Elementi di didattica speciale per Elementi di didattica

Elementi di didattica speciale per
alunni con autismo
P f Paola
Prof.ssa
P l Aiello
Ai ll
OBIETTIVO DELLA LEZIONE:
Acquisizione
q
delle conoscenze di base per
p
l’identificazione di strategie e metodologie
didattiche in grado di supportare il
processo di insegnamento-apprendimento
i
di
in presenza di studenti che presentano
disturbi dello spettro autistico.
autistico
Università degli Studi di Salerno
Autismo
Disturbo pervasivo dello sviluppo che
incide su tre dimensioni fondamentali
della persona:
- ll’interazione
interazione sociale
- la comunicazione
- il repertorio comportamentale
Cottini,, Rosati,, 2008
Università degli Studi di Salerno
Cenni storici
Il termine autismo fu utilizzato per la prima volta nel 1911
dallo psichiatra Eugen Bleuler per indicare uno dei sintomi
più comuni della schizofrenia nell’adulto.
Una delle caratteristiche riscontrabili nei soggetti
schizofrenici era infatti un’alterazione della relazione
reciproca tra mondo interno e mondo esterno, per cui la vita
interiore assumeva una preponderanza patologica definita
autismo:
“Chiamiamo
Chiamiamo autismo il distacco dalla realtà e la predominanza della
vita interiore” (Bleuler, 1911, p. 29).
Università degli Studi di Salerno
Cenni storici
Nel 1943 lo psichiatra americano Leo Kanner (1943)
descrisse per la prima volta la sindrome autistica,
distinguendola dalla generica categoria del ritardo mentale in
cui era inquadrata prima di allora.
Il medico, infatti, espose i casi di undici bambini, di età
compresa tra i due e i dieci anni che, già dal primo anno di
vita mostravano i segni di un comportamento atipico:
vita,
alterazione dei rapporti interpersonali, indifferenza
all’ambiente circostante e tendenza all’isolamento,, tendenza a
mantenere invariate le abitudini quotidiane, comportamenti
ripetitivi, stereotipie, anormalità nel linguaggio ed ecolalia.
Hollander et al.,2011
Università degli Studi di Salerno
Cenni storici
Parallelamente agli studi di Kanner, anche se in maniera del
tutto indipendente
i di d
d quest’ultimo,
da
’ li
un altro
l
pioniere
i i
dell’autismo, Hans Asperger, nel 1944 pubblicava i suoi studi
su alcuni casi di soggetti che riteneva avessero fin dalla
nascita disturbi caratteristici.
Negli
N
g anni successivi
v alle ddescrizioni fornite dda Kanner e
Asperger, molti altri studiosi tentarono di indagare le cause
della sindrome.
Università degli Studi di Salerno
Ipotesi eziologiche
Lo psicoanalista austriaco Bruno Bettelheim, ad esempio,
i ti ò che
ipotizzò
h una delle
d ll cause principali
i i li del
d l disturbo
di t b autistico
ti ti
era da attribuire alla freddezza emotiva delle madri.
Lo studioso parlò infatti di «madri-frigorifero»,
«madri frigorifero» indicando
l’incapacità di alcune donne di stabilire una relazione efficace
con il p
proprio
p bambino ((Bettelheim,, 1967).
)
Università degli Studi di Salerno
Ipotesi eziologiche
La p
psicanalista britannica Frances Tustin avanzò l’ipotesi
p
che
i fenomeni di “depressione post-partum” non fossero tipici
solo delle madri, ma che potessero verificarsi anche nei
bambini; questi ultimi, secondo la studiosa, tentano di
difendersi dalla sensazione di aver perduto, con il distacco
dalla madre,
madre una parte vitale del proprio corpo.
corpo Questa
sensazione primitiva genererebbe i sintomi tipici
dell’autismo.
Università degli Studi di Salerno
Ipotesi eziologiche
Nel 1964 il neurologo statunitense Bernard Rimland,
Rimland
rovesciò la teoria convenzionale della “madre-frigorifero”
affermando che alla base del disturbo sembrava esserci un
problema di natura biochimica nella formazione reticolare
del tronco cerebrale, per cui classificò l’autismo come
d i i
deviazione
genetica
i inibente.
i ib
Università degli Studi di Salerno
Ipotesi eziologiche
Negli anni ’70 lo psicologo statunitense Carl H. Delacato,
oltre ad abbracciare ll’ipotesi
ipotesi di natura genetica del problema,
problema
si rese conto che gli atteggiamenti dei bambini autistici erano
gg
che p
presentavano
identici a qquelli manifestati da soggetti
lesioni cerebrali. Ciò presupponeva dunque che i bambini
autistici non dovevano essere considerati degli psicotici, ma
soggettii che,
h a causa di danni
d i cerebrali,
b li presentavano gravii
problemi sensoriali.
