1. LE TRANSIZIONI DI FASE DELLE SOSTANZE PURE
Come sono caratterizzati gli stati di aggregazione delle sostanze pure?
Abbiamo già visto che le sostanze pure, cioè quegli elementi - o quei composti - costituiti tutti da atomi di un
solo tipo, possono assumere tre differenti stati di aggregazione (o fasi): la fase solida, nella quale esse hanno
una forma ed un volume proprio, la fase liquida, nella quale hanno un volume proprio, e la fase aeriforme, nella
quale le sostanze, se disposte in un contenitore ove sia stato fatto il vuoto, tendono ad occupare
integralmente lo spazio disponibile assumendo la forma ed il volume del contenitore. Esiste anche un
quarto stato di aggregazione, quello di plasma, dove gli atomi che costituiscono la sostanza sono
completamente ionizzati. Non si tratta di una situazione esotica e lontana dall’ esperienza quotidiana: la
fiamma (di una candela, di un fornello etc) è un plasma. Anche se non ci occuperemo di questo stato di
aggregazione, va tenuto presente che oltre il 90% della materia nell’Universo si trova in fase di plasma (ad
esempio all’interno delle stelle).
Come si chiamano i passaggi da uno stato di aggregazione ad un altro?
Il passaggio da uno stato di aggregazione ad un altro si dice transizione di fase. Più precisamente, col termine
fusione si indica la transizione solidoliquido ( e solidificazione il processo inverso), mentre evaporazione
indica il passaggio liquidoaeriforme (e condensazione oppure liquefazione il processo inverso). Si chiamano
infine sublimazione e brinamento le transizioni rispettivamente dallo stato solido a quello aeriforme e
viceversa.
SUBLIMAZIONE
SOLIDA
FUSIONE
FORMA E VOLUME
PROPRI
LIQUIDA
EVAPORAZIONE
VOLUME PROPRIO,
SOLIDIFICAZIONE
ASSUME LA FORMA
DEL CONTENITORE
AERIFORME
NÉ FORMA NÉ VOLUME PROPRI,
CONDENSAZIONE
SI ESPANDE FINO AD OCCUPARE
TUTTO LO SPAZIO DISPONIBILE
BRINAMENTO
Quali meccanismi possono innescare un cambiamento nello stato di aggregazione?
In un gas perfetto le molecole sono indipendenti ed interagiscono solo tramite reciproche collisioni. Le forze
di coesione risultano inefficaci per la estrema rarefazione e per la grande energia cinetica che caratterizza le
particelle: la traiettoria di una molecola in un gas perfetto non è perturbata dall’interazione con le altre più
di quanto il proiettile che esce dalla canna di un fucile sia deviato dall’azione un piccolo magnete. Le
condizioni che consentono ad un aeriforme di comportarsi in modo ideale vengono meno quando si
raffredda la sostanza oppure quando la si comprime. In entrambi i casi le interazioni elettriche fra le
molecole cominciano a far sentire il loro effetto e le particelle perdono progressivamente libertà di
movimento. All’estremo opposto troviamo lo stato solido, dove le particelle sono confinate lungo un
insieme di posizioni prefissate, detto reticolo cristallino, attorno alle quali hanno la possibilità di oscillare ma
da cui non possono allontanarsi. La fase liquida è a metà strada fra le due, una sorta di edificio in
costruzione: alcune molecole si sono associate in catene e raggruppamenti ma il reticolo cristallino non è
completamente formato.
1
Come possiamo agire per modificare la fase di una sostanza?
Da quanto detto, appare che le forze di interazione intermolecolare sono quelle che aggregano, mentre lo
stato di agitazione delle molecole tende a disgregare, e quindi, nella fase aeriforme dominerà quest’ultimo,
mentre in quella solida domineranno le coesioni intermolecolari. Quindi per far passare una sostanza da una
fase ad un'altra posso agire o per via meccanica (comprimendola o rarefacendola, cioè modificando la
pressione) oppure per via termica (riscaldandola o raffreddandola cioè modificando la temperatura). Affinché
le molecole cessino di essere indipendenti le une dalle altre abbiamo allora la seguente alternativa:
1.
RALLENTARE LE MOLECOLE, cioè abbassare la temperatura della sostanza, in modo che la loro energia
cinetica non sia più enormemente maggiore di quella potenziale legata alle interazioni elettriche
delle forze di coesione. Nell’esempio di sopra è come se il proiettile uscisse lentissimo dalla bocca
del fucile: la presenza della calamita diverrebbe allora significativa.
2.
AVVICINARE
vale a dire aumentare la densità  (materialmente questo significa
1
aumentare la pressione che, lo ricordiamo ad esempio, in un gas perfetto vale P   vm2 ), in modo
3
che, nel grafico delle forze di coesione, ci si sposti nella regione vicina al massimo di interazione,
dove le forze intermolecolari sono più efficaci.
LE MOLECOLE ,
Esistono valori di pressione e temperatura “di transizione”, per cui possono esistere insieme due fasi diverse?
Il comportamento delle sostanze pure in relazione alle due
P
grandezze P e T responsabili dello stato di aggregazione,
si può apprezzare rappresentandolo nel piano pressionetemperatura attraverso un diagramma, caratteristico di ogni
LIQUIDO
sostanza, detto diagramma di stato (o di fase). L’andamento
qualitativo raffigurato viene ottenuto per una sostanza pura
SOLIDO
GAS
che subisca una transizione di fase in una cella dove sia
preventivamente stato fatto il vuoto. Esso vale, con qualche
misura di approssimazione, anche se le transizioni
avvengono alla presenza dell’aria. Ogni punto individua una
coppia P,T  che definisce la fase della sostanza. Le linee di
VAPORE
separazione individuano delle condizioni di temperatura e di
pressione alle quali, nel vuoto, la sostanza può coesistere
T
Tcritica
nelle due fasi. Esiste inoltre una condizione, detta punto triplo,
per le quali nel vuoto tutte le tre fasi possono coesistere. In presenza di aria invece, come vedremo meglio
più avanti, le fasi condensate (solida e liquida) coesistono sempre con il proprio vapore saturo.
