E
SERIE MANUALI
Abilitazioni Concorsi
4/c
Le domande di
Diritto
Amministrativo
Quesiti a risposta aperta
per prepararsi alle prove orali di
esami, concorsi e abilitazioni
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Oltre 52e
rispost e
complet
SIMONE
EDIZIONI GIURIDICHE
Gruppo Editoriale
- Simone
Estratto Esselibri
della pubblicazione
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Vietata la riproduzione anche parziale
Avviso agli esaminati
Invia alla redazione Esselibri CountDown (Via F. Russo, n. 33/D - Napoli)
oppure via e-mail all’indirizzo [email protected] le domande più originali o complesse del tuo esame, anche corredate della tua risposta.
I migliori suggerimenti saranno pubblicati.
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• 4/5
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per l’esame di avvocato
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• ST7 Il diritto amministrativo - Corso completo
Ideazione e organizzazione a cura
del dott. Federico del Giudice (docente universitario)
Il volume è stato curato dalle dott.sse Immacolata Frijia,
Beatrice Locoratolo, Alessandra Pedaci e Manuela Saggiomo
Revisione a cura delle dott.sse Beatrice Locoratolo e Alessandra Pedaci
Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A.
(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)
Finito di stampare nel mese di marzo 2009
dalla «Litografia di Enzo Celebrano» - Via Campana, 234 - Pozzuoli (NA)
per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 Napoli
Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno
Estratto della pubblicazione
PREMESSA
Alle prove orali studenti universitari, abilitandi e partecipanti a concorsi
devono essere in grado, nell’esporre gli argomenti richiesti, di individuare
la ratio, i principi base, nonché eventuali collegamenti con figure affini per
rispondere correttamente ai quesiti proposti dagli esaminatori.
Chi utilizza Count Down, pertanto, ha l’opportunità di «meditare», scorrendo le domande, sui concetti appresi nella dimensione statica del testo
istituzionale e di rielaborarli sotto l’aspetto dinamico del ragionamento,
della riflessione e del giudizio personale.
Count Down, in sostanza, costituisce un valore aggiunto, per trasformare
la conoscenza istituzionale in un apprendimento consapevole.
Count Down, dunque, non si limita a proporre le domande più «gettonate»,
ma aiuta a ragionare sui singoli concetti ed istituti offrendo soluzioni che
consentono una preparazione che, oltre sulla memoria, si fondi anche sul
ragionamento.
La struttura del volume è la seguente: ad una prima domanda generale,
corredata di un percorso guidato in cui sono indicati i riferimenti normativi
e le linee guida della risposta, seguono domande di approfondimento e/o
collegamento che consentono al candidato di ampliare l’esposizione dell’argomento principale.
Vol. 4/1 • Compendio di diritto amministrativo
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Il volume propone un’analisi ragionata degli istituti e dei principi fondamentali del
diritto amministrativo. I capitoli si presentano così strutturati: descrizione dell’assetto normativo, esposizione del caso concreto, efficace complemento didattico
per cogliere i meccanismi di applicazione del diritto sostanziale, citazioni dei più
recenti indirizzi giurisprudenziali e dottrinali, inseriti in appositi box di approfondimento, questionario finale contenente le domande più ricorrenti in sede di
esame o di concorso e volte a testare il proprio stadio di apprendimento.
Tra le novità normative si segnalano, in particolare: la determinazione 14 gennaio 2009, n. 1, dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture, che ha dettato le linee guida sulla finanza di progetto; il D.L. 29 novembre 2008, n.
185 (cd. decreto anti-crisi), conv. in L. 28 gennaio 2009, n. 2, recante importanti novità in materia di
posta elettronica certificata; il D.P.C.M. 11 settembre 2008, n. 170, concernente la disciplina attuativa
dell’AIR; il D.Lgs. 11 settembre 2008, n. 152, cd. Terzo correttivo al Codice dei contratti; il D.L. 25
giugno 2008, n. 112, conv. in L. 6 agosto 2008, n. 133 (cd. manovra d’estate), che ha inciso, in particolare, sulla disciplina del pubblico impiego e in tema di organizzazione della pubblica amministrazione.
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quali: osservazioni, con cui si puntualizzano concetti oggetto di dibattito in
giurisprudenza e in dottrina; differenze e paralleli, che stimolano al confronto fra diversi istituti; «in sintesi», che offrono, alla fine di ciascun capitolo, un
quadro riepilogativo dell’argomento trattato.
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gli studenti universitari (che abbisognano di una visione d’insieme della materia in vista della preparazione finale agli esami).
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argomentative ed espositive per ottenere una votazione di eccellenza.
Estratto della pubblicazione
Parte Prima
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
1. È possibile enucleare una nozione unitaria di «pubblica amministrazione»? - 1 bis. Il
modello di amministrazione pubblica che emerge dalla nostra Costituzione. - 1 ter. Separazione tra indirizzo politico ed attività di gestione. - 1 quater. Interesse pubblico ed
interesse generale. - 1 quinquies. L’«amministrazione europea integrata».
2. Qual è la classificazione delle fonti del diritto nel nostro ordinamento, con particolare riferimento a quelle del diritto amministrativo? - 2 bis. Criteri per ordinare le
fonti del diritto e regolare le eventuali antinomie.
3. Qual è la differenza tra funzione politica e funzione amministrativa? - 3 bis. Distinzione tra atti di alta amministrazione e atti politici. - 3 ter. Tutela dei privati nei
confronti degli atti di alta amministrazione.
4. L’organizzazione dei pubblici uffici deve essere diretta al raggiungimento di quali
importanti principi? - 4 bis. Significato dell’espressione « tre E».
5. Quali sono i principi dell’ordinamento comunitario a cui deve attenersi la P.A.
nell’esercizio delle sue attività? - 5 bis. L’attuazione delle politiche comunitarie nel
nostro ordinamento.
6. C’è un collegamento tra attività amministrativa e principio di legalità? - 6 bis. I principali
corollari del principio di legalità. - 6 ter. La ratio della riserva di legge. - 6 quater. Legalità
«bilaterale» e «trilaterale».
