Diocesi di Tortona CORSO BIBLICO — Anno pastorale 2013-2014 — Figure bibliche di speranza e carità Uomini e donne che hanno camminato con il Signore Temi di Teologia Biblica trattati da don Claudio Doglio e trascritti dalla registrazione da Riccardo Becchi 4. ESTER (18 Febbraio 2014) Come Dio capovolge le sorti Ester: l’amore per il proprio popolo cambia la vita La storia di Ester narra come Dio capovolge la sorte. È un racconto teologico che presenta la vicenda di una povera ragazza orfana che “fa carriera”; improvvisamente diventa regina e non si dimentica però delle sue origini e in un momento di difficoltà ha il coraggio di affrontare il re, rischiando in prima persona, per salvare il suo popolo. È un libro dell’Antico Testamento che narra la storia di Ester, è uno di quei romanzi didattici che l’Antico Testamento ha conservato come forma di istruzione. Insieme a Tobia, a Giuditta, al Libro di Rut e a quello di Giona, anche Ester appartiene alla teologia narrativa, si fa cioè teologia raccontando una storia, non con ragionamenti o dimostrazioni, ma con il racconto, molto più coinvolgente. Una storia si ricorda molto meglio di tanti ragionamenti e attraverso i particolari di una storia un narratore capace riesce a trasmettere dei grandi messaggi. Un racconto teologico in due versioni La storia di Ester ci è giunta in due forme differenti; questo vuol dire che era molto utilizzata e quindi è stata rielaborata più volte e da diverse mani, tanto è vero che abbiamo il testo ebraico diverso dal testo greco. I greci, ebrei greci di Alessandria d’Egitto, quando tradussero il romanzo dall’ebraico, non lo tradussero infatti semplicemente, ma lo ampliarono, corressero molti particolari e aggiunsero degli elementi perché ritenevano che l’originale ebraico fosse poco religioso. Nel testo ebraico infatti si nomina pochissimo il Signore che non interviene direttamente nella storia, ma lo si mostra solo in controluce; il testo greco, invece, presenta l’azione diretta del Signore, introduce sogni e spiegazioni, introduce delle preghiere. Noi consideriamo canonico il testo greco e nelle nostre bibbie abitualmente leggiamo la versione greca del Libro di Ester. Nell’ultima edizione della Bibbia CEI del 2008 è stata però fatta la scelta di tradurre tutti e due i testi, per cui se cercate il Libro di Ester in una Bibbia recente, nella edizione del 2008, avrete la sorpresa di trovare entrambi i racconti, cioè il racconto doppio, su due pagine, in modo parallelo: quindi potete leggere prima sulla pagina di sinistra il testo greco, poi sulla pagina di destra l’altro testo, quello ebraico; che non sono però perfettamente paralleli. In questo nostro incontro cercheremo di ripresentare il contenuto di questo racconto soffermandoci su alcuni elementi particolarmente significativi, perché nel nostro itinerario siamo alla ricerca di figure di speranza e di amore. Vogliamo allora conoscere il personaggio di Ester come una donna di speranza, una figura significativa di donna coraggiosa che non si chiude nel proprio benessere dimenticandosi degli altri e non si rassegna nemmeno alla difficoltà della situazione perdendo la speranza, cioè l’attesa certa di un intervento di Dio. Il racconto è romanzesco, ci sono degli elementi che probabilmente non tendono a una stretta analisi storiografica; il libro però non si presenta come una cronaca storica, ma come un romanzo storico che vuole trasmettere un messaggio di alto livello teologico. L’ambiente storico del racconto Il libro è ambientato nel mondo persiano, nella grande città di Susa al tempo di Assuero, il grande re che regnava dall’India fino all’Etiopia; è quello che noi dalla storia greca conosciamo come Serse, è lo stesso re persiano che ha tentato di conquistare la Grecia ed è stato sconfitto alle Termopili e poi a Salamina. Questo il libro non lo racconta, ma il personaggio del potente è proprio Serse che qui è chiamato, secondo il linguaggio ebraico, Assuero. L’impero