Niccolò Jommelli nei ritratti di Giuseppe Bonito

Niccolò Jommelli nei ritratti di Giuseppe Bonito
Tra il 1750 e il 1764 il pittore stabiese Giuseppe
Bonito (Castellamare di Stabia 1707- Napoli
1789) realizzò ben tre ritratti di Niccolò
Jommelli, il primo dei quali, attualmente
irreperibile si conservava a Glouchester, in
Gran Bretagna, presso il castello di Lord
Pudney. Nella tela, che misurava cm. 100 x 79,
il celebre compositore era raffigurato mentre,
osservato da un servitore negro, s’intratteneva
in piacevole conversazione con una nobildonna
aversana (forse donna Maria Donnorso
Duchessa di Lusciano) a un tavolo da toeletta.
Nella seconda tela, invece, un olio su tela che
misura cm. 86, 5 x 68,5 e che si conserva nella
Raccolta d’Arte della Fondazione Pagliara
ospitata a Napoli presso l’Istituto Universitario
Suor Orsola Benincasa, Jommelli, il volto
rubizzo e rubicondo, quasi della stessa tonalità
G. Bonito, Niccolò Jommelli con una
dell’abito che indossa, appena rischiarato dai
nobildonna aversana (Donna Maria
bei pizzi bianchi del collo e della manica della
Donnorso?), Ubicazione sconosciuta
camicia, è seduto a un tavolino con il gomito
del braccio sinistro poggiato su un cuscino
di velluto. Con la mano dello stesso arto
regge una piccola lira, il cui unico braccio
visibile è riccamente decorato da un intaglio
fogliforme mentre lo sfondo del dipinto, al
di là di uno squarcio di luce intorno alla
testa del compositore è uniforme e non vi è
alcun cenno di ambientazione. Una replica
pressoché identica del ritratto, d’ignoto
artefice napoletano, si conserva presso il
Museo Internazionale e Biblioteca della
Musica di Bologna.
Nel terzo ritratto, un olio su tela di cm. 93, 4
x 73, 2 battuto a un’asta londinese nel luglio
del 2010, il musicista è raffigurato a figura
terzina nell’aspetto di un uomo di mezza età
con l’espressione affabile e mite. Indossa
una giamberga blu senza colletto su un
raffinato gilet di raso. La sottostante camicia
G. Bonito, Ritratto di Niccolò Jommelli,
è chiusa sul collo da una goletta ricamata; la Napoli, Istituto Universitario Suor Orsola
mano destra, cinta da un grosso sbuffo della
camicia è inserita per metà nel gilet, quella
sinistra poggia su un cuscino. Indossa una
parrucca incipriata ed inanellata in armonia
col resto dell’abbigliamento. Nell’iconografia
jommelliana tutti e tre questi ritratti, pieni di
umanità e naturalezza, rappresentano senza
dubbio il risultato più notevole raggiunto dai
vari artisti che ritrassero il musicista, anche
perché il pittore, suo amico personale s’ispirò
al vero nel realizzarlo.
Formatosi a Napoli, Giuseppe Bonito fu
allievo di Francesco Solimena dal quale
apprese l’uso del chiaroscuro che applicò in
maniera personale sia ai grandi quadri di
tema religioso (Immacolata Concezione,
1789, Caserta, Cappella Palatina), sia a quelli
di genere popolare genere (la Maestra di
G. Bonito, Ritratto di Niccolò Jommelli,
cucito, il Maestro di scuola, 1736 circa). In
Londra, mercato antiquariale
un secondo momento aderì ai modi del
classicismo romano. Tra il 1736 e il 1742 Bonito realizzò per i Borbone le
decorazioni a fresco della reggia di Portici, in San Domenico a Barletta (1737) e nella
sagrestia del Monte di Pietà a Napoli (1742). Come ritrattista fu molto ricercato dalla
nobiltà napoletana: celebri il Ritratto di Maria Amalia di Sassonia, moglie del re di
Napoli Carlo VII e dell’Ambasciatore turco alla corte di Napoli (Madrid, Prado). La
sua produzione più famosa è però quella di carattere popolaresco, nella quale
rappresentò, con straordinaria sapienza tecnica e raffinato gusto estetico, Napoli
anche negli aspetti più folcloristici e ovvi, con la presenza di "scugnizzi" e
l’immancabile Pulcinella. Bonito ricoprì prestigiose cariche: da "pittore di camera"
del re ad accademico di San Luca e direttore dell’Accademia del disegno. Della fase
più tarda della sua attività si ricordano gli arazzi, raffiguranti soggetti letterari e
allegorici, fra cui le serie delle Virtù coniugali (1762-66) e le Storie di don Chisciotte
(1758-60 e 1767-73).
Franco Pezzella