7. Qual è il fondamento della potestà regolamentare? - 7 bis. I regolamenti e l’obbligo
di motivazione. - 7 ter. La potestà regolamentare delle Autorità amministrative indipendenti.
8. Quali sono i limiti previsti in ordine all’esercizio della potestà regolamentare?
8 bis. La delegificazione.
9. Cosa si intende per «ordinanza»? - 9 bis. Principali tipologie di ordinanze. - 9 ter. Caratteri tipici delle ordinanze di necessità e di urgenza. - 9 quater. Tutela dei privati avverso
un’ordinanza di necessità e di urgenza.
10. Qual è il nuovo riparto della potestà regolamentare tra Stato e Regioni che emerge
a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione? - 10 bis. I regolamenti provinciali e comunali nella gerarchia delle fonti.
11. Qual è la differenza tra la consuetudine e la prassi amministrativa? - 11 bis. Le
norme interne della P.A. - 11 ter. Principale classificazione delle circolari amministrative. - 11 quater. L’efficacia delle circolari amministrative.
Estratto della pubblicazione
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Parte Prima
12. A quale finalità rispondono gli strumenti della regolazione e della semplificazione
normativa? - 12 bis. Gli strumenti chiave della semplificazione normativa.
13. Quali sono le cd. fonti dubbie del diritto amministrativo? - 13 bis. Conseguenze
dell’inclusione dei tariffari e dei provvedimenti prezzo nel novero delle fonti amministrative. - 13 ter. La cd. «soft law».
1. È possibile enucleare una nozione unitaria di «pubblica amministrazione»?
Riferimenti normativi: artt. 5, 51, 95, 97, 98 e 114 Cost.; L. 241/1990.
Linee guida della risposta: precisare che con l’espressione «pubblica amministrazione» si intende il complesso delle diverse organizzazioni, ciascuna dotata
di caratteristiche peculiari, aventi il precipuo compito di perseguire finalità di
interesse generale.
Approfondimenti: precisare che esistono in dottrina due nozioni di amministrazione:
— amministrazione in senso soggettivo;
— amministrazione in senso oggettivo.
Domande consequenziali: il modello di pubblica amministrazione che emerge
dalla nostra Costituzione; la separazione tra indirizzo politico ed attività di gestione; la differenza tra interessi pubblici e generali; la nozione di amministrazione «europea integrata».
Articolazione della risposta
Nel nostro ordinamento, per motivazioni storiche nascenti dall’esigenza di
tutelare i cittadini nei confronti del potere esecutivo, l’attività di amministrazione, riconducibile al complesso degli organi al cui vertice è collocato
il Governo, nonché agli altri enti pubblici strumentali o ausiliari dello Stato, è disciplinata da un nucleo omogeneo di norme di diritto pubblico che
viene, appunto, definito diritto amministrativo.
Il diritto amministrativo può essere considerato come «la disciplina giuridica della pubblica amministrazione» (CASETTA).
La «pubblica amministrazione» costituisce il complesso di tutte le strutture burocratiche di una collettività organizzata in forma di Stato e, pertanto, appare difficile enuclearne una nozione unitaria.
Estratto della pubblicazione
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
7
Il termine «amministrazione», infatti, può essere inteso secondo due accezioni:
— in senso oggettivo, esso sta ad indicare la funzione amministrativa, quale
cura concreta degli interessi pubblici e regolata da norme giuridiche;
— in senso soggettivo, equivale, invece, ad esprimere la sede dell’attività
amministrativa, ovvero il soggetto che svolge quell’attività (GIANNINI).
Tale ultimo concetto, viene identificato anche con le locuzioni di «amministrazione-apparato» e di «amministrazione-organizzazione».
La Costituzione fa proprio riferimento al concetto di amministrazione in
senso soggettivo per disciplinare, pur senza darne precise definizioni, la
materia dell’organizzazione amministrativa.
In particolare, al riguardo, occorre fare riferimento all’art. 97 Cost., il quale dispone che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in
modo da assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
1 bis. Qual è il modello di amministrazione pubblica che emerge
dalla nostra Costituzione?
Dalle disposizioni costituzionali che riguardano, direttamente o indirettamente, la P.A., è possibile desumere l’esistenza di diversi modelli di amministrazione:
— quelli che discendono dagli artt. 95 e 97 Cost.
In particolare, dall’art. 95 Cost., che prevede la responsabilità dei Ministri per gli atti dei rispettivi dicasteri, si ricava una concezione dell’amministrazione pubblica intesa come organizzazione strumentale
rispetto al Governo (CASETTA).
L’art. 97, invece, prevede una riserva relativa di legge in materia di
organizzazione degli uffici pubblici, e, di conseguenza, sembra voler
sottrarre la P.A. al controllo politico del Governo e renderla indipendente dagli altri poteri dello Stato, assoggettandola, appunto, alla legge.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto è possibile citare anche altre disposizioni costituzionali, come gli artt. 51 e 98 Cost., che tutelano la P.A ed i suoi dipendenti da
eventuali influenze di tipo politico o di altro genere, nonché la norma racchiusa nell’art.
97, comma 3, Cost., secondo cui «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si
accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge»;
— il modello di amministrazione delineato dagli artt. 5 e 114 e seguenti
Cost., che fanno leva sul concetto di decentramento amministrativo,
Estratto della pubblicazione
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Parte Prima
ulteriormente rafforzato a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, che consente a Regioni ed enti locali, «enti autonomi con
propri statuti, poteri e funzioni», di porre in essere un proprio indirizzo
politico amministrativo, anche non coincidente con quello statale.
1 ter. Che si intende per «separazione tra indirizzo politico ed attività di gestione»?
I diversi modelli di amministrazione delineati dalla Carta costituzionale sono
tutti riconducibili al rapporto tra amministrazione, governo e politica.
A questo proposito, si noti che, sebbene il momento amministrativo non
sia totalmente estraneo al governo (CASETTA), non sempre appare netta
la linea di demarcazione tra apparato amministrativo e politico.
