PREMIO CESARE BONACINI Anno Scolastico 2004-2005 Esperimenti quantitativi su lavoro, potenza, trasferimenti di energia nelle macchine e in voi studenti. Quanto si spende? Quanto si ottiene? 1° Premio IPSIA ‘A.Lombardini’ e Liceo Scientifico "A. Moro" Reggio Emilia Motivazione: Il tema è stato svolto su una cella a combustibile autocostruita, dispositivo il cui funzionamento fisico-chimico è, dal punto di vista energetico, sufficientemente semplice da poter essere proposto a studenti della scuola secondaria. Particolarmente interessante la decisione di costituire un gruppo misto di studenti appartenenti a scuole molto diverse, integrando con reciproco vantaggio le competenze degli uni e degli altri. I fenomeni sono stati esplorati sia dal punto di vista sperimentale, sia dal punto di vista della teoria che ne sta alla base. I risultati sperimentali sono coerenti e bene interpretati nello spirito del tema del concorso. STUDENTI PARTECIPANTI IPSIA ‘A.Lombardini’ Liceo Scientifico ‘A.Moro’ CAMPANI MANUELE DE MICHELI FRANCESCO FORTESE FRANCESCO GREGORI FILIPPO GAUNA JOSUE’ ZACARIAS MONTAGNA ALESSANDRO ISKHAKOV ARTUR RUBIANI STEFANO MARZIANO LUCIANO Docenti: Per l'IPSIA il Prof.Dario Menozzi Per il Liceo Scientifico il Prof. Giulio Bassoli 1 RELAZIONE DOCENTI La particolare esperienza che abbiamo scelto ci ha posto alcuni problemi nella programmazione didattica; si sono dovuti affrontare argomenti poco trattati nei corsi scolastici di fisica: termodinamica delle reazioni chimiche (entropia, entalpia, energia libera e legge di Nernst), cenni di interfacciamento e di programmazione in linguaggio Delphi. Le difficoltà affrontate nella realizzazione dell’esperienza sono principalmente il reperimento dei materiali, loro assemblaggio, preparazione e lavorazione nonché la realizzazione delle esperienze per il conseguimento degli obiettivi preposti. Alla programmazione sono state dedicate 20 ore così suddivise: -- termodinamica ed elettrochimica 4 ore -- convertitore e programmazione 4 ore -- principi di funzionamento della cella a combustibile 4 ore -- simulazione di misure sperimentali 2 ore -- Misure ed elaborazioni al PC 3 ore -- relazione finale 3 ore La realizzazione pratica ha comportato la lavorazione di nuovi materiali (mai utilizzati in precedenza nei nostri laboratori) con un conseguente adattamento alle varie lavorazioni (grafite leggera, PEM, MEA, mylar, ecc..) e impegno anche al di fuori dell’orario scolastico. Nella fase preparatoria gli studenti hanno svolto ricerche personali sulle celle a combustibile e sui fenomeni fisici e chimici connessi. I docenti hanno successivamente verificato la preparazione raggiunta. I docenti hanno svolto lezioni frontali, consigliato gli alunni nella costruzione, nelle misure e nel reperimento dei materiali nonché all’uso del software sviluppato. Le maggiori difficoltà si sono dimostrate il reperimento dei materiali La scelta di collaborare con studenti di istituti diversi ci ha messo nelle condizioni di esaltare la complementarietà delle capacità di astrazione e delle capacità operativomanuali degli studenti con risultati estremamente positivi sia per la qualità dell’elaborato finale sia per gli aspetti didattici legati all’apprendimento. Infatti in tutte le fasi gli studenti hanno svolto un tutoraggio reciproco: Nelle fasi pratiche hanno operato gli studenti del liceo con l'assistenza degli studenti di IPSIA; la relazione è stata scritta dagli studenti di IPSIA con l'assistenza degli studenti liceali. 