OLTRE Il giornale dello spazio privato del SE' Quadrimestrale di psicologia, psicoterapia, psicoanalisi, ipnosi, sessuologia, neuropsicologia. Num. 30 – Gennaio Aprile 2015 - Registrazione al Tribunale Ordinario di Torino n. 5856 del 06/04/2005 - Direttore responsabile: Dott. Ugo Langella - Psicologo, Psicoterapeuta - Iscritto all'Ordine degli Psicologi ed all'Albo degli Psicoterapeuti, Posizione 01/246 al 17/07/1989 - Str. S. Maria 13 - 10098 RIVOLI (To) - Tel. 0119586167 - [email protected] http://www.oltrepsy.it/ - Esente da pubblicità - Stampa in proprio - Pubblicazione gratuita. ________________________________________________________________________________ SOMMARIO – 1 Editoriale - 2 Esterofilia - 3 Scegliere - 4 Aspetti della psicologia del primogenito - 5 ...Come la torre di Pisa - 5 Ancora (vedi OLTRE 29) sul narcisismo e i suoi derivati - 12 Il curriculum di Ugo Langella. EDITORIALE – (Dall’editoriale di OLTRE n. 2 – Settem. / Dicem. 2005.) "OLTRE - IL GIORNALE DELLO SPAZIO PRIVATO DEL SE'". Questo sottotitolo che sopra compare, è stato preso pari pari da un volume della Boringhieri, scritto da un grande psicoanalista indiano, ancorché poco noto al grande pubblico: Masud Kan. Non vorrei spiegarlo. Preferirei che ognuno cercasse di dargli il significato che gli pare, tanto sono convinto che gli darebbe quello giusto. E' fondamentale cercare il proprio SE' dentro di noi, coltivarlo e proteggerlo. Ciò non significa essere né egoisti e né chiusi, ma dedicare a noi, in primo luogo, quelle attenzioni indispensabili per conservarci sani, sereni e fiduciosi. Nonostante tutto. Questo per quanto riguarda il SE’. Tuttavia, parafrasando la nota frase latina... “Si vis pacem, para bellum!” “Se vuoi la pace prepara la guerra”, frase di un certo Vegezio vissuto nel IV secolo dopo Cristo (qui da interpretare in chiave simbolica), aggiornata con alcuni Corollari della Legge di Murphy (che trovi su internet) fra i quali: “Se qualcosa può andar male, lo farà.” “Lasciate a se stesse, le cose tendono a andare di male in peggio...” “..Se vuoi una ragionevole pace interiore, preparati alla guerra”, anziché sperare che un mago, una fata, un dio, qualcuno insomma di esterno a te, venga magicamente in tuo aiuto e per così dire: “ti tolga le castagne dal fuoco”. Ma “guerra” a chi? Contro quelle parti di noi, che in un modo o nell’altro non amano la vita poichè vivere richiede uno sforzo continuo (e chi ha detto che la vita debba essere facile?) parti che attentano continuamente contro di essa; parti distruttive che comunque le si chiami esercitano su di noi il fascino delle sirene di omerica memoria, per ascoltare le quali Ulisse ebbe la precauzione di farsi legare all’albero della nave, e che altro non sono se non le nostre pulsioni di morte. Della serie: “Aiutati che il ...Sé... ti aiuta”. In effetti, se facciamo attenzione, spesso il SE’ ci mette in guardia, ci consiglia, ma siamo noi che non sappiamo o non vogliamo ascoltarlo, perché preferiamo pensare, come scritto prima, che una volta o l’altra tutto si sistemerà da solo. Se vuoi sapere di più circa il SE’, vai all’indirizzo internet http://www. oltrepsy.it/ Accedi alla seconda pagina del sito cliccando su OLTRE sottolineato posto in basso: della prima, dove leggi: Scegli la copia di OLTRE che vuoi leggere o prelevare, visualizzando.... Sotto in blu i numeri di OLTRE in ordine di importanza. In nero, i titoli e la pagina: 1 13 Senza titolo per non crearti pregiudizi (pag. 3) 15 Il SE’ (pag. 2) 15 I segnali di pericolo provenienti dal SE’ (pag. 6) 10 Criteri psico-architettonico-urbanistici per la protezione del SE’ (pag. 3) 12 Teoria generale degli attacchi di panico (pag. 8) ESTEROFILIA “Una volta o l’altra vado allestero!” No. Il fatto che manchi l’apostrofo fra all ed estero non è un errore ortografico ma esprime bene foneticamente come quella frase viene pronunciata. Sono più di 50 anni che periodicamente sento dire questa frase da qualcuno: “Vado allestero!” D’accordo: adesso c’è la crisi, ma c’era già chi lo diceva negli anni 60, quando in Italia era scoppiato il cosiddetto “bum” fatto di edilizia scadente, frigoriferi, dischi microsolco e FIAT 500. Ma andare all’estero a far che cosa? C’è qualche posto dove si possa fare quello che si vuole ed essere pagati tanto, poichè era questa (e lo è ancora) l’aspettativa sottostante? Qualche giorno fa un notiziario televisivo diceva che in un tempo x (ics) più di ottantamila giovani italiani sono andati a lavorare in Inghilterra. A parte quelli che hanno risposto a inserzioni di bandi relativi a mansioni ben precise, la maggior parte è andata alla ventura. Parliamoci chiaro: molti extracomunitari, quelli che hanno voglia di lavorare, per tacere di quelli che: “Se era per lavorare non venivo in Italia!”, di lavoro ne trovano. “Si, ma lavori pesanti, per una quantità di ore giornaliere estenuanti!” Verissimo. Ma il fatto è che molti dei nostri giovani che emigrano in Inghilterra, o altrove, quei lavori pesanti e/o poco gratificanti li trovano là, e se vogliono guadagnare qualcosa, non certo arricchirsi, non devono badare all’orario! “Ma vuoi mettere? Farli in Inghilterra è diverso. Là posso imparare l’Inglese!” Vero, ma che Inglese impari? Lo slang!? Quello va bene allo stadio! “Faccio il part-time e vado a scuola serale per impararlo!” Ma se fai il part-time come fai a pagarti tutte le spese? Il costo della vita in Inghilterra è molto elevato. Pensi di vivere da straccione? Finisce che devi ancora farti mandare i soldi da casa! E se non fai il part-time, dopo una lunga e pesante giornata lavorativa, quanta voglia pensi che avrai di stare ancora alcune ore a scuola tanto più se il giorno dopo dovrai essere presto al supermercato per scaricare la merce, dietro al banco di un bar, o al ristorante a pelare