1 Non è passato molto tempo da quando medici ben intenzionati raccomandavano all'unisono “arìa fresca”, “acqua fredda” e “psicoterapia” in tutti i casi misteriosamente complicati da fenomeni psichici. Per psicoterapia si intendeva allora, a un esame più attento, una sorta dì incoraggiamento energico o benevolmente paterno mediante il quale si cercava di convincere il paziente, alla maniera di Dubois, che il suo sintomo era “soltanto psichico”, un'idea fissa morbosa. È vero che anche un incoraggiamento può fare del bene, ma esso sta alla psicoterapia moderna come la fasciatura alla chirurgia; un'influenza personale e autorevole è un fattore importante dì guarigione, ma non è affatto il solo e in nessun caso costituisce l'essenza della psicoterapia. Oggi la psicoterapia è divenuta una scienza e usa metodi scientifici, mentre prima sembrava rientrare nella competenza di tutti. Con l'approfondimento della natura delle nevrosi e delle complicazioni psichiche delle malattie somatiche, anche la natura del trattamento ha subito notevoli mutamenti e differenziazioni. La vecchia teoria della suggestione, secondo cui i sintomi dovevano esser repressi mediante un'azione esercitantesi in senso contrario, fu sostituita dalla teoria psicoanalitica di Freud, il quale si rese conto che reprimendo il sintomo non si elimina la causa della malattia e che il sintomo è piuttosto un indicatore, diretto o indiretto, di questa causa. Il nuovo punto di vista, universalmente riconosciuto da una trentina d'anni, ha rivoluzionato anche la terapia e ciò in quanto, a differenza della terapia basata sulla suggestione, richiede “la presa di coscienza delle cause”. Il trattamento basato sulla suggestione (ipnosi e simili) non fu abbandonato per leggerezza; fu abbandonato perché dava risultati realmente insoddisfacenti. Benché fosse di impiego relativamente facile e agevole e permettesse ad abili specialisti di curare contemporaneamente un numero piuttosto rilevante di pazienti, gettando le basi di un promettente metodo lucrativo, i suoi successi effettivi erano talmente rari e instabili che neppure la prospettiva di poter curare contemporaneamente un gran numero di persone riuscì più a salvarlo. I medici generici e le casse di malattia avrebbero altrimenti avuto tutto l'interesse a conservare in vita un metodo che invece fallì perché inadeguato. psicoterapeuti.info “La presa di coscienza delle cause” postulata da Freud è divenuta il leitmotiv, il presupposto basilare di tutte le più recenti forme di psicoterapia. La ricerca psicopatologica degli ultimi cinquant'anni ha provato al di là di ogni possibile dubbio che i principali processi etiologici della nevrosi sono essenzialmente di natura inconscia; d'altro canto l'esperienza pratica ha dimostrato che la presa di coscienza dei contenuti o processi etiologici è un fattore di guarigione la cui importanza pratica supera quella della suggestione. Perciò, nel corso degli ultimi venticinque trenta anni, si è prodotto nel campo della psicoterapia un capovolgimento a sfavore della suggestione diretta e a favore di tutte le forme terapeutiche basate sulla presa di coscienza delle cause patogene. Come ho già accennato, al mutamento della cura si accompagnò un'approfondita e differenziata teoria del disturbo nevrotico. Finché il trattamento si era limitato alla suggestione, aveva potuto accontentarsi di un impianto teorico estremamente modesto, a cui sembrava sufficiente considerare i quadri clinici nevrotici prodotti “ immaginari” d'una fantasia sovraeccitata. Da questa concezione era derivata facilmente una terapia il cui obiettivo era semplicemente di reprimere quei prodotti della fantasia, cioè i sintomi immaginari . Ma quella che si credeva, alla leggera, di poter eliminare come “immaginaria” era soltanto “una” delle possibili manifestazioni di uno specifico stato morboso, la cui sintomatologia presenta una proteiforme molteplicità e variabilità. Appena represso un sintomo, ecco apparirne un altro. Non si era pervenuti al cuore del disturbo. Per influsso di Breuer e di Freud, ebbe vita piuttosto lunga la teoria della cosiddetta nevrosi traumatica: e, in conformità a essa, il metodo catartico” si sforzò di riportare alla coscienza del paziente gli elementi originariamente traumatici. Già questo metodo e questa teoria, relativamente semplici, esigevano dal terapeuta un atteggiamento verso il paziente del tutto diverso da quello della terapia basata sulla suggestione, che poteva essere