Studio dello spettro mutazionale del gene lattasi nell

CONTRIBUTI SCIENTIFICI
SCIENTIFIC PAPERS
Studio dello spettro mutazionale del gene lattasi nell’intolleranza ereditaria al
lattosio (ipolattasia dell’adulto)
Maria Fortunata Lofiego1, Maddalena Cioni2, Luana Peruzzi1, Lucia Serracca1, Anna Berardi1, Alessandra Mazzi1,
Maria Margollicci1
1UOC Medicina Molecolare e 2UOC Clinica Pediatrica, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Siena
ABSTRACT
Study of the mutational spectrum of lactase gene in the inherited lactose intolerance (adult-type
hypolactasia). "Lactose intolerance" describes disorders related to the inability to digest dietary lactose, due to a
deficiency of the lactase-phloridzin hydrolase (LPH). In humans, unlike all other mammals, the LPH enzyme undergoes
after weaning a down-regulation of its activity, a condition known as "not persistence of lactase" (NLP). There are,
however, some individuals who retain the ability to digest milk and dairy products into adulthood, showing the phenotype
of the "lactase persistence" (LP). In Caucasians, this phenotype is associated to genetic C/T(-13910) and G/A(-22018)
single nucleotide polymorphisms (SNPs). The NLP condition is characterized by remarkable phenotypic variability and
considered to be a heterogeneous and multifactorial condition, linked to genetic factors and environmental variables.
Our study evaluated the frequency of C/T(-13910) and G/A(-22018) SNPs and of the lactase gene (LCT) mutations in a
group of young individuals. The frequency of the two SNPs was comparable to that present in literature, while the LCT
mutation analysis identified 4 polymorphisms, two missense mutations and some intronic substitutions, distant from the
splice sites. We identified the allelic variants in silico and the subsequent analysis showed no significant changes in the
aminoacidic sequence of the protein such as to justify the different phenotypic expression of lactose intolerance.
INTRODUZIONE
Il lattosio è un disaccaride composto da glucosio e
galattosio che, introdotto con la dieta, viene idrolizzato a
livello intestinale dall’enzima lattasi-florizina idrolasi
(LPH) presente sulla superficie dell’orletto a spazzola
degli enterociti dell’intestino medio-digiunale, laddove è
espresso in abbondanza. LPH compare sulla superficie
della mucosa del piccolo intestino già alla 8^ settimana di
gestazione, raggiungendo il massimo di espressione alla
nascita (1). Dopo lo svezzamento si assiste alla “downregulation” della sua attività, fino alla perdita completa
che si identifica nel fenotipo “non persistenza di lattasi”
(NLP). Tuttavia, in una piccola percentuale di soggetti
l’attività dell’enzima persiste anche nell’età adulta
[condizione nota come “persistenza di lattasi” (LP)] (1, 2).
Studi di popolazione hanno dimostrato che più del
70% della popolazione mondiale manifesta NLP; tale
frequenza assume valori pari a 1-5% nella popolazione
finlandese e del Nord della Francia, intorno al 5% nelle
popolazioni britanniche, di Nord America e Australia,
mentre Sud America, Africa e Asia mostrano una
frequenza molto alta, che varia dal 50% al 100% (3-6). In
Italia, il deficit di lattasi è presente nel 40% della
popolazione, con un caratteristico andamento crescente
secondo un gradiente nord-sud (7). Il fenotipo LP si
riscontra con una frequenza del 50% nelle regioni del
nord, 33% al centro e 29% al sud (8). Verosimilmente, la
pressione di selezione ha svolto un ruolo importante
nello stabilire tali frequenze. E’ stato ipotizzato che tale
tolleranza sia comparsa ~10.000 anni fa, quando l’uomo
è passato da uno stato di cacciatore-raccoglitore ad
attività basate sulla pastorizia, in cui il consumo di latte
ha rappresentato un vantaggio selettivo (9).
Nell’uomo, oltre alla forma NLP riconosciuta come
deficit ereditario, esiste un deficit congenito neonatale e
forme secondarie causate da patologie che determinano
alterazioni della mucosa digiunale. Nella maggior parte
dei soggetti NLP la sintomatologia si manifesta
prevalentemente a livello gastroenterico, con dolore
addominale e aumento della peristalsi, ma vengono
riportate anche complicanze extra-intestinali, quali dolori
muscolari e articolari, emicrania, vertigini e ulcerazioni
del cavo orale (1, 10, 11). La deficienza dell’attività della
lattasi è in parte compensata dall’azione della flora
batterica (soprattutto il genere Lactobacillus) in grado di
metabolizzare il lattosio.
