CONTRIBUTI SCIENTIFICI SCIENTIFIC PAPERS Studio dello spettro mutazionale del gene lattasi nell’intolleranza ereditaria al lattosio (ipolattasia dell’adulto) Maria Fortunata Lofiego1, Maddalena Cioni2, Luana Peruzzi1, Lucia Serracca1, Anna Berardi1, Alessandra Mazzi1, Maria Margollicci1 1UOC Medicina Molecolare e 2UOC Clinica Pediatrica, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Siena ABSTRACT Study of the mutational spectrum of lactase gene in the inherited lactose intolerance (adult-type hypolactasia). "Lactose intolerance" describes disorders related to the inability to digest dietary lactose, due to a deficiency of the lactase-phloridzin hydrolase (LPH). In humans, unlike all other mammals, the LPH enzyme undergoes after weaning a down-regulation of its activity, a condition known as "not persistence of lactase" (NLP). There are, however, some individuals who retain the ability to digest milk and dairy products into adulthood, showing the phenotype of the "lactase persistence" (LP). In Caucasians, this phenotype is associated to genetic C/T(-13910) and G/A(-22018) single nucleotide polymorphisms (SNPs). The NLP condition is characterized by remarkable phenotypic variability and considered to be a heterogeneous and multifactorial condition, linked to genetic factors and environmental variables. Our study evaluated the frequency of C/T(-13910) and G/A(-22018) SNPs and of the lactase gene (LCT) mutations in a group of young individuals. The frequency of the two SNPs was comparable to that present in literature, while the LCT mutation analysis identified 4 polymorphisms, two missense mutations and some intronic substitutions, distant from the splice sites. We identified the allelic variants in silico and the subsequent analysis showed no significant changes in the aminoacidic sequence of the protein such as to justify the different phenotypic expression of lactose intolerance. INTRODUZIONE Il lattosio è un disaccaride composto da glucosio e galattosio che, introdotto con la dieta, viene idrolizzato a livello intestinale dall’enzima lattasi-florizina idrolasi (LPH) presente sulla superficie dell’orletto a spazzola degli enterociti dell’intestino medio-digiunale, laddove è espresso in abbondanza. LPH compare sulla superficie della mucosa del piccolo intestino già alla 8^ settimana di gestazione, raggiungendo il massimo di espressione alla nascita (1). Dopo lo svezzamento si assiste alla “downregulation” della sua attività, fino alla perdita completa che si identifica nel fenotipo “non persistenza di lattasi” (NLP). Tuttavia, in una piccola percentuale di soggetti l’attività dell’enzima persiste anche nell’età adulta [condizione nota come “persistenza di lattasi” (LP)] (1, 2). Studi di popolazione hanno dimostrato che più del 70% della popolazione mondiale manifesta NLP; tale frequenza assume valori pari a 1-5% nella popolazione finlandese e del Nord della Francia, intorno al 5% nelle popolazioni britanniche, di Nord America e Australia, mentre Sud America, Africa e Asia mostrano una frequenza molto alta, che varia dal 50% al 100% (3-6). In Italia, il deficit di lattasi è presente nel 40% della popolazione, con un caratteristico andamento crescente secondo un gradiente nord-sud (7). Il fenotipo LP si riscontra con una frequenza del 50% nelle regioni del nord, 33% al centro e 29% al sud (8). Verosimilmente, la pressione di selezione ha svolto un ruolo importante nello stabilire tali frequenze. E’ stato ipotizzato che tale tolleranza sia comparsa ~10.000 anni fa, quando l’uomo è passato da uno stato di cacciatore-raccoglitore ad attività basate sulla pastorizia, in cui il consumo di latte ha rappresentato un vantaggio selettivo (9). Nell’uomo, oltre alla forma NLP riconosciuta come deficit ereditario, esiste un deficit congenito neonatale e forme secondarie causate da patologie che