le patate? Se poi con i soldi che guadagni lavorando, non vuoi vivere sotto i ponti devi trovare casa in edifici periferici, dove nemmeno lì ti regalano nulla! Comunque, sei proprio sicuro che sia colpa degli altri se qui non trovi un lavoro, e potresti non trovarlo neppure in Inghilterra o altrove? Alla fin fine, supermercato, bar, ristorante, stazione di lavaggio o similari, la conclusione è che in alternativa ti dichiari disponibile a fare in Inghilterra quello che in Italia ti vergogneresti di fare. “Va bene, hai ragione, ma lavorare in Inghilterra è come sentirsi in vacanza tutto l’anno! E poi là nessuno mi conosce! Io vado a vedere com’è, e poi se non trovo niente me ne ritorno a casa!” Ho capito: vado l’ammazzo e torno, ma questa non è la stagione adatta. Almeno, hai dei validi titoli di studio ed una valida preparazione per sperare di farti assumere una volta o l’altra da aziende locali ad uno stipendio decente? E comunque, anche se ce l’avessi, non è che in Inghilterra perché arrivi tu dall’Italia ti mettano subito a capo di un ufficio o di un reparto! Ti farebbero fare anni di paziente gavetta pagandoti certo meglio di chi fa lavori pesanti, ma ti accorgeresti che dell’Inghilterra vedresti ben poco se non qualcosa alla domenica, poichè come avviene da 2 noi per gli extracomunitari, essendo tu un extra-britannico, assai probabilmente ti ci vorranno anni prima di sentirti al livello di un inglese medio, e dopo un certo numero di anni di m.... lontano da casa, cominceresti ad odiarla! A mio avviso, degli 82000 giovani che sono andati recentemente a lavorare in quella nazione molti di loro stanno buttando via parte della loro vita per un futuro che non avranno mai, anche perché troveranno sempre di più una concorrenza spietata da parte di coetanei di altre nazioni, basti pensare agli Indiani, in maggior numero e più e meglio preparati, che inoltre hanno il pregio di conoscere bene la lingua. Ma allora che deve fare il giovane Italiano che qui non trova lavoro? Rinunciare a cercare rifugio in lontani ed illusori paradisi; rimboccarsi le maniche e impegnarsi seriamente nell’inventarsi o reinventarsi una identità professionale autogestita, inizialmente ad un prezzo tale da trovare dei clienti. Solo dopo, aumentando la domanda potrà alzarlo! E se è disposto a fare altrove lavori pesanti e poco pagati, può farli anche qui, senza necessariamente allontanarsi da casa. Se identifica un’azienda interessante, soprattutto a livello artigianale, non deve aver paura di offrirsi a lavorare anche gratuitamente. Per intanto può imparare, e se dimostra buona volontà, può ottenere anche di più. Cosa conta è non mollare mai! Troppo spesso non ci rendiamo abbastanza conto di come molti extracomunitari ci diano una lezione di vita che non dovremmo dimenticare, poichè si accontentano di poco, mentre i nostri giovani qualsiasi cosa facciano vogliono guadagnare subito cifre elevate. “Il lavoro è un diritto!” Non vi è alcun dubbio, ma purtroppo l’economia, che ci piaccia o no, ha le sue leggi. Il fatto è che ormai siamo troppo ben abituati e le rivoluzioni non è più disposto a farle nessuno poichè tutti hanno in qualche modo dei privilegi da difendere, per cui oggi più che mai si sogna di trovare la Mecca da qualche parte anche a costo di lasciare qui le persone che amiamo, coltivando illusioni che una vita sola non basta a soddisfare, e intanto se ne va e si perdono le amicizie e gli affetti. Come se non bastasse: “Ma se ghe pensu...” la nota canzone di Gilberto Govi. I Genovesi di immigrazione se ne intendono! Negli anni 70 circolava una dolce canzone che diceva: “Amore, ritorna. Le colline sono in fiore... Non mi importa se non sei diventato più importante, poichè tu sei importante per me!” Circa poi le illusioni di trovare “allestero” partner più emancipati/e dei propri conterranei, sono sempre convinto della validità del detto: “Donne e buoi dei paesi tuoi”. Spesso si tratta dell’ingannevole fascino dell’esotico. E poi, vuoi mettere la nostra cucina? Non sono affatto convinto che sia la migliore del mondo, ma penso che a renderla tale sia il fatto che i nostri intestini ci sono abituati! SCEGLIERE Quanto segue non è un tema nuovo. L’ho già trattato alcune volte anche se con titoli diversi, pur tuttavia merita di essere ulteriormente ribadito. Si tratta del problema non solo del scegliere, ma del fare la scelta migliore per noi. Un tempo, quando il Cristianesimo era dominante nella nostra testa, e la psicologia non aveva ancora fatto la sua irruzione sulla scena, quando scegliere si faceva difficile l’interessato andava in chiesa dove si rivolgeva a Dio, alla Madonna ed ai santi, anche se il più diretto interessato sarebbe stato lo Spirito Santo, per ricevere la giusta ispirazione o, almeno, quella che si pensava lo fosse. Il vero problema del scegliere, infatti, non è prendere una decisione o l’altra, poichè spesso nell’immediato non è affatto difficile, ma fare una scelta di cui non si abbia a pentirsi, per cui, dato che nessuno dispone di una sfera di cristallo davvero efficiente, il dubbio ed i 3 conflitti interni sono sempre in agguato. Circa quello che si dovesse fare o non fare, un tempo i 10 Comandamenti, i Sette vizi capitali, i Salmi, costituivano delle direttive. Oggi ci sarebbe anche “Il libro delle decisioni”, ma essendo la vita diventata più complicata e le sfumature più indefinite, oltre al fatto che le persone rivendicano sempre di più il diritto di pensare con la propria testa, questi punti di riferimento appaiono sempre più inadeguati. Sino a poco tempo fa, usava ancora tirare i dadi o leggere i fondi delle tazzine di caffè, ma oggi più nessuno ci crede. O anche cercare la risposta nella statistica, ma dato che questa presuppone il possesso a priori di dati sicuri ed aggiornati, se