persiano aveva preso il posto dell’impero babilonese che aveva preso il posto dell’impero assiro. I persiani sono una popolazione indo-europea, provenivano dall’est e avevano la loro sede principale in quello che oggi si chiama Iran, la Persia e lì c’erano le loro grandi città: Ecbàtana, Persepoli, Susa. I persiani avevano conquistato un impero immenso che andava appunto dall’India fino a tutta l’attuale Turchia per scendere nella zona della Siria, Libano, Israele, Arabia e poi ancora in Africa, Egitto, Libia, Etiopia. Era un impero enorme, molto ben organizzato. Con l’impero persiano gli ebrei andarono d’accordo, erano stati fortemente danneggiati prima dagli assiri, poi dai babilonesi. Quando i persiani conquistarono tutto quel mondo gli ebrei poterono respirare e molti ebrei, che erano stati deportati in Babilonia, rimasero in oriente, anzi fecero carriera a corte. Così per esempio Neemia era un personaggio importante della corte persiana, un ebreo divenuto autorevole a corte che era riuscito ad avere dei finanziamenti, addirittura un incarico imperiale per ricostruire Gerusalemme: ha organizzato più missioni partendo dal mondo persiano per andare a Gerusalemme e ricostruire la città, le mura, e rimettere in piedi qualche cosa di grandioso e importante. Con Esdra e Neemia siamo all’inizio del IV secolo, Gerusalemme è ben ricostruita e riprende la propria vita con una certa autonomia. Al tempo di Esdra viene prodotto il Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia, la torah; li aveva iniziati Mosè, nel 1200, li finisce Esdra nel 300. Questi libri ne hanno impiegati di secoli a nascere e a formarsi e l’edizione del Pentateuco viene organizzata da Esdra proprio per entrare in dialogo con le autorità persiane, perché deve essere il documento che dimostra come vivono gli ebrei. Il Pentateuco, assieme ad altri libri della tradizione ebraica, sono una specie di costituzione che deve essere presentata a corte per avere il riconoscimento della nazionalità e di una particolare autonomia. Questi ebrei che hanno fatto carriera a corte ottengono infatti il riconoscimento di uno stato giuridico particolare. Gerusalemme è una città santa, una specie di enclave e può gestirsi in modo autonomo. Questo fu un vantaggio, perché diede la possibilità di organizzare le scuole, il tempio, il culto, tutta la cultura di conservazione del materiale antico in piena libertà, in un clima di pace. Ci fu quindi un buon rapporto tra il mondo ebraico e i dominatori persiani. In questo clima di buoni rapporti si inserisce anche la storia di due personaggi: Mardocheo ed Ester. Hanno dei nomi un po’ strani e non ebraici, perché Mardocheo è una deformazione del nome Marduk che è il nome di una divinità babilonese, quindi vuol dire che sono ebrei ormai inculturati in oriente e prendono dei nomi anche legati a quelle tradizioni religiose: in ebraico lo chiamano Mordekay. Anche l’origine del nome Ester è la variante di Ishtar, anche questo è il nome di una divinità, è la divinità dell’amore, è la corrispondente di Afrodite o di Venere nel mondo greco-romano. Questo nome è collegato al pianeta che noi chiamiamo Venere, perché gli antichi orientali lo chiamavano Ishtar, sembra proprio una stella, è la stella della sera, Vespero, ed è la stella del mattino, Lucifero. Non è in effetti una stella, è un pianeta, non brilla di luce propria, ma di luce riflessa. È il puntino luminoso che vediamo alla sera quando, tramontato il sole, c’è la prima stella. Al mattino, prima che sorga il sole, dalla parte di oriente, è l’ultima stella o quella che porta su la luce. Vi è venuto in mente, sentendo il nome, che Ishtar è il nome indo-europeo che è rimasto nell’inglese star, che indica la stella o nel tedesco Stern, è il nome della stella per antonomasia. Quindi Ester è il nome di questa divinità dell’amore, ma naturalmente è stato tutto demitizzato: è una donna di una famiglia non molto importante rimasta orfana, quindi praticamente in