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GIORGIO LATTANZI
CODICE PENALE
ANNOTATO CON LA GIURISPRUDENZA
Percorsi
2016
Aggiornamento
NORMATIVO
ESAME
E
AVVOCATO
GIURISPRUDENZIALE
2016
Percorsi Giuffrè
Percorsi Giuffrè
ESAME AVVOCATO
CODICI ANNOTATI CON LA GIURISPRUDENZA
CODICE CIVILE / Roberto Giovagnoli
CODICE PENALE / Giorgio Lattanzi
CODICE DI PROCEDURA CIVILE / Giovanni Novelli - Stefano Petitti
CODICE DI PROCEDURA PENALE / Giorgio Lattanzi
ATTI GIUDIZIARI E PARERI LEGALI
IL METODO PER LA PREPARAZIONE DELLE PROVE SCRITTE / Alberto Filippini
PARERI DI DIRITTO CIVILE / Alberto Filippini
PARERI DI DIRITTO PENALE / Alberto Filippini
ATTI GIUDIZIARI DI DIRITTO CIVILE, PENALE, AMMINISTRATIVO / Alberto Filippini
GUIDE RAGIONATE ALLA GIURISPRUDENZA
GIURISPRUDENZA CIVILE / Roberto Giovagnoli
GIURISPRUDENZA PENALE / Roberto Giovagnoli
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA / Roberto Chieppa - Vincenzo Lopilato - Stefano Tenca
SPECIALI
SPECIALE ESAME AVVOCATO / Stefano Mazzeo
MANUALI BREVI
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DIRITTO COSTITUZIONALE / Luca Mezzetti
DIRITTO CIVILE / Massimiliano Balloriani - Roberto De Rosa - Salvatore Mezzanotte
DIRITTO PENALE / Salvatore Donato Messina - Giorgia Spinnato
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE / Dario Gramaglia
DIRITTO PROCESSUALE PENALE / Paolo Tonini
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA / Antonio M. Calamia - Viviana Vigiak
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DIRITTO AMMINISTRATIVO / Roberto Chieppa - Roberto Giovagnoli
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CODICI
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CODICE PENALE E DELLE LEGGI PENALI / Mario Lucio D’Andria
CODICE AMMINISTRATIVO / Roberto Chieppa - Vincenzo Lopilato
MANUALI
MANUALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO / Roberto Chieppa - Roberto Giovagnoli
MANUALE DI DIRITTO PENALE / Sergio Beltrani
TEMI
TEMI DI DIRITTO CIVILE, PENALE, AMMINISTRATIVO / Roberto Giovagnoli
GUIDE RAGIONATE ALLA GIURISPRUDENZA
GIURISPRUDENZA CIVILE / Roberto Giovagnoli
GIURISPRUDENZA PENALE / Roberto Giovagnoli
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA / Roberto Chieppa - Vincenzo Lopilato - Stefano Tenca
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CONCORSO NOTAIO
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CASI DI DIRITTO CIVILE, COMMERCIALE E MORTIS CAUSA / Roberta de Paoli Ambrosi - Giuseppe Gorlani
ATTI TRA VIVI DI DIRITTO CIVILE / Annamaria Ferrucci - Carmine Ferrentino - Amelia Amoresano
ATTI TRA VIVI DI DIRITTO COMMERCIALE / Annamaria Ferrucci - Carmine Ferrentino
ATTI MORTIS CAUSA / Annamaria Ferrucci - Carmine Ferrentino
CLAUSOLE TESTAMENTARIE / Roberta De Paoli Ambrosi – Giuseppe Gorlani
LEZIONI
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CONTRATTO E OBBLIGAZIONI IN GENERALE / Ubaldo La Porta
DIRITTO SOCIETARIO / Ubaldo La Porta
CONCORSO REFERENDARIO TAR
TEMA E PROVA PRATICA / Alessandro Cacciari
Il catalogo aggiornato è consultabile all’indirizzo www.percorsi.giuffre.it
GIORGIO LATTANZI
CODICE PENALE
Aggiornamento normativo e giurisprudenziale
ISBN 9788814213243
Redazione, editing e progetto
Dott. A. Giuffrè Editore - Milano
Concept e graphic design
Carmi e Ubertis Milano
Testo composto in
LinoLetterTM Font Family
(Linotype Design Studio, 1992)
Finito di stampare nel mese di novembre 2016 da
Tipografia «Mori & C. S.r.l.»
66, Via F. Guicciardini
21100 Varese
© Copyright Dott. A. Giuffrè Editore, S.p.A. Milano - Chiuso in redazione il 10 novembre 2016
La traduzione, l’adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, i film, le
fotocopie), nonché la memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i Paesi.
CODICE PENALE
1 Reati e pene: disposizione espressa di legge.
GIURISPRUDENZA 1 Legge penale: principi di legalità e di tassatività; norma penale in bianco (§ 1) 2 Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
1 – Legge penale: principi di legalità e di tassatività.
Non configura un’ipotesi di pena illegale ab origine la sanzione
che sia complessivamente legittima ma determinata secondo un
percorso argomentativo viziato (nella specie: erroneo aumento
della pena per le circostanze aggravanti, pur muovendo da una
pena base corretta), sicché, in tal caso, la relativa questione non è
rilevabile d’ufficio dalla Corte di cassazione in presenza di ricorso
inammissibile. (In motivazione la S.C. ha precisato che rientra nella
nozione di pena illegale “ab origine” quella che si risolve in una
pena diversa, per specie, da quella stabilita dalla legge, ovvero
quantificata in misura inferiore o superiore ai relativi limiti edittali).
Cass., sez. V, 20 gennaio 2016 - 2 marzo 2016, n. 8639, CED 266080
2 – Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo.
I principi contenuti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, come definiti
nella giurisprudenza consolidata della Corte EDU, pur non traducendosi in norme direttamente applicabili nell’ordinamento nazionale, costituiscono criteri di interpretazione - convenzionalmente
orientata — ai quali il giudice nazionale è tenuto a ispirarsi
nell’applicazione delle norme interne. Cass., S.U., 28 aprile 2016 6 luglio 2016, n. 27620, CED 267486
2 Successione di leggi penali.
GIURISPRUDENZA 1 Fatto non costituente più reato: a) successione di norme integratrici (§ 3, c) 2 Successione di
leggi penali diverse: a) legge più favorevole: aa) individuazione e applicazione (§ 6, b, ba); ab) casistica (§6, b, bb) 3
Interpretazione autentica e interpretazione giurisprudenziale (§ 12) 4 Questioni processuali (§ 13).
1 – Fatto non costituente più reato: a) successione
di norme integratrici.
In tema di successione di leggi penali nel tempo, il principio di
retroattività della norma favorevole, affermato dall’art. 2, comma 4,
c.p.c.p., non si applica in caso di successione nel tempo di norme
extrapenali integratrici del precetto penale che non incidano sulla
struttura essenziale del reato e quindi sulla fattispecie tipica, ma
comportino esclusivamente una variazione del contenuto del precetto, delineando la portata del comando. (Fattispecie relativa
all’incidenza sul reato di bancarotta fraudolenta mediante operazioni dolose della modifica dell’art. 2358 c.c. ad opera del d.lg. 4
agosto 2008, n. 142, relativa alla possibilità per la società di
accordare prestiti o fornire garanzia per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni). Cass., sez. V, 16 novembre 2015 - 21
marzo 2016, n. 11905, CED 266474
2 – Successione di leggi penali diverse: a) legge
più favorevole: aa) individuazione e applicazione.
In tema di successione di leggi nel tempo, la norma incriminatrice più severa, ripristinata per effetto della pronuncia di incostituzionalità di una successiva norma penale di favore, non può
essere applicata ai fatti commessi durante la vigenza di quest’ultima, ma opera per tutti quei fatti pregressi commessi nella vigenza
della norma non ancora modificata in senso più favorevole dalla
disciplina dichiarata incostituzionale. (Fattispecie in materia edilizia, relativa alla costruzione di un capanno in legno, in assenza di
permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica, in epoca
antecedente all’entrata in vigore di una legge reg., che lo consentiva, ma successivamente dichiarata incostituzionale). Cass., sez.
III, 3 marzo 2016 - 7 luglio 2016, n. 28233, CED 267410
ab) casistica. Il giudice deve procedere a rideterminare la
pena inflitta secondo parametri edittali che non risultano proporzionati ed adeguati rispetto al trattamento più favorevole sopravvenuto, anche nel caso in cui essa rientri nella nuova cornice
sanzionatoria. (Fattispecie in tema di reato previsto dall’art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, come modificato dal d.l. n. 36 del
2014, conv. in l. n. 79 del 2014). Cass., sez. VI, 10 febbraio 2016
- 11 marzo 2016, n. 10169, CED 266514
Non sussistono i presupposti per la sostituzione della pena
dell’ergastolo con quella di anni trenta di reclusione, in applicazione dei principi enunciati dalla sentenza della Corte Europea dei
diritti dell’uomo nel caso Scoppola contro Italia, se il condannato,
dopo aver formulato istanza di definizione del processo nella forma
del rito abbreviato a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 30,
comma 1, lett. b), della l, n. 479 del 1999, abbia poi revocato la
richiesta di accesso al rito semplificato, avvalendosi del disposto di
cui all’art. 8 del d.l. n. 341 del 24 novembre 2000. Cass., sez. I, 21
dicembre 2015 - 23 febbraio 2016, n. 7162, CED 266611
3 – Interpretazione autentica e interpretazione
giurisprudenziale.
Il giudice dell’esecuzione può revocare, ai sensi dell’art. 673
c.p.p.c.p.p., una sentenza di condanna pronunciata dopo l’entrata
1
Art. 2 - par. 3
CODICE PENALE
in vigore della legge che ha abrogato la norma incriminatrice,
allorché l’evenienza di abolitio criminis non sia stata rilevata dal
giudice della cognizione. (In motivazione, la S.C. ha precisato che
la revocabilità della sentenza deve invece essere esclusa nella
diversa ipotesi in cui, in assenza di interventi del legislatore, si
verifichi un mutamento dell’interpretazione giurisprudenziale di
una disposizione rimasta invariata, in quanto tale mutamento anche se sancito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione - non
determina alcun effetto abrogativo della disposizione interpretata).
Cass., S.U., 29 ottobre 2015 - 23 giugno 2016, n. 26259, CED
266872
4 – Questioni processuali.
La questione concernente la abolitio criminis è pregiudiziale
rispetto alla questione — esaminabile in assenza di cause di inammissibilità del ricorso per cassazione — relativa all’estinzione del
reato per prescrizione. Cass., sez. IV, 9 giugno 2016 - 1 luglio 2016,
n. 27081, CED 267445
6 Reati commessi nel territorio dello stato.
GIURISPRUDENZA
4).
1 Teoria dell’ubiquità. Concorso di persone (§ 1) 2 Reati consumati in acque internazionali (§
1 – Teoria dell’ubiquità. Concorso di persone.
In caso di concorso di persone nel reato, ai fini della sussistenza
della giurisdizione penale dello Stato italiano e per la punibilità di
tutti i concorrenti, è sufficiente che nel territorio dello Stato sia
stata posta in essere una qualsiasi attività di partecipazione da parte
di uno qualsiasi dei concorrenti. (Fattispecie in tema di tentata
importazione in Italia di sostanze stupefacenti, sequestrate in Croazia durante le operazioni di trasporto, in cui l’ordine di acquisto
era stato effettuato da soggetto che si trovava in Italia, e che
avrebbe dovuto ricevere lo stupefacente a Milano). Cass., sez. III,
18 febbraio 2016 - 21 marzo 2016, n. 11664, CED 266320
2 – Reati consumati in acque internazionali.
In tema di immigrazione clandestina, la giurisdizione nazionale
è configurabile anche nel caso in cui il trasporto dei migranti —
avvenuto in violazione dell’art. 12 del d.lg. n. 286 del 1998 a bordo
di una imbarcazione priva di bandiera e, quindi, non appartenente
ad alcuno Stato, secondo la previsione dell’art. 110 della Convenzione di Montego Bay delle Nazioni Unite sul diritto del mare —
sia stato accertato in acque extraterritoriali, ma, successivamente,
nelle acque interne e sul territorio nazionale si siano verificati,
quale evento del reato, l’ingresso e lo sbarco dei cittadini extracomunitari per l’intervento dei soccorritori, quale esito causalmente
collegato all’azione e previsto in considerazione delle condizioni
del natante. (Fattispecie in cui si era verificata in acque extraterritoriali una avaria al motore del natante che aveva iniziato ad
imbarcare acqua e, al sopraggiungere della nave irlandese, si era
ribaltato a causa degli spostamenti dei passeggeri). Cass., sez. I, 22
dicembre 2015 - 16 marzo 2016, n. 11165, CED 266430
7 Reati commessi all’estero.
GIURISPRUDENZA
1 Continuazione con reato commesso in Italia (§ 5).
1 – Continuazione con reato commesso in Italia.
Il reato commesso all’estero non può rientrare nella giurisdizione del giudice italiano per il solo fatto che sia legato dal vincolo
della continuazione con altro reato commesso in Italia, trattandosi
di ipotesi non compresa tra quelle che, ai sensi degli artt. da 7 a 10
c.p.c.p., comportano deroga al principio di territorialità sul quale si
basa la giurisdizione dello Stato italiano. Cass., sez. III, 10 dicembre 2015 - 22 gennaio 2016, n. 2986, CED 266087
9 Delitto comune del cittadino all’estero.
GIURISPRUDENZA
1 Richiesta, istanza e querela (§ 2) 2 Il requisito della mancata estradizione (§ 3).
1 – Richiesta, istanza e querela.
La richiesta di procedimento di cui all’art. 9, comma 3, c.p.c.p.,
anche se connotata da una larga discrezionalità, riveste natura
giuridica di atto amministrativo e non di atto politico, in quanto
non inerisce all’esercizio della direzione suprema degli affari dello
Stato nè concerne la formulazione in via generale e al massimo
livello dell’indirizzo politico e programmatico del Governo, conseguendo invece essa ad una scelta vincolata al perseguimento dei
fini determinati di politica criminale; ne consegue che l’esercizio
del potere di firma di tale provvedimento può essere delegato dal
Ministro della giustizia ad un dirigente o ad altro funzionario
dell’articolazione ministeriale competente in materia. Cass., sez. V,
10 marzo 2016 - 5 aprile 2016, n. 13525, CED 266671
2 – Il requisito della mancata estradizione.
Non è configurabile alcuna improcedibilità, qualora il Ministero
della giustizia non abbia richiesto la punizione del colpevole di un
delitto comune commesso dal cittadino all’estero ai sensi dell’art. 9,
comma 3, c.p.c.p., se lo Stato estero, nel cui territorio siano stati
commessi i reati, non solo non si avvale della facoltà di richiedere
l’estradizione, ma porta a conoscenza dello stato italiano, nel cui
territorio si trovi il reo, l’esistenza dei delitti, collaborando alla
raccolta delle prove e dimostrando così d’avere rinunciato a punire
direttamente l’autore dei fatti. Cass., sez. II, 3 febbraio 2016 - 20
aprile 2016, n. 16353, CED 266667
12 Riconoscimento delle sentenze penali straniere.
GIURISPRUDENZA
1 Casi di riconoscimento: a) n. 2.
1 – Casi di riconoscimento: a) n. 2.
In tema di riconoscimento di una sentenza penale straniera,
2
ai fini dell’applicazione di una pena accessoria rimessa alla
valutazione discrezionale del giudice, è necessario che il fatto
Art. 40 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
per il quale l’imputato è stato punito all’estero costituisca
reato secondo la legge italiana del tempo in cui fu commesso.
Cass., sez. VI, 27 aprile 2016 - 23 maggio 2016, n. 21348, CED
266932
13 Estradizione.
GIURISPRUDENZA
1 Generalità.
1 – Generalità.
Non sussistono le condizioni per concedere l’estradizione del
cittadino italiano, quando la relativa domanda sia stata avanzata da
uno Stato con il quale l’Italia non ha stipulato un’apposita Con-
venzione di estradizione. (Fattispecie relativa ad una estradizione
processuale richiesta dalle Autorità colombiane). Cass., sez. VI, 11
novembre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 3921, CED 266539
20 Pene principali e accessorie.
GIURISPRUDENZA
1 Prescrizione (§ 2) 2 Erronea o omessa applicazione di pene accessorie (§ 5).
1 – Prescrizione.
Le pene accessorie, in quanto conseguenti di diritto alla sentenza di condanna come effetti penali della stessa ai sensi dell’art. 20
c.p.c.p., possono essere eseguite in qualsiasi momento dalla formazione del giudicato e, diversamente dalle pene principali, non sono
soggette a prescrizione. (In motivazione, la Corte ha escluso l’esistenza di un obbligo di immediata esecuzione delle pene accessorie
dal cui inadempimento, mantenuto per un arco temporale pari alla
durata delle stesse, discenda la loro estinzione). Cass., sez. I, 6
luglio 2016 - 1 agosto 2016, n. 33541, CED 267463
2 – Erronea o omessa applicazione di pene accessorie.