non se ne dispone è inutile. Grazie a S. Freud, però, possiamo andare più sul sicuro. Non otterremo una risposta oggettiva ma soggettiva, è vero, ma è proprio di quella che abbiamo bisogno. Del resto i dati statistici sono risultati oggettivi di valutazioni spesso in gran parte soggettive: vedi gli indici di gradimento, per cui sono solo relativamente attendibili per uno specifico individuo. S. Freud nella sua “Teoria delle pulsioni”, afferma l’esistenza in noi di pulsioni di vita e di pulsioni di morte. Non starei qui ad entrare nel dettaglio, poichè è proprio il caso di dire che bastano le parole. In ogni caso, se non si dispone di quelle opere, basta andare su internet e digitare pulsioni di vita e/o pulsioni di morte, e si ottengono tutti gli approfondimenti necessari. Si può anche consultando l’indice tematico su www.oltrepsy.it Secondo Freud a livello inconscio subiamo delle spinte o pulsioni antagoniste tendenti ad andare verso la vita o verso la morte. Tali spinte agirebbero prevalentemente sotto forma di impasto di ambedue le pulsioni. Raramente, infatti, ci troviamo davanti a situazioni palesemente del tutto positive o negative. In tal caso scegliere non sarebbe un problema. I dubbi vengono piuttosto quando sia la percentuale delle pulsioni di morte che quella delle pulsioni di vita quasi si equivalgono. Allora scegliere richiede un esame più approfondito. In ogni caso, una volta presa questa o quella decisione, dovremmo chiederci: “Per come sono oggi, laddove non modificassi il mio modo di essere e di affrontare la vita, tale decisione potrebbe rivelarsi la conseguenza della prevalenza delle pulsioni di vita o delle pulsioni di morte?” Se avremo davvero il coraggio di essere onesti con noi stessi, la risposta che potremmo darci non dovrebbe essere difficile. Se poi sentissimo in noi dell’angoscia o dei tristi presentimenti, significherebbe che il SE’ (le caratteristiche del quale sono descritte all’inizio di pag. 2 di questo numero) cercherebbe di fermarci poichè quella decisione che ci era sembrata provenire dalle pulsioni di vita, proviene dalle pulsioni di morte, salvo che si sia decisi a cambiare modo di essere. ASPETTI DELLA PSICOLOGIA DEL PRIMOGENITO In una famiglia in cui ci siano più figli, il primo, maschio o femmina, a patto che sia ragionevolmente sano di mente, godrà di una considerazione maggiore da parte dei genitori in termini di affidamento. Peccato, però, che il primogenito, sempre maschio o femmina che sia, provi un odio profondo più o meno malcelato verso di loro, responsabili di aver messo al mondo altri figli, ognuno dei quali, nascendo, gli ha sottratto ulteriori attenzioni da parte dei genitori, nello stesso tempo in cui quest’ultimi esigevano da lui una maggiore responsabilizzazione, equivalente ad una crescita accelerata di cui l’interessato avrebbe fatto volentieri a meno, vivendo la cosa come una perdita affettiva. E’ assai probabile, in tal caso, che i genitori non riescano a farsi una ragione di tale odio, convinti, al contrario, di aver privilegiato il primogenito proprio responsabilizzandolo. Avviene frequentemente, allora, che il suddetto crescendo si comporti in modo provocatorio verso di loro, nella speranza di ritornare a riassorbirne tutte le attenzioni come quando era ancora figlio unico, ottenendo 4 molto spesso o quasi sempre il risultato contrario per il rifiuto da parte degli interessati non solo di giustificare questo comportamento pur non condividendolo, ma persino di rifletterci sopra insieme. Talvolta, comunque, i genitori vi arrivano da soli, ma a causa dei sensi di colpa poichè in fondo a loro andava tanto bene così, non fanno nessuna esplicita ammissione, lasciando quindi il figlio nell’odio che spesso non si attenua neppure dopo la loro morte. E’ molto probabile, tuttavia, che questo meccanismo si ripeta anche in ogni figlio temporaneamente ultimogenito alla ulteriore nascita di un fratello o di una sorella laddove questa avvenga entro i loro primi anni di vita; spesso anche più tardi e forse a qualsiasi età alla nascita di un proprio figlio il quale potrebbe essere vissuto come l’ennesimo rivale nell’accaparrarsi l’amore dei genitori: nel caso di un padre, dell’amore della madre-moglie. ...COME LA TORRE DI PISA Perchè la Torre di Pisa non cade? Perché l'asse che passa per il suo baricentro, perpendicolare alla terra, ricade entro l'area di base della torre. Se l'inclinazione aumentasse fino al punto in cui l'asse perpendicolare si spostasse fuori della base, la torre cadrebbe. Allora: qualsiasi età abbiate, qualsiasi cosa vi succeda, qualsiasi cosa succeda intorno a voi, non lasciate mai che il vostro baricentro cada fuori dalla base, almeno sino a quando indicherete (!) all’autista del furgone funebre che vi conterrà, la strada più breve per portarvi al cimitero!!! ANCORA (seguito di OLTRE 29) SUL NARCISISMO E I SUOI DERIVATI ...Circa il narcisismo in generale, non possiamo dimenticare la gigantesca quantità di risorse umane e materiali distrutte nel corso dei secoli attraverso le guerre, a causa del desiderio di supremazia narcisistica di un popolo sugli altri. Anche l’esplorazione dello spazio, per quanto utile per sviluppare ulteriori conoscenze astronomiche e nuove tecnologie, sembra soggiacere alla lotta per il raggiungimento della supremazia narcisistica planetaria, a scapito della sopravvivenza delle popolazioni. Si va alla ricerca di nuove galassie, ma nello stesso tempo si trascura la Terra in cui viviamo. Il narcisista (soggetto affetto in modo marcato da narcisismo secondario), è un attore che recita in continuazione anche senza palco e senza set. Se non può esibirsi in ruoli esaltanti, lo fa in ruoli vittimistici. C’è del narcisismo di troppo tanto in chi si veste in modo ricercato per andare a comperare il pane, come