2 INTRODUZIONE Esperimenti quantitativi su lavoro, potenza, trasferimenti di energia nelle macchine e in voi studenti. Quanto si spende? Quanto si ottiene? L’energia è uno dei problemi più importanti del mondo odierno. In particolare le fonti non rinnovabili (carbone, petrolio, gas) si stanno esaurendo e l’inquinamento ambientale generato da queste forme di energie sta diventando insopportabile. Il prezzo del petrolio sale vertiginosamente di giorno in giorno, così come il costo dell’energia elettrica, e numerose città hanno adottato il sistema delle targhe alterne per risolvere il problema dell’inquinamento atmosferico generato dagli scarichi delle automobili. Ecco perché negli ultimi anni abbiamo assistito ad un ricorso sempre maggiore alle energie “pulite” o “alternative” (solare, eolica, idroelettrica, geotermica) che eliminano il problema dell’inquinamento. Considerando questo problema, che affligge tutto il mondo, abbiamo deciso di rispondere all’argomento del concorso realizzando una cella all’idrogeno. Infatti si tratta di un processo di produzione di energia altamente innovativo, che probabilmente verrà installato nelle automobili del prossimo futuro anche perché l’inquinamento generato nel corso della produzione è nullo in quanto l’unico residuo del processo è il vapore acqueo. Crediamo che la scienza debba aiutare l’uomo a risolvere i propri problemi, proponendo soluzioni alternative alle difficoltà che la natura presenta. La natura e dunque la materia non si può né creare né distruggere ma solo trasformare e la trasformazione del mondo che ci circonda è alla base di tutta la fisica. La celebre equazione di Einstein, conosciuta da tutti, rappresenta il culmine della trasformazione: la materia che diventa energia, un’energia spaventosamente grande, che rivela in modo inequivocabile la reale potenza della natura. I trasferimenti di energia riguardano tutti gli aspetti della natura: quando lavoriamo, il lavoro da noi speso (praticamente o intellettualmente) deriva dal calore incamerato nell’alimentazione: l’energia si trasforma sempre. In questo esperimento ci proponiamo di misurare il rendimento di una cella all’idrogeno, basandoci sul principio di conservazione dell’energia. Proprio il principio di conservazione è la base, il fondamento del nostro esperimento. La progettazione e la realizzazione della cella è avvenuta attraverso la metodologia del problem posing e del problem solving che ci ha posto nelle condizioni di affrontare e risolvere anche aspetti al contorno quali la probabilità termodinamica e l’energia libera. In questo modo siamo riusciti a completare il nostro progetto, costruendo un piccolo “motore” del futuro e misurandone le effettive capacità. Concludiamo questa brevissima introduzione augurandovi buona lettura. 3 PARTE TEORICA LA PILA: DALL’ENERGIA CHIMICA ALL’ENERGIA ELETTRICA Per la realizzazione pratica del nostro esperimento è stato indispensabile approfondire alcuni argomenti teorici che ci aiutassero a calcolare il rendimento ideale della nostra cella all’idrogeno. Innanzi tutto abbiamo individuato il fulcro dei nostri studi: la trasformazione di energia chimica in energia elettrica. Proprio questa trasformazione è alla base di ogni pila, uno strumento indispensabile nella vita di tutti i giorni. Nel corso della storia la prima pila elettrica fu realizzata da Alessandro Volta nel 1800. Questo primo rudimentale generatore di forza elettromotrice era formato da coppie di dischi di rame e di zinco, intervallati con una pezzuola imbevuta di una soluzione elettrolitica (cioè in cui il soluto si divide in ioni positivi e negativi). Lo scienziato comasco osservò che tra un disco di rame e uno di zinco si manifestava un passaggio di corrente elettrica. Questa osservazione lo condusse a dedurre che fra i due dischetti (denominati elettrodi) si generasse una differenza di potenziale, che rappresenta appunto la forza elettromotrice della pila. Una cella a combustibile contiene la cosiddetta "membrana scambiatrice di protoni" (indicata di seguito con PEM: Proton Exchange Membrane). Poiché i protoni dell’idrogeno che vengono a contatto con la PEM tendono a reagire con l’ossigeno dell’aria che si trova dalla parte opposta (della PEM), sono indotti ad attraversarla; gli elettroni dell’idrogeno non possono attraversare la PEM e si accumulano su un elettrodo di grafite. Quando s'instaura un collegamento elettrico esterno tra i due elettrodi della cella, i protoni H + attraversano la PEM e gli elettroni passano nel circuito elettrico esterno e si portano sull’altro elettrodo (permeato di ossigeno) completando la reazione: Reazione all’anodo Reazione al catodo 1 O2 ( gas ) + H 2 ( gas ) → H 2O(liquido) . 