Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D Nonluoghi Toronto, Eaton Centre A cura di Leonardo Bertini, Matteo Cobianchi e Pietro Toso 1 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D 1.Introduzione Marc Augè, antropologo ed etnologo francese, con il libro Nonluoghi, introduzione a una antropologia della surmodernità (1992) affronta l'analisi delle società attuali definendo la nostra epoca surmodernità, intesa come ulteriore evoluzione del postmodernismo. Questa epoca, con le sue caratteristiche, è un prodotto della globalizzazione, ovvero quel processo di unificazione dei mercati a livello mondiale, consentito dalla diffusione delle innovazioni tecnologiche che hanno spinto verso modelli di consumo e di produzione sempre più uniformi; si assiste, infatti, a una progressiva e irreversibile omogeneità nei bisogni e a una conseguente scomparsa delle tradizionali differenze tra i gusti dei consumatori a livello nazionale o regionale. Questo fenomeno è riscontrabile anche nell'architettura delle città, che aspira per lo più ad essere riconosciuta a livello mondiale, andando così a tralasciare le caratteristiche storiche e particolari del luogo di costruzione. Evoluzione urbanistica di Shangai 2 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D 2.Il vicino e l'altrove L'antropologia, ovvero la scienza che studia l'uomo in aggregati, comunità e situazioni, è sempre stata un'antropologia del qui e ora. Considerando l'"antropologia dell'ora", è necessario presentare la figura dell'etnologo. In quanto studioso delle culture umane e delle loro forme, è colui che si trova da qualche parte nel mondo e descrive ciò che osserva o ascolta in quello stesso momento; è contemporaneo sia all'enunciazione sia all'enunciatore. Nonostante si possa giudicare la modalità della sua osservazione o i pregiudizi che lo hanno condizionato, rimane il fatto che ogni etnologia presuppone un testimone diretto di un evento presente: tutto quello che si allontana dall'osservazione diretta sul campo, allontana anche dall'antropologia. Passando al "qui", Augè precisa e smentisce l'affermazione secondo cui gli etnologi tendono a concentrarsi sul qui europeo a causa dell'esaurirsi delle realtà antropologiche lontane, quelle del mondo coloniale: infatti, da una parte in America, Africa ed Asia esistono tutt'ora delle concrete possibilità di lavoro per l'etnologo, dall'altra le ragioni per fare antropologia sul mondo occidentale sono ottime. Tuttavia sorge un problema. Il lavoro dell'etnologo è un lavoro di precisione: egli "fa da sé" un universo significante1. Egli tenta di capire di chi può pretendere di parlare quando parla di quelli con cui ha parlato. La difficoltà sta quindi nel scegliere l'oggetto empirico reale e nella capacità di capire se ciò che viene detto su un luogo o un oggetto, valga anche per altri. La ricerca antropologica è una disciplina che si occupa della "questione dell'altro"2: questa questione è trattata nel presente in modo tale da distinguerla dalla storia e viene studiata contemporaneamente in più sensi. Oggi l'antropologia è richiamata dal mondo contemporaneo, a causa delle sue rapide modificazioni, a rinnovare la riflessione sulla "categoria dell'alterità"3. La prima modificazione riguarda il tempo, il cambiamento della sua percezione e l'uso che ne viene fatto: scompare l'idea dello scorrere del tempo come progresso tipico del XX secolo e gli storici non riescono a inscrivere nel tempo un principio d'identità. 1 M. Augé, Non Luoghi, Introduzione a una antropologia della surmodernità, 1992 p. 33 Marc Augé, etnologo e antropologo francese, nato a Poitiers nel 1935, è direttore della Scuola degli Alti Studi delle Scienze Sociali (EHESS) a Parigi ed è stato direttore fino al 1970 dell'Ufficio della ricerca scientifica e tecnica d'oltremare (ORSTOM). 