Nel tentativo di tracciare una linea distintiva bisognerebbe partire dal dettato dell’art. 95 Cost., che prevede che il Governo esprime l’indirizzo
politico e amministrativo del Paese, ossia individua i fini a cui deve tendere l’attività amministrativa.
La pubblica amministrazione, a sua volta, non può essere disegnata come
mero strumento di attuazione delle direttive del Governo: difatti, l’amministrazione deve essere orientata al raggiungimento dei fini delineati in
sede politica, e, allo stesso tempo, sottratta ai condizionamenti di tipo politico, dal momento che essa è tenuta ad agire secondo criteri di imparzialità, buon andamento e trasparenza.
Se ne deduce che, pur essendo possibili momenti di interferenza, si tratta,
in ogni caso, di una separazione molto sottile. In realtà, più che di «separazione» tra politica e amministrazione, sarebbe preferibile parlare di
differenziazione in senso garantista fra i due ambiti; ossia evitare che
l’amministrazione finisca per diventare un semplice apparato servente del
potere esecutivo.
1 quater. Interesse pubblico ed interesse generale possono essere considerati come sinonimi?
No. Interesse pubblico ed interesse generale non possono essere considerati sinonimi.
Infatti, l’interesse pubblico è quello proprio di una pluralità di soggetti,
trattandosi di un concetto che parte appunto dalla contrapposizione con
l’interesse privato.
Estratto della pubblicazione
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
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L’interesse generale, invece, «riferibile ad un tutto, con sottinteso di parti
o settori a cui esso non si estende, designa l’interesse di una comunità, che
non deve necessariamente coincidere con quella nazionale, ma può essere
anche quella radicata nel territorio regionale e comunale, come pure esprimersi in ordinamenti meta-statali» (BELLOMO).
La P.A. è tenuta a perseguire proprio l’interesse generale: infatti, l’ordinamento giuridico, in un dato contesto storico, persegue non tutti gli interessi
rilevanti come pubblici, ma solo quelli che vengono ritenuti meritevoli di tutela, rimanendo gli altri interessi in uno stato meramente «diffuso» (BELLOMO).
1 quinquies. Che si intende per «amministrazione europea integrata»?
Con tale espressione si intende l’insieme degli organismi e delle istituzioni
dell’Unione europea cui è affidato il compito di svolgere attività sostanzialmente amministrativa e di emanare atti amministrativi (CASETTA).
Con lo sviluppo del processo di integrazione europea, infatti, il tradizionale sistema dualistico di amministrazioni, nazionale e comunitario, è venuto
attenuandosi, lasciando sempre più spazio alla formazione di una amministrazione europea integrata, ossia un sistema di amministrazioni che
concorrono a costituire quella che è stata definita come «amministrazione comune dell’ordinamento europeo» (CHITI).
Argomenti collegati: atti politici, atti di alta amministrazione e atti amministrativi.
2. Qual è la classificazione delle fonti del diritto nel nostro ordinamento, con particolare riferimento a quelle del diritto amministrativo?
Linee guida: evidenziare che le fonti del diritto sono quei fatti o atti a cui l’ordinamento giuridico attribuisce l’idoneità a porre in essere, modificare o abrogare norme giuridiche e che, con l’ingresso nelle Comunità europee e con l’affermarsi
dell’originarietà delle fonti a livello locale, si è creato un intricato sistema di fonti
multi-livello con conseguenti delicati problemi di organizzazione gerarchica.
Classificazione:
— fonti di produzione, fonti sulla produzione e fonti di cognizione;
— fonti atto e fonti fatto;
— fonti primarie e fonti secondarie.
Domande consequenziali: i criteri per risolvere le antinomie tra le fonti.
Estratto della pubblicazione
10
Parte Prima
Articolazione della risposta
Con l’espressione «fonte del diritto» si fa riferimento alla «sorgente» da
cui ha origine la norma giuridica.
Le fonti del diritto, infatti, possono essere definite come gli atti e i fatti
abilitati dall’ordinamento a produrre diritto.
La prima essenziale distinzione in materia è quella tra fonti di produzione
(comprendenti atti o fatti suscettibili di innovare il diritto oggettivo), fonti
sulla produzione (atti che disciplinano i procedimenti formativi delle fonti di produzione) e fonti di cognizione (ossia atti che non producono diritto, ma agevolano la conoscenza delle norme poste in essere dalle fonti del
diritto). Le fonti si distinguono anche in fonti atto e fonti fatto: le prime,
in genere scritte, sono quelle manifestazioni di volontà di organi o enti
nell’esercizio dei poteri loro attribuiti, mentre le seconde, solitamente non
scritte, comprendono quei comportamenti umani o atti giuridici che, nella
loro oggettività, sono considerati idonei a porre in essere diritto.
Il sistema delle fonti nel nostro ordinamento si articola secondo un’organizzazione gerarchica che, al vertice, vede la Costituzione e le leggi costituzionali,
un gradino più in basso le fonti primarie, cioè la legge e gli atti aventi forza di
legge, nonché le leggi delle Regioni; infine, troviamo le cd. fonti secondarie,
comprendenti i regolamenti, tenuti a rispettare le disposizioni di rango superiore, che sono atti formalmente amministrativi, in quanto emanati da organi
del Governo, ma sostanzialmente normativi, poiché contengono norme destinate ad innovare l’ordinamento giuridico, e le ordinanze, le quali per essere
fonti del diritto, devono creare statuizioni normative generali e astratte.
Il nostro ordinamento, a seguito dell’adesione alle Comunità europee, permette l’ingresso di fonti esterne, come gli atti dell’Unione europea e le
norme del diritto internazionale; alcune norme europee, in particolare, come
i regolamenti comunitari e le decisioni, entrano direttamente a far parte
del nostro ordinamento (cd. norme self-executing) e, pertanto, si pone il
delicato problema di inserire le stesse nell’ambito della tradizionale gerarchia delle fonti: in particolare, vige il principio della preferenza comunitaria, in base al quale le norme europee vengono considerate su un gradino
superiore rispetto alle norme interne.