balia della sorte, se non fosse per questo parente Mardocheo che le fa da tutore. La terminologia oscilla fra cugino e zio, sono parenti in qualche modo e lui come uomo cerca di curare e difendere la vita di questa ragazza. Mardocheo è un funzionario della corte, uno dei tanti impiegati che lavorano nel palazzo del grande Assuero. Tutto inizia con un rifiuto Ora capitò – ed è l’inizio della storia – che l’imperatore fece un grande banchetto e invitò tutti i principi e i potenti del suo regno; i banchetti in quella dimensione sociale duravano una quantità immensa di tempo con una abbondanza esorbitante di cibi e di bevande. Quando hanno mangiato e bevuto fin troppo, e sono un po’ alterati, Assuero ha l’idea di far vedere ai grandi invitati quanto sia bella la regina. Le donne infatti non partecipavano a questi banchetti, rigorosamente le feste erano riservate a soli uomini; se partecipavano delle donne era ballerine o prostitute, quindi la regina in quell’ambiente di uomini mezzi ubriachi non sta assolutamente bene che compaia. Il re la manda a chiamare, naturalmente il re di Persia ha un harem che non finisce più, centinaia o migliaia sono le principesse, ma la regina è una, è la preferita, è la più bella, si chiama Vasti. Viene quindi convocata mentre anche lei faceva una festa corrispondente per sole donne. Lei si rifiuta di comparire, non le sembra assolutamente il caso di andare a esibirsi in quel contesto: rifiuta. Il re, un po’ ubriaco, un po’ amareggiato, va su tutte le furie e chiama i consiglieri per sapere come deve agire in una situazione del genere. Quelli gli dicono che bisogna intervenire in modo molto duro, perché se si sa in giro che la regina disobbedisce al re, è finita: tutte le donne penseranno di poter fare lo stesso con i loro mariti. Il racconto è finemente ironico, perché continua a presentare la struttura della corte persiana come una grandiosità meravigliosa, una potenza ben organizzata dove tutto funziona perfettamente, dove tutte le leggi sono inviolabili. Di fronte a questo schema poi c’è una umanità banale piena di difetti, con continui ripensamenti e queste leggi sono minuziose, banali e continuamente cambiate. C’è una satira al potere, fine ma presente: è una presa in giro dei potenti. Il re accetta il consiglio, giustamente non bisogna lasciare che le donne disobbediscano e quindi bisogna punire severamente la regina Vasti perché ha preso una iniziativa di sua testa: viene quindi ripudiata ed eliminata. Dobbiamo fare bene attenzione perché la storia inizia con un esempio negativo, pericoloso: una regina che prende l’iniziativa e fa di testa sua rischia la testa. Più avanti nella storia ci troveremo di fronte a Ester che è in una situazione analoga e dobbiamo sapere quanto fosse rischioso per una donna, anche se regina, prendere una iniziativa e disobbedire al re. La ricerca di una nuova regina A questo punto, venuta a mancare la regina, si è creato un vuoto istituzionale, il re ha bisogno di un’altra regina. Si bandisce allora una specie di concorso di bellezza e tutti quelli che hanno delle belle ragazze le presentano a questo festival persiano dove si sceglie la donna più bella perché diventi la regina. Visto che Mardocheo è dell’ambiente, conosce le regole, a questo concorso si iscrive anche Ester. Tutte le ragazze candidate vengono prese in gestione da un gruppo di eunuchi, che sono i responsabili dell’harem, del gineceo, come lo chiamavano i greci, cioè l’ambiente delle donne. Gli eunuchi sono i grandi 2 ministri che sono stati castrati da piccoli proprio per fare questo tipo di servizio e governare l’ambiente delle donne senza… creare problemi all’unico gallo che è il re. Gli eunuchi preparano le ragazze, le vestono bene, le truccano e le portano all’esposizione. Potete immaginare facilmente che la vincitrice del concorso è Ester la quale piace particolarmente al re che la sceglie come regina. Ester entra però semplicemente in questo grande harem, non assume