L’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e la condanna al pagamento delle spese processuali e a
quelle di custodia cautelare, in quanto obbligatorie per legge,
possono essere disposte anche in sede di legittimità, a seguito di
ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento che
abbia omesso di provvedere al riguardo. Cass., sez. VI, 21 gennaio
2016 - 25 gennaio 2016, n. 3253, CED 266501
In tema di stupefacenti, il giudice dell’esecuzione che procede
alla rideterminazione della pena in applicazione della disciplina più
favorevole determinatasi per le c.d. “droghe leggere” per effetto
della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, non può
revocare la sanzione accessoria del ritiro della patente di guida
inflitta ai sensi dell’art. 85 d.P.R. 309 del 1990, disposizione
attualmente in vigore nella sua originaria formulazione, né può
modificare la suddetta sanzione accessoria qualora nella sentenza di
condanna il giudice della cognizione abbia adeguatamente motivato il proprio convincimento in ordine alla specie e alla durata della
sanzione accessoria e questa sia, in relazione alla pena principale
rideterminata, conforme al parametro legale. Cass., sez. I, 10 febbraio 2016 - 24 giugno 2016, n. 26557, CED 267254
23 Reclusione.
GIURISPRUDENZA
1 Invalicabilità dei limiti di pena (§ 2).
1 – Invalicabilità dei limiti di pena.
Il limite minimo di quindici giorni, stabilito per la durata della
reclusione dall’art. 23 c.p.c.p., è inderogabile per il giudice e non
può essere ridotto, in difetto di espressa previsione di legge,
neppure in conseguenza della diminuzione operata per un rito
speciale. (Fattispecie in cui la S.C. ha dichiariato inammissibile il
ricorso di imputato che lamentava la mancata riduzione, oltre la
soglia minima normativa, della pena irrogata all’esito di giudizio
abbreviato). Cass., sez. VII, 15 marzo 2016 - 6 luglio 2016, n.
27674, CED 267536
36 Pubblicazione della sentenza penale di condanna.
GIURISPRUDENZA
1 Modalità della pubblicazione (§ 4).
1 – Modalità della pubblicazione.
In tema di pubblicazione della sentenza di condanna, le modifiche apportate all’art. 36 c.p. dall’art. 37, comma 18, del d.l. 6
luglio 2011, n. 98, convertito nella l. 15 luglio 2011, n. 111, non
hanno introdotto nel sistema penale una nuova sanzione accessoria,
ma hanno diversamente modulato il contenuto di pena accessoria
già prevista, sostituendo alla tradizionale forma di pubblicazione
sulla stampa quella via “internet”, così determinando un fenomeno
di successione di leggi penali nel tempo regolato dall’art. 2, comma
4, c.p., con la conseguenza che non è applicabile ai fatti pregressi
la nuova disciplina, in quanto maggiormente afflittiva. Cass., sez.
II, 12 gennaio 2016 - 1 febbraio 2016, n. 4102, CED 267285
40 Rapporto di causalità.
GIURISPRUDENZA 1 Rapporto di causalità: a) in genere (§ 1, a); b) causalità omissiva (§ 1, b) 2 Obbligo giuridico di
impedire l’evento. Posizione di garanzia: a) in genere (§ 2, a); b) amministratori e funzionari pubblici(§ 2, b); c) infortuni sul
lavoro (§ 2, d); d) manutenzione stradale (§ 2, e) 3 Pluralità di soggetti obbligati: a) infortuni sul lavoro (§ 3, b) 4 La
posizione di garanzia nell’ambito dell’impresa e la delega di funzioni (§ 5).
1 – Rapporto di causalità: a) in genere.
In tema di causalità, la dipendenza di un evento da una deter-
minata condotta deve essere affermata anche quando le prove
raccolte non chiariscano ogni passaggio della concatenazione cau3
Art. 40 - par. 1
sale e possano essere configurate sequenze alternative di produzione dell’evento, purché ciascuna tra esse sia riconducibile all’agente
e possa essere esclusa l’incidenza di meccanismi eziologici indipendenti. (Fattispecie relativa al decesso di un lavoratore in conseguenza dell’abbattimento di un albero, in cui — nel dubbio
sull’esatta dinamica del sinistro — è stata, comunque, assegnata
rilevanza causale alla condotta del datore di lavoro che aveva
omesso di fornire ai propri dipendenti le attrezzature necessarie
per l’esecuzione in sicurezza dei tagli, di formarli ed informarli sui
rischi connessi a quella lavorazione e di vigilare adeguatamente sul
cantiere). Cass., sez. IV, 11 febbraio 2016 - 26 maggio 2016, n.
22147, CED 266858
In tema di omicidio colposo da incidente stradale, la violazione,
da parte di uno dei conducenti dei veicoli coinvolti, di una specifica
norma di legge dettata per la disciplina della circolazione stradale
non può di per sé far presumere l’esistenza del nesso causale tra il
suo comportamento e l’evento dannoso, che occorre sempre provare e che si deve escludere quando sia dimostrato che l’incidente
si sarebbe ugualmente verificato anche qualora la condotta antigiuridica non fosse stata posta in essere. Cass., sez. IV, 5 aprile
2016 - 22 aprile 2016, n. 17000, CED 266645
b) causalità omissiva. Nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può
ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità
statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta
probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su
un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni
scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità
del caso concreto. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso il nesso
causale tra la condotta omissiva addebitata all’ingegnere progettista
e direttore dei lavori di realizzazione di un nuovo tetto di un
fabbricato - individuata nella mancata effettuazione di una preliminare valutazione delle condizioni statiche dell’edificio, sia nello
stato di fatto che in quello post-intervento - e la morte e le lesioni
occorse agli abitanti del palazzo, interamente collassato in occasione del terremoto, non avendo il giudice di merito chiarito le ragioni
in base alle quali ritenere che, informata sullo stato di fragilità del
fabbricato e sulla sua scarsa capacità di resistenza alle azioni
sismiche, l’assemblea condominiale avrebbe sicuramente deliberato l’effettuazione di non meglio precisati interventi di consolidamento strutturale dell’intero edificio, ovvero che, in mancanza di
tale delibera, i singoli condomini avrebbero certamente abbandonato per mesi l’edificio, allertati dalle prime scosse simiche). Cass.,
sez. IV, 1 giugno 2016 - 8 luglio 2016, n. 28571, CED 266945
In tema di infortuni sul lavoro, in presenza di patologie riconducibili a più fattori causali, qualora la rilevanza causale della
condotta omissiva sull’evento patologico sia caratterizzata da una
mera probabilità statistica, la ricostruzione del nesso eziologico
impone la sicura esclusione di fattori causali alternativi, potendosi
solo così attribuire ad un fattore causale statisticamente poco
incidente il rango di elevata probabilità logica. (Fattispecie in cui la
Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata escludendo
la possibilità di affermare con certezza, sulla base degli elementi
acquisiti, la dipendenza eziologica della patologia riscontrata al
lavoratore dalle condotte omissive attribuite al datore di lavoro).
Cass., sez. IV, 9 marzo 2016 - 1 aprile 2016, n. 13138, CED 266362
In tema di omicidio imputabile a colpa medica, non è censurabile in sede di legittimità la decisione con cui il giudice di merito,
nel contrasto tra opposte tesi scientifiche, all’esito di un accurato e
completo esame delle diverse posizioni, ne privilegi una, purché dia
congrua ragione della scelta e dimostri e essersi soffermato sulle
tesi che ha ritenuto di non dover seguire. (In applicazione del
4
CODICE PENALE
principio, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione del
giudice di merito che, pur ravvisando l’errore del pediatra, che
aveva sottovalutato l’urgenza di un intervento sanitario da eseguirsi
in ambiente ospedaliero, ha escluso la sussistenza di un nesso
causale con il decesso della paziente, la cui rapida ed irreversibile
compromissione dei parametri vitali era stata dovuta a plurimi e
gravi errori dell’anestesista rianimatore). Cass., sez. IV, 10 marzo
2016 - 14 aprile 2016, n. 15493, CED 266787
In tema di responsabilità per colpa professionale del sanitario,
nell’ipotesi di suicidio di un paziente affetto da turbe mentali, è da
escludere la sussistenza di un’omissione penalmente rilevante a
carico dello psichiatra che lo aveva in cura, quando risulti che il
medico, nella specifica valutazione clinica del caso, si sia attenuto al
dovere oggettivo di diligenza ricavato dalla regola cautelare, applicando la terapia più aderente alle condizioni del malato e alle
regole dell’arte psichiatrica. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto
immune da censure l’assoluzione del medico psichiatra e della
psicologa, in servizio presso una casa circondariale, dall’imputazione di omicidio colposo per il decesso di un detenuto per impiccagione, sul rilievo che, alla luce dei dati clinici in loro possesso e ai
parametri di valutazione individuabili nella letteratura scientifica,
non poteva ravvisarsi un rischio suicidiario concreto ed imminente,
dovendo per altro verso escludersi ogni loro responsabilità per le
carenze organizzative della amministrazione penitenziaria, dovute
alla presenza di una cella con finestra dotata di un appiglio per
agganciare il lenzuolo utilizzato per il gesto autosoppressivo).
Cass., sez. IV, 4 febbraio 2016 - 11 aprile 2016, n. 14766, CED
266831
Il medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia nei
confronti del paziente, anche se questi non sia sottoposto a ricovero coatto, ed ha, pertanto, l’obbligo — quando sussista il concreto rischio di condotte autolesive, anche suicidiarie — di apprestare specifiche cautele. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto
immune da censure la pronuncia che aveva affermato la responsabilità di un medico del reparto di psichiatria di un ospedale
pubblico per il suicidio di una paziente, ricoverata con diagnosi di
disturbo bipolare in fase depressiva, nei confronti della quale aveva
omesso di assicurare una stretta e continua sorveglianza, sebbene le
notizie anamnestiche e la diagnosi di accettazione avessero reso
evidente il rischio suicidiario). Cass., sez. IV, 14 giugno 2016 - 1
agosto 2016, n. 33609, CED 267446
2 – Obbligo giuridico di impedire l’evento. Posizione di garanzia: a) in genere.
In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può
essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante,
purchè l’agente assuma la gestione del rischio mediante un comportamento concludente consistente nella effettiva presa in carico
del bene protetto. (Fattispecie in tema di incidente aereo, in cui la
Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso
la responsabilità dell’imputato, a titolo di omicidio colposo, per
aver consentito alla persona offesa — con la quale egli era salito a
bordo di un deltaplano biposto, artigianalmente costruito, di cui
erano comproprietari — di assumere il comando del velivolo, non
potendosi ravvisare in capo allo stesso una posizione di garanzia
rispetto all’altro occupante, nei confronti del quale egli, pur essendo più esperto, si trovava in una posizione sostanzialmente paritetica, non essendo istruttore di volo né proprietario esclusivo del
mezzo ed essendosi, di contro, la vittima volontariamente auto
esposta al pericolo, ponendosi alla guida in assenza di doppi
comandi). Cass., sez. IV, 29 gennaio 2016 - 18 agosto 2016, n.
34975, CED 267539
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, le responsabilità del dirigente e del preposto non trovano la propria origine
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
necessariamente nel conferimento di una delega da parte del datore
di lavoro, potendo derivare, comunque, dall’investitura formale o
dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di
garanti. Cass., sez. IV, 6 maggio 2016 - 10 giugno 2016, n. 24136,
CED 266854
b) amministratori e funzionari pubblici. In tema di
gestione della sicurezza degli edifici scolastici, ai fini della individuazione dei soggetti responsabili della stessa è necessario distinguere tra misure di tipo strutturale ed impiantistico, di competenza
dell’ente locale proprietario dell’immobile e titolare del potere di
spesa funzionale all’adozione delle misure necessarie e gli adempimenti di tipo amministrativo e gestionale spettanti, invece, alla
amministrazione scolastica.(Fattispecie relativa alla responsabilità in ordine al reato di cui agli artt.46, comma secondo e 55, comma
quinto lett.c), del d.lg.n.81 del 2008, del dirigente dell’area tecnica
e manutentiva del Comune per la mancata sottoposizione a verifica
periodica degli estintori di un edificio scolastico di proprietà del
suddetto ente territoriale). Cass., sez. III, 14 aprile 2016 - 15 luglio
2016, n. 30143, CED 267331
c) infortuni sul lavoro. In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con
il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la
migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo
concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla
casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del d.lg. n. 81 del 2008,
all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i
dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza
dei lavoratori. Cass., sez. IV, 10 marzo 2016 - 16 maggio 2016, n.
20129, CED 267253
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di
lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro per
tutti i soggetti che prestano la loro opera nell’impresa, senza
distinguere tra lavoratori subordinati e persone estranee all’ambito
imprenditoriale. Cass., sez. VII, 19 febbraio 2016 - 18 marzo 2016,
n. 11487, CED 266129
Nella nozione di “luogo di lavoro”, rilevante ai fini della sussistenza dell’obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra
ogni luogo in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attività
implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità
— sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro — della
struttura in cui essa si svolge e dell’accesso ad essa da parte di terzi
estranei all’attività lavorativa. (Fattispecie relativa ad un vano
tecnico posto sul controsoffitto di un’aula scolastica ed il cui crollo,
a causa anche del sovraccarico del materiale ivi depositato, aveva
determinato il decesso di uno studente). Cass., sez. IV, 3 febbraio
2015 - 22 marzo 2016, n. 12223, CED 266385
In tema di sicurezza sul lavoro, il capo cantiere, la cui posizione
è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante
dell’obbligo di assicurare la sicurezza sul lavoro, tra cui rientra il
dovere di segnalare situazioni di pericolo per l’incolumità dei
lavoratori e di impedire prassi lavorative contra legem. (Fattispecie
nella quale è stata ritenuta la responsabilità del capo-cantiere in
ordine al reato di omicidio colposo per non aver impedito che i
lavoratori operassero quotidianamente all’interno di uno scavo
privo delle idonee armature di sostegno). Cass., sez. IV, 24
novembre 2015 - 2 febbraio 2016, n. 4340, CED 265977
In tema di infortuni sul lavoro, la predisposizione da parte del
datore di lavoro committente di misure di prevenzione finalizzate a
gestire il rischio interferenziale, che ha origine per il coinvolgimento nella procedura di lavoro di diversi plessi organizzativi, non
Art. 40 - par. 4
esclude la necessità di adottare le misure previste per i diversi rischi
specifici a meno che queste non risultino inefficaci e dannose ai fini
della sicurezza dell’ambiente di lavoro. Cass., sez. IV, 7 gennaio
2016 - 2 maggio 2016, n. 18200, CED 266640
L’appaltatore di lavori, in base al principio del neminem laedere,
deve osservare tutte le cautele necessarie per evitare danni alle
persone, non soltanto nel periodo di esecuzione delle opere appaltate, ma anche nella fase successiva, permanendo l’obbligo di non
lasciare senza custodia le situazioni di grave pericolo che gli siano
note. (Fattispecie nella quale la Corte ha rigettato il ricorso avverso
la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo, pronunciata a carico del titolare della ditta appaltatrice che, dopo aver
eseguito alcuni lavori nel vano ascensore di uno stabile, ancora
privo della cabina elevatrice, aveva omesso di predisporre cautele
idonee ad impedirvi l’accesso, determinando la caduta ed il decesso
di un minore). Cass., sez. IV, 29 marzo 2016 - 14 giugno 2016, n.
24692, CED 267230
d) manutenzione stradale. In tema di responsabilità per
colpa, sussiste in capo all’Ente proprietario di una strada destinata
ad uso pubblico una posizione di garanzia da cui deriva l’obbligo
di vigilare affinché quell’uso si svolga senza pericolo per gli utenti
e che permane anche in caso di concessione di appalto per l’esecuzione di lavori di manutenzione stradale. (Fattispecie in cui la
Corte ha annullato con rinvio la pronuncia che aveva escluso la
sussistenza di una posizione di garanzia in capo al direttore dei
lavori dell’Ente proprietario della strada, in relazione ad un sinistro
stradale verificatosi nel cantiere, limitandosi ad accertare che non
risultavano sue ingerenze nell’organizzazione dei lavori né segnalazioni di pericolo o anomalie sul percorso). Cass., sez. IV, 29
marzo 2016 - 22 aprile 2016, n. 17010, CED 266548
3 – Pluralità di soggetti obbligati: a) infortuni sul
lavoro.
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente,
anche nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica ditta appaltatrice (c.d. cantiere “sotto-soglia”), è titolare di una posizione di
garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia
per la scelta dell’impresa - essendo tenuto agli obblighi di verifica
imposti dall’art. 3, comma 8, d.lg.14 agosto 1996, n. 494 - sia in
caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore,
delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui
luoghi di lavoro. (In applicazione di tale principio, la Corte ha
ritenuto immune da censure la sentenza impugnata, che aveva
riconosciuto la responsabilità a titolo di omicidio colposo del
committente, il quale aveva omesso non solo di verificare l’idoneità
tecnico professionale della ditta appaltatrice, in relazione alla entità
e tipologia dell’opera, ma anche di attivare i propri poteri di
inibizione dei lavori, a fronte della inadeguatezza dimensionale
dell’impresa e delle evidenti irregolarità del cantiere). Cass., sez.
IV, 9 febbraio 2016 - 1 giugno 2016, n. 23171, CED 266963
4 – La posizione di garanzia nell’ambito dell’impresa e la delega di funzioni.