Che differenza c’è fra gas e vapore?
La fase aeriforme è stata ulteriormente suddivisa in due stati, quello di vapore e quello di gas, che si separano
ad un valore critico della temperatura. Le forze di coesione, infatti, sono caratteristiche di ogni sostanza:
sono mediamente maggiori, ad esempio, nel ferro che non nell’acqua, e dipendono solo dalle proprietà
chimiche della molecola. Ciò significa che, mentre posso aumentare quanto desidero lo stato di agitazione
delle molecole, la tendenza che esse hanno ad aggregarsi sarà sempre la medesima. Esisterà quindi, per ogni
sostanza, una temperatura critica al di sopra della quale le molecole hanno uno stato di agitazione tale che gli
effetti di coesione non riescono più ad aggregare le molecole in una fase solida oppure liquida, nemmeno ad
una pressione tale per cui la distanza media fra le molecole porta la coesione stessa ad assumere il suo
valore massimo. Si è soliti chiamare gas una sostanza che si trova al di sopra della sua temperatura critica
TC , e che quindi non può essere liquefatta o solidificata per compressione, e vapore una sostanza che invece
si trova a T  TC e può invece essere liquefatta per compressione. Ad esempio l’acqua, allo stato aeriforme,
in condizioni ambiente è un vapore, ma diventa un gas se la temperatura supera i 647 K .
2
2. FUSIONE E SOLIDIFICAZIONE
P
SOLIDO
LIQUIDO
Cosa accade provocando la fusione per via termica?
La transizione dalla fase solida a quella liquida prende il nome di
A
B
fusione, mentre con solidificazione si intende il processo inverso. Come si
è detto, una tale transizione può essere indotta sia per via termica che
per via meccanica, oppure tramite entrambe contemporaneamente.
FUSIONE PER
Volendo fondere una sostanza pura per via esclusivamente termica si
RISCALDAMENTO
registra quanto segue. Fissato un valore di pressione – ad esempio
quella atmosferica – si fornisce del calore per innalzare la temperatura
mantenendo costante la pressione. Dapprima la temperatura della
T fusione
T
sostanza, che si trova nello stato A in figura, comincerà a crescere,
finché, raggiunto il valore che è indicato come temperatura di fusione, essa cessa di salire ed inizia il processo
di transizione da solido a liquido. Durante la fusione la temperatura si mantiene costante ed il calore che
continuiamo a fornire viene utilizzato per disgregare la struttura dell’edificio cristallino. Quel che accade è
che le molecole, inizialmente confinate nelle loro posizioni entro il reticolo stesso, hanno raggiunto un
regime di oscillazione così violento che le forze di coesione non riescono più a trattenerle nelle loro posizioni.
Il reticolo si va progressivamente smontando a pezzo a pezzo, ed il processo assorbe l’energia che forniamo
dall’esterno e che prima veniva utilizzata per incrementare la temperatura.
Perché è necessario raggiungere la temperatura di fusione?
Perché è necessario che lo stato di agitazione delle molecole sia di intensità confrontabile con la solidità del
legame intermolecolare. Ciò significa che l’energia cinetica delle molecole diviene uguale all’energia
potenziale dei legami del reticolo1. Tale valore è una costante, caratteristica di ogni sostanza: riscaldando il
solido si aumenta la velocità microscopica media v di oscillazione delle molecole attorno alle posizioni del
1
reticolo: la temperatura di fusione si ha quando l’energia cinetica di traslazione mv 2 raggiunge tale valore
2
ed il legame si rompe, proprio come se volessimo spezzare una molla.
Quanto calore occorre fornire per far avvenire la fusione ?
Poiché durante la fusione la temperatura si mantiene costante e quindi resta costante l’energia cinetica delle
molecole finché tutto il processo non è terminato, ai primi sperimentatori il calore fornito sembrava
scomparire nascondendosi. Per tale motivo si introdusse la grandezza fisica nota come calore latente (cioè,
letteralmente, “nascosto”) di fusione:
CALORE LATENTE DI FUSIONE:
QUANTITÀ DI CALORE NECESSARIA A FONDERE UN’ UNITÀ DI MASSA DI
SOSTANZA MANTENENDO COSTANTE LA PRESSIONE.
Sperimentalmente si misura che per fondere 1.0 Kg di ghiaccio alla pressione atmosferica è necessario
prima portarlo alla temperatura di 273 K e poi fornirgli ulteriori 3.34  105 J . Anche nel caso del calore
latente di fusione l’acqua presenta un valore anormalmente alto rispetto a quello di altre sostanze, che
favorisce la persistenza di ghiacciai perenni, specie nelle regioni polari. Per raffronto si consideri che per
fondere 1.0 Kg di piombo alla temperatura di 601K bastano 2.5  104 J ed occorrono invece 1.05  106 J per
fondere 1.0 Kg di argento una volta raggiunta la temperatura di 1234 K .
1
L’energia potenziale è il lavoro compiuto dalle forze conservative quando un sistema viene smembrato da un agente esterno ed i suoi
componenti portati in un posizione scelta come riferimento. Essa può essere positiva o negativa a seconda che le forze conservative
compiano, durante lo smembramento, un lavoro motore oppure resistente.
3
Dove finisce l’energia fornita alla sostanza sotto forma di calore?
