Niccolò Jommelli in una caricatura di Pier Leone Ghezzi Nella Biblioteca Vaticana di Roma si conserva - indicata come Codice Ottoborriano Latino 3118, e altrimenti denominata «Il Mondo Nuovo» la raccolta più consistente delle numerose e celebratissime caricature di Pier Leone Ghezzi, il poliedrico artista, nato a Roma nel 1674 e ivi deceduto nel 1755, che fu anche pittore e disegnatore, archeologo e antiquario, musicista e scenografo, oltre che il più famoso caricaturista del suo tempo. La raccolta, rilegata dallo stesso autore in più volumi, è costituita da spiritose vignette che, alternandosi con bonarie caricature, ci rivelano, in modo acuto e immediato, un aspetto poco noto, e tuttavia piacevole, del costume romano del primo Settecento. Le caricature sono seguite da precise e dettagliate note manoscritte sul personaggio e sulle vicende che lo coinvolgono, e pertanto i volumi costituiscono anche una preziosa fonte di notizie per alcuni protagonisti della cultura artistica e letteraria romana del tempo in cui opera l’artista. È il caso del musicista aversano Niccolò Jommelli, la cui caricatura, eseguita nel 1740 e riportata alla carta 153, è seguita dalla seguente didascalia: «Niccolò Jommelli Napo.no/ P. L. Ghezzi, Ritratto caricaturale di Niccolò Jommelli compositore di musica / Sr Jumella Napolitano compositore di musica, il quale fu fatto venire in Roma dal Sr Gioseppe Faliconti per la prima volta che à composto in Roma et à messo in musica il Ricimero re de Goti, et à fatta una superbissima musica la quale è stata cantata nel Teatro Argentina nel mese di Gennaro 1745 e vi recitò Gio. Battista Pivani, Marianino Nicolini, Agostino Fontana, Gioseppe Broccoletti, Gioseppe Ricciarelli, Giovanni Maiolini, Angelo Rotigni, l’Intermediy il Sr Cricca, e la servetta Gervasietto figlio del Coco. Il detto s.r Jumella venne in Roma per componer la seconda Opera intitolata L’Astianatte nel Teatro Argentina l’anno 1741, il quale fece una musica singolarissima che ne riportò l’applauso di tutta Roma e recitorno il Sr Ventura Rocchetti venuto da Polonia, e gli fu dato scudi mille; il sr Filippo Dissi che fece d’Andromeca assai bene et era di Forsombruno protetto dall’Em.mo Cardinal Passionei et il Sr Gaetano Bassevy, fece la parte di Pillade, et havea una agilità grandissima di voce di tenore che regolava la sua voce come un soprano, et il suo Padre suonava nell’orchestra il boe che in Roma non si è inteso l’eguale. La detta Comedia ebbe un applauso tale che fù sempre pieno e Palchetti, e Platea e la prima opera la compose il s.r Scarlatti, al quale gli fu pagata la sua fatiga scudi 60 et al S.r Jumella scudi centosettanta». A Roma, dunque, Jommelli fece rappresentare, secondo la suddetta didascalia, i1 Ricimero - non tuttavia, nel 1745, come erroneamente indicato, bensì nel 1740 - e l’anno successivo l’Astianatte che gli valsero la protezione del duca di York. Ma a parte queste indicazioni di carattere letterario che, unitamente a notizie di carattere più generale, si ricavano dalla breve scrittura, quello che qui più ci preme sottolineare è l’aspetto scherzoso, e tuttavia mai irriguardoso, della vignetta del Ghezzi, che nella stesura dei tema non pecca certo di acume quando mette in risalto - com’è d’altronde prerogativa delle raffigurazioni che dichiarano un intento caricaturale - gli aspetti fisici e caratteriali più appariscenti dei personaggi. Così che - rifacendosi alla figura piuttosto grossolana del musicista, evidenziabile anche in altre raffigurazioni note dell’artista aversano - egli disegnò un profilo oltremodo appesantito nei tratti fisiognomici; cui non sembra estranea la descrizione che di lui aveva fatto Pietro Metastasio. Il quale, in una sua corrispondenza, scrive, tra l’altro - alternando apprezzamenti sulle doti artistiche dello Jommelli con vivaci espressioni sul suo aspetto fisico e comportamentale - che: «Egli è un uomo tondo e grasso, di un naturale pacifico, di un aspetto attraente, di maniere piacevoli e di ottimi costumi […] Egli è il miglior maestro che sappia adattar la musica alle parole, di quanti [...] abbia mai conosciuto […] Se mai vi avviene una volta di vederlo, vi è forza amarlo; egli è certo il più amabile ghiottone che sia mai stato». Nel disegno, il musicista, che è presentato a figura intera, indossa un giubbone su una stringatissima sottoveste; la testa, grossa e saldamente piantata sul collo, appare coperta da una parrucca col tradizionale codino. Il volto, largo e ampio, è caratterizzato dalle guance paffute che si afflosciano nell’opulenza del mento; un’alta fronte sporgente, gli occhi tondi e un naso prominente sovrastano le labbra carnose e un po’ molli, che, dischiudendosi in un sorriso, lasciano trasparire un’espressione arguta e bonaria. A terra è collocata la partitura del Ricimero che egli mostra con l’indice della mano sinistra, mentre l’altro braccio, la cui mano è infilata nella tasca del giubbone, quasi aderisce al corpo per sorreggere il tricorno sotto l’ascella. Al di là del carattere caricaturale, il disegno, per penetrazione psicologica e finezza d’esecuzione va senz’altro considerato come una delle più riuscite testimonianze iconografiche del musicista aversano. Franco Pezzella