D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) SCHEDE RIASSUNTIVE SUGLI ASPETTI FARMACOCINETICI E TOSSICOLOGICI RELATIVI AL PROTOSSIDO DI AZOTO E AGLI ANESTETICI ALOGENATI 1. PREMESSA La procedura anestesiologica, come oggi applicata, è il risultato di costanti studi riguardanti vecchie e nuove sostanze utilizzabili; così, dalle prime esperienze fatte nel secolo scorso, si è arrivati all’anestesiologia attuale che ha permesso alla chirurgia di raggiungere importanti traguardi. I metodi per la somministrazione degli anestetici volatili sono vari: 1. 2. 3. 4. METODO APERTO; METODO SEMIAPERTO; METODO SEMICHIUSO; METODO CHIUSO. 1. METODO APERTO: ad ogni inspirazione viene messo a disposizione del paziente un nuovo volume respiratorio contenente l’anestetico. Ciò può essere ottenuto, ad esempio, con una maschera appoggiata sul volto del paziente e collegata attraverso un tubo con un apparecchio di anestesia o con un contenitore di gas; in alternativa si fa ricorso all’insufflazione faringea o tracheale di un agente gassoso o del vapore di un anestetico volatile, con un flusso così elevato da eliminare ogni possibilità di reinspirazione. Tale metodo, infatti, non prevede alcuna riserva di anestetico né la reinspirazione del gas. 2. METODO SEMIAPERTO si caratterizza per la presenza di una valvola tra il pallone di riserva della miscela anestetica e il paziente, in modo che ad ogni inspirazione venga inalato un volume nuovo della miscela, e da un’altra valvola posta in modo che ad ogni espirazione l’intero volume espiratorio venga disperso nell’atmosfera ambientale. In tale metodo quindi le valvole impediscono che ogni reinspirazione dell’atmosfera ritorni nel pallone di riserva. 3. METODO SEMICHIUSO in questo metodo c’è una reinspirazione parziale, per cui si ha un certo accumulo di anidride carbonica, ma parte del volume di ogni successiva inspirazione è costituito da una nuova quantità di miscela anestetica. Viene in genere utilizzata una valvola espiratoria. 4. METODO CHIUSO l’anidride carbonica, prodotta dall’attività metabolica del paziente, viene assorbita dalla calce sodata che rappresenta la sostanza chimica interposta nell’apparato anestetico. Non tutta l’anidride carbonica viene rimossa dall’atmosfera respirata; questo è un metodo costoso, ingombrante e complesso. Ha però dei vantaggi, quali la marcata riduzione delle dispersioni dei gas nel micro e macro ambiente e l’utilizzo di quantità di gas molto ridotte, tanto da impedire il raggiungimento di livelli di 1 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) inquinamento superiore ai limiti di norma e da ridurre drasticamente l’inquinamento atmosferico da protossido d’azoto e alogenati. L’uso degli anestetici si associa alla loro aerodispersione nel comparto operatorio e quindi all’esposizione degli operatori, in particolare quelli della sala chirurgica. Ciò può configurarsi come un’esposizione cronica continuata per la durata dell’attività professionale, tenuto conto che numerosi studi hanno evidenziato la potenziale tossicità di queste sostanze sia a carico degli organi deputati alla loro biotrasformazione ed eliminazione (fegato e rene), sia a carico di altre strutture (sistema nervoso periferico e midollo osseo). In relazione a questo rischio sono state emanate norme, linee guida e definiti limiti di esposizione per prevenire l’esposizione professionale e tutelare la salute degli operatori. 2. LA FARMACOCINETICA DEGLI ANESTETICI La farmacocinetica degli anestetici per inalazione è stata studiata sia in modo diretto (ricerca e dosaggio degli anestetici nell’aria alveolare e nel sangue durante le varie fasi dell’assorbimento e dell’eliminazione), sia in modo analogico. La somministrazione di anestetici per inalazione determina la distribuzione degli stessi nel sistema nervoso centrale e negli altri tessuti dell’organismo. L’effetto ricercato è la depressione del sistema nervoso centrale che si ottiene in rapporto alla concentrazione raggiunta in questo tessuto. Essa è subordinata a vari fattori quali la quantità di anestetico trasportata all’encefalo, la concentrazione o la pressione parziale raggiunta nella miscela inspirata, nei polmoni e nel sangue. I processi di assorbimento e di distribuzione nell’organismo degli anestetici per inalazione sono simili per tutti i gas utilizzati e dipendono da fattori fisiologici e fisico-chimici. Fra questi hanno particolare importanza: La concentrazione dell’anestetico nella miscela inspirata o la relativa pressione parziale (la cui regolazione avviene attraverso l’evaporatore o il flussometro); La ventilazione polmonare, che determina il passaggio di gas dal circuito di anestesia ai polmoni; La ventilazione alveolare (frazione alveolare della ventilazione polmonare) che determina la quantità di anestetico che ad ogni minuto entra negli alveoli ed è quindi disponibile l’assorbimento; Il coefficiente di distribuzione sangue/gas e il coefficiente di ripartizione tessuto/sangue; La gettata cardiaca. I fattori che intervengono nella farmacocinetica di un anestetico gassoso possono essere distinti in elementi che trasportano l’anestetico o “elementi conduttivi”, ed elementi che lo assorbono o “elementi capacitivi”. La conduttanza di un organo viene espressa dal flusso di perfusione dell’organo stesso per la solubilità dell’anestetico nel sangue, mentre la capacità può essere espressa dal prodotto del suo volume per la solubilità in esso dell’anestetico. 2 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) Nel percorso seguito dai gas anestetici per giungere ai vari tessuti, la ventilazione polmonare rappresenta il primo degli elementi conduttivi, la cui funzione è quella di trasportare l’anestetico dal sistema di anestesia agli alveoli. Il secondo elemento conduttivo è rappresentato dalla circolazione, responsabile del trasporto dell’anestetico dagli alveoli ai tessuti. Gli elementi capacitativi sono rappresentati dai polmoni, dal sangue inteso come massa e dai tessuti periferici. I vari organi sono caratterizzati da una diversa solubilità, diverso volume e differente entità di flusso di perfusione (flusso ematico distrettuale). Sia pure in modo approssimativo, è possibile distinguere tessuti ad alta perfusione e bassa capacità per l’anestetico (encefalo, rene, cuore) da quelli ad alta capacità e bassa perfusione (muscoli, tessuto adiposo). I primi presentano una costante di tempo bassa e quindi raggiungono piuttosto rapidamente l’equilibrio con la pressione parziale di anestetico nel sangue arterioso e negli alveoli. I secondi hanno un tempo di equilibrio più elevato. Nella fase di eliminazione, quando la concentrazione di anestetico nella miscela inspirata è pari a 0, l’anestetico diffonde dai tessuti al sangue: da questo è trasportato ai polmoni dai cui capillari diffonde negli alveoli e da questi viene eliminato per mezzo della ventilazione alveolare. Nella pratica clinica l’eliminazione dell’anestetico si identifica con il risveglio dall’anestesia. La clerance polmonare degli anestetici (quantità di sangue venoso-misto polmonare depurato dell’anestetico nell’unità di tempo) è un indice molto valido per confrontare la velocità di eliminazione dei diversi anestetici (499) e, dato che il sangue venoso-misto polmonare è la risultante del sangue venoso proveniente da diversi organi, essa può essere considerata un indice dell’eliminazione di anestetico dall’intero organismo. La clerance polmonare è definita dal rapporto tra la quantità di anestetico eliminata nell’unità di tempo e la sua concentrazione nel sangue venoso-misto polmonare. La clerance degli anestetici a solubilità relativamente elevata (ad es. metossiflurano) è governata in modo prevalente dalla ventilazione alveolare ed è pressochè indipendente dal flusso ematico polmonare e dalla gettata cardiaca. Gli anestetici a bassa solubilità, invece, mostrano ampie fluttuazioni di clerance a ogni variazione sia di ventilazione alveolare sia di gettata cardiaca. Dei tre fattori principali che intervengono