2 H 2 ( gas ) → 2 H + + 2e − 1 O2 ( gas ) + 2 H + + 2e − → H 2O(liquido) 2 L’energia chimica liberata in una reazione dipende dalla tendenza di un certo evento a manifestarsi. Tradizionalmente questa tendenza viene misurata in relazione alla variazione di entropia dell’intero universo (∆S ) . (L'entropia (S ) è una grandezza fisica che indica il grado di disordine di un sistema). Tutti i fenomeni naturali tendono ad avvenire aumentando il disordine complessivo dell’universo. Tuttavia, per ragioni di comodità, nel campo della chimica si utilizza una grandezza diversa per definire la tendenza di una reazione chimica a manifestarsi. Questa grandezza, elaborata da J.W. Gibbs (1839-1903), è l’energia libera ( G = H − T ⋅ S ), che dipende solo dal sistema considerato e la cui variazione (∆G ) è calcolata come differenza tra la variazione di entalpia (∆H ) , 4 che può essere considerata uguale al calore di reazione misurato a pressione costante, e il prodotto tra la variazione di entropia e la temperatura (sempre durante il processo). ∆G = ∆H − T ⋅ ∆S Una volta misurata la variazione dell’energia libera della cella, si può ricavare la forza elettromotrice che viene a manifestarsi ai suoi morsetti (alla temperatura di lavoro). Questa relazione è definita dalla legge di Nernst: ∆E = − ∆G . n⋅F Questa formula definisce la forza elettromotrice della pila ∆E come il rapporto tra la variazione dell’energia libera cambiata di segno e il prodotto tra il numero di elettroni coinvolti nella reazione chimica in esame ( n ) e la costante di Faraday ( F = 96487C ) che identifica la carica di una mole di elettroni. Concludendo è utile sottolineare che l’energia chimica iniziale si trasforma in parte in energia elettrica utile e in parte in calore nel dispositivo (dissipazione della resistenza interna del generatore). La costruzione della cella a combustibile Per realizzare la nostra cella a combustibile abbiamo dapprima effettuato svariate ricerche sulla rete; le informazioni ottenute unite a semplici espedienti sperimentali ci hanno alla fine permesso di ottimizzare le varie fasi della costruzione del nostro dispositivo. Essendo il nostro primo tentativo di realizzare un simile dispositivo, ci siamo orientati su di un modello semplice. Partendo dal principio di funzionamento di una cella a combustibile abbiamo costruito dapprima gli elettrodi in grafite (un’apposita grafite, una grafite leggera costituita da materiale misto probabilmente a minime inclusioni d’aria che appare come un insieme di scaglie di grafite compresse ). Su tale grafite ‘spugnosa’ abbiamo inciso le apposite scanalature per agevolare il passaggio dell’aria (portatrice di ossigeno sul catodo) e del gas idrogeno (sull’anodo). 5 La fase successiva è consistita nella realizzazione dei morsetti (attacchi elettrici); in pratica una lastra di circuito stampato in vetronite (materiale epossidico usato per realizzare i supporti dei circuiti elettronici) ricoperta da un lato, per deposizione elettrochimica, di un sottilissimo strato di rame. Il lato rame viene posto a contatto con il rispettivo elettrodo di grafite; l’altro lato della vetronite è un ottimo isolante. Un morsetto identico è posto sull’altro elettrodo. Tra i due elettrodi in grafite si pone la MEA (membrane exchange assembly). La MEA è costituita da una particolare membrana PEM a scambio protonico (spessa 50 µm ) sulla quale con una elaborata lavorazione viene fissato un materiale ( carta impregnata di polvere di grafite con minime tracce di platino 1 2 con funzioni di catalizzatore della reazione : O2 ( gas) + H 2 ( gas) → H 2O(l ) . 