L’energia fornita nel processo ovviamente non
scompare: il fatto che non la si ritrovi in un
incremento dell’energia cinetica delle molecole (cioè
di temperatura) si spiega tenendo conto del fatto
che, mentre le molecole si allontanano dai loro siti
LAVORO
nel reticolo, le forze di coesione, attrattive,
DURANTE LA
compiono un lavoro resistente che si oppone alla
DISGREGAZIONE
disgregazione della struttura. In altri termini
DEL RETICOLO
impediscono che il calore fornito faccia crescere la
velocità media delle molecole trasformando il calore
ricevuto in energia potenziale, infatti:
DURANTE IL PROCESSO DI FUSIONE LA DISTANZA MEDIA FRA LE MOLECOLE AUMENTA, E LE FORZE DI
COESIONE – CHE SONO CONSERVATIVE - COMPIONO UN LAVORO RESISTENTE. NE CONSEGUE UN
INCREMENTO DI ENERGIA POTENZIALE INTERNA
Ricordando il teorema dell’energia cinetica:
WTOTALE  Calore Fornito Wcoesione 

1
1
2
2
mv finale
 mvinziale
0
2
2
dove Wcoesione  U iniziale U finale , ed U è energia potenziale delle forze di coesione, che come si è detto, sono
il riconducibili alle varie componenti elettriche presenti e quindi sono conservative perché la forza elettrica è
conservativa, (come del resto lo sono tutte le quattro forze fondamentali della natura a livello microscopico).
Come funzione invece la solidificazione per via termica ?
Nel processo inverso di solidificazione, la linea nella figura del diagramma di fase va percorsa da B verso
A e lungo il tragitto il calore viene sottratto affinché lo stato di agitazione molecolare si riduca, e così le forze
di coesione possono compiere il lavoro motore necessario a ricostruire il reticolo cristallino. Per solidificare
l’unità di massa di una sostanza sarà necessario sottrarle esattamente quanto calore è necessario fornirle per
fonderla, cioè il calore latente di solidificazione coincide con quello di fusione, e l’incremento di energia
cinetica che dovremmo osservare per effetto del lavoro – motore - delle interazioni intermolecolari è
bilanciato dalla fuoriuscita di calore, cosicché la temperatura rimane costante.
Come si può interpretare la curva che separa le fasi solida e liquida?
Il tratto di curva che separa la fase solida dalla fase liquida rappresenta l’andamento della temperatura di
fusione/solidificazione al variare delle pressione, oppure, se si preferisce, l’andamento della pressione alla
quale la sostanza può coesistere sia nello stato solido che in quello liquido. Come si può osservare la sua
pendenza è positiva e cioè al crescere della pressione cresce la temperatura alla quale avviene il processo di
fusione/solidificazione. Questo si intuisce pensando alla pressione che dall’esterno si esercita sulle superfici
di un liquido come un’azione aggiuntiva che tende ad aggregare le molecole sommandosi all’azione delle
forze di coesione. Aumentando l’azione aggiuntiva della pressione, si alza il livello di agitazione che può
essere sopportato senza disgregare il reticolo cristallino, e con esso la temperatura di fusione.
Come si può provocare la solidificazione per via meccanica?
Se volessimo solidificare una sostanza agendo per via puramente meccanica, sarebbe sufficiente
comprimerla ad una temperatura costante, percorrendo la linea che va da A in B nel diagramma di fase a
lato. Immaginiamo, ad esempio, di schiacciare con un pistone qualche goccia di mercurio: stiamo
contribuendo dall’esterno all’azione delle forze di coesione. Il risultato è quello di confinare le molecole nei
4
P
siti del reticolo cristallino: in linea teorica questo è possibile anche
fino a temperature arbitrariamente alte. Come si vede osservando la
figura, il processo di fusione avviene solamente per quegli intervalli
di temperatura e di pressione che permettono l’esistenza delle fase
liquida.
B
LIQUIDO
SOLIDO
SOLIDIFICAZIONE
PER COMPRESSIONE
Ptriplo
A
Qual è il significato dei valori di pressione e temperatura al punto triplo?
VAPORE
Per ogni sostanza pura esiste un valore minimo di pressione, detta di
SUBLIMAZIONE
punto triplo, al di sotto della quale, nel vuoto, non si può avere la fase
T
liquida comunque si vari la temperatura: si tratta del valore assunto
T triplo
nel punto di incontro dei tre rami di transizione in figura.
Analogamente, al di sotto del valore assunto dalla temperatura nel punto triplo non è possibile l’esistenza
della fase liquida comunque si faccia variare la pressione. In tali condizioni non ha senso parlare di fusione:
la sostanza passa direttamente dalla fase solida a quella di vapore e viceversa attraverso il processo detto di
sublimazione nel primo verso e brinamento nel secondo. Nel caso dell’anidride carbonica, il cui punto triplo è
P  5.16  105 Pa , T  217 K , il fenomeno della sublimazione a pressioni e temperature ambientali del
cosiddetto “ghiaccio secco” è particolarmente vistoso. La sublimazione a pressioni atmosferiche si osserva
anche nella canfora della naftalina, la quale evapora scomparendo progressivamente dai guardaroba dove
viene riposta per proteggere gli abiti. Sono ancora esempi di sublimazione: la scomparsa della neve dai tetti
delle case, il dissolversi dei profumi solidi per ambienti, l’assottigliarsi progressivo del filamento di
tungsteno dentro ai bulbi delle lampade ad incandescenza, che si deposita sulla superficie interna del bulbo
di vetro sotto forma di uno strato annerito. Il fenomeno del brinamento può infine essere sperimentato
osservando la formazione di piccoli cristalli di ghiaccio sull’erba e sui vetri nelle mattine molto fredde.
L’acqua ha un comportamento anomalo rispetto al processo di fusione/solidificazione ?
Se prendiamo un cubetto di ghiaccio e lo lasciamo cadere
sotto
P
in un bicchiere d'acqua, nessuno di noi rimane stupito
al filo
dal fatto che galleggi, eppure si tratta di una caratteristica
quasi unica. A parte poche sostanze, come lo stagno e la
FUSIONE PER
ghisa, infatti, la grande maggioranza degli elementi
COMPPRESSIONE
SOLIDO
diminuiscono di volume quando congelano in condizioni
di pressione atmosferica, diventano cioè più densi.