determinano alterazioni della mucosa digiunale. Nella maggior parte dei soggetti NLP la sintomatologia si manifesta prevalentemente a livello gastroenterico, con dolore addominale e aumento della peristalsi, ma vengono riportate anche complicanze extra-intestinali, quali dolori muscolari e articolari, emicrania, vertigini e ulcerazioni del cavo orale (1, 10, 11). La deficienza dell’attività della lattasi è in parte compensata dall’azione della flora batterica (soprattutto il genere Lactobacillus) in grado di metabolizzare il lattosio. Corrispondenza a: Maria Margollicci, UOC Medicina Molecolare, Azienda Universitaria Ospedaliera Senese, Viale Mario Bracci 16, 53100 Siena. Tel. 0577586524, Fax 0577586524, E-mail [email protected] Ricevuto: 19.02.2014 Revisionato: 29.04.2014 Accettato: 14.05.2014 biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 6 615 SCIENTIFIC PAPERS CONTRIBUTI SCIENTIFICI L’inquadramento corretto della NLP riveste grande importanza nella diagnosi differenziale con patologie che presentano una sintomatologia molto simile, quali l’intolleranza alle proteine del latte, la malattia celiaca, il morbo di Chron, la sindrome del colon irritabile e la colite ulcerosa. Per la diagnosi di NLP i test attualmente più utilizzati sono due: il “breath test” al lattosio (LHBT) e la ricerca genetica dei polimorfismi C/T(-13910) e G/A(22018). LHBT è un esame in cui si utilizza un gascromatografo selettivo capace di quantificare le p.p.m. di H2 emesse con il respiro del paziente, dopo somministrazione di 400-500 mL di latte (contenenti 2025 g di lattosio) e successiva raccolta di 9 campioni di aria espirata nelle 3-6 ore successive, a intervalli regolari di 30 min (l’aumento delle ore di raccolta determina l’incremento della specificità del test dal 40% al 60%) (11). L’esame è positivo quando il livello di H2 nell’aria espirata supera di almeno 20 p.p.m. i valori di base. Questo esame non è specifico, ma ha un’alta sensibilità. Può, però, dare falsi negativi per mancata produzione di H2 (ad es., a causa di una terapia antibiotica) o falsi positivi (per la presenza di un’elevata carica batterica intestinale) (12). Prima dell’esame è necessario perciò escludere terapie antibiotiche recenti, eseguire pulizia intestinale, seguire una dieta adeguata, oltre che valutare la comparsa di sintomi durante la sua esecuzione (13). Il test genetico ha sensibilità (93%) e specificità (100%) maggiori rispetto al LHBT (14), permettendo di escludere gli individui falsamente negativi, come i bassi produttori di H2. E’ utile nell’inquadramento diagnostico dei soggetti con un valore “borderline” al LHBT, non necessita di particolari accorgimenti, ma è poco informativo sul reale fenotipo dei soggetti di età <10 anni (15). Oggi è possibile eseguire la determinazione del genotipo tramite “polymerase chain reaction” (PCR), utile per individuare i soggetti portatori degli alleli predisponenti alla NLP (10). Grazie allo studio di Enattah et al. (16), è stato identificato un polimorfismo localizzato 13.9 kb a monte del gene della lattasi (LCT), denominato C/T(-13910). Studi in vitro hanno dimostrato che l’allele T(-13910), a differenza della variante C(-13910), aumenta la trascrizione di LCT mRNA, suggerendo un possibile ruolo dell’allele stesso come “enhancer” (17). Inoltre, è stata identificata un’altra regione, denominata Oct-1, che sembra essere responsabile della regolazione dell’attività stessa dell’“ehnancer” e dell’attivazione del promotore. Mutazioni di Oct-1, infatti, causano una “down-regulation” dell’“ehnancer”, determinando una diminuzione di ~5 volte della sua attività. L’attività dell’“enhancer” mediata da Oct-1 previene la fisiologica “down-regulation” dell’espressione della lattasi dopo lo svezzamento, come avviene in tutti gli altri mammiferi (16, 18). La ricerca del polimorfismo C/T(-13910) può