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La nostra storia
Nel 2005 la Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) del Ministero degli
Affari Esteri si era attivata, grazie all’opera dell’allora Direttore Generale Deodato e al
supporto del Prof Massimo Caneva, come promotrice della creazione di tre Reti Regionali
di coordinamento tra le Università (Nord, Centro e Sud) in un progetto ampio di
coinvolgimento operativo a partire dai giovani. Nell’ambito di questo progetto la DGCS ha
dato mandato al Politecnico di Milano di coordinare lo sviluppo della Rete universitaria al
Nord Italia (Rete del Nord) in collaborazione con l’Università Commerciale Luigi Bocconi.
La Rete del Nord si poneva come missione la promozione della cooperazione per lo
sviluppo e la pace e il consolidamento della formazione cognitiva e operativa nel settore, a
cominciare dai giovani laureandi e laureati. Al termine di un percorso comune, e
riconosciuto il valore del confronto, le Università aderenti alla Rete del Nord hanno deciso
di dare vita a un coordinamento che trovasse ragione di essere nelle caratteristiche proprie
degli Atenei.
E’ nato così il Coordinamento Universitario per la Cooperazione allo Sviluppo (CUCS) che
oggi si riunisce due/tre volte l’anno. Nel protocollo d’intesa firmato a livello dei Rettori
delle Università si riconosce la necessità di:
predisporre percorsi di educazione, formazione, progettazione e divulgazione
scientifica nel settore dello Sviluppo Umano e Sostenibile e della Cooperazione allo
Sviluppo;
dare impulso alla formazione di nuove generazioni di ricercatori, accademici e
professionisti in grado di operare per lo sviluppo umano e sostenibile a livello locale e
internazionale;
costruire e consolidare Reti di competenze (orizzontali o trasversali tra Università,
ONG, Organizzazioni internazionali, Non Profit, Imprese, Istituzioni locali e nazionali);
innovare le pratiche della cooperazione allo sviluppo attraverso la ricerca per
migliorarne l’efficacia.
Le Parti firmatarie si impegnano a definire in modo partecipato e condiviso i ruoli interni, i
compiti di rappresentanza e le funzioni necessarie per perseguire due obiettivi principali:
1.
istituire o rafforzare l’ambito della Cooperazione allo Sviluppo al proprio interno,
secondo le modalità e gli strumenti più opportuni e idonei (centri di ricerca, deleghe, aree
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trasversali, gruppi di ricerca, iniziative e attività specifiche, istituzione di corsi di laurea e
cicli di dottorato, programmi di master…);
2.
promuovere la nascita e istituire il “Coordinamento Universitario per la
Cooperazione allo Sviluppo”, al fine di rafforzare e migliorare, nel rispetto della normativa
vigente e dei propri regolamenti interni, il coordinamento delle attività di cooperazione
allo Sviluppo, con una missione ampia :
divenire un interlocutore rappresentativo, riconosciuto e autorevole con la società
civile e con il mondo istituzionale a livello nazionale e internazionale per sviluppare
relazioni proficue;
ampliare le capacità progettuali e di intervento concreto delle Parti per:
diffondere una cultura della cooperazione e dello sviluppo mediante la
sensibilizzazione e la formazione cognitiva, operativa e critica dei giovani;
consolidare la condivisione delle esperienze, delle conoscenze e delle competenze;
focalizzare gli sforzi comuni su temi essenziali in coerenza con le specificità delle
Università coinvolte e la rispettiva missione
Le reti universitarie come attori della Cooperazione
Nella “nuova” cooperazione del contesto globale diventano sempre più rilevanti le
conoscenze e le competenze specifiche da una parte e le capacità sistemiche dall’altra e
appaiono chiari, almeno al mondo universitario due elementi: la necessità di arricchire i
percorsi formativi dei futuri cittadini e professionisti del mondo con contenuti nuovi e la
funzione della ricerca scientifica per l’innovazione. Le università non possono agire da sole.
Arricchire i percorsi formativi.
La missione di fondo è preparare una figura di laureato in grado di coprire un ruolo da
attore e protagonista delle trasformazioni della società, tanto nel Sud quanto nel Nord del
Mondo.
