CARLO GOLDONI (1707-1793)Nasce nel 1707 a Venezia da famiglia di estrazione borghese (il padre è medico). Ha un
interesse molto precoce per il teatro tanto da abbandonare presto gli studi per unirsi a una compagnia itinerante di comici. Nel '23, per assecondando il desiderio dei familiari, frequenta la facoltà di legge a Pavia, ma nel '25 ne viene espulso
per aver scritto una satira contro le donne della città. Nel '28-'29 è impiegato presso il coadiutore del cancelliere criminale di Chioggia. Dopo la morte del padre (1731) si laurea in legge a Padova. Esercita per un certo periodo l'avvocatura.
Alternerà diverse attività diplomatiche e giuridiche prima di approdare definitivamente alla sua passione per il teatro.Nel
'33 per sfuggire a un'avventata promessa di matrimonio, abbandona Venezia e trova occupazione a Milano come ambasciatore . Nel '34 torna a Venezia e assume l'incarico di poeta ufficiale di una compagnia teatrale. Dopo una seconda esperienza diplomatica , si allontana di nuovo da Venezia nel '43, dirigendosi a Modena, ma per evitare gli eserciti in armi per
la guerra di successione austriaca, ripara a Pisa, dove riprende la professione di avvocato. Nel 1734 lo troviamo a Venezia,
prima come consulente di alcuni teatri cittadini e tre anni dopo come direttore artistico del teatro di San Giovanni
Grisostomo; dal 1741 al 1743 ricoprì l’incarico di ambasciatore della Repubblica genovese a Venezia; dal 1745 al 1748 fu
avvocato a Pisa. Nel '48 è di nuovo a Venezia dove lavora attivamente per un capocomico. La sua prima opera degna di
nota è il Momolo cortesan (1738), ribattezzato poi L’uomo di mondo, di cui era interamente scritta solo la parte del personaggio principale. La donna di garbo, invece, è la prima partitura completa in tutti i ruoli. Ciò costituì una vera e propria
rivoluzione, dato che gli autori al servizio delle compagnie teatrali erano semplici "soggettisti": si limitavano cioè a delineare una vicenda e a sceneggiarla sommariamente, lasciando gli attori liberi di improvvisare dialoghi, monologhi, battute
comiche e movimenti scenici. Naturalmente anche Goldoni dovette sottostare a tale consuetudine e compose un’enorme
quantità di trame (dette tecnicamente "scenari"). Una delle sue commedie più note e fortunate, Il servitore di due padroni , solo in un secondo tempo fu sottratta all’arte dell’improvvisazione, quando Goldoni ne scrisse interamente il copione.
Consegue numerosi successi, ma gli si oppongono strenuamente ldiversi difensori del vecchio teatro come l’abate Chiari,
e soprattutto Carlo Gozzi, che gli rimprovera uno scarso rispetto della tradizione linguistica e lo accusa di diffondere un
senso di sovversione sociale, sulla scia delle idee illuministiche francesi, mettendo alla berlina la classe dirigente aristocratica; inoltre lo si accusava d'impoverire i soggetti producendo "antieroi". Non secodari quindi i problemi con la sua città
da un punto di vista non solo culturale culturale , un vita
lizio negatogli,problemi con i teatri.La grande svolta della carriera goldoniana fu l’incontro con uno dei più famosi capocomici del tempo, Girolamo Medebach, che gli offrì di lavorare per il teatro veneziano di Sant’Angelo.
Goldoni abbandonò la carriera di avvocato e nell’aprile del 1748 seguì la compagnia Medebach a Venezia, facendo prima
tappa a Mantova e a Modena. Fu Medebach a dargli ampia libertà di condurre la sua battaglia per una riforma che mirava a restituire centralità al ruolo dell’autore nell’opera comica.