Altra categoria è quella delle cd. fonti non scritte, come la consuetudine,
la prassi costituzionale e, tra le fonti di rango minore, la cd. prassi amministrativa; nonché le cd. norme interne della P.A., che si dirigono solo a
coloro che fanno parte di una determinata amministrazione.
Estratto della pubblicazione
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
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Si ricordi, infine, che un terzo gruppo di fonti è dato da quelle derivanti
dalle norme emanate dalle Regioni che, a seguito della modifica al Titolo
V, Parte II, della Costituzione, hanno acquisito un carattere originario in
luogo di quello ottriato (unilateralmente concesse dallo Stato-persona)
previgente alla riforma della Carta.
Alla luce di quanto asserito, oggi sui parla di un sistema multi-livello delle
fonti che comporta numerose difficoltà per determinare la corretta gerarchia delle stesse.
2 bis. Quali sono i criteri per ordinare le fonti del diritto e regolare
le eventuali antinomie che possono sorgere tra di esse?
L’ordinamento repubblicano accoglie una pluralità di fonti del diritto,
frutto anche del moltiplicarsi, negli anni, dei centri di produzione delle
norme giuridiche, come l’Unione europea e le Regioni.
I rapporti tra le fonti possono regolarsi secondo tre criteri:
a) cronologico, che si applica quando due norme confliggenti sono poste da
fonti dello stesso tipo. In tal caso, alla norma precedente viene preferita
quella successiva secondo il principio lex posterior derogat legi priori;
b) gerarchico, quando le norme confliggenti provengono da fonti diverse.
Nel nostro ordinamento, infatti, le fonti si collocano a livelli diversi, per
cui le norme successive poste da fonti di rango inferiore, che siano in
contrasto con norme provenienti da fonti di rango superiore, sono invalide e soggette ad annullamento (come è previsto per le leggi e gli atti
ad esse equiparati dall’art. 136 Cost.) o a disapplicazione (come è tenuto a fare il giudice ordinario con i regolamenti governativi in contrasto
con la legge);
c) di competenza, che può presentarsi in due forme diverse:
— può esserci una separazione di competenza, fondata sulla diversità
di oggetti regolabili o di ambito territoriale, oppure su entrambi gli
elementi (un esempio è dato dai regolamenti parlamentari, cui la
Costituzione riserva in via esclusiva la disciplina dell’organizzazione interna delle Camere);
— in altri casi la Costituzione mostra di preferire, per la disciplina di
una particolare natura, una fonte piuttosto che un’altra, senza impedire a quest’ultima di regolarla fino a quando la fonte preferita non
abbia provveduto ad introdurre la propria disciplina. Il rapporto di
12
Parte Prima
competenza, attiene ad una situazione di distribuzione orizzontale
delle fonti, che si attua nelle ipotesi di pluralità di processi di integrazione politica.
Argomenti collegati: le fonti regolamentari nel diritto amministrativo.
3. Qual è la differenza tra funzione politica e funzione amministrativa?
Riferimenti normativi: artt. 97 e 113 Cost.
Linee guida: sottolineare la distinzione tra funzione politica e funzione amministrativa soprattutto dal punto di vista dei fini a cui esse sono preordinate e delle
attività e atti che costituiscono loro esplicazione.
Domande consequenziali: la differenza tra gli atti di alta amministrazione e gli
atti politici; la tutela dei privati nei confronti degli atti di alta amministrazione.
Articolazione della risposta
Lo Stato, come istituzione, si autolegittima e sopravvive per il
perseguimento di determinati fini, aventi carattere generale, comuni a tutta la collettività che di esso fa parte.
La realizzazione dei suddetti fini avviene attraverso varie fasi, comprendenti l’individuazione di essi (funzione politica), il loro riconoscimento
tra gli scopi dell’attività statale (funzione legislativa), la loro concreta attuazione (funzione amministrativa) e, infine, la loro tutela (funzione
giurisdizionale).
Pertanto, mentre l’individuazione dei fini generali dello Stato, in un determinato contesto storico, sociale e politico, costituisce oggetto della funzione politica, viceversa la realizzazione concreta di questi obiettivi individuati dal potere politico è affidata alla funzione amministrativa.
L’attività amministrativa, inoltre, è caratterizzata da una discrezionalità più
limitata rispetto a quella che caratterizza la funzione politica, la quale incontra l’unico limite delle previsione costituzionali. Infatti, la funzione
amministrativa deve essere svolta non solo nel rispetto dei principi costituzionali, ma anche in armonia con la legge ordinaria e gli atti ad essa equiparati, e nell’esercizio di tale funzione i soggetti pubblici emanano gli atti
amministrativi.
Estratto della pubblicazione
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
13
La funzione politica, invece, viene realizzata attraverso atti politici o di
governo,che, per la loro natura, sono gli atti di suprema direzione dello Stato,
liberi nel fine e non assimilabili alla categoria degli atti amministrativi.
3 bis. In quale aspetto gli atti di alta amministrazione si distinguono dagli atti politici?
Gli atti politici presentano determinate caratteristiche:
— sono liberi nel fine, determinando essi stessi gli scopi della loro sfera
di azione;
— sono svincolati dalla gerarchia delle fonti;
— costituiscono un numerus clausus, non essendo ammissibili atti politici
al di fuori di quelli previsti dalla Costituzione.
— sono svincolati dal sindacato del giudice amministrativo.
Gli atti di alta amministrazione, invece, sono atti formalmente e sostanzialmente amministrativi, che svolgono un raccordo tra l’attività di indirizzo politico e la funzione amministrativa: ad esempio, possiamo ricondurre agli atti di alta amministrazione i provvedimenti di nomina dei direttori generali delle aziende ospedaliere o l’approvazione dei regolamenti.
Logico corollario della riconduzione degli atti di alta amministrazione agli
atti amministrativi veri e propri è dato dalla piena operatività, nei confronti
di tali atti, della disciplina concernente gli atti amministrativi, compresa la
tutela del privato, che subisca dagli stessi una lesione, dinanzi al giudice
ordinario, ai sensi dell’art. 113 Cost.
3 ter. In che modo si realizza la tutela dei privati nei confronti degli atti di alta amministrazione?