in chi fa la stessa cosa uscendo vestito come se fosse a casa sua, del tutto indifferente circa la sensibilità visiva e olfattiva altrui. Circa il narcisismo, il manuale PDM – Manuale Diagnostico Psicodinamico (a cura dell’American Psychoanalisis Association, Internal Psychoanalytical Association (Raffaello Cortina Editore - 2008) riporta: DISTURBI NARCISISTICI DI PERSONALITA - I disturbi narcisistici di personalità si collocano lungo un continuum di gravità che va dal confine con i disturbi nevrotici di personalità a livelli di disturbo decisamente più gravi. All'estremo nevrotico dello spettro di gravità, gli individui narcisisti possono essere socialmente appropriati, avere successo, essere affascinanti e, pur non avendo grandi capacità di intimità, essere ragionevolmente 5 ben adattati alle loro famiglie, al lavoro e agli interessi che coltivano. Invece, le persone con personalità narcisistiche organizzate ai livelli più patologici del continuum, indipendentemente dal successo raggiunto, soffrono di una chiara diffusione dell'identità, non hanno un senso coerente di una moralità autodiretta e possono comportarsi in modi molto distruttivi. L'esperienza soggettiva caratteristica degli individui narcisisti è un senso di vuoto interiore e di mancanza di significato, e un bisogno di ricorrenti conferme esterne circa la propria importanza ed il proprio valore. La descrizione classica della "personalità come se" (Deutsch, 1942) [vedi OLTRE 28 – pag. 7) probabilmente appartiene all'area generale della psicopatologia narcisistica. Quando i soggetti narcisisti riescono a ottenere queste conferme (in forma di status, ammirazione, ricchezza e successo) provano un senso quasi di euforia, e spesso si comportano in modo grandioso, trattando con disprezzo le altre persone (specialmente quelle che percepiscono di stato inferiore). Quando l'ambiente non riesce a fornire questo tipo di conferme, tendono a sentirsi depressi, a provare vergogna e ad essere invidiosi delle persone che riescono a ottenere ciò che loro non hanno. La mancanza di piacere nel lavoro e nell'amore può essere dolorosa anche per chi ne è testimone [e questo dolore, percepito dallo psicoterapeuta, favorisce la percezione di questo tipo di patologia psichica]. Il ritratto del disturbo narcisistico di personalità fornito dal DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – American Psychiatric Association, 2000) mostra la versione più arrogante di questo tipo di psicopatologia (Reich, 1933), e non tiene conto di molte persone che hanno intrapreso una terapia che sembrano apertamente diffidenti e meno di successo, ma che coltivano dentro di sé fantasie grandiose (Akhtar, 1989; Cooper, Ronningstam, 1992; Gabbard, 1989; Hunt, 1995; McWilliams, 1994; Rosenfeld, 1987). I pazienti meno apertamente arroganti possono chiedere ai loro terapeuti di insegnar loro a essere "normali" o più apprezzati dagli altri, oppure possono lamentarsi perché vogliono ciò che hanno le persone più fortunate di loro. Questi sottotipi corrispondono grosso modo alle versioni più introiettive o più anaclitiche del narcisismo. [Anaclitiche: più somiglianti, per narcisismo, con i genitori o persone dell’ambiente infantile – U. Galimberti] Spesso i soggetti narcisisti hanno preoccupazioni ipocondriache e tendono a somatizzare. La letteratura clinica indica che, avendo vissuto le prime esperienze di attaccamento come qualcosa di poco gratificante e inaffidabile, le persone che hanno poi sviluppato gravi tratti narcisistici possono aver reagito a queste esperienze con un forte disinvestimento emotivo, rivolgendo le preoccupazioni essenzialmente sulla propria integrità corporea. Gli individui con disturbo narcisistico di personalità investono molte energie confrontando il proprio status con quello delle altre persone. Tendono a difendere la propria autostima ferita per mezzo di una combinazione di idealizzazione e svalutazione degli altri. Quando idealizzano un'altra persona si sentono speciali e più importanti in virtù del fatto che hanno una relazione con quest’ultima. Quando svalutano qualcuno, invece, si sentono superiori. I terapeuti che lavorano con soggetti di questo tipo tendono a sentirsi idealizzati o svalutati senza motivo, o anche semplicemente non presi in considerazione. Questi atteggiamenti possono indurre nel terapeuta sentimenti di noia, lieve irritazione, impazienza o la sensazione di essere invisibili. La letteratura clinica sul disturbo narcisistico di personalità contempla diverse ipotesi sulla sua eziologia e dunque diverse indicazioni al trattamento, che vanno dal valorizzare la sintonizzazione empatica e l'esplorazione degli inevitabili fallimenti empatici del terapeuta (Kohut, 1971, 1977) al concentrarsi su un esame sistematico delle difese: la vergogna, l'invidia e la normale dipendenza (Kernberg, 1975). Come nel caso dei soggetti con una 6 struttura psicopatica del carattere, è più facile aiutare in terapia i pazienti narcisisti se hanno raggiunto o superato la mezza età, quando i loro investimenti narcisistici su bellezza, fama, ricchezza e potere sono andati delusi e hanno dovuto scendere a patti con i limiti realistici della loro grandiosità. [Infine il PDM include nella categoria dei disturbi narcisistici della personalità, il soggetto] arrogante, che crede di avere tutti i diritti. È come il "carattere fallico narcisistico" di Reich (1933), il "narcisista inconsapevole" di Gabbard (1989), il "narcisista a pelle spessa" di Rosenfeld (1987), il narcisista "overt” di Akhtar (1989), descritto anche da Cooper e Ronningstam (1992). Si comporta apertamente come uno che crede di avere tutti i diritti, svaluta le altre persone, colpisce gli altri per quanto è vanitoso e manipolatorio, oppure carismatico e dominante. (Pagg. 32 - 34). E. Rosenfeld