esercitato da chiunque disponesse della determinazione necessaria. Il “metodo catartico” richiedeva invece un minuzioso esame individuale del singolo caso e un paziente atteggiamento di ricerca dei possibili traumi; soltanto attraverso l'esatta osservazione e la disamina del materiale prodotto dal malato era infatti possibile costellare gli elementi traumatici, così da giungere all’abreazione delle originarie situazioni emotive in cui si era prodotta la nevrosi. Un trattamento lucrativo di massa diventava di conseguenza molto più difficile, se non impossibile. Benché le prestazioni che si attendevano dal terapeuta fossero dunque qualitativamente superiori a quelle dei metodi basati sulla suggestione, sussisteva tuttavia ancora, data l'elementarità della teoria, la possibilità di una routine su scala abbastanza vasta perché, in linea di principio, nulla impediva al terapeuta di mettere più pazienti contemporaneamente in quello stato dì rilassamento che permette di abreagire i ricordi traumatici. Grazie all'approfondito, trattamento dei singoli casi, non poté rimanere a lungo nascosto il fatto che la teoria del trauma era una generalizzazione avventata. Un'accresciuta esperienza mostrò chiaramente a ogni coscienzioso indagatore di quadri clinici nevrotici che traumi specificamente sessuali, nonché altri traumi da shock, potevano esser ritenuti responsabili di determinate forme di nevrosi, ma certamente non di tutte. Freud stesso superò psicoterapeuti.info presto la teoria traumatica a favore della ben più complessa teoria della “rìmozione”, e modificò di conseguenza il trattamento. Era evidente che la mera abreazione non poteva condurre alla meta prefissa, poiché la maggior parte delle nevrosi non sono di tipo traumatico. La teoria della rimozione teneva maggior conto del fatto che le nevrosi tipiche sono, propriamente parlando, “disturbi dello sviluppo”: secondo Freud, il disturbo era dovuto alla rimozione di impulsi e tendenze sessuali infantili, resi inconsci. Alla teoria toccava quindi il compito di rintracciare queste tendenze nel materiale fornito dal paziente, ma poiché tali tendenze sono per definizione inconsce, la loro presenza poteva essere provata soltanto attraverso un'indagine accurata dell'anamnesi nonché dell'attuale attività fantasmatica del paziente. Poiché di solito gli impulsi infantili si manifestano principalmente nei “sogni”, Freud si dedicò a uno studio approfondito sull'argomento, compiendo il passo decisivo che fece della psicoterapia moderna un metodo di trattamento individuale. È assolutamente escluso che il trattamento psìcoanalitico possa essere applicato contemporaneamente a più di uno, o addirittura a molti pazienti: esso è tutto fuorché una meccanica routine. Che questa forma di trattamento si chiami con Adler “psicologia individuale”, o con Freud e Steckel “psicoanalisi”, o in qualsiasi altro modo, rimane il fatto che ogni moderna psicoterapia che rivendichi coscienziosità medica e attendibilità scientifica, non può essere più un'attività di massa, ma è costretta a dedicare al singolo un interesse totale, assoluto. Il suo procedimento è necessariamente minuzioso e lungo. Vari sono stati i tentativi per abbreviarne il più possibile la durata, ma non si può dire che i risultati siano molto incoraggianti. Le nevrosi, essendo perlopiù frutto di sviluppi difettosi protrattisi per molti anni, non possono essere raddrizzate mediante un processo breve e intensivo. Il tempo è perciò qui fattore insostituibile di guarigione. Le nevrosi sono ancora considerate, assai ingiustamente, malattie di lieve entità, essenzialmente perché non hanno una natura tangibile, corporea. Di nevrosi non “si muore” (come se ogni malattia somatica avesse sempre esito letale!), ma si dimentica completamente che le nevrosi, a differenza delle malattie somatiche, possono avere gravissime conseguenze psichiche e sociali, spesso peggiori di quelle delle psicosi, in quanto queste conducono il più delle volte all'isolamento sociale del malato, rendendolo inoffensivo. L’anchilosi di un ginocchio, l'amputazione di un piede, una lunga tubercolosi polmonare sono, da tutti i punti di vista, preferibili a una grave nevrosi. Se si considera quest'ultima non soltanto sotto l'aspetto clinico ma soprattutto sotto l'aspetto psicologico e sociale, si giunge alla conclusione che si tratta di una malattia veramente grave, specialmente in considerazione degli effetti che esercita sull'ambiente e sulle condizioni