in questa fase da ricordare:I due gemelli veneziani, La vedova scaltra, La putta onorata.Seguì un periodo di grande creatività artistica (1750-17519, in cui lo scrittore promise all’esigente pubblico veneziano ben sedici commedie nuove; che gli
diede la definitiva consacrazione. Il trionfale successo portò anche i primi dissapori con Medebach,spesso per questioni
economiche
Della ricchissima produzione di quel periodo sono da ricordare almeno : Il teatro comico (dove l’autore rappresenta se
stesso alle prese con attori poco propensi a cambiare modo di recitare),La bottega del caffè , La donna volubile, I pettegolezzi delle donne , La famiglia dell’antiquario, La serva amorosa, La figlia obbediente e infine La locandiera
.Goldoni onorò fino alla stagione 1752-1753 il contratto che lo legava a Medebach (il quale lo rimpiazzerà proprio con l’avversario che in quegli anni gli andava contendendo il primato sulle scene, Pietro Chiari), quindi passò al teatro di San Luca,
di proprietà di due fratelli di nobile famiglia veneziana, Antonio e Francesco Vendramin. Soprattutto il secondo, che curava personalmente la gestione del teatro, volle accaparrarsi l’autore allora più rinomato, e fino al 1762 Goldoni gli rimase
legato, non senza conflitti: l’impresario era infatti piuttosto avaro e autoritario, gli impediva di intraprendere altre esperienze i; il successo, inoltre, aveva accentuato la rivalità sempre dei suoi collrghi avversari; gli attori poi continuavano a rivendicare maggiore autonomia .Non mancarono anche in quel decennio alcuni capolavori dell’arte goldoniana: Il campiello
, Gl’innamorati, I rusteghi , Trilogia della villeggiatura (il cui pezzo meglio riuscito è Le smanie per la villeggiatura), Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte e Una delle ultime sere di carnevale.Stanco dell’ambiente veneziano ,l’autore che pure utilizzava l’idioma veneto in molti suoi testi si sposta a Parigi-Così, nel 62, accogliendo un invito della
"Commedia italiana" di Parigi, parte per la Francia, scrivendo soggetti per quel teatro. I francesi tuttavia preferiscono le
commedie improvvisate. Nel '65 si trasferisce alla corte di Versailles come maestro di lingua italiana delle figlie del re Luigi
XV. Nel '75 è insegnante d'italiano delle sorelle di Luigi XVI. Negli anni successivi scrive le sue Memorie,un testo molto
importante per capire il grande commediografo .Qui però le difficoltà si rivelarono maggiori del previsto a causa di una più
dura resistenza dei "comici dell’arte" a rinunciare ai loro privilegi per inchinarsi alla volontà dell’autore, e della diffidenza
del pubblico francese. Parigi infatti aveva già una lunga tradizione di teatro comico riformato, avviata da Molière; quando
il pubblico si recava alla "Comédie italienne", voleva assistere a un teatro diverso, meno nobile di quello messo in scena
alla "Comédie française" e meno accademico. I primi due anni di permanenza parigina furono decisamente deludenti.
Spesso, in lettere confidenziali ad amici, Goldoni manifestò il desiderio di tornare in Italia alla scadenza del contratto biennale con la "Comédie italienne". Ma sul principio del 1765 Luigi XV gli offrì l’incarico di maestro d’italiano delle principesse reali Clotilde ed Elisabetta, sorelle del futuro Luigi XVI. Da allora, per più di vent’anni, Goldoni divise la sua vita tra la
reggia di Versailles e i palcoscenici cittadini, dove fu assai attivo come organizzatore di spettacoli; ma la sua vena di commediografo sembrava ormai inaridita.
Con un ultimo sussulto del suo estro creativo si prese una grande rivincita componendo in francese il suo ultimo capolavoro, Il burbero benefico (Le bourru bienfaisant), che nel 1771 andò in scena alla "Comédie française" e alla corte reale
estiva di Fontainebleau, dove ottenne uno strepitoso successo.Gli ultimi anni. Dal 1784 si diede alla stesura in francese
della propria autobiografia, i Mémoires (Memorie), che uscirono nel 1787. Intanto, da parte di vari editori, si procedeva
alla pubblicazione di tutte le sue opere: il veneziano Zatta ne intraprese la più completa, in 44 volumi. Si arricchirono gli
editori, ma ben pochi proventi derivarono all’autore, che visse negli ultimi anni con una dignitosa pensione di Corte; scoppiata la Rivoluzione, anche quel vitalizio gli fu però negato. Ormai vecchio e malato, trascorse l’ultimo anno della sua vita
in una condizione di penosa miseria; morì il 6 (o il 7) febbraio del 1793; solo qualche giorno prima era stato deciso il ripristino della sua pensione.Goldoni s'inserisce nel periodo dell 'Illuminismo. Si parla delle sue opere come lavori attraversati da un Illuminismo popolare che possiamo individuare negli ambienti,nei personaggi .Egli viene ricordato come il riformatore della commedia, sostituendo la commedia dell'arte o "a soggetto" (improvvisata su una traccia-canovaccio dagli
attori, ciascuno dei quali rappresentava una maschera, ad es. Brighella, Pantalone...), con la commedia scritta, fondata