nell’eliminazione polmonare di un anestetico (ventilazione alveolare, perfusione e solubilità) due sono direttamente controllabili dall’anestesista (ventilazione alveolare e solubilità) il quale agisce sull’eliminazione dell’anestetico attraverso modifiche della ventilazione controllata e la scelta in base alla solubilità dello stesso. Il meccanismo di azione degli anestetici per inalazione è ancora oggi sostanzialmente sconosciuto. Considerando il rapporto fra caratteristiche anestetiche e grado di liposolubilità, è ipotizzato che la loro azione sia legata alla modificazione della struttura lipidica delle membrane biologiche a livello del sistema nervoso centrale. Di seguito vengono riportate le SCHEDE del protossido di azoto, del forane e del sevorane: 3 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) PROTOSSIDO DI AZOTO 1. FARMACOCINETICA ASSORBIMENTO E DISTRIBUZIONE Per via inalatoria N2O è rapidamente assorbito. L’inalazione intermittente (ogni 0,71 min.) per 46 min. di una miscela al 50% di N2O e ossigeno determina una concentrazione arteriosa di N2O di 20,15 mg/100 ml. Tali livelli dovrebbero corrispondere al raggiungimento dell’equilibrio tra concentrazione inspirata e sangue per inalazione di N 2O al 26%. Il coefficiente di ripartizione sangue/gas è basso: 0,47. METABOLISMO Per molto tempo N2O è stato considerato chimicamente inerte, non suscettibile di significative biotrasformazioni nell’organismo. A livello di flora batterica intestinale, tuttavia è presente l’enzima N2O-reduttasi che, in condizioni di bassa tensione endoluminale di O 2 (al di sotto del valore fisiologico di 38 mm Hg) è in grado di metabolizzare N 2O con produzione di azoto molecolare (N2) e di un radicale libero idrossilico (OH°) secondo il seguente schema: N2O + [e-] = [N2O-] [N2O-] + H2O = N2 + OH- + [OH°] La quota di N2O che subirebbe questa trasformazione metabolica sarebbe pari allo 0,004% della dose assorbita. ELIMINAZIONE La maggior parte dell’ N2O viene rapidamente eliminato per via polmonare, mentre una piccola parte è eliminata attraverso la cute. L’entità dell’escrezione nel latte materno non è nota. 4 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) TOSSICITA’ Le possibili implicazioni tossicologiche del metabolismo di N2O ad azoto molecolare [N2] e radicale libero idrossilico (OH°) sono legate a quest’ultimo che, in carenza di scavengers (glutatione ridotto, acido ascorbico, a-tocoferolo, etc., può legarsi alle macromolecole delle strutture cellulari provocando effetti tossici (ad es. alchilazione di proteine, degradazione di basi degli acidi nucleici, perossidazione di fosfolipidi di membrana). L’effetto tossico più noto del N2O consiste nell’ossidazione del cobalto (Co) presente nel gruppo prostetico della vitamina B12 con trasformazione del Co (I) attivo in Co (III) inattivi. Una mole di N2O inattiva due moli di vitamina B12. L’ipovitaminosi B12.da esposizione acuta, subacuta o cronica a N2O compare rapidamente ed è marcata e persistente. All’inattivazione della vitamina consegue blocco dell’attività dei sistemi enzimatici che la utilizzano come coenzima fra i quali la metionina-sintetasi. L’inibizione dell’attività di questo enzima a livello epatico, renale, celebrale e midollare è irreversibile, e risulta marcata e persistente anche per esposizioni brevi a concentrazioni relativamente basse di N2O. L’attività della metionina-sintetasi epatica risulta ridotta del 50-75% dopo 30-240 min. di esposizione (concentrazione di anestetico: 50-60%), del 27% dopo esposizione a 1.100 ppm per 8 gg. e si stima che possa essere del 50% dopo esposizione a 10.400 ppm per 12 h oppure a 5.400 ppm per un periodo di 2-28 gg. Al cessare dell’esposizione il recupero è estremamente lento e l’attività della metionina-sintetasi risulta ancora depressa 4 gg dopo l’esposizione. L’inattivazione della metionina-sintetasi ha come conseguenza in primo luogo una progressiva deplezione di metionina e folati demetilati per blocco della conversione di N-5metil-tetra-idrofolato e omocisteina a folato demetilato e metionina: [CH3-H4-folato] + [omocisteina] = [H4-folato] + [metionina] La carenza di folati demetilati compromette la sintesi di DNA e causa depressione di tutti i cicli cellulari ad alto indice mitotico (tessuti embrionale, cellule midollari, etc.), con possibili implicazioni cliniche quali anemia megaloblastica, leucopenia, effetti teratogeni, mutageni, embriotossici. N2O non deve quindi essere utilizzato in soggetti affetti da patologie (ad es. deficienza di diidropteridina reduttasi) e alterazioni metaboliche che causano deplezione di folati. La carenza di metionina secondaria a deficit di vitamina B 12 , invece compromette e rallenta tutte le reazioni di transmetilazione, fra cui la sintesi di mielina, con possibile insorgenza di neuropatie demielinizzanti. Ciò può verificarsi dopo esposizione a N 2O specialmente in soggetti con malassorbimento di vitamina B 12 da cause congenite o acquisite, anche per esposizione di breve durata (circa 2 h) se è già presente un deficit subclinico di vitamina B12. Clinicamente, gli effetti tossici di N2O interessano vari organi e apparati. Soppressione midollare si può verificare irreversibile della vitamina B 12 e della metioninasintetasi, essenziali per il normale processo eritropoietico in casi di esposizione cronica a N2O. Dopo somministrazione o esposizione continua a N2O per più di 24 h, così come dopo somministrazioni ripetute, sono state descritte anemia megaloblastica e risposte anomale al testi di soppressione con deossiuridina. L’esposizione professionale di medici ha determinato casi di aplasia midollare. Leucopenia e alterazione della funzione 5 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) leucocitaria possono comparire dopo alcuni giorni di esposizione a N 2O. In questi casi la terapia con vitamina B12 risulta inefficace poiché il N2O interferisce con l’attività della vitamina stessa: il quadro midollare si normalizza in genere alcuni giorni dopo la sospensione dell’esposizione all’anestetico. Effetti tossici di N2O sulla meccanica miocardica e sulla dinamica cardiovascolare (ipotensione, bradicardia, aritmie) sono controversi in quanto verificati da alcuni studi ed esclusi da altri. Numerosi casi di mielo-neuropatia si sono sviluppati in seguito a inalazione intermittente di N2O per mesi o anni, specialmente in dentisti o per inalazione di N2O che si libera da cartucce dispensatrici per panna montata, oppure a seguito di impiego professionale di N2O in zone scarsamente ventilate. Spesso la sintomatologia esordisce con sensazione di torpore, parestesie o diminuita sensibilità tattile a mani e gambe, atassia. Sintomi più tardivi sono il segno di Lhermitte (indicativo di sclerosi multipla), parestesie alle braccia, atassia, sensazione di torpore al tronco, impotenza, alterazioni comportamentali o problemi di ideazione e, in alcuni casi, disartria. Normalmente, negli individui sani, i depositi epatici e midollari di vitamina B12 compensano per circa 24 h la carenza indotta durante anestesia con N2O. Il possibile deficit, almeno subclinico, di vitamina B 12 espone invece i vegetariani al rischio di una maggiore incidenza di neurotossicità. Le alterazioni neurologiche da N2O possono mimare una degenerazione subacuta combinata del midollo spinale, e portare a una paraparesi spastica. L’abuso prolungato (2 h/die per alcuni mesi) può determinare confusione mentale, disorientamento, agitazione, anomalie comportamentali, allucinazioni visive e delirio; tali sintomi regrediscono lentamente nell’arco di alcune settimane dopo la fine dell’esposizione. Reazioni psicotiche sono possibili anche dopo esposizione per anestesia. In pazienti sottoposti ad anestesia con N2O (66% in ossigeno; 9-121/min) per interventi neurochirurgici sono stati rilevati vasodilatazione cerebrale, aumento del flusso ematico cerebrale e della pressione endocranica; il ritorno a livelli normali si ha dopo sospensione di N2O. L’anestetico determina anche una maggiore distribuzione del flusso alle aree frontali e il suo impiego può causare peggioramento dell’ischemia cerebrale per deviazione del flusso da aree ischemiche a massima vasodilatazione ad altre regioni cerebrali. Per tali effetti si ritiene oggi che l’impiego di N 2O debba essere evitato nei pazienti con ridotta compliance cerebrale. In rari casi l’anestetico ha causato convulsioni in bambini, con rechallenge positivo. N2O aumenta la pressione nell’orecchio medio ove si distribuisce attraverso la tromba di Eustacchio. Casi di epatotossicità con lieve aumento dei livelli di transaminasi sono descritti durante anestesia con N2O, mentre è rara la comparsa di iperbilirubinemia. L’abuso di N2O e le sue conseguenze sono ben noti. La produzione artigianale di N 2O a partire da nitrato d’ammonio (NH4NO3) può portare ad esposizione a prodotti intermedi tossici (ossido nitrico – NO – e biossido d’azoto - N2O), che possono causare bronchiolite acuta e vengono invece efficacemente eliminati nella fabbricazione industriale. 