2 ivi p. 36 3 ivi p. 40 3 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D La seconda trasformazione è quella della storia: essa ci insegue ed è la nostra ombra. La sua accelerazione corrisponde ad una moltiplicazione e sovrabbondanza di avvenimenti che ha causato e causa tutt'ora problemi agli antropologi. Al giorno d'oggi infatti, ognuno di noi cerca di dare un senso al mondo e al presente: questo bisogno è visto come "il riscatto della sovrabbondanza di avvenimenti"4, corrispondente ad una situazione che potremmo dire di surmodernità, per esprimere la sua modalità principale, ovvero l'eccesso. Marc Augé spiega la surmodernità, epoca in cui noi viviamo, attraverso tre diverse figure di eccesso: l'eccesso di tempo, di spazio e la figura dell'ego. Augé evidenzia come il moltiplicarsi degli avvenimenti negli ultimi vent'anni del XX secolo abbia segnato l'accelerazione della storia: sovrabbondanti sono le informazione provenienti dal globo intero e inoltre, grazie all'allungamento della vita, aumentano esponenzialmente le esperienze dei singoli individui e quelle comuni. La difficoltà deriva dall'esigenza dell'uomo di comprendere tutto il presente, scordandosi di dare un senso al passato prossimo. L'eccesso di spazio è strettamente collegato con il restringimento del pianeta. "Il mondo si apre a noi"5 : se da un lato viviamo nell'era dello sviluppo dei mezzi di trasporto e di comunicazione, in cui quello che un tempo era infinitamente lontano ora è solamente a qualche ora di distanza da noi, dall'altro siamo partecipi di un restringimento del nostro pianeta dovuto alle conquiste in campo spaziale. La nostra è un'epoca paradossale: da una parte si rafforzano le reti di trasporto e comunicazione multinazionali, dall'altra aumentano i particolarismi di coloro che vogliono una vita al di fuori di questa sovrabbondanza spaziale (grandi concentrazioni urbane, trasferimenti di popolazioni) o di coloro che vogliono ritrovare la patria. La terza figura dell'eccesso è quella da considerarsi la più importante. Nelle società odierne, in particolare in quelle occidentali, l'individuo si considera un mondo in sè: si propone di interpretare a modo suo le informazioni che riceve. Gli individui cercano di creare in questo modo un proprio scenario o itinerario, da seguire all'interno dei vincoli globali imposti dalla società moderna. 4 5 M. Augé, op.cit p.44 ivi p. 45 4 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D Rotte aeree Castro dei Volsci-Frosinone C'è quindi una "individualizzazione degli approcci"6: le storie individuali sono fondamentali per la storia collettiva ma, allo stesso tempo, i riferimenti dell'identificazione collettiva sono vaghi; la produzione individuale di senso è quindi necessaria. Agli antropologi si pone dunque dinnanzi una nuova questione: comprendere come integrare nella loro analisi la soggettività di coloro che osservano e come ridefinire le condizioni della rappresentatività. 3.Il luogo antropologico Nel secondo capitolo della sua opera, Marc Augé descrive i luoghi antropologici in opposizione ai cosiddetti nonluoghi. “Se ci soffermiamo sulla definizione di luogo antropologico, constateremo che esso è prima di tutto geometrico. Lo si può stabilire a partire da tre forme spaziali semplici che possono applicarsi a dispositivi istituzionali differenti e che costituiscono in qualche modo le forme elementari dello spazio sociale”7. In termini geometrici si tratta della linea, dell'intersezione delle linee e del punto di intersezione. Concretamente, invece, nella geografia che ci è più familiare, si potrebbe parlare di itinerari, di assi o di sentieri che conducono da un luogo a un altro, di crocevia in cui gli uomini si incontrano e si riuniscono. Questi elementi non sono nozioni assolutamente indipendenti, ma si sovrappongono parzialmente. Un itinerario può passare per differenti punti importanti, che possono costituire altrettanti luoghi di incontro. Il luogo antropologico è inoltre inteso come una “costruzione concreta e simbolica dello spazio che da sola non potrebbe rendere conto delle vicissitudini e delle contraddizioni della vita sociale, ma alla quale si riferiscono tutti coloro ai quali essa assegna un posto, per quanto umile o modesto questo possa essere. Inoltre, però, è simultaneamente principio di senso per coloro che l’abitano e principio di intelligibilità per colui che l’osserva”8, ovvero ciò che è oggetto di conoscenza intellettuale, per colui che l’osserva. 