Si sta lavorando su base volontaria in questa direzione per operare affinché i giovani, a
partire dalle scuole superiori e dalle università, possano avvicinarsi a queste logiche
attraverso corsi ad hoc inseriti in tutti i curricula formativi.
Sono attivi due Gruppi di lavoro:
PEER EDUCATION in collaborazione con gli Uffici Scolastici Regionali
coordinato dall’Università di Parma e l’Università Modena e Reggio;
MODULI FORMATIVI CURRICULARI, coordinato dall’Università di Pavia.
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L’idea che ci guida è cercare di far riconoscere la rilevanza dei temi arricchendo i percorsi
formativi con queste logiche nuove, come una sorta di Educazione Civica del Terzo
Millennio.
La ricerca scientifica per l’innovazione
La ricerca scientifica diviene strumento per lo sviluppo e contiene nel suo metodo i principi
base dell’equità.
Si sta lavorando sempre su base volontaria per accrescere le capacità progettuali
individuali integrando le competenze e favorendo l’accessibilità congiunta a fonti di
finanziamento internazionale. Sono attivi due Gruppi di lavoro:
PROGETTI EUROPEI per favorire la partecipazione delle università (coinvolgendo
istituzioni, società civile e imprese) a bandi EU, coordinato dall’Università di Aosta.
PROGETTI EXPO’2015: l’occasione dell’Expo ha permesso di valorizzare alcune
esperienze dei singoli atenei proponendo un arricchimento progettuale basato sulla
multidisciplinarietà.
La nostra visione
Gli obiettivi del Millennio e le logiche dell’interdipendenza economica, ambientale e sociale
che permeano i contesti globali portano inevitabilmente a comprendere che il mondo è
sempre più interconnesso. La tensione verso uno sviluppo sostenibile ci porta a valutare la
necessità di identificare nuovi paradigmi di sviluppo che sappiano integrare e preservare le
culture, le tradizioni e le proprietà intellettuali favorendo al contempo l’integrazione, la
crescita sociale, la promozione umana e il mantenimento della pace nel mondo.
In questi contesti diventano sempre più rilevanti le conoscenze e le competenze specifiche
così come la visione sistemica. Oltre alla centralità del partenariato e alla necessità di
arricchire i percorsi formativi con contenuti nuovi emerge la rilevanza della ricerca
scientifica per l’innovazione e l’opportunità generazionale che vede i giovani stessi proporsi
come attori e non solo fruitori in quel percorso di arricchimento sopra menzionato.
Le università, la cooperazione universitaria e la ricerca scientifica
La ricerca in ambito universitario porta con sé un’anima perlomeno trinomia.
Essa rappresenta la strada per aggiornare e rendere dinamica la didattica universitaria,
dimostrandosi un utile strumento a servizio della formazione per la costruzione di
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competenze. Grazie al metodo scientifico su cui si fonda, la ricerca contribuisce a formare e
consolidare una capacità critica nei giovani studenti, professionisti del domani,
dimostrandosi un canale chiave per la costruzione di individui completi e responsabili.
Infine la ricerca per sua indole naturale risulta precondizione necessaria per promuovere
l’innovazione a livello industriale, istituzionale o di sistema Paese che risulta pilastro
fondamentale per l’interazione con il territorio e la costruzione di uno sviluppo socioeconomico durevole e autonomo tanto per il Nord quanto per il Sud del mondo.
Da un lato, infatti, la sinergia “ricerca-innovazione” riveste da tempo un ruolo strategico e
fondamentale nei Paesi sviluppati, e molte sono le iniziative pubbliche (bandi nazionali e
internazionali) e private (fondazioni) che spingono a percorrere questa strada a grandi
passi per promuovere la crescita economica.
Dall’altro il binomio “ricerca-innovazione”, opportunamente declinato è riconosciuto oggi
essere un elemento imprescindibile nei Paesi del Sud del mondo.
Alla luce delle dichiarazioni internazionali emerge un nuovo ruolo che le università,
deputate per loro natura alla ricerca, possono ricoprire per lo sviluppo della società civile.