un ruolo di potere, entra comunque in una posizione privilegiata. Mardocheo nel frattempo è venuto a conoscenza di una trama losca ordita da due eunuchi che tentavano un colpo di stato; denuncia questo pericoloso tentativo, sventa il colpo di stato e i due vengono messi in posizione di non nuocere. A Mardocheo non viene attribuito nessun riconoscimento mentre invece diventa primo ministro un certo Amman che viene presentato con note fortemente ironiche, viene presentato come un discendente di Agag, viene quindi legato a una famiglia di nemici di Israele fin dai tempi della vicenda dell’esodo. Arroganza e fede: due realtà inconciliabili Quest’uomo è molto ambizioso e prepotente; divenuto il numero 2 – quindi il grande responsabile del governo di tutta la nazione persiana – si è montato la testa e si crede un padreterno. Dà ordine che quando passa lui tutti devono inginocchiarsi e mettere la testa fino a terra. Lo fanno tutti perché, quando chi comanda è così, chi vuole rimanere nell’ambiente deve adattarsi. Mardocheo no, Mardocheo è un uomo capace di andare contro corrente, è un uomo che non si piega, non si inginocchia davanti ai potenti. Lo fa perché è ebreo, perché adora solo il Signore suo Dio e non piega le ginocchia davanti a nessun uomo. Lo rispetta, lo serve come superiore, ma non si inginocchia, non fa atto di adorazione. I suoi colleghi glielo dicono: ma perché fai così, guarda che si arrabbia. Lui spiega le motivazioni che sono appunto motivazioni religiose. Il racconto serve per fornire dei suggerimenti a chi si trova nella amministrazione di potenti di altre culture e religioni, per cui si può essere ebrei osservanti alla corte di Persia senza perdere la propria dignità, senza adorare il potente di turno. I suoi colleghi sono proprio quelli che fanno la spia e fanno notare ad Amman che Mardocheo, ebreo, non si inginocchia: “L’ha notato?”. Adulatori di corte, per farsi belli, fanno notare ad Amman – il quale probabilmente camminava con la testa tanto alta da non riuscire a vedere nessuno – che c’è uno che non si inginocchia. Facendoglielo notare lui lo nota, si indispettisce sempre di più e giura di fargliela pagare. Un grande e perverso progetto Dato però che è molto potente ed è quasi un padreterno, non può fargliela pagare solo a lui, ma deve fare qualche cosa di enorme; decide pertanto di organizzare una eliminazione sistematica di tutti gli ebrei. Se lui che è ebreo si comporta così, allora bisogna ammazzarli tutti gli ebrei. L’unica cosa che lascia decidere ad altri è il giorno in cui fare la strage. Amman si presenta all’imperatore e gli espone il problema in modo molto serio, naturalmente non gli racconta le cose come stanno, ma crea il caso politico internazionale: “Maestà, dentro il suo regno c’è un popolo diverso dagli altri, anomalo, anormale, che si crede di essere migliore: per noi è un problema”. Amman monta la situazione e la presenta in modo tale che il re ritiene veramente, senza capire niente della situazione, che quel popolo sia pericoloso e quindi fa una legge – che è irrevocabile come tutte le leggi dei Medi e dei Persiani – in base alla quale si stabilisce un giorno in cui viene dato ordine a tutti i soldati persiani di eliminare tutti gli ebrei di tutti i paesi e di confiscare i loro beni. Che giorno stabiliamo? Gettano la sorte. Si adopera il termine “pur” che è un termine non ebraico, ma legato all’ambiente orientale. “Pur” è la sorte, il plurale è purim, le sorti: gettare le sorti. Una specie di gioco con i dadi: tirano a sorte il giorno in cui si dovrà fare la strage. Viene sorteggiato il giorno: 13 del mese di Adar, l’ultimo mese dell’anno, corrisponde a febbraiomarzo. Erano all’inizio dell’anno e quindi c’è tempo, undici mesi, ma la data è fissata: il 13 di Adar bisognerà fare questa strage. Vengono preparate le lettere, i decreti imperiali sono mandati, tutto l’impero è avvisato, tutti i soldati sanno che in quel giorno dovranno sterminare gli ebrei, è la