1. la prova testimoniale in generale (artt. 2721

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La prova testimoniale in generale (artt. 2721- 2726 c.c.)
1. La prova testimoniale in generale (artt. 2721- 2726 c.c.).
1.1. Definizione di prova testimoniale e i limiti di ammissibilità.
La prova testimoniale, per lunghissima tradizione, è considerata uno Definizione di prova
strumento probatorio strettamente connaturato al concetto stesso di proces- testimoniale
[1]
so, sia civile che penale.
Per quanto riguarda il processo civile, il nostro legislatore disciplina
tale mezzo istruttorio attraverso un’ampia regolamentazione, suddivisa tra
norme sostanziali (artt. 2721 – 2726 c.c.) e norme processuali (artt. 244 –
257 C.p.c.).
Secondo una felice e sintetica descrizione dottrinaria [Conte, Le prove
civili, Milano, 2005, p. 279], la testimonianza, tipica prova costituenda,
può essere definita come quella dichiarazione che un soggetto, estraneo al
giudizio, rende circa l’esistenza o la narrazione di un determinato fatto.
La disciplina sostanziale della prova testimoniale contenuta nel codice Limiti di
civile, pur lasciando al giudicante un’ampia discrezionalità di apprezza- ammissibilità
mento, pone una serie di rigorosi limiti di ammissibilità della medesima, [2]
limiti che possono essere fatti valere come eccezioni in senso proprio. Tali
limitazioni sono interpretate dalla dottrina come una generale sfiducia del
legislatore nei confronti di tale strumento probatorio, rispetto al quale viene
privilegiato l’atto scritto o, più in generale, il documento.
La giurisprudenza della Suprema Corte ha precisato però che i limiti di
ammissibilità della prova testimoniale stabiliti dagli art. 2721 ss. c.c. concernono il “contratto” nell’accezione tecnica precisata dall’art 1321 c.c.,
e pertanto, all’infuori delle ipotesi espressamente previste dall’art 2726 c.c.
del pagamento e della remissione del debito, non sono estensibili agli atti
unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale - come il riconoscimento
del debito e il pagamento - in forza della disposizione dell’art 1324 c.c., la
quale invece estende a tali atti, in quanto con essi compatibili, soltanto le
norme che disciplinano il contratto nel suo aspetto sostanziale. (Cass. Civ.,
sez. III, 14 luglio 2003, n. 10989). La Cassazione ha altresì sancito che le
limitazioni poste dagli art. 2721 e seguenti del codice civile all’ammissibilità della prova testimoniale non attengono a ragioni di ordine pubblico, ma
sono dettate a tutela di interessi di natura privatistica; pertanto la loro violazione costituisce causa di nullità relativa ex art. 157 c.p.c. e non può quindi essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma soltanto dalla parte interessata;
non è neppure più rilevabile dalle parti ove non sia stata dedotta in sede
di ammissione della prova, ovvero nella prima istanza o difesa successiva
o, quanto meno, in sede di espletamento della stessa (Cass. Civ., sez. II, 28
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la testimonianza scritta e orale NEL NUOVO PROCESSO CIVILE
aprile 2006, n. 9925). È stato però sancito che tale principio, trovi deroga
nel caso in cui la forma scritta sia imposta dalla legge a pena di nullità, cioè
non ad probationem, ma ad substantiam, ossia per l’esistenza stessa del
contratto (Cass. Civ., sez. III, 12 maggio 1999, n. 4690).
Infine, va evidenziato come i limiti legali di prova di un contratto per
il quale sia richiesta la forma scritta “ad substantiam” o “ad probationem”,
così come i limiti di valore previsti dall’art. 2721 c.c. per la prova testimoniale, operino esclusivamente quanto il suddetto contratto sia invocato in
giudizio come fonte di reciproci diritti ed obblighi tra le parti contraenti
e non anche quando se ne evochi l’esistenza come semplice fatto storico
influente sulla decisione del processo ed il contratto risulti stipulato non tra
le parti processuali, ma tra una sola di esse ed un terzo. (Cass. Civ., sez. I,
17 gennaio 2001, n. 566). Per contro, invece, tali limitazioni operano non
solo quando il negozio sia invocato come fonte di diritti e obbligazioni tra
le parti contraenti, ma anche quando sia invocato dai loro eredi o aventi
causa (Cass. Civ., sez. II, 22 gennaio 1985, n. 251).