Dalla riconducibilità degli atti di alta amministrazione nell’ambito della
più ampia categoria degli atti amministrativi, discende il loro integrale
assoggettamento al regime giuridico proprio di questi ultimi.
In particolare, il ricorso giurisdizionale amministrativo potrà essere esperito
avverso tutti gli atti successivi emanati per dare esecuzione all’atto di alta
amministrazione, per contro, di regola, non direttamente impugnabile.
Quanto al ricorso al giudice ordinario, si deve in ogni caso osservare che il
carattere ampiamente discrezionale degli atti in esame rende difficilmente
ipotizzabili casi di lesioni dirette a posizioni di diritto soggettivo, e dunque
di giurisdizione radicata in capo al giudice ordinario.
14
Parte Prima
In ultimo, va ricordato che il rimedio del ricorso gerarchico rimane in toto escluso, essendo
utilizzabile solo avverso gli atti emanati da organi posti in posizione di subordinazione
rispetto ad altri, laddove, al contrario, con gli atti di alta amministrazione ci si trova di
fronte ad atti, che, come evidenziato in precedenza, promanano da organi di vertice dell’amministrazione pubblica, in quanto tali superiorem non recognoscentes.
Argomenti collegati: il rapporto ministro-dirigente; la tutela giurisdizionale avverso gli atti amministrativi illegittimi.
4. L’organizzazione dei pubblici uffici deve essere diretta al
raggiungimento di quali importanti principi?
Riferimenti normativi: art. 97 Cost; art. 1 L. 241/1990.
Linee guida: precisare che l’art. 97 Cost. dispone che i pubblici uffici devono
essere organizzati secondo disposizioni di legge, in modo tale da garantire il
buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione.
Domande consequenziali: i principi cd. delle «tre E».
Articolazione della risposta
La norma fondamentale in materia di organizzazione ed attività amministrativa è contenuta nell’art. 97 Cost., il quale, al primo comma, sancisce che «i
pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione».
Tale disposizione, attraverso il riferimento al criterio della ragionevolezza,
può essere intesa non solo come mera norma programmatica o di organizzazione, ma anche come norma di diretta regolazione della azione amministrativa; essa, dunque, detta i principi fondamentali che devono ispirare la legislazione.
Il principio di buona amministrazione o di buon andamento indica l’obbligo per tutti gli agenti della P.A. di svolgere la propria attività con le
modalità più idonee secondo i criteri della efficienza, efficacia, speditezza
ed economicità dell’attività amministrativa, con il minor sacrificio degli
interessi particolari dei singoli.
Il principio di imparzialità, invece, si sostanzia nell’obbligo, per la P.A.,
di agire secondo giustizia e di evitare disparità di trattamento.
La principale attuazione a livello di legislazione ordinaria di tale canone costituzionale si rinviene nell’art. 1 della L. 241/1990, ai sensi del quale «l’attività
Estratto della pubblicazione
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
15
amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta dai criteri di
economicità, di efficacia, di efficienza, di pubblicità e di trasparenza».
4 bis. Cosa si intende, sempre nell’ambito dei principi costituzionali dell’attività amministrativa, con l’espressione «tre E»?
Accanto ai principi fondamentali di buon andamento e di imparzialità, la
P.A. deve attenersi anche ad altri importanti criteri, a cui si è soliti far riferimento con l’espressione «tre E»: si tratta dei criteri della economicità,
della efficienza e della efficacia.
Essi, pur essendo corollari del principio di buon andamento, si differenziano tra loro in quanto:
— l’economicità consiste nella ottimizzazione dei risultati in relazione ai
mezzi a disposizione;
— l’efficienza indica il raffronto tra risorse impiegate e risultati conseguiti;
— l’efficacia, infine, indica il raffronto tra risultati conseguiti ed obiettivi
programmati.
Argomenti collegati: i principi del procedimento amministrativo.
5. Quali sono i principi dell’ordinamento comunitario a cui deve
attenersi la P.A. nell’esercizio delle sue attività?
Riferimenti normativi: L. 241/1990; L. 15/2005.
Linee guida: indicare che per «principi del diritto comunitario» si fa riferimento al
diritto comunitario non scritto, che si colloca tra le fonti di primo grado nell’ordinamento
comunitario. La P.A. è tenuta ad uniformarvisi nello svolgimento della sua attività.
Domande consequenziali: l’attuazione delle politiche comunitarie.
Articolazione della risposta
Il sistema giuridico comunitario è costituito dall’insieme di norme che
regolano l’organizzazione e lo sviluppo delle Comunità europee e i rapporti tra queste e gli Stati membri.
Il diritto comunitario si distingue in:
— diritto comunitario originario. Esso comprende i Trattati istitutivi delle
Comunità europee, nonché gli atti successivi che ne hanno operato una
Estratto della pubblicazione
16
Parte Prima
modifica o li hanno completati (tra i principali l’Atto Unico europeo, il
Trattato sull’Unione europea, il Trattato di Amsterdam e il Trattato di
Nizza). A questi atti, che vanno a formare insieme al diritto comunitario derivato il diritto comunitario scritto, devono aggiungersi i principi
generali del diritto, enucleati ad opera della Corte di giustizia, che costituiscono il diritto comunitario non scritto;
— diritto comunitario derivato. Rientrano in questa categoria tutte le
norme giuridiche emanate dalle istituzioni comunitarie per la realizzazione degli obiettivi posti in essere dai trattati: i cd. atti tipici, che comprendono regolamenti, direttive, decisioni e pareri, e i cd. atti atipici,
quali, ad esempio, atti di autorizzazione e concessione, atti interni con i
quali le istituzioni regolano il proprio funzionamento, proposte, richieste, dichiarazioni etc., che si sono sviluppati nella prassi.
L’individuazione dei principi generali di diritto comunitario è avvenuta ad opera della Corte
di giustizia che, nello svolgimento della sua funzione volta ad assicurare il rispetto del
diritto nell’interpretazione e nell’attuazione dei trattati, ha colmato alcune lacune normative
presenti nei trattati comunitari, dato il loro carattere iniziale prettamente economico, formando di conseguenza un diritto comunitario non scritto.