Ipotesi eziologiche
A partire dalla metà degli anni ’80, Alan Leslie, Simon BaronC h e Uta
Cohen
Ut Frith
F ith ipotizzarono
i ti
che
h all’origine
ll’ i i dell’autismo
d ll’ ti
cii
sia l’assenza di una teoria della mente, vale a dire della capacità
di orientarsi nel mondo interpersonale attraverso la
spontanea attribuzione al comportamento degli altri di stati
mentali, intenzionali, punti di vista.
Cecità mentale
Incapacità dei soggetti
autistici di mentalizzare,
Ipotesi eziologiche
L’ipotesi che ne derivò fu quella che il bambino autistico si
tro a come in una
trova
na sorta di «agnosia» degli stati intenzionali,
intenzionali
almeno di quelli complessi, che toglierebbe al soggetto
p
di orientarsi nell’universo delle relazioni
autistico la capacità
sociali e di acquisire quelle abilità che consentono di
interagire con gli altri, mediante la capacità di immaginare
cosa gli altri pensino, desiderino e provino a livello emotivo.
La mente del bambino autistico sarebbe capace di
comprendere ll’azione
azione dell
dell’altro
altro solo nel suo senso manifesto,
manifesto
ma raramente in quello implicito e sotteso (Frith, 2009).
Ipotesi eziologiche
Il dibattito sull’eziologia dell’autismo è ancora oggi
molto acceso. Attualmente sembrano dominare le
ipotesi eziologiche di tipo neurobiologico.
Le neuroscienze, con la scoperta dei neuroni specchio,
h
hanno
ip
ipotizzato
tizz t iinfatti
f tti che
h vii sarebbe
r bb una di
disfunzione
f zi
di questi ultimi alla base dei disturbi dello spettro
autistico.
Autismo
A
i
come di
disturbo
b ddella
ll consonanza
intenzionale, dovuto ad un
malfunzionamento dei meccanismi di
rispecchiamento sostenuti dalla
Ipotesi eziologiche
Alcuni studiosi hanno inoltre proposto la tesi di un
iperfunzionamento percettivo nei soggetti autistici,
autistici per cui questi
ultimi non presenterebbero nessun deficit di
immagazzinamento semantico ma un iperdiscriminazione
visiva e uditiva (Mottron, 2006).
Ciò spiegherebbe il motivo per cui molti autistici mostrano
picchi
i hi di abilità
bilità sia
i sull piano
i
cognitivo
iti che
h iin alcune
l
aree
della memoria.
Classificazione nosografica dell’autismo
Il DSM, nella sua più recente edizione
((DSM 5)) definisce i criteri diagnostici
g
della
condizione autistica in termini di diade
sintomatologica, ovvero quando sono
presenti le seguenti manifestazioni cliniche:
“Persistent deficits in social communication and
social interaction across multiple contexts, as
manifested
if d by
b the
h following,
f ll i currently
l or by
b history
hi
[….]
-Restricted, repetitive patterns of behavior,
interests, or activities, as manifested by at least two
off the following,
f
g currentlyy or byy historyy ((examples
p
are illustrative, not exhaustive; see text) [….]”
Classificazione nosografica dell’autismo
DSM IV (1994)
DSM 5 (2013)
Disturbi pervasivi dello
sviluppo in cui rientrano il
Di t b Autistico,
Disturbo
A ti ti il
disturbo di Asperger , il
Disturbo Generalizzato
dello Sviluppo NAS, la
Sindrome di Rett, il
Disturbo disintegrativo
dell’infanzia.
Disturbi dello spettro
autistico che
comprendono
d
il Disturbo Autistico, il
Disturbo di Asperger, il il
Disturbo disintegrativo
dell'infanzia e il Disturbo
pervasivo dello sviluppo
NAS.