6 M.Augé, op.cit p.49 Ivi p. 62 8 ivi p. 59: chi ha il compito di osservare questi luoghi è l’etnologo, che, come detto, ha il compito di studiare l'origine e la diffusione delle culture dei vari popoli. 7 5 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D Qualsiasi luogo è considerato antropologico quando presenta tre caratteri principali: esso deve infatti essere identitario, in grado quindi d'individuare l’identità di chi lo abita (un esempio è sicuramente il luogo di nascita, poiché esso diviene costitutivo dell'identità individuale); relazionale, in quanto deve essere in grado di stabilire una reciprocità dei rapporti tra gli individui, funzionale ad una comune appartenenza; storico, ovvero che mantenga la consapevolezza delle proprie radici in chi lo abita. Importante è però non confondere questo carattere con i cosiddetti “luoghi della memoria” i quali sono i luoghi da cui apprendiamo ciò che non siamo più; questo perché l'habitat del luogo antropologico “vive” nella storia, non fa storia. In architettura un esempio di questo concetto è facilmente riscontrabile nel “museo ebraico” di Berlino: questo monumento è considerato un luogo antropologico poiché è un luogo identitario in cui i cittadini tedeschi si riconoscono, in quanto non solo ha una funzione commemorativa riguardo lo sterminio degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale, ma anche una funzione di ritrovo per i berlinesi: qui le persone si danno appuntamento, scambiano parole e si creano ricordi. Museo ebraico di Berlino (architetto Daniel Libeskind, 2001) 6 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D Seppur caratteristici del cosiddetto “modernismo”, che va dal 1920 al periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale, esistono tutt’oggi numerosi luoghi antropologici, nonostante molto diversi tra loro, aventi questi tre caratteri. Caratteristiche di questo stile in architettura erano la pulizia del segno e della forma: in particolare non si ricorre a decorazioni, ma al semplice rigore delle forme; l’obiettivo era risolvere i problemi sociali dovuti alla guerra attraverso queste nuove idee architettoniche, che però vennero poi “corrotte” dalla speculazione edilizia che portò alla nascita di quelli che verranno definiti nonluoghi.9 Le Corbusier, Unité d'habitation, Marsiglia (1947-1952). Esempi di luogo identitario possono essere sia una scuola che i luoghi di potere come la Casa Bianca; nel caso di questi ultimi è però necessario sottolineare che sono contemporaneamente, per coloro che li nominano, luoghi monumentali, degli uomini e delle strutture di potere, perciò è come se presentassero tre diversi livelli di identificazione. 9 Lo stesso Le Corbusier, pseudonimo di Charles-Edouard Jeanneret-Gris (1887-1965) considerato fra le figure più influenti dell’architettura moderna, è oggi da alcuni criticato per i suoi progetti di “città verticale”. 7 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D Washington, Casa Bianca (XVIII secolo) Ritornando ai luoghi antropologici, in generale otteniamo che il prototipo per antonomasia di questo tipo di luogo è il centro stesso delle città, un luogo attivo ed identitario. Nelle città che si presentano oggi, è proprio al centro che sono raggruppati numerosi bar, hotel e luoghi di commercio. Firenze, Piazza della Signoria Agli architetti cosiddetti “moderni” è stato rimproverato di non offrire, all’interno delle nuove città ricostruite dopo la seconda guerra mondiale, l’equivalente dei luoghi di vita prodotti da una storia più antica e più lenta, ove vengono scambiate parole e le solitudini vengono dimenticate per un’istante. Questo sentimento di solitudine sofferto da molti cittadini di questo e del secolo scorso 8 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D è infatti dovuto alla mancanza di questi luoghi identitari, senza i quali non si crea un legame “affettivo” tra le persone e la città stessa; inoltre negli ultimi decenni si è andati incontro all’affermarsi di un fenomeno secondo il quale