nel 1987 conia la più profonda ed estesa definizione del comportamento estremo del narcisista: colui che stabilisce: “relazioni oggettuali narcisistiche onnipotenti”. “Intendevo sottolineare - scrive - che non si tratta generalmente di uno stato senza oggetto [cioè senza interlocutori se non il narcisista stesso, come allora e ancora oggi molto spesso si pensa] ma di una particolare relazione con gli oggetti [interlocutori]; [questi soggetti narcisisti sono] in grado di mettersi in rapporto [con gli altri] solo per scopi narcisistici e solo in modo estremamente onnipotente.” “Sentendosi onnipotenti, proiettano [negli altri] quelle parti di sé che sentono essere indesiderabili o che provocano dolore o angoscia.” (Comunicazione e interpretazione – pag. 31) Circa la rabbia narcisistica, su OLTRE 29 ci sembra di averla definita in modo sufficientemente chiaro. Inviterei il lettore a ripassarla alla pagina 5 di quel numero. Essa è più diffusa di quanto si creda ed è pericoloso sottovalutarla sia nei giovani che negli adulti in quanto potenzialmente omicida e suicida. Tuttavia occorre fare un’ulteriore precisazione. Può accadere che il soggetto che ha delle reazioni di rabbia narcisistica sia effettivamente responsabile dei comportamenti di cui è accusato, pur dichiarandosi innocente, anche se i fatti ed i testimoni lo smentiscono. In tal caso la rabbia narcisistica non esploderebbe tanto per il sentirsi accusato per il suo comportamento in una determinata situazione, e lui stesso se messo alle strette potrebbe anche riconoscerne la paternità. Potrebbe, ma non è detto che lo faccia, nonostante l’evidenza, semplicemente poichè si sente dalla parte della ragione ed è persino incredulo che chi lo contesta non se ne renda conto con i suoi tentativi di convincerlo del contrario. Il soggetto si autoassolve per cosa ha fatto con la motivazione implicita del perché lo ha fatto, ed esplode la sua rabbia narcisistica contro chi non capisce questa sua sottigliezza. Cioè: il suo professarsi innocente non deriva infatti dal negare di aver compiuto l’atto di cui viene accusato, ma dal perché lo ha fatto, e che è molto spesso o quasi sempre la conseguenza di una frustrazione narcisistica da lui subita dalla sua presunta vittima. Il suo dichiararsi innocente è dovuto all’aver semplicemente reagito ad una provocazione in tal senso, davanti alla quale la reazione di cui è accusato è per lui non solo giustificata ma del tutto autodifensivamente legittima a protezione della sua immagine narcisistica dalla frustrazione. E’ assai probabile però che chi lo contesta non abbia preso in considerazione tale possibilità, ed è proprio quest’ultimo elemento a far sentire il soggetto ancora più vittima, al punto da fargli venire la tentazione di scaricare su chi lo contesta tutta la rabbia narcisistica provata contro il responsabile della frustrazione narcisistica da lui subita, assommata a quella del non essere capito. E se il soggetto si è vendicato da solo senza ricorrere a chi lo difendesse, ciò può semplicemente significare la sua sfiducia nella capacità di tali figure, che possono anche essere rappresentanti della Legge, di rendersi conto della gravità della frustrazione narcisistica che gli è stata inflitta vendicandolo 7 adeguatamente, per cui si è fatto giustizia da solo. E’ tuttavia ovvio che si tratta di una pretesa di natura onnipotente, ma che non è facile farla accettare all’interessato se prima non si cerca di guardare la situazione dalla sua angolatura. Al fine di evitare dubbi di interpretazione, è bene precisare che nella sostanza la rabbia narcisistica può scatenarsi in due situazioni: la 1ª, quando un soggetto subisce un’offesa o un’ingiustizia gratuiti; e la 2ª - sulla quale prima ci siamo dilungati: quando un soggetto è accusato di un qualcosa che ha fatto ma a scopo difensivo come legittima difesa da una frustrazione narcisistica, aspetto quest’ultimo però che non gli viene riconosciuto poichè spesso neppure pensato dall’accusatore, addossandogli tutta la colpa, talvolta di elevata gravità. Che l’accusato possa avere la colpa può apparire indiscutibile, ma non ai suoi occhi, poichè secondi lui si tratta comunque ed esclusivamente di legittima difesa. Ma pur scandalizzandosi di non essere capito, è alquanto improbabile che preciserà - ancora una volta per narcisismo - che cosa ha dovuto difendere a tutti i costi. Per quanto riguarda la frustrazione narcisistica, molto spesso responsabile della rabbia narcisistica, laddove il lettore non avesse ben chiaro il suo significato, basterebbe rivolgesse la sua mente alle varie rivoluzioni del passato: da quella Americana a quella Francese, Russa e Cinese, passando attraverso altri numerosi episodi circoscritti ma non meno significativi. Movimenti politici sempre più estremizzati nel nord Africa, nell’Africa continentale, nei paesi arabi, nell’Asia, sembrano nascere per reazione alla frustrazione narcisistica subita dall’Occidente attraverso i governanti locali corrotti dagli occidentali stessi per i propri fini. Anche il Comunismo, nato come reazione alla frustrazione narcisistica delle masse, a sua volta è stato quasi dovunque abbattuto dalla frustrazione narcisistica delle stesse, poichè narcisisticamente oppresse dai loro presunti liberatori. Non dimentichiamo poi la frustrazione narcisistica che per secoli il Cattolicesimo ha inflitto ai credenti attraverso la colpevolizzazione di tutti i comportamenti sessuali, permessi solo a fini esclusivamente procreativi e comunque solo dopo regolare autorizzazione a difesa della purezza e della castità, condizionando in tal modo i comportamenti di intere generazioni, mentre ancora ai giorni nostri e sempre di più vengono alla luce episodi di perversione sessuale nei confronti di minori che hanno come protagonisti non solo il basso clero, ma addirittura esponenti delle gerarchie. Esistono poi tante, tante altre cause di frustrazione narcisistica quotidiana provenienti dal mondo esterno per un insieme di motivi, di cui abbiamo l’impressione che feriscano solo noi a causa della specifica sensibilità alla frustrazione narcisistica dovuta ai propri vissuti. Tali cause non daranno luogo a comportamenti omicidi né direttamente suicidi, ma tuttavia potrebbero spingerci ad isolarci dal mondo “La vita, in fondo, non è che uno esterno allo scopo di smaltirle non osando, sempre per narcisismo, neppure confidarle a qualcuno per il slalom tra figure di m.........”