Classificazione nosografica dell’autismo
DSM IV
DSM 5
Approccio categoriale
Approccio dimensionale
Triade
T
i d sintomatologica:
i
l i
1. Deficit nell’interazione
sociale
2. Deficit nella comunicazione
3. Deficit dell’immaginazione
con interessi
ristretti e stereotipati
Diade sintomatologica:
1. Deficit socio-comunicativo
(componente sociale)
2: Interessi ristretti e
comportamenti ripetitivi
(componente non sociale)
LA DIADE SINTOMATOLOGICA DELL’AUTISMO
DEFICIT NELLA
COMUNICAZIONE SOCIALE
DEFICIT D’IMMAGINAZIONE
Le difficoltà nell
nell’area
area della comunicazione e dell
dell’interazione
interazione
sociale, che nel DSM IV erano considerate separatamente,
nel DSM V sono state accorpate in quanto riflettono un
unico
i deficit.
d fi i
Autismo
C ti
Continuum
di
condizioni
Disturbi
dello spettro
autistico
i i
I diversi tipi
p di Autismo p
presentano confini troppo
pp sfumati
che non consentono di definire un numero preciso di
quadri clinici chiaramente distinti. Per tale ragione, nel
DSM 5 non sono più indicati dei precisi «sottotipi»
sottotipi come
avveniva nelle classificazioni diagnostiche precedenti.
Deficit
comunicativo
i i
Cottini & Vivanti, 2013
Deficit sociale
PRINCIPALI
MANIFESTAZIONI
CLINICHE
Deficit di
«immaginazione»
Ansia
Anomalie sensoriali
Altre manifestazioni
Deficit delle funzioni esecutive
Deficit comunicativo
Problemi nella produzione linguistica
Difficoltà con la pragmatica della comunicazione ovvero nell’uso
del linguaggio nel contesto di un’interazione sociale.
Anomalie
A
li ddell lilinguaggio
i :
 Inversione Pronominale
 Ecolalia (ripetizione letterale di frasi sentite da altri)
 Uso idiosincratico di parole e frasi
Articolazione atipica del linguaggio
Mancata varianza del registro: il volume della voce non viene
variato per dare intonazioni e significati particolari alle frasi.
Mancato uso della gestualità
Deficit comunicativo
Problemi nella comprensione linguistica
Mancata comprensione del linguaggio
Interpretazione letterale del linguaggio
Mancata comprensione della gestualità
DeficitAutismo
sociale
Deficit
sociale
e abilità sociali
 Difficoltà nel
riconoscimento delle
interazioni sociali
Mancanza di
reciprocità
sociale
 Difficoltà
nell’interpretazione di tali
interazioni
 Risposte inadeguate
 Mancata motivazione a
Deficit sociale
Anomalie
nell’orientamento
e nell’attenzione
verso gli altri
DEFICIT
SOCIALE
Anomalie nella
capacità di
leggere il
comportamento
degli
d
g altri
«Comportamento
visivo» anomalo
Mancanza di
comportamenti
«pro-sociali»
Problemi nel fare
attenzione agli altri
Difficoltà nel capire
cosa fanno
f
glili altri
l i
Deficit di Immaginazione
In che cosa consiste?
Rigidità:
resistenza al
cambiamento
Ripetitività:
ristretto numero
di interessi
Deficit di Immaginazione
Cottini, Vivanti 2013
Come si manifesta?
Abit di i rigide
Abitudini
i id
Linguaggio spontaneo
monotematico
Comportamenti motori
stereotipati (ad es. sbattere le
braccia ritmicamente
ritmicamente, agitare
le dita davanti agli occhi
Altre manifestazioni
Ansia e
regolazione
emotiva
Anomalie nelle manifestazioni
delle emozioni
Difficoltà nel riconoscere le
emozioni degli
g altri
Difficoltà ad adattare il
comportamento alle
circostanze
Altre manifestazioni
Anomalie sensoriali
Le conseguenze di questo deficit di percezione
possono andare in due direzioni, generando
comportamenti volti a:
• Difendersi da sensazioni sensoriali
• Ricercare
Ri
d
determinate
i
sensazioni
i i sensoriali
i li
Altre manifestazioni
Deficit delle funzioni esecutive
Difficoltà nella pianificazione del proprio
t
t
comportamento
Difficoltà nell’organizzazione del
comportamento
Difficoltà nel modificare il proprio
comportamento in base alle circostanze
Difficoltà nell’inibizione di risposte
«prepotenti»
p p
Altre manifestazioni
Anomalie dell’attenzione
Tempi di attenzione
brevi
Difficoltà nello
spostare l’attenzione
da uno stimolo ad un
altro
Preferenza verso i
dettagli
Carenza nell’uso
sociale
dell’attenzione
dell attenzione
Orientamenti educativi
Gli approcci e i metodi attualmente più utilizzati in ambito
educativo con soggetti che presentano disturbi dello spettro
autistico sono quelli di tipo cognitivo-comportamentale
((Goussot,, 2013).