vi è una forte contrapposizione tra il centro delle città, in cui viene valorizzata in modo molto forte la loro storia attraverso opere di culto, monumenti oppure semplicemente mediante i nomi delle vie, e la creazione di tangenziali, autostrade e treni ad alta velocità, che le aggirano cortocircuitando questo contesto culturale. In conclusione è però necessario affermare che Augè non riconosce la costruzione del luogo antropologico come ente assoluto, ma come ambiguo, poiché si tratta dell'idea “parzialmente materializzata, che coloro che l’abitano si fanno del loro rapporto con il territorio. […] Questa idea può essere parziale o mitizzata. Varia con il posto e il punto di vista che ciascuno occupa”10. 4. Dai luoghi ai nonluoghi Augè definisce i nonluoghi in contrasto con i luoghi antropologici, descrivendoli come spazi non identitari, nè relazionali, nè storici. E' proprio all’interno di questo tipo di luoghi che tutti trascorriamo oggi gran parte della nostra vita, tra alberghi, club vacanza, residence, sale d’attesa di aeroporti, stazioni ferroviarie, giganteschi ipermercati. Luogo e nonluogo non esistono però in una forma pura, ma sono "polarità sfuggenti"11, ovvero non si assiste mai ad una cancellazione completa del primo nè a un compimento totale del secondo; lo stesso Augè dichiarerà in seguito che "qualche forma di legame sociale può emergere ovunque: i giovani che si incontrano regolarmente in un ipermercato, per esempio, possono fare di esso un punto di incontro e inventarsi così un luogo. Non esistono luoghi o nonluoghi in senso assoluto. Il luogo degli uni può essere il nonluogo degli altri e viceversa"12. Sala d’attesa di un aeroporto 10 M.Augé, op.cit p. 62 ivi p. 77 12 M.Augé, I nuovi confini dei nonluoghi, Corriere della Sera, 12 luglio 2010 11 9 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D All'interno di questo mondo caratterizzato da nonluoghi, i luoghi antropologici assumono un ruolo circoscritto e specifico che è ben rappresentato dalla progettazione delle autostrade in Francia: esse non passano attraverso le città per necessità funzionali, ma tutti i luoghi importanti (storici) a cui si avvicinano sono segnalati e commentati, come se fossero ormai solo luoghi di attrazione. Lo stesso accade in Italia (cfr. la cartellonistica autostradale qui esemplificata). Con il termine nonluogo si indicano però sia gli spazi di transito, commercio e tempo libero, sia il rapporto che si crea tra questi e gli individui; questo è spesso caratterizzato da simboli, parole o voci pre-registrate come i cartelli affissi negli aeroporti "vietato fumare", "non superare la linea bianca davanti agli sportelli", "mettersi in fila sulla destra", ecc. In questo modo l'individuo perde ogni tipo di rapporto con persone reali e si limita a interagire con messaggi enunciati dalle istituzioni, andando sempre più verso uno stato di isolamento. Questo stato di isolamento silenzioso è evidente all'interno dei grandi magazzini, dove il cliente circola senza rivolgere parola a nessuno per poi pagare consegnando una carta di credito; quest'ultimo passaggio rappresenta un "dialogo più diretto, ma ancora più silenzioso"13 tra l'individuo e il cash-dispenser, le cui risposte che compaiono sullo schermo ("ritirate la vostra carta","carta non correntemente inserita") sono rivolte a ciascuno di noi senza alcuna distinzione, andando così a creare l'uomo medio, ovvero l'utente dei vari sistemi stradale, bancario o commerciale. Centro commerciale 13 M.Augé, op.cit p. 91 10 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D Quella che all'interno del luogo antropologico era un'identità individuale definita attraverso "i punti di riferimento del paesaggio, le regole non formulate del saper vivere"14, con il nonluogo si trasforma in una identità condivisa da tutti gli utenti senza distinzione. Questa condizione di perdita di identità e di conseguente anonimato, che per alcuni può anche rappresentare una sorta di liberazione dall'obbligo di dover essere sempre all'altezza del proprio rango, non può però avvenire senza un passaggio attraverso l'identità