6 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) Casi di pneumomediastino ed enfisema sottocutaneo sono stati descritti alcune ore dopo inalazione acuta di 6-10 cartucce di N2O per panna montata in giovani soggetti che abusavano cronicamente di N2O: in altri casi sono stati descritti apnea e asfissia. L’abuso cronico di N2O (personale sanitario, dentisti, persone che “sniffano” preparazioni commerciali contenenti la sostanza, quali cartucce di propellente per panna montata) possono manifestare anemia megaloblastica, polineuropatia periferica, depressione midollare, apnea, disturbi psicotici e alterazioni del sistema produttivo. Più specificamente, i sintomi dell’abuso cronico includono sensazione di torpore o bruciore a braccia e gambe, sensazione di scossa alla schiena e agli arti inferiori alla flessione del capo, iporeflessia osteotendinea, diminuzione della destrezza delle dita, alterazioni del gusto, debolezza, affaticamento, atassia estrema, alterazioni dell’equilibrio, episodi psicotici acuti, ridotta fertilità e aborto spontaneo. I sintomi scompaiono in genere gradualmente nel tempo (settimane, mesi) quando l’abuso viene interrotto. E’ stato ipotizzato che N 2O possa determinare dipendenza per interazione con il sistema oppioide ed è stata riportata la comparsa di delirio dopo astinenza. 7 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) ISOFLURANO (FORANE, AERRANE, ISOFLUORANO) L’isoflurano (2-cloro-2,2,2-trifluoroetil-difluorometil-etere) è un potente anestetico alogenato per via inalatoria. E’ un liquido chiaro, incolore, con odore di etere, non infiammabile. E’ stabile senza conservanti e non reagisce con i metalli; può essere conservato a temperatura ambiente (15-30° C) per più di 5 anni. Le proprietà fisiche dell’isoflurano, sono simili a quelle dell’isomero enflurano a differenza della tensione di vapore, che per l’isoflurano è circa il 30% più elevata di quella dell’enflurano a ogni temperatura. Esso è utilizzato nell’induzione e nel mantenimento dell’anestesia generale, ma il suo preciso meccanismo d’azione non è noto. 1. FARMACOCINETICA La farmacocinetica dell’isoflurano è stata ampiamente studiata. ASSORBIMENTO E DISTRIBUZIONE L’effetto anestetico compare 7-10 min dopo la somministrazione dell’isoflurano; la velocità di induzione può essere influenzata dall’odore penetrante del farmaco, che provoca apnea o tosse se somministrato troppo rapidamente. L’induzione e il mantenimento dell’anestesia sono ottenute con concentrazioni tra 1,5% e 3% di isoflurano e in miscela al 50-70% di N2O; se non viene utilizzato N2O, può essere necessario un ulteriore quantitativo di 11,5% di isoflurano. La concentrazione alveolare minima (MAC) dell’isoflurano è 1,15% e il coefficiente di ripartizione sangue/gas è di 1,4, inferiore a quello di enflurano (1,91) e alotano (2,46). Data la bassa solubilità nel sangue e nei tessuti, l’isoflurano mostra un rapido afflusso ed efflusso nel polmone, cui conseguono la rapidità di induzione e di fine dell’anestesia, con una velocità comparabile a quella ottenuta con enflurano e lievemente più rapida di quella dell’alotano. La distribuzione del farmaco in cervello, cuore, rene e fegato è rapida per l’elevato flusso sanguigno in questi distretti, mentre, per la minore irrorazione, è limitata nel tessuto muscolare e bassa nel tessuto adiposo. Nel muscolo infatti la concentrazione d’equilibrio viene raggiunta circa 2 h dopo la somministrazione dell’anestetico, mentre nel tessuto adiposo l’isoflurano non raggiunge la concentrazione d’equilibrio durante gli usuali tempi di durata dell’anestesia. 8 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) METABOLISMO L’isoflurano, grazie alla presenza nella sua struttura del gruppo trifluorometilico (-CF3) terminale, risulta un anestetico molto stabile e scarsamente metabolizzato. Meno dell’1% (lo 0,17% circa) della dose di isoflurano somministrata viene metabolizzata a livello epatico per degradazione ossidativa (dealogenazione o o-dealchilazione) nei metaboliti terminali acido trifluoroacetico (TFA) e fluoro inorganico, in rapporto tra loro di circa 2:1. Il metabolismo è perciò inferiore di circa 1-2 ordini di grandezza rispetto ad altri anestetici inalatori e l’induzione enzimatica non sembra aumentare il metabolismo in vivo. Il metabolismo dell’isoflurano è promosso dall’isoforma 2B1 del citocromo P450 (CYP) e procede a partire dall’attacco al carbonio in posizione a rispetto al legame etereo sul radicale 1,1,1 – trifluoro – 2 – cloroetilico. Dall’attacco a questo carbonio possono seguire due vie metaboliche distinte: Nella prima di esse, dopo la rottura del ponte ossigeno etereo (o-dealchilazione) si formano i residui difluorocarbonile (o fluofosgene, CF2O) e 1,1,1-trifluoro-2cloroetilico. Il difluorocarbonile, instabile in ambiente acquoso, si trasforma spontaneamente in due equivalenti acidi, due ioni fluoruro e CO2. Dal radicale 1,1,1-trifluoro-2-cloroetilico, invece, il metabolismo procede con una declorurazione a dare l’intermedio reattivo trifluoroacetaldeide [CF3CHO] che si trasforma rapidamente in TFA; La seconda via metabolica dell’isoflurano (declorurazione) procede a partire dall’introduzione di un ossidrile in posizione 1 rispetto al gruppo etereo: ne segue la rottura dell’etere e la corrispondente formazione prima dell’intermedio reattivo trifluroacetilcloruro e quindi del diflurometanolo. Dal primo di questi due composti si forma ancora, per idrolisi, TFA, mentre dal secondo vengono prodotti acido formico e due equivalenti di ioni H+ e fluoruro. Il metabolismo ossidativo dell’isoflurano, pertanto, implica una declorurazione e una parziale defluorurazione con distacco di due dei cinque atomi di fluoro posseduti dalla molecola. 9 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) 10 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) ELIMINAZIONE L’isoflurano nell’uomo è principalmente eliminata per via respiratoria. Esso è scarsamente biotrasformato (0,17%) e solo piccole quantità della dose assorbita vengono escrete come metaboliti urinari. Le concentrazioni urinarie di fluoro-ioni normalmente prodotte in corso di anestesia sono comprese fra 3 e 30 µmoli/l. TOSSICITÀ L’uso dell’isoflurano è stato associato a numerosi effetti avversi comprendenti nausea, vomito, ileo postoperatorio, leucocitosi, ipotensione, aritmie, convulsioni, nefrotossicità e depressione respiratoria. In generale, il profilo degli effetti collaterali di alotano e isoflurano è risultato simile in studi che hanno valutato comparativamente gli effetti emodinamici, endocrini, metabolici, respiratori e renali dei due anestetici. Le concentrazioni di isoflurano abitualmente usate in anestesia non provocano una significativa depressione della funzione miocardica o una riduzione della gittata cardiaca e della perfusione tessutale. La riduzione delle resistenze periferiche e della pressione arteriosa sistemica è dosecorrelata: il ritmo cardiaco durante anestesia rimane stabile e il cuore non è sensibilizzato