IL VANGELO NELLE PIEGHE DELLA CULTURA DI OGGI

IL VANGELO NELLE PIEGHE DELLA CULTURA DI OGGI.
Intervista a S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi
in occasione della pubblicazione del libro:
G.Crepaldi-S.Fontana
“La dimensione interdisciplinare della Dottrina sociale della Chiesa”,
Cantagalli, Siena 2006, pp. 138, Euro 9.
E’ in libreria in questi giorni il primo volume della collana “Quaderni dell’Osservatorio”, promossa
dall’Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuân sulla dottrina sociale della Chiesa in
collaborazione con l’editore Cantagalli di Siena. A S. E. Mons. Giampaolo Crepaldi - autore del
libro assieme a Stefano Fontana - e presidente dell’Osservatorio, chiediamo quale sia il motivo
ispiratore di questo lavoro.
“L’enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II dice che la Dottrina sociale della Chiesa
ha una importante dimensione interdisciplinare. Si tratta di una indicazione di grande
importanza in quanto senza entrare in dialogo con le varie discipline che si occupano
dell’uomo e della società, il Vangelo rischia il fondamentalismo oppure l’inefficacia.
Stranamente, però, questa importante indicazione del magistero non è stata molto
approfondita, sicché gli studiosi delle varie discipline e gli esperti di Dottrina sociale non
hanno sempre saputo lavorare insieme. Anzi, spesso hanno agito da estranei. Questo libro
vuole eliminare gli impedimenti teorici a questo dialogo. Quelli pratici dipendono invece dalla
buona volontà degli interlocutori”.
Quali sono i principali di questi ostacoli?
“Ce ne sono molti e il libro li affronta pacatamente uno ad uno. C’è l’ostacolo di ritenere che
la Dottrina sociale non sia un vero sapere, c’è quello di ritenere impossibile la stessa unità del
sapere, poi quello di trascurare ora l’uno ora l’altro aspetto della Dottrina sociale: chi mette
in ombra il ruolo del magistero rispetto al compito dei teologi, chi dà più importanza alla
prassi che alla dottrina, chi sostiene fin troppo la storicità della Dottrina sociale insistendo
eccessivamente sul cambiamento, chi vorrebbe sostituire la teologia o la filosofia con le scienze
umane, e così via. Il libro si assume un compito: dare a ciascuno il suo. Nel quadro unitario e
nello stesso tempo articolato della Dottrina sociale l’importante è che ogni aspetto vada
collocato al suo giusto posto”.
Può indicarci un metodo concreto e pratico per riuscire in questo?
“La risposta dipende molto dalla domanda. Nel libro si è stati molto attenti a fare le domande
giuste. Se io mi chiedo quale sia la fonte della Dottrina sociale, faccio una domanda diversa
dal chiedermi quale sia il fondamento della Dottrina sociale, oppure dal chiedermi che tipo di
disciplina particolare essa sia. Se confondo le domande rimescolano le risposte. La fonte della
Dottrina sociale, che nel libro viene indicata nella fede, non è l’atto fondativo, che nel libro
viene indicato nel magistero, e non è nemmeno la sua formalità disciplinare specifica, che nel
libro viene indicata nella teologia morale. Facendo le giuste domande c’è la possibilità di darsi
anche le giuste risposte”.
Tra tutti gli ostacoli che spesso hanno impedito e impediscono tuttora un colloquio tra la Dottrina
sociale della Chiesa e le altre aree del sapere, secondo lei qual è il più importante e difficile da
rimuovere?
“Non attribuire alla fede un valore conoscitivo. Se la fede è considerata una semplice scelta
immotivata ed immotivabile, una opzione irrazionale, allora anche alla Dottrina sociale della
Chiesa, che da essa nasce, non viene attribuito nessun valore scientifico. Non viene
considerata un vero “sapere” con cui si possa dialogare. Il principale ostacolo, quindi, deriva
da una certa concezione della scientificità di tipo esclusivamente sperimentale e misurabile.
Ma appena si esca da questa concezione piuttosto vecchia e chiusa, le possibilità di dialogo si
moltiplicano”.
Su quali fonti si basa il libro?
“ Il sottotitolo del libro dice che è uno studio sul magistero. Ci si propone, in altre parole, di
ricostruire le indicazioni che il magistero dà a proposito delle reciproche aperture
interdisciplinari tra la Dottrina sociale della Chiesa e le altre discipline. Il riferimento è al
Vaticano II, alle encicliche sociali, ed anche alla Fides et Ratio, alla Veritatis Splendor e alla
Evangelium vitae. Si è voluto raccogliere in un quadro unitario, quanto nel magistero si trova
sparso qua e là”.
Come è strutturato il libro?
“Il percorso ha quattro tappe. Dapprima si cerca di delineare il quadro unitario del sapere
descrivendo le caratteristiche della verità. Molta cultura di oggi nega questa possibilità, ma
non dimentichiamo che essa comporta lo smarrimento dell’uomo. La frammentazione del
sapere provoca la frammentazione anche della persona, che non sa più darsi un senso. La
seconda tappa consiste nel mostrare come le varie dimensioni della verità siano presenti
dentro la Dottrina sociale della Chiesa. Essa, infatti, è storica in quanto nasce dai problemi
sempre nuovi che l’umanità deve affrontare, ma nello stesso tempo è fondata su qualcosa che
non muta. La quarta tappa affronta il rapporto della Dottrina sociale con le grandi aree del
sapere: teologia, filosofia e scienze umane. Infine, l’ultima tappa, scende nel concreto
dell’esame dei possibili rapporti interdisciplinari con le singole discipline”.
Cosa ci si attende da questo libro?
“Che apra delle porte, che contribuisca a creare dei varchi e che crei dialogo e contatto tra chi
si occupa dell’una o dell’altra disciplina e la Dottrina sociale della Chiesa. Pensiamo all’area
della biopolitica o della finanza, all’area giuridica e della politica internazionale e così via. La
Dottrina sociale della Chiesa non è solo per i cattolici e tanto meno solo per i preti. E’ per la
vita. Il suo posto è là dove si compiono le piccole o grandi scelte dell’umanità. E là essa deve
incontrarsi con le competenze e con i saperi dell’uomo. Come si vede, la posta in gioco è molto
alta”.