Corrispondenza a: Maria Margollicci, UOC Medicina Molecolare, Azienda Universitaria Ospedaliera Senese, Viale Mario Bracci 16,
53100 Siena. Tel. 0577586524, Fax 0577586524, E-mail [email protected]
Ricevuto: 19.02.2014
Revisionato: 29.04.2014
Accettato: 14.05.2014
biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 6
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L’inquadramento corretto della NLP riveste grande
importanza nella diagnosi differenziale con patologie che
presentano una sintomatologia molto simile, quali
l’intolleranza alle proteine del latte, la malattia celiaca, il
morbo di Chron, la sindrome del colon irritabile e la colite
ulcerosa. Per la diagnosi di NLP i test attualmente più
utilizzati sono due: il “breath test” al lattosio (LHBT) e la
ricerca genetica dei polimorfismi C/T(-13910) e G/A(22018).
LHBT è un esame in cui si utilizza un
gascromatografo selettivo capace di quantificare le
p.p.m. di H2 emesse con il respiro del paziente, dopo
somministrazione di 400-500 mL di latte (contenenti 2025 g di lattosio) e successiva raccolta di 9 campioni di
aria espirata nelle 3-6 ore successive, a intervalli regolari
di 30 min (l’aumento delle ore di raccolta determina
l’incremento della specificità del test dal 40% al 60%)
(11). L’esame è positivo quando il livello di H2 nell’aria
espirata supera di almeno 20 p.p.m. i valori di base.
Questo esame non è specifico, ma ha un’alta sensibilità.
Può, però, dare falsi negativi per mancata produzione di
H2 (ad es., a causa di una terapia antibiotica) o falsi
positivi (per la presenza di un’elevata carica batterica
intestinale) (12). Prima dell’esame è necessario perciò
escludere terapie antibiotiche recenti, eseguire pulizia
intestinale, seguire una dieta adeguata, oltre che
valutare la comparsa di sintomi durante la sua
esecuzione (13).
Il test genetico ha sensibilità (93%) e specificità
(100%) maggiori rispetto al LHBT (14), permettendo di
escludere gli individui falsamente negativi, come i bassi
produttori di H2. E’ utile nell’inquadramento diagnostico
dei soggetti con un valore “borderline” al LHBT, non
necessita di particolari accorgimenti, ma è poco
informativo sul reale fenotipo dei soggetti di età <10 anni
(15). Oggi è possibile eseguire la determinazione del
genotipo tramite “polymerase chain reaction” (PCR),
utile per individuare i soggetti portatori degli alleli
predisponenti alla NLP (10). Grazie allo studio di Enattah
et al. (16), è stato identificato un polimorfismo localizzato
13.9 kb a monte del gene della lattasi (LCT), denominato
C/T(-13910). Studi in vitro hanno dimostrato che l’allele
T(-13910), a differenza della variante C(-13910),
aumenta la trascrizione di LCT mRNA, suggerendo un
possibile ruolo dell’allele stesso come “enhancer” (17).
Inoltre, è stata identificata un’altra regione, denominata
Oct-1, che sembra essere responsabile della
regolazione dell’attività stessa dell’“ehnancer” e
dell’attivazione del promotore. Mutazioni di Oct-1, infatti,
causano una “down-regulation” dell’“ehnancer”,
determinando una diminuzione di ~5 volte della sua
attività. L’attività dell’“enhancer” mediata da Oct-1
previene la fisiologica “down-regulation” dell’espressione
della lattasi dopo lo svezzamento, come avviene in tutti
gli altri mammiferi (16, 18).
La ricerca del polimorfismo C/T(-13910) può dare,
quindi, i seguenti risultati:
• variante omozigote C/C(-13910), associata a
ipolattasia nella quale la NLP può manifestarsi anche
in tarda età,
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•
variante eterozigote C/T(-13910), considerata non
predisponente alla NLP; si associa tuttavia alla
possibilità di insorgenza della sintomatologia
caratteristica in condizioni di stress o con il
progredire dell’età,
• variante omozigote T/T(-13910), associata con la LP
e quindi con la capacità di metabolizzare il lattosio.
