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“Ossessione sulla tela”
di Pier Antonio Zannoni
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“La donna in nero” di Brunella Schisa vince
il XXIII Premio letterario nazionale “Rapallo Carige”
“Una cosa gli fu subito evidente: quella luce nera
sarebbe diventata la sua ossessione. Quella donna
doveva a tutti i costi posare per lui…”
Parigi, estate 1868. Il pittore Edouard
Manet ha appena conosciuto Berthe
Morisot, ventisette anni, capelli e occhi neri, bei lineamenti, pelle levigata: una ragazza della buona borghesia, pittrice lei stessa, come la sorella Edma.
Per l’inquieto artista, mal sopportato dalla critica ufficiale, è un colpo
di fulmine. Berthe diventerà la sua
modella preferita. In sei anni le farà
undici ritratti, nove dei quali in nero, il colore preferito dagli amati
maestri spagnoli Goya e Velasquez.
Il sodalizio artistico fra i due resterà saldo a dispetto delle vicissitudini, sfocerà in una passione travolgente, clandestina (per lo stato coniugale di lui), cesserà quasi all’improvviso.
A raccontare questa storia è Brunella
Schisa nel suo romanzo d’esordio “La
donna in nero” (Garzanti): una storia
vera, anche se romanzata, ricostruita
grazie a una scrupolosa ricerca storica e, soprattutto, attraverso un esame
minuzioso dei ritratti di Berthe.
“Questi ritratti”, dice l’autrice, “confermano il legame amoroso che ci fu
tra il pittore e la modella – pittrice,
di cui parlano solo alcuni biografi e
di cui mancano le prove epistolari,
verosimilmente distrutte. La sinfonia
dei neri sembra esaltare le fantasie ardite di lei, evidenziando il temperamento passionale di entrambi. In alcune tele, le espressioni della donna,
gli sguardi, gli abbigliamenti, le pose, i particolari lasciano trapelare
un’intimità profonda che va al di là
del rapporto artistico. S’intuiscono le
gioie, le esaltazioni, le sofferenze, le
malinconie proprie degli amanti”.
Brunella Schisa, napoletana, vive a Roma da molti anni. Sposata, un figlio di
ventidue anni, è giornalista, inviato speciale del “Venerdì di Repubblica”, per
il quale tiene una rubrica di libri. Laureata in letteratura francese, per Marsilio ha curato “Le lettere di una moA fronte
Tutti i membri della “giuria tecnica”
sul palco di Villa Tigullio, mentre
il presidente Leone Piccione legge
i risultati della votazione.
Sotto La vincitrice Brunella Schisa
fra il Vice Presidente Carige on. Scajola
(a sinistra della foto) e il Sindaco
di Rapallo Mentore Campodonico.
Le vincitrici di questa edizione:
(da sinistra) Lina Wertmüller,
Laura Bosio, Lucrezia Lerro,
Brunella Schisa e Rosella Postorino.
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naca portoghese” di Anonimo; per Einuadi “Una strana confessione, memorie dell’ermafrodito Herculine Barbin” e “Il teatro di Raymond Roussel”.
Con “La donna in nero” ha vinto la
ventitreesima edizione del Premio letterario nazionale “Rapallo Carige”
per la donna scrittrice. La cerimonia si
è svolta sabato primo settembre a Rapallo, nella consueta cornice di Villa Tigullio. Ha presentato Livia Azzariti.
Sono intervenuti gli attori Paola Gassman (madrina della manifestazione),
Marco Marelli e Vanessa Gravina e la
cantante-attrice Katia Ricciarelli.
Brunella Schisa si è aggiudicata il Premio sul filo di lana. Nella votazione
congiunta delle due Giurie (“tecnica”
e “popolare”) ha ottenuto ventuno voti, soltanto uno in più di quelli assegnati a Lucrezia Lerro, scrittrice trentenne, originaria del Cilento, milanese d’adozione, che era in concorso con
“Il rimedio perfetto” (Bompiani): la
storia di una bambina, esclusa da una
famiglia improponibile e da una so-
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cietà insensibile, che si rifugia nella bulimia dei dolci, unica consolazione dei
suoi giorni tristi vissuti in un paese del
Sud scosso dal terremoto; sarà salvata dall’amore, il rimedio perfetto.
Al terzo posto, con diciassette voti, si è
classificata Laura Bosio, nata a Vercelli, residente a Milano, già finalista al “Rapallo Carige” nel 2003 con “Le ali ai piedi” (Mondadori), che partecipava con
“Le stagioni dell’acqua” (Longanesi): la
storia di un ritorno e dell’incontro – confronto fra due donne di età diverse in
una tenuta che si rispecchia nell’acqua
di una risaia del Vercellese, sullo sfondo di un mondo (quello del riso) eletto a metafora del vivere.
