Memoria sulla recente epidemia alimentare in Germania di Sandro

Memoria sulla recente epidemia alimentare in Germania di Sandro Pandolfi
Ecco che ancora una volta la “normalità”, la banalità biologica fanno testo; ecco che ancora una
volta ciò che appare come innocuo, può improvvisamente non esserlo più ed, anzi, trasformarsi in
qualcosa di letale, di inarrestabile. Ciò può avvenire soprattutto nel mondo dei germi dove le forme
batteriche, oltre a quelle virali, sono in costante evoluzione ed in continuo mutamento genetico
(sono necessari solo pochi minuti per dar vita ad una nuova generazione!), come del resto qualsiasi
altra forma di vita.
E’ il caso recentissimo di un comune batterio del genere “Coli”, il classico microrganismo delle
mani sporche e delle maniglie sporche, quello responsabile da sempre di comuni infezioni
gastroenteriche e del tratto urinario, facilmente risolvibili con antibiotici. Il vero regno di questo
modestissimo batterio, denominato “Escherichia Coli”, abituale frequentatore di intestini malandati,
erano e sono proprio gli Ospedali dove ha modo di provocare con facilità polmoniti ed oltre
infezioni opportuniste, favorito da condizioni igieniche e sanitarie spesso critiche. Gli Ospedali
sono, paradossalmente, i brodi di coltura dell’evoluzione biologica dei batteri ed è dalle strutture
ospedaliere che si diffondono le specie mutanti dei microrganismi un tempo quasi innocui oggi,
invece, pericolosissimi, tanto da causare epidemie non controllabili con i farmaci a disposizione.
E’ esattamente quello che sta accadendo in questo periodo, maggio/giugno 2011, in Germania ed in
altri paesi europei, dove gli Istituti di Sanità stanno letteralmente impazzendo al cospetto di batteri
di Escherichia Coli anomali ed apparentemente resistenti a tutti gli antibiotici conosciuti.
Messo da parte per un attimo l’inspiegabile pressappochismo delle strutture sanitarie preposte, che
continuano a concentrarsi ostinatamente solo su possibili veicoli dell’infezione (cetrioli, germogli di
soia, insalata, ecc.) anziché sul batterio mutante di e su come è geneticamente mutato; mi
sembrerebbe ragionevole cominciare a smantellare un po’ di ingenue certezze sull’efficacia a tempo
indeterminato di certi antibiotici, anche di ultima generazione.
E’ noto, ed è già accaduto più volte nei quasi novant’anni di spietati duelli fra batteri ed antibiotici,
che i primi diventassero man mano resistenti ai secondi, con conseguenze drammatiche. E’ in
questa logica che una banale infezione delle vie urinarie può spesso trasmettersi ai reni e poi al
sangue del malato con esito fatale. Comunque, antibiotici sempre nuovi hanno scongiurato sino ad
oggi il peggio. Così, dalle penicilline si è progressivamente passati alle cefalosporine, poi dalle
eritromicine alle clindamicine e così via, sino all’ultima stazione cioè i carbapenemi, gli antibiotici
di ultima generazione ad ampio spettro efficacissimi, sino a “ieri”, persino contro i corrazzatissimi
batteri gram-negativi! Già, perché i gram-negativi, a differenza dei gram-positivi che reagiscono in
modo diverso alla colorazione in laboratorio, sono dotati di una doppia membrana protettiva che li
rende impenetrabili. Inoltre, sono ancora più pericolosi perché promiscui, cioè possono scambiarsi
frammenti di Dna con batteri di specie diversa (i gram-positivi no).
Questo aspetto inquietante, unito all’inefficacia diffusa degli antibiotici conosciuti, è probabilmente
la chiave di volta di un dramma futuro, ma poi non tanto futuro, se si considera che, ad oggi, le
autorità sanitarie europee tirano in ballo a caso ortaggi d’ogni tipo come fossero untori, mentre
l’epidemia di E. Coli resistente si espande. Metterei sotto accusa proprio la promiscuità dei germi
gram-negativi per spiegare le dinamiche evoluzionistiche e, quindi, gli aspetti genici devastanti del
“nuovo” batterio E. Coli.
E’ molto probabile che un suo precursore già resistente, forse lo “Stafilococco Aureo” o la semi
innocua “Klebsiella Coli”, sia “uscito” da un ospedale di New York, sua palestra naturale, forse nel
2000, magari da un reparto di terapia intensiva dove le infezioni di questo tipo su pazienti immobili,
incontinenti, immunodepressi e con flora batterica intestinale molto compromessa, sono comuni e
violente. Poi, dev’essere passato in Francia intorno al 2005, provocando piccole, silenti (sotto il
profilo della statistica sanitaria) epidemie con tanto di decessi passati inosservati.
La vera metamorfosi, con relativa resistenza ostinata persino al “Doripenem”, un antibiotico
carbapeneme di ultimissima generazione, però, si dev’essere verificata proprio quest’anno, in un
Ospedale tedesco (altro che cetrioli spagnoli) per poi diffondersi nell’ambiente esterno con
numerosi decessi, finalmente rilevati ed investigati sotto il profilo batteriologico. Cos’è emerso
dagli accertamenti effettuati in laboratorio? Che un tipo resistentissimo di “Escherichia Coli” non
può essere arrestato in alcun modo!