dare, quindi, i seguenti risultati: • variante omozigote C/C(-13910), associata a ipolattasia nella quale la NLP può manifestarsi anche in tarda età, 616 biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 6 • variante eterozigote C/T(-13910), considerata non predisponente alla NLP; si associa tuttavia alla possibilità di insorgenza della sintomatologia caratteristica in condizioni di stress o con il progredire dell’età, • variante omozigote T/T(-13910), associata con la LP e quindi con la capacità di metabolizzare il lattosio. L’assenza del polimorfismo C/C(-13910) non esclude, tuttavia, l’eventuale presenza di altre mutazioni sullo stesso gene che possano comunque determinare intolleranza. Il secondo polimorfismo G/A(-22018) è localizzato 8 kb a monte del gene LCT. Solo la variante omozigote G/G(-22018) si associa alla condizione di NLP, se presente insieme al genotipo C/C(-13910) (19, 20). Tale polimorfismo funziona verosimilmente da co-regolatore dell'attività della LPH ed è in “linkage disequilibrium” con il polimorfismo C/T(-13910). Studi in vitro hanno dimostrato che l’allele A/A(-22018), associato alla LP, aumenta l’attività del promotore LCT di 1-2 volte, quando associato all’allele T/T(-13910) (4). Scopo del nostro studio è stata la caratterizzazione dello spettro delle varianti alleliche alla base dell’intolleranza al lattosio per contribuire a mettere in evidenza l’eterogeneità genetica della NLP e a definire l’eventuale correlazione genotipo-fenotipo, al fine di valutare il grado di corrispondenza in soggetti sintomatici e asintomatici. MATERIALI E METODI Soggetti Lo studio dei polimorfismi C/T(-13910) e G/A(-22018) è stato condotto su un gruppo di 200 soggetti di origine italiana, di età compresa tra 3 e 20 anni, afferenti all’Ambulatorio della Clinica Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Siena per accertamenti nel periodo tra marzo 2012 e novembre 2013. Per ogni soggetto è stato estratto il DNA da un campione di saliva. L’analisi mutazionale del gene LCT è stata eseguita su un gruppo di 20 pazienti di età compresa tra 8 e 20 anni, giunti in ambulatorio nello stesso periodo di tempo, selezionati per sospetta NLP e per altre patologie. In base ai dati raccolti, il gruppo è stato suddiviso in 10 soggetti sintomatici per NLP e 10 soggetti asintomatici. È stato verificato che non esistessero rapporti di parentela tra i soggetti arruolati. In tutti i pazienti NLP è stata esclusa l’intolleranza alle proteine del latte. Per tutti è stato ottenuto il consenso alla raccolta dei campioni biologici. I dati anamnestici relativi di ciascun paziente riguardavano le abitudini alimentari (quantità di latte giornaliero assunto, comparsa, tempo d’insorgenza e durata della sintomatologia dopo ingestione di latte e derivati), la provenienza geografica e l’anamnesi familiare per tale patologia. Analisi molecolare I campioni di saliva sono stati conservati a una temperatura di -80 °C fino al momento dell'estrazione del CONTRIBUTI SCIENTIFICI SCIENTIFIC PAPERS DNA, eseguita utilizzando il kit “Wizard genomics DNA purification” (Promega), basato sulla procedura di Miller (21). Il DNA estratto è stato quantificato mediante lettura al Nanodrop (EuroClone) a 260/280 nm e diluito alla concentrazione di lavoro di 10 µg/L. La presenza di ciascun polimorfismo è stata valutata mediante PCR utilizzando la “mix Type It” (Explera). La metodica è stata condotta secondo le indicazioni del produttore. Alla fine di ogni seduta di PCR, lo screening delle mutazioni del gene LCT è stato effettuato mediante analisi “high resolution melting” (HRM), attraverso la quale è possibile evidenziare, in un solo passaggio, varianti di sequenza di DNA. In associazione all’utilizzo di una serie di intercalanti fluorescenti del DNA (ad es., EvaGreen o LCGreen), tale tecnica di amplificazione permette di monitorare