del singolo. In questo paradosso che si viene a creare, l'utente può acquistare il proprio anonimato solo dopo avere fornito la prova della sua identità, ovvero non c'è "nessuna individualizzazione (nessun diritto all'anonimato) senza controllo di identità"15; l'identità è ritrovata solo all'uscita del nonluogo con l'eventuale dogana o casello autostradale. Nel periodo intermedio, però, l'individuo rispetta un codice universale come tutti gli altri utenti di quel nonluogo, che quindi "non crea né identità singola, né relazione, ma solitudine e similitudine"16. Esempio limite e paradossale di questa spersonalizzazione è quello raccontato in The Terminal, il film di Spielberg (USA-Germania, 2004) ispirato alla vicenda reale di Merhan Nasseri, un rifugiato iraniano in transito a Parigi per l’Inghilterra, che rimase bloccato all’aeroporto Charles de Gaulle per vent’anni perché risultava non identificabile. Privo del passaporto che gli era stato rubato, Nasseri non fu in grado di provare la sua identità ai funzionari francesi e venne così confinato nel limbo del terminal, nella Zone d’attente, area di sosta per viaggiatori senza documenti. La perdita di identità si trasformò in patologia e quando, dopo tredici anni, gli fu riconosciuto lo status di rifugiato, non accettò di recuperare né la libertà di movimento, né il suo nome, né la sua lingua d’origine. Da tempo si faceva chiamare Sir Alfred e viveva accanto al Relay, un'edicola dove era in vendita la sua autobiografia - The Terminal Man che su richiesta si prestava ad autografare. Merhan Nasseri, entrato nell’aeroporto Charles de Gaulle nel 1986, ne uscì nel 2006 per entrare in un ricovero per indigenti. Il regista Steven Spielberg si è ispirato alla storia di Nasseri per il suo film del 2004, The Terminal, interpretato da Tom Hanks.17 14 M.Augé, op.cit p. 92 ivi p. 93 16 ivi p. 94 17 Viktor Navorski è cittadino di un (immaginario) Stato dell'Europa orientale, la Cracozia. Quando atterra a New York, scopre che nel suo Paese è avvenuto un colpo di Stato. Costretto a sostare nell'Aeroporto Internazionale "John Fitzgerald Kennedy", con un passaporto ormai privo di validità, Viktor si vede negato il visto d'entrata per gli Stati Uniti e impedita la possibilità di far ritorno a casa, dovendo quindi restare all'interno del terminal senza possibilità di varcare 15 11 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D Fotogrammi dell’inizio del film di Spielberg “The Terminal”. Con la comparsa dei nonluoghi viene a crearsi un paradosso sempre più attuale: lo straniero che viaggia in un paese sconosciuto ritrova se stesso e quella sensazione di “sentirsi a casa” solamente nell’anonimato di questi spazi che, essendo uguali in tutti le parti del mondo, vengono percepiti dai consumatori come punti di riferimento; questa omologazione è letta da alcune persone in chiave positiva, in quanto rappresenta la possibilità di accedere in qualsiasi parte del mondo a servizi di un certo livello, creando un senso di sicurezza all’interno degli individui che si fidano ciecamente di ciò che ha un qualcosa di familiare. Questa tendenza a rendere tutto simile e riconoscibile universalmente porta però con sé un indebolimento di quella forza locale che probabilmente rendeva ogni viaggio davvero unico; al giorno d’oggi i viaggi si assomigliano tutti, essendo caratterizzati da quella sensazione di “già visto” la frontiera. Con il passare dei mesi, Viktor si adatta a vivere in un nonluogo, che per la maggior parte delle persone è solo un punto di passaggio, imparando l'inglese, facendosi accettare e stringendo delle relazioni con le persone che lavorano nell'aeroporto. 