Bisogna fare una premessa di tipo batteriologico in ambito intestinale, per capire meglio su quale
piano biologico e genetico si sta movendo la recentissima epidemia tedesca, che ha gettato nel
panico la sanità europea. Innanzi tutto è importante sapere che lo studio comparato della flora
batterica intestinale umana sta vivendo una stagione nuova. Le profonde implicazioni di carattere
fisiologico ed immunologico note, vanno ad unirsi ed a completare un quadro intuitivo di ricerca
che ipotizza scenari veramente esaltanti, capaci di coinvolgere addirittura la psicologia e l’inconscio
della nostra specie. Un certo tipo di degradazione anomala dei carboidrati, ad esempio,
corrisponderebbe ad una tipologia batterica intestinale precisa, cui farebbe riscontro a sua volta
un’attività cerebrale “tipica”. E’ certo, comunque, che se è ipotizzabile una discriminante batterica
fra le etnie umane, questa è configurabile fra i microrganismi intestinali. Proprio così, questi
straordinari produttori di vitamine e amminoacidi essenziali, grandi divoratori di tossine, formano
negli umani almeno tre diversi “enterotipi” suddivisi per continenti. Esistono cioè almeno tre
tipologie batteriche intestinali prevalenti, che in futuro ci distingueranno come i gruppi sanguigni.
Vorrei ancora aggiungere a queste recentissime valutazioni scientifiche (vedi C. Giske Karolinska
Institut), la mia personale convinzione circa la funzione dei nostri microrganismi intestinali quali
veri e propri agenti catalizzatori organici in relazione al fenomeno dell’invecchiamento, ai
meccanismi della nostra psicologia del profondo e all’insorgenza stessa del morbo si Alzheimer (!)
Non stò fantasticando, il fatto è che l’importanza della funzione di equilibrio biologico della flora
batterica intestinale nel nostro organismo, visto come entità genetica, inizia ad essere compresa
anche dai ricercatori (vedi Peer Boek di Heidelberg). Esistono marcatori microbici genetici che
ritengo da tempo collegati molto da vicino con l’attività cerebrale e le sue patologie, ma questa è
un’altra storia…
Per riprendere le fila del mio ragionamento, vorrei chiarire che dagli esami effettuati in Germania è
emerso un dato inquietante: l’Escherichia Coli resistente, isolata nei malati presenta caratteristiche
genetiche anomale. Per l’esattezza è configurabile come portatrice dell’enzima KPC (Klebsiella
Pneumoniae Carbapenemasi) è, cioè, con tutta probabilità, una banale Escherichia Coli che da
buona gram-negativa si è “accoppiata” con una più aristocratica Klebsiella o uno Stafilococco
Aureo, acquisendone il gene KPC contenuto nei plasmidi circolari di DNA del loro cromosoma
cellulare! In pratica, un utilizzo sempre più indiscriminato di antibiotici ha “selezionato” un nuovo
ceppo di batteri del tipo Klebsiella, divenuti portatori del gene KPC. Come accadde nella grande
famiglia dei batteri gram-negativi, la condivisione genetica è la norma e, quindi, l’enzima KPC è
passato facilmente ad altri batteri gram-negativi come l’Escherichia Coli, rendendoli inattaccabili.
Il risultato drammatico di questa “felice” riproduzione sessuale batterica, è che una banalissima E.
Coli responsabile in passato, nel peggiore dei casi, di incresciose diarree, può oggi, nella versione
KPC, uccidere impunemente, provocando incurabili infezioni ematiche e del tratto urinario!
L’aspetto tutt’ora poco chiaro secondo cui i decessi riguardano soprattutto donne, è facilmente
spiegabile con la conformazione fisica femminile in cui l’igiene intima è vitale, data la prossimità
anatomica di ano e vagina, cioè batteri colifecali resistenti ed uretra (qualcuno parlava addirittura di
maggior consumo di verdure crude da parte delle signore!).
Ma in definitiva, alla luce di tante intuizioni più o meno fondate, quale condotta possono
responsabilmente tenere le autorità sanitarie tedesche, vista l’impossibilità di debellare con un
farmaco specifico l’infezione da E.Coli del tipo genico KPC? Semplicemente testare con tamponi
rettali i casi sospetti e poi isolarli; contemporaneamente mettere in pratica negli Ospedali una
rigorosa disciplina di sicurezza settica, con lavaggi, sterilizzazioni e disinfezioni dettagliati di ogni
area e di ogni superficie almeno ogni 12 ore. Inoltre, dedicare una scrupolosa attenzione alle feci ed
alle sacche di orina dei malati.
Altro, per ora, non ci è dato, almeno in attesa di nuovi antibiotici efficaci.
Proprio come ho affermato all’inizio di questa memoria, ecco che ancora una volta,
inaspettatamente, la banalità, la “normalità” biologica di un semplice batterio, seppure in una
versione riveduta e corretta dalla natura, ci sconvolge la vita e ci fa dubitare del nostro futuro di
indistruttibili organismi intelligenti…
10/06/2011
Dott. Sandro Pandolfi