III – Lo Zen e l`orto dello zen

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Roberto Abiuso Doc maggio 2016
LO ZEN E L’ORTO DELLO ZEN
ovvero come coltivare lo Zen senza farsi male
Il nostro Orto è lo Zendo, la Meditazione è la lavorazione del terreno, l’insegnamento del Maestro è
l’irrigazione a goccia, i Koan sono il concime. Noi praticanti siamo due filari di piantine di zucca.
Buon raccolto!
Il Buddha: è tutta colpa sua, ha incominciato lui!
Per la vaga promessa di una non meglio identificata Illuminazione ci ha fatto passare tanti week-end
in castigo, in uno stanzone semibuio, seduti per terra, senza parlare, senza mangiare, al freddo o al
troppo caldo, sopportando il dolore alle gambe, prendendo bacchettate sulle spalle, cercando di
rispondere periodicamente a domande cretine. E per non farci rendere conto dell’assurdità di quello
che facciamo, ci ha prescritto anche di non pensare. In più Buddha, sentendosi in colpa, ha sparso la
voce che siamo tutti Buddha. Chi disse: se incontri Buddha, uccidilo, aveva le sue ragioni.
Sono 2500 anni che questa storia va avanti e c’è ancora chi ci casca! Noi, per esempio.
Ma cominciamo dal principio, anche se per lo Zen il Tempo non ha né fine né principio.
In principio era il VERBO ed il verbo era più che altro il verbo “fare”. In quel momento infatti
non c’era nulla di fatto. Anch’io non c’ero, ma mi son fatto l’idea che l’Universo sia Uno che si è
fatto da sé. Subito si fece da solo le sue leggi, le cosiddette Leggi Universali, poi, con tutta l’energia
che aveva, si dette un gran da fare a produrre quark, atomi, onde elettromagnetiche, elementi e
composti, buchi neri e ammassi stellari. In quel tempo si stava una favola.
Quando Tutto fu pronto comparvero gli esseri viventi i quali si moltiplicarono fino all’evoluzione
degli uomini, i quali, dotati di linguaggio, cominciarono ad indicare tutto quello che vedevano
inventando il NOME. Poi venne l’AGGETTIVO, tutte le altre parti del discorso e infine seguirono
le CHIACCHIERE. E dopo secoli di discorsi, linguaggi, poemi epici, sofismi, discussioni e
religioni varie, per rallentare quella marea di parole, vennero inventati la meditazione, il Buddismo
e quindi lo Zen. C’è poco da dire, le cose vanno da sé.
Il Buddismo tradizionalmente si fonda su I TRE GIOIELLI: Buddha -> Dharma -> Sangha
Ma quanti tipi di Buddha ci sono?
Buddha: titolo onorifico che indica la funzione di Illuminato.
Buddha: chiunque abbia raggiunto la Bodhi, l'Illuminazione.
Buddha: chiunque pratichi il Buddismo.
Buddha: chiunque, compreso tutti gli esseri senzienti.
Statue del Budda, si possono trovare in ogni luogo, si distinguono in Budda felice, Budda bello,
Budda grasso, Budda che medita, Budda che sorride, Budda da giardino ecc...
Buddha Bar: un bar che si trova a Budapest, in una via del centro.
Buddha: entità divina in beatitudine ultraterrena. Si manifesta periodicamente nelle varie epoche
per portare la verità nella conoscenza umana. Nella nostra era si è materializzato in Siddhārtha.
Il Buddha storico, Siddhārtha Gautama, meglio conosciuto come Gautama Buddha, o Buddha
Śākyamuni, nato in India e vissuto approssimativamente tra il 566 a.C. e il 486 a.C.
Bodhisattva: apprendista Buddha. Il Bodhisattva Avalokitesvara rappresenta il Budda della
Compassione, qualità fondamentale. C’è da dire che uno che ha un nome del genere,
Avalokitesvara, suscita compassione se non altro per questo.
Buddha: Budda Maitreya, Buddha dell’avvenire, non c’è speranza nemmeno per il futuro.
