UN’ESPERIENZA DI INSEGNAMENTO DELLA RELATIVITÀ GENERALE
Riassunto
Si presenta un’esperienza di insegnamento svolta per due anni di seguito nelle classi Quarte del Liceo Scientifico Tecnologico
Brocca istituito presso l’Istituto Alberghetti di Imola (BO) e rivolta all’insegnamento della Relatività Generale. L’obiettivo
dell’esperienza è stato di raggiungere una comprensione corretta del Principio di Equivalenza e del suo contenuto fisico. In
particolare, ci si è proposti di discutere la previsione della deviazione dei raggi luminosi in prossimità di una grande massa e quella di
un rallentamento degli orologi in un campo gravitazionale. A partire da queste discussioni è stato possibile illustrare il significato
corretto di alcune affermazioni sulla curvatura dello spazio-tempo.
L’antefatto
Insegnare la relatività generale (RG) nella scuola secondaria superiore è ancora un proposito che suscita
immediate perplessità fra gli insegnanti, e non è difficile capire perché. Soltanto una minoranza degli stessi
laureati in Fisica, infatti, ha ricevuto su questo tema una valida preparazione universitaria. E anche fra questi
happy few prevale il ricordo di una disciplina di grande complessità matematica, incentrata intorno all’uso
dei tensori e allo sviluppo e allo studio delle metriche appropriate ai vari casi.
Avviene per la RG qualcosa di analogo a ciò che accade per la meccanica quantistica. L’obiettivo dei
manuali universitari è, comprensibilmente, quello di raggiungere la padronanza nelle tecniche di risoluzione
dei problemi, e spesso ciò conduce a sacrificare l’approfondimento dei concetti fisici di base e della struttura
della teoria. Se lo studio ha per fine la capacità di risolvere l’equazione di Schrödinger o di ricavare la
metrica di Schwarzschild, è chiaro che tale studio va rimandato agli anni avanzati dell’università.
D’altra parte, anche l’idea di fare della divulgazione scientifica piace poco agli insegnanti. Se assistere a un
programma televisivo ben fatto, o leggere un libro ben scritto, può certamente essere piacevole e istruttivo,
resta la convinzione, penso corretta, che a scuola non si debba accontentarsi di ricevere una vaga idea
intuitiva degli argomenti trattati, o di acquisire alcune nozioni non adeguatamente giustificate.
L’insegnamento della fisica deve essere guidato da due domande fondamentali: Come facciamo a sapere
questo? e: Cosa vuol dire sapere questo?
Nel timore che non sia possibile presentare alcuni argomenti di fisica contemporanea in maniera adeguata a
questi criteri, molti insegnanti rinunciano perciò ad affrontarli. In effetti, l’elaborazione di materiale didattico
su questi temi “di frontiera” richiede un notevole studio individuale e la disponibilità ad affrontare un
confronto che talvolta diventa aspro.
Mi sono proposto di tentare un’introduzione alla fisica del Novecento, e alla RG in particolare, quando mi
sono venuto a trovare in una situazione presso che ideale. Nel ’96, infatti, ho iniziato a insegnare nelle classi
del Liceo Scientifico Tecnologico “Brocca” (LSTB) appena istituito presso l’Istituto “Alberghetti” di Imola
(BO). Il progetto del LSTB prevede, nel biennio, cinque ore settimanali di Laboratorio di Fisica e Chimica,
una disciplina rivolta all’insegnamento integrato delle due materie, con una spiccata attenzione agli aspetti
sperimentali e alla formazione dei concetti fisici. Nel triennio si prosegue con l’insegnamento indipendente
della Fisica, rispettivamente con quattro, tre e quattro ore settimanali. Questo ordinamento crea una
situazione molto favorevole alla sperimentazione di iniziative didattiche come quella che voglio presentare:
nella speranza che l’iniziativa, una volta messa a punto e resa pienamente affidabile attraverso il dibattito,
possa essere utile anche in altre situazioni, come quella di un Liceo tradizionale.
L’unità Didattica che presenterò è stata svolta all’interno di un Modulo dedicato alla relatività einsteiniana,
previsto nella seconda metà del Quarto anno di corso. Il Modulo è composto di tre Unità: le prime due
affrontano la relatività ristretta, sviluppando fra l’altro il concetto di invariante e la struttura dello
spazio-tempo di Minkowski. Al termine delle due Unità gli studenti avevano acquisito il fenomeno della
dilatazione degli intervalli e il concetto di quadrivettore energia-impulso, essendo in grado si risolvere
semplici problemi sul decadimento di una particella instabile come il leptone µ.