LIQUIDO
sopra
L'acqua stessa si comporta così se costretta a pressioni
IL RIGELO
al filo
maggiori di duemila atmosfere, ma alla pressione
atmosferica aumenta di volume solidificandosi, e quindi
il ghiaccio, meno denso dell'acqua, galleggia. Nel
diagramma di transizione significa che la linea di
T
separazione solido/liquido ha una pendenza negativa.
DIAGRAMMA DI FASE DELL’ACQUA
Infatti se con la fusione il volume tende a diminuire un
aumento della pressione esterna agevola il passaggio da
solido a liquido, pertanto la temperatura di fusione si abbassa al crescere di P . Il fenomeno è messo bene in
evidenza dall’esperienza cosiddetta del rigelo, dove un blocco di ghiaccio, a temperatura inferiore a quella di
fusione alla pressione atmosferica, è sottoposto all’azione di un filo teso. Sotto al filo la pressione è maggiore
che negli altri punti, e se è sufficiente si assiste alla fusione del ghiaccio2. Quindi il filo attraversa il ghiaccio
lasciandolo intatto perché sopra la pressione torna ad essere quella atmosferica e l’acqua gela nuovamente.
E’ questo che permette di scivolare alla lama dei pattini da giaccio: l’abbassamento della temperatura di
fusione dovuto all’alta pressione che genera il nostro peso distribuito su una piccola superficie3.
Analogamente per lo slittamento dei ghiacciai gli uni sugli altri, riconducibile all’elevata pressione che la
loro massa origina alla base, né, in definitiva, noi stessi scivoleremmo così facilmente sulla neve.
2
L’esperimento viene particolarmente bene se si usa un filo metallico, ma in questo caso un contributo non trascurabile alla riuscita del
fenomeno è dato anche dalla buona conducibilità termica del materiale.
3
Non va trascurato però il contributo di riscaldamento dovuto all’attrito fra le lame ed il ghiaccio.
5
3. L’EVAPORAZIONE E LA CONDENSAZIONE
E’ necessario fornire del a calore ad un liquido per farlo evaporare?
Come si è visto, viene detta evaporazione la transizione dalla fase liquida a quella aeriforme, condensazione la
transizione inversa. Per descriverne il meccanismo prendiamo in considerazione alcuni fatti:
1.
2.
3.
Laviamo il pavimento di casa e lasciamolo bagnato. Lentamente questo si asciuga sotto i nostri occhi:
l’acqua evapora senza bisogno di alcun intervento dall’ esterno, e senza che sia stata raggiunta una
particolare temperatura.
Poniamo in un bicchiere lo stesso quantitativo di acqua. Questa volta l’evaporazione è davvero
molto lenta. Tuttavia, attendendo un tempo sufficientemente lungo, anche il bicchier d’acqua si
asciugherà completamente
Riscaldiamo ora la nostra acqua e poniamola di nuovo nel bicchiere: l’evaporazione avviene ora così
velocemente da essere percepibile. Nel contempo adesso è molto più evidente di prima che l’acqua
liquida rimanente si va progressivamente raffreddando.
Ci sembra di poter concludere che:
IL FENOMENO DELL’EVAPORAZIONE E’ UN PROCESSO SPONTANEO CHE NON RICHIEDE ALCUN AIUTO
PER IL SUO SOSTENTAMENTO.
Quali sono dunque le principali differenze fra l’evaporazione e la fusione?
A differenza della fusione, che necessita apporto continuo di calore se si vuole che proceda, qui appare che
durante l’evaporazione, le molecole che fuoriescono risucchiano calore alla fase liquida che resta, la quale
pian piano si raffredda. In qualche modo il liquido auto alimenta il processo con le sue stesse risorse
energetiche. Inoltre non è necessario raggiungere alcuna temperatura caratteristica affinché l’evaporazione
abbia luogo, tuttavia, maggiore è la temperatura più velocemente avviene il fenomeno.
Quindi non esiste una “temperatura di evaporazione” ?
No. E questo aspetto rimarca la differenza cruciale con il processo di fusione, dove invece esiste una
temperatura da raggiungere. Il passaggio da solido a liquido richiede infatti che l’energia cinetica delle
molecole divenga pari all’energia potenziale dei legami del reticolo, un valore che è caratteristico di ogni
sostanza. Il fatto che, viceversa, non vi sia una temperatura caratteristica
FASE SOLIDA
di evaporazione, significa che non c’è un equivalente dell’energia di
legame da superare.
Quali altri fattori influenzano il processo ?
La forma geometrica assunta dal fluido ha una certa importanza, come si
deduce dal raffronto fra il tempo di evaporazione dell’acqua nel
bicchiere e quella sul pavimento. In particolare, la maggiore superficie di
esposizione velocizza il processo, ma dovremo distinguere il caso in cui
ci troviamo in uno spazio aperto da quello in cui lo spazio disponibile è
limitato: questo aspetto verrà chiarito più avanti.
FASE LIQUIDA
Come possiamo immaginare le molecole all’interno della fase liquida?
Lo stato liquido si presenta come un solido parzialmente sbriciolato, nel
quale rimangono intatti alcuni pezzetti del reticolo cristallino ma l’ordine
su grande scala è scomparso. Le distanze fra le molecole sono in media
maggiori che in un solido, le strutture reticolari rimaste in piedi sono
deboli e orientate in modo vario l’una rispetto all’altra. Quello che
6
rimane è solo un ordine su di una scala più piccola di prima: rispetto all’azione dello stato di agitazione, le
forze
intermolecolari
sono
sufficienti
ad
impedire
teso in superficie
l’allontanamento delle molecole ma insufficienti a fissare le
molecole in alcune posizioni determinate. I brandelli di reticolo
che restano in piedi vanno tuttavia figurati come tali solo in
Compresso
senso statistico. Si tratta di uno stato di equilibrio in quanto,
all’intwrno
mediamente, vi sono dei pezzetti di reticolo indipendenti, però le
molecole che appartengono all’uno oppure all’altro non sono
sempre le stesse ma si interscambiano i ruoli. Cosicché si può
LA TENSIONE SUPERFICIALE
considerare l’insieme delle molecole non vincolate a questa o a
quella porzione di sostanza, bensì libere di muoversi. Esse saranno animate di velocità la cui distribuzione
tenderà a stabilizzarsi sotto l’effetto delle reciproche interazioni, e prima o poi a distribuirsi secondo la
curva maxwelliana di massimo disordine.