Le opere prese in esame dalla Giuria
dei critici, presieduta da Leone Piccioni, erano sessantadue.
Il premio speciale della stessa Giuria
è andato a Lina Wertmüller per la sua
ironica autobiografia dal titolo lunghissimo, “Arcangela Felice Assunta
Job Wertmüller Von Ellg Espanol Von
Brauchich cioè Lina Wertmüller”
(Frassinelli): un libro divertente in cui
la regista – scrittrice ripercorre con humour e originalità più di mezzo secolo
del cinema italiano.
Il premio “opera prima” è stato assegnato alla scrittrice ventottenne Rosella Postorino, nata a Reggio Calabria, cresciuta a San Lorenzo al Mare in provincia d’Imperia, ora residente
a Roma, per il romanzo “La stanza di
sopra” (Neri Pozza): il ritratto di un’adolescente che assiste impotente al
dramma del padre, immobile in un letto, nel silenzio insostenibile della sua
casa, e scopre l’ambiguità dei rapporti umani, difficili e misteriosi.
Come detto, anche “La donna in neIn alto
La vincitrice e la seconda classificata.
A fronte
La terza classificata e Lina Wertmüller.
Sotto
Vanessa Gravina che ha letto alcuni
brani delle opere vincitrici e Paola
Gassman madrina della cerimonia.
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ro”, il romanzo insignito del principale riconoscimento, è un’opera prima. La Giuria, inserendolo nella terna finale, ha confermato la propensione del Premio a valorizzare le scrittrici nuove od emergenti: un orientamento che nel passato ha avuto esiti particolarmente felici, come dimostrano alcuni nomi (su tutti, quelli di
Susanna Tamaro e Margaret Mazzantini) presenti nell’albo d’oro.
“Tenevo questa storia nel cassetto da
quindici anni” - dice ancora Brunella Schisa –. “Sono sempre stata affascinata dalla figura di Berthe Morisot, donna e artista di qualità, forse
la più grande pittrice dell’ottocento,
la prima (per certi aspetti l’unica) pittrice impressionista.”
- Nel romanzo la colloca al fianco di
Edouard Manet.
“Sì, racconto i sei anni della loro intesa nel segno della pittura, quelli che
hanno prodotto undici ritratti di lei,
modella e musa ispiratrice. Dopo,
continueranno a frequentarsi, diventeranno cognati, ma seguiranno strade diverse, nell’arte e nella vita. Moriranno entrambi prematuramente:
Edouard Manet nel 1883, a cinquantuno anni; Berthe Morisot nel 1895
a cinquantaquattro anni.”
- Parliamo di questi sei anni, intensi
e cruciali.
- “Sì, nel mondo dell’arte sono gli anni delle ribellioni alle regole dell’Accademia, degli scandali suscitati da alcune opere rifiutate dai “salon” ufficiali, delle accese discussioni sulla libertà e sulla modernità della pittura.
Sono gli anni della guerra franco-prussiana e dell’occupazione di Parigi, con
i bombardamenti e le ristrettezze
economiche, a cui segue l’esperienza
rivoluzionaria della Comune.
Prima di scrivere il romanzo mi soDall’alto
Il Procuratore Generale Rovelli
si congratula con Rosella Postorino
vincitrice “Opera prima”.
Il Direttore Generale Carige
Sanguinetto ha consegnato il premio
speciale della giuria a Lina Wertmüller.
Il Vice Presidente on. Scajola saluta
Vanessa Gravina.
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no documentata su quel periodo: gli
usi, i costumi, i modi di vita della borghesia e del popolo, il linguaggio, perfino il prezzo del pane. La storia si
svolge negli studi dei pittori, ma anche nei viali parigini, nel Bois de Boulogne, nel celebre café Guerbois, nei
cenacoli e nei salotti frequentati da personaggi come Degas, Fantin-Latour,
Monet, Renoir, Pissarro, Cézanne, Puvis de Chavannes, Stevens e Sisley, o
come Emile Zola e Antonin Proust.”
- Come possiamo definire il rapporto tra i due protagonisti?
“Totalizzante. Quando si conoscono,
nel 1868, al Louvre, Edouard ha trentasei anni, nove in più di Berthe. Lui
ha la fama di essere il pittore più insultato di Parigi, dopo le critiche impietose che hanno demolito diversi
suoi dipinti, come “Le dejeuner sur
l’herbe” e “Olympia”. Lei è stata allieva di Camille Corot e dipinge da
una decina d’anni.
Manet la sceglie come modella e ne fa
l’incarnazione luminosa della sua pittura. La ritrae ossessivamente, con una
predilezione per il nero, un colore che
riesce a rendere palpitante, vivo. Berthe s’innamora subito di quell’uomo
affascinante e amorale. Lui per alcuni anni vede in lei soltanto un’immagine da idealizzare sulla tela. Abituato
ad insidiare modelle e sartine, la rispetta come signorina di buona famiglia. Capitola, sotto l’azione incalzante
di lei, che usa la pittura per colpirlo
al cuore, quando teme di perderla.