sulla psicologia dei caratteri. Nella commedia tradizionale gli attori sul palcoscenico si nascondevano dietro le maschere,
le quali rappresentavano dei personaggi standardizzati, fissi. La personalità dell'attore era del tutto irrilevante e la trama
veniva costruita di volta in volta, nel rispetto di alcune regole fondamentali. Questo genere teatrale era entrato in grave
decadenza legato essenzialmente alla bravura degli attori. Goldoni sostituisce la maschera con l'attore, che rappresenta
una persona concreta e soprattutto una situazione concreta. L'intreccio è basato sul carattere del protagonista, che ha una
sua storia da comunicare, semplice ma genuina e quindi interessante. L'attore non deve adeguarsi alle trame, ma recitare se stesso sulla base di una trama scelta dal commediografo.Non era cosa facile, sia perché al pubblico piaceva l'improvvisazione, sia perché all'attore non piaceva recitare parole altrui. In questa necessità di fondare la commedia sulla
descrizione del carattere, Goldoni sembra rifarsi a Molière.La commedia dell'arte, non avendo più un legame diretto con
la realtà, cercava di colpire lo spettatore con le sorprese e le improvvisazioni, ma queste forme restavano piuttosto forzate, astratte e intellettualistiche: quando non erano prevedibili diventavano assurde o ridicole. Si trattava solo di un artificio
manieristico utile alla nobiltà decadente per mascherare lo stato reale delle cose. Di qui la valorizzazione del semplice, del
naturale, del vero... Ecco perché Goldoni è anti-barocco, più vicino all’illuminismo anche se lontano dalle problematiche
filosofiche di qusto movimento.Egli in una visione concreta e realista che vuole rappresentare il “Grande teatro del mondo”
attinge dal mondo della borghesia in ascesa nella Venezia pur decadente di fine 700 è un mondo questo che nell'opera
del Goldoni ha una morale sobria, moderata, arguta, non bigotta, priva di eccessi e di ipocrisia. Venezia, dopo essere stata
sconfitta dai turchi (1718) aveva assistito alle invasioni delle sue terre da parte degli eserciti spagnoli, austriaci e francesi
e si era rassegnata a questo, sperperando i capitali accumulati in precedenza. La situazione dei contadini e dei popolani
era diventata molto difficile.Il popolo è visto dal Goldoni con simpatia, poiché lo ritiene capace di istintivo buon senso. Sulle
scena delle sue commedie passano mercanti operosi, piccoli artigiani, studenti, servette, gondolieri, pescatori, comari pettegole, e molti sono semplici caricature-macchiette. Ma nessuno giunge mai a desiderare uno scontro netto con le contraddizioni del feudalesimo: al massimo ironizzano sull'atteggiamento e sulle concezioni di vita dei nobili, oppure criticano
quei borghesi che cercano di ottenere i favori della nobiltà o che manifestano una particolare predilezione per i modi di vita
patriarcali. Ciò che meglio caratterizza i personaggi goldoniani è il fatto ch'essi deridono lo sperpero, la dissolutezza e l'ozio della nobiltà; essi sanno mettere in luce l'esigenza della sana operosità, l'intraprendenza e le virtù familiari, anche se
alla fine, nel loro rapporto con la nobiltà, prevale quasi sempre il sano buon senso, i toni concilianti e la cautela. Di qui
peraltro l'uso del dialetto veneziano.Il linguaggio dei personaggi, intriso di dati concreti, si risolve tutto nei loro incontri e si
mostra indifferente alle tradizionali prospettive letterarie e formali. Passando continuamente dall'italiano al veneziano e
viceversa, Goldoni dà spazio a diversi usi sociali del linguaggio, in base alle varie situazioni in cui vengono a trovarsi i personaggi delle sue opere. Il suo italiano, influenzato dal veneziano e caratterizzato da elementi settentrionali, è quello del
mondo borghese, lontano dalla purezza della tradizione classicistica toscana. Il dialetto veneziano non è per Goldoni uno
strumento locale,tradizioonalistico, ma un linguaggio concreto e autonomo, diversificato dagli strati sociali dei personaggi
che lo utilizzano.Goldoni fù veneziano e nello stesso tempo italiano così come europeo,per gli scrittori il linguaggio è un
mezzo espressivo,l’uso del dialetto non deve trarre in inganno è parte di una ricerca più ampia che viene operata sulle
parole,nel nostro Paese questo punto è di particolare importanza perchè l’Italia arriva in ritardo alla unificazione linguistica e la lingua italiana da un punto di vista letterario si presenta come un intreccio tra Toscano e altri idiomi regionali.Questa
era in fondo la tradizione della Commedia dell’arte ,i grandi comici del teatro improvvisato partivano da un canovaccio
regionale per arrivare a Parigi .Goldoni in particolare ambientò le sue commedie in diversi contesti cittadini e conobbe
molte città italiane che influirono non poco sulla sua formazione. Ancora,per finire, il linguaggio in un testo teatrale ha funzioni proprie, diverse dalla poesia e dal romanzo,il dialetto è una costante,un dialetto che si confronta con il toscano,nel
vivo delle scene italiane,con grandi esempi sino ai giorni nostri.
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