agli effetti delle catecolamine esogene. E’ tuttavia stata ipotizzata una possibile correlazione fra uso di isoflurano e ischemia miocardica in pazienti coronaropatici. In pazienti con distrofia muscolare di Duchenne il farmaco può indurre rabdomiolisi, ipocalcemia e arresto cardiaco. Anche i pazienti con miastenia grave mostrano una maggiore sensibilità agli effetti tossici neuromuscolari dell’isoflurano. Durante ventilazione normocapnica l’isoflurano provoca aumento della pressione del liquido cerebrospinale. Esso può inoltre causare lievi alterazioni delle funzioni superiore per due o tre giorni dopo anestesia. In pazienti pediatrici l’esposizione prolungata per più di 24 h a concentrazioni anestetiche ha scatenato disfunzioni neurologiche, reversibili in circa 72 h, quali atassia, agitazione, allucinazioni e confusione mentale. Normalmente, a differenza dell’enflurano, l’isoflurano non causa attività convulsiva o alterazioni elettroencefalografiche: in rari casi, tuttavia, l’esposizione alla miscela isoflurano - N2O ha causato convulsioni all’induzione o alla fine della procedura anestesiologica. Numerosi casi di ipertermia maligna sono stati associati all’uso dell’isoflurano. Sulla base di meccanismi non chiariti e differentemente a quanto avviene negli adulti, nei bambini l’isoflurano può determinare riduzione della temperatura corporea e inibire la risposta termoregolatoria all’ipotermia intraoperatoria, anche se in misura minore rispetto all’enflurano. La quantità di fluoro inorganico prodotta in corso di anestesia non supera in genere 5 µmoli/l; solo per esposizioni di circa 20 MAC/h (ovvero previo accumulo cospicuo di anestetico nei compartimenti a bassa perfusione) possono crearsi i presupposti di una 11 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) nefropatia da fluoro (poliuria a basso peso specifico vasopressina resistente). Benché l’isoflurano a dosi anestetiche riduca, come gli altri anestetici volatili, il flusso ematico renale, la velocità di filtrazione glomerulare e la produzione di urina, non sono mai stati osservati danni renali transitori o permanenti della funzionalità renale dopo anestesia. Anche in caso di riscontro di elevate concentrazioni di fluoruri (con aumento da 4,03 µmoli/l fino a 13,57 µmoli/l per anestesie brevi e compreso fra 12 µmoli/l in pazienti critici sedati fino a 7 gg) la funzione renale non risulta alterata o recupera completamente in 24 h. La biodegradazione ossidativa dell’isoflurano porta alla formazione dello stesso intermedio reattivo acilante (acido TFA) ritenuto responsabile, nel caso dell’alotano e dell’enflurano, di sensibilizzazione crociata e di innesco di epatite acuta immuno-mediata. La minore quota di biodegradazione di questo anestetico rispetto a enflurano e alotano (isoflurano < enflurano < alotano), rilevata dalla minore quantità di adotti proteici trifluoroacetilati immunoreattivi, giustifica le notevoli differenze di incidenza di epatotossicità nelle condizioni di impiego clinico dei tre anestetici. I danni epatici talora evidenziati nel postoperatorio non sembrano di fatto associati all’uso dell’isoflurano e non è fino ad oggi stabilita una chiara relazione causa-effetto: anche il riscontro di basse concentrazioni plasmatiche dell’enzima glutatione-S-transferasi sembra indicare che l’anestesia con isoflurano non sia in grado di provocare alterazioni documentabili a carico dell’epatocita. Studi effettuati su animali non hanno evidenziato nefrotossicità né epatotossicità associate a trattamenti subacuti. Recenti segnalazioni di casi di necrosi epatica letale dopo anestesia con isoflurano in pazienti consumatori di alcol e in terapia con farmaci epatotossici (tra cui il paracetamolo), tuttavia, sembrano indicare che il farmaco possa avere effetti epatotossici simili a quelli dell’alotano, anche se più raramente. Non sono state registrate differenze significative negli esami pre e post-operatori (AST, ALT, fosfatasi alcalina, bilirubina totale, creatinina, azotemia) in pazienti con compromissione epatica o renale sottoposti ad anestesia con isoflurano e desflurano. Interazioni farmaco-tossicologiche sono possibili con altri farmaci utilizzati in anestesia. L’induzione del CYP 2E1 a opera dell’isoniazide realizza negli acetilatori rapidi un rilevante incremento del metabolismo dell’isoflurano, ma non l’innesco di una nefropatia fluoromediata (stante la relativa rapidità della cinetica di eliminazione di questa sostanza). Quanto meno nell’animale da esperimento, però, sembra che l’isoflurano funga da substrato anche di altri isoenzimi CYP, visto che un incremento sensibile della quota di biodegradazione si ottiene anche mediante pretrattamento con induttori dei CYP 2B1 e 2B2 (fenobarbitale) e con induttori del CYP 3A (pregnenolone). Dal momento che quest’ultimo isoenzima interviene anche nel metabolismo di altri farmaci di uso anestesiologico (midazolam, alfentanil, lidocaina), è possibile che in corso di anestesia isofluranica si realizzi, qualora anche nella specie umana il 3A metabolizzi l’anestetico, un rallentamento delle cinetiche di eliminazione di quei farmaci. Come altri anestetici alogenati, l’isoflurano provoca una depressione respiratoria dosecorrelata, paragonabile a quella dell’alotano e inferiore a quella dell’enflurano. La compliance polmonare e la capacità funzionale residua si riducono lievemente, mentre le resistenze risultano aumentate. 12 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) L’isoflurano può causare dermatite da contatto, probabilmente su base immune, con un incidenza inferiore allo 0,1%: eritema ed edema periorbitari monolaterali sono stati descritti in casi in cui l’apparecchio di anestesia era posizionato da un lato dell’operatore. In questi casi, nei quali vi è una correlazione con la durata dell’esposizione, la limitazione dell’esposizione cutanea ai vapori e l’uso di maschere protettive porta a miglioramento dei sintomi. La diagnosi di ipersensibilità è possibile mediante applicazioni di patch imbevuti di 1 ml di isoflurano, due volte al giorno per tre giorni, sulla superficie volare dell’avambraccio. L’assenza di rischio durante la gestazione e durante le procedure ostetriche non è stabilita. Gli studi su animali hanno dimostrato alterazioni della fertilità, della performance riproduttiva in generale, embriotossicità, teratogenicità ed effetti sulla lattazione a concentrazioni dello 0,1-0,6%. Per il rischio in gravidanza, il farmaco è classificato in categoria C dalla U.S. Food and Drug Administration e in categoria B3 dall’Australian Drug Evalutation Committee. 13 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) SEVOFLURANO (SEVORANE) Il sevoflurano è un anestetico volatile, non infiammabile, utilizzato per l’induzione e il mantenimento dell’anestesia generale per via inalatoria. Si tratta chimicamente di un metiletil-etere fluorurato simile al desflurano: entrambi questi anestetici differiscono da alotano e isoflurano per la minore solubilità nel sangue, proprietà conferita dall’alogenazione con fluoro. Il sevoflurano può essere conservato a temperatura ambiente, a 15-30°C. I vantaggi principali del sevoflurano rispetto agli altri anestetici volatili sono proprio il basso coefficiente di solubilità sangue/gas (che conferisce precisione nel controllo dell’anestesia nonché rapidità di induzione e risveglio) e l’assenza di effetto pungente-irritativo (tipico di desflurano e isoflurano) che ne permette l’uso per l’induzione rapida dell’anestesia. Nonostante questa caratteristica, tosse all’induzione può essere presente nel 12% dei casi. Il sevoflurano ha inoltre un punto di ebollizione di 58°C, simile a quello di isoflurano, alotano ed enflurano (ciascuno approssimativamente di 50°C), per cui può essere somministrato attraverso evaporatori standard. Poiché il punto di ebollizione del desflurano è invece di 24° C, e la sua pressione di vapore è superiore a quella di tutti gli altri anestetici volatili, la somministrazione di questo anestetico richiede