Fra loro esplode la passione, violenta come un fuoco devastante.
A testimoniarlo, come detto, sono gli
stessi dipinti. Significativo, al riguardo,
è il ritratto con le violette, riportato sulla copertina del libro. Possiamo definirlo la metafora del loro amore: gli occhi di lei, luminosi, sembrano avere
perso l’inchiostro della malinconia. E
Dall’alto
Il soprano Katia Ricciarelli
ha interpretato alcuni brani
del suo repertorio.
L’attore Marco Marelli ha letto
alcune pagine delle opere vincitrice.
Il membro della giuria tecnica
Ermanno Paccagnini.
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a me piace immaginare anche una serie di nudi (di cui però non c’è traccia),
che lui abbozza dopo i loro furiosi amplessi. L’incanto si spezza nel 1874.”
- Perche?
“Perché Manet cerca altre modelle per
nuovi ritratti in nero; perché Berthe
cerca nuovi sbocchi per la sua arte,
sempre più legata alle nuove tendenze pittoriche; perché la loro storia, benchè tenuta segreta, è sulla bocca di tutta Parigi e per lei, pungolata dalla madre, è tempo di pensare al matrimonio.
Nell’ultimo ritratto, eseguito nell’inverno del 1874, subito dopo la morte
del padre di Berthe, tanto amato, il volto della donna è una maschera segnata dal dolore: sa di aver perso i due uomini più importanti della sua vita.
Nel dicembre dello stesso anno Berthe
sposerà il fratello di Edouard, Eugène,
suo antico corteggiatore, dal quale avrà
una figlia, Julie, che diventerà il soggetto
preferito dei suoi quadri luminosi.
Eugène è la copia sbiadita di Edouard,
il grande amore, che a sua volta però
non dimenticherà mai la sua donna in
nero. Poco prima di morire, nell’ultimo dei suoi quadri, intitolato “Un bar
alle Folies-Bergères”, considerato il suo
testamento, Edouard Manet dipingerà sullo sfondo se stesso e Berthe Mo-
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risot, in mezzo a numerose altre figure: i due sono vicinissimi, intenti a leggere insieme un documento”.
- Edouard Manet ha influito sull’arte
di Berthe Morisot ?
“No. Al contrario, è stata lei a convincere Manet a dipingere “en plein
air” e a utilizzare tutti i colori della tavolozza, compresi quelli più solari e
luminosi.
Come pittrice, Berthe in quegli anni
si è allontanata sempre più da Manet,
che ha preferito proseguire solitario
per la sua strada, cercando il favore
della critica e del pubblico nei “salon”
ufficiali, senza aderire alle nuove tendenze contestatrici. Non così Berthe,
il cui nome, nel dicembre del 1873, risulta tra i firmatari dell’atto costitutivo della società anonima dei pittori, insieme a Degas, Monet, Pissarro
e Sisley. Negli anni successivi la Morisot parteciperà a tutte le mostre degli Impressionisti, battezzati così a
partire dal 1878. Sarà assente solo nel
1879 per la nascita della figlia”.
- Nel romanzo lei privilegia Berthe
Morisot.
“Certamente. Apprezzo Manet, cui dò
il dovuto risalto, ma sono dalla parte
della Morisot. Per lei nutro una profonda ammirazione. È stata una don-
na eccezionale che ha vissuto e amato con generosità; un’artista di talento, dalla pittura chiara, leggera e incisiva ad un tempo. Ci ha lasciato splendidi paesaggi, ritratti espressivi, delicate scene intime e familiari. I suoi
quadri sono esposti nei musei di tutto il mondo, dal Giappone agli Stati
Uniti. Il museo Marmottan Monet di
Parigi le ha riservato un intero piano.
Di lei Paul Valery ha scritto: “seppe
vivere la sua pittura e dipingere la sua
vita”. E’ stata una donna volitiva, moderna: ha messo la propria vocazione
artistica davanti a tutto e si è affermata,
a dispetto dei pregiudizi, in un mondo marcatamente maschile. Ha quasi
raggiunto quello che voleva”.
- Quasi?
“Sì, non è mai riuscita a farsi riconoscere ufficialmente come pittrice. Sull’atto di morte di Berthe Morisot risulta scritto “senza professione”. E’ sepolta nel cimitero parigino di Passy,
accanto a Edouard Manet”.
A fronte
I membri della giuria tecnica, dall’alto:
Leone Piccioni con Lina Wertmüller,
Romano Battaglia, Elvio Guagnini,
Mirella Serri, Francesco De Nicola,
Claudio Marabini e Pier Antonio
Zannoni con la vincitrice.
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