di vita del singolo. Il solo punto di vista clinico non penetra né può penetrare la natura della nevrosi, perché questa è più un fenomeno psicosociale che una malattia in senso stretto. La nevrosi ci costringe a estendere il concetto di “malattia” al di là dell'immagine di un corpo singolo disturbato nelle sue funzioni e a considerare il nevrotico come un sistema di relazioni sociale ammalato. Corretta cosi la nostra concezione di nevrosi, non ci meraviglierà più il fatto che curarla in modo adeguato sia una questione minuziosa e complicata sotto ogni aspetto. psicoterapeuti.info Sfortunatamente, le facoltà di medicina si sono preoccupate troppo poco del gran numero di nevrosi esistenti (specie della frequenza di complicazioni psichiche nei casi di malattie organiche), così che esse coinvolgono in misura eccezionalmente ampia il medico generico, benché egli non sempre se ne renda conto. I suoi studi non lo hanno minimamente preparato sotto quest'aspetto; anzi egli molto spesso non ha nemmeno la possibilità di orientarsi minimamente in questo campo di così grande rilevanza pratica. Sebbene gli inizi della psicoterapia moderna siano principalmente fondati sui meriti di Freud, si commetterebbe un grave errore se, come avviene ancora di frequente, si identificasse tout-court il trattamento psichico con la “psicoanalisi” freudiana. Quest'errore è stato in verità incoraggiato da Freud stesso e dai suoi seguaci, che concepiscono la loro teoria sessuale e il loro metodo settariamente, come i soli efficaci. Anche la “psicologia individuale” di Adler è un contributo da non sottovalutare, in quanto rappresenta un ampliamento dell'orizzonte psicologico. Nella teoria. e nel metodo della psicoanalisi c'è molto di giusto e di vero, ma la loro verità è essenzialmente limitata al sistema di riferimento sessuale, rimanendo cieca a tutto ciò che non rientra in questa categoria. AdIer ha dimostrato come sia possibile spiegare con maggior successo in maniera del tutto diversa non poche nevrosi. Questi più recenti sviluppi concettuali si propongono lo scopo terapeutico non solo di rendere coscienti tendenze e contenuti patogeni, ma anche di ricondurli (“ridurli”) a istinti primordiali, “semplici”, cosi da poter ricostituire l'essenza naturale, autentica, dell'uomo. Questo proposito è non solo lodevole, ma anche pratico, logico e promettente. I risultati positivi che ne conseguono in campo terapeutico sono, tenuto conto delle immense difficoltà che incontra il trattamento della nevrosi, quanto mai incoraggianti, anche se non così efficaci da non farcene desiderare di migliori. La riduzione agli istinti è una questione in sé alquanto, problematica, perché l'uomo è da sempre sul piede di guerra con i propri istinti, anzi già questi sono perpetuamente in lotta fra loro, donde il pericolo che la riduzione agli istinti non faccia che sostituire all'originario conflitto nevrotico un nuovo conflitto. Tanto per fare “un” esempio, Freud sostituì alla nevrosi la cosiddetta nevrosi di traslazione. Per sfuggire a questo pericolo, la psicoanalisi si sforza di ridimensionare, prendendone coscienza, le cosiddette tendenze infantili del desiderio, mentre la psicologia individuale, basandosi sulla pulsione gregaria, tende a sostituirle attraverso la collettivizzazione dell'individuo. Freud rappresenta il razionalismo scientifico del diciannovesimo secolo, Adler le tendenze sociopolitiche dell'inizio del ventesimo. Contro queste idee, ovviamente basate su presupposti condizionati dal momento storico, io ho sottolineato la necessità di rendere ancora più individuale il metodo di cura e di accentuare l'aspetto irrazionale degli obiettivi della terapia; quest'ultimo punto, in particolare, per garantire quanto più possibile l'assenza di pregiudizi. Allorché si tratta di promuovere uno sviluppo psicologico, il terapeuta dovrebbe infatti, per principio, lasciar agire la “natura”, evitando il più possibile di influenzare il paziente con le proprie premesse filosofiche, sociali e politiche. Anche se tutti i cittadini sono uguali, almeno davanti alla legge, come individui sono molto diversi l'uno dall'altro, e psicoterapeuti.info perciò ognuno può esser felice soltanto a modo suo. Con ciò non si auspica nessun “individualismo”, ma soltanto una condizione preliminare indispensabile a qualsiasi azione responsabile: quella cioè di conoscer sé stessi e la propria natura e di avere il coraggio di assumerne la responsabilità. Soltanto quando un