Il principio di equivalenza
Nel suo classico ([GC], p. 67), Weinberg scrive: “Il Principio di Equivalenza di gravitazione e inerzia ci dice
come un sistema fisico arbitrario risponde a un campo gravitazionale esterno. […] Il Principio di
Equivalenza riposa sull’uguaglianza di massa inerziale e gravitazionale, dimostrata da Galileo, Huygens,
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Newton, Bessel e Eötvös.” Il Principio di Equivalenza (PE) è il cuore della RG, e il suo contenuto fisico è
allo stesso tempo sorprendentemente semplice e ricco.
Una serie di esperienze facilmente realizzabili in classe possono servire a convincersi della validità
dell’uguaglianza di massa inerziale e massa gravitazionale. Una bottiglia di plastica piena d’acqua e forata
sia in alto che in basso non perde acqua durante una caduta libera, né mentre sale dopo un lancio verticale, né
mentre ricade.Il confronto fra l’espressione P = mGg della forza peso, ricavata staticamente, e la seconda
legge della dinamica, F = mIa, insieme alla legge di Galileo di caduta dei gravi, conduce alla conclusione che
il rapporto mG/mI è indipendente dal corpo preso in esame e può essere posto uguale all’unità con
un’opportuna scelta delle unità di misura.
Il caso più interessante da discutere è probabilmente quello dell’apparente assenza di peso in una stazione
spaziale orbitante. Per gli studenti è facile rendersi conto che l’effetto non può essere dovuto a una “assenza
di gravità”, dato che proprio la gravità tiene in orbita la stazione. Si giunge così alla conclusione che l’effetto
è dovuto alla legge di Galileo, e che ne è una conferma assai significativa.
“Se una persona cade liberamente, non avverte il proprio peso.” Quello che Einstein chiamò “il pensiero
più felice della mia vita” ([SS], p. 195) è il punto di partenza del PE. La mia esperienza è che la
formulazione più efficace, dal punto di vista didattico, dei postulati tanto della relatività ristretta che della
RG, è in termini di principi di impossibilità. L’equivalenza di massa inerziale e massa gravitazionale
comporta un principio di questo tipo: È impossibile, per un osservatore confinato all’interno di un sistema di
riferimento di dimensioni limitate, decidere se il suo sistema è soggetto a un’accelerazione o se si trova in
quiete in un campo gravitazionale esterno.
Dopo aver formulato il PE, per comprenderne il significato fisico occorre esplorarne le conseguenze
sperimentalmente verificabili. L’importanza del PE sta infatti in primo luogo nel gran numero di previsioni
originali e sorprendenti che discendono. Lo strumento di indagine più utile è l’esperimento mentale. Ci
proponiamo quindi di esaminare quel che dovrebbe accadere in due ambienti ideali: (A) un ascensore con le
funi spezzate, in caduta libera; (B) una nave spaziale in una regione dello spazio molto lontana da sorgenti di
campo gravitazionale.
La curvatura dei raggi luminosi
Consideriamo allora un possibile fenomeno osservato da B: attraverso l’oblò della nave spaziale entra un
raggio di luce emesso da una seconda nave che viaggia, come B, di moto rettilineo uniforme rispetto alle
stelle fisse. Il raggio, naturalmente, colpisce uno schermo posto sulla parete di fronte all’oblò. Ma
supponiamo che, all’istante in cui il raggio attraversa l’oblò, B accenda i motori e acceleri costantemente. In
tal caso il fronte d’onda rimarrà indietro rispetto allo schermo e non inciderà nel punto previsto. Dal punto
di vista di B il raggio segue un percorso curvo.
Cosa dice il PE? Che se la luce curva in un sistema di riferimento accelerato, allora deve curvare anche in
un campo gravitazionale. In termini intuitivi, i cui limiti vanno chiariti con cura, la luce cade. Il moto di un
raggio di luce è analogo a quello di un proiettile: ma è facile rendersi conto, con un calcolo per ordini di
grandezza, che la curvatura della traiettoria parabolica corrispondente è troppo piccola per essere osservata
sperimentalmente.
Una discussione conduce facilmente all’idea che per poter osservare la curvatura dei raggi luminosi
occorrono due condizioni: un campo gravitazionale molto intenso e un percorso molto lungo. Questo è il
momento giusto per richiamare le numerose osservazioni astronomiche realizzate a partire dall’eclisse di sole
del 1919. Ancora più interessante è il fenomeno delle lenti gravitazionali, documentato da immagini di
notevole qualità facilmente reperibili su Internet (si veda ad esempio [AP]).