volta in cui li fanno fuori tutti. Mardocheo cerca una soluzione Mardocheo non ha possibilità di comunicare con Ester, ormai Ester è entrata nell’harem, un ambiente riservatissimo, non avevano il telefonino, non riuscivano a comunicare né di persona, né per lettera; lei all’interno dell’harem non sa assolutamente nulla di quello che succede fuori, mentre Mardocheo è informato perché lavora nella burocrazia imperiale. Mardocheo compie allora un gesto plateale, si veste di sacco, digiuna, si fa vedere in un atteggiamento di grande afflizione, crea la notizia, cosicché qualcuno riferisce a Ester che il suo parente veste come uno straccione, sta in piazza e non mangia più. Deve essere successo qualcosa. Arrivata la notizia, Ester si preoccupa e gli manda, tramite un eunuco, una serie di vestiti nuovi e belli. Finalmente si crea il telefonino: l’eunuco fa la spola e porta le notizie. A quel punto Mardocheo fa sapere a Ester quello che sta succedendo e intende dirle: fa’ qualcosa. Lei gli manda a dire: posso fare niente, sono in una situazione in cui il re se non mi chiama non lo vedo e non ho diritto assolutamente di intervenire nella politica. C’è una legge per i persiani per cui, se uno entra nella sala del trono dove è seduto l’imperatore, senza essere convocato, merita la pena di morte, viene condannato. Ester fa sapere a Mardocheo: se non mi chiama io non posso andare. Una profonda domanda teologica Mardocheo le risponde: 4,13Non pensare di salvarti tu sola, fra tutti i Giudei, per il fatto che ti trovi nella reggia. 14Perché se tu in questo momento taci, aiuto e liberazione sorgeranno per i Giudei da un altro luogo; ma tu 3 perirai insieme con la casa di tuo padre. Chi sa che tu non sia stata elevata a regina proprio per una circostanza come questa?». Questo è il punto centrale della storia ed è una domanda: “Chissà che tu non sia arrivata lì proprio per poter aiutare il tuo popolo in questo momento?”. Mardocheo le dice: “Non pensare di salvarti da sola”, è un discorso importantissimo. Tu sei in una posizione di benessere, lì sei al sicuro, non sanno che sei ebrea, sei importante e quindi tu sei a posto e noi che invece siamo fuori, siamo deboli e poveri. Tu pensi di salvarti da sola? Se moriamo noi muori anche tu! Pensa piuttosto che sei arrivata lì per qualche motivo. Notate come il narratore non mette l’insegnamento in modo forte, deciso, buttando in faccia al lettore il senso della storia, ma si fa una domanda: potrebbe essere anche così. Perché io sono arrivato dove sono, perché ho quello che ho? Forse ci sarà un motivo, il Signore forse vuole che io faccia qualcosa, mi ha dato questo ruolo – deve pensare Ester – per poter aiutare il mio popolo. Riconoscete che c’è una storia simile a quella dell’esodo? C’è un faraone che sta progettando di eliminare tutto il popolo perché ebreo, ci vuole qualcuno che vada dal faraone, questa volta il re di Persia, a dire di non farlo, a intercedere a favore del popolo. Ester è la figura di colei che intercede per la salvezza del suo popolo, ma la storia di Vasti, la regina precedente, ci ha insegnato che è molto pericoloso per Ester prendere una iniziativa. Lo ha detto a Mardocheo: io rischio la vita se mi presento al re e Mardocheo le risponde: rischiala, la rischiamo tutti se tu non fai qualcosa. Ecco il momento della tragedia che può diventare disperazione o speranza. Nel momento in cui rischio la vita, ma posso anche rischiare di ottenere la salvezza, la scelta buona è quella di lavorare per la salvezza dimenticando se stessi. Se Ester si chiudesse nella difesa della sua sicurezza convinta di essere a posto e non volesse correre il rischio di morire – non di prendere l’influenza – la storia finirebbe male. La salvezza di Dio passa attraverso una donna di speranza, passa attraverso il coraggio di Mardocheo che le insegna la speranza, che ha messo in moto tutta la sua fantasia, la creatività per attirare l’attenzione, per farle arrivare il messaggio, per