Cosa succede sulla superficie esterna del liquido?
Una particella nel mezzo del liquido in un certo senso si può considerare libera: la sua appartenenza a
questo o a quel pezzetto di reticolo va intesa solo in senso statistico, mentre nella in realtà essa cambia
continuamente di posizione. Le molecole non sono mai ferme, ma vibrano4 attorno ai siti di equilibrio, che
rimangono fissi nei solidi, mentre nei liquidi si muovono con velocità molto lente se paragonate a quelle di
oscillazione. A causa della pressione, anche atmosferica, che grava dall’alto, l’interno del liquido si trova in
uno stato di compressione, con le molecole ad una distanza mediamente inferiore a quella r0 per cui la forza
elettrica esercitata dalle vicine si annulla. Ciascuna particella viene dunque spinta in tutte le direzioni ad
opera di quelle prossime, e debolmente attratta da quelle remote. Il risultato è una forza di richiamo che
rende stabili le posizioni dei centri di oscillazione. Diversa è la situazione di una molecola in superficie, per
la quale non vi sono molecole oltre la regione di separazione a compensare la spinta dello strato
immediatamente sotto. L’effetto di questa repulsione combinato con l’attrazione debole delle molecole
lontane pone in tensione tutte le particelle lungo la superficie di separazione. Si crea così una pellicola dove
la distanza media fra molecole vicine è maggiore di r0 e l’interazione, che si fa attrattiva, impedisce di
fuoriuscire dal liquido. Un tale fenomeno, detto tensione superficiale, conferisce stabilità alla superficie. Esso
ha una energia caratteristica, tipica di ogni sostanza5, ed è responsabile ad esempio della tendenza alla forma
sferica che hanno le gocce d’acqua e rende possibile, per alcuni insetti, passeggiare sulla superficie delle
pozzanghere6.
Quali sono i meccanismi che entrano in azione durante l’evaporazione?
In accordo con le previsioni della curva di Maxwell, potrà sempre accadere che la velocità di una qualunque
molecola, per effetto degli urti con le altre, giunga ad acquisire un valore arbitrariamente alto. E’ sufficiente
che un certo numero di urti consecutivi cospirino, per così
N
dire, ad aumentarla uno dopo l’altro. Nel grafico che illustra
CODA DELLA DISTRIBUZIONE:
v
la distribuzione statistica di Maxwell, stiamo guardando
MOLECOLE CON v > v 0
quelle molecole le cui velocità sono localizzate nella regione
molto a destra e che va progressivamente appiattendosi
sull’asse delle ascisse: la cosiddetta coda della distribuzione.
Tale coda sarà in linea teorica sempre popolata da qualche
molecola e, da come si è visto, maggiore è la temperatura,
v0
maggiore sarà il suo spessore.
4
Con frequenze dell’ordine di
5
Il lavoro di resistenza che fanno le forze di coesione quando si aumenta di 1.0 cm
1012 Hz
2
la superficie di un liquido è ciò che si chiama
energia specifica superficiale
6
La tensione superficiale consente di mantenere un incavo sotto alle zampe dell’insetto, così che si sposta una maggiore quantità di
acqua e quindi si accresce la spinta di Archimede.
7
Quindi le molecole veloci prossime alla superficie possono sfuggire ?
Le molecole che si trovano a passare in prossimità della superficie vengono respinte dalla pellicola in
tensione, che ha l’effetto di una barriera repulsiva. Tuttavia, se qualcuna di esse ha energia cinetica
sufficiente affinché il lavoro di rallentamento che le forze di tensione superficiale compiono non riesce ad
arrestare la sua corsa verso l’esterno, essa può sfuggire dal liquido: la molecola evapora. Ma di tali molecole
veloci siamo sicuri che ve ne sono sempre ed a qualunque temperatura perché lo garantisce la teoria della
distribuzione di Maxwell: per un liquido esiste sempre la possibilità che qualche molecola al suo interno
possa evaporare.
Perché durante l’evaporazione il liquido si raffredda?
La fase liquida rimasta si raffredda perché da essa sono fuggite proprio le molecole più veloci, con il
risultato che l’energia cinetica media di traslazione si è abbassata, e con essa la temperatura. Questo però non
impedisce che il fenomeno di evaporazione prosegua spontaneamente, perché per quanto si abbassi la
temperatura gli effetti degli urti casuali avranno sempre una probabilità non nulla di produrre molecole con
velocità sufficiente alla fuga. L’evaporazione ha inoltre l’effetto di raffreddare il vapore che fuoriesce dal
liquido. Durante il superamento della barriera dovuta alla tensione superficiale, e poi in seguito all’aumento
della distanza media fra le molecole che il passaggio alla fase di vapore comporta, le forze di coesione
compiono un lavoro resistente, con il risultato di rallentare le molecole. Quindi sia il liquido rimasto che il
vapore prodotto si trovano ad una temperatura inferiore a quella iniziale del liquido, e se vogliamo che
durante l’evaporazione la temperatura non cambi dobbiamo fornire del calore per rimpiazzare l’energia
consumata dal lavoro delle forze di coesione:
SE SI VUOLE ESTRARRE DA UNA CERTA QUANTITÀ DI LIQUIDO UNA EQUIVALENTE QUANTITÀ DI VAPORE
NELLE MEDESIME CONDIZIONI DI TEMPERATURA E DI PRESSIONE, È NECESSARIO FORNIRE
CONTINUAMENTE DEL CALORE DALL’ESTERNO DURANTE IL PROCESSO PER CONTRASTARE IL
RAFFREDDAMENTO.