L’assenza del polimorfismo C/C(-13910) non esclude,
tuttavia, l’eventuale presenza di altre mutazioni sullo
stesso gene che possano comunque determinare
intolleranza.
Il secondo polimorfismo G/A(-22018) è localizzato 8
kb a monte del gene LCT. Solo la variante omozigote
G/G(-22018) si associa alla condizione di NLP, se
presente insieme al genotipo C/C(-13910) (19, 20). Tale
polimorfismo funziona verosimilmente da co-regolatore
dell'attività della LPH ed è in “linkage disequilibrium” con
il polimorfismo C/T(-13910). Studi in vitro hanno
dimostrato che l’allele A/A(-22018), associato alla LP,
aumenta l’attività del promotore LCT di 1-2 volte, quando
associato all’allele T/T(-13910) (4).
Scopo del nostro studio è stata la caratterizzazione
dello spettro delle varianti alleliche alla base
dell’intolleranza al lattosio per contribuire a mettere in
evidenza l’eterogeneità genetica della NLP e a definire
l’eventuale correlazione genotipo-fenotipo, al fine di
valutare il grado di corrispondenza in soggetti sintomatici
e asintomatici.
MATERIALI E METODI
Soggetti
Lo studio dei polimorfismi C/T(-13910) e G/A(-22018)
è stato condotto su un gruppo di 200 soggetti di origine
italiana, di età compresa tra 3 e 20 anni, afferenti
all’Ambulatorio della Clinica Pediatrica dell’Azienda
Ospedaliera Universitaria di Siena per accertamenti nel
periodo tra marzo 2012 e novembre 2013. Per ogni
soggetto è stato estratto il DNA da un campione di saliva.
L’analisi mutazionale del gene LCT è stata eseguita su
un gruppo di 20 pazienti di età compresa tra 8 e 20 anni,
giunti in ambulatorio nello stesso periodo di tempo,
selezionati per sospetta NLP e per altre patologie. In
base ai dati raccolti, il gruppo è stato suddiviso in 10
soggetti sintomatici per NLP e 10 soggetti asintomatici. È
stato verificato che non esistessero rapporti di parentela
tra i soggetti arruolati. In tutti i pazienti NLP è stata
esclusa l’intolleranza alle proteine del latte. Per tutti è
stato ottenuto il consenso alla raccolta dei campioni
biologici. I dati anamnestici relativi di ciascun paziente
riguardavano le abitudini alimentari (quantità di latte
giornaliero assunto, comparsa, tempo d’insorgenza e
durata della sintomatologia dopo ingestione di latte e
derivati), la provenienza geografica e l’anamnesi
familiare per tale patologia.
Analisi molecolare
I campioni di saliva sono stati conservati a una
temperatura di -80 °C fino al momento dell'estrazione del
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DNA, eseguita utilizzando il kit “Wizard genomics DNA
purification” (Promega), basato sulla procedura di Miller
(21). Il DNA estratto è stato quantificato mediante lettura
al Nanodrop (EuroClone) a 260/280 nm e diluito alla
concentrazione di lavoro di 10 µg/L. La presenza di
ciascun polimorfismo è stata valutata mediante PCR
utilizzando la “mix Type It” (Explera). La metodica è stata
condotta secondo le indicazioni del produttore. Alla fine
di ogni seduta di PCR, lo screening delle mutazioni del
gene LCT è stato effettuato mediante analisi “high
resolution melting” (HRM), attraverso la quale è possibile
evidenziare, in un solo passaggio, varianti di sequenza di
DNA. In associazione all’utilizzo di una serie di
intercalanti fluorescenti del DNA (ad es., EvaGreen o
LCGreen), tale tecnica di amplificazione permette di
monitorare in continuo la denaturazione a elevata
risoluzione dell’amplicone in esame durante una curva di
dissociazione termica (“melting”), tramite misura della
diminuzione della fluorescenza. I frammenti di PCR con
curve di “melting” non sovrapponibili ai controlli sono stati
sequenziati mediante il sequenziatore automatico “CEQ
8000” Beckman Coulter (metodo enzimatico di Sanger),
secondo il protocollo riportato nel kit “Quick Start”
Beckman Coulter. Le sequenze del gene LCT sono state
analizzate rispetto alla sequenza “wild-type” riportata in
Genebank (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/genbank/index.