In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, destinatario
delle normativa antinfortunistica in una impresa strutturata come
persona giuridica è il suo legale rappresentante, quale persona
fisica attraverso cui l’ente collettivo agisce nel campo delle relazioni
intersoggettive; ne consegue che la responsabilità penale del predettto, ad eccezione delle ipotesi di valida delega, deriva dalla sua
qualità di preposto alla gestione societaria ed è indipendente dallo
svolgimento, o meno, di mansioni tecniche. Cass., sez. III, 10
marzo 2016 - 28 aprile 2016, n. 17426, CED 267026
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse occor5
Art. 40 - par. 4
CODICE PENALE
re fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione
del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla
sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla
concreta esecuzione della prestazione lavorativa; a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo. (In motivazione la
Corte ha precisato che deve ritenersi, comunque, responsabile il
datore di lavoro, per il potere-dovere generale di vigilanza su di lui
gravante, in tutte le ipotesi in cui l’organizzazione aziendale non
presenta complessità tali da sollevare del tutto l’organo apicale
dalle responsabilità connesse gestione del rischio). Cass., sez. IV,
6 maggio 2016 - 10 giugno 2016, n. 24136, CED 266853
In tema di infortuni sul lavoro, il conferimento a terzi della
delega relativa alla redazione del documento di valutazione dei
rischi, non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di verificarne
l’adeguatezza e l’efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi ai lavori in esecuzione e di fornire loro una formazione
sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni. Cass., sez. IV, 11 febbraio 2016 - 26 maggio 2016, n. 22147,
CED 266859
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il soggetto
titolare dell’impresa che noleggia macchinari non ha l’obbligo di
cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione
che l’appaltatore di lavori deve adottare in favore dei lavoratori alle
sue dipendenze, e pertanto non assume, nei confronti di questi
ultimi, una posizione di garanzia in relazione ai rischi specifici
connessi all’ambiente di lavoro nel quale essi sono chiamati ad
operare, non esercitando alcuna attività produttiva. Cass., sez. IV,
22 aprile 2016 - 30 maggio 2016, n. 22717, CED 266977
In tema di infortuni sul lavoro, la delega di funzioni - ora
disciplinata precipuamente dall’art. 16 T.U. sulla sicurezza - non
esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al
corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite
e, tuttavia, detta vigilanza non può avere per oggetto la concreta,
minuta conformazione delle singole lavorazioni - che la legge affida
al garante - concernendo, invece, la correttezza della complessiva
gestione del rischio da parte del delegato; ne consegue che l’obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del
rischio lavorativo - e non impone il controllo, momento per
momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni.
Cass., sez. IV, 21 aprile 2016 - 31 maggio 2016, n. 22837, CED
267319
41 Concorso di cause.
GIURISPRUDENZA
1 Cause sopravvenute (§ 2) 2 Fatto concorrente del terzo e del soggetto passivo (§ 5).
1 – Cause sopravvenute.
È configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed
evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e
del tutto eccentrico rispetto a quello originario attivato dalla prima
condotta. (Nella fattispecie la S.C. ha escluso il nesso causale tra
l’errore del pediatra, che aveva sottovalutato l’urgenza di un intervento sanitario da eseguirsi in ambiente ospedaliero, ed il decesso
della paziente, giacché l’evento letale era stato determinato da un
gravissimo errore dell’anestesista, qualificato dalla Corte “rischio
nuovo e drammaticamente incommensurabile”, rispetto a quello
innescato dalla prima condotta). Cass., sez. IV, 10 marzo 2016 - 14
aprile 2016, n. 15493, CED 266786 - In senso conforme: Cass., sez.
IV, 3 maggio 2016 - 21 giugno 2016, n. 25689, CED 267374 (Nella
fattispecie la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione che
aveva affermato la sussistenza del nesso causale tra l’errore chirurgico originario, che aveva ridotto la paziente in coma profondo, ed
il decesso della medesima per setticemia contratta durante il lungo
ricovero presso l’unità di terapia intensiva, rilevando come l’“infezione nosocomiale” sia uno dei rischi tipici e prevedibili da tener in
conto nei casi di non breve permanenza nei raparti di terapia
intensiva, ove lo sviluppo dei processi infettivi è tutt’altro che
infrequente in ragione delle condizioni di grave defedazione fisica
dei pazienti).
Non sono cause da sole sufficienti a determinare l’evento quelle
che operano in sinergia con la condotta dell’imputato, sì che,
venendo a mancare una delle due, l’evento non si sarebbe verificato, non potendosi qualificare come del tutto indipendenti dalla
condotta del soggetto agente. (In applicazione del principio la
Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva
affermato la responsabilità, per il delitto di omicidio preterintenzionale, dell’imputato che, afferrando per il collo la vittima, affetta
da lieve stenosi coronarica, aveva innescato nella stessa una alterazione del ritmo cardiaco cui era conseguito il decesso per arresto
cardiocircolatorio). Cass., sez. V, 3 maggio 2016 - 18 agosto 2016,
n. 35015, CED 267549
6
In tema di rapporto di causalità, non può ritenersi causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento il comportamento
negligente di un soggetto che trovi la sua origine e spiegazione nella
condotta colposa altrui. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato
la condanna per omicidio colposo plurimo del ricorrente perché,
non provvedendo ad un’idonea manutenzione dell’impianto frenante di un autobus, aveva cooperato a cagionare la morte di alcuni
dei passeggeri unitamente all’autista del veicolo che, ignorando il
segnale acustico relativo al cattivo funzionamento dell’impianto
frenante, aveva proseguito la marcia, perdendo successivamente il
controllo del mezzo che era fuoriuscito dalla carreggiata ed era
precipitato in un dirupo). Cass., sez. IV, 13 aprile 2016 - 5 maggio
2016, n. 18800, CED 267255
In tema di circolazione stradale, il principio dell’affidamento
trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale
l’utente della strada è responsabile anche del comportamento
imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata
ritenendo la responsabilità dell’imputato che, alla guida della propria vettura, aveva effettuato un repentino cambio dalla corsia di
sorpasso a quella di destra senza segnalare per tempo la sua
intenzione, andando così a collidere con un motociclo che sopraggiungendo dietro di lui aveva tentato, imprudentemente, di sorpassarlo a destra). Cass., sez. IV 2 febbraio 2016 - 11 febbraio 2016, n.
5691, CED 265981
2 – Fatto concorrente del terzo e del soggetto passivo.
In tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro che, dopo
avere effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso
allo svolgimento di una determinata attività, ha fornito al lavoratore
i relativi dispositivi di sicurezza ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle
lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore. (In motivazione la Corte di
cassazione ha precisato che il sistema della normativa antinfortu-
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
nistica si è evoluto passando da un modello “iperprotettivo”,
interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, quale
soggetto garante investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui
Art. 43 - par. 3
lavoratori, ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono
ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori). Cass., sez. IV, 10
febbraio 2016 - 3 marzo 2016, n. 8883, CED 266073
43 Elemento psicologico del reato.
GIURISPRUDENZA 1 Colpa: a) nozione; accertamento (§ 7, a); b) inosservanza di leggi o regolamenti, ordini o
discipline (§ 7, e) 2 Colpa professionale: a) attività sanitaria (§ 8, a) 3 La responsabilità nei reati colposi: a) imprenditori,
dirigenti e preposti: delega di funzioni (§ 10, c).
1 – Colpa: a) nozione; accertamento.
In tema di omicidio colposo, l’elemento soggettivo del reato
richiede non soltanto che l’evento dannoso sia prevedibile, ma
altresì che lo stesso sia evitabile dall’agente con l’adozione delle
regole cautelari idonee a tal fine (cosiddetto comportamento alternativo lecito), non potendo essere soggettivamente ascritto per
colpa un evento che, con valutazione ex ante, non avrebbe potuto
comunque essere evitato. (In applicazione di tale principio la Corte
ha ritenuto immune da censure la pronuncia che aveva escluso la
responsabilità del direttore generale di una struttura ospedaliera
per il decesso di un paziente a seguito di una epidemia di legionellosi sviluppatasi nel nosocomio, non risultando ancora accertata
l’esistenza di un sistema chimico o farmacologico in grado di
eliminare completamente la presenza del batterio della legionella
dal sistema idrico degli ospedali). Cass., sez. IV, 11 febbraio 2016
- 25 febbraio 2016, n. 7783, CED 266356
Ai fini dell’accertamento della responsabilità per fatto colposo,
è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente
alla condotta, che ne indica le corrette modalità di svolgimento,
non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di
prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il
comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di
adottare. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non
corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo di un medico per il decesso di un
paziente a seguito di un intervento chirurgico, ritenendo imprudente e/o imperita la manovra chirurgica attuata senza, tuttavia,
indicare le modalità di condotta che prudenza e perizia prescrivevano di adottare nella fattispecie). Cass., sez. IV, 14 aprile 2016 21 luglio 2016, n. 31490, CED 267387
In tema di colpa, nelle attività pericolose consentite, poiché la
soglia della punibilità dell’evento dannoso è più alta di quanto non
lo sia rispetto allo svolgimento di attività comuni, maggiori devono
essere la diligenza e la perizia nel precostituire condizioni idonee a
ridurre più possibile il rischio consentito; ne consegue che l’impossibilità di eliminazione del pericolo non può comportare una
attenuazione dell’obbligo di garanzia, ma deve tradursi in un suo
rafforzamento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da
censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità degli
organizzatori di una attività di aviolancio per il decesso di una
allieva, avendo omesso di adottare adeguate cautele nonostante la
presenza di un forte vento e la inesperienza della vittima che
doveva effettuare il suo primo lancio). Cass., sez. IV, 14 luglio
2016 - 22 agosto 2016, n. 35263, CED 267551
b) inosservanza di leggi o regolamenti, ordini o discipline. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle
cave e nelle miniere, esiste un rapporto di integrazione, e non di
esclusione, tra le specifiche norme antinfortunistiche contenute nel
d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, e la disciplina generale contenuta nel
d.lg.19 settembre 1994, n. 626, atteso che la peculiarità del lavoro
svolto nelle cave e nelle miniere, che giustifica la previsione di
specifiche norme antinfortunistiche relative alle modalità di svolgimento di quel particolare lavoro, non esclude l’applicazione della
più generale disciplina antinfortunistica. (Fattispecie in cui la
Corte, ritenendo immune da vizi la sentenza di condanna dell’imputato per omicidio colposo, ha affermato che il rispetto della
disciplina speciale relativa alle operazioni di cd. disgaggio della
parete di una cava, secondo quanto previsto dall’art. 129, d.P.R.
128 del 1959, non elimina l’obbligo di adottare le misure necessarie
per la sicurezza e la salute dei lavoratori previsto dall’art. 4, comma
5, d.lg. 626 del 1994). Cass., sez. IV, 24 marzo 2016 - 21 aprile
2016, n. 16620, CED 266642
2 – Colpa professionale: a) attività sanitaria.
La limitazione della responsabilità del medico in caso di colpa
lieve, prevista dall’art. 3, comma 1, l. 8 novembre 2012, n.189,
opera, in caso di condotta professionale conforme alle linee guida
ed alle buone pratiche, anche nella ipotesi di errori connotati da
profili di colpa generica diversi dall’imperizia. (In motivazione la
Corte ha precisato che tale interpretazione è conforme al tenore
letterale della norma, che non fa alcun richiamo al canone della
perizia e risponde alle istanze di tassatività dello statuto della colpa
generica delineato dall’art. 43 comma 3, c.p.). Cass., sez. IV, 11
maggio 2016 - 6 giugno 2016, n. 23283, CED 266903
L’intervenuta parziale abolitio criminis, realizzata dall’art. 3 l. n.
189 del 2012 in relazione alle ipotesi di omicidio e lesioni colpose
connotate da colpa lieve, comporta che, nei procedimenti relativi a
tali reati, pendenti in sede di merito alla data di entrata in vigore
della novella, il giudice, in applicazione dell’art. 2, comma 2,
c.p.c.p., deve procedere d’ufficio all’accertamento del grado della
colpa, in particolare verificando se la condotta del sanitario poteva
dirsi aderente ad accreditate linee guida. Cass., sez. IV, 11 maggio
2016 - 6 giugno 2016, n. 23283, CED 266904
In tema di responsabilità medica, grava sul capo dell’equipe
medico-chirurgica il dovere, da valutarsi alla luce delle particolari
condizioni operative, di controllare il conteggio dei ferri utilizzati
nel corso dell’intervento e di verificare con attenzione il campo
operatorio prima della sua chiusura, al fine di evitare l’abbandono
in esso di oggetti facenti parte dello strumentario. (Fattispecie
relativa alla omessa rimozione di una garza dall’addome del paziente). Cass., sez. IV, 25 maggio 2016 - 5 agosto 2016, n. 34503,
CED 267548
3 – La responsabilità nei reati colposi: a) imprenditori, dirigenti e preposti: delega di funzioni.
In tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori,
l’adempimento degli obblighi di informazione e formazione dei
dipendenti, gravante sul datore di lavoro, non è escluso nè è
surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore,
formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il
travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di
loro. Cass., sez. IV, 11 febbraio 2016 - 26 maggio 2016, n. 22147,
CED 266860
7
Art. 49 - par. 1
CODICE PENALE
49 Reato supposto erroneamente e reato impossibile.
GIURISPRUDENZA
1 Inidoneità dell’azione (§ 1)
1 – Inidoneità dell’azione.
Ai fini della configurabilità del reato di coltivazione di piante
stupefacenti, non è sufficiente l’accertamento della loro conformità
al tipo botanico vietato, dovendosi invece accertare l’offensività in
concreto della condotta, intesa come effettiva ed attuale capacità
della sostanza ricavata o ricavabile a produrre un effetto drogante
e come concreto pericolo di aumento di disponibilità dello stupefacente e di ulteriore diffusione dello stesso. (Fattispecie in cui la
S.C. ha annullato senza rinvio la pronuncia di condanna relativa
alla coltivazione di una pianta di cannabis indica, da cui sono
risultati ricavabili gr. 0,345 di principio attivo). Cass., sez. VI, 17
febbraio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 8058, CED 266168
50 Consenso dell’avente diritto.
GIURISPRUDENZA
1 Consenso. Condizioni di efficacia (§ 2).
1 – Consenso. Condizioni di efficacia.
La cd. scriminante del rischio consentito è operativa nell’ambito
delle competizioni sportive, che si svolgono secondo regole stabilite dagli organismi di categoria - se ed in quanto quelle regole
vengono rispettate - e ricevono protezione statuale in considerazione dei benefici che la pratica sportiva è suscettibile di arrecare a
coloro che la praticano; la scriminante non opera invece nell’ambito di manifestazioni, più o meno folkloristiche, imperniate su
comportamenti violenti che mettono a rischio l’incolumità dei
partecipanti e degli spettatori. (In applicazione del principio, la
S.C. ha negato la sussistenza della scriminante in una fattispecie di
“tradizionale” partita di calcio svolta in orario notturno, all’interno
di piazza cittadina, sfornita di qualsiasi regola di gioco e di riguardo
nei confronti dei giocatori e degli spettatori). Cass., sez. V, 15
febbraio 2016 - 12 aprile 2016, n. 15170, CED 266398
In tema di lesioni personali cagionate durante una competizione
sportiva che implichi l’uso della forza fisica e il contrasto anche
duro tra avversari, l’area del rischio consentito è delimitata dal
rispetto delle regole tecniche del gioco, la violazione delle quali,
peraltro, va valutata in concreto, con riferimento all’elemento
psicologico dell’agente il cui comportamento può essere - pur nel
travalicamento di quelle regole - la colposa, involontaria evoluzione
dell’azione fisica legittimamente esplicata o, al contrario, la consapevole e dolosa intenzione di ledere l’avversario approfittando
della circostanza del gioco. (Fattispecie nella quale la S.C., escludendo la configurabilità di un’aggressione fisica per ragioni avulse
dalla dinamica sportiva, ha ritenuto applicabile la scriminante del
rischio consentito nella condotta del giocatore che, in un incontro
di calcio di particolare rilevanza agonistica, durante un’azione volta
a interrompere il contropiede della squadra avversaria, aveva colpito uno degli avversari con un calcio, causandogli una frattura,
pur intendendo intervenire sulla palla). Cass., sez. IV, 26 novembre 2015 - 8 marzo 2016, n. 9559, CED 266561
51 Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere.
GIURISPRUDENZA
c).