Fino a quando può continuare il processo di evaporazione
In ambiente aperto, dove lo spazio a disposizione è illimitato, il
processo va avanti finché tutta la sostanza non è passata alla fase
aeriforme. Ma se poniamo il liquido in un recipiente chiuso7 e
manteniamo la sua temperatura costante, assisteremo ad un
progressivo evaporare spontaneo, mentre la zona dove non c’è
liquido si va gradualmente riempiendo. A questo aumento della
densità delle particelle  nella regione sopra al pelo libero del
liquido corrisponde una crescita della pressione del vapore8.
Infatti, come sappiamo, la pressione è l’effetto macroscopico del
continuo tambureggiare delle molecole sulle pareti, ed aumenta
1
LA CONDIZIONE DI VAPORE SATURO
con la densità secondo la relazione: P   vm2 .
3
Contemporaneamente, ma all’inizio in misura minore, qualche molecola compie il percorso inverso,
condensando assieme ad altre nello spazio superiore per poi ricadere, oppure attraversando nuovamente la
superficie di separazione in verso contrario, e ritornando così alla fase liquida. Per ogni temperatura alla
7
Supporremo vuota la regione racchiusa sopra al pelo dell’acqua, anche se l’eventuale presenza di aria non influenza la quantità di
acqua evaporata, e quindi non influenza la tensione di vapore, ma risulta efficace solo nel rallentare il processo.
8
Si sta parlando della pressione parziale del vapore, che va sommata alle pressioni parziali di altri aeriformi eventualmente presenti
(aria), per ottenere la pressione complessiva. La legge di Dalton prescrive che Ptot  Pparziali : l’eventuale presenza di aria non
interviene nelle nostre conclusioni perché i gas sono indipendenti e la pressione che ciascuno esercita è la stessa che eserciterebbe se
fosse il solo presente.
8
quale si sceglie9 di condurre l’esperimento, il numero di molecole che transitano alla fase di vapore sarà
sempre lo stesso mentre quelle che rientrano aumenta col tempo poiché aumenta le densità della fase
aeriforme. Si arriverà ad un certo punto ad un valore limite di densità del vapore, e quindi di pressione, per
il quale il numero delle molecole che nell’unità di tempo transitano alla fase di vapore è uguale a quelle che
compiono il percorso inverso. Si tratta di una situazione di equilibrio in senso statistico10: la situazione si
stabilizza ma le molecole sono in un continuo interscambio di ruoli.
IL DIAGRAMMA DI FASE DELL’ACQUA
Quanto vale la pressione del vapore quando si è raggiunta
P
la situazione di stabilità ?
SOLIDO
LIQUIDO
Alla densità di equilibrio che si realizza nella fase di
vapore corrisponde una pressione il cui valore viene
GAS
1
detto pressione di vapore saturo11 . Essa dipende dalla
atm
temperatura ed assume valori diversi a seconda delle
sostanze. Il suo andamento in funzione della
temperatura è il luogo delle coppie P,T  per le quali
0.06
vapore e liquido coesistono in equilibrio, e quindi atm
proprio la curva che separa la fase liquida da quella di
VAPORE
vapore nel diagramma di stato. Il vapore in queste
condizioni viene detto saturo perché condensa non
T
appena si tenta di sottoporlo ad una pressione maggiore
senza innalzarne la temperatura.
0oC
LA
0.01oC 100oC
374o
C
CURVA DELLA PRESSIONE DI VAPORE SATURO IN FUNZIONE DELLA TEMPERATURA INDICA LA
MASSIMA PRESSIONE PER OGNI TEMPERATURA ALLA QUALE POSSIAMO SOTTOPORRE IL VAPORE
SENZA CHE CONDENSI.
Allora durante il processo inverso di condensazione il liquido si riscalda ?
Facendo riferimento al contenitore che racchiude le due fasi, liquida e di vapore, nel percorso “di rientro”
saranno favorite le particelle più lente. Queste sono catturate più agevolmente dalle forze di coesione in
superficie , che ora compiono un lavoro motore, accelerandole. Rispetto alla temperatura di partenza del
vapore, la condensazione produce sia un vapore leggermente più caldo, perché gli sottrae le molecole lente,
sia un liquido più caldo perché le forze di coesione in superficie hanno compiuto lavoro accelerando le
molecole. In altri termini l’energia potenziale delle molecole diventa cinetica. Se vogliamo che il processo di
condensazione avvenga a temperatura costante occorrerà sottrarre del calore, uguale a quello che abbiamo
dovuto fornire per ottenere un’ evaporazione senza variazioni di T . Cosicché, con terminologia analoga al
caso della fusione, ma significato differente, si definisce:
CALORE LATENTE DI
EVAPORAZIONE: LA QUANTITÀ DI CALORE CHE OCCORRE FORNIRE ALL’UNITA’ DI
MASSA DI UNA SOSTANZA LIQUIDA PER OTTENERNE DEL VAPORE SATURO NELLE STESSE CONDIZIONI
DI TEMPERATURA E DI PRESSIONE.
Analogamente sarà detto calore latente di condensazione la quantità corrispondente che occorre sottrarre
durante il processo inverso.
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Purché inferiore a quella critica, per la quale la sostanza diventa un gas.
Altri esempi di equilibrio statistico sono le reazioni chimiche oppure la curva di Maxwell
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O anche tensione di vapore
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4. IL FENOMENO DELL’EBOLLIZIONE
Qual è il contributo all’evaporazione dato dall’estensione della superficie del pelo libero del liquido ?