uno speciale vaporizzatore pressurizzato e riscaldato. Per l’induzione il sevoflurano viene somministrato in concentrazione del 1,8-5% in miscela di N2O e ossigeno; concentrazioni comprese fra 0,5% e 3% vengono utilizzate per il mantenimento dell’anestesia. Per inalazione di concentrazioni convenzionali (1,8-5%) in miscela di ossigeno/ N2O, il sevoflurano produce un’induzione rapida (meno di 2 min). Con la tecnica di inalazione rapida utilizzando sevoflurano al 4,5% in N2O, il tempo di induzione di abbrevia a meno di 60 s. L’induzione con sevoflurano a concentrazioni superiori (8%) consente maggiori successi nel posizionamento della maschera laringea e nell’induzione. Per il mantenimento il sevoflurano viene normalmente utilizzato in concentrazioni del 13%. La profondità dell’anestesia può essere variata rapidamente e il risveglio è rapido (fra 4 e 14 min dopo la sospensione della somministrazione del farmaco). In anestesia pediatrica il sevoflurano viene utilizzato per l’induzione in miscela di ossigeno o in ossigeno/ N2O e per il mantenimento in miscela al 60% di N2O. I principali svantaggi del sevoflurano sono determinati dall’apprezzabile metabolismo a fluoruri inorganici e dalla degradazione nella calce sodata/baralyme a composti potenzialmente tossici: ciononostante a tutt’oggi non sono descritti casi di tossicità d’organo da sevoflurano. 14 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) 1. FARMACOCINETICA Il sevoflurano ha un basso coefficiente di ripartizione sangue/gas che consente una rapida induzione dell’anestesia (2 min.) e un rapido risveglio (4-14 min.) La concentrazione alveolare minima (MAC) del sevoflurano nei giovani e adulti è di 1,62,3% media 2%). La potenza del farmaco è quindi simile a quella dell’enflurano (MAC 1,7%), lievemente inferiore a quella di isoflurano (MAC 0,7-0,8%) e maggiore di quella di desflurano (MAC 7,3%) e N2O (MAC 100%). MAC superiori (2,5-3,3%) sono riportate nei bambini, mentre negli anziani vengono utilizzate MAC inferiori (1,48%). L’aggiunta di N2O al 50% riduce la MAC negli adulti di circa 50-60% e nei bambini del 25%. 15 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) ASSORBIMENTO E DISTRIBUZIONE Il coefficiente di ripartizione sangue/gas del sevoflurano è di 0,6-0,7, lievemente superiore a quello del desflurano (0,4) e di N2O (0,5), ma inferiore a quello di alotano (2,5), enflurano (2,1), isoflurano (1,5), e metossiflurano (15,4). Ciò consente rapida induzione e rapido risveglio dall’anestesia. I coefficienti di ripartizione tessuti/sangue del sevoflurano sono simili a quelli di alotano e isoflurano; quello cervello/sangue è di 1,7 (alotano: 1,9; isoflurano: 1,6) mentre quello lipidi/sangue è pari a 46-48 (48 per alotano e 51 per isoflurano). Il desflurano mostra coefficienti di ripartizione tessuti/sangue più bassi (es. cervello/sangue: 1,3) e una bassa solubilità nel sangue. METABOLISMO La molecola del sevoflurano presenta tre caratteristiche che la distinguono dagli anestetici alogenati finora trattati: (a) grado di fluorurazione più elevato rispetto ai precedenti; (b) assenza di alogeni diversi dal fluoro; (c) struttura di etere metil-isopropilico. Il metabolismo del sevoflurano avviene nel fegato: la defluorurazione porta a formazione di fluoruri inorganici e fluoruri organici (esafluoroisopropanolo ed esafluoroisopropanologlucuronide). Quando la concentrazione ematica di sevoflurano raggiunge le 400-600 µmoli/l, i livelli di fluoruri inorganici si avvicinano o superano le 50 µmoli/l, livello considerato potenzialmente nefrotossico. Livelli superiori si possono avere in pazienti obesi. Dopo l’assorbimento il sevoflurano subisce a livello epatico una modesta biotrasformazione (1-4% della dose assorbita) promossa prevalentemente all’isoenzima CYP 2E1. Questo isoenzima catalizza l’introduzione di un OH sul carbonio del gruppo fluorometilico: tale gruppo, dopo l’ossidrilazione è o-dealchilato e si trasforma dapprima in fluoroformaldeide e, infine, in acido formico con l’espulsione di fluoro inorganico e di uno ione H+. L’altro radicale dell’etere sevofluranico, l’esafluoroisopropanolo, è una molecola che mantiene un certo carattere lipofilo e, permanendo a livello epatico, subisce la coniugazione con acido glucuronico a opera delle uridindifosfoglucuronosiltransferasi (UDPGT) per formare il metabolita di fase II più popolare e quindi più facilmente eliminato con le urine. L’esafluoroisopropanolo è epatotossico in concentrazioni talmente elevate (300-600 mg/kg nel topo) da risultare difficilmente raggiungibili anche in caso di ridotta attività glucuronil-transferasica. La glucuronoconiugazione è una caratteristica metabolica propria del sevoflurano, dal momento che nessuno degli altri anestetici inalatori qui trattati da luogo a metaboliti aventi struttura o stabilità adatte a subire la coniugazione con acido glucuronico. 16 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) Degradazione non metabolica del sevoflurano Il sevoflurano presenta la caratteristica di essere poco stabile a contatto con alcali quali calce sodata e baralyme (specie se disidratata e ad alta temperatura) usati nei filtri come assorbenti per la CO2. A contatto con basi forti, infatti, il sevoflurano subisce degradazione spontanea mediante defluorurazione e idrolisi del legame etereo. L’estrazione di uno ione H+ dal radicale isopropilico, contemporaneamente all’eliminazione di uno ione fluoruro e alla formazione di un doppio legame, porta alla formazione del cosiddetto “composto A” o fluorometil-2,2-difluoro-1-(trifluorometil)-viniletere, un alchene volatile tossico e misurabile in concentrazione di poche decine di ppm. Il “composto A” può risultare nefrotossico attraverso una bioattivazione multifasica che prevede: coniugazione epatica con glutatione; idrolisi del GSH-coniugato in cisteina-coniugato a opera di peptidasi biliari, intestinali e renali; uptake renale attivo da parte del tubulo prossimale ad opera di un anione organico carrier; detossificazione per N-acetilazione da parte della N-acetil-transferasi renale ed escrezione di corrispondenti mercapturati; in alternativa, attivazione a tiochetene e tionoacil-fluoruro a opera del sistema enzimatico renale della ß-liasi; scomposizione in fluoro inorganico e derivati tio-acilanti; alchilazione di proteine mitocondriali e innesco di tubulo-necrosi della giunzione cortico-midollare. ELIMINAZIONE In volontari sani circa il 40% della dose stimata assorbita viene escreta immodificata per via polmonare e la quota metabolizzata a fluoruri inorganici è maggiore rispetto al desflurano. Dopo 1 h di esposizione la concentrazione arteriosa di fluoruri inorganici è di circa 22 µmoli/l e quella di fluoruri organici è di 9,1 mg/l (o 61,3 µmoli/l). I fluoruri organici (esafluoroisopropanolo ed esafluoroisopropanolo-glucuronide) vengono poi eliminati per escrezione urinaria relativamente rapida,principalmente durante le prime 24-48 h dopo anestesia. Nelle urine delle prime 90 h di soggetti sani sottoposti a 1 h di anestesia con sevoflurano (2-3%) vengono escrete 0,9 mmoli di fluoruri inorganici e 1,43 mmoli di fluoruri organici (primariamente esafluoroisopropanolo). Le concentrazioni urinarie più elevate di fluoruri inorganici che variano da 52 a 2368 µmoli/l, si osservano durante la somministrazione di sevoflurano e nelle prime 24 h dopo anestesia: il ritorno a valori normali (4 µmoli/l) si ha solitamente 24 h dal termine della somministrazione di anestetico. L’emivita di eliminazione dei fluoruri inorganici è di 34 h dopo un h di anestesia con sevoflurano, mentre diventa di 58 h dopo somministrazione prolungata per 13 h. 17 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) TOSSICITÀ I principali effetti collaterali del sevoflurano sono la depressione respiratoria e cardiovascolare dose-correlate, i movimenti eccitatori all’induzione (6-18% dei casi), la nausea e il vomito nella fase postoperatoria. Convulsioni e casi di ipertermia maligna sono stati correlati all’uso di sevoflurano. Non è