1 Esercizio di un diritto: a) diritto di cronaca e diritto di critica (§ 1, b); b) diritto di sciopero (§ 1,
1 – Esercizio di un diritto:
a) diritto di cronaca e diritto di critica. Le scriminanti
dell’esercizio del diritto di critica e del diritto di cronaca rilevano
solo in relazione ai reati commessi con la pubblicazione della
notizia, e non anche rispetto ad eventuali reati compiuti al fine di
procacciarsi la notizia medesima. (Fattispecie in cui la Suprema
Corte ha rigettato il ricorso dell’imputato del reato di cui all’art.650
c.p., il quale, nella sua qualità di giornalista, aveva violato il divieto
prefettizio di stazionare e circolare in una determinata zona nella
quale lo stesso si era introdotto al fine di acquisire notizie utili per
la realizzazione di una trasmissione radiofonica, in differita, sulle
manifestazioni del movimento “NO TAV”). Cass., sez. I, 7 aprile
2016 - 6 luglio 2016, n. 27984, CED 267053
b) diritto di sciopero. L’esercizio di diritti fondamentali,
quale quelli di sciopero, riunione e manifestazione del pensiero,
non può ritenersi legittimo quando trasmodi in lesione di altri
interessi costituzionalmente garantiti, non potendo in tal caso
ritenersi applicabile la scriminante di cui all’art. 51 c.p. (Fattispecie
riferita ai reati di violenza privata ed interruzione di pubblico
servizio accertati a carico di uno studente che, nell’ambito di uno
“sciopero”, aveva impedito per alcune ore l’accesso alla scuola e lo
svolgimento delle consuete attività didattiche ai docenti e ad altri
studenti non manifestanti, con corrispondente lesione del diritto
allo studio di questi ultimi). Cass., sez. V. 16 dicembre 2015 - 23
febbraio 2016, n. 7084, CED 266063
52 Difesa legittima.
GIURISPRUDENZA
1 Legittima difesa putativa ed eccesso colposo (§ 7).
1 – Legittima difesa putativa ed eccesso colposo.
L’accertamento della legittima difesa, anche putativa, deve essere
effettuato valutando, con giudizio ex ante, le circostanze di fatto, in
relazione al momento della reazione e al contesto delle specifiche e
peculiari circostanze concrete, al fine di apprezzare solo in quel momento - e non ex post - l’esistenza dei canoni della proporzione e della
necessità di difesa, costitutivi dell’esimente della legittima difesa.
8
(Fattispecie in tema di omicidio preterintenzionale, in cui la Corte
ha censurato la decisione che aveva escluso l’esimente nei confronti
dell’imputato, che aveva cagionato la morte della persona offesa colpendola con un pugno al volto e facendola cadere in terra, omettendo
di considerare adeguatamente, e con giudizio ex ante, lo stato di
estrema concitazione e di oggettiva paura nel quale egli versava a
seguito delle plurime e precedenti aggressioni subite da parte della
Art. 59 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
vittima che, seppure in evidente stato di ubriachezza, era risultata in
grado di correre, senza mostrare difficoltà nell’incedere o perdita di
equilibrio). Cass., sez. IV, 3 maggio 2016 - 1 agosto 2016, n. 33591,
CED 267473
54 Stato di necessità.
GIURISPRUDENZA
1 Attualità del pericolo (§ 2).
1 – Attualità del pericolo.
Ai fini dell’integrazione dell’esimente dello stato di necessità
(art. 54 c.p.) è necessario che il pericolo di un danno grave alla
persona sia attuale ed imminente o, comunque, idoneo a fare
sorgere nell’autore del fatto la ragionevole opinione di trovarsi in
siffatto stato, non essendo all’uopo sufficiente un pericolo eventuale, futuro, meramente probabile o temuto; inoltre, si deve trattare
di un pericolo non altrimenti evitabile ed al riguardo l’operatività
della scriminante non può “scattare” sulla base di fatti sforniti di
riscontri oggettivi e accertati in via presuntiva. Cass., sez. V, 30
aprile 2010 - 8 luglio 2010, n. 26159, CED 247894 In senso
conforme: Cass., sez. V, 14 aprile 2015 - 6 luglio 2015, n. 28704,
CED 264851
56 Delitto tentato.
GIURISPRUDENZA 1 Determinazione della pena (§ 1)
Tentativo e circostanze (§ 5).
1 – Determinazione della pena.
In caso di riforma in appello della sentenza di primo grado,
qualora sia ritenuto integrato il delitto tentato e non consumato, il
giudice dell’impugnazione non è tenuto ad operare la diminuzione
sulla pena stabilita dal primo giudice per la corrispondente ipotesi
di delitto consumato, dovendo, invece, determinare la pena ex novo
nell’ambito della diversa e minore forbice edittale prevista per il
reato tentato, ferma la necessità di applicare comunque una riduzione rispetto alla pena originaria. Cass., sez. VI, 31 maggio 2016
- 6 luglio 2016, n. 27942, CED 267391
2 – Idoneità degli atti.
Per la configurabilità del tentativo rilevano non solo gli atti
esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili
come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l’agente,
avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni
dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato e che il
delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili
indipendenti dalla volontà del reo. (In applicazione del principio,
la S.C. ha ritenuto legittima la condanna per concorso nel tentativo
di rapina di due soggetti — uno dei quali in possesso di un
taglierino e di una sacca utilizzati per compiere altre rapine — che
avevano lasciato l’auto nei pressi di un ufficio postale con le
portiere aperte e la chiave nel quadro di accensione, avevano
cercato di sottrarsi al controllo di P.G. fornendo spiegazioni
contrastanti circa la loro presenza in loco, ed avevano intrattenuto
tra loro conversazioni intercettate da cui emergeva il comune
2 Idoneità degli atti (§ 2)
3 Univocità degli atti (§ 3)
4
intento di dissimulare la ragione di tale loro presenza). Cass., sez.
II, 10 marzo 2016 - 17 giugno 2016, n. 25264, CED 267006
3 – Univocità degli atti.
In tema di tentativo, per affermare l’univocità degli atti, ancorché la prova del dolo sia stata desunta aliunde, è necessario
effettuare una seconda verifica per accertare se gli atti posti in
essere, valutati nella loro oggettività per il contesto nel quale si
inseriscono, per la loro natura e la loro essenza, siano in grado di
rivelare, secondo le norme di esperienza e secondo l’id quod
plerumque accidit, il fine perseguito dall’agente. (Fattispecie in cui
la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza con cui il giudice di
merito aveva affermato la responsabilità per tentato furto dell’imputato - introdottosi nel giardino di un convento a sua detta per
trascorrervi la notte - limitandosi a valutare circostanze quali la
fuga e la condizione di pregiudicato dell’agente, ritenuti inadeguati
a fornire sostegno motivazionale alla condanna). Cass., sez. V, 24
novembre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 4033, CED 267563
4 – Tentativo e circostanze.
È configurabile la figura del delitto circostanziato tentato anche
alle ipotesi aggravate in cui la circostanza non si sia interamente
realizzata solo per fattori estranei alla volontà dell’agente ma risulti
dalle modalità del fatto che si sarebbe realizzata nel più grave esito
preordinato. (Fattispecie in cui l’imputato è stato condannato per
il reato di maltrattamenti e tentate lesioni gravissime nei confronti
della moglie, alla quale durante l’azione delittuosa diceva “ti rovino
la faccia così non ti guarda più nessuno”, facendo uso di un
taglierino per unghie). Cass., sez. V, 14 ottobre 2015 - 17 febbraio
2016, n. 6460, CED 266418
59 Circostanze non conosciute o erroneamente supposte.
GIURISPRUDENZA
1 Errore sulle circostanze attenuanti e aggravanti (§ 1).
1 – Errore sulle circostanze attenuanti e aggravanti.
L’aggravante prevista dall’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 (conv. in l.
n. 203 del 1991) può essere applicata ai concorrenti nel delitto,
secondo il disposto dell’art. 59 c.p., anche quando essi non siano
consapevoli della finalizzazione dell’azione delittuosa a vantaggio
di un’associazione di stampo mafioso, ma versino in una situazione
di ignoranza colpevole. (Nella specie, la S.C. ha reputato immune
da censure l’ordinanza impugnata che aveva valorizzato, al predetto fine, la lunga durata del sodalizio criminoso e la conoscenza tra
il ricorrente e il capo delle due organizzazioni criminali coinvolte).
Cass., sez. II, 11 marzo 2016 - 6 aprile 2016, n. 13707, CED 266518
In tema di stupefacenti, la circostanza aggravante dell’ingente
quantità, di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, può
essere riconosciuta solo qualora si accerti, ai sensi dell’art. 59,
comma 2, c.p., la colpevolezza del soggetto attivo anche in relazione alla predetta circostanza, dimostrando che la stessa sia da lui
conosciuta, ovvero ignorata per colpa o ritenuta inesistente per
errore dovuto a colpa. (Fattispecie di reato di cui all’art. 74 d.P.R.
n. 309 del 1990, nella quale la Corte ha annullato con rinvio,
9
Art. 59 - par. 1
limitatamente alla suddetta circostanza aggravante, la condanna di
imputato per l’inconsapevolezza di questi della quantità di stupe-
CODICE PENALE
facente in arrivo dal paese di produzione). Cass., sez. III, 24
febbraio 2016 - 26 maggio 2016, n. 21968, CED 267076
61 Circostanze aggravanti comuni.
GIURISPRUDENZA 1 Motivi abietti o futili (§ 1) 2 Connessione teleologica e consequenziale (§ 2)
crudeltà (§ 4) 4 Minorata difesa (§ 5) 5 Danno patrimoniale di rilevante gravità (§ 7).
1 – Motivi abietti o futili.
In tema di riconoscimento dell’aggravante prevista dall’art.61, n.
1, c.p., la futilità del motivo non è esclusa dall’appartenenza a
gruppi o comunità connotati da peculiari valori e stili di vita, che
siano espressione di un orientamento culturale in contrasto con i
beni fondamentali riconosciuti dall’ordinamento costituzionale.
(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto irrilevante, ai fini dell’esclusione dell’aggravante, la concezione dell’onore familiare propria
degli appartenenti all’etnia rom, autori di un omicidio compiuto
per punire un soggetto che aveva intrattenuto una relazione extraconiugale con una loro familiare). Cass., sez. I, 28 ottobre 2015 - 18
marzo 2016, n. 11591, CED 266559
2 – Connessione teleologica e consequenziale.
Non è configurabile la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n.
2 c.p. in relazione al reato di lesioni personali lievi commesso in
attuazione della condotta propria del delitto di maltrattamenti in
famiglia, atteso che il nesso teleologico necessario per la sussistenza
della suddetta aggravante esige che le azioni esecutive dei due
diversi reati che pone in relazione siano distinte. Cass., sez. VI, 19
gennaio 2016 - 11 febbraio 2016, n. 5738, CED 266122
Nel caso di reato di lesione personale, commesso in occasione
del delitto di maltrattamenti, i due fatti non possono essere ritenuti
automaticamente aggravati dalla circostanza del nesso teleologico,
prevista dall’art. 61, n. 2 c.p., essendo necessario accertare sul
piano oggettivo che le azioni costitutive dei due reati siano distinte
e, su quello soggettivo, la volontà dell’agente di commettere il
reato-mezzo in direzione della commissione del reato scopo.
3 Sevizie e
Cass., sez. VI, 12 gennaio 2016 - 26 gennaio 2016, n. 3368, CED
266008
3 – Sevizie e crudeltà.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ( 23 giugno 2016 - 29
settembre 2016, n. 40516), risolvendo un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che la circostanza aggravante dell’aver agito
con crudeltà, di cui all’art. 61, primo comma, n. 4, c. p., ha natura
soggettiva e non è incompatibile con il dolo d’impeto.
4 – Minorata difesa.
La valutazione della sussistenza della circostanza aggravante
della minorata difesa per approfittamento delle condizioni del
soggetto passivo va operata dal giudice valorizzando situazioni che,
nel singolo caso, abbiano ridotto o comunque ostacolato la capacità
di difesa della parte lesa, agevolando in concreto la commissione
del reato. (Fattispecie in tema di truffe commesse ai danni di
giovani disoccupati nella quale la S.C. ha ritenuto non sufficiente il
riferimento, operato dai giudici di merito, alla generale crisi economica ed occupazionale che investe il settore giovanile, ed alla
generica aspirazione di un posto di lavoro). Cass., sez. II, 11
maggio 2016 - 11 luglio 2016, n. 28795, CED 267496
5 – Danno patrimoniale di rilevante gravità.
In tema di circostanze aggravanti comuni, ai fini della contestazione dell’ipotesi di cui all’art. 61 n. 7 c.p. (l’aver cagionato un
danno patrimoniale di rilevante gravità) è sufficiente l’indicazione
nel capo di imputazione del riferimento normativo e della somma
sottratta alla persona offesa. Cass., sez. II, 23 marzo 2016 - 7 aprile
2016, n. 13913, CED 266354 — Giurisprudenza contrastante.
62 Circostanze attenuanti comuni.
GIURISPRUDENZA 1 Provocazione: a) nesso di causalità (§ 2, d) 2 Danno patrimoniale di speciale tenuità (§ 4) 3
Le attenuanti dell’art. 62 n. 6 c.p.: a) elisione o attenuazione delle conseguenze del reato: aa) casistica (§ 6, c, cb); b) necessità
che la riparazione o l’elisione avvengano prima del giudizio (§ 6, d).
1 – Provocazione: a) nesso di causalità.
In tema di provocazione, qualora emergano due possibili fattori
determinativi dell’azione delittuosa, il giudice è tenuto ad operare
una ricognizione preliminare sull’effettiva incidenza causale degli
stessi e, solo all’esito di tale verifica, affermare o escludere la
ricorrenza dell’attenuante. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato
con rinvio, per vizio di motivazione, la sentenza di merito che, a
fronte delle incertezze probatorie sulla causale dell’azione omicida,
aveva omesso di accertare compiutamente se la condotta fosse
riconducibile allo stato d’ira provocato dalle molestie sessuali poste
in essere dalla vittima nei confronti della moglie dell’imputato
ovvero a mere questioni di vicinato). Cass., sez. I, 4 maggio 2016 16 giugno 2016, n. 25173, CED 266971
2 – Danno patrimoniale di speciale tenuità.
La circostanza attenuante del danno economico di speciale
tenuità è applicabile ad ogni tipo di delitto, indipendentemente
dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, purchè il fatto
risulti commesso per motivi di lucro - e cioè per acquisire, mediante l’azione delittuosa, un vantaggio patrimoniale - e purchè la
speciale tenuità riguardi sia il lucro (prefigurato o conseguito) sia
10
l’evento dannoso o pericoloso. (Fattispecie relativa al reato di cui
all’art. 455 c.p.). Cass., sez. V, 27 gennaio 2016 - 6 luglio 2016, n.
27874, CED 267357 — Giurisprudenza contrastante.
In tema di diritto d’autore, in relazione al reato di abusiva
duplicazione o riproduzione di supporti audiovisivi, previsto dall’art. 171-ter della l. 22 aprile 1941, n. 633, la circostanza attenuante
del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all’art. 62 n. 4 c.p.,
può ritenersi configurabile nel caso in cui la speciale tenuità
riguardi solo il danno e il lucro prodotti, atteso che, qualora anche
il fatto sia di particolare tenuità può trovare applicazione la sola
circostanza attenuante speciale di cui al comma terzo del citato art.
171-ter, l. n. 633 del 1941, che comprende in sé la detta attenuante
comune. Cass., sez. III, 11 novembre 2015 - 24 febbraio 2016, n.
7213, CED 266300
3 – Le attenuanti dell’art. 62 n. 6 c.p.: a) elisione o
attenuazione delle conseguenze del reato: aa) casistica.
La circostanza attenuante della avvenuta riparazione del danno
è applicabile ai reati edilizi, allorquando l’abbattimento volontario
dell’opera abusiva sia avvenuto in epoca anteriore al giudizio ed in
Art. 69 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
assenza dell’ordinanza sindacale di demolizione. Cass., sez. III, 10
marzo 2016 - 15 aprile 2016, n. 15731, CED 266585
b) necessità che la riparazione o l’elisione avvengano prima del giudizio. Ai fini del riconoscimento dell’attenuante della integrale riparazione del danno, prevista dall’art. 62,
n. 6, c.p., il risarcimento deve intervenire prima della dichiarazione
di apertura del dibattimento di primo grado. (In motivazione, la
Corte ha osservato che l’attenuante presuppone una dimostrazione
di spontaneo ravvedimento, non condizionata dall’andamento del
dibattimento). Cass., sez. III, 19 gennaio 2016 - 6 maggio 2016, n.
18937, CED 266579
62-bis Circostanze attenuanti generiche.
GIURISPRUDENZA 1 Elementi valutabili: a) gravità del reato e gravità del fatto (§, 2, b); b) casistica
dell’imputato e obbligo di motivazione (§ 5).
1 – Elementi valutabili: a) gravità del reato e gravità del fatto.
La motivazione sul diniego della concessione delle circostanze
attenuanti generiche, nel caso in cui la pena base venga determinata
secondo il minimo edittale in ragione della ritenuta non gravità dei
fatti, non può risolversi in un mero richiamo alle funzioni di
prevenzione criminale della sanzione, ma deve dar conto specificamente dei motivi che portano ad utilizzare uno stesso elemento
(la gravità della condotta) sia in chiave positiva, ai fini della
determinazione della pena nel minimo, che negativa, per il riconoscimento delle attenuanti generiche. Cass., sez. V, 1 ottobre 2015
- 5 febbraio 2016, n. 4788, CED 266022
b) casistica. In tema di evasione, gli elementi posti a fondamento della concessione della circostanza attenuante della costituzione in carcere, o della spontanea presentazione alla polizia giudiziaria, non possono essere utilizzati una seconda volta per giu-
2 Richiesta
stificare anche il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, poiché ciò condurrebbe a un’inammissibile ripetuta valorizzazione del medesimo elemento di giudizio. Cass., sez. VI, 21
gennaio 2016 - 24 febbraio 2016, n. 7514, CED 266103
2 – Richiesta dell’imputato e obbligo di motivazione.
La concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata
sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento
di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che,
quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddifsato con il solo richiamo
alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il
riconoscimento del beneficio. Cass., sez. III, 17 novembre 2015 - 9
marzo 2016, n. 9836, CED 266460
63 Applicazione degli aumenti o delle diminuzioni di pena.
GIURISPRUDENZA 1 Circostanze autonome e circostanze ad effetto speciale: a) concorso di circostanze aggravanti
autonome e a effetto speciale (§ 3, c).
1 – Circostanze autonome e circostanze ad effetto
speciale: a) concorso di circostanze aggravanti autonome e a effetto speciale.
Nell’ipotesi di concorso tra più circostanze aggravanti ad effetto
speciale, poichè l’aggravante di cui all’art. 7 del d.l. n. 152 del 1991
(convertito in l. n. 203 del 1991) è esclusa dal giudizio di bilanciamento, ai fini del calcolo degli aumenti di pena irrogabili, non si
applica la regola generale prevista dall’art. 63, comma quarto, c.p.,
bensì l’autonoma disciplina derogatoria di cui al citato art. 7, che
prevede l’inasprimento della sanzione da un terzo alla metà. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretto l’aumento di pena per
la circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991,
operato sull’ipotesi di estorsione aggravata di cui all’art. 629,
comma secondo, c.p.). Cass., sez. II, 8 marzo 2016 - 7 luglio 2016,
n. 28276, CED 267220
69 Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti.
GIURISPRUDENZA 1 Applicazione dell’istituto: a) unitarietà del bilanciamento (§ 3, c); b) criteri per operare il
giudizio di bilanciamento ed elementi valutabili (§ 3, d); c) il bilanciamento nel giudizio d’appello (§3, f); d) motivazione e
sindacato di legittimità (§ 3, g) 2 Circostanze inerenti alla persona del colpevole e circostanze ad effetto speciale: a)
recidivi: aa) giurisprudenza successiva alla l. n. 251 del 2005 (§ 5, b, bb)
1 – Applicazione dell’istituto: a) unitarietà del bilanciamento.
In tema di circostanze, è legittima la valutazione di equivalenza
delle attenuanti generiche con le aggravanti relative solo ad alcuni
dei reati contestati, senza necessità per il giudice di motivare
analiticamente sulle ragioni della mancata incidenza di tali attenuanti anche sui reati “satelliti” non aggravati, atteso il carattere
unitario ed inscindibile del giudizio di comparazione di cui all’art.
69 c.p. Cass., sez. III, 10 marzo 2016 - 9 maggio 2016, n. 19112,
CED 266587
b) criteri per operare il giudizio di bilanciamento ed
elementi valutabili. Ai fini del giudizio di comparazione tra
circostanze concorrenti, non può costituire per il giudice valido
criterio di valutazione il dato meramente algebrico della prevalenza
di taluni profili circostanziali rispetto a quelli di segno opposto.
Cass., sez. I, 15 dicembre 2015 - 18 marzo 2016, n. 11595, CED
266649
c) il bilanciamento nel giudizio d’appello. Non viola il
divieto di reformatio in peius la sentenza di appello che, in caso di
impugnazione proposta dal solo imputato, nell’applicare la norma
più favorevole, sopravvenuta dopo la sentenza di primo grado, in
relazione alla fattispecie prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, operi, nella rideterminazione della pena,
l’aumento per la recidiva, ritenuta dal primo giudice soccombente
11
Art. 69 - par. 1
CODICE PENALE
rispetto alla circostanza attenuante del fatto di lieve entità, divenuta
ipotesi autonoma di reato. Cass., sez. III, 23 febbraaio 2016 -9
giugno 2016, n. 23882, CED 267064
d) motivazione e sindacato di legittimità. Non incorre
nel vizio del difetto di motivazione la sentenza che ometta di
indicare i motivi per i quali il giudice, nella specie d’appello, abbia
confermato il giudizio di equivalenza fra circostanze, formulato dal
giudice di primo grado, in quanto é sufficiente la sola enunciazione
della eseguita valutazione delle circostanze concorrenti. Cass., sez.
VII, 19 febbraio 2016 - 18 marzo 2016, n. 11571, CED 266148
2 – Circostanze inerenti alla persona del colpevole e circostanze ad effetto speciale: a) recidivi: aa)
giurisprudenza successiva alla l. n. 251 del 2005.
Nel giudizio di comparazione delle circostanze, in caso di
recidiva reiterata di cui all’art. 99, comma quarto, c.p., il divieto di
prevalenza delle attenuanti opera soltanto se il giudice, in concreto,
ritenga di disporre l’aumento di pena per la recidiva, oltre che nel
caso in cui la recidiva medesima sia obbligatoria per essere il nuovo
delitto compreso nell’elencazione di cui all’art. 407, comma secondo, lett. a) c.p.p. Cass., sez. IV, 31 marzo 2016 - 21 aprile 2016, n.
16628, CED 266530
73 Concorso di reati che importano pene detentive temporanee o pene pecuniarie della stessa specie.
GIURISPRUDENZA
quattro anni.
1 Concorso di delitti per i quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a venti-
1 – Concorso di delitti per i quali deve infliggersi
la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro
anni (§ 3).
Nell’ipotesi di cumulo di più condanne alla pena di anni trenta
di reclusione, così risultanti - per effetto delle vicende di diritto
intertemporale oggetto della decisione emessa dalla CEDU nel caso
Scoppola contro Italia - dalla commutazione di precedenti condanne alla pena dell’ergastolo inflitte all’esito di giudizi abbreviati, non
trova applicazione il limite massimo di anni trenta di reclusione,
previsto dall’art. 78 c.p. per il caso di concorso di reati che
importano pene detentive temporanee, bensì il generale criterio
regolatore di cui all’art. 73, comma secondo, c.p., con conseguente
rideterminazione della pena finale da eseguire in quella dell’ergastolo. Cass., sez. I, 21 ottobre 2015 - 11 febbraio 2016, n. 5784,
CED 266036
76 Pene concorrenti considerate come pena unica ovvero come pene distinte.
GIURISPRUDENZA
1 Considerazione distinta delle pene concorrenti: a) benefici penitenziari (§ 3, e).
1 – Considerazione distinta delle pene concorrenti: a) benefici penitenziari
La scissione del cumulo di pena irrogata per il reato continuato,
che sia operata per la concessione dei benefici penitenziari, determina, ove il reato ostativo coincida con un reato satellite, la
necessità di fare riferimento alla pena inflitta in concreto a titolo di
continuazione, atteso che, formatosi il giudicato, la pena fissata per
l’esecuzione è soltanto quella che il giudice della cognizione ha
stabilito in ciascuna frazione. (Fattispecie in tema di liberazione
anticipata c.d. speciale). Cass., sez. I, 14 marzo 2016 - 26 aprile
2016, n. 17143, CED 267215
78 Limiti degli aumenti delle pene principali.
GIURISPRUDENZA
1 Criteri per l’applicazione del cumulo: a) rito abbreviato (§ 2, d).
1 – Criteri per l’applicazione del cumulo:
a) rito abbreviato. In sede di esecuzione, riconosciuta, la
continuazione tra più reati oggetto, alcuni, di condanna all’esito di
giudizio abbreviato e, altri, di condanna all’esito di giudizio ordinario, la riduzione ex art. 442 c.p.p.c.p.p. va applicata, — qualora
il reato più grave sia stato giudicato con il rito speciale - sulla pena
finale determinata dopo l’aumento disposto per i reati satellite,
anche se definiti con il rito ordinario; qualora invece il giudice
procedente individui, quale reato più grave, quello giudicato con
rito ordinario, la riduzione di pena dovrà essere disposta per i soli
reati satellite giudicati con rito abbreviato. Cass., sez. V, 27
novembre 2015 - 13 maggio 2016, n. 20133, CED 267244
80 Concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi.
GIURISPRUDENZA
1 Pene cumulabili ed effetti del cumulo (§ 1).
1 – Pene cumulabili ed effetto del cumulo.
In tema di esecuzione di pene concorrenti, qualora durante
l’espiazione di una pena determinata a seguito di un provvedimento di cumulo, venga emessa una sentenza di condanna, o di
applicazione della pena, relativa ad un reato commesso anteriormente a quelli inclusi in tale provvedimento, la pena da eseguire va
determinata detraendo il periodo di presofferto relativo alla nuova
condanna dalla pena irrogata per quest’ultima, e sommando successivamente l’eventuale pena residua a quella complessiva indicata
12
nel primo provvedimento di cumulo; la pena totale da espiare
dovrà, infine, essere calcolata in base agli ordinari criteri in materia
di esecuzione (Nella fattispecie, la Corte di cassazione ha ritenuto
la correttezza della successiva applicazione del criterio moderatore
di cui all’art. 78 c.p. e, infine, della detrazione dei periodi di
presofferto o di fungibilità già considerati nel primo provvedimento di cumulo). Cass., sez. I, 12 novembre 2015 - 31 marzo 2016, n.
12937, CED 266181
Art. 81 - par. 3
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
In tema di esecuzione di pene concorrenti, il criterio moderatore
previsto dall’art. 78 c.p. non opera nel caso disciplinato dal successivo art. 80 di concorso di pene inflitte con sentenze o decreti
diversi, se diversi sono anche i tempi di commissione dei reati e
delle custodie cautelari, e, imponendosi in tal caso la formazione di
cumuli differenti, il predetto criterio è applicabile, nell’ambito di
ciascuna operazione di cumulo parziale, solo nel caso in cui la pena
derivante dal cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati
dalla norma predetta. Cass., sez. I, 27 gennaio 2015 - 1 febbraio
2016, n. 4135, CED 267302
81 Concorso formale. Reato continuato.
GIURISPRUDENZA 1 Medesimo disegno criminoso (§ 4) 2 Interruzione del disegno criminoso (§ 5) 3 L’aumento
di pena per la continuazione. Soggetti recidivi (§ 9) 4 Misura delle pene accessorie. Misure di sicurezza (§ 10) 5 Questioni
processuali: a) continuazione tra fatti giudicati e fatti da giudicare (§ 12, c); b) la continuazione in appello (§ 12, d).
1 – Medesimo disegno criminoso.
Ai fini della configurabilità della unicità del disegno criminoso è
necessario che le singole violazioni costituiscano parte integrante di
un unico programma deliberato fin dall’inizio per conseguire un
determinato fine, con la conseguenza che tale unicità è da escludere
quando la successione degli episodi criminosi, malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale riscontrabile tra i
distinti reati, evidenzia l’occasionalità di uno di questi. (In applicazione del principio, la Corte, nel rigettare il ricorso dell’imputato,
ha ritenuto corretto il mancato riconoscimento della continuazione
tra il reato di cessione di sostanza stupefacente e quello successivo
di resistenza a pubblico ufficiale, sul presupposto che l’imputato, al
momento della consegna dello stupefacente, non poteva aver già
deliberato di porre in essere la resistenza). Cass., sez. III, 17
gennaio 2015 - 13 gennaio 2016, n. 896, CED 266179
In tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, che caratterizza l’istituto disciplinato dall’art. 81,
comma 2, c.p., postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del
reo, che esprime, invece, l’opzione del reo a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, che, seppure dello
stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali
coordinate, rivelando una generale propensione alla devianza, che
si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed
opportunità esistenziali. Cass., sez. I, 8 gennaio 2016 - 18 aprile
2016, n. 15955, CED 266615
In tema di continuazione, l’esistenza di un medesimo disegno
criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del
contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale
che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del
“modus operandi” e la costante compartecipazione dei medesimi
soggetti. Cass., sez. V, 6 luglio 2015 - 18 gennaio 2016, n. 1766,
CED 266413
In tema di concorso anomalo nel reato, la diminuente ex art. 116
c.p. esclude il riconoscimento della continuazione tra i più reati
commessi, in quanto si tratta di categorie concettualmente incompatibili, che postulano, l’una, la mera prevedibilità dell’evento
ulteriore, l’altra la piena volizione anche di quest’ultimo nel quadro
della programmazione unitaria del piano delittuoso. Cass., sez. I,
15 dicembre 2015 - 18 marzo 2016, n. 11595, CED 266648
In tema di riconoscimento della continuazione in fase esecutiva,
non pur estendersi allo stato di alcooldipendenza la rilevanza
attribuita, ai fini dell’unicità del disegno criminoso, allo stato di
tossicodipendenza, poichh tale limitazione si fonda sull’intento del
legislatore di attenuare le conseguenze punitive derivanti dalla
commissione di reati da parte di soggetti indotti dalla ricorrente
necessit` di assunzione di prodotti psicotropi a violare frequentemente la legge per procurarsi i mezzi per il loro acquisto, con una
impellente frquenza che, secondo massime di esperienza, non
ricorre nella patologica assunzione di alcoolici. Cass., sez. VII, 13
aprile 2016 - 5 maggio 2016, n. 18669, CED 266720
2 – Interruzione del disegno crminoso.
Non esiste incompatibilità fra gli istituti della recidiva e della
continuazione, potendo quest’ultima essere riconosciuta anche fra
un reato già oggetto di condanna irrevocabile ed un altro commesso successivamente alla formazione di detto giudicato. Cass., sez.
II, 20 aprile 2016 - 11 maggio 2016, n. 19477, CED 266522; Cass.,
sez. II, 22 aprile 2016 - 3 maggio 2016, n. 18317, CED 266695 —
Giurisprudenza contrastante.
3 – L’aumento di pena per la continuazione. Soggetti recidivi.
In tema di quantificazione della pena a seguito di riconoscimento della continuazione tra diversi reati, il giudice è tenuto a fornire
una congrua motivazione non solo in ordine alla individuazione
della pena base, ma anche all’entità dell’aumento ex art. 81, cpv.,
c.p., specie quando questo, pur contenuto nel limite massimo
stabilito dalla legge, determini una sperequazione nel trattamento
sanzionatorio per le medesime fattispecie di reato. (Fattispecie in
materia di acquisto illegale di armi, nella quale la Corte ha annullato con rinvio la decisione, con cui il giudice aveva stabilito, per il
reato più grave, avente ad oggetto quindici armi comuni da sparo,
la pena di tre anni di reclusione, apportandovi a titolo di aumento
per il reato satellite avente ad oggetto due armi comuni da sparo,
la pena di cinque anni di reclusione). Cass., sez. I, 8 gennaio 2016
- 24 maggio 2016, n. 21641, CED 266885 — Giurisprudenza
contrastante.
Il limite minimo di aumento della pena che, in caso di più reati
in concorso formale o in continuazione con quello più grave
commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva reiterata
prevista dall’art. 99, comma quarto, c.p., non può essere inferiore
a un terzo della pena stabilita per la violazione più grave, va riferito
all’aumento complessivo per la continuazione e non alla misura di
ciascun aumento successivo al primo. (In applicazione di tale
principio la Corte ha escluso che fosse incorsa nella violazione del
divieto di reformatio in peius la pronuncia che aveva confermato la
pena irrogata in primo grado, nonostante l’assoluzione per uno dei
reati satellite che avevano comportato l’aumento di pena a titolo di
continuazione). Cass., sez. II, 12 aprile 2016 - 2 maggio 2016, n.
18092, CED 266850
In tema di continuazione, l’aumento minimo di un terzo della
pena ex art. 81, comma 4, c.p., nei confronti dei soggetti per i quali
sia stata ritenuta la recidiva reiterata, opera anche quando il giudice
abbia considerato la stessa equivalente alle riconosciute attenuanti.
(In motivazione, la Corte ha precisato che tale situazione non è
equiparabile alla mancata applicazione della recidiva reiterata,
ipotesi nella quale è escluso l’innalzamento minimo della pena di
cui alla disposizione citata). Cass., sez. III, 24 settembre 2015 - 11
maggio 2016, n. 19496, CED 266791 — Giurisprudenza contrastante.
Il contrasto è stato risolto da Cass., S.U., 23 giugno 2016 - 21
luglio 2016, n. 31669, CED 267044, secondo cui il limite di
aumento di pena non inferiore ad un terzo di quella stabilita per il
13
Art. 81 - par. 3
reato più grave, previsto dall’art. 81, comma 4, c.p. nei confronti
dei soggetti ai quali è stata applicata la recidiva di cui all’art. 99,
comma 4, c.p., opera anche quando il giudice consideri la recidiva
stessa equivalente alle riconosciute attenuanti.
4 – Misura delle pene accessorie. Misure di sicurezza.
In tema di circolazione stradale, il giudice, se pronuncia condanna per una pluralità di violazioni del codice della strada che
comportano l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, deve determinarne la durata
complessiva effettuando la somma dei vari periodi di sospensione
previsti per ciascun illecito, dovendosi escludere l’applicabilità sia
dell’art. 8 l. 24 novembre 1981 n. 689, che riguarda esclusivamente
le sanzioni amministrative proprie e non quelle accessorie ad una
sentenza penale di condanna, che delle discipline tipicamente
penalistiche finalizzate a limitare l’inflizione di pene eccessive
(come nel caso dell’art. 81 c.p.). Cass., sez. IV, 30 marzo 2016 - 19
maggio 2016, n. 20990, CED 266704
5 – Questioni processuali: a) continuazione tra
fatti giudicati e fatti da giudicare.