Buddha: Sariputra è stato il primo discepolo di Buddha, il primo a dargli retta.
Budda: soprannome di uno che conosco, Antonello, di Magliano Sabina, che non si smuove
nemmeno con le cannonate.
La tradizione buddista definisce le proprietà del Buddha, i Tre Corpi del Buddha:
Dharmakaya: così è. Il Corpo dell’Essenza (Vacuità)
Sambhogakaya: è chiaro che così è. Il Corpo dello Spirito (Chiarezza della Vacuità)
Nirmanakaya: è evidente a tutti che così è. Il Corpo umano (Manifestazione della Vacuità)
Se li applico a me stesso, posso dire: sono fatto, strafatto, lo vedono tutti quanto sono strafatto.
Il Dharma: nella dottrina buddista, l'insegnamento del Buddha. Il fatto che tutte le cose seguano
necessariamente le Leggi Universali, è chiamato Dharma.
“Si chiamano dharma i sostegni o sottostrati veramente reali, trascendenti e inconoscibili, di quegli
elementi in cui si scinde la corrente della coscienza insieme con il suo contenuto, ossia i sottostrati
degli elementi in cui nell'astrazione si suddividono il soggetto e il mondo esterno e interno in
quanto è da esso vissuto”. In altre parole: mi devo dare una svegliata (Buddha) e darmi da fare al
meglio (Dharma) per contribuire al bene comune (Sangha).
Si tratta di una Guida in linea, di un manuale di istruzioni per l'uso, delle tavole della Legge, di dare
uno scopo alla vita, che poi è: scoprire il proprio io - scoprire le proprie peculiari capacità – usarle
per essere utile agli altri.
Seguire le regole può farci anche sperare in una bella Reincarnazione di soddisfazione.
In India, il Dharma è servito a creare il sistema delle caste, ognuno al posto suo. Non c’è da
compatirli, anche la nostra società funziona così. Si comincia dalla casta dei politici e dei burocrati,
per passare a quella dei giudici, dei medici, dei giornalisti, fino a quella degli invalidi e dei
disoccupati. Per non parlare della casta dei criminali, mafiosi e camorristi.
A me comunque le caste mi stanno antipatiche.
La Sincerità
Sono impeccabile ma anche un poco ipocrita
dico qualche bugia quando mi capita
se faccio una cazzata lo nascondo
quando ci azzecco lo dico a tutto il mondo.
Son pacifista, vegano, ecologista
e sono pure alquanto animalista
ma se si tratta di tirar fuori i schei
io giro i tacchi e mi faccio i cazzi miei.
Più che insincero sono proprio stronzo
Ce la faccio a passare per un bonzo?
Il Sangha: il club dei Risvegliati Quando prendete rifugio nel Sangha, siete disposti ad
abbandonare le qualità personali, le esigenze e le aspettative che avete come individui.
Ma cos’è il Sangha, una specie di setta? Oppure è come condividere un hobby? Tipo i motociclisti?
Il Sangha è la comunità di coloro che praticano, che usano la saggezza, che contemplano la verità.
Allora siamo forse migliori, superiori agli altri, siamo gli Eletti?
No, siamo solo persone normali, però noi lo sappiamo.
Eccoci di fronte, seduti a meditare, ci vediamo da anni, ricordo appena il tuo nome. Quando ci
incontriamo, un mezzo sorriso, a volte un ciao. Tra noi non c’è malizia, invidia o egoismo, siamo
nel Sangha. Il problema del Sangha è che siamo amici un po’ di tutti e un po’ di nessuno. Se
aggiungiamo che i praticanti hanno, oltre al nome e cognome, un eventuale soprannome, più un
nome giapponese da monaco, si crea una certa confusione. La cosa è voluta perché scoraggia
l’individualismo della persona. Quando uno non sa più bene chi è, può già dire di essere illuminato.
In quel tempo il Maestro camminava in giorno di sabato tornando dall’arrampicata; ora i suoi
discepoli ebbero fame e cominciarono a scartare i panini. Ed egli disse loro: prendete e mangiatene,
ché poi ci andiamo a bere una birra. Ormai siamo condizionati, è per la birra che seguiamo il
Maestro dappertutto. Il rito di bere una birra in Comunione con il Maestro rinforza il Sangha.