6 Tale materiale composito viene anche detto ‘backing layer’: esso viene fissato da ambo i lati ed ha una duplice funzione: ! permettere il contatto elettrico con la grafite (con la quale è contatto); ! permettere al gas (idrogeno all’anodo e aria al catodo) di fluire alla PEM. Gli elettrodi di grafite hanno una notevole rugosità superficiale; per mantenere l’idrogeno a contatto con il backing layer (evitando che si disperda dalle fessure dell'elettrodo) si pone una guarnizione (nel nostro caso in gomma di silicone di 0,5 mm di spessore) aderente all’anodo. La realizzazione della MEA ha richiesto molta pazienza e grande impegno. Per posizionare adeguatamente la MEA nel dispositivo la si mette in guida tra due strati di materiale (nel nostro caso mylar), e il tutto viene assemblato e fissato con 4 apposite viti. Il gas idrogeno si può produrre in vari modi (ad esempio anche con un voltametro di Hoffman) ma per eseguire l’esperienza noi ci siamo rivolti ad un 7 laboratorio fornito di gas idrogeno già pronto (e depurato da eventuali sostanze dannose). L’utilizzo di idrogeno puro (da laboratorio) è una scelta dettata dalla necessità di evitare eventuali interferenze di sostanze estranee (che possono essere anche dannose) come vapori di acido, vapore acqueo, ecc… Infatti alcune sostanze possono potenzialmente ridurre l’efficacia della MEA (o pregiudicarne la funzione). Il montaggio è illustrato nello schema seguente. Le misure eseguite con la nostra cella combustibile Ci siamo proposti di determinare il rendimento di una cella a combustibile. Questo richiede la conoscenza dell’energia prodotta dalle reazioni chimiche e l’energia elettrica effettivamente disponibile (energia utile ). I problemi affrontati sono stati di vario livello nelle varie fasi del nostro processo costruttivo. 8 L’incognita maggiore riguardava l’effettivo funzionamento dell’apparato da noi costruito (su tale funzionamento è basato tutto il nostro progetto). Abbiamo superato svariate difficoltà (dal reperimento dei materiali alla disponibilità di una sorgente di idrogeno, dalla valutazione dell’energia fruibile alle inevitabili variazioni nel tempo dell’energia prodotta, ecc.) La tensione in uscita dalla cella, essendo dipendente dal flusso di due gas (idrogeno ed ossigeno contenuto nell’aria) avrebbe posto indubbi problemi di misura. In previsione di questi problemi abbiamo messo a punto un sistema di acquisizione dati attraverso il PC tramite un convertitore analogico digitale ad 8 bit (interamente progettato e costruito dagli studenti con la guida degli insegnanti). La realizzazione del sistema ha richiesto molto tempo: la parte più impegnativa ha riguardato lo sviluppo del software a basso livello per la restituzione del valore analogico dai segnali digitali che giungevano dalla porta seriale. Per evitare la programmazione di qualche microprocessore (troppo specialistico per le nostre conoscenze) abbiamo usato un chip ad 8 pin (TLC549) della Texas Instruments. La conversione avviene a soli 255 livelli: questo comporta un certo errore ma è perfettamente accettabile ai nostri fini. 9 Lo sviluppo del software di acquisizione ed elaborazione diretta dei dati è stato modificato via via dalle continue nuove esigenze sperimentali. La taratura dei segnali acquisiti ha messo in evidenza un errore del 2,7% ( ∆V = 0,027 ; il 2,7% ). V L’interfaccia e il software da noi realizzati sono stati controllati con apposite prove di collaudo. Alla fine il nostro sistema di acquisizione era in grado di ricevere sotto forma di tabelle in formati testo o foglio elettronico i risultati