invece riportata nefrotossicità nonostante gli elevati livelli serici di fluoruri inorganici. L’inalazione di composti potenzialmente tossici (composto A) derivati dalla degradazione del sevoflurano in presenza di adsorbenti di CO 2 (calce sodata, baralyme) non sembra associata a comparsa di tossicità d’organo nell’uomo. A differenza dell’isoflurano e del desflurano non sensibilizza il miocardio alle catecolamine. La stabilità cardiovascolare è soddisfacente, benché si possano verificare bradicardie persistenti, talvolta associate a ipotensione arteriosa, probabilmente per diminuita sensibilità dei barocettori vasali. Gli effetti sulla pressione sono simili a quelli di desflurano e isoflurano. Nel 30% delle induzioni con sevoflurano si osservano effetti eccitatori con movimenti spontanei o volontari: questo effetto collaterale è meno frequente utilizzando il metodo di induzione rapida e una miscela di sevoflurano al 4,5% con ossigeno oppure con N2O/ossigeno. Attività convulsiva di tipo tonico-clonico è possibile all’induzione così come nel periodo immediatamente successivo all’anestesia con sevoflurano in N2O/ossigeno. Nei casi di ipertermia maligna da imputare a sevoflurano il trattamento con dantrolene si è rilevato efficace in due terzi dei casi. Tossicità renale per uso di anestetici volatili è stata osservata in seguito ad anestesia con metossiflurano ed enflurano ed è stata associata a valori di fluoruri plasmatici superiori a 50 µmoli/l per un tempo relativamente prolungato. L’uso del sevoflurano può determinare livelli serici di fluoruro inorganico che si avvicinano o superano il 50 µmoli/l, senza tuttavia che questo si associ nell’uomo agli effetti nefrotossici descritti negli studi su animali di laboratorio, probabilmente per la rapida eliminazione del fluoruro inorganico che si verifica nell’anestesia con sevoflurano rispetto a quella con metossiflurano e altri anestetici volatili. E’ tuttavia possibile che la somministrazione pre-intervento di farmaci in grado di indurre i sistemi enzimatici implicati nel metabolismo del sevoflurano possa esporre a un maggiore rischio di nefortossicità. Pertanto, finché non saranno disponibili ulteriori dati, gli elevati livelli di fluoruri osservati in alcuni pazienti trattati con sevoflurano richiedono un attento monitoraggio della funzionalità renale, specie in corso di interventi di lunga durata (più di 3 h) ovvero quando vengono usate elevate concentrazioni di anestetico. Anche la nefrotossicità correlata a formazione (in presenza di calce sodata/baralyme) del vinil-etere denominato “composto A” non è completamente chiarita e necessita di ulteriori valutazioni. Studi su animali dimostrano che il “composto A” è nefrotossico. Per contro, dopo più di 20 milioni di anestesie sevofluraniche condotte in tutto il mondo anche in condizioni favorenti la produzione di “composto A”(circuito chiuso, alte concentrazioni, lunghe esposizioni, disidratazione della calce sodata, alte temperature del canestro) non sono stati registrati eventi avversi renali riconducibili a questo aloalchene. 18 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) Varie ipotesi spiegano questa differenza. Ad esempio, ciò può essere correlato con il fatto che nel ratto (specie dotata di un’attività β-liasica almeno 10 volte più efficiente di quella della specie umana) la soglia nefrotossica (NC50) è di 700 ppm x 1 h o 250 ppm x 3 h, anche se alcuni ricercatori indiano valori inferiori. Il picco massimo di composto A che si registra in corso di anestesia clinica nell’uomo è almeno 6 volte più basso. In ogni caso, per minimizzare la formazione, il ricircolo e l’inalazione di “composto A” il sevoflurano dovrebbe essere utilizzato con flussi di gas freschi di almeno 2 l/min. Tra l’altro la quota di degradazione del sevoflurano a “composto A” può essere ridotta dello 80% semplicemente spruzzando 100 ml di acqua distillata/kg di calce sodata. La funzionalità epatica non risulta alterata in modo significativo in seguito ad anestesia con sevoflurano anche dopo somministrazione prolungata; incrementi della bilirubina indiretta di significato statistico ma non clinico sono stati riportati da alcuni ricercatori. In modo analogo agli altri composti volatili, il sevoflurano determina una depressione dosedipendente dei centri respiratori, superiore a quella determinata da alotano, con aumento di PaCO2 e diminuzione nella risposta ventilatoria all’aumento di PaCO 2.. L’effetto irritativo sulle vie respiratorie è minimo e, di fatto non si registrano in genere tosse, laringospasmo e apnea. Il sevoflurano è classificato nella categoria B della U.S. Food and Drug Administration. 19 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) ELEMENTI INFORMATIVI SULL’ESPOSIZIONE PROFESSIONALE AD ANESTETICI EFFETTI SULLA SALUTE DEGLI OPERATORI Premessa: Gli effetti dei gas anestetici sebbene dimostrati in maniera evidente a livello sperimentale e su soggetti sottoposti ad anestesia, non trovano conferme univoche di tipo epidemiologico sugli operatori sanitari professionalmente esposti a basse dosi. La maggior parte degli studi effettuati non considerano separatamente il protossido di azoto (N2O) e gli alogenati, ma sono stati condotti quasi sempre su soggetti con esposizioni miste. Gli effetti farmacodinamici dei gas anestetici sui vari sistemi corporei sono di tipo deprimente e in genere dose-dipendenti: gli organi bersaglio sono fondamentalmente il fegato e il rene depurati alla biotrasformazione ed eliminazione di queste sostanze. Il midollo emopoietico e il sistema nervoso dove le interferenze sono di sicuro significative. Tuttavia l’azione epato-renale e sul midollo emopoietico dei gas anestetici, dimostrata da numerosi autori a livello sperimentale e su soggetti sottoposti ad anestesia, non trova univoco riscontro nei dati relativi al personale professionalmente esposto, in particolare dove siano presenti concentrazioni dei gas relativamente basse. Anche le evidenze di effetti neurocomportamentali precoci, sebbene dimostrate, risultano di difficile attribuzione al solo fattore di rischio rappresentato dai gas anestetici. Si riportano di seguito i principali effetti evidenziati a livello di vari organi e apparati dall’esposizione professionale a gas anestetici. EFFETTI SULLA FUNZIONE EPATICA Gli effetti sul fegato da parte degli anestetici volatili sono suggeriti dal fatto che queste sostanze vengono metabolizzate a livello epatico. Studi epidemiologici sulle categorie professionalmente esposte (chirurghi, anestesisti, infermieri, ferristi) non hanno tuttavia mai evidenziato effetti, come epatiti o alterazione delle transaminasi, attribuibili alla cronica esposizione a N2O o a isoflurano; ne vi sono segnalazioni relative a tali effetti indotti da sevoflurano (sevorane) e desflurano, (suprane) 20 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) recentemente introdotti nella pratica anestesiologica: il primo dei due viene anche usato in pazienti con ridotta funzionalità epatica, per cui è da supporre che non determini danni epatici nei soggetti professionalmente esposti. Altrettanto però non si può dire se la sostanza chiamata in causa è l’alotano (non utilizzato attualmente presso l’A.S.L.) che determina, se pur raramente, l’ormai nota “epatite da alotano”. Inoltre l’esposizione a concentrazioni ambientali di metossiflurano inferiori a 1 ppm di N2O tra 280 e 520 ppm è ritenuta responsabile di un significativo aumento dei valori medi di amminotransferasi valutato dopo tre giorni di esposizione, aumento che risulta correlato alla durata dell’esposizione cumulativa. Un recente studio di mortalità, compiuto su una coorte di 20.000 specialisti nel servizio sanitario britannico, ha messo in luce un eccesso di mortalità per epatopatie negli anestesisti a fronte di un ridotto o assente consumo di bevande alcoliche. E’ ipotizzabile che l’esposizione cronica agli anestetici volatili provochi induzione enzimatica del sistema microsomiale a livello epatico; gli studi a riguardo hanno