incitarla a rischiare. Lei ha capito e risponde: “D’accordo, ma voi pregate per me”. Importanza della preghiera C’è una relazione molto importante della preghiera che sostiene: lei deve diventare preghiera di intercessione, ma ha bisogno che il popolo sia unito a lei nella preghiera: digiuno e preghiera per darle forza e coraggio. Qui il testo greco aggiunge una lunga preghiera di Mardocheo e poi una lunga preghiera di Ester. Il testo liturgico della messa, di tutto il libro, prende proprio questa preghiera di Ester e ce la propone il martedì della prima settimana di Quaresima dove ci viene presentato il tema della preghiera come opera importante della Quaresima, insieme alla carità e alla penitenza. La preghiera di Ester è fin dall’antichità cristiana considerata l’esempio della preghiera di intercessione, una preghiera di chi si prende a cuore le sorti del popolo. 4,17kLa regina Ester cercò rifugio presso il Signore, presa da un’angoscia mortale. Si tolse le vesti di lusso e indossò gli abiti di miseria e di lutto; invece dei superbi profumi si riempì la testa di ceneri e di immondizie. Umiliò duramente il suo corpo e, con i capelli sconvolti, coprì ogni sua parte che prima soleva ornare a festa. Poi supplicò il Signore e disse: 17lMio Signore, nostro re, tu sei l’unico! Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all’infuori di te, perché un grande pericolo mi sovrasta. […] 17rRicòrdati, Signore, manifèstati nel giorno della nostra afflizione e da’ a me coraggio, o re degli dèi e dominatore di ogni potere. 17sMetti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte al leone Il leone è Assuero, lei ha proprio l’impressione di dover affrontare un leone e chiede al Signore: metti nella mia bocca una parola ben misurata. Deve intercedere, deve parlare bene, deve dire le cose giuste e con grande umiltà chiede al Signore: aiutami, non ho altri all’infuori di te. e volgi il suo cuore all’odio contro colui che ci combatte, per lo sterminio suo e di coloro che sono d’accordo con lui. […] 17zO Dio, che su tutti eserciti la forza, ascolta la voce dei disperati, liberaci dalla mano dei malvagi e libera me dalla mia angoscia!». Sono solo alcune delle frasi che il testo greco presenta come preghiera esemplare di Ester. Rafforzata da questa preghiera, Ester rischia. Aveva chiesto tre giorni di digiuno e di preghiera. 5 ,1Il terzo giorno, quando ebbe finito di pregare, ella si tolse gli abiti servili e si rivestì di quelli sontuosi. L’incontro con il leone avviene il terzo giorno, è un particolare che ritorna molte volte nei racconti biblici; noi conosciamo quello principale: “Risuscitò il terzo giorno”. Molte altre vicende però sono successe il terzo giorno. 1aFattasi splendida, invocò quel Dio che su tutti veglia e tutti salva, e prese con sé due ancelle. Prima si è umiliata davanti a Dio, vestita male, spettinata, con la cenere in testa, poi per quel momento si veste e si acconcia nel modo più splendido di cui è capace. È circondata da due ancelle… Una splendida “interpretazione” Su di una si appoggiava con apparente mollezza, mentre l’altra la seguiva sollevando il manto di lei. 1bEra rosea nel fiore della sua bellezza: il suo viso era lieto, come ispirato a benevolenza, ma il 4 suo cuore era oppresso dalla paura. Finge benissimo, ha il cuore morto dalla paura, ma sulla faccia non si vede niente, sprizza gioia e bellezza. 1cAttraversate tutte le porte, si fermò davanti al re. Egli stava seduto sul suo trono regale e rivestiva i suoi ornamenti ufficiali: era tutto splendente di oro e di pietre preziose e aveva un aspetto che incuteva paura. 1dAlzato il viso, che la sua maestà rendeva fiammeggiante, al culmine della collera la guardò. La regina cadde a terra, in un attimo di svenimento, mutò colore e si curvò sulla testa dell’ancella che l’accompagnava. Ester recita benissimo. 