html) NM_002299.2. I 17 esoni del gene LCT e le regioni
introniche fiancheggianti sono stati amplificati utilizzando
coppie di “primer” specifiche per ogni amplificato. I
“primer” per l’analisi dei polimorfismi C/T(-13910) e G/A(22018) e quelli per lo studio delle mutazioni del gene LCT
sono stati disegnati utilizzando il “software online primer3”
(http://frodo.wi.mit.edu/cgibin/primer3/primer3_ www.cgi),
a eccezione delle coppie di “primer” per gli esoni 4, 12, 14
e 16, reperiti dalla letteratura (22). I “primer” utilizzati sono
riportati nella Tabella 1.
Per le analisi di predizione della stabilità della proteina
in seguito a mutazione sono stati utilizzati i seguenti
software:
I-Mutant2
(http://gpcr.biocomp.unibo.
it/cgi/predictors/I-Mutant2.0), Mut-Pred (http://mutpred.
mutdb.org) e PolyPhen-2 (http://genetics.bwh.harvard.
edu/pph2).
Tabella 1
“Primer” utilizzati per l’analisi mutazionale del gene della lattasi (LCT) e per i polimorfismi associati all’intolleranza al lattosio
Esone
“Primer forward (5’-3’)”
“Primer reverse (3’-5’)”
bp
1b
atttctgtcatgggcacagc
gtgtgtgatgaaggttgcc
395
1a
2
3
4
5
6a
6b
6c
7a
7b
7c
8a
8b
8c
8d
8e
9
10
11
12
13
14
15
16
17
-13910
-22018
gcagttataaagtaagggttcc
ttggatgatttcttcaggtc
tttctcattccatctccatc
ttagaggtcatttccaaagc
gtatgagcgaggaaaactgt
atggctttgcagatatgact
ctgcctatcagagaatctgg
tgcctactacaacaagctga
gttcattagtcctgttgttgtc
ctgaggacccagatccaaca
agacctcatcctcttggatt
gtgagaccccatctcaatta
cgtgggatgccgatggcaaa
cagacctttggtgatagagtc
tgccaagcttcactgaggaa
tgccaagcttcactgaggaa
tcctggtgtcaagctctcct
agactcacccagtgaaagaa
acatctaacctagggcttcc
cacagccaggtaataagagg
gagacctgtggacactgaag
ctgaaggacctcttctcctt
tgaggcaatttgattcttct
cctttctaaagatgctggtg
caagcaagcatgtcagataa
catacgaccatggaattctt
aaaccaatcttgcatttctg
tcttgagggccttgaggagt
cactcattctgaggcatttac
gtttatgcagtagccaaagc
cggactttcaagactgctac
tcatcaattgaatggcaata
aagccttcagggaaagtatc
atcctgtagcctgtcaatca
gctgatggaagaaaacagag
gagttcacagaggcagagaa
gaacaatggatgtgccagtg
gaaccttgggaaagagagtt
ctcttccgcttatcagattg
atggctaggttatggctcag
ctgcctcaacacgtactact
atcttccaacattccctggg
atcttccaacattccctggg
tgactgcacacctgccctgt
atttgaaaccagcattttgt
aagaatgccatgattcaaag
tatagacatgagccaccaca
gctgggctaagctttacata
ttctgccttttccagagat
ctgtatcacactcctgcaaa
ccttcacccttaggctttat
gccggtaaacatagatgaag
ctactccccttttacctcgt
ctctcgagtagctgggacta
302
306
329
302
302
309
389
374
436
518
365
338
318
547
562
419
422
471
312
482
422
355
453
496
531
322
313
biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 6
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proteina stessa. L’analisi di allineamento multiplo di
sequenze dimostra che il residuo di valina è conservato
anche in organismi filogeneticamente distanti. Tale SNP
è stato identificato solo in un paziente con polimorfismo
C/T(-13910) e fenotipo tollerante.
SNP sinonimo identificato nell’esone 6b,
c.[1124G>A], non produce nessun tipo di variazione a
livello amminoacidico. Tale polimorfismo ha mostrato
alterazioni della curva di “melting” nell’amplicone di un
paziente con genotipo C/C(-13910) e fenotipo
intollerante.