)
Di seguito, proponiamo tre strategie didattiche il cui obiettivo
è favorire l’acquisizione delle competenze sociali nei
soggetti autistici:
Responsive Teaching
Digital
g Storytelling
y
g
Video Modeling
Orientamenti educativi
I bisogni educativi di un bambino con autismo nella sfera
sociale sono numerosi:
 Apprendere
pp
le regole
g
elementari p
per la p
partecipazione
p
agli
g
scambi sociali e alle attività basate sulla collaborazione
 Sviluppare la capacità di interpretare il comportamento
sociale degli altri
 Apprendere le abilità relative alla tempistica delle
interazioni sociali
 Sviluppare abilità di problem solving
Strategie didattiche: il Responsive Teaching
Il Responsive
R
i Teaching
T hi (Insegnamento
(I
R
Responsivo)
i )
è un intervento educativo precoce centrato sulla
relazione che agisce sui bisogni evolutivi e socioemozionali del bambino (Mahoney & MacDonald,
2007).
Questo tipo di intervento prevede
l’utilizzo di strategie che consentono agli
educatori di interagire in maniera più
“
“responsiva”
i ” con i bambini
b bi i (Mahoney
(M h
&
Perales, 2005).
Il Responsive Teaching
L’Insegnamento Responsivo è volto a promuovere tre aspetti
del funzionamento evolutivo:
• aspetto cognitivo,
ii
relativo
l i
alla
ll capacità
i à dei
d i bambini
b bi i di
pensare, ragionare, risolvere problemi e apprendere nuove
informazioni;
• aspetto comunicativo, relativo alla capacità dei bambini di
trasmettere i loro sentimenti e le loro intenzioni, di trasmettere
i sentimenti e le intenzioni altrui attraverso il linguaggio
verbale e simbolico;
• aspetto sociale-emozionale,
i l
i
l relativo
l i
alla
ll capacità
i à dei
d i
bambini di impegnarsi in interazioni evolutive con genitori,
adulti e altri bambini
Il Responsive Teaching
Il RT è incentrato sulla
relazione
Si propone di mostrare agli educatori come
essere reattivi (cioè in sintonia, attenti)
affermando e incoraggiando
gg
i
comportamenti naturali e l'interesse di ogni
bambino, motivandolo a mettere in atto
compiti
i i di sviluppo.
il
N
Non è dunque
d
l' d l
l'adulto
che avvia l'attività comportamentale, ma il
Il Responsive Teaching
Il Responsive Teaching comprende sessantasei strategie
didattiche e sedici comportamenti cardine. Si tratta di brevi e
semplici strategie, suggerimenti che gli educatori possono
utilizzare per monitorare e modificare il modo in cui
interagiscono con i propri allievi in qualsiasi momento e in
qualsiasi
l i i situazione.
it i
Q t strategie
Queste
t t i includono
i l d
cinque
i
dimensioni interattive: reciprocità; contingenza; controllo
condiviso; affetto; adattamento.
Il Responsive Teaching
Reciprocità
p
• coinvolgere il bambino nelle diverse routine
• capacità del genitore di cogliere in maniera sensibile i
segnali del bambino e di rispondervi costantemente e
tempestivamente in maniera intenzionale
Contingenza
Controllo
Affetto
Adattamento
• capacità del genitore di strutturare l’ambiente e
l’attenzione del bambino offrendo delle facilitazioni
•
esprime il livello di coinvolgimento emotivo, la
capacità di provare piacere, mostrare accettazione e
calore verso il proprio bambino
• capacità del genitore di associare il proprio interesse,
stile interattivo e richiesta adeguata al livello
evolutivo mostrato dal bambino
Il Responsive Teaching
I sedici comportamenti cardine sono:
Area
cognitiva
Area
comunicativa
Area socioemozionale
gioco sociale, iniziativa, esplorazione,
pratica e problem solving
attività aggiuntiva, attenzione, vocalizzazione,
comunicazione intenzionale e conversazione
fiducia,, empatia,
p , operazione,
p
, autodisciplina,
p ,
autocontrollo e autostima
Strategie didattiche: il Digital Storytelling
S i l skills
Social
kill
L’utilizzo del Digital Storytelling promuove i
processi di insegnamento-apprendimento delle
abilità
bili à sociali
i li e comunicative
i i che
h risultano
i l
carentii neii
soggetti autistici
Il Digital Storytelling
L’utilizzo della narrazione digitale si configura come
metodologia
t d l i didattica
did tti efficace
ffi
e flessibile
fl ibil per la
l
creazione di storie che supportino l’insegnamento
delle abilità sociali, innalzando i livelli di
motivazione, attenzione e rinforzo.