Limiti di valore
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L’articolo 2721 c.c. , primo comma, stabilisce una limitazione di valore all’ammissibilità della prova per testimoni, escludendola qualora il valore dell’oggetto del contratto ecceda gli € 2,58.
L’anacronisticità di tale previsione, universalmente riconosciuta in dottrina, porterebbe alla pressoché totale inutilizzabilità di questo strumento
probatorio se il secondo comma non prevesse un opportuno correttivo, laddove consente all’autorità giudiziaria l’ammissione di tale mezzo di prova
anche oltre il limite sopra indicato, tenuto conto della qualità delle parti,
della natura del contratto e di ogni altra circostanza.
Va anzitutto ribadito, come già detto poc’anzi, che i limiti previsti dagli
articoli 2721 e seguenti del codice civile, si riferiscono esclusivamente ai
contratti e agli atti negoziali indicati nell’articolo 2726 c.c. (pagamento e
remissione di debito).
È stato infatti ritenuto che il divieto di cui sopra non escluda l’ammissibilità della prova testimoniale in riferimento ad atti unilaterali quali la
dazione senza causa (Cass. Civ., sez. II, 5 dicembre 1994, n. 1004), né la
domanda di assegnazione in proprietà di alloggi dello I.a.c.p. ex art. 29
della legge n. 60 del 1963 (Cass. Civ. sez. III, 12 marzo 2005 n. 5468).
Per quanto riguarda, invece le fatture commerciali, esse non contengono alcuna convenzione, ma costituiscono, nei confronti di chi le ha emesse, prova di tale emissione e, quale atto di esecuzione della prestazione
 Art. 2721 c.c. (Ammissibilità: limiti di valore). La prova per testimoni dei contratti
non è ammessa quando il valore dell’oggetto eccede gli euro 2,58.
Tuttavia l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto, tenuto
conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza.
La prova testimoniale in generale (artt. 2721- 2726 c.c.)
a favore del destinatario, possono valere a far presumere che la relativa
convenzione sia stata stipulata con il medesimo destinatario: contro tale
presunzione è però ammissibile qualunque altro mezzo di prova, compresa
la prova testimoniale (Cass. Civ., sez. II, 11 novembre 1985, n. 5506).
In tema di contratti, invece, i limiti di valore stabiliti dall’art. 2721 c.c.
per l’ammissione della prova testimoniale operano quando il contratto sia
dedotto come fonte di reciproche obbligazioni fra le parti e non anche nel
caso in cui lo stesso sia invocato ad colorandam possessionem in quanto
diretto a caratterizzare il particolare stato di fatto inerente alla detenzione
o al possesso del bene (Cass. Civ., sez. II, 18 novembre 2005, n. 24395). In
materia di pagamento di somme di denaro la Suprema Corte ha poi stabilito che, poiché ai sensi dell’art. 2726 c.c. le norme stabilite per la prova
testimoniale si applicano anche al pagamento e alla remissione del debito,
è ammessa la deroga al divieto della prova testimoniale in ordine al pagamento delle somme di denaro eccedenti il limite previsto dall’art. 2721 c.c.;
tale deroga è però subordinata ad una concreta valutazione delle ragioni in
base alle quali, nonostante l’esigenza di prudenza e di cautela che normalmente richiedono gli impegni relativi a notevoli esborsi di denaro, la parte
non abbia curato di predisporre una documentazione scritta (Cass. Civ., sez.
II, 25 maggio 1993, n. 5884).
Costituisce principio pienamente consolidato in giurisprudenza il fatto Potere discrezionale
che l’ammissione della prova testimoniale oltre i limiti di valore stabiliti del giudice
dall’art. 2721 c.c. costituisce un potere discrezionale del giudice di merito, [4]
il cui esercizio, o mancato esercizio, è insindacabile in sede di legittimità
ove sia correttamente motivato (tra le numerose massime in tal senso si cita
Cass. Civ., sez. III, 22 maggio 2007, n. 11889). Qualora il giudice di merito
ritenga di non poter derogare al limite di valore previsto dall’art. 2721 c.c.,
non è tenuto a esporre le ragioni della pronunzia di rigetto dell’istanza di
prova testimoniale, trattandosi di mantenere quest’ultima entro il suo fisiologico limite di ammissibilità (Cass. Civ., sez. III, 19 agosto 2003, n. 12111).