Non è possibile, in questo contesto, ricavare una previsione quantitativa, ma questa è una limitazione che
la discussione può facilmente superare. Più importante è l’esame di un’idea molto semplice e molto efficace
di Wheeler ([GS], p. 19). Tracciamo le traiettorie paraboliche di una palla e di un proiettile servendoci di tre
assi: le due dimensioni spaziali in cui si dispiegano le traiettorie e l’asse temporale. Con un confronto diretto
ci accorgiamo che, al contrario di quel che avviene in un diagramma xy, le due traiettorie spazio-temporali
risultano sovrapponibili: la traiettoria della palla coincide con un segmento della traiettoria del proiettile.
Questa osservazione, insieme al fatto che anche la luce segue una traiettoria curva, costituisce il primo
elemento per introdurre l’idea della curvatura dello spazio-tempo, che riprenderemo fra poco.
La dilatazione temporale dovuta alla gravità
La relatività ristretta è fondata sul concetto di sistema di riferimento inerziale. Ma se i sistemi in quiete in un
campo gravitazionale sono equivalenti ai sistemi di riferimento accelerati, come individuare un sistema di
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riferimento inerziale? In altri termini: come cancellare l’affetto della gravità? L’uso dell’ambiente A già
introdotto, come anche dell’esempio della stazione spaziale orbitante, fornisce la risposta e permette allo
stesso tempo di determinarne il significato fisico. In un sistema di riferimento in caduta libera non ci sono
effetti gravitazionali. Il passeggero di A (almeno finché l’ascensore non tocca il suolo) non può sapere se la
sua improvvisa “assenza di peso” è dovuta a una rottura dei cavi o a una (in effetti più improbabile)
sparizione della Terra.
A dire il vero, potrebbe saperlo se l’ascensore fosse abbastanza esteso e il volo abbastanza lungo, perché
allora potrebbe mettere in evidenza la convergenza delle traiettorie di due corpi separati, entrambi diretti
verso il centro della Terra. Il PE, come principio di impossibilità, non è illimitatamente valido in sistemi di
riferimento arbitrariamente estesi nello spazio e nel tempo. Il sistema di riferimento da noi usato non può che
essere localmente inerziale.
Supponiamo ora che in A sia presente un orologio e che A sia un ascensore un po’ particolare, la cui caduta
verso la superficie della Terra inizia da una distanza infinita. Quando A passa accanto alla cima dell’Everest
osserva all’esterno un secondo orologio, in quiete rispetto alla Terra. L’orologio di montagna è in moto
rispetto ad A: per la relatività ristretta, il suo ritmo appare rallentato rispetto ad A.
Quando A raggiunge il livello del mare, prima di schiantarsi, osserva un terzo orologio. Rispetto ad A,
questo orologio si muove più velocemente del precedente, e il suo rallentamento è maggiore, perché l’effetto
relativistico è più pronunciato.
L’orologio di A, che è un sistema localmente inerziale, consente così di confrontare l’andamento di due
orologi posti a quote diverse in un campo gravitazionale. La conclusione a cui si arriva è chiara: fra due
orologi così disposti, quello che si trova alla quota più bassa, dove il campo gravitazionale è più intenso, va
più piano di quello che si trova più in alto. Si tratta di un effetto decisamente asimmetrico, al contrario di
quello incontrato in relatività ristretta.
La gravità rallenta il tempo. Si tratta di una previsione ancora più straordinaria di quella della curvatura
dei raggi luminosi. Risulta perciò particolarmente interessante l’esistenza di una sua applicazione
tecnologica. Il GPS (Global Positioning System), che si basa su un certo numero di orologi atomici orbitanti,
sarebbe inutilizzabile se non tenesse conto della perdita di sincronia dovuta alla RG. Una bella discussione di
questo caso si trova in [TW].
Uno spazio-tempo curvo
È il momento di riprendere l’idea che la curvatura delle traiettorie in un campo gravitazionale possa essere
descritta come una curvatura dello spazio-tempo. In primo luogo è necessario discutere il carattere intrinseco
che avrebbe tale curvatura. Se essa è reale, non possiamo comunque osservarla come osserviamo la curvatura
delle superfici bidimensionali immerse nell’ordinario spazio a tre dimensioni. Come in molti testi, fra cui il
classico Flatlandia ([FL]), è utile analizzare un universo immaginario a due dimensioni.