12 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D che ormai si ritrova ovunque, andando a togliere quella emozione che si prova nello scoprire nuove culture. Basta pensare semplicemente ai pasti che si fanno all’estero: spesso si finisce per mangiare in un ristorante dove si sa di poter trovare qualcosa che piace, che è solitamente un fast food o un locale “italiano”; questa necessità di certezze è in grande contraddizione col senso intrinseco del viaggio, caratterizzato dalla scoperta, dall’ignoto e in un certo senso anche dal rischio. E’ proprio a causa di questo bisogno che le connotazioni locali che differenziano i vari luoghi stanno perdendo progressivamente importanza, in una corsa all’omologazione dove chi rimane indietro è considerato arretrato da tutto il resto del mondo. Questo processo di avvicinamento a forme standard è evidente anche nell’architettura, dove non ha più importanza l’identificazione del singolo con il monumento, ovvero il senso del luogo, ma si va verso la creazione di un vuoto all’interno dell’individuo tramite spazi che non hanno nessun tipo di rapporto con lui; questi devono solo essere riconoscibili per creare, appunto, la sensazione citata che attira il consumatore, portandolo ad entrare nel negozio del caso. La riconoscibilità non è solamente esterna, ma anche interna: la struttura del negozio, del supermercato o dell’aeroporto è molto simile, quasi uguale, a Francoforte come a Parigi, così da far sentire l’individuo sempre a casa. Aeroporto di Copenhagen Aeroporto di Dubai Aeroporto di Parigi Aeroporto di Nuova Delhi Un’altra area dell’architettura strettamente legata ai nonluoghi è quella che riguarda le periferie: queste parti della città, nate per rimediare al bisogno di abitazioni nel dopoguerra, sono simili in tutto il mondo, in quanto l’obiettivo dei costruttori non era quello di creare palazzi che rispecchiassero le caratteristiche locali, ma solamente creare spazi dove la gente potesse vivere in 13 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D numero più grande possibile; questi palazzi sono situati nel “nulla”, nel senso che non esiste niente nelle vicinanze che permetta di dare identità al luogo o creare un senso di identificazione negli individui, e di conseguenza la vita delle persone non è più comunitaria, ma individuale, con un senso di isolamento sempre crescente. Roma, Tor Bella Monaca I nonluoghi quindi, come spazi della surmodernità, accolgono un’enorme quantità d’individui, senza però che questi entrino in relazione tra loro, poiché l’identificazione avviene, come detto prima, solamente all’entrata e all’uscita, facendo di questi spazi una sorta di parentesi all’interno della quale non esistono rapporti sociali. Questa caratteristica dei nonluoghi può essere una delle motivazioni che spingono coloro che compiono atti terroristici a scegliere proprio questi come loro obiettivi: se in primo piano può esserci una motivazione legata alla “efficacia” nel prendere di mira i nonluoghi, è possibile che sia presente anche una ragione legata al significato di questi spazi; questi estremisti infatti sono fortemente legati al loro territorio e alla loro cultura e i nonluoghi rappresentano la negazione di tutto ciò, ovvero un grande spazio che però “non accoglie alcuna società organica”18. L’analisi di Marc Augè sulla società degli anni Novanta è applicabile anche ai giorni nostri; negli ultimi anni infatti il processo di globalizzazione si è sempre più intensificato e il carattere “locale” che differenziava i vari posti del mondo si è nettamente indebolito. I nonluoghi inoltre sono sempre più diffusi e sono diventati parte integrante delle nostre vite, a tal punto che siamo ormai più predisposti a interagire con macchine e cartelli che con persone vere. Questo processo sta portando alla individualizzazione dei riferimenti e alla perdita di relazione con l’altro in uno stato di isolamento che forse sta addirittura superando ciò che aveva osservato Marc Augè. 18 M.Augé, op.cit. p. 99 14 Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D Bibliografia e sitografia M.Augè, Nonluoghi, Introduzione a una antropologia della surmodernità, 1992 M.Augé, i nuovi confini dei nonluoghi, Corriere della Sera, 12 luglio 2010 Nonluoghi di Marc Augè, http://doc.studenti.it/appunti/antropologia/nonluoghi-marc-auge.html Paesaggi mutanti, http://paesaggimutanti.it/node/198 Analisi del testo Marc Auge', Nonluoghi, introduzione a una antropologia della surmodernità http://iskradjuric.blogspot.it/2012/05/analisi-del-testo-marc-auge-nonluoghi.html 15