1eDio volse a dolcezza l’animo del re: Questa è una pennellata tipica dell’autore greco, spiega che cosa è successo. Quello svenimento ha toccato il cuore del re che era in un atteggiamento forte, prepotente, da maschio dominatore, ed è avvenuto qualcosa: Dio volse a dolcezza l’animo del re. ansioso, balzò dal trono, la prese tra le braccia, fino a quando ella non si fu rialzata, e la confortava con parole rassicuranti, dicendole: 1f«Che c’è, Ester? Io sono tuo fratello; coraggio, tu non morirai, perché il nostro decreto è solo per la gente comune. Avvicìnati!». 2Alzato lo scettro d’oro, lo posò sul collo di lei, la baciò e le disse: «Parlami!». 2aGli disse: «Ti ho visto, signore, come un angelo di Dio e il mio cuore è rimasto sconvolto per timore della tua gloria: tu sei ammirevole, signore, e il tuo volto è pieno d’incanto». Ester mette l’abilità femminile, autentica seduzione, nel conquistare il cuore del re: ecco come una donna ti “incarta il pollo”. 2bMentre parlava, cadde svenuta; il re si turbò e tutti i suoi servi cercavano di rincuorarla. 3Allora il re le disse: «Che cosa vuoi, Ester, e qual è la tua richiesta? Per essere venuta qui, in questo modo, sicuramente hai qualcosa di importante da chiedere, dimmi quello che vuoi, qualunque cosa mi chiederai te la darò… Fosse pure metà del mio regno, sarà tua». Riconosciamo questa frase, ma è detta nel Nuovo Testamento da Erode Antipa quando c’è una ragazzina che balla e il racconto evangelico serve fare un confronto con l’antichità. Là un re pagano e una eroina di Israele parlavano di cose grandi, di salvezza, qui degli ebrei per un ballo giocano la testa del profeta. La citazione serve per fare il collegamento. Ester chiede: vieni a pranzo da me e portati anche il primo ministro Aman. Il re capisce benissimo che non è quella la richiesta, ma è un modo per prendere tempo. Aman è entusiasta, va a casa e lo dice alla moglie: “Mi ha invitato a pranzo la regina, mi ha invitato con il re”; ce l’aveva sullo stomaco quell’ebreo che non si inginocchiava e aspettava con ansia il giorno in cui lo avrebbe fatto appendere al palo. Il capovolgimento della sorte Proprio quella notte in cui il re è stato invitato a partecipare al banchetto a casa della regina, Assuero non riesce a dormire. Il testo ebraico dice: 6,1Quella notte il re non poteva prendere sonno. Il testo greco invece dice: 6,1Quella notte il Signore tolse il sonno al re, Ecco la differenza dei due testi: la stessa cosa è detta con una modalità differente. Non riuscendo a dormire il re decide di leggere qualcosa e cerca qualcosa di molto noioso per potersi addormentare. Dice: leggetemi un po’ di annali della nostra storia, qualche verbale della recente cronaca. Si mettono a leggere fatti recentemente capitati e ascolta di un colpo di stato sventato per intervento di Mardocheo. Chiede allora: “Questo Mardocheo lo abbiamo ricompensato?”. I suoi ministri gli dicono “No, veramente non abbiamo fatto nulla”. Eh! Come è possibile! Uno che è intervenuto a favore della corona deve essere ricompensato. Al mattino dopo convoca Aman e gli chiede: “Se tu volessi onorare uno grandemente, come faresti?”. Aman naturalmente pensando di essere lui quello che doveva essere onorato grandemente dice: “Lo farei salire sul cavallo dell’imperatore, lo farei precedere da un grande ministro che lo presentasse a tutti come l’uomo più importante, perché il re onora uomini come lui”. “Bella idea – commenta Assuero – allora organizza tutto e porta quel tale Mardocheo in giro per la città dicendo che lui è l’uomo che il re onora”: Aman lo fa, ma mastica talmente amaro che medita decisamente l’uccisione appena può. Poi le cose vanno come vanno e, invitato a pranzo, finirà lui al palo. È un’altra immagine già di anticipo di capovolgimento della sorte: il superbo che pensa di essere sempre lui al centro. Pranzano in casa della regina, finito il pranzo il re chiede: “Allora, forza, Ester, dimmi cosa vuoi”. “Torna ancora domani”. Prendere tempo è un modo anche per tenere il lettore un po’ sulla corda; il narratore crea suspence, allunga la storia e Aman viene di nuovo invitato ed è ancora più fiero: “Di nuovo sono invitato dalla regina”. Questa volta alla richiesta del re Ester dice chiaramente: “C’è qualcuno che vuole la mia morte”. “Vuole la tua morte? Chi 5 può volere la tua morte?”