L’applicazione in sede esecutiva della continuazione tra reati
giudicati con il rito ordinario e altri con il rito abbreviato, comporta che soltanto a questi ultimi - siano essi reati satellite o
violazione più grave - deve essere applicata la riduzione di un terzo
della pena, a norma dell’art. 442, comma secondo, c.p.p. Cass.,
sez. I, 21 ottobre 2015 - 28 gennaio 2016, n. 3764, CED 266002
CODICE PENALE
b) la continuazione in appello. Non viola il divieto di
“reformatio in peius” il giudice di appello che, su impugnazione
del solo imputato, proceda ad un corretto calcolo della pena nel
rispetto della previsione dell’art. 63, comma quarto, c.p. e, pur
disponendo un aumento di pena pecuniaria a titolo di continuazione - non calcolata dal primo giudice - irroghi in concreto una
pena non superiore a quella inflitta in primo grado. (Fattispecie in
cui il giudice d’appello, applicando correttamente il predetto art.
63, aveva applicato una identica pena pecuniaria ed una pena
detentiva inferiore a quella irrogata in primo grado). Cass., sez. II,
13 gennaio 2016 - 3 febbraio 2016, n. 4413, CED 266154
Non viola il divieto di “reformatio in peius” previsto dall’art.
597, comma terzo c.p.p., il giudice di appello che, in riforma della
sentenza di primo grado, avendo escluso la continuazione criminosa e confermato la responsabilità dell’imputato per uno solo dei
reati satellite, irroghi una pena inferiore a quella determinata dal
primo giudice, sebbene tale pena sia superiore a quella che era stata
applicata per la medesima violazione, a titolo di aumento per la
continuazione, nel primo giudizio. Cass., sez. VI, 26 gennaio 2016
- 9 marzo 2016, n. 9871, CED 266504
È conforme all’effetto devolutivo dell’appello la sentenza che
omette di pronunciare sulla richiesta di riconoscimento del vincolo
della continuazione con altri reati oggetto di titoli pregressi formulata, anziché con l’atto introduttivo, solo in corso di procedimento
unitamente alla produzione dei titoli stessi. Cass., sez. II, 12
febbraio 2016 - 14 marzo 2016, n. 10470, CED 266655
99 Recidiva.
GIURISPRUDENZA 1 Le modifiche introdotte dalla l. n. 251 del 2005: a) determinazione della pena (§1, d)
Motivazione (§ 5) 3 Recidiva infraquinquennale (§ 7).
1 – Le modifiche introdotte dalla l. n. 251 del
2005: a) determinazione della pena.
In tema di recidiva, lo sbarramento quantitativo previsto dall’art. 99, ultimo comma, c.p. - per cui “l’aumento della pena non
può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo” - si
riferisce esclusivamente alle pregresse condanne per delitti dolosi e
non anche a quelle per reati contravvenzionali. Cass., sez. II, 16
giugno 2016 - 18 luglio 2016, n. 30437, CED 267416
In tema di recidiva reiterata, prevista dall’art. 99 comma 5 c.p.
in relazione alla commissione dei reati di cui all’art. 407, comma 2,
lett. a) c.p.p.c.p.p., l’aumento di pena deve ritenersi legittimamente
disposto - anche se in data anteriore alla sentenza della Corte
costituzionale n. 185 del 2015, che ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale del carattere obbligatorio dell’aumento stesso - qualora risulti adeguatamente motivato in relazione alla gravità della
condotta, alla negativa personalità dell’imputato ed alla pericolosità
sociale di quest’ultimo. Cass., sez. II, 26 aprile 2016 - 16 maggio
2016, n. 20205, CED 266679
Non è illegale la pena irrogata precedentemente alla sentenza
della Corte costituzionale n. 185 del 2015, che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale del carattere obbligatorio della recidiva
di cui all’art. 99, comma 5, c.p., qualora il giudice abbia dato atto
in sentenza, anche con motivazione implicita, delle ragioni per le
quali si è ritenuto necessario l’aumento di pena in relazione alla
particolare pericolosità dell’imputato. Cass., sez. II, 11 maggio
2016 - 4 luglio 2016, n. 27366, CED 267154
Non viola il divieto di reformatio in pejus il giudice d’appello
che, accogliendo il gravame limitatamente al riconoscimento di una
14
2
circostanza ad effetto speciale, applichi - senza peraltro irrogare
una pena complessiva maggiore di quella stabilita in prime cure un aumento per la recidiva reiterata nella misura “piena” di cui
all’art. 99, comma 4, c.p., superiore a quella fissata in primo grado
in base al meccanismo di contenimento previsto dall’art. 63, comma 4, c.p., non essendo tale meccanismo più applicabile dopo
l’esclusione dell’aggravante ad effetto speciale. Cass., sez. II, 12
aprile 2016 - 2 maggio 2016, n. 18089, CED 266837
2 – Motivazione.
L’applicazione della recidiva facoltativa contestata richiede uno
specifico onere motivazionale da parte del giudice, che, tuttavia,
può essere adempiuto anche implicitamente, ove si dia conto della
ricorrenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto
implicita la motivazione della ritenuta recidiva, desumendola dal
richiamo operato nella sentenza alla negativa personalità dell’imputato, quale evincibile dall’altissima pericolosità sociale della condotta da costui posta in essere). Cass., sez. VI, 27 aprile 2016 - 16
maggio 2016, n. 20271, CED 267130
3 – Recidiva infraquienquennale.
Ai fini del riconoscimento della recidiva aggravata infraquinquennale il calcolo dei cinque anni va effettuato considerando
come dies a quo non già la data di commissione dell’ultimo delitto
antecedente a quello espressivo della recidiva, bensì quella relativa
al passaggio in giudicato della sentenza avente ad oggetto il medesimo reato presupposto. Cass., sez. VI, 17 marzo 2016 - 13 aprile
2016, n. 15441, CED 266547
Art. 113 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
101 Reati della stessa indole.
GIURISPRUDENZA
1 Reati della stessa indole (§ 1).
1 – Reati della stessa indole.
La definizione di reati “della stessa indole”, posta dall’art 101
c.p. e rilevante per l’applicazione delal recidiva ex art. 99, comma
2, n. 1, c.p., prescinde dalla identità della norma incriminatrice e fa
riferimento ai criteri del bene giuridico violato o del movente
delittuoso, che consentono di accertare, nei casi concreti, i caratteri
fondamentali comuni fra i diversi reati. Cass., VI, 17 marzo 2016
- 13 aprile 2016, n. 15439, CED 266545
103 Abitualità ritenuta dal giudice.
GIURISPRUDENZA
1 Condizioni per la dichiarazione (§ 1).
1 – Condizioni per dichiarazione.
L’esistenza di precedenti penali e/o di carichi pendenti non è
elemento per sé sufficiente a consentire la dichiarazione di abitualità nel reato, essendo necessaria una motivata specificazione degli
elementi indicativi dell’attuale e concreta pericolosità sociale del
soggetto, tali da evidenziarne il grado di radicamento della tendenza delittuosa e della capacità criminale manifestata nello specifico
delitto commesso. Cass., sez. I, 12 novembre 2015 - 23 febbraio
2016, n. 7152, CED 266606
La declaratoria di abitualità nel delitto di cui all’art. 103 c.p., da
cui deriva l’applicazione o la prosecuzione di una misura di sicurezza, può intervenire anche nei confronti di soggetti che si trovano
in uno stato di espiazione di una pena detentiva, essendo, peraltro,
necessaria una rigorosa verifica, da parte del Magistrato di sorveglianza, della pericolosità sociale del soggetto detenuto, anche
tenendo conto della lontananza nel tempo della data di scadenza
della pena detentiva. (In applicazione del principio, la S.C. ha
ritenuto immune da censure la decisione di rigetto della richiesta di
dichiarazione di delinquenza abituale, rilevando che la notevole
lontananza nel tempo della scadenza del titolo esecutivo non
consentiva - avuto riguardo alla personalità del condannato e alle
emergenze concrete - di formulare un giudizio di attualità della
pericolosità sociale). Cass., sez. I, 4 maggio 2016 - 16 giugno 2016,
n. 25217, CED 266980
110 Pena per coloro che concorrono nel reato.
GIURISPRUDENZA
1 Concorso morale (§ 3) 2 Reato proprio (§ 10).
1 – Concorso morale.
Perché il concorrente morale risponda di un reato di evento
(nelle specie: lesioni personali e danneggiamento) non è necessario,
come per l’esecutore materiale, che l’evento sia stato da lui voluto
con dolo diretto, ma è sufficiente che sia stato voluto con dolo
eventuale e, pertanto, egli deve aver concorso all’azione dell’esecutore materiale non soltanto prevedendo in concreto l’evento
come possibile conseguenza dell’azione concordata, ma addirittura
accettandone il rischio di accadimento, pur di realizzare l’azione
concordata e sempre che l’evento rientri, in modo diretto e conseguenziale, nello schema esecutivo di tale azione. Cass., sez. II, 15
aprile 2016 - 19 maggio 2016, n. 20793, CED 267038
2 – Reato proprio.
Nei reati di bancarotta il concorso dei componenti del collegio
sindacale nei reati commessi dall’amministratore della società può
realizzarsi anche attraverso un comportamento omissivo del controllo sindacale che non si esaurisce in una mera verifica formale o
in un riscontro contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma comprende il riscontro tra la realtà
e la sua rappresentazione. Cass., sez. V, 22 marzo 2016 - 7 aprile
2016, n. 14045, CED 266646; Cass., sez. V, 14 gennaio 2016 - 6
maggio 2016, n. 18985, CED 267009
112 Numero delle persone.
GIURISPRUDENZA
1 Numero delle persone (§ 1).
1 – Numero delle persone.
La circostanza aggravante dell’essere i correi in numero pari o
superiore a cinque, prevista dall’art. 112, comma primo, cod. pen,
può essere applicata cumulativamente all’aggravante speciale del
reato di rapina delle più persone riunite, prevista dall’art. 628,
comma 1, c.p. perchè non richiede, a differenza di quest’ultima, la
presenza sulla scena criminosa di tutti i correi, sanzionando la
maggiore pericolosità esplicata dalla dimostrata capacità di riunione ed organizzazione. Cass., sez. II, 6 maggio 2016 - 16 maggio
2016, n. 20217, CED 266893 - Giurisprudenza contrastante.
113 Cooperazione nel delitto colposo.
GIURISPRUDENZA
denti (§ 1).
1 Nozione e struttura; differenza dal concorso di persone e dal concorso di cause indipen-
1 – Nozione e struttura; differenza dal concorso
di persone e dal concorso di cause indipendenti.
Per aversi cooperazione nel delitto colposo, non è necessaria la
consapevolezza della natura colposa dell’altrui condotta, nè la
conoscenza dell’identità delle persone che cooperano, essendo
sufficiente la coscienza dell’altrui partecipazione nello stesso reato,
intesa come consapevolezza, da parte dell’agente, del fatto che altri
soggetti - in virtù di un obbligo di legge, di esigenze organizzative
correlate alla gestione del rischio, o anche solo in virtù di una
contingenza oggettiva e pienamente condivisa - sono investiti di
una determinata attività, con una conseguente interazione rilevante
anche sul piano cautelare, nel senso che ciascuno è tenuto a
15
Art. 113 - par. 1
CODICE PENALE
rapportare prudentemente la propria condotta a quella degli altri
soggetti coinvolti. (Fattispecie relativa ad omicidio colposo conseguente allo scontro frontale tra due autovetture, causato dall’invasione dell’opposta corsia da parte di una di esse, il cui conducente
era impegnato in una serie di sorpassi reciproci ed altre manovre
gravemente imprudenti con altra vettura che procedeva nella sua
stessa direzione. In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto
configurabile la responsabilità, a titolo di cooperazione colposa,
anche del conducente di tale ulteriore veicolo, che con la propria
condotta aveva consapevolmente indotto e stimolato quella del
soggetto direttamente coinvolto nel sinistro). Cass., sez. IV, 14
febbraio 2016 - 13 aprile 2016, n. 15324, CED 266665
114 Circostanze attenuanti.
GIURISPRUDENZA 1 Minima importanza (§ 1) 2 Inapplicabilità dell’attenuante (§ 2) 3 Soggetti di cui all’art. 112,
comma 1, nn. 3 e 4, e comma 3 (§ 3).
1 – Minima importanza.
Ai fini del riconoscimento dell’attenuante della partecipazione
di minima importanza al reato, la valutazione, anche implicita, delle
condotte concorsuali non si traduce in una vera e propria comparazione fra di esse finalizzata a stabilire quale tra i correi abbia in
misura maggiore o minore contribuito alla realizzazione dell’impresa criminosa, risolvendosi bensì in un esame volto a stabilire se
il contributo dato dal compartecipe si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di efficacia causale così lieve rispetto all’evento,
da risultare trascurabile nell’economia generale dell’iter criminoso.
(Fattispecie in cui non è stato ritenuto minimo il contributo
concorsuale nel traffico internazionale di sostanza stupefacente,
consistito nel collaborare alla ricerca e al reperimento di uno dei
corrieri indispensabili per l’importazione della droga). Cass., sez.
III, 17 novembre 2015 - 9 marzo 2016, n. 9844, CED 266461
2 – Inapplicabilità dell’attenuante.
In tema di concorso di persone nel reato, la disposizione del
secondo comma dell’art. 114 c.p., secondo cui l’attenuante della
minima partecipazione al fatto pluripersonale non si applica quando ricorra una delle circostanze aggravanti delineate all’art. 112
stesso codice, e, dunque, quando il numero dei concorrenti sia pari
o superiore a cinque, si riferisce anche ai casi nei quali il numero
delle persone concorrenti nel reato sia posto a base di un aggravamento della pena in forza di disposizioni specificamente riguardanti il reato stesso. (In applicazione di tale principio, la Corte ha
escluso che l’attenuante possa essere riconosciuta nel caso di
estorsione aggravata ai sensi del secondo comma dell’art. 629 c.p.,
che richiama, tra l’altro, l’ultima parte della previsione posta al n.
1) del comma terzo dell’art. 628, secondo cui la pena è aumentata
quando il fatto sia commesso da più persone riunite). Cass., sez. II,
19 aprile 2016 - 4 maggio 2016, n. 18540, CED 266852
3 – Soggetti di cui all’art. 112, comma 1, nn. 3 e 4,
e comma 3.
La circostanza attenuante prevista dall’art. 114, comma terzo,
con riferimento all’art. 112, comma primo, n. 4, c.p., è compatibile
con l’aggravante della premeditazione, in quanto presuppone un
rapporto di supremazia, che non incide sulla capacità di intendere
e di volere del soggetto debole e che, quindi, non esclude quella
particolare intensità del dolo propria della premeditazione, a meno
che non si verifichi in concreto l’assoluta estemporaneità dell’adesione al proposito criminoso del concorrente. Cass., sez. I, 15
settembre 2015 - 18 febbraio 2016, n. 6578, CED 266074
116 Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti.
GIURISPRUDENZA
1 Reato diverso: a) nozione e condizioni per la responsabilità (§ 2, a).
1 – Reato diverso: a) nozione e condizioni per la
responsabilità.
In tema di concorso di persone nel reato, sussiste la responsabilità
a titolo di concorso anomalo qualora l’evento ulteriore, benché prevedibile in quanto collegato da un nesso di pura eventualità rispetto
al delitto base programmato, non sia stato dall’agente voluto neppure
nella forma del dolo indiretto; ricorre, invece, l’ipotesi del concorso
ex art. 110 c.p., ove l’agente abbia effettivamente previsto l’evento
o comunque accettato il rischio del suo verificarsi. (In applicazione
di questo principio la S.C. ha censurato la decisione con cui la Corte
territoriale aveva affermato la responsabilità dell’imputata ai sensi
dell’art. 116 c.p., in ordine al reato di cui all’art. 575 c.p., pur risultando che essa, nel programmare con il correo la rapina nei confronti di una anziana donna, aveva messo in conto, come poi effettivamente accaduto, il possibile ricorso ad una azione violenta per
neutralizzare la reazione della vittima). Cass., sez. I, 15 dicembre
2015 - 18 marzo 2016, n. 11595, CED 266647
In tema di concorso anomalo, può essere ritenuto prevedibile
sviluppo dell’azione inerente ad un furto l’uso eventuale di violenza
o minaccia che, se realizzato, fa progredire la sottrazione della cosa
mobile altrui in rapina, di cui è responsabile, ai sensi dell’art. 116 c.p.,
anche il concorrente, a meno che il diverso e più grave reato realizzato
dai compartecipi costituisca un fatto anormale, eccezionale e, quindi,
non prevedibile. (Il principio è stato ritenuto correttamente applicato dalla Corte con riferimento alla posizione di una coimputata che
aveva partecipato alla programmazione di un furto, poi degenerato
in rapina, descrivendo agli esecutori materiali del reato, nel corso di
un sopralluogo eseguito pochi giorni prima, l’abitazione della vittima
ed i luoghi in cui tale ultima custodiva i gioielli). Cass., sez. VI, 15
dicembre 2015 - 18 aprile 2016, n. 15958, CED 267363
118 Valutazione delle circostanze aggravanti o attenuanti.
GIURISPRUDENZA
1 Generalità (§ 1).
1 – Generalità.