acquisiti nelle varie prove, di registrarli in un file, di mostrarli direttamente in una tabella man mano che arrivavano; la tabella a sua volta poteva essere anche modificata manualmente. Inoltre i dati venivano diagrammati sia durante la misura che alla fine. Durante le misure il software calcola la carica elettrica totale prodotta dal generatore (da cui si risale al numero di reazioni avvenute) e l’energia sviluppata sul carico in joule. Il software può essere programmato fornendo in ingresso tre parametri: la durata totale della prova (in secondi), l’intervallo di scansione tra due successive misure (da millisecondi a vari minuti) e il valore della resistenza di carico: le prove effettuate hanno avuto la durata di alcuni minuti. Essendo la cella a combustibile un dispositivo a noi poco noto, non sapevamo il livello dell’energia sviluppata (in particolare il calore prodotto); per questo ci eravamo preparati a misurare attraverso un metodo di acquisizione dati anche il calore eventualmente prodotto dalla nostra cella anche in una gamma di valori molto ampia con un metodo basato su misure termiche nel tempo che avevamo provato su resistenze di potenza riscaldate da corrente nota, riscontrando errori massimi dell’1,2%. Tuttavia in realtà non abbiamo potuto applicare il nostro metodo perché la temperatura della cella non raggiungeva valori sufficienti per la sensibilità dei sensori. I RISULTATI OTTENUTI Dopo svariati tentativi siamo riusciti ad ottenere valori di tensione significativi dalla nostra cella. 10 Il grafico mostra variazioni accentuate nei valori della tensione di uscita (eravamo in fase di prova). Successive esperienze hanno consentito risultati più stabili. Dai risultati si sono ottenute due grandezze (tramite elaborazione in tempo reale via software): ! La carica totale prodotta in un certo intervallo di tempo dalla cella e quindi l’energia chimica prodotta dalle reazioni tra idrogeno ed ossigeno 1 2 ( H 2 ( g ) + O2 ( g ) → H 2O(liquido) ) La carica (nella prova a cui si riferisce il grafico) è risultata Q = (103,0 ± 2,8)C Tale risultato è stato ottenuto mediante integrazione numerica (direttamente dal software) Q= t = max ∑ t =0 V ⋅ ∆t R in cui Q carica emessa dalla cella durante la prova (tra l’istante iniziale t = 0 e la fine della scansione t = max ) V tensione media nell’intervallo di tempo ∆t t=0 inizio scansione t = max fine scansione tempo (fine misura) R valore della resistenza di carico ( R = 0,989Ω ) Dalla carica si può facilmente calcolare il numero di moli di elettroni che si producono (e, in seguito, l’energia sviluppata dalle reazioni chimiche): N moli − elettronii = 103 = 1.07 ⋅ 10 − 3 moli ⇒ N moli − elettroni = (1,07 ± 0,03) ⋅ 10− 3 moli 96487 quindi il numero di moli d’acqua che si formano: N moli − acqua = N moli − elettroni = 5.34 ⋅ 10 − 4 moli ⇒ N moli − H 2O = (5,34 ± 0,14) ⋅ 10 − 4 moli 2 Si conosce con precisione il valore della variazione di entalpia per ogni mole 1 2 della reazione ( O2 ( gas) + H 2 ( gas) → H 2O(liquido) ): ∆H = −285800 j . Possiamo dunque determinare l’energia chimica prodotta. E = 5.34 ⋅ 10 −4 ⋅ 285800 = 153 j La propagazione degli errori porta al risultato completo: E = (153 ± 4) j ! L’energia elettrica prodotta dalla cella sul carico (resistivo) noto ( R = 0,989Ω ) Nella stessa prova l’energia è stata calcolata per integrazione numerica: E= t = max ∑ t =0 V2 ⋅ ∆t R in cui E V energia elettrica prodotta tensione media nell’intervallo di tempo ∆t 11 t=0 inizio scansione t = max fine scansione tempo (fine misura) R valore della resistenza di carico ( R = 0,989Ω ) Notiamo che per la teoria della propagazione degli errori, l’errore su V 2 viene raddoppiato rispetto a quello su V . Il risultato del calcolo è risultato essere E = (43,1 ± 2,3) j Il rendimento della nostra cella a combustibile, nella suddetta prova è stato: η= Energia ⋅ elettrica ⋅ prodotta ⋅ sul ⋅ carico 43 = = (28,1 ± 2,3) Energia ⋅ chimica ⋅ di ⋅ reazione 153 dove gli errori sono dovuti: a) alla taratura dell’interfaccia (calcolata nel 3% ), questo valore tiene conto tanto della taratura vera e propria che della non perfetta linearità di conversione. b) Alle fluttuazioni della tensione di uscita della cella (che inevitabilmente hanno prodotto errori nell’integrazione numerica), valutabile mediamente nello 0,5% dalle simulazioni di misura effettuate e dipendente anche dall’intervallo tra le misure. c) La resistenza di carico è stata misurata con grande precisione (tale da non far risentire i suoi effetti nella propagazione degli errori sul risultato finale). Le valutazioni sono state fatte con la cella in condizioni normali. Se aumentiamo leggermente la ventilazione (forzando quella della convezione naturale) si ottengono tensioni abbastanza stabili di uscita di circa V = 0,81Volt con un conseguente rendimento massimo del η = (52,9 ± 4,3)% IMPRESSIONI DEGLI STUDENTI L’idea di costituire un gruppo di studenti di due istituti (liceo scientifico ‘A.Moro’ e I.P.S.I.A. ‘A.Lombardini’) coordinato da un insegnante del liceo e da un insegnante dell’IPSIA ci è sembrato non solo stimolante ma completamente nuovo per la nostra esperienza scolastica. Inoltre questa esperienza ci ha posto nelle condizioni di 12 osservare e confrontare direttamente stili di apprendimento e modalità di approccio ai problemi che pur nella diversità hanno stimolato un reciproco arricchimento sia a livello di acquisizione delle conoscenze che a livello socioaffettivo. Pur non avendo l’assoluta certezza di ottenere il risultato che ci aspettavamo, abbiamo intrapreso questa attività con entusiasmo e dedizione. Successivamente la realizzazione pratica della cella ci ha presentato numerosi ostacoli dovuti principalmente alla difficoltà nel reperire i materiali, alla tecnica di lavorazione della grafite e alla mancanza di esperienza. La collaborazione con altri ragazzi, ed il reciproco “scambio” di competenze, ci ha permesso di superare questi problemi . Inoltre abbiamo cercato di dividerci il lavoro curando contemporaneamente la parte teorica e quella pratica. Tutto ciò ha arricchito la nostra conoscenza scientifica ma non solo: abbiamo sperimentato come bisogna lavorare in una squadra, sforzandosi di sfruttare tutte le specifiche capacità dei componenti per raggiungere il risultato. Sul piano più strettamente scientifico abbiamo incontrato grandi difficoltà nel reperire misure precise, specialmente per quanto riguarda la minima variazione di temperatura cui la cella andava soggetta. Per ovviare a questo problema di carattere pratico abbiamo deciso di misurare solamente il rendimento della cella senza orientarci al bilancio energetico. Abbiamo così capito le notevoli difficoltà legate alla conduzione pratica di qualsiasi esperimento, che può essere condizionato in modo decisivo da fattori considerati trascurabili. Nel nostro caso avevamo ignorato il flusso di ossigeno, necessario alla reazione, pensando che le fessure della grafite fossero sufficienti per consentire il passaggio dell’aria. Tuttavia la pratica ha evidenziato un deficit di ossigeno all’interno della cella e per giungere alle prestazioni ottimali della cella è risultato indispensabile ricorrere ad una piccola ventola per forzare l’afflusso dell’aria. Concludendo, nonostante le molteplici difficoltà, abbiamo ottenuto il risultato auspicato all’inizio del nostro percorso e, cosa più importante, abbiamo formato un gruppo capace di lavorare in sintonia. 13 Bibliografia: ! Chimica Generale George C. Pimentel e Richard D.Spratley ! Lezioni di Richard P. Feynman Le ricerche sono state esclusivamente condotte sulla rete. E' stato particolarmente utile il sito http://hyperphysics.phy-astr.gsu.edu/hbase/hframe.html 14