. “Non solo la mia, ma anche di tutti i miei parenti, di tutti i miei connazionali. C’è qualcuno che sta tramando contro di me e tutta la mia famiglia”. Ormai il re è talmente disposto ad ascoltarla che è pronto a tutto. “Dimmi chi è”. Ester non può fare altro che indicare l’altro commensale, Aman. “È lui il primo ministro che ti ha ingannato e ti ha fatto firmare dei decreti contro degli innocenti”. Il re viene preso dal furore, si alza di scatto ed esce a passeggiare, a mettere un attimo in ordine le idee. Aman capisce che la situazione volge al peggio e si mette a supplicare la regina la quale è seduta sul divano. Lui si corica, si sdraia sul divano, lei si allontana e lui è proprio nella posizione di chi è coricato, vicino alla regina e cerca di metterle le mani addosso. Lo fa da supplice, ma quando il re entra in casa lo vede coricato sul divano mentre allunga le mani sulla regina. Dice allora “A questi punti siamo arrivati? Tenta di fare violenza alla regina sotto i miei occhi? Eliminatelo!”. Entra un servo, tutto è organizzato a puntino, e dice: “C’è giusto un palo preparato”. “Appendetecelo!” e Aman viene preso e appeso al palo su cui lui voleva appendere Mardocheo. Ecco il capovolgimento della sorte; la regina a questo punto deve intervenire. Guarda che tu, caro re, hai fatto un decreto in cui il 13 di Adar dai ordine di uccidere tutti gli ebrei. Ma gli ordini dei persiani non si possono cambiare, ormai è fatto. Allora dice: “Facciamone un altro in cui dai agli ebrei la possibilità di difendersi”. Viene quindi capovolta la legge e il giorno seguente, il 14 di Adar diventa il giorno di festa per tutti gli ebrei dell’impero persiano che ringraziano il Signore che ha capovolto la sorte. Entra così nel calendario ebraico la Festa di Purim, che si celebra il 14 del mese di Adar una luna prima di Pasqua che si celebra il 14 di Nisan, il mese seguente. Il 15 è luna piena e quindi la Festa di Purim coincide con la luna piena, con l’ultima luna piena di inverno e la festa di Pasqua coincide con la prima luna piena di primavera. Nella tradizione ebraica il Purim è un po’ il carnevale, è la festa dove si invertono le parti, si usano le maschere, si cambiano i ruoli per ringraziare il Signore che depone i potenti dai troni e innalza gli umili, rimanda i ricchi a mani vuote, ma ricolma di beni gli affamati. Dio capovolge la sorte, Dio ha in mano la storia, ma chiede a uomini e donne di essere coraggiosi. È una storia di intercessione, di speranza, di amore, Mardocheo ed Ester sperano nel Signore, ma fanno qualcosa loro, non aspettano che la salvezza piova dal cielo. Rischiano tutti e due, intercedono, si mettono in mezzo e amano il popolo. Ester è figura di carità perché per amore del popolo rischia la sua vita. La liturgia la vede anche come figura mariana, è colei che intercede per la salvezza del popolo, è la regina che ottiene la salvezza del suo popolo. È una bella storia che ci insegna a prenderci le nostre responsabilità: ognuno di noi si trova lì dove si trova, ha la vicenda che sta vivendo, e può avere un compito importante. Chissà che Dio non ti abbia fatto arrivare lì proprio per salvare il tuo popolo, per aiutare il tuo popolo? Allora chiediamo, proprio con lo stile orante di Ester, che il Signore accresca la nostra speranza, che non ci lasci prigionieri del malumore, delle situazioni negative, ma ci dia la capacità e il coraggio di fare qualcosa, di rischiare in prima persona, di intercedere per la salvezza del popolo, perché anche noi vogliamo bene alla nostra Chiesa, al nostro popolo: ci sta a cuore e interveniamo in prima persona. Vi invito a ripensarci e vi auguro di crescere nel coraggio, nella speranza e nella capacità di intercessione. 6