Un ruolo dove la ricerca per l’innovazione non assume il sapore, necessariamente forte e
corposo, delle conoscenze e delle tecnologie di frontiera, ma assume il gusto armonico,
magari meno nobile, ma non per questo meno d’eccellenza e d’utilità sociale,
dell’applicazione della ricerca attraverso conoscenze o tecnologie magari anche già note,
che sappiano adattarsi e integrarsi (questa la vera sfida) ai “differenti” contesti e scenari
culturali, sociali ed economici.
In questa ottica, e con queste premesse, la cooperazione Nord-Sud può davvero evolvere
verso condizioni di mutuo apprendimento e, la cooperazione universitaria, aiutare a far si
che i concetti di trasferimento di conoscenza e di tecnologia si possano trasformare in una
costruzione collettiva e divenire strumenti appropriati di sviluppo fornendo opportunità di
sperimentazione, a beneficio della ricerca scientifica, in terreni non convenzionali. La
ricerca stessa è dunque strumento per lo sviluppo e contiene nel suo metodo i principi base
dell’equità, poiché stimola la ricerca della verità, promuove l’onestà intellettuale, educa a
una corretta metodologia conoscitiva, afferma la libertà di pensiero e nega qualunque
discriminazione.
Dal punto di vista formativo, le tematiche legate alla cooperazione allo sviluppo e la loro
assimilazione contribuiscono ad allargare il bagaglio di competenze e di conoscenze dei
giovani professionisti, indipendentemente dalle realtà nelle quali andranno a prestare la
propria opera professionale (profit o non profit).
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All’interno del Coordinamento per la Cooperazione allo Sviluppo (CUCS) il “Valore
Aggiunto” che queste tematiche trasversali possono portare al mondo accademico e di
riflesso alla società è condiviso e ci si è attivati in questa direzione cercando terreni comuni
per avviare attività di formazione nuova e comune.
Dal punto di vista operativo, collaborare in progetti di alta formazione e di innovazione
aiuta a passare da un’idea della cooperazione universitaria come assistenza ad un’idea di
ricerca congiunta da promuovere in loco, attraverso lo sviluppo di progetti ben definiti. Le
università del CUCS cercano di favorire la collaborazione orizzontale tra atenei e di favorire
la sinergia con altri attori (istituzioni, ONG, imprese, organismi internazionali) per
promuovere progetti multidisciplinari e trasversali.
Il convegno è ricco di esempi concreti, ciascuno fondato sul presupposto di mettere la
scienza, in tutte le sue possibili declinazioni di settore, a servizio dello sviluppo e giungere,
attraverso la ricerca, a proporre soluzioni innovative e di impatto che siano sempre
appropriate ai contesti, capaci cioè di adattarsi alle differenze culturali, sociali ed
economiche.
Il trasferimento di conoscenze, tecnologia e innovazione, come output e outcome della
ricerca scientifica, hanno rappresentato da sempre grandi fattori competitivi nell’economia
e nella società del Secondo Millennio. Oggi queste dimensioni, pur rimanendo necessarie,
non rappresentano un supporto sufficiente per vincere la grande sfida dello sviluppo
globale a cui gli obiettivi del Millennio richiamano. Devono essere rilette alla luce del
complesso dei fattori umani, accoppiate e integrate alla responsabilità sociale, all’etica
delle professioni e al complesso dei fattori umani, per poter diventare quel sistema di
strumenti e valori su cui la società civile deve puntare nel Terzo Millennio.
Questo è lo sforzo da perseguire anche nel mondo universitario, di qualunque provenienza
culturale.
Le università devono aprirsi sempre di più a questo linguaggio e impararne la grammatica:
tenerne conto nei percorsi formativi e trasferirla ai giovani attraverso la didattica e la
realizzazione di progetti di “frontiera”. Dove la frontiera non si associ solo allo stato
dell’arte più avanzato, ma si interpreti prevalentemente in termini di tutte le frontiere
geografiche, sociali, economiche, culturali che la ricerca può aiutare a ridurre o a sanare.
