito da due embrici accostati. La seconda tomba era ubicata ca. m 0,50 a est della tomba 1 e aveva una struttura alla cappuccina, orientata in senso N-S, realizzata con tre embrici, per ciascuno dei lati lunghi (est e ovest). In corrispondenza della testata nord, era deposta una piccola olpe in ceramica comune, affiancata da un manufatto in ferro di non chiara funzione e da una moneta in bronzo. Accanto, tre ciotole e tre piccole patere in ceramica a vernice nera, una coppa Presso la PK 35+150 è stata identificata nella parte centrale del sedime autostradale una traccia circolare, del diametro di quasi m 6, i cui limiti esterni erano costituiti da una fascia di ghiaia grigiastra, della larghezza media di m 0,35/0,40. Nel riempimento del taglio sono stati rinvenuti scarsi frammenti di embrici e un chiodo di ferro. Nella parte centrale della buca circolare creatasi con la rimozione del riempimento è affiorato, a una profondità di ca. m 1,20 dal piano di campagna, un nucleo di ciottoli legati sommariamente da terreno argilloso: di forma grossomodo circolare, questa “struttura” ne copriva un’altra, in laterizi, riferibile a un pozzo. La parte in ciottoli rappresenta verosimilmente una fase di restauro, seppure approssimativo, del sottostante pozzo in mattoni. Il pozzo (diam. m 0,80) era costruito con mattoni curvi legati da sottili strati di malta; il terreno argilloso di riempimento ha restituito solo alcuni frammenti di laterizi e un frammento di orlo di olletta in ceramica comune di età romana. Nelle immediate vicinanze del pozzo sono state individuate tre fosse di scarico: la prima era una buca di forma quadrangolare, vicina al pozzo, che ha restituito alcuni frammenti embrici e di ceramica comune. Le altre due fosse di scarico (buca n. 2 e n. 3) erano entrambe di forma irregolare e hanno restituito frammenti di mattoni ed embrici, di ceramica comune da cucina e di anfore. Coordinate: 45.506808, 9.617997 102 106 - Treviglio, Tratta PK 35+600. Tomba a incinerazione di età romana. Tomba 1. SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 in ceramica comune e abbondanti resti di legno carbonizzato. In corrispondenza dell’estremità sud della tomba sono stati invece rinvenuti un’altra moneta e un anellino in bronzo. Sulla base dei materiali ceramici rinvenuti nel corredo si propone, in via preliminare, una datazione tra gli ultimi decenni del I secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C. Coordinate: 45.505292, 9.612589 TREVIGLIO (BG), LOTTO 3 Tratta PK 35+730 Necropoli a incinerazione di età tardo La Tène - prima età imperiale In questo punto del tracciato autostradale sono state individuate inizialmente alcune chiazze di terreno combusto, riferibili a due fosse, prive di oggetti di corredo, ubicate a una profondità di ca. m 0,30 dal piano di campagna. Poco a sud sono stati poi identificati i resti di due sepolture, una tomba alla cappuccina (T. 1) e una in cassetta di laterizi (T. 2). Gli embrici che costituivano la struttura della tomba 1 erano in parte fratturati e la porzione nord della struttura era collassata, schiacciata dal peso del terreno. Nel terreno di riempimento sono stati rinvenuti alcuni frustoli carboniosi, un grumo di ferro, un’olletta in ceramica comune, un’olletta in ceramica a pareti sottili e una moneta in bronzo. La tomba 2, del tipo a cassa di embrici, risultava priva della copertura e della spalletta sul lato est; all’esterno della struttura sono state ritrovate un’olpe con ansa a nastro, in pessime condizioni di conservazione, e una coppetta in ceramica a pareti sottili grigia. Una terza tomba (T. 3), quasi completamente asportata dai lavori agricoli, si presentava come una chiazza di terreno scuro, di forma irregolarmente rettangolare, dalla quale affiorava superficialmente un’olletta in ceramica comune, capovolta e ridotta in frammenti. Accanto si conservavano alcuni frammenti ossei. Poco più a est sono state scavate altre tre tombe (Tt. 4, 5 e 6). La tomba 4, profondamente rasata dai lavori agricoli, ha restituito solo rari frustoli di ceramica comune. Nel riempimento della tomba 5, caratterizzata da un taglio di forma irregolare, sono stati rinvenuti