. timore di essere derisi e/o criticati e/o non capiti. Niccolò Ammanniti (2014) Questo avviene poichè i nostri rapporti con gli altri, chiunque essi siano, ancorché parenti strettissimi (!), sono condizionati dal reciproco narcisismo e dal timore di vederselo frustrato. I figli molto spesso non sopportano le critiche dei genitori, ma è altrettanto vero che raramente i genitori riflettono onestamente sulle critiche dei figli, o se lo fanno non glielo fanno sapere. Narcisismo da ambo le parti. Anche i rapporti sociali, qualsiasi essi siano, sono condizionati dalla costante preoccupazione circa un possibile scontrarsi narcisistico. In un caso come nell’altro, e come scritto prima, in tanti altri casi, la paura è quella di subire frustrazioni 8 narcisistiche. Niccolò Ammanniti in: “Figuracce” (Einaudi 2014) alla pag. XIII scrive: “La vita, in fondo, non è che uno slalom tra figure di m.........” Noi potremmo modificare questa frase così: “La vita, in fondo, non è che uno slalom tra frustrazioni narcisistiche, all’ovvio scopo di evitarle.” E forse è proprio questa la causa del nostro stress quotidiano. Circa l’esaltazione narcisistica, è persino superfluo far notare come ci siano soggetti che sono talmente avvolti nel loro narcisismo per gli studi che hanno fatto, l’attività che svolgono, le cariche che ricoprono o semplicemente la quantità di soldi che hanno, da diventare completamente narcisisticamente impermeabili al narcisismo degli altri, calpestandolo senza alcun pudore. Più si sale nella scala sociale, e qui il termine dipende dalle idealizzazioni soggettive del campo in cui tale scalata avviene, più l’individuo è invariabilmente portato ad autoelevarsi narcisisticamente in rapporto alla riverenza o all’adulazione di cui è convinto di avere diritto di essere oggetto. Nessuno escluso. Il potere, cioè, qualsiasi potere anche se piccolo, “dà alla testa” di chi ce l’ha. Estremizzando, qualsiasi soggetto che comunque già di suo per narcisismo si crede un “dio”, ad un certo punto finisce per credere davvero di esserlo. e spesso, pur di continuare ad esserlo, è disposto a fare qualsiasi cosa. La storia, la quotidianità, ci mettono davanti un’infinità di esempi. ANCORA SULLA DIFFERENZA FRA NARCISISMO PRIMARIO E SECONDARIO Nel caso il lettore non lo avesse fatto, gli consiglio di andare a leggere OLTRE 29 - pagina 3 - dove viene descritta la differenza fra narcisismo primario e narcisismo secondario. Quanto segue, comunque, è sufficiente per capirla. Figurativamente parlando, potremmo paragonare il narcisismo primario al cosiddetto “colesterolo buono”, ed il narcisismo secondario al cosiddetto “colesterolo cattivo”. Quando si attribuisce alla parola narcisismo un intrinseco significato negativo, chi si esprime in tal modo anche se non lo precisa si riferisce mentalmente al narcisismo secondario, cioè al “colesterolo cattivo”. Come abbiamo visto in OLTRE 29, il narcisismo primario può essere equiparato ad un sano amor proprio, cioè al narcisismo positivo, cioè al “colesterolo buono”. Per capire la negatività e pericolosità del narcisismo secondario, basterebbe citare Hitler, in “Anatomia della distruttività umana”, di E. Fromm. Ma non occorre andare così lontano. E’ sufficiente sfogliare i quotidiani. Si potrebbe dire che basterebbe passare in rassegna i nostri pensieri. Impronte di esso se ne trovano più che a sufficienza. Ma ci sarebbe subito chi si tirerebbe indietro, scandalizzato da questa affermazione. Comunque: il narcisismo secondario è instabile come la nitroglicerina. Anche a costo di ripetermi, è necessario ribadire che basta qualche scossa proveniente dall’esterno, nel nostro caso chiamata frustrazione narcisistica, inflittaci da qualcuno o proveniente dal nostro interno, ad esempio a seguito dell’invidia provata dal narcisista verso qualcuno da lui percepito come più narcisista ancora, per rendere tale “nitroglicerina” pericolosamente esplosiva, con conseguenze imprevedibili. Sotto il peso della frustrazione, o sotto la spinta dell’invidia, quindi, qualunque soggetto con un po’ di narcisismo secondario di troppo può diventare un omicida o un traditore. Abbiamo sottolineato il ruolo dell’invidia. Ma a sua volta essa è la conseguenza della idealizzazione, cioè della ipervalutazione di qualcuno o di qualcosa. Anche se sembra paradossale, prima idealizziamo. Poi invidiamo. Quindi ci sentiamo narcisisticamente frustrati dalla persona invidiata, ed al quel punto diventiamo più o meno pericolosi: dipende dal livello del narcisismo. O depressi. Pare incredibile ma facciamo tutto noi! 9 In OLTRE 29, a pagina 9 avevo incasellato la seguente scritta: “La principale causa della depressione è il narcisismo frustrato.” Sarebbe stato preferibile se avessi scritto: “La principale causa della depressione è il narcisismo primario o secondario frustrato.” Nello stesso tempo, anche così ambedue le definizioni sono incomplete, infatti: “La principale causa della depressione endogena (profonda, inconscia) in senso assoluto, quella che “pare non avere alcuna giustificazione”, è il narcisismo primario frustrato.” Essa si trasmette di madre in figlio, e non è di