prodotto risultati non univoci, anche perché spesso indeboliti da carenze metodologiche. Comunque, a fianco di lavori che evidenziano l’aumento di un indicatore indiretto di induzione enzimatica quale la clerance dell’antipirina, altri non rilevano questo effetto, né modificazioni nella biotrasformazione di alotano marcato con C-14. L’induzione enzimatica è stata rilevata nel corso di esposizione sia a concentrazioni non note di alotano ed N2O sia a concentrazioni prossime a 20 ppm di alotano, ma non a concentrazioni di alotano inferiori a 7 ppm. Non è stato dimostrato tuttavia che N2O, isoflurano ed etrano siano responsabili di alterazioni epatiche, anche se è stato segnalato un aumento dell’eliminazione di acido Dglucarico urinario in esposti a concentrazioni di N2O inferiori a 100 ppm e di isoflurano attorno a 1 ppm; ciò suggerisce che il fegato possa costituire uno degli organi bersaglio. La responsabilità diretta ed esclusiva dell’isoflurano nell’indurre il sistema microsomiale non è però provata, poiché l’aumento dell’acido D-glucarico potrebbe essere espressione della risposta dell’organismo a uno o più fattori di rischio presenti in sala operatoria, che in diversa misura potrebbero essere responsabili di una risposta biologica che si concretizza attraverso un’aumentata escrezione di questo metabolita. In un recente studio è stato evidenziato un aumento statisticamente significativo dell’escrezione di acido D-glucarico in soggetti con esposizione a N2O e isoflurano comportanti livelli urinari dei due gas anestetici rispettivamente superiori a 27 µg/l e 1 µg/l; per esposizione contemporanea a tali livelli dei due gas anestetici vi era un ulteriore incremento del rischio di aumentata escrezione di acido D-glucarico. EFFETTI SULLA FUNZIONE RENALE L’azione nefrotossica dei gas anestetici è stata ipotizzata poiché tutti gli alogenati, anche in misura diversa, sono in grado di liberare durante il loro metabolismo lo ione fluoro il quale si accumula a livello renale per essere poi eliminato. Tale ione 21 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) però è in grado di chelare molti cationi bivalenti tra cui il calcio, il rame, lo zinco e il magnesio, alcuni dei quali attivano enzimi implicanti nella glicolisi e nel ciclo di Krebs. Alterazioni di questi processi possono causare un’inibizione della capacità di riassorbimento tubulare (soprattutto a livello della porzione ascendente dell’anse di Henle e del tubulo collettore) a causa della ridotta disponibilità energetica renale per i meccanismi di trasporto attivo. Nel personale esposto a etrano sono state osservate concentrazioni di fluoruri inferiori a 2 µmoli/l: questo valore è di molto inferiore alla concentrazione sierica di fluoruri, pari a 20 µmoli/l, che corrisponde alla soglia delle alterazioni funzionali renali. Per l’etrano non si è quindi riscontrata alcuna evidenza di danno renale, ne in animali né in pazienti, nemmeno in caso di insufficienza renale preesistente; si ritiene quindi che non abbia effetti renali neanche nei soggetti professionalmente esposti. Concentrazioni sieriche di fluoruri ancora più basse sono state osservate dopo esposizione a isoflurano, verosimilmente a causa della minore metabolizzazione di quest’ultimo. Al contrario invece, il metossiflurano ha azione nefrotossica per l’animale e per l’uomo ed è stato segnalato un aumento reversibile dei livelli di azotemia e di uricemia in soggetti professionalmente esposti per tre giorni a 3,3-0,8 ppm di questo gas anestetico, il cui uso tuttavia è ormai praticamente abbandonato. Studi con gli altri anestetici alogenati hanno escluso la capacità nefrotossica di tali sostanze sia per gli animali sia per l’uomo (paziente o figura professionale esposta) anche se già affetto da patologia renale. In operatori esposti a isoflurano (forane) e N2O non sono state rilevate variazioni significative di azotemia creatininemia e uricemia. Non vi sono studi sugli effetti nefrotossici del sevorano (sevorane) e desflurano per soggetti professionalmente esposti. Gli ioni fluoro raggiungono velocemente un picco plasmatico che tuttavia declina rapidamente dopo somministrazione di sevorano, per cui finora non sono stati riportati casi di nefrotossicità in seguito al trattamento con questo anestetico alogenato; è stato infatti ampiamente utilizzato in pazienti con insufficienza renale cronica e in quelli sottoposti a trapianto renale. Tuttavia alcuni studi, i cui risultati sono peraltro considerati molto controversi, hanno evidenziato lieve disfunzione renale dopo anestesia con sevorano, per cui attualmente si raccomanda attenzione nell’uso di sevorano in pazienti con malattie renali concomitanti. Un problema tuttora aperto è quello riguardante la possibilità che il sevorano, quando entra in contatto con la calce sodata, determini la formazione di una sostanza con probabile azione tossica per il rene. Il gas anestetico, infatti, subisce una degradazione non enzimatica a vinil-etere che poi raggiunge, grazie alla circolazione ematica, il rene dove diventa substrato della β-liasi renale; si ha così la formazione di un composto tiacilfluoridrico. 22 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) E’ stato dimostrato che il “composto A” è nefrotossico per i ratti e, ad alte dosi, anche per i primati non umani, causando necrosi del tubulo prossimale. Gli effetti renali del “composto A” prodotto durante l’anestesia con il sevorano sono stati analizzati in pazienti chirurgici e in volontari sani valutando vari marcatori della funzione renale: l’analisi dei dati ottenuti utilizzando basso flusso di sevorano, basso flusso di isoflurano e alto flusso di sevorano non hanno evidenziato disturbi renali associati al “composto A”. Non esiste attualmente, tuttavia, alcuna evidenza che la produzione di “composto A”, durante l’anestesia chirurgica, determini alterazioni cliniche o subcliniche tossiche tissutali. Ciò è spiegabile con il fatto che la produzione stessa di “composto A” nel canestro di calce sodata è un processo autolimitante per diversi motivi: perché raggiunge un picco dopo 1 h e poi la produzione si stabilizza, in quanto difficilmente si raggiungono temperature elevate e perché l’enzima responsabile della produzione del metabolita tossico, la β-liasi tubulare umana, è circa 10 volte meno attiva di quella del ratto. Durante l’anestesia chirurgica la produzione di “composto A” rimane a concentrazioni inferiori a 20 ppm, sovrapponibili a quelle prodotte da altri anestetici alogenati (alotano, isoflurano, desflurano). EFFETTI SULLA FUNZIONE EMOPOIETICA Gli anestetici alogenati, secondo gli studi effettuati, non sono in grado di determinare effetti sul midollo osseo, a differenza di N2O che può invece causare leucopenia, tanto che in passato questo gas anestetico è stato utilizzato per la terapia della leucemia mieloide. Recenti studi non hanno rilevato, per bassi livelli di esposizione a gas anestetici, alcuna alterazione dei parametri ematologici. EFFETTI NEUROPSICOLOGICI Nei soggetti professionalmente esposti in sala operatoria gli anestetici volatili sono in grado di determinare disturbi come cefalea, astenia, sonnolenza pomeridiana, insonnia, ansia, crisi depressive, perdita della memoria, alterazioni della capacità di concentrazione e di attenzione, disturbi neurovegetativi, il che fa pensare a un coinvolgimento delle strutture nervose superiori con possibile riduzione delle prestazioni psicomotorie e psicologiche. Tuttavia si è anche puntata l’attenzione sui molteplici fattori che sono in grado di influire, sia in senso favorevole che negativo, sul livello di preformance degli operatori delle sale chirurgiche, quali le condizioni di salute fisica e psichica, l’uso di farmaci stimolanti o sedativi, le condizioni microclimatiche, la motivazione, lo stato di allerta e l’affaticamento. In uno studio è stato dimostrato che l’esposizione a 50 ppm di N 2O causa alterazioni delle prestazioni nel 5% dei soggetti esposti e che la contemporanea esposizione degli stessi