In tema di circostanze, è estendibile ai concorrenti che siano a
conoscenza o ignorino per colpa tale qualità, la circostanza aggravante dell’abuso di prestazione d’opera di cui all’art. 61 n. 11 c.p.,
non rientrando la stessa tra quelle circostanze soggettive da valu16
tarsi soltanto con riguardo alla persona cui si riferiscono. (Fattispecie in tema di furto commesso con abuso della qualità di
custode, in cui la Corte ha ritenuto corretta la pronuncia di merito
che aveva esteso l’aggravante al concorrente nel reato). Cass., sez.
IV, 29 maggio 2016 - 13 maggio 2016, n. 20053, CED 266840
Art. 124 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
120 Diritto di querela.
GIURISPRUDENZA 1 Contenuto e formalità (§ 3)
personalità giuridica (§ 5).
1 – Contenuto e formalità.
La dichiarazione con la quale la persona offesa, all’atto della
denuncia, affermi di volersi immediatamente costituire parte civile
deve essere qualificata come valida manifestazione del diritto di
querela, considerato che la sussistenza della volontà di punizione
da parte della persona offesa non richiede formule particolari e
può, pertanto, essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non
contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano
situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del
favor querelae”. (Nella specie la S.C. ha ritenuto immune da
censure la decisione con la quale il giudice di merito ha ritenuto
validamente integrata la sussistenza dell’istanza di punizione nella
dichiarazione della persona offesa di volersi costituire parte civile e
di volere ricevere l’avviso della richiesta di archiviazione, ex art.
408 cod. proc. pen). Cass., sez. V, 18 giugno 2015 - 20 gennaio
2016, n. 2293, CED 266258
Ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di punizione è desumibile dall’espressione, utilizzata dalla persona offesa dopo l’esposizione dei fatti, “sporgo formale querela”
non potendosi, peraltro, considerare elemento in senso contrario la
riserva di costituirsi parte civile nel procedimento penale non
ancora aperto, che invece esprime proprio la volontà che quel
procedimento sia instaurato. (In motivazione la S.C. ha affermato
che sussiste in materia il principio del favor querelae, in base al
quale qualsiasi situazione di incertezza va risolta in favore della
volontà di querela). Cass., sez. V, 16 ottobre 2015 - 23 maggio
2016, n. 21359, CED 267138
Ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di perseguire l’autore del reato, nel caso di atto formato dalla
polizia giudiziaria, deve emergere chiaramente dal suo contenuto,
ancorchè senza la necessità di utilizzare formule sacramentali, non
2 Titolarità del diritto di querela (§ 4)
3 Enti con o senza
potendo ritenersi sufficiente l’intestazione dell’atto come “querela”
da parte degli agenti verbalizzanti. (In motivazione, la S.C. ha
precisato che, viceversa, nel caso di atto proveniente direttamente
dalla parte, assume rilievo decisivo l’espressa qualificazione della
denuncia come “querela”). Cass., sez. V, 15 febbraio 2016 - 12
aprile 2016, n. 15166, CED 266722
2 – Titolarità del diritto di querela.
La legittimazione alla proposizione della querela per il reato di
infedeltà patrimoniale dell’amministratore spetta anche al socio
receduto della società di persone, potendo la condotta infedele
determinare un depauperamento del valore della quota alla cui
liquidazione il socio ha diritto a norma dell’art. 2289 comma 1, c.c.
Cass., sez. V, 14 giugno 2016 - 23 agosto 2016, n. 35384, CED
267540
3 – Enti con o senza personalità giuridica.
Il condominio negli edifici non è un soggetto giuridico dotato di
una personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, ma uno
strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini, attraverso il quale deve esprimersi la volontà di sporgere
querela; ne consegue che la presentazione di quest’ultima in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio condominiale
presuppone uno specifico incarico conferito all’amministratore
dall’assemblea dei condomini. Cass., sez. VI, 18 dicembre 2015 20 gennaio 2016, n. 2347, CED 266325
La procura speciale rilasciata per la proposizione della querela
deve contenere, a pena di inammissibilità, il riferimento a specifici
reati oppure l’indicazione delle situazioni in cui il mandatario deve
attivarsi, non essendo sufficiente un generico mandato a proporre
querela. Cass., sez. VI, 5 aprile 2016 - 11 luglio 2016, n. 28807,
CED 267432
122 Querela di uno fra più offesi.
GIURISPRUDENZA
1 Reato commesso in danno di più persone: nozione.
1 – Reato commesso in danno di più persone: nozione.
In tema di querela, la disposizione di cui all’art. 122 c.p. - per la
quale il reato commesso in danno di più persone è punibile anche
se la querela è proposta da una soltanto di esse - non è applicabile
nell’ipotesi in cui una sola azione comporti più lesioni della stessa
disposizione penale, ledendo distinti soggetti, in quanto tale situazione integra un concorso formale di reati in danno di più persone,
in cui la “reductio ad unum” è preordinata solo ad un più benevolo
regime sanzionatorio che non incide sulla autonomia dei singoli
reati, di guisa che, in tal caso, la procedibilità di ciascun reato è
condizionata alla querela della rispettiva persona offesa. (Principio
affermato con riferimento ad un’ipotesi di atti persecutori commessi in danno di più persone offese, una sola delle quali aveva
proposto querela). Cass., sez. V, 11 giugno 2015 - 3 novembre
2015, n. 44392, CED 266402
124 Termine per proporre la querela. Rinuncia.
GIURISPRUDENZA
1 Notizia del fatto (§ 3).
1 – Notizia del fatto.
Il termine per proporre querela comincia a decorrere dalla data
di piena cognizione dei fatti da parte dell’interessato. (Nella specie,
relativa al reato di cui all’art. 388, comma 4, c.p., la Corte ha
confermato la decisione del giudice di merito che aveva fissato la
decorrenza del predetto termine dall’accertamento, disposto a
mezzo di ufficiale giudiziario, dell’avvenuta sottrazione dei beni
pignorati, di cui l’interessato aveva avuto in precedenza solo il
sospetto). Cass., sez. VI, 24 novembre 2015 - 27 gennaio 2016, n.
3719, CED 266954
17
Art. 131-bis - par. 1
CODICE PENALE
131-bis Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
GIURISPRUDENZA 1 Efficacia della norma nel tempo. Aspetti processuali. Giudizio di cassazione (§ 1) 2 Fatto di
particolare tenuità; generalità e fattispecie (§ 2) 3 Rapporti con la prescrizione (§ 4).
1 – Efficacia della norma nel tempo. Aspetti processuali. Giudizio di cassazione.
L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto,
previsto dall’art. 131-bis c.p., avendo natura sostanziale, è applicabile, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del d.lg.d.g.
16 marzo 2015, n. 28, anche ai procedimenti pendenti davanti alla
Corte di cassazione e per solo questi ultimi la relativa questione,in
applicazione degli artt. 2, comma 4, c.p. e 129 c.p.p., è deducibile
e rilevabile d’ufficio ex art. 609, comma 2, c.p.p. anche nel caso di
ricorso inammissibile (In motivazione la Corte ha specificato che,
quando, invece, non si discute dell’applicazione della sopravvenuta
legge più favorevole, la inammissibilità del ricorso preclude la
deducibilità e la rilevabilità d’ufficio della questione). Cass., S.U.,
25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n. 13681, CED 266593
L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di
cui all’art. 131-bis c.p. non può essere dichiarata, dal giudice
dell’impugnazione, in presenza di una sentenza di condanna che si
sia limitata ad operare una valutazione di lieve entità del reato,
nemmeno se valorizzata dal giudice per quantificare la pena in
modo da avvicinarla più ai valori minimi che a quelli massimi. (In
motivazione, la Corte ha precisato che la natura esigua del danno,
o del pericolo, concorre, ai sensi dell’art. 131-bis c.p., a rendere
non punibile un fatto, sicchè non può essere confusa con le ipotesi
di “speciale” o “particolare” o “lieve” entità del fatto che attenuano il reato, senza escluderne l’offensività). Cass., sez. III, 14
ottobre 2015 - 27 aprile 2016, n. 17184, CED 266754
In tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del
fatto, di cui all’art. 131-bis c.p.,quando la sentenza impugnata è
anteriore alla entrata in vigore del d.lg. 16 marzo 2015, n. 28,
l’applicazione dell’istituto nel giudizio di legittimità va ritenuta o
esclusa senza rinvio del processo nella sede di merito e se la Corte
di cassazione, sulla base del fatto accertato e valutato nella decisione, riconosce la sussistenza della causa di non punibilità, la
dichiara d’ufficio, ex art. 129 c.p.p., annullando senza rinvio la
sentenza impugnata, a norma dell’art. 620, comma 1 lett. l), c.p.p.
Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n. 13681, CED 266594
Il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 673 c.p.p., non può
revocare la sentenza di condanna pronunciata prima dell’entrata in
vigore della disposizione di cui all’art. 131-bis c.p. per consentire
l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità
del fatto, perché essa presuppone l’accertamento del reato e la sua
riferibilità soggettiva all’imputato, incidendo solo sulla possibilità
di irrogare la sanzione, mentre l’abrogazione comporta il venir
meno della rilevanza penale della condotta incriminata. Cass., sez.
VII, 26 febbraio 2016 - 21 marzo 2016, n. 11833, CED 266169
In tema di opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, ove la persona offesa indichi le ragioni del
dissenso, il giudice non può decidere de plano ma deve necessariamente fissare l’udienza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 409,
comma 2, c.p.p., essendo ciò funzionale alla instaurazione del
contraddittorio tra le parti e all’esercizio del diritto di difesa,
riconosciuto alla persona offesa dal reato dall’art. 411, comma 1bis
c.p.p., la cui inosservanza, pertanto, determina la nullità dell’eventuale provvedimento adottato. Cass., sez. V, 10 febbraio 2016 - 28
giugno 2016, n. 26876, CED 267261
È affetta da nullità di ordine generale a regime intermedio la
sentenza predibattimentale di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p., pronunciata senza
18
dare avviso alla persona offesa dell’udienza camerale. Cass., sez. II,
11 novembre 2015 - 16 febbraio 2016, n. 6310, CED 266207
La non punibilità dell’imputato per particolare tenuità del fatto
può essere pronunciata con sentenza di proscioglimento predibattimentale ai sensi dell’art. 469, comma 1-bis, c.p.p., purchè l’imputato medesimo ed il pubblico ministero siano messi in condizione di esprimere le loro osservazioni e non si oppongano. (Nella
specie, la Corte ha dichiarato la nullità della sentenza che, ritenendo erroneamente applicabile l’art. 129 c.p.p., aveva pronunciato il
proscioglimento in presenza dell’opposizione del pubblico ministero). Cass., sez. V, 4 febbraio 2016 - 8 luglio 2016, n. 28660, CED
267360
In tema di opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, la persona offesa è tenuta ad indicare, a
pena di inammissibilità, le “ragioni del dissenso” rispetto alla
sussumibilità della condotta nell’ipotesi di cui all’art. 131-bis, c.p.
e non necessariamente, come invece richiesto dall’art. 410, comma
primo c.p.p. per l’opposizione alla richiesta di archiviazione per
infondatezza della notizia di reato, le indagini suppletive e i relativi
mezzi di prova, stante la diversità tra le due ipotesi di archiviazione
e le ragioni poste a sostegno delle stesse. Cass., sez. IV, 22
dicembre 2015 - 1 marzo 2016, n. 8384, CED 266227
In tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità
del fatto, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. non
può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il
disposto di cui all’art. 609, comma 3, c.p.p., se il predetto articolo
era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza d’appello. (In motivazione, la S.C. ha precisato che la questione postula
un apprezzamento di merito precluso in sede di legittimità, ma che
poteva essere proposto al giudice procedente al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione, come motivo di appello
ovvero almeno come sollecitazione in sede di conclusioni del
giudizio di secondo grado). Cass., sez. VI, 27 aprile 2016 - 16
maggio 2016, n. 20270, CED 266678
L’applicazione della causa di esclusione della punibilità per
particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis c.p., può
essere sollecitata, in sede di merito o di legittimità, dal difensore
dell’imputato munito di un ordinario mandato “ad litem” e non
anche di procura speciale. Cass., sez. VI, 11 febbraio 2016 - 24
marzo 2016, n. 12541, CED 266918
La sussistenza della causa di non punibilità della particolare
tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. può essere pronunciata anche
con sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p.
(In motivazione, la S.C. ha chiarito che la disposizione processuale
richiamata contiene in sé la previsione di applicabilità del nuovo
istituto posto che preveda la possibilità di emettere la pronuncia di
non doversi procedere anche quando l’imputato è persona “non
punibile per qualsiasi causa”). Cass., sez. V, 11 febbraio 2016 - 23
maggio 2016, n. 21409, CED 267145
2 – Fatto di particolare tenuità; generalità e fattispecie.
Il riconoscimento della causa di non punibilità della particolare
tenuità del fatto non è precluso dall’esistenza di un precedente
penale gravante sull’imputato, pur quando sulla base di esso si sia
negata la sospensione condizionale della pena, dovendosi tenere
distinti, anche sul piano motivazionale, i rispettivi giudizi. Cass.,
sez. IV, 7 gennaio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 7905, CED 266065
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p.,
il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e
congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga
conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, c.p., delle modalità della
condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità
del danno o del pericolo. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile
2016, n. 13681, CED 266590
La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del
fatto di cui all’art. 131-bis c.p. non può essere applicata, ai sensi del
comma 3 del predetto articolo, qualora l’imputato abbia commesso
più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa
o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima ratio
punendi), poiché è la stessa previsione normativa a considerare il
“fatto” nella sua dimensione “plurima”, secondo una valutazione
complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità
dei singoli segmenti in cui esso si articola. Cass., sez. V, 10 febbraio
2016 - 28 giugno 2016, n. 26813, CED 267262
Ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di
non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p., il comportamento è
abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si
procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in
esame. (In motivazione, la Corte ha chiarito che, ai fini della
valutazione del presupposto indicato, il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili ed agli illeciti sottoposti alla
sua cognizione - nel caso in cui il procedimento riguardi distinti
reati della stessa indole, anche se tenui- ma anche ai reati in
precedenza ritenuti non punibili ex art. 131-bis c.p.). Cass., S.U.,
25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n. 13681, CED 266591
La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto
di cui all’art. 131-bis c.p. non può essere dichiarata qualora venga reiteratamete omessa la condotta di omessa corresponsione dell’assegno
divorzile, configurandosi un’ipotesi di “comportamento abituale” ostativa al riconoscimento del beneficio. (Fattispecie in tema di assegno
stabilito anche per il mantenimento di figli minori). Cass., sez. II, 10
maggio 2016 - 31 maggio 2016, n. 23020, CED 267040
In tema di reati tributari, non è applicabile la causa di non
punibilità della “particolare tenuità del fatto” alla condotta di
omesso versamento di IVA per un importo di poco superiore alla
soglia di punibilità, fissata a 250.000 euro dall’art. 8 del d.lg. n. 158
del 2015, atteso che l’eventuale particolare tenuità dell’offesa non
deve essere valutata con riferimento alla sola eccedenza rispetto alla
soglia di punibilità prevista dal legislatore, bensì in rapporto alla
condotta nella sua interezza, avendo, dunque, riguardo all’ammontare complessivo dell’imposta non versata. (Fattispecie in cui la
Corte ha escluso l’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 131-bis
c.p. per insussistenza dei presupposti sul piano oggettivo, con
riferimento ad un omesso versamento quantificato nella somma
complessiva di 255.486,00 euro). Cass., sez. III, 11 novembre 2015
- 29 dicembre 2015, n. 51020, CED 265982
In tema omesso versamento di IVA, la causa di non punibilità
della “particolare tenuità del fatto”, prevista dall’art. 131-bis c.p., è
applicabile soltanto alla omissione per un ammontare vicinissimo
alla soglia di punibilità, fissata a 250.000 euro dall’art. 10-ter d.lg.
n. 74 del 2000, in considerazione del fatto che il grado di offensività
che dà luogo a reato è già stato valutato dal legislatore nella
determinazione della soglia di rilevanza penale. (In applicazione
del principio, la Corte ha ritenuto non particolarmente tenue, sul
piano oggettivo, l’omesso versamento di 270.703 euro). Cass., sez.
III, 20 novembre 2015 - 1 aprile 2016, n. 13218, CED 266570
L’esclusione della particolare tenuità del fatto nel reato di diffamazione a mezzo stampa non è di per sé in contraddizione con l’applicazione della sola pena pecuniaria poiché, in tale ipotesi delittuosa, la scelta di non irrogare la pena detentiva è dettata dalla con-
Art. 131-bis - par. 3
siderazione che quest’ultima esige la ricorrenza di circostanze eccezionali - secondo l’interpretazione della Corte EDU (cfr. sentenze
24 settembre 2013, Belpietro c. Italia; 22 aprile 2010, Fatallayev c.