Una mutazione sinonima c.[C3252T], identificata
nell’esone 10, in posizione 1443 della sequenza
amminoacidica, è stata ritrovata, in omozigosi, in un
paziente con genotipo C/T(-13910) e fenotipo
intollerante e, in eterozigosi, in un paziente con genotipo
T/T(-13910) e fenotipo tollerante.
SNP sinonimo c.[2902C>T], identificato nell’esone
11, non produce nessuna variazione a livello
amminoacidico. Tale SNP è stato identificato in due
soggetti entrambi con genotipo C/C(-13910) e fenotipo
intollerante.
Una mutazione sinonima c.[T48614C], identificata
nell’esone 17, ha messo in evidenza la presenza di una
sostituzione di una T con una C di un codone codificante
l’arginina in posizione 1856 della sequenza
aminoacidica. Dei 4 soggetti analizzati, due
appartenevano al gruppo dei pazienti con genotipo C/C(13910) e fenotipo intollerante-sintomatico, uno a quello
con genotipo C/T(-13910) e fenotipo tolleranteasintomatico e uno a quello con genotipo T/T(-13910) e
fenotipo tollerante-asintomatico.
Sono state, inoltre, identificate sostituzioni introniche,
lontane dai siti di “splicing” (relative agli esoni 14, 15,
16).
RISULTATI
L’analisi del polimorfismo C/T(-13910) ha evidenziato
per l’allele C/C(-13910) una frequenza del 76,3%, per
l’allele C/T(-13910) una frequenza del 23,7% e per
l’allele T/T(-13910) una frequenza del 8% dei casi.
Dall’analisi del polimorfismo G/A(-22018) è stato
possibile evidenziare per l’allele G/G(-22018) una
frequenza pari al 53,3%, per l’allele G/A(-22018) una
frequenza pari al 33,3% e per l’allele A/A(-22018) una
frequenza pari al 13,3%. L’associazione dei polimorfismi
C/C(-13910) e G/G(-22018) ha mostrato una frequenza
pari al 60% con fenotipo intollerante.
Lo “screening” mutazionale del gene LCT, mediante
HRM, nel gruppo di 20 pazienti precedentemente
indicato (10 NLP e 10 LP) ha evidenziato anomalie delle
curve di “melting”, rispetto ai controlli interni a sequenza
nota, in 22 ampliconi. Il successivo sequenziamento ha
permesso l’identificazione di differenti mutazioni, di cui 4
polimorfismi a singlo nucleotide (SNPs) e due mutazioni
sinonime (Tabella 2), definiti secondo la nomenclatura
HGVS (“Human Genome Variation Society”) (sequenza
di riferimento LCT NG_008104.2 e la sequenza proteica
NP_002290.2).
SNP missenso c.[666G>A], identificato nell’esone 2,
determina il cambiamento dell’amminoacido in posizione
219 da valina (V) a isoleucina (I), con caratteristiche
chimico-fisiche uguali (Figura 1). L’analisi in silico di
stabilità della proteina mutata (http://mutpred.mutdb.org,
http://gpcr.biocomp.unibo.it/cgi/predictors/I-Mutant2.0)
ha suggerito che questa variante allelica non influenza la
stabilità della stessa a temperatura di 37 °C e pH 7,0.
Inoltre, studi di allineamento multiplo tra le sequenze
proteiche di uomo e altri organismi appartenenti a specie
differenti mostrano che il residuo amminoacidico
coinvolto è conservato nella sequenza “consensus”. Tale
SNP è presente nel 71,4% dei pazienti portatori
dell’allele C/C(-13910) e fenotipo NLP e nel 28,6% dei
pazienti portatori dell’allele C/T(-13910) e fenotipo
tollerante.
SNP missenso c.[1095A>G] è stato identificato
nell’esone 6a. La valutazione della stabilità della proteina
in seguito alla presenza della variante allelica con i
“software” I-Mutant, Mut-Pred e PolyPhen-2 non associa
alla mutazione una diminuzione della stabilità della
Tabella 2
Polimorfismi e mutazioni identificate nel gene della lattasi (LCT)
Esone
No. soggetti
Mutazione
Ex2
7 (2 LP; 5 NLP)
c. [666G>A]
Ex6b
1 NLP
c. [1124G>A]
Ex6a
Ex10
Ex11
Ex17
1 LP
2 (1 NLP; 1 LP)
2 NLP
4 (2 NLP; 2 LP)
c. [1095A>G]
c. [C3252T]
c. [2902C>T]
c. [T48614C]
LP, persistenza di lattasi; NLP, non persistenza di lattasi.