essere umano vive nel modo che gli è proprio, è responsabile e capace di agire; altrimenti non è che un pedissequo gregario privo di personalità. Accenno a questi vasti problemi della psicoterapia moderna non per darne un'illustrazione esauriente, ma solo per mostrare al lettore quali questioni debba affrontare chi voglia curare un malato per riportare su binari naturali uno sviluppo intaccato dalla nevrosi. Per educare un individuo in gran parte inconscio della propria personalità a imboccare consapevolmente la sua strada, riconoscendo al tempo stesso le proprie responsabilità sociali, occorre, come sarà pronta ad ammettere ogni persona ragionevole, un procedimento minuzioso e prolungato. Se già Freud, col prestare attenzione ai sogni, che hanno una funzione terapeutica così rilevante, ha reso notevolmente più arduo il metodo di cura, questo non risulterà certo semplificato ma sarà complicato ulteriormente da una maggior individualizzazione, ancor più centrata sul materiale individuale del paziente. Ma, proprio in quanto si pone in risalto la sua peculiare personalità, il malato può essere sollecitato a una maggior collaborazione. Mentre lo psicoanalista ritiene di dover vedere il paziente un'ora al giorno per vari mesi, a me bastano nei casi gravi tre o quattro sedute la settimana. Di solito mi accontento di due, e quando il paziente è in certo qual modo avviato, le riduco a una. Nel frattempo però egli deve, sotto il mio controllo, lavorare su sé stesso. Io gli fornisco le cognizioni psicologiche necessarie per liberarlo il più rapidamente possibile dall'autorità medica. Inoltre, ogni dieci settimane circa, interrompo il trattamento, così da indirizzare nuovamente il paziente verso il suo ambiente normale; in questo modo egli non si estrania dal suo mondo, visto che già soffre della tendenza a vivere a spese altrui. Con questo sistema, il tempo assume una funzione curativa senza che il paziente debba pagare il tempo del medico. Se ben guidati, i pazienti sono perlopiù in grado di contribuire, anche se modestamente agli inizi, al lavoro comune. L’esperienza mi ha dimostrato che sedute troppo frequenti non abbreviano il periodo complessivo di cura; le cose vanno abbastanza per le lunghe in tutti i casi che richiedono un trattamento radicale. Se perciò le visite sono distanziate e l'intervallo che le separa è colmato dal lavoro del paziente, la cura diviene finanziariamente più sopportabile per i meno abbienti che non quand'è rinnovata giornalmente nella speranza di (dubbi) effetti dovuti alla suggestione. In tutti i casi di palese nevrosi, è indispensabile una certa “rieducazione” e “trasformazione” della personalità, poiché quasi sempre si tratta di un difettoso sviluppo individuale che generalmente risale all'infanzia. Il metodo moderno deve perciò tenere conto anche dei punti di vista delle scienze dello spirito, e cioè anche della pedagogia e della filosofia, cosicché una preparazione puramente medica si dimostra sempre più insufficiente. In ogni caso, se l'esercizio dell'attività terapeutica presuppone una conoscenza perfetta della psichiatria, un'analisi dei sogni in qualche modo adeguata richiede anche un'ampia conoscenza dei simboli che può essere acquisita soltanto attraverso lo studio della psicologia primitiva, della mitologia e della religione comparata. psicoterapeuti.info Con stupore dello psicoterapeuta stesso, una cultura e un'esperienza approfondite non solo non semplificano il suo lavoro, ma lo rendono sempre più vasto e complesso. Già cominciano a profilarsi nelle nebbie del futuro i tratti di una nuova psicologia pratica che comprenderà le cognizioni del medico, quelle dell'educatore e di chiunque sia interessato all'anima umana. Fino a quel momento, la psicoterapia sarà certamente compito del medico, ed è da sperare che le facoltà di medicina diano finalmente ascolto alla preghiera che si leva dai malati. Il pubblico colto conosce l'esistenza della psicoterapia, e il medico coscienzioso sa per esperienza quanta importanza abbia nel suo lavoro l'influenza della psiche; perciò esiste già in Svizzera un cospicuo numero di medici che si battono per i diritti della psicoterapia e la esercitano con abnegazione, benché la loro attività sia spesso amareggiata da sarcasmi, incomprensioni e critiche non pertinenti e malevole. 1 Titolo originale: Was ist Psychotherapie? Pubblicato per la prima volta in: Schweizerische Ärztezeitung für Standesfragen, vol. 16, n. 26. psicoterapeuti.info