a 1 ppm di alotano causa alterazioni nel 10% dei casi. Ricerche sperimentali eseguite su volontari esposti per periodi relativamente brevi a concentrazioni elevate di N 2O da solo o in miscela con alotano o etrano, hanno evidenziato una diminuzione, statisticamente 23 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) significativa rispetto ai controlli, delle preformances audiovisive, motorie e di memoria; nessun effetto si aveva a concentrazioni di 25 ppm di N2O più 0,5 ppm di alotano. Questi risultati non furono successivamente confermati da numerosi altri studi: due ricerche hanno evidenziato alterazioni dei tests neurocomportamentali solo per esposizioni superiori a 500 ppm di N2O; in un recente studio nessuna evidenza di riduzione della preformances è emersa in soggetti professionalmente esposti in sale operatorie con livelli di inquinamento variabili da 0 a 43,7 ppm di alotano e da 23 a 1200 ppm di N 2O. Altri studi hanno tuttavia evidenziato come anche dosi inferiori a 50 e 100 ppm di N 2O possono determinare lievi alterazioni a carico della vigilanza/attenzione e della risposta psicomotoria. Nella realtà occupazionale alterazioni dei tempi di reazione sono state riscontrate a fine turno lavorativo e al termina della settimana lavorativa anche per esposizioni a concentrazioni ambientali medie inferiori a 100 ppm. Tuttavia, data l’assenza di una reazione dose-risposta tra l’esposizione agli anestetici e la riduzione dell’efficienza psicomotoria, le alterazioni rilevate sono da condurre verosimilmente oltre che all’esposizione ai gas anestetici, anche ad altri fattori legati allo stress e all’organizzazione del lavoro; per questi autori non sono presenti differenze tra esposti e controlli all’inizio settimanale del turno di lavoro e ciò escluderebbe la presenza di effetti cumulativo-cronici. A favore degli effetti cumulativo-cronici viene invece riportata elevata sintomatologia soggettiva e significativo scarso rendimento ai tests neurocomportamentali in rapporto all’anzianità e all’entità dell’esposizione. Nel 1997 è stato pubblicato uno studio multicentrico, coordinato dalle Università di Milano e Brescia, che ha cercato di valutare la sintomatologia neuropsichica, la velocità di risposta psicomotoria e i livelli di stress soggettivo nelle persone professionalmente esposte a basse concentrazioni di anestetici volatili (precisamente di N 2O e isoflurano). Questo studio ha esaminato, con diverse metodiche, due gruppi di lavoratori, uno esposto a gas anestetici e uno non esposto, appartenenti a 10 ospedali italiani e ha dimostrato che i due gruppi esaminati non differivano tra loro in nessun parametro considerato. Si è quindi potuto concludere che i valori limite biologici di esposizione, pari a 13 µg/l per N 2O urinario ed a 1,8 µg/l per l’isoflurano urinario (questi limiti biologici corrispondono alla concentrazione atmosferica di 25 ppm per N2O e di 0,5 ppm per l’isoflurano), sembrano essere adeguati affinché sia mantenuta un’integrità delle funzioni neuropsichiche esplorate. Per livelli d’esposizione superiori a tali valori si ha un evidente rallentamento dell’attività psicomotoria del personale sanitario esposto; ciò è stato notato maggiormente alla fine delle sedute operatorie degli ultimi giorni della settimana, mentre non sono apprezzabili alterazioni prima dell’inizio del turno lavorativo (per cui queste alterazioni sembrano essere temporanee e reversibili). In un altro studio contemporaneo è stato evidenziato che non si manifestano effetti neurocomportamentali fino a livelli di esposizione a N2O pari a 50 ppm (comportanti una escrezione urinaria media di 27 µg/l di N2O). 24 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) EFFETTI SUL SITEMA NERVOSO PERIFERICO A carico del sistema nervoso periferico si possono riscontrare polineuropatie sensoriali, per lo più legate ad abuso voluttuario di N2O o per inquinamenti ambientali particolarmente elevati: effetti sulle vie sensitivo-motorie sono stati riportati per concentrazioni ambientali superiori a 100-150 ppm di N2O con alterazioni dei parametri elettromiografici, in particolare della velocità di conduzione sensitiva e motoria del nervo ulnare. EFFETTI CITOGENETICI Le numerose ricerche epidemiologiche effettuate in passato per valutare gli effetti della esposizione a gas anestetici hanno dato risultati non univoci per cui sono stati condotti studi che hanno rivalutato criticamente i risultati delle ricerche precedenti. Come conclusione generale si può affermare che esiste un rischio aumentato di aborti spontanei nelle donne esposte a N2O durante la gravidanza; l’evidenza è minore per le donne che hanno abbandonato il lavoro durante la gravidanza o per le mogli dei soggetti esposti. Non esiste invece accordo sulla possibilità di una maggior frequenza di malformazioni congenite nella prole di soggetti esposi né sugli eventuali effetti cancerogeni. Inoltre le migliorate condizioni ambientali delle sale operatorie hanno avuto un ruolo determinante nella riduzione del rischio di aborti e malformazioni del prodotto del concepimento. I sospetti che anestetici alogenati, come l’alotano, l’isoflurano e l’etrano, possono essere cancerogeni, sono significati dal fatto che essi hanno una struttura molecolare simile a quella di sostanze note per essere cancerogene per l’uomo (come bisclorometilmetiletere). Alcuni studi retrospettivi di mortalità tra gli anestesisti dal 1947 al 1966 hanno evidenziato un aumento dell’incidenza di neoplasie del sistema linfatico ed endoteliale, mentre altri autori hanno rilevato un’alta incidenza di leiomiosarcomi, di carcinomi epatocellulari e pancreatici; altri studi invece negano qualsiasi associazione tra l’esposizione a gas anestetici ed il rischio di sviluppare neoplasie. Al riguardo l’International Agency for Research on Cancer nel 1987 ha classificato gli anestetici volatili tra i composti a “inadeguata evidenza” di cancerogenicità sia per l’animale che per l’uomo. Tuttavia è opportuno ricordare che sperimentalmente è stato dimostrato un effetto sinergico tra N2O e le radiazioni ionizzanti in soggetti esposti a questi due agenti, con aumento delle aberrazioni cormosomiche. Un aumento delle aberrazioni cromosomiche è riportato anche in personale di sale operatorie esposto probabilmente a concentrazioni piuttosto elevate di anestetici (alotano, N2O ed etere) e di cui non è specificata l’eventuale concomitante esposizione a radiazioni ionizzanti. Risultano negativi viceversa tutti gli studi sugli scambi tra cromatidi fratelli. Dagli studi fino ad ora effettuati è risultato che isoflurano, etrano e sevorano non sono né mutageni né cancerogeni; solo il “composto A” induce un lieve aumento degli scambi tra 25 D.Lgs REGIONE PIEMONTE AZIENDA SANITARIA LOCALE N° 11 SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE (Vercelli Corso Mario Abbiate n. 21 – tel. 0161 5931 – fax 0161 593946) cromatidi fratelli, ma le implicazioni di questo studio eseguito in vitro non sono sufficientemente chiare. EFFETTI SULLA FUNZIONE IMMUNITARIA Ricerche sulla valutazione della funzionalità immunitaria in operatori sanitari professionalmente esposti a N2O non hanno dato risultati univoci; uno studio effettuato su personale di sala operatoria con diversa anzianità lavorativa (media e DS = 5,6 e 4,2 anni) ed esposto a concentrazioni medie di N 2O pari a 500-800 ppm non ha dimostrato differenze statisticamente significative del numero di linfociti T e B rispetto a un gruppo di operatori sanitari non esposti; in un altro studio su anestesisti con attività lavorativa di almeno 5 anni, esposti ad anestetici non specificati, è stata invece rilevata una diminuzione statisticamente significativa dei linfociti T totali, dei T-helper e del rapporto T4/T8; non sono state infine osservate differenze del numero di linfociti in soggetti con anzianità espositiva molto varia. EFFETTI VARI In operatori sanitari è stata segnalata anche un’eruzione acneiforme: la patogenesi sarebbe attribuibile ad allergia ad alotano. 26