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DISCUSSIONE
Scopo del nostro studio è stata la valutazione della
correlazione genotipo-fenotipo sia attraverso l’analisi
delle frequenze alleliche dei polimorfismi C/T(-13910) e
G/A(-22018) sia attraverso l’identificazione di varianti
alleliche della sequenza genica del gene LCT. Le
frequenze da noi individuate sono sovrapponibili a quelle
riportate nello studio di Swallow et al. (8).
Alterazione
amminoacidica
Posizione
proteina
Tipo polimorfismo o
mutazione
I→V
362
Missenso
V→I
R
G
L
R
219
371
1443
968
1856
Missenso
Sinonimo
Sinonima
Sinonimo
Sinonima
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A
B
Figura 1
A) “High resolution melting” (HRM) dell’esone 2 che evidenzia una curva di “melting” non sovrapponibile ai controlli propria della
mutazione missenso c.[666G>A]. B) Relativo elettroferogramma che conferma la presenza di un polimorfismo a singolo nucleotide
in cui è visibile la transizione A/G.
I nostri risultati hanno confermato la possibilità di una
diagnosi molecolare per la predisposizione genetica a
NLP/LP mediante estrazione di DNA da campioni di
saliva e l’uso combinato di HRM e sequenziamento
genico. La metodica da noi utilizzata ci permette di
estrarre il DNA da campioni di saliva e, senza costi
aggiuntivi, rappresenta un metodo non invasivo
facilmente gestibile, soprattutto nelle popolazioni in età
pediatrica. Questa metodica presenta numerosi vantaggi
quali facilità di preparazione dei campioni, velocità di
analisi “close tube”, costo ridotto, sensibilità e specificità
sovrapponibili con quelle di altre tecniche.
Lo studio dei polimorfismi C/T(-13910) e G/A(-22018)
ci ha consentito di analizzare la distribuzione delle
frequenze e paragonarla con quella rilevata in altre
popolazioni. Le mutazioni da noi identificate nei vari
genotipi NLP e LP, tuttavia, non hanno mostrato
frequenze statisticamente significative, tali da
permettere una correlazione diretta genotipo-fenotipo.
I cambiamenti nucleotidici evidenziati nella sequenza
del gene LCT, inoltre, non alterano la stabilità della
proteina enzimatica, come mostrato dall’analisi in silico
da noi eseguita, in accordo con lo studio di Boll et al.
(22).
Conoscere l’assetto genetico del polimorfismo C/T(13910) e G/A(-22018) è comunque importante sia per la
diagnosi di intolleranza, sia per la diagnosi differenziale
rispetto a ipolattasie secondarie (morbo di Chron,
alcolismo cronico, celiachia, disordini nutrizionali,
gastroenteriti e interventi chirurgici), che richiedono un
approccio terapeutico diverso. Tale informazione, inoltre,
può essere estremamente utile anche a scopo
preventivo, consentendo ai soggetti con genotipo
predisponente di ridurre la quantità di latte ingerito o
incentivare l’utilizzo di prodotti a basso contenuto di
lattosio e ricchi di probiotici, evitando l’insorgenza
precoce di una sintomatologia alquanto fastidiosa. La
prevalenza del fenotipo intollerante, individuata solo
sulla base dei sintomi clinici senza l’ausilio dell’analisi
genetica, è probabilmente molto sottostimata a causa
della notevole variabilità dello spettro sintomatico.
L’intolleranza al lattosio è una condizione
eterogenea, multifattoriale, che va studiata sulla base di
diversi parametri di valutazione (caratterizzazione
genotipica, quantità di lattosio assunto giornalmente,
provenienza geografica, sintomatologia associata e
screening familiare). L’espressione fenotipica di tale
intolleranza, infatti, è legata sì a fattori genetici, ma
anche all’interazione con variabili ambientali. Risulta
evidente, perciò, come sia senz’altro necessario
condurre ulteriori studi volti a una migliore e più
approfondita
comprensione
dei
meccanismi
biomolecolari alla base del metabolismo del lattosio.
CONFLITTO DI INTERESSI
Nessuno.
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