Non è difficile mostrare che una curvatura intrinseca potrebbe essere messa in evidenza da una violazione
della geometria euclidea. Ad esempio, la somma degli angoli interni di un triangolo risulta in generale
diversa da 180°. Un esempio molto interessante è discusso da Feynman ([FF], p. 42-19).
Tracciamo un quadrato sulla superficie di una sfera. Partiamo dall’equatore e tracciamo un lato di 1o unità
seguendo un meridiano; ruotiamo di 90° e avanziamo ancora di 10 unità; ruotiamo di 90° (ora siamo diretti
su un secondo meridiano) e avanziamo ancora di 10 unità, tornando a incontrare l’equatore; infine ruotiamo
di 90° in modo da avanzare lungo l’equatore, percorriamo le ultime 10 unità e… il quadrato non si chiude!
La geometria euclidea è violata, come dovevamo aspettarci.
Ora ripetiamo l’operazione nello spazio-tempo. Consideriamo due orologi posti una verticale a diverse
altezze: il tratto di verticale che li unisce è il primo lato del nostro quadrato. Le linee di universo dei due
orologi, puramente temporali, costituiscono la coppia di lati paralleli perpendicolari a quello già individuato.
A causa della dilatazione temporale dovuta alla gravità, le due linee di universo, pur essendo lunghe
entrambe, poniamo, 10 secondi, non terminano simultaneamente. Se cerchiamo di chiudere il nostro quadrato
nello spazio-tempo, non ci riusciamo. Come scrive Feynman: “questo è ciò che si intende quando si dice che
lo spazio-tempo è curvo”.
La cosmologia del Big Bang
L’idea di una spazio-tempo curvo può essere estesa all’intero Universo. Se la teoria prevede che lo
spazio-tempo sia curvo in prossimità di una massa, e che il moto libero delle altre masse segua tale
curvatura, cosa possiamo dire a proposito di una possibile curvatura dell’Universo nel suo complesso?
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Le osservazioni di Hubble (vedi ad es. [W3]) conducono all’ipotesi che l’universo sia soggetto ad
un’espansione che avrebbe avuto inizio tra i dieci e i venti miliardi di anni fa. L’espansione è prevista dalla
RG (anche se a questo livello è impossibile mostrare come). La RG non descrive l’espansione come un moto
della materia in una spazio preesistente, bensì come un moto di espansione dello spazio stesso. L’Universo si
espande perché lo spazio che separa le masse si espande nel tempo.
Si giunge così al l’idea di una dinamica cosmologica. Una questione fondamentale è, naturalmente, il
carattere aperto, chiuso o chiuso al limite dell’Universo nel tempo. È abbastanza intuitivo collegare questo
problema al valore della densità media dell’Universo e alla questione se essa sia sufficiente o meno a
implicare che l’Universo sia temporalmente chiuso. La densità media deve anche determinare la curvatura
presente dell’Universo, e risulta che le tre possibilità relative all’andamento temporale dell’espansione
corrispondono rispettivamente a una curvatura complessiva negativa, positiva o nulla.
Com’è noto, una delle principali conferme sperimentali del modello del Big Bang è l’esistenza di una
radiazione cosmica di fondo con uno spettro di corpo nero corrispondente alla temperatura di 2,7 K.
L’origine di questa radiazione risale al Big Bang stesso, vale a dire, all’esplosione che diede origine a
Universo estremamente caldo e denso. Il fatto che la radiazione cosmica di fondo abbia oggi una temperatura
equivalente così b assa, fatto dovuto allo spostamento cosmologico verso il rosso, costituisce un’ulteriore
argomento a favore di un Universo in espansione.
Bibliografia
[UA]
[FF]
[ER]
[SS]
[TW]
[GS]
[GC]
[W3]
[FL]
[AP]
Amaldi, La fisica per i licei scientifici, vol. 2, Zanichelli, 1998.
Feynman, Leighton, Sands, La Fisica di Feynman, vol. II, Inter European Editions, 1975.
Rindler, Essential Relativity. Special, General, and Cosmological, Springer-Verlag, 1977.
Pais, ‘Sottile è il Signore…’, Boringhieri, 1986.
Taylor, Wheeler, Exploring Black Holes. Introduction to General Relativity, Addison Wesley
Longman, 2000.
Wheeler, Gravità e spazio-tempo, Zanichelli, 1997.
Weinberg, Gravitation and Cosmology, Wiley, 1972.
Weinberg, The First Three Minutes, HarperCollins, 1993.
Abbott, Flatland, Dover, 1952
Astronomy Picture of the Day presso http://antwrp.gsfc.nasa.gov/apod/archivepix.html.
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