Azerbaigian e 6 dicembre 2007, Katrami c. Grecia) - sicché tale scelta
denota non già un indice di tenuità del fatto, bensì solo la sua non
particolare gravità. (Fattispecie in cui la S.C. ha confermato l’esclusione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., evidenziando
la misura largamente superiore al minimo della sanzione pecuniaria
inflitta e la sottolineatura, da parte delle sentenze di merito, del complessivo giudizio di insidiosità della condotta). Cass., sez. V, 19
novembre 2015 - 2 febbraio 2016, n. 4298, CED 266027
Ai fini della applicabilità dell’art. 131-bis c.p. nelle ipotesi di
violazioni urbanistiche e paesaggistiche, la consistenza dell’intervento abusivo - data da tipologia, dimensioni e caratteristiche
costruttive - costituisce solo uno dei parametri di valutazione,
assumendo rilievo anche altri elementi quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l’impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli e la conseguente violazione di
più disposizioni, l’eventuale collegamento dell’opera abusiva con
interventi preesistenti, la totale assenza di titolo abilitativo o il
grado di difformità dallo stesso, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente, le modalità di esecuzione dell’intervento. (In applicazione del principio,
la S.C. ha escluso la ricorrenza della speciale causa di non punibilità nel caso di concorrente violazione di legge urbanistica, antisismica e in materia di conglomerato in cemento armato). Cass., sez.
III, 10 marzo 2016 - 9 maggio 2016, n. 19111, CED 266586
La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di
cui all’art. 131-bis c.p., in quanto configurabile - in presenza dei
presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma - ad ogni
fattispecie criminosa, è configurabile anche in relazione al reato di
guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile,
con il giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di
punibilità all’interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di
tassi alcolemici accertati, anche nel caso in cui, al di sotto della
soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un illecito
amministrativo. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n.
13681, CED 266589
In tema di guida in stato di ebbrezza, alla esclusione della
punibilità per particolare tenuità del fatto, consegue l’applicazione,
demandata al Prefetto, delle sanzioni amministrative accessorie
stabilite dalla legge. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016,
n. 13681, CED 266592
La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di
cui all’art. 131-bis c.p., applicabile ad ogni fattispecie criminosa, è
compatibile con il reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento
alcoolimetrico, previsto dall’art. 186, comma 7, cod. strada, posto
che, accertata la situazione pericolosa e dunque l’offesa, resta pur
sempre uno spazio per apprezzare in concreto, alla stregua della
manifestazione del reato, ed al solo fine della valutazione della
gravità dell’illecito, quale sia lo sfondo fattuale in cui la condotta si
iscrive e quale sia, in conseguenza, il possibile impatto pregiudizievole per il bene tutelato. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile
2016, n. 13682, CED 266595
3 – Rapporti con la prescrizione.
La declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale
sulla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di
cui all’art. 131-bis c.p., in quanto essa, estinguendo il reato, rappresenta un esito più favorevole per l’imputato, mentre la seconda
lascia inalterato l’illecito penale nella sua materialità storica e
giuridica. Cass., sez. VI, 27 gennaio 2016 - 16 marzo 2016, n.
11040, CED 266505
19
Art. 133 - par. 1
CODICE PENALE
133 Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena.
GIURISPRUDENZA 1 Criteri per la determinazione della pena: a) precedenti penali e giudiziari (§ 2, c) 2 Pena
detentiva e pena pecuniaria: a) cumulative (§ 3, a) 3 Criteri di determinazione nei rapporti tra coimputati (§ 4).
1 – Criteri per la determinazione della pena: a)
precedenti penali e giudiziari.
Ai fini della determinazione della pena, il giudice può trarre
elementi di valutazione non solo dalle condanne penali ma anche
dai reati amnistiati o prescritti in quanto espressione della condotta
del reo antecedente al reato e significativi della sua personalità.
Cass., sez. IV, 7 aprile 2016 - 5 maggio 2016, n. 18795, CED 266705
2 – Pena detentiva e pena pecuniaria: a) cumulative.
In tema di determinazione della pena pecuniaria, non vi è alcun
obbligo di stretta proporzionalità tra la stessa e la pena detentiva
congiuntamente prevista dal legislatore, sussistendo, al contrario,
una indipendenza nella determinazione delle stesse, poichè, mentre
la pena detentiva è ugualmente afflittiva per qualsiasi soggetto,
quella pecuniaria ha un’efficacia sanzionatoria proporzionata alla
capacità economica dell’imputato. Cass., sez. III, 28 gennaio 2016
- 6 luglio 2016, n. 27779, CED 267051
3 – Criteri di determinazione nei rapporti tra
coimputati.
In tema di determinazione della misura della pena, il giudice del
merito, nell’ipotesi di più soggetti imputati in concorso tra loro
dello stesso reato, non è gravato dell’onere di procedere alla
valutazione comparativa delle singole posizioni e di motivare in
ordine alla eventuale differenziazione delle pene inflitte. Cass., sez.
II, 20 gennaio 2016 - 24 febbraio 2016, n. 7191, CED 266446
150 Morte del reo prima della condanna.
GIURISPRUDENZA
1 Morte del reo ed effetti sul giudizio di responsabilità penale (§ 2).
1 – Morte del reo ed effetti sul giudizio di responsabilità penale.
La morte dell’imputato, intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione, impone l’annullamento senza
rinvio della sentenza impugnata, con l’enunciazione della relativa
causa nel dispositivo, risultando esaurito il sottostante rapporto
processuale ed essendo preclusa ogni eventuale pronuncia di proscioglimento nel merito ai sensi dell’art. 129, comma 2,
c.p.p. Cass., sez. III, 12 maggio 2016 - 9 giugno 2016, n. 23906,
CED 267384
152 Remissione della querela.
GIURISPRUDENZA
1 Titolare del diritto 2 Remissione tacita (§ 2) 3 Revoca della remissione.
1 – Titolare del diritto.
Il diritto di rimessione della querela compete esclusivamente alla
persona offesa che l’ha proposta e non è trasmissibile “inter vivos”,
anche nel caso in cui venga alienato il diritto leso dalla condotta
antigiuridica altrui, posto che non è trasferibile la qualità di
persona offesa, che si cristallizza al momento in cui il soggetto
titolare del bene giuridico tutelato subisce l’offesa da reato. (Fattispecie in tema di infedeltà patrimoniale ex art. 2634 c.c., in cui la
S.C. ha ritenuto irrilevante la remissione di querela da parte del
soggetto aggiudicatario della quota sociale del querelante). Cass.,
sez. V, 18 novembre 2015 - 27 maggio 2016, n. 22495, CED 267139
2 – Remissione tacita.
La revoca della costituzione di parte civile effettuata dalla
persona offesa non costituisce una remissione tacita di querela.
Cass., sez., V, 1 febbraio 2016 - 16 maggio 2016, n. 20260, CED
267149
Nel procedimento dinanzi al giudice di pace, la mancata comparizione della persona offesa - previamente e chiaramente avvisata
del fatto che l’eventuale successiva assenza possa essere interpretata come volontà di non insistere nell’istanza di punizione - integra
gli estremi della remissione tacita della querela, a condizione che la
persona offesa sia stata avvisata del fatto che l’eventuale sua
successiva assenza poteva essere interpretata come volontà di non
insistere nell’istanza punitiva e che non sussistano manifestazioni di
segno opposto e nulla induca a dubitare che si tratti di perdurante
assenza dovuta a libera e consapevole scelta. (La Corte in motivazione ha precisato che il principio affermato è coerente al favor
conciliationis, cui è improntato il sistema normativo che regola il
procedimento penale dinanzi al giudice di pace). Cass., sez. V, 22
20
dicembre 2015 - 2 marzo 2016, n. 8638, CED 265972 - Giurisprudenza non univoca
Nel procedimento davanti al giudice di pace instaurato a seguito
di citazione disposta dal P.M., ex art. 20, d.lg.d.lg.28 agosto 2000,
n. 274, la mancata comparizione del querelante - pur previamente
avvisato che la sua assenza sarebbe stata ritenuta concludente nel
senso della remissione tacita della querela - non costituisce fatto
incompatibile con la volontà di persistere nella stessa, sì da integrare la remissione tacita, ai sensi dell’art. 152, comma secondo,
c.p. (La S.C., in affermazione del principio di diritto, ha affermato
che non contrasta con la suddetta interpretazione il principio di
ragionevole durata del processo, il quale non può tradursi nelle
previsione di oneri processuali, a carico delle parti, non ancorati a
specifiche disposizioni di legge). Cass., sez. V, 11 febbraio 2016 2 maggio 2016, n. 18280, CED 266440 - Giurisprudenza non
univoca
Nel procedimento dinanzi al giudice di pace, instaurato a seguito di citazione disposta dal P.M., la mancata comparizione al
processo del querelante, pur se previamente e chiaramente avvisato
del fatto che l’eventuale successiva assenza possa essere interpretata come volontà di non insistere nell’istanza di punizione, non
può integrare gli estremi della remissione tacita della querela, per
assenza di una manifestazione inequivoca di volontà in tal senso,
desumibile da tale comportamento. (La S.C., in motivazione, ha
precisato che solo la remissione extraprocessuale può essere, oltre
che espressa, anche tacita, mentre la mancata comparizione nel
processo può essere valorizzata in chiave di remissione solo come
conferma di condotte extraprocessuali assolutamente incompatibili
con la volontà di persistere nell’istanza punitiva). Cass., sez. V, 8
Art. 159
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
marzo 2016 - 22 marzo 2016, n. 12187, CED 266331 - Giurisprudenza non univoca
La mancata comparizione del querelante - previamente ed
espressamente avvisato che l’eventuale successiva assenza sarà interpretata come abbandono dell’istanza di punizione - integra una
remissione di querela tacita extraprocessuale, a condizione che sia
verificato con certezza che la persona offesa-querelante abbia
personalmente ricevuto detto avviso, che non sussistano manifestazioni di segno opposto e che non vi siano elementi dai quali
potersi dubitare che si tratti di perdurante assenza dovuta a libera
e consapevole scelta. Cass., sez. V, 22 dicembre 2015 - 22 marzo
2016, n. 12186, CED 266374 -Giurisprudenza non univoca
Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite, secondo cui
integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla
udienza dibattimentale (nella specie davanti al Giudice di pace) del
querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice
che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela. Cass., S.U., 23
giugno 2016 - 21 luglio 2016, n. 31668, CED 267239
3 – Revoca della remissione.
Non è ammissibile la revoca della remissione di querela, trattandosi di atto giuridico unilaterale che si perfeziona con la sua
manifestazione e non necessita di accettazione da parte del querelato. (In applicazione di tale principio, la Corte ha affermato la
correttezza della decisione del giudice di pace che aveva ritenuto
priva di effetto la revoca della remissione di querela, anche se
intervenuta in epoca antecedente all’accettazione da parte dell’imputato). Cass., sez. V, 16 ottobre 2015 - 31 maggio 2016, n. 23030,
CED 266959
157 Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere.
GIURISPRUDENZA 1 Nuova disciplina della prescrizione (l. n. 251 del 2005): a) entità della pena: aa) recidiva (§ 2, a,
ab); ab) reati puniti con l’ergastolo (§ 2, a, ae) b) contravvenzioni (§ 2, e) 2 Dichiarazione della prescrizione (§ 4).
1 – Nuova disciplina della prescrizione (l. n. 251
del 2005): a) entità della pena: aa) recidiva.
In tema di prescrizione del reato, quando il giudice abbia
escluso la circostanza aggravante facoltativa della recidiva qualificata ai sensi dell’art. 99, comma 4 e (a seguito della sentenza della
Corte costituzionale n. 185 del 2015) quinto, c.p., non ritenendola
in concreto espressione di una maggiore colpevolezza o pericolosità sociale dell’imputato, la predetta circostanza deve ritenersi
ininfluente anche ai fini del computo del tempo necessario a
prescrivere il reato. Cass., sez. III, 17 novembre 2015 - 9 marzo
2016, n. 9834, CED 266459
La recidiva reiterata, quale circostanza ad effetto speciale, incide
sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, ai sensi
dell’art. 157, comma 2, c.p. e, in presenza di atti interuttivi, anche
su quello del termine massimo, in ragione della entita della proroga, ex art. 161, comma 2, c.p. Cass., sez- II, 18 febbraio 2016 - 5
aprile 2016, n. 13463, CED 266532 - Giurisprudenza contrastante
ab) reati puniti con l’ergastolo. La disposizione di cui
all’art. 7, comma 2, Cedu, secondo cui il principio di irretroattività
della legge incriminatrice non opera per i crimini contro l’umanità
che offendono interessi transnazionali, impone di ritenere non
applicabile al delitto di strage la regola della adozione della norma
più favorevole sulla prescrizione in caso di successione di norme
nel tempo; ne consegue che, avuto riguardo alla attuale disciplina
in tema di reati puniti con la pena astratta dell’ergastolo dall’art.
157 c.p., la regola della imprescrittibilità va applicata anche ai fatti
di strage commessi anteriormente alla modifica intervenuta con la
legge 5 dicembre 2005, n. 251. Cass., sez. II, 11 febbraio 2016 - 12
aprile 2016, n. 15107, CED 266396
b) contravvenzioni. In tema di prescrizione del reato, nell’ipotesi di pluralità di imputazioni, il principio che impone l’applicazione integrale della disciplina più favorevole tra quella introdotta dalla l. 5 dicembre 2005, n. 251 e quella precedente trova
applicazione con riferimento ad ogni singolo fatto di reato, ben
potendo darsi il caso che per un reato sia più favorevole il vecchio
regime prescrizionale e per un altro, pur contestualmente conte-
stato, sia più favorevole il nuovo. Cass., sez. V, 25 maggio 2016 13 luglio 2016, n. 29698, CED 267386
2 – Dichiarazione della prescrizione.
L’obbligo di dichiarazione immediata di una causa di non punibilità determina l’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna, ove sia nel frattempo maturato il termine di prescrizione del
reato, pur quando con il ricorso per cassazione siano stati proposti
esclusivamente motivi inerenti al trattamento sanzionatorio. Cass.,
sez. V, 18 novembre 2015 - 20 gennaio 2016, n. 2334, CED 266414
Sussistendo la causa di estinzione del reato della prescrizione,
non è consentito al giudice esaminare il motivo di ricorso concernente la pretesa violazione del divieto di bis in idem, ex art. 649
c.p.p., ai sensi e per gli effetti dell’art. 129, comma 2, c.p.p., in
quanto quest’ultima previsione concerne solo le ipotesi di assoluzione con formula piena dell’imputato. Cass., sez. II, 16 dicembre
2015 - 5 aprile 2016, n. 13448, CED 266439
L’estensione al coimputato non appellante della prescrizione del reato per effetto della disposizione di cui all’art. 587 c.p.p. si produce soltanto nel caso in cui detta causa estintiva sia maturata precedentemente
al passaggio in giudicato della sentenza nei suoi confronti e non anche
quando, invece, essa sia maturata in epoca successiva a tale passaggio in
giudicato. Cass., sez. V, 27 gennaio 2016 - 14 aprile 2016, n. 15623,
CED 266551 — Giurisprudenza contrastante.
Non rientra nei poteri del giudice dell’esecuzione la dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato oggetto della sentenza
definitiva di condanna, maturata nella pendenza del procedimento
di cognizione, in quanto le cause di estinzione del reato che
possono essere dichiarate in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 676
c.p.p., sono esclusivamente quelle che operano dopo il passaggio in
giudicato della condanna. Cass., sez. I, 21 dicembre 2015 - 23
febbraio 2016, n. 7164, CED 266612
Nell’ipotesi di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, l’imputato può comunque essere condannato al pagamento
delle spese in favore della parte civile, non essendo la prescrizione
indice di soccombenza. Cass., sez. VI, 31 marzo 2016 - 14 giugno
2016, n. 24768, CED 267317
159 Sospensione del corso della prescrizione.
GIURISPRUDENZA 1 Reati edilizi (§ 5) 2 Astensione dalle udienze del difensore o impedimento dello stesso (§ 6) 3
Cause di sospensione della prescrizione (§ 7).
21
Art. 159 - par. 1
CODICE PENALE
1 – Reati edilizi.
Il periodo di sospensione del processo, previsto nel caso di presentazione di istanza di “accertamento di conformità” ex art. 36 d.P.R. n.
380 del 2001 (già art. 13 della l. n. 47 del 1985), deve essere considerato
ai fini del computo dei termini di prescrizione del reato edilizio. Cass.,
S.U., 31 marzo 2016 - 13 aprile 2016, n. 15427, CED 267041
In caso di sospensione del processo su richiesta dell’imputato o
del suo difensore, disposta oltre il termine previsto per la formazione del silenzio-rifiuto ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, opera la
sospensione del corso della prescrizione a norma dell’art. 159,
comma 1, n. 3, c.p. Cass., S.U., 31 marzo 2016 - 13 aprile 2016, n.
15427, CED 267042
2 – Astensione dalle udienze del difensore o impedimento dello stesso.
Il provvedimento di rinvio del processo disposto dal giudice su
istanza e per esigenze della parte richiedente, dà sempre luogo alla
sospensione dei termini di prescrizione per l’intera durata del
rinvio, a prescindere dalle ragioni poste a fondamento della richiesta, salvo che esse consistano in un legittimo impedimento della
parte o del suo difensore, poichè, in tal caso, la sospensione ha una
durata massima di sessanta giorni. (Fattispecie relativa a richiesta di
rinvio per concessione di termini a difesa per discussione). Cass.,