una coppetta frammentaria in ceramica comune con piede ad anello e rari frustoli di ossa; sul lato sud, esternamente al taglio, erano deposti un vaso a corpo schiacciato, un anforaceo, di cui si conserva solo la metà inferiore del corpo, e un balsamario ad alto collo cilindrico, pressoché integro. La tomba 6, di forma rettangolare, presentava a circa 2/3 del lato lungo un laterizio disposto trasversalmente, quasi a definire una sorta di separazione tra le due porzioni del riempimento della sepoltura. Nel settore nord erano deposte una coppetta in ceramica comune, frammenti di una coppetta in ceramica a pareti sottili, un’anfora lacunosa e un altro reperto frammentario in ceramica comune. Nella porzione a sud della spalletta erano collocate due olpai con anse a nastro e corpo globulare schiacciato: una era in posizione verticale mentre l’altra era coricata, con accanto una scoria informe di metallo (ferro?). Tra le due olpai, un’olla/urna in ceramica comune, una ciotolacoperchio e una coppetta in ceramica a pareti sottili. L’intera porzione a sud dell’elemento divisorio era fortemente interessata dalla presenza di carboni e da una moderata quantità di ossa combuste. La tomba 7, del tipo alla cappuccina, aveva una struttura quasi completamente rasata dai lavori agricoli e si conservava a livello del fondo, 107 - Treviglio, Tratta PK 35+730. Necropoli a incinerazione di età tardo La Tène - prima età imperiale. Tomba 6. sul quale erano adagiati i resti del corredo (frammenti di contenitori in ceramica comune e da cucina). All’interno della struttura a cassa si conservano anche due embrici, pertinenti alla copertura a doppio spiovente; il fondo della tomba era in nuda terra. La tomba 8, di forma rettangolare, presentava una sottile fascia di terreno concotto lungo tutto il perimetro del riempimento, che rimanda a una cremazione diretta: anche in questo caso la tomba era stata in parte danneggiata e asportata dai lavori agricoli. Il corredo era composto da un’anfora, tagliata a metà in senso longitudinale, da un balsamario di vetro, integro, con lungo collo cilindrico e fondo apodo piano; erano presenti anche frammenti di una ciotola in ceramica a pareti sottili (al centro della tomba), di ceramica comune e di pareti sottili riferibili a una o due ciotole, collocate all’estremità est della sepoltura, oltre a frammenti di una brocchetta in ceramica comune con ansa a nastro e un chiodino in ferro. A un’analisi preliminare, in attesa di restauro e di studio dei reperti, la necropoli sembra potersi inquadrare cronologicamente nella prima età romana imperiale. Coordinate: 45.504523, 9.610908 TREVIGLIO (BG), LOTTO 3 Tratta PK 37+260 Necropoli a incinerazione di età tardo La Tène Nell’area ubicata al centro dell’asse autostradale in corrispondenza della PK 37+260, è stato individuato un nucleo di 8 tombe. La prima è del tipo alla cappuccina, con struttura costituita da due coppie di embrici per lato, affiancati e disposti a spiovente, in pessimo stato di conservazione. Durante la rimozione del terreno che copriva i laterizi della struttura, sono stati rinvenuti, sul lato ovest della stessa, alcuni oggetti in bronzo: due dischi in lamina, 103 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA NOTIZIARIO 2010 - 2011 108 - Treviglio, Tratta PK 37+260. Necropoli a incinerazione di età tardo La Tène. Tomba 1. un anellino digitale, due verghette a sezione rettangolare schiacciata e un chiodo a capocchia emisferica; unicamente dopo il restauro si potrà chiarirne la funzione e verificare se la suggestiva ipotesi di elementi di un sistro o di un crotalo può ritenersi valida. Nello strato di riempimento si sono rinvenuti, oltre ad alcuni oggetti di corredo, anche frustoli di ossa combuste, concentrati in corrispondenza dell’estremità nord della tomba. Sul lato nord erano deposti: una patera a vernice nera, con piede ad anello, intera ma con un’ampia frattura; tre anelli digitali e un piccolo pendaglio in bronzo; una moneta in bronzo; un frammento informe di ferro; una testa di femore umano; un’altra patera a vernice nera, collocata al di sotto della precedente, sul fondo della quale era posato un coltello