facile trattamento psicoterapeutico poichè “il soggetto non si accontenta di sole parole”. Invece:”La principale causa della depressione esogena (quotidiana, conscia) è il narcisismo secondario frustrato.” Laddove questo venga soddisfatto, se ne va con la stessa facilità con la quale è venuta. Purtroppo la psichiatria ha depennato i riferimenti a endogeno ed esogeno, mentre non ha mai acquisito le differenze fra narcisismo primario e secondario. E’ interessante notare come vi siano molte persone che pur avendo avuto dalla vita scarse gratificazioni di natura narcisistica secondaria (sul significato del termine si veda sempre OLTRE 29) appaiono più felici di molte altre che al contrario sembrano esserne state ampiamente gratificate. Ciò è spiegabile con il fatto che spesso nei ceti più umili, nelle zone più povere del mondo le madri, non lavorando, dedicano la quasi totalità del loro tempo all’accudire i figli tenendoli attaccati al seno anche solo come biberon naturale, portandoli sempre con sé dovunque vadano tenendoli attaccati davanti o dietro, soddisfacendo cioè i requisiti descritti da M. Mahler circa la fase autistica normale (primo mese di vita); quelli della fase simbiotica normale (dal 2° al 5° mese di vita), preparando così nel modo migliore il passaggio del bambino alla fase di separazione/individuazione dal 5° al 36° mese di vita. Appagati nel loro narcisismo primario, questi bambini risulteranno essere più forti davanti alle privazioni e frustrazioni della vita rispetto a quelli che, invece, hanno goduto di una ristretta gratificazione del narcisismo primario anche perché le madri hanno avuto troppa fretta di tornare al lavoro, che nessuna gratificazione del narcisismo secondario, peggio che peggio poi attraverso enormi quantità di vestiti e giocattoli, riuscirà mai a colmare. Sempre circa la frustrazione narcisistica, la scuola di ogni ordine e grado è l’ambiente dove si scontrano i narcisismi degli alunni, dei genitori, degli insegnanti. Tutti vogliono far trionfare il loro narcisismo secondario a qualunque costo. Nessuno vuole subire frustrazioni in tal senso. Questo spiega perché numerosi studenti al mattino non vogliono neppure fare colazione, poichè il loro stomaco si chiude al solo pensiero di doversi rituffare in una simile atmosfera di competizione globale. Gli insegnanti si trovano a doversi difendere dalle frustrazioni narcisistiche che potrebbero essere loro inflitte dal direttore o dal preside, dai genitori, dagli alunni, dai colleghi e spesso, indirettamente, anche dai bidelli. I genitori si trovano a doversi difendere dalle frustrazioni narcisistiche che potrebbero essere loro inflitte dal direttore o dal preside, e dagli insegnanti a causa del comportamento e/o del rendimento scolastico negativi dei loro figli, e dalle occhiate di non approvazione provenienti dagli altri genitori quale espressione di rimprovero circa il fallimento della loro azione educativa. Gli alunni si trovano a doversi difendere dalle frustrazioni narcisistiche che potrebbero essere loro inflitte dal direttore o dal preside e dagli insegnanti, oltre che dai bidelli, a causa del loro comportamento e/o rendimento scolastico negativi; ovviamente dai loro genitori, ma anche da parte degli genitori dei compagni. Nella scuola elementare i bambini si sentono abbastanza protetti dai genitori, anche se non tutti e non del tutto. Ma già nella scuola media i genitori sentono di 10 essere loro l’anello debole, e non sopportano le critiche ai loro figli da parte degli insegnanti, accusandoli a loro volta. Nella scuola superiore, poi, per gli insegnanti i responsabili sono ancora e solo i genitori, mentre per quest’ultimi, ormai del tutto impotenti, sono soltanto esclusivamente i loro figli. Ma per gli alunni dei tre ordini di scuola - anzi: già nella scuola materna - la frustrazione del narcisismo proveniente dagli insegnanti e dai genitori è, tutto sommato, scarsamente rilevante. La situazione più devastante è costituita dalla frustrazione narcisistica del sentirsi additati dagli insegnanti per la loro inadeguatezza o le loro inadempienze davanti alle compagne ed ai compagni, soprattutto da quelle e/o da quelli dai quali segretamente o non tanto segretamente desiderano le attenzioni, e tanto peggio se già l’hanno ottenute, per il rischio di perderle poichè la frustrazione narcisistica ricadrebbe anche su di loro. A questo punto, non stupisce che quegli studenti che ormai non hanno più nulla da perdere, avendo ormai compromesso del tutto la propria immagine narcisistica, si trasformino in disturbatori cronici allo scopo di negare tale perdita, nella convinzione di ottenere successo con gli alunni simili a loro ma meno coraggiosi, allo scopo di ripristinare almeno in parte il proprio narcisismo e la propria onnipotenza, frustrati. I disturbi della personalità, detti anche disturbi del carattere, costituiscono un’armatura protettiva a difesa del narcisismo secondario, ed in particolare della frustrazione narcisistica. L’abulia molto spesso costituisce una difesa dal fare, poichè si tratterebbe di un fare perfezionistico, sotto il quale, fra le altre cause si può vedere facilmente il narcisismo secondario, l’assecondamento del quale spesso è più stressante del disagio dovuto alle conseguenze del non fare. Quanto segue è del tutto inedito. Spesso nella mente delle persone il significato delle parole invidia e gelosia non solo non è ben differenziato, ma confuso (fuso-con), per cui i due termini vengono considerati sinonimi. e quindi intercambiabili, cosa che avviene spesso in modo del tutto casuale. Ma non è corretto. Infatti il geloso ha qualcuno e/o qualcosa che teme di perdere, mentre l’invidioso sente che gli manca qualcosa che altri hanno, e spesso non è consapevole di questa privazione sino a quando