in continuo la denaturazione a elevata risoluzione dell’amplicone in esame durante una curva di dissociazione termica (“melting”), tramite misura della diminuzione della fluorescenza. I frammenti di PCR con curve di “melting” non sovrapponibili ai controlli sono stati sequenziati mediante il sequenziatore automatico “CEQ 8000” Beckman Coulter (metodo enzimatico di Sanger), secondo il protocollo riportato nel kit “Quick Start” Beckman Coulter. Le sequenze del gene LCT sono state analizzate rispetto alla sequenza “wild-type” riportata in Genebank (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/genbank/index. html) NM_002299.2. I 17 esoni del gene LCT e le regioni introniche fiancheggianti sono stati amplificati utilizzando coppie di “primer” specifiche per ogni amplificato. I “primer” per l’analisi dei polimorfismi C/T(-13910) e G/A(22018) e quelli per lo studio delle mutazioni del gene LCT sono stati disegnati utilizzando il “software online primer3” (http://frodo.wi.mit.edu/cgibin/primer3/primer3_ www.cgi), a eccezione delle coppie di “primer” per gli esoni 4, 12, 14 e 16, reperiti dalla letteratura (22). I “primer” utilizzati sono riportati nella Tabella 1. Per le analisi di predizione della stabilità della proteina in seguito a mutazione sono stati utilizzati i seguenti software: I-Mutant2 (http://gpcr.biocomp.unibo. it/cgi/predictors/I-Mutant2.0), Mut-Pred (http://mutpred. mutdb.org) e PolyPhen-2 (http://genetics.bwh.harvard. edu/pph2). Tabella 1 “Primer” utilizzati per l’analisi mutazionale del gene della lattasi (LCT) e per i polimorfismi associati all’intolleranza al lattosio Esone “Primer forward (5’-3’)” “Primer reverse (3’-5’)” bp 1b atttctgtcatgggcacagc gtgtgtgatgaaggttgcc 395 1a 2 3 4 5 6a 6b 6c 7a 7b 7c 8a 8b 8c 8d 8e 9 10 11 12 13 14 15 16 17 -13910 -22018 gcagttataaagtaagggttcc ttggatgatttcttcaggtc tttctcattccatctccatc ttagaggtcatttccaaagc gtatgagcgaggaaaactgt atggctttgcagatatgact ctgcctatcagagaatctgg tgcctactacaacaagctga gttcattagtcctgttgttgtc ctgaggacccagatccaaca agacctcatcctcttggatt gtgagaccccatctcaatta cgtgggatgccgatggcaaa cagacctttggtgatagagtc tgccaagcttcactgaggaa tgccaagcttcactgaggaa tcctggtgtcaagctctcct agactcacccagtgaaagaa acatctaacctagggcttcc cacagccaggtaataagagg gagacctgtggacactgaag ctgaaggacctcttctcctt tgaggcaatttgattcttct cctttctaaagatgctggtg caagcaagcatgtcagataa catacgaccatggaattctt aaaccaatcttgcatttctg tcttgagggccttgaggagt cactcattctgaggcatttac gtttatgcagtagccaaagc cggactttcaagactgctac tcatcaattgaatggcaata aagccttcagggaaagtatc atcctgtagcctgtcaatca gctgatggaagaaaacagag gagttcacagaggcagagaa gaacaatggatgtgccagtg gaaccttgggaaagagagtt ctcttccgcttatcagattg atggctaggttatggctcag ctgcctcaacacgtactact atcttccaacattccctggg atcttccaacattccctggg tgactgcacacctgccctgt atttgaaaccagcattttgt aagaatgccatgattcaaag tatagacatgagccaccaca gctgggctaagctttacata ttctgccttttccagagat ctgtatcacactcctgcaaa ccttcacccttaggctttat gccggtaaacatagatgaag ctactccccttttacctcgt ctctcgagtagctgggacta 302 306 329 302 302 309 389 374 436 518 365 338 318 547 562 419 422 471 312 482 422 355 453 496 531 322 313 biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 6 617 SCIENTIFIC PAPERS CONTRIBUTI SCIENTIFICI proteina stessa. L’analisi di allineamento multiplo di sequenze dimostra che il residuo di valina è conservato anche in organismi filogeneticamente distanti. Tale SNP è stato identificato solo in un paziente con polimorfismo C/T(-13910) e fenotipo tollerante. SNP sinonimo identificato nell’esone 6b, c.[1124G>A], non produce nessun tipo di variazione a livello amminoacidico. Tale polimorfismo ha mostrato alterazioni della curva di “melting” nell’amplicone di un paziente con genotipo C/C(-13910) e fenotipo intollerante. Una mutazione sinonima c.[C3252T], identificata nell’esone 10, in posizione 1443 della sequenza amminoacidica, è stata ritrovata, in omozigosi, in un paziente con genotipo C/T(-13910) e fenotipo intollerante e, in eterozigosi, in un paziente con genotipo T/T(-13910) e fenotipo tollerante. SNP sinonimo c.