Questa è l’idea di innovazione che dobbiamo fare propria dei progetti di cooperazione
I giovani come promotori di una nuova cultura sociale
Per quanto arduo il percorso da perseguire, da più segnali si riesce a riconoscere che i
giovani di oggi si mostrano sempre più interessati e attivi su tematiche trasversali che
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toccano ambiti sociali. La motivazione risiede in una serie di aspetti socio-culturali legati
da una parte agli effetti della globalizzazione e dall’altra a una generale crisi di alcuni valori
tradizionali (lavoro e carriera, benessere economico e famiglia, impegno e ideali politici)
che sono invece stati la base portante e motivazionale delle generazioni precedenti.
Leggere tra le righe di questo processo di cambiamento degli interessi avrebbe un duplice
beneficio:
Da una parte permetterebbe di meglio preparare i giovani con quelle competenze che
anche il mondo del lavoro, sempre più impegnato su fronti globali, oggi chiede: visione
sistemica, attenzioni alla multi cultura, capacità di dialogo (soft skills). Dall’altra
contribuirebbe a sanare lo scollamento tra due generazioni: la più anziana, convinta del
valore altamente formativo dei valori con i quali è cresciuta e del lassismo manifesto della
giovane generazione svogliata e demotivata; la seconda convinta invece che le logiche siano
completamente cambiate, che gli interessi del mondo siano eticamente superiori agli
interessi personali, che ci sia bisogno di un rinnovamento e di una forte sensibilizzazione
in chiave globale. Non farlo equivarrebbe invece a non saper (o voler) adeguare
l’evoluzione delle professioni al cammino storico-economico della nostra società.
Operazione che invece è sempre stata fatta, e con grandi risultati.
Le università preparano i giovani con competenze specialistiche per essere domani, i
professionisti e cittadini del mondo, ciascuno con un ruolo proprio nel contesto globale, for
profit o non profit. Esse rappresentano dunque un canale straordinario per veicolare Valori
positivi anche al di fuori del contesto della cooperazione.
A questo punto, come universitari, dato che la maggior parte dei nostri studenti non
lavorerà nel settore Cooperazione è necessario porsi alcuni interrogativi: quale può essere
il beneficio per le imprese e le istituzioni dove i nostri giovani saranno impiegati? Esiste un
interesse generale per Valori positivi o è un capriccio esclusivo di coloro che si occupano di
Cooperazione?
Guardando a ciò che avviene in altri contesti si nota ad esempio come la responsabilità
sociale di impresa stia portando a qualche presa di posizione significativa anche nel
comparto industriale: dai grandi gruppi ai piccoli imprenditori si assiste ad una maggior
attenzione negli aspetti e negli effetti sociali: la responsabilità sociale viene integrata nella
missione e non è solo esplicitata nella redazione del bilancio sociale; emerge una tendenza
positiva alla valorizzazione del capitale umano, una maggior apertura verso una revisione
delle politiche di interazione con alcuni Paesi in via di sviluppo (quando il proprio mercato
interagisce con tali realtà). Nascono le fondazioni delle imprese che mobilitano i
dipendenti nei territori in via di sviluppo e sostengono progetti di cooperazione, nascono
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progetti di creatività per la valorizzazione del capitale umano, i manager europei vengono
spediti nelle realtà di slums e di barrios per fare formazione, fuori standard e sviluppare
capacità e attitudini non convenzionali.
In molte aziende si parla di sostenibilità degli interventi in loco in una visione etica come
fine e non solo come mezzo, e si rivolge un’attenzione differente verso il contesto
territoriale promuovendo attività collaterali a favore dell’integrazione e/o dello sviluppo.
Analogamente, la tensione in molti governi nazionali verso una gestione più trasparente,
rigorosa delle proprie risorse interne sta motivando lo svolgimento della professione,
anche nelle istituzioni pubbliche, con un’attenzione più che deontologia a beneficio del
sistema e della società nazionale. Esistono dunque interessi e direzioni nuove che si
vogliono intraprendere anche in altri ambiti che esulano dal solo mondo della
cooperazione allo sviluppo per i Paesi del sud del mondo e coinvolgono i meccanismi e i
modelli di sviluppo globale e la crisi economica ha certamente rimarcato la necessità di
riflessioni approfondite anche da questo punto di vista.
E’ dunque evidente che più professionisti riusciremo a formare in grado di farsi promotori
di certe logiche anche nel mondo industriale o nel mondo istituzionale, più diventerà
agevole supportare la società tutta verso una crescita sostenibile.
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