L’estensione della superficie di separazione di un liquido dall’ambiente, se è piana12, non contribuisce a
velocizzare l’evaporazione del liquido quando questo si trovi in un ambiente chiuso, perché essa rappresenta sia
la via di fuga per le molecole che evaporano, sia la via di ingresso per quelle che condensano, e quindi il suo
apporto al processo nei due sensi è equivalente. Quando ci si trova in un ambiente aperto, tuttavia, il rientro
del vapore diventa improbabile perché le molecole si disperdono ed allora la maggiore area di esposizione
verso l’esterno favorisce solo l’evaporazione: è la situazione in cui si trovano i panni stesi oppure il
pavimento bagnato. In questo caso la superficie di interfaccia costituisce solo una via di fuga: non essendoci
molecole che rientrano, tutta l’acqua in un piccolo recipiente evaporerà se si attende un tempo sufficiente.
Pertanto quanto più la superficie è estesa tanto più rapida sarà l’evaporazione.
Esistono fenomeni in cui la superficie viene incrementata ?
Sì, può accadere che la superficie di interfaccia con l’ ambiente sia in qualche modo incrementata all’interno.
Come si può facilmente verificare osservando un bicchiere di acqua lasciata a riposare tutta la notte, è
normale la formazione spontanea di bolle all’interno di un liquido. Il motivo per cui ciò accade è duplice. In
primo luogo le impurità, sempre presenti nel liquido stesso, costituiscono dei veri centri di aggregazione che
favoriscono una disposizione sferica delle molecole al loro intorno. Ma anche se non ci fossero delle
impurità, basterebbero delle considerazioni statistiche sull’enorme numero di molecole in genere presente,
per giustificare il fatto che prima o poi deve accadere che il movimento di agitazione termica delle molecole
produca il fortunato caso in cui alcune di esse, per un istante, convergano verso un unico punto. Le forze di
coesione, poi, fanno il resto del lavoro, dando così origine ad una struttura simile ad una sacca chiusa. La
stabilità di queste strutture è spesso favorita anche dalle irregolarità della superficie interna del contenitore,
che sulla scala molecolare non si presenta liscio, ma caratterizzato da minuscole cavità. Anche queste
facilitano la formazione di una regione chiusa: ecco perché la maggior parte delle bolle nel nostro bicchiere
nottambulo, infatti, le troviamo aderenti alla faccia interna ed al fondo. Tutto il processo è simile al seguire
in televisione le riprese, fatte dall’alto, di una manifestazione di grande importanza. Fra le tantissime
persone, sicuramente se ne scorgerà prima o poi un gruppetto che si è disposto in circolo: può darsi che vi
sia un motivo (come l’impurità nel liquido) ma può anche darsi che sia un caso. L’unica differenza è che il
numero di molecole, anche in una sola goccia di acqua, è enormemente maggiore del numero di persone
presente a qualunque corteo.
Ma cosa c’è dentro alle bolle ?
È necessario sgomberare la mente da due preconcetti. L’idea
OGNI BOLLA È PIENA DI VAPORE
stessa di bolla conduce irresistibilmente alla tentazione di pensare
CHE TENDE A SATURARSI
che al suo interno vi sia aria, ma non è così. Sebbene in un liquido
Pat
possano trovarsi, disciolte, delle molecole di aria – si pensi alla
respirazione branchiale - queste sono decisamente poche per
giustificare un fenomeno come quello della formazione di bolle13.
Ancor meno realistica è l’ipotesi che esse siano vuote: la pressione
del liquido circostante le schiaccerebbe immediatamente. E allora?
PSAT
Pat+gh
Allora. le bolle sono riempite dalle molecole di vapore del liquido
stesso. Ognuna di tali bolle, sebbene inglobata nella sostanza,
costituisce una regione separata dal resto. Dentro di essa le
molecole che giungono in prossimità della superficie di
separazione, e sono sufficientemente veloci, possono avere una via di fuga dallo stato liquido e svolazzare
libere in queste sacche sotto forma di vapore. La superficie della bolla costituisce una zona cava dove si
ricrea, su scala molto più piccola, lo stesso fenomeno che abbiamo studiato analizzando il concetto di vapore
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Nel caso di superfici concave o convesse varia l’energia superficiale di tensione.
Nella fase iniziale del riscaldamento, inoltre, accade che le poche molecole di aria si raccolgono in bollicine sul fondo, in prossimità
delle irregolarità del metallo, e poi galleggiando risalgono venendo espulse dal liquido stesso.
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saturo. Vale a dire che il processo di evaporazione attraverso la superficie della bolla proseguirà fintanto che
la pressione dentro ad essa non raggiungerà le condizioni di saturazione. Riassumendo, nei liquidi si
formano delle bolle spontaneamente, e, più a lungo sopravvivono, più la pressione al loro interno si
approssima a quella di vapore saturo alla corrispondente temperatura.
E all’esterno? Quanto vale la pressione fuori della bolla?
Per capire concentriamoci su di una pentola piena d’acqua: sulla sua superficie graverà senz’altro la
pressione atmosferica. Sul fondo vi sarà quel piccolo contributo aggiuntivo dovuta al peso del liquido:
P  P0  gh a norma della legge di Stevino, ma il cui apporto è senz’altro trascurabile nel caso di una
profondità di una decina di centimetri. Finché la pressione interna risulta inferiore a quella esterna la bolla è
destinata a soccombere, costretta a contrarsi in breve tempo per effetto del peso sovrastante. Così le bolle
che troviamo la mattina sul fondo del nostro bicchiere o sono piene di aria oppure si tratta delle più
coriacee, quelle tenacemente abbarbicate al vetro e sopravvissute in mezzo ad una vera strage di bolle
compiuta dalla pressione.
Cosa accade alla bolla quando riscaldiamo l’acqua?