non ne scopre il possesso in qualcun altro. Nella sostanza, quindi, è indiscutibile che invidia e gelosia siano termini non solo di significato diverso, ma addirittura opposto. Eppure è difficile riuscire a convincere a fondo le persone di questo, come spesso si può notare nella loro persistente incertezza d’uso, ma non poichè si tratti di individui semplicemente ignoranti. In effetti tale confusione ha un senso, ma ad un livello più profondo, poichè cosa le unisce non è il loro significato semantico, ma la frustrazione narcisistica spesso non conscia che ne può derivare. Infatti il geloso teme di subirla perdendo ciò che ha, sia esso persona o cosa, mentre l’invidioso teme di subirla se non entrerà anche lui ed al più presto in possesso di ciò che invidia negli altri. Ma non basta. Sia l’invidia che la gelosia, trasformate in frustrazione narcisistica con il passaggio da cose temute a cose accadute, ancora una volta unite comportano ambedue elevati rischi di trasformarsi in rabbia narcisistica, con esiti imprevedibili sia a livello individuale che collettivo. Vi sono poi elevate possibilità che tale rabbia narcisistica si regga su presupposti paranoici come se la causa di essa fosse delle persone sulle quali si cerca di scaricarla, mentre molto spesso è la conseguenza di stati conflittuali risolti in modo patologico, ad esempio in modo onnipotente, senza prevederne, come effetto dell’onnipotenza stessa, le possibili conseguenze, cosa che accrescerebbe ulteriormente sia la frustrazione narcisistica che la rabbia narcisistica. Su OLTRE.16, pag. 11, avevamo affrontato il tema del narcisismo legato all’onnipotenza, 11 chiamato da H. Rosenfeld: onnipotenza narcisistica. Inviterei il lettore a rileggersi quelle pagine. Su questo aspetto ritengo opportuno fare un’importante precisazione. Il vero narcisismo patologico non è ad esempio cercare di essere sempre elegantissimi per attirare gli sguardi altrui. Certo, potrebbe sembrarlo se lo si vede come tentativo per far credere agli altri di possedere un grande narcisismo primario allo scopo di suscitare invidia in loro, ma è ancora più patologico, e in questo caso sarebbe preferibile chiamarlo: onnipotenza narcisistica, come il vestirsi con noncuranza, e pretendere ugualmente di essere giudicati eleganti fors’anche per qualche piccolo particolare! Hanno poi lo scopo di suscitare sensazioni di onnipotenza narcisistica in chi le indossa: le divise, tanto più se nere (il colore evocativo ed intimidatorio della morte!); i camici bianchi laddove puramente formali, gli abiti talari di ogni colore, gli ermellini; le papaline, i tricorni; le toghe, le feluche, i gradi, al solo scopo di sottolineare una presunta superiorità agli occhi dei semplici, ed incutere in loro una qualche forma di sottomissione. Circa il narcisismo distruttivo, E. Rosenfeld scrive: “Nel 1971...feci un'aggiunta sostanziale alla mia teoria del narcisismo, operando una discriminazione più formale fra diversi gruppi di pazienti con una struttura narcisistica onnipotente del carattere. Fra i pazienti di questo tipo ve n'erano diversi che, a livello conscio, erano intensamente distruttivi, sadici e fieri di esserlo. Per capire questi pazienti e per farli progredire, sostenni che era essenziale differenziare gli aspetti libidici del narcisismo da quelli distruttivi, cosa completamente ignorata sia dalla teoria sia dalla pratica psicoanalitiche. Nel formulare una teoria del narcisismo distruttivo ipotizzai che, in alcuni casi come quelli appena menzionati, si verifichi un'enorme idealizzazione delle parti distruttive del Sé, che risultano tanto attraenti al paziente perché lo fanno sentire onnipotente. Quando un narcisismo distruttivo di questo tipo caratterizza la struttura del carattere, le relazioni oggettuali libidiche (vale a dire amorevoli, interdipendenti, permeate di sollecitudine) e ogni desiderio da parte del Sé di sperimentare il bisogno di un oggetto e di dipendere da esso sono svalutati, attaccati e distrutti con piacere. Spesso è difficile riconoscere tali desideri distruttivi e onnipotenti in quel che un paziente fa e dice, perché inconsciamente, a un livello molto occulto, egli li vive come protettivi e addirittura benevoli. La segretezza fa parte del sentimento di superiorità distruttivo-onnipotente. Poiché l'esistenza, nel Sé, di desideri distruttivi onnipotenti è occultata, i pazienti dominati dal narcisismo distruttivo danno l'impressione di non avere alcun rapporto con il mondo esterno e di non curarsene affatto. Anzi, naturalmente, è una loro pressante esigenza attaccare costantemente qualsiasi cosa possa soddisfare i loro bisogni libidici; perciò il loro stato non può mai essere stabile. (E. Rosenfeld - Comunicazione e interpretazione - Pag. 32 33 - Bollati Boringhieri 1989). IL CURRICULUM DI UGO LANGELLA Ugo Langella e' nato ad Alba (Cuneo) il 25/6/1943. A Torino dal 1964, nell'estate 1994 ha trasferito studio e abitazione all'attuale indirizzo. Laureato in Pedagogia a Torino nel 1971, nel 79 si e' laureato in Psicologia a Padova. In analisi dal 1975 al 1981 a Milano dalla Dott. Myriam Fusini Doddoli della Società Psicoanalitica Italiana, negli anni 78 e 79 ha partecipato ai suoi gruppi di formazione e supervisione, quest'ultima continuata a Torino nel 79 con il Dott. Flegenheimer e dall'80 all'82 con il Dott. Levi, analisti della Società Psicoanalitica Italiana. Nel 1989 ha conseguito l'attestato di ipnotista presso il Centro Italiano di Ipnosi Clinica Sperimentale C.I.I.C.S. del Prof. Franco Granone. E' iscritto all'Ordine degli Psicologi del Piemonte (posizione 01/246 - al 17/07/1989, data di prima costituzione) ed all'Albo degli Psicoterapeuti. http://www. oltrepsy.it per prelevare i numeri ed i supplementi di OLTRE. [email protected] per riceverli via e-mail. 12