Faccio voto di impegnarmi: per l’accettazione- per la solidarietà- per la sincerità- per l’uguaglianza
- per la parità fra i sessi- per la libertà- per la benevolenza- per il rispetto di ogni esistenza.
Secondo me, la parola magica che le unisce tutte è Condivisione. Che vuol dire identificarsi negli
altri. Se uno condivide, ha già accettato, è già uguale, evidentemente non fa differenza di sesso,
razza, età, o condizione. Bisogna cercare di condividere i pensieri, le sensazioni, il dolore, la paura,
il lavoro, l'ambiente, i doveri e i diritti, il posto, il pasto, il pesto, ecc..ecc...
Condividere anche la proprietà? Allora sei comunista!!!
Ricordate che io ho bisogno di voi così come voi avete bisogno di me.
Ancora l'Assoluto: la prima volta che arrampicai, a Ferentillo, una volta arrivato in cima ebbi
paura a scendere appeso alla corda. Inutile ragionare sulla resistenza della corda o degli spit o sul
fatto che tutti fanno così per scendere. Volevo un elicottero. Solo dopo aver fatto la discesa più
volte sono riuscito ad acquisire la fiducia nella corda, nella catena e nel compagno che mi
assicurava. Ora non ho più alcuna paura (più o meno). Questo per dire che è inutile tentare di capire
l'Assoluto. Bisogna sentirlo dentro. Come disse Louis Armstrong: a che serve spiegare il Jazz ?!
www.youtube.com/watch?v=m0eYpCdOPLs
La Coscienza.
Mi chiamo Doc e vengo da lontano
da prima che ci fosse essere umano
da prima che ci fosse la coscienza
ché poi l’ho persa e adesso sono senza.
Se m’impegno con tutte le mie forze
posso tentar di ritrovarla, forse.
Ma se io non mi sforzo e non m’impegno
l’ho già trovata, senza pagare pegno.
Sono Connesso:
Situazioni in cui entriamo in contatto con l’Assoluto anche se, di solito, non ce ne rendiamo conto:
1. quando cantiamo sotto la doccia
2. quando siamo un po’ brilli
3. quando danziamo liberamente
4. in qualche attimo durante le 13 ore di una sesshin
5. spesso, quando arrampichiamo
6. quando facciamo l’amore
7. ai cori di stadio
8. sotto il trapano del dentista
9. quando usciamo dal coma
La Vacuità: è la mancanza di esistenza intrinseca di noi e di qualunque cosa. Equivalente al
concetto che tutto fa parte del tutto. La conseguenza è il distacco dal proprio egocentrismo che poi è
la causa della sofferenza esistenziale. Capito?
A questo proposito ricordo una storiella divertente: un monaco, dopo anni di meditazione, si recò
dal Maestro e gli chiese: come posso fare per realizzare l’Illuminazione? Il Maestro gli rispose
tranquillamente: tu sei già illuminato! Il monaco allora si alzò e dette una bastonata al Maestro
gridando: e quando me lo dici? Il Maestro a sua volta bastonò il monaco dicendo: me lo potevi
chiedere prima! Allora il monaco bastonò di nuovo il Maestro dicendo: se pure ero illuminato, ora
non lo sono più. Il Maestro, bastonandolo a più non posso, rispose: adesso ti illumino io!
A quel punto gli altri monaci li separarono e li chiusero in due celle del Monastero, dove si dice che
si trovino ancora. Morale della storiella: bisogna eliminare dai Monasteri questi cazzo di bastoni!
Pensierino della sera: non pensate, non pensate! Meglio essere stupidi che cattivi. Non pensare
non è difficile, c’è tanta gente che ci riesce senza il minimo sforzo. Più che intelligenti dobbiamo
essere attenti, almeno per non farci fregare pure dagli stupidi.
www.youtube.com/watch?v=X-asa07vXOU
sempre a mani unite
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