Se aumentiamo la temperatura del liquido la tensione di vapor saturo cresce con lei: stiamo risalendo la
curva che separa la fase liquida dal vapore nel diagramma di stato. Il riscaldamento, ad un certo punto, farà
salire la tensione di vapore fino ad un valore uguale a quello della pressione dell’ambiente esterno e da
quel momento in poi la bolla sopravvive, sorretta, per così dire, dalle sue sole forze. A questo punto è lecito
chiedersi quale sia la temperatura alla quale la tensione di vapore dell’acqua è uguale alla pressione
atmosferica, cioè 1.01  105 Pa ? La risposta è 100°C , che viene detta temperatura di ebollizione dell’acqua
alla pressione atmosferica. Quindi in condizioni di pressione atmosferica le bolle di acqua contengono
vapore saturo ad una atmosfera solo quando si porta la sua temperatura a 100°C e da quel momento
nessuno può più arrestare l’incontenibile processo a catena. Le bolle si formano, aumentano di dimensioni e
risalgono, si formano e risalgono in continuazione: è come se tutto il liquido fosse un’ estensione della
superficie di separazione con l’aria, e l’evaporazione interessa adesso ogni molecola presente.
Già, ma perché le bolle risalgono?
Ma questo è davvero facile: dentro di esse, come si conviene ad ogni vapore, la distanza fra le molecole è
mediamente maggiore che non nel liquido e quindi la densità più bassa. Le bolle di vapore sono più leggere
dell’acqua che spostano e quindi sono portate su dalla spinta di Archimede.
L’EBOLLIZIONE
AVVIENE QUANDO LA TEMPERATURA HA RAGGIUNTO QUEL VALORE PER CUI LA
TENSIONE DI VAPOR SATURO EGUAGLIA LA PRESSIONE DELL’AMBIENTE. IN QUESTE CONDIZIONI
L’EVAPORAZIONE INTERESSA TUTTE LE MOLECOLE DEL LIQUIDO E NON SOLO LA SUA SUPERFICIE
Il fenomeno dell’ebollizione, per le sue proprietà, è allora un po’ l’analogo della fusione?
Si perché dal momento in cui esso ha inizio la temperatura si mantiene costante. Il calore rifornito viene
bilanciato dalla spesa energetica del lavoro resistente delle forze di coesione: queste, infatti, contrastano
l’allontanamento medio fra le molecole nella transizione liquido-vapore. Ognuna di esse, in qualunque
posizione si trovi entro il recipiente, è potenzialmente interessata al passaggio di fase, e se riceve un
apporto energetico questo non accresce la sua energia cinetica di traslazione (e quindi non accresce la
temperatura del liquido) ma si accumula nell’incremento di energia potenziale interna che la maggiore
distanza media fra le molecole comporta.
E se varia la pressione dell’ambiente cosa succede?
Da quanto detto risulta evidente che se varia la pressione dell’ambiente varia anche la temperatura di
ebollizione: un liquido può bollire ad un numero infinito di temperature differenti, purché sia soggetto ad
una pressione esterna pari alla sua tensione di vapore a quella temperatura. Vediamone degli esempi.
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LA PENTOLA A PRESSIONE
Se tutto ciò di cui si dispone è un fornello da cucina ed una pentola piena di acqua, non vi è speranza di
poter cuocere i cibi a temperature superiori a 100°C . Non appena la tensione di vapore eguaglia la pressione
atmosferica, il processo di ebollizione blocca la temperatura a cento gradi finché tutta l’acqua non sarà
vaporizzata. Ma nella pentola a pressione14 il vapore viene costretto ad accumularsi, mescolato all’aria, nello
spazio sopra al pelo dell’acqua. A norma della legge di Dalton, la pressione del vapore si somma a quella
dell’aria e la temperatura da raggiungere per l’ebollizione sale oltre ai 100°C . Accade allora che l’acqua all’
interno della pentola può essere riscaldata al di sopra della sua temperatura di ebollizione alla pressione
atmosferica. Le pentole a pressione di uso comune consentono una cottura in acqua liquida dei cibi fino a
130°C , con notevole riduzione del tempo di cottura.
L’ALTA MONTAGNA
La quota riduce la pressione atmosferica per effetto della diminuzione della colonna d’aria sovrastante. Ne
consegue una riduzione della temperatura di ebollizione dell’acqua: sopra ai 3000 metri la tensione di
vapore saturo eguaglia la pressione esterna anche prima dei 95°C 95oC. In tali condizioni risulta difficile
ottenere una cottura ideale, ad esempio per la pasta, che si scuoce facilmente perché necessita 100°C .
IL CAFFÈ ESPRESSO
Espresso, come alcuni sostengono, verrebbe da extra-pressio, ovvero assoggettato ad
una pressione ulteriore rispetto a quella dell’aria. Si tratta della pressione del vapore
che si forma nello strato più alto della caldaia dell’acqua della caffettiera. Essa ha
l’effetto di prevenire l’ebollizione e di spingere l’acqua ad alta temperatura su nel
condotto attraverso la miscela di caffè.
LE STRANE IDEE DELLA CONTROFISICA
Un gas si contrae quando viene raffreddato
Un gas tende sempre ad occupare tutto lo spazio a disposizione, indipendentemente da quanto si abbassi la
sua temperatura. E’ impossibile per un gas contrarsi perché i meccanismi che dovrebbero attirare fra loro le
molecole sono inefficaci in quanto le interazioni intermolecolari sono tanto più trascurabili quanto più il gas
è perfetto. Raffreddando un gas ciò che diminuisce è la sua pressione, mentre la riduzione di volume che si
osserva è dovuta alla pressione esterna ed alla contrazione del contenitore, come nel caso di un palloncino
pieno d’aria.
Le molecole sono in tensione all’interno di un liquido e tirano in basso la pellicola superficiale
Impossibile: se davvero esistesse una forza netta verso il basso
sulla pellicola superficiale, come in figura, le molecole
accelererebbero in tale direzione! Inoltre all’interno del liquido
l’equilibrio non sarebbe possibile perché, visto che le forze di
coesione decrescono con la distanza, il più piccolo spostamento
dai siti del reticolo tenderebbe a produrre un allentamento
indefinito delle molecole e tutta la struttura sarebbe instabile.
Solo se le molecole si spingono all’interno del fluido si ha una forza di richiamo verso i punti di oscillazione.
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Inventata dal francese Denis Papin nel 1690
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