(Chen & McGrath, 2003; Delano & Snell, 2006).
I soggetti autistici:
 Presentano modalità comunicative differenti
 Prediligono un ambiente stabile e non amano le sorprese
 Hanno bisogno di sapere cosa stanno facendo e perché,
altrimenti perdono interesse
 Non amano gli stimoli emotivi poiché non li comprendono
 Generalmente preferiscono le immagini al testo
 Lavorano meglio in ambienti strutturati
 La ripetizione delle attività ne favorisce l’apprendimento
 Necessitano di pause
 Amano
A
utilizzare
ili
il computer
Chatzara et al., 2012
I vantaggi del computer
in relazione alle
caratteristiche dei
soggetti autistici:
È uno strumento prevedibile, controllabile e stabile
Non ha comportamenti emotivi che spesso disturbano i
soggetti autistici
Consente l’espressione
l espressione verbale e non verbale
Crea meno ansia e timore nel momento della correzione di
un errore
Favorisce la ripetizione di un’attività e il rinforzo
dell’apprendimento pregresso
È semplice usarlo una volta apprese le conoscenze di base
I programmi possono essere personalizzati e adattati alle
esigenze individuali
Il Digital Storytelling
A
Attraverso
l’l’uso di uno strumento
come il computer, dunque, il Digital
Storytelling consente di acquisire e
sviluppare abilità e conoscenze in
maniera strutturata
I diversi mezzi di comunicazione
usati nel DS (scrittura,
(scrittura voce,
voce
immagine, suono) favoriscono
nuove modalità di presentazione
che
h promuovono l’i
l’interazione
i
sociale e la comunicazione
Il Digital Storytelling
La
narrativa
Il nostro modo più naturale di
g zz l’esperienza
p
z e la
organizzare
conoscenza
Il Digital
g
Storytelling
y
g : definizione
Il digital storytelling è una nuova forma
comunicativa e rappresenta un dispositivo che
traduce e trasforma i racconti, li mette in
scena e in movimento attraverso parole,
immagini e suoni.
Il CONCETTO DI DISPOSITIVO
I dispositivi
d
didattici
dd
non sono
rappresentati esclusivamente da
strumentazioni tecnologiche ma anche da
apparati culturali, concettuali e normativi:
una strategia
g d’azione,,
l’organizzazione dello spazio e del
tempo e le modalità con cui si intende far
i
interagire
i glili attorii presentii nell sistema.
i
Il Digital Storytelling: funzione
Laa cost
costruzione
u o e e laa fruizione
u o e di
d storie
sto e digitali
d g ta
consente di evidenziare «elementi di conoscenza»
complessi, favorendo apprendimenti significativi e
contestualizzati.
li
i
Il Digital Storytelling
1. CONNESSIONE - Le storie consentono di
connettere le proprie esperienze a quelle altrui e di
collegare le esperienze presenti con quelle passate.
2 COMMUNICAZIONE – Le
2.