La giurisprudenza di merito ha poi precisato che l’ammissione della prova
testimoniale oltre i limiti di valore stabiliti dall’art. 2721 c.c. costituisce un
potere discrezionale del giudice di merito il cui esercizio non postula la
considerazione di tutte le circostanze elencate a titolo esemplificativo nella
norma citata, nè l’adozione di un formale provvedimento di ammissione:
l’ammissione della prova contestata, comunque, suppone inequivocamente
un implicito riconoscimento della sussistenza di ragioni giustificative di tale
superamento (Appello Napoli, 15 gennaio 2002, in Nuovo dir. 2002, 977).
La parte che lamenta il mancato uso da parte del giudice del merito
del potere discrezionale di derogare al limite di valore, tenuto conto degli
elementi specificati nel comma secondo del citato art. 2721 c.c. (qualità
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la testimonianza scritta e orale NEL NUOVO PROCESSO CIVILE
delle parti, natura del contratto ed ogni altra circostanza), ha l’onere di
indicare le circostanze, pretermesse dal giudice, che reputa, invece, determinanti ai fini dell’ammissibilità del mezzo istruttorio (Cass. Civ., sez. I,
06 aprile 1992, n. 4210). E stato anche sancito che, qualora nel giudizio di
primo grado, la parte che si sia opposta all’ammissione di una prova testimoniale, non proponga reclamo contro l’ordinanza del giudice istruttore
che, invece, ammette la prova contestata in deroga ai limiti di valore previsti dall’art. 2721 c.c., nè chieda, in sede di conclusioni definitive, la revoca
della detta ordinanza, la questione in ordine all’ammissibilità della prova,
espletata in primo grado, non può essere sollevata in grado di appello, restando, pertanto, precluso al giudice di secondo grado di dichiarare inammissibile quella prova e di omettere il relativo esame (Cass. Civ., sez. II, 19
ottobre 1988, n. 5682). Infine, va sottolineato come l’inosservanza del limite
per valore per l’ammissibilità della prova testimoniale del pagamento non
possa essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità, importando un
accertamento di fatto (Cass. Civ., sez. I, 15 febbraio 2007, n. 3457).
Patti aggiunti
L’articolo 2722  del codice civile introduce un’ulteriore limitazione
o contrari al all’ammissibilità della prova per testi, vietandola qualora essa abbia a ogcontenuto di un
getto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, sempreché si
documento
[5] alleghi che la stipulazione dei medesimi sia stata anteriore o contempora-
nea al documento medesimo. La dottrina [Grasselli L’istruzione probatoria
nel processo civile riformato, Padova, 2000, pag. 250] ha correttamente
rilevato la palese intenzione del legislatore di impedire che il contenuto di
un accordo, sancito in un documento, possa essere integrato o addirittura
contraddetto attraverso l’allegazione dell’esistenza di accordi verbali anteriori o contestuali, accordi che, in base alla comune esperienza, le parti
avrebbero potuto o dovuto inserire nel documento medesimo.
La giurisprudenza, in numerose pronunce, ha focalizzato in modo piuttosto rigoroso le nozioni di “documento” e di “patti aggiunti o contrari” tali
da integrare la fattispecie prevista dalla norma in esame.
Documento
È stato chiarito che il concetto di “documento” va riferito al documento
[6] contrattuale, ossia formato con l’intervento di entrambe le parti e racchiudente una convenzione, non anche alle scritture provenienti da una delle
parti o da un terzo; cosicché esso non sussiste e quindi non opera il divieto
ex art. 2722 c.c., quando si tratti di scrittura che provenga da una sola
parte e contenga una dichiarazione unilaterale, come può avvenire anche
nel caso in cui taluno dichiari di voler prestare fidejussione, se questa ha
origine da un negozio unilaterale o dalla legge anziché da un contratto
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 Art. 2722 c.c. (Patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento). La prova
per testimoni non è ammessa se ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un
documento, per i quali si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contemporanea.
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