[2902C>T], identificato nell’esone 11, non produce nessuna variazione a livello amminoacidico. Tale SNP è stato identificato in due soggetti entrambi con genotipo C/C(-13910) e fenotipo intollerante. Una mutazione sinonima c.[T48614C], identificata nell’esone 17, ha messo in evidenza la presenza di una sostituzione di una T con una C di un codone codificante l’arginina in posizione 1856 della sequenza aminoacidica. Dei 4 soggetti analizzati, due appartenevano al gruppo dei pazienti con genotipo C/C(13910) e fenotipo intollerante-sintomatico, uno a quello con genotipo C/T(-13910) e fenotipo tolleranteasintomatico e uno a quello con genotipo T/T(-13910) e fenotipo tollerante-asintomatico. Sono state, inoltre, identificate sostituzioni introniche, lontane dai siti di “splicing” (relative agli esoni 14, 15, 16). RISULTATI L’analisi del polimorfismo C/T(-13910) ha evidenziato per l’allele C/C(-13910) una frequenza del 76,3%, per l’allele C/T(-13910) una frequenza del 23,7% e per l’allele T/T(-13910) una frequenza del 8% dei casi. Dall’analisi del polimorfismo G/A(-22018) è stato possibile evidenziare per l’allele G/G(-22018) una frequenza pari al 53,3%, per l’allele G/A(-22018) una frequenza pari al 33,3% e per l’allele A/A(-22018) una frequenza pari al 13,3%. L’associazione dei polimorfismi C/C(-13910) e G/G(-22018) ha mostrato una frequenza pari al 60% con fenotipo intollerante. Lo “screening” mutazionale del gene LCT, mediante HRM, nel gruppo di 20 pazienti precedentemente indicato (10 NLP e 10 LP) ha evidenziato anomalie delle curve di “melting”, rispetto ai controlli interni a sequenza nota, in 22 ampliconi. Il successivo sequenziamento ha permesso l’identificazione di differenti mutazioni, di cui 4 polimorfismi a singlo nucleotide (SNPs) e due mutazioni sinonime (Tabella 2), definiti secondo la nomenclatura HGVS (“Human Genome Variation Society”) (sequenza di riferimento LCT NG_008104.2 e la sequenza proteica NP_002290.2). SNP missenso c.[666G>A], identificato nell’esone 2, determina il cambiamento dell’amminoacido in posizione 219 da valina (V) a isoleucina (I), con caratteristiche chimico-fisiche uguali (Figura 1). L’analisi in silico di stabilità della proteina mutata (http://mutpred.mutdb.org, http://gpcr.biocomp.unibo.it/cgi/predictors/I-Mutant2.0) ha suggerito che questa variante allelica non influenza la stabilità della stessa a temperatura di 37 °C e pH 7,0. Inoltre, studi di allineamento multiplo tra le sequenze proteiche di uomo e altri organismi appartenenti a specie differenti mostrano che il residuo amminoacidico coinvolto è conservato nella sequenza “consensus”. Tale SNP è presente nel 71,4% dei pazienti portatori dell’allele C/C(-13910) e fenotipo NLP e nel 28,6% dei pazienti portatori dell’allele C/T(-13910) e fenotipo tollerante. SNP missenso c.[1095A>G] è stato identificato nell’esone 6a. La valutazione della stabilità della proteina in seguito alla presenza della variante allelica con i “software” I-Mutant, Mut-Pred e PolyPhen-2 non associa alla mutazione una diminuzione della stabilità della Tabella 2 Polimorfismi e mutazioni identificate nel gene della lattasi (LCT) Esone No. soggetti Mutazione Ex2 7 (2 LP; 5 NLP) c. [666G>A] Ex6b 1 NLP c. [1124G>A] Ex6a Ex10 Ex11 Ex17 1 LP 2 (1 NLP; 1 LP) 2 NLP 4 (2 NLP; 2 LP) c. [1095A>G] c. [C3252T] c. [2902C>T] c. [T48614C] LP, persistenza di lattasi; NLP, non persistenza di lattasi. 