in ferro. In corrispondenza della porzione sud della tomba sono invece stati trovati i seguenti manufatti: una perlina in pasta vitrea a corpo cilindrico, con decorazione a bugnette; un vago di collana in pasta vitrea a corpo globulare schiacciato; una moneta in bronzo; due fibule in bronzo; sei anelli digitali in bronzo, infilati gli uni negli altri. Il fondo della tomba era costituito da due bipedali, accostati l’uno all’altro. La tomba 1 è inquadrabile nell’età tardo La Tène; a questo arco cronologico si assegnano le fibule, tipo Algrem 65, e la perlina di pasta vitrea con decorazione a protuberanze ben aggettanti dal corpo cilindrico, assimilabile al tipo “Adria”. Accanto alla tomba 1, ca. m 3,5 a est, nella pulizia superficiale del terreno, si sono messi in luce alcuni frammenti a vernice nera, affiancati da due monete di bronzo; si tratta di reperti sporadici, allettati nel terreno, e riferibili verosimilmente a un corredo tombale sconvolto e trascinato dai lavori agricoli. Tutte le altre 7 tombe si presentavano fortemente danneggiate dai lavori agricoli. La tomba 2, alla cappuccina, appariva in pessimo stato di conservazione: nel riempimento è stato rinvenuto unicamente un fondo di olletta (o olpe?), in ceramica comune, frammentario. La tomba 3, identificata sulla base del taglio di fondazione, conservava un riempimento di potenza molto esigua (m 0,10 ca.), con alcuni frammenti di ceramica comune, di ceramica invetriata e due frammenti informi di ferro, di incerta funzione. Anche la tomba 4, fortemente intaccata dai lavori agricoli, ha restituito solo scarsi frammenti di ceramica comune, un frammento di coppo e un frammento di bronzo. Del tutto simile alla tomba 3 risultava la tomba 5: il riempimento, privo di resti carboniosi e con una potenza piuttosto esigua (m 0,20-0,25 ca.), non conteneva 104 109 - Treviglio, Tratta PK 37+260. Necropoli a incinerazione di età tardo La Tène. Tomba 1. reperti di interesse archeologico. Nel caso della tomba 6, di forma grossomodo rettangolare, si sono conservati solo rari frustoli di ossa combuste e scarsi frammenti di ceramica comune con corpo ceramico grigio. Nella tomba 7 si sono ritrovati solo alcuni frammenti di ceramica comune, di coppi, una moneta in bronzo e un frammento di bronzo (forse la molla di una fibula). L’ultima tomba rinvenuta in quest’area è la tomba 8, priva di oggetti di corredo, a riprova, anche in questo caso, dell’intensa azione distruttiva operata nel tempo dalle attività agricole. Sulla scorta della datazione dell’unico corredo rinvenuto, nella tomba 1, si può ipotizzare, a un’analisi preliminare, un uso della necropoli nell’età tardo La Tène. Coordinate: 45.503297, 9.590613 Maria Fortunati, Carlo Liborio I rinvenimenti descritti sono stati effettuati nel corso delle attività di assistenza archeologica ai lavori di scavo per la realizzazione dell’autostrada Brebemi. Le indagini archeologiche di età romana e altomedioevale, dirette da Maria Fortunati (SBALombardia), sono state effettuate da SAP Società Archeologica s.r.l. di Mantova nel periodo gennaio 2010 - novembre 2011 nel lotto 2, che ha interessato i comuni da Antegnate a Fara Olivana, e da SCA - Società Cooperativa Archeologica di Milano nel periodo gennaio - giugno 2011 nel lotto 3, nel comune di Treviglio. Per la società SAP hanno partecipato: A. Favaro direttore tecnico, E. Garatti responsabile di cantiere, e gli operatori archeologi L. Amoruso, U. Boni, F. Bernardinelli, S. Bonato, P. Butta, N. Camilloni, N. Cappellozza, A. Casale, L. Contessi, A. D’Alfonso, M. Fait, U. Ferrante, L. Fornari, M. Grignano, F. Guidi, O. Magalini, E. Mantovani, P. Mecozzi, S. Melato, G. Miele, L. Mura, M. Nelti, N. Pagan, M. Ravaglia, I. Sanavia, V. Santi, E. Sarina, F. Schiavon, A. Verdi. Hanno collaborato ai contributi, qui presentati, gli archeologi S. Bonato, L. Fornari, M. Grignano, G. Miele, N. Pagan, M. Ravaglia; l’analisi preliminare delle monete rinvenute è di F. Guidi. Per la società SCA hanno pertecipato: C. Liborio, direttore tecnico e responsabile di cantiere, e gli operatori archeologi L. Bottiglieri, C. Brandolini, A. La Gamma, C. Mandelli, F. Matteoni e M. Proserpio.