L storie
i consentono di
comunicare il proprio punto di vista e la propria
percezione.
percezione
3. COLLABORAZIONE - Le storie hanno una
funzione collaborativa,
collaborativa in quanto consentono di
collegare le storie dei singoli personaggi, le loro azioni
e i loro p
punti di vista e di trasmettere la cultura
Il Digital Storytelling
ALCUNE
Storie personali
TIPOLOGIE DI
DIGITAL
STORIES
SStorie
i che
h trasmettono iinformazioni
f
i ie
che «istruiscono»
Storie sociali per descrivere una
situazione particolare,
particolare una persona,
persona
un’abilità, un evento o un concetto in
termini di guide rilevanti o di risposte
sociali
i li adeguate.
d
Il Digital Storytelling
Secondo il Center of Digital Storytelling le storie
digitali devono contenere 7 elementi fondamentali:
1) Punto di vista
2) Sviluppo tematico
3) Contenuto emotivo
4) Voce narrante
5) Colonna sonora
6) Brevità
7) Ritmo
IL RUOLO DEL DOCENTE
Guidare il processo
Accertarsi che il discente non
focalizzi la sua attenzione sul
media,
di ma sulla
ll storia
i
Assicurarsi che gli obiettivi
educativi siano conseguibili
attraverso il racconto
DOVE E CON QUALI STRUMENTI?
Classe o laboratorio
LIM
COMPUTER
FLASHCARDS
MEDIA
Fumetto
Animazione bitri-dimensionale
bi e tri
dimensionale
Flash cards
Video giochi
PROCESSO
FASI
• BRAINSTORMING/SELEZIONE DELL’
ARGOMENTO / DRAFT
• CREAZIONE DELLO STORYBOARD
• PRODUZIONE
• PRESENTAZIONE DEL PRODOTTO
FINALE
COME SCRIVERE UNO SCRIPT
• Bastano 250 parole, 12 immagini e di una durata di due minuti
• Non bisogna soffermarsi solo sugli aspetti digitali ma si deve
tener conto della valenza educativa dei contenuti
• Lo script
p èp
più delle p
parole
• La storia è una storia personale, che viene dal cuore, quindi
raccoglie emozioni. L’utilizzo della prima persona è molto
frequente.
• Il linguaggio utilizzato deve essere semplice e coinvolgente.
• La musica può creare l’umore e la predisposizione giusti, se
scelta con accuratezza
Creare un Collage
I collage sono utili quando le immagini disponibli non possono
essere ingrandite per motivi di risoluzione o qualità della foto
ma anche come fine a se stessi per narrare una storia.
Esempio: ‘In viaggio con la famiglia’.
Gli alunni scelgono delle proprie foto e costruiscono un collage
per raccontare una giornata, utilizzando Microsoft
Powerpoint.
p
LO STORYBOARD
• Lo
storyboard
è
una
rappresentazione
pp
scritta e/o
/ ggrafica
di tutti gli elementi che saranno
inclusi in una storia digitale.
g
Creare lo Storyboard
Strategie didattiche: ilVideo modeling
Modeling
(apprendimento
imitativo)
Mediante l’utilizzo della
tecnologia video, consente di
illustrare la modalità adeguata
di comportamento in
determinati contesti o la
corretta esecuzione di azioni
al fine di acquisire specifiche
abilità
IlVideo modeling
L’attività
L
attività di video modeling prevede:
Come
 La registrazione
g
di un breve
filmato, utilizzando come modello
dei compagni di classe o dei
familiari;
 La visione individuale del filmato
da parte del bambino autistico;
 L’imitazione dei comportamenti
osservati nel filmato
IlVideo modeling
Perché
Il video modeling consente:
 L’attivazione
L’ tti i
dell’attenzione
d ll’ tt i
relativamente
l ti
t all
comportamento da osservare;
 La visione reiterata del filmato;
 L’enfatizzazione del processamento delle
contenuto visivo;
 La mancata interazione diretta tra il bambino
autistico ed il suo interlocutore, che potrebbe
rivelarsi
i l i fonte
f t di stress
t
Strategie didattiche: le storie sociali
U storia
Una
i sociale
i l è un b
breve racconto
critto in formato specifico per l’allievo
on autismo, che descrive una situazione
articolare,
i l
una persona un’abilità,
’ bili à un
vento o un concetto in termini di guide
ilevanti o di risposte sociali adeguate.
Le storie sociali mirano ad aiutare il
bambino a comprendere le
situazioni sociali
sociali, attraverso
l’adozione di un approccio
Strategie didattiche: le storie sociali
Storie
St
i
sociali
• Stabilire una
routine
L’efficacia
L’
ffi i delle
d ll storie
i sociali
i li è data
d da
d una
caratteristica che gli studenti autistici mostrano spesso,
ovvero quella di aderire rigidamente alle attività
routinarie. Per tale ragione, la storia può aiutare a
stabilire una regola
g o una routine che il bambino potrà
p
poi applicare alla situazione reale.
Esempio di storia sociale
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