618 biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 6 DISCUSSIONE Scopo del nostro studio è stata la valutazione della correlazione genotipo-fenotipo sia attraverso l’analisi delle frequenze alleliche dei polimorfismi C/T(-13910) e G/A(-22018) sia attraverso l’identificazione di varianti alleliche della sequenza genica del gene LCT. Le frequenze da noi individuate sono sovrapponibili a quelle riportate nello studio di Swallow et al. (8). Alterazione amminoacidica Posizione proteina Tipo polimorfismo o mutazione I→V 362 Missenso V→I R G L R 219 371 1443 968 1856 Missenso Sinonimo Sinonima Sinonimo Sinonima CONTRIBUTI SCIENTIFICI SCIENTIFIC PAPERS A B Figura 1 A) “High resolution melting” (HRM) dell’esone 2 che evidenzia una curva di “melting” non sovrapponibile ai controlli propria della mutazione missenso c.[666G>A]. B) Relativo elettroferogramma che conferma la presenza di un polimorfismo a singolo nucleotide in cui è visibile la transizione A/G. I nostri risultati hanno confermato la possibilità di una diagnosi molecolare per la predisposizione genetica a NLP/LP mediante estrazione di DNA da campioni di saliva e l’uso combinato di HRM e sequenziamento genico. La metodica da noi utilizzata ci permette di estrarre il DNA da campioni di saliva e, senza costi aggiuntivi, rappresenta un metodo non invasivo facilmente gestibile, soprattutto nelle popolazioni in età pediatrica. Questa metodica presenta numerosi vantaggi quali facilità di preparazione dei campioni, velocità di analisi “close tube”, costo ridotto, sensibilità e specificità sovrapponibili con quelle di altre tecniche. Lo studio dei polimorfismi C/T(-13910) e G/A(-22018) ci ha consentito di analizzare la distribuzione delle frequenze e paragonarla con quella rilevata in altre popolazioni. Le mutazioni da noi identificate nei vari genotipi NLP e LP, tuttavia, non hanno mostrato frequenze statisticamente significative, tali da permettere una correlazione diretta genotipo-fenotipo. I cambiamenti nucleotidici evidenziati nella sequenza del gene LCT, inoltre, non alterano la stabilità della proteina enzimatica, come mostrato dall’analisi in silico da noi eseguita, in accordo con lo studio di Boll et al. (22). Conoscere l’assetto genetico del polimorfismo C/T(13910) e G/A(-22018) è comunque importante sia per la diagnosi di intolleranza, sia per la diagnosi differenziale rispetto a ipolattasie secondarie (morbo di Chron, alcolismo cronico, celiachia, disordini nutrizionali, gastroenteriti e interventi chirurgici), che richiedono un approccio terapeutico diverso. Tale informazione, inoltre, può essere estremamente utile anche a scopo preventivo, consentendo ai soggetti con genotipo predisponente di ridurre la quantità di latte ingerito o incentivare l’utilizzo di prodotti a basso contenuto di lattosio e ricchi di probiotici, evitando l’insorgenza precoce di una sintomatologia alquanto fastidiosa. La prevalenza del fenotipo intollerante, individuata solo sulla base dei sintomi clinici senza l’ausilio dell’analisi genetica, è probabilmente molto sottostimata a causa della notevole variabilità dello spettro sintomatico. L’intolleranza al lattosio è una condizione eterogenea, multifattoriale, che va studiata sulla base di diversi parametri di valutazione (caratterizzazione genotipica, quantità di lattosio assunto giornalmente, provenienza geografica, sintomatologia associata e screening familiare). L’espressione fenotipica di tale intolleranza, infatti, è legata sì a fattori genetici, ma anche all’interazione con variabili ambientali. Risulta evidente, perciò, come sia senz’altro necessario condurre ulteriori studi volti a una migliore e più approfondita comprensione dei meccanismi biomolecolari alla base del metabolismo del lattosio. CONFLITTO DI INTERESSI Nessuno. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. Vesa TH, Marteau P, Korpela R. Lactose intolerance. J Am Coll Nutr 2000;19(suppl 2):165S-75S. Savaiano DA, Levitt MD. Milk intolerance and microbecontaining dairy foods. J Dairy Sci 1987;70:397-406. de Vrese M, Stegelmann A, Ritcher B, et al. Probioticscompensation for lactase insufficency. 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