I principi generali di diritto, che vanno inclusi tra le fonti di 1° grado dell’ordinamento
comunitario (DRAETTA), non possono essere ordinati secondo una rigida gerarchia; nonostante ciò si suole distinguerli in due categorie:
— principi generali di diritto mutuati dai sistemi giuridici nazionali che, essendo comuni
ad ogni ordinamento giuridico, rappresentano la base comune dell’ordinamento comunitario. Tra di essi si suole ricordare: la certezza del diritto, la irretroattività della legge
penale, la proporzionalità dell’azione amministrativa, il rispetto dei diritti quesiti, l’affidamento dei terzi in buona fede, la forza maggiore etc.;
— principi generali propri del diritto comunitario. Possono ricavarsi dai testi scritti dell’ordinamento comunitario o possono desumersi dalla natura e dalle finalità dell’organizzazione. Rientrano in questo gruppo i principi di solidarietà tra gli Stati membri, della preferenza comunitaria, del primato del diritto comunitario del mutuo riconoscimento, della diretta applicabilità del diritto comunitario, dell’equilibrio istituzionale etc.
Il diritto comunitario costituisce un prioritario parametro di orientamento dell’azione amministrativa e di valutazione della relativa legittimità, come
è confermato dalla L. 15/2005 che, apportando modifiche al testo della L.
241/1990 sul procedimento amministrativo, ha indicato anche i princìpi
dell’ordinamento comunitario, quali fonti cui deve attenersi la P.A., nell’esercizio delle sua attività.
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
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5 bis. In che modo si realizza l’attuazione delle politiche comunitarie nel nostro ordinamento?
L’attuazione delle politiche comunitarie può avvenire sia tramite gli atti
di diritto derivato (ossia, regolamenti, direttive e decisioni) delle istituzioni comunitarie (cd. amministrazione comunitaria diretta), sia attraverso
l’attività delle istituzioni nazionali regionali o locali (cd. amministrazione comunitaria indiretta).
La necessità di un’amministrazione indiretta, pur assumendo apparentemente una valenza negativa (assenza nella Comunità di una vera e propria
«amministrazione»), va considerata, tuttavia, sotto il più pregnante aspetto
della «funzionalizzazione» delle amministrazioni nazionali rispetto alle regole comunitarie: le amministrazioni nazionali, pur rimanendo incardinate
nei rispettivi sistemi dal punto di vista organizzativo, dal punto di vista
funzionale operano come amministrazioni comuni del più ampio ordinamento europeo (CHITI-GRECO).
Argomenti collegati: le fonti del diritto comunitario.
6. C’è un collegamento tra attività amministrativa e principio di
legalità?
Riferimenti normativi: artt. 24, 97 e 113 Cost.
Linee guida: mettere in evidenza che il principio di legalità dell’azione amministrativa sta a indicare che la pubblica amministrazione è sottoposta solo alla
legge, nel senso che è necessario che vi sia una corrispondenza tra attività
amministrativa e prescrizioni di legge.
Domande consequenziali: i corollari del principio di legalità; la riserva di legge;
il principio di legalità bilaterale e trilaterale.
Articolazione della risposta
Sì. Il principio di legalità costituisce un principio generale dell’ordinamento italiano, che attiene ai rapporti tra legge ed attività amministrativa, sancendo la sottoposizione della P.A. solo alla legge.
Tuttavia, questo non vuol dire che la pubblica amministrazione, attraverso
il principio di legalità, sia resa «indenne» da qualsiasi controllo da parte di
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Parte Prima
altri poteri dello Stato, da cui essa appare, in alcuni casi e in base a determinati aspetti, comunque condizionata.
Il principio di legalità concerne tanto i rapporti tra amministrazione e cittadini quanto i rapporti tra amministrazione e Governo, e costituisce sia regola di funzionamento dell’amministrazione, sia disciplina dei rapporti,
sia norma di organizzazione.
Il principio di legalità, dunque, implica che il legislatore debba disciplinare i pubblici poteri ed in tal modo esso si contrappone all’istituto della
riserva di legge, sia essa assoluta o relativa.
6 bis. Quali sono i principali corollari del principio di legalità?
I principali corollari del principio di legalità sono:
— la tipicità e la nominatività dei provvedimenti amministrativi; non sono,
cioè, ammessi provvedimenti atipici o innominati, dal momento che gli
atti amministrativi sono soltanto quelli previsti dalla legge;
— l’esecutorietà degli atti stessi, ossia la possibilità che, nei casi e nei
modi previsti dalla legge, gli atti possano essere coattivamente eseguiti
dall’amministrazione pubblica;
6 ter. Qual è la ratio della riserva di legge?
La riserva di legge può essere intesa in due modi: come assoluta e come
relativa.
La «riserva di legge assoluta» si ha quando una determinata materia venga
regolata, secondo una previsione costituzionale, solo dalla legge ovvero da
un atto avente forza di legge; viceversa, la riserva «relativa» quando al
legislatore è demandata solo la disciplina generale della materia, che poi
potrà essere regolamentata attraverso atti rientranti nella normazione secondaria. La ratio della riserva di legge può essere rinvenuta, da un lato,
nella esigenza di garantire che i diritti individuali vengano limitati solo
attraverso atti aventi rango legislativo, dall’altro lato, nel porre un limite
anche all’esercizio del potere esecutivo, che potrà muoversi nei solchi
tracciati dalla legge; ancora, introdurre un limite al legislatore medesimo,
che è tenuto a regolamentare una materia precedentemente alla esplicazione
del potere governativo di integrazione della materia stessa (tra gli altri,
così CHIEPPA-LOPILATO).
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
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6 quater. Che si intende per legalità «bilaterale» e «trilaterale»?
In dottrina (BELLOMO) è stata fatta una importante distinzione tra principio di legalità bilaterale e principio di legalità trilaterale.
In particolare, con il primo termine si fa riferimento al rapporto, appunto
bilaterale, tra legge e potere amministrativo, ossia nelle ipotesi in cui la
legge disciplina non il rapporto giuridico ma il potere dell’ente pubblico.
Accanto a tale accezione, possiamo dire classica, di principio di legalità, si
colloca anche la cd. legalità trilaterale, che, invece, connota i rapporti tra
legge, potere amministrativo e cittadino. Si tratta dei casi di costituzione,
modificazione ed estinzione dei rapporti giuridici dei soggetti privati.
Argomenti collegati: potestà regolamentare e controllo di legittimità
costituzionale.
7. Qual è il fondamento della potestà regolamentare?
Riferimento normativo: art. 17 L. 400/1988
Linee guida: sottolineare che il fondamento normativo del regolamento può
essere rinvenuto nella legge, che deve indicare sia l’organo competente sia le
materie nelle quali il potere regolamentare può essere esercitato.
Domande consequenziali: la motivazione dei regolamenti; il potere regolamentare delle autorità amministrative indipendenti.
Articolazione della risposta
Le fonti «secondarie» del diritto comprendono tutti gli atti che sono espressione del potere normativo dell’amministrazione statale e di altri enti pubblici. Tra queste una posizione di spicco rivestono i regolamenti, atti formalmente amministrativi, in quanto emanati dal potere esecutivo, ma aventi
forza normativa (sostanzialmente normativi), cioè contenenti norme destinate ad innovare l’ordinamento giuridico.
Il fondamento della potestà regolamentare è da ricondurre alla legge, la
quale è l’unica fonte che può attribuire detto potere, determinando l’inserimento dei relativi atti nella gerarchia delle fonti. La principale norma
attributiva è l’art. 17 L. 400/1988 (Disciplina dell’attività di Governo e
ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri).
Estratto della pubblicazione
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Parte Prima
7 bis. I regolamenti necessitano di specifica motivazione?
No. Secondo la giurisprudenza, i regolamenti, in quanto atti amministrativi a contenuto normativo, non necessitano di specifica motivazione riguardo il loro contenuto.
Lo stesso legislatore, infatti, nel prevedere il carattere generale dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi (art. 3 L. 241/1990),
ha sottratto a detto obbligo gli atti normativi, considerati a motivo libero. Il
carattere non obbligatorio della motivazione, tuttavia, non esclude che gli
atti normativi, e tra questi i regolamenti, possano essere sindacati sotto il
profilo dell’eccesso di potere, per la violazione del canone di logicità dell’agire amministrativo.
7 ter. Le Autorità amministrative indipendenti sono dotate di potestà regolamentare?
Sì. Le Autorità amministrative indipendenti sono enti ed organismi tecnicamente qualificati, che agiscono in posizione di terzietà ed indipendenza
rispetto al potere politico, con funzioni di regolazione di particolari settori (come quello della privacy, dei servizi pubblici, delle assicurazioni,
della concorrenza, dei lavori pubblici).
Esse dispongono di funzioni che, in parte, si ricollegano a quelle della P.A.
in genere, e di altre che, invece, si differenziano dai tradizionali poteri
amministrativi.
In particolare, le autorità indipendenti sono titolari di funzioni di
regolamentazione e di controllo, della funzione cd. giusdicente, nonché
di poteri regolamentari.
L’attribuzione della potestà regolamentare rappresenta l’aspetto più significativo della indipendenza delle stesse, in quanto essa si traduce nel riconoscimento della possibilità di determinare direttamente le modalità di
espletamento della attività di regolazione e controllo dei settori a cui sono
preposte, sia attraverso la emanazione di regolamenti aventi ad oggetto la
propria organizzazione, sia mediante regolamenti volti più propriamente a
disciplinare dall’esterno i propri singoli ambiti di azione.
Argomenti collegati: la delegificazione; la classificazione e i poteri delle autorità amministrative indipendenti; il sindacato del giudice amministrativo sugli atti delle autorità amministrative indipendenti.
Estratto della pubblicazione
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
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8. Quali sono i limiti previsti in ordine all’esercizio della potestà
regolamentare?
Riferimento normativo: L. 400/1988.
Linee guida: evidenziare che i regolamenti non possono contrastare con la Costituzione, con le leggi ordinarie e con le fonti del diritto comunitario; inoltre, che essi
non possono regolare materie riservate dalla Costituzione alla legge costituzionale o ordinaria, non possono mai derogare al principio di irretroattività della legge,
né contenere sanzioni penali, né regolare istituti fondamentali dell’ordinamento.
Domande consequenziali: il rapporto tra legge e regolamento: la delegificazione.
Articolazione della risposta
La potestà regolamentare incontra una serie di limiti. In particolare:
— non possono mai derogare o contrastare con la Costituzione ed i
principi in essa contenuti, né con le leggi ordinarie;
— non possono regolare materie riservate dalla Costituzione alla legge
(ordinaria o costituzionale);
— non possono mai contrastare con il principio di irretroattività della
legge;
— non possono contenere sanzioni penali (in base alla riserva di legge
contenuta nell’art. 25 Cost.);
— non possono regolare istituti fondamentali dell’ordinamento.
I regolamenti emanati da autorità inferiori, inoltre, non possono mai contrastare con i regolamenti emanati da autorità gerarchicamente superiori:
ad esempio, i regolamenti ministeriali o interministeriali non potrebbero
introdurre disposizioni contrastanti con quelli governativi.
I regolamenti governativi non possono, inoltre, disciplinare, salvo espressa
previsione della legge statale, materie di competenza normativa delle Regioni, ai sensi dell’art. 117 Cost.
8 bis. Quando un regolamento può incidere sulla legge?
I regolamenti non possono né derogare né contrastare con le leggi ordinarie, a meno che non sia una
legge stessa ad attribuire ad un regolamento il potere, in un determinato
caso ed in determinato settore, di innovare nell’ambito legislativo: si parla,
in tal caso, di delegificazione.
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Parte Prima
La delegificazione è disciplinata nell’art. 17, comma 2, L. 400/1988, e
consiste nel trasferimento di determinate discipline dalla sede legislativa a quella regolamentare.
Tali regolamenti — detti, appunto, di delegificazione, o delegati — sono
caratterizzati dal fatto di poter eccezionalmente derogare ad alcuni dei limiti previsti in genere per i regolamenti. In particolare:
— la legge può autorizzare il Governo ad esercitare la potestà regolamentare in settori già in presenza disciplinati da fonti primarie;
— la legge di delegificazione deve fissare le norme generali regolatrici
della materia e disporre l’abrogazione delle leggi preesistenti con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.
Infatti, siamo pur sempre di fronte a fonti secondarie che disciplinano nuovamente settori
già disciplinati da leggi ordinarie: pertanto, i regolamenti di delegificazione non possono
riguardare ambiti di discipline coperti da riserva assoluta di legge e occorre sempre
che la legge di autorizzazione stabilisca i criteri a cui deve conformarsi il potere regolamentare.
Argomenti collegati: la riserva di legge; il principio di legalità.
9. Cosa si intende per «ordinanza»?
Linee guida: sottolineare che le ordinanze sono atti che creano divieti ed obblighi ed in sostanza impongono ordini.
Domande consequenziali: le tipologie di ordinanze; i caratteri delle ordinanze
di necessità e di urgenza; la tutela del privato avverso un’ordinanza di necessità
e di urgenza.
Articolazione della risposta
Nel campo del diritto amministrativo per «ordinanze» si intendono tutti
quegli atti che creano obblighi o divieti ed in sostanza impongono ordini.
Le ordinanze, per essere fonti del diritto, devono avere carattere normativo,
e cioè creare delle regole generali ed astratte.
L’esercizio del potere di ordinanza da parte delle amministrazioni pubbliche, che implica pure l’emanazione di ordinanze di necessità e urgenza,
comporta una deroga al principio di legalità nell’accezione della tipicità
dei poteri amministrativi, e precisamente confligge con la regola che im-
Estratto della pubblicazione
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
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pone la previa individuazione degli elementi essenziali dei poteri a garanzia dei relativi destinatari (CASETTA).
Si evidenzia, infine, che, ai sensi dell’art. 21bis L. 241/1990, i provvedimenti
limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente
sono immediatamente efficaci, a prescindere della loro comunicazione.
9 bis. Quali sono le principali tipologie di ordinanze?
Generalmente, si distingue tra:
a) ordinanze previste dalla legge per casi eccezionali, di particolare
gravità.
Tra esse:
— i bandi militari;
— le ordinanze emesse dal Prefetto per tutelare la sicurezza e l’ordine pubblico, sul
presupposto del decreto del Consiglio dei Ministri che ha dichiarato lo stato di
pericolo pubblico interno (art. 214 T.U.L.P.S.);
— le ordinanze speciali per la visita e la disinfezione delle case, per l’organizzazione dei
servizi e soccorsi medici e per le misure di prevenzione da adottare in concreto nei
casi di malattie infettive a carattere epidemico (art. 261 T.U. delle leggi sanitarie);
— le ordinanze emesse dal Ministro dell’interno, per la tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, se la delibera del Consiglio dei Ministri sullo stato di pericolo
pubblico ha valore per tutto il territorio nazionale (art. 216 T.U.L.P.S.);
— le ordinanze eccezionali in caso di calamità pubbliche e catastrofi nazionali, eventualmente previste da norme ad hoc emanate per far fronte ai singoli eventi calamitosi;
b) ordinanze cd. di necessità ed urgenza. Sono quelle emanate da autorità amministrative espressamente investite di tale potere, per far fronte a
situazioni di urgente necessità: la legge attribuisce il potere a determinati organi, ma non prevede anche i casi concreti in cui tale potere deve
essere esercitato né pone limiti precisi al contenuto di tali ordinanze;
sono le stesse autorità investite del potere che, di volta in volta, al verificarsi della situazione di necessità e finché questa perdura, provvedono, con singoli provvedimenti, a farvi fronte.
9 ter. Quali sono i caratteri tipici delle ordinanze di necessità e di
urgenza?
Le ordinanze di necessità si caratterizzano in quanto:
— sono atti formalmente e sostanzialmente amministrativi;
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Parte Prima
— sono atipiche, in quanto la legge si limita ad indicare un’autorità amministrativa alla quale viene attribuito il potere di porre in essere qualunque tipo di atto;
— presuppongono una necessità ed urgenza di intervenire;
— sono straordinarie, nel senso che il ricorso ad esse è possibile solo ove
la situazione di pericolo non possa essere fronteggiata con atti tipici;
— la loro efficacia nel tempo è necessariamente limitata;
— trovano fondamento esclusivamente nella legge;
— debbono essere adeguatamente motivate e vanno pubblicizzate con
mezzi idonei;
— non possono, in nessun caso, derogare a norme costituzionali o a
principi generali dell’ordinamento e disciplinare materie coperte da
riserva assoluta di legge.
9 quater. Che tutela viene riconosciuta ai privati avverso un’ordinanza di necessità e di urgenza?
Si discute se la tutela giurisdizionale avverso una ordinanza di necessità e
di urgenza possa essere attivata dinanzi al giudice ordinario ovvero dinanzi
al giudice amministrativo.
Infatti, se la mancanza dei presupposti della necessità e della urgenza viene ricostruita quale carenza di potere, allora da ciò discende che la giurisdizione sia del G.O., perché ad essere leso sarebbe un diritto soggettivo,
inciso da un atto radicalmente nullo.
Invece, se si considera l’ordinanza come un atto generalmente amministrativo, emanato in ipotesi di cattivo uso di potere, essa dovrebbe essere
impugnata dinanzi al G.A.
In ogni caso, potrà essere avanzata richiesta di risarcimento dei danni
cagionati dall’esercizio del potere di ordinanza (CARINGELLA).
Argomenti collegati: il potere del Sindaco quale Ufficiale di Governo di
emanare ordinanze di necessità e di urgenza.
10. Qual è il nuovo riparto della potestà regolamentare tra Stato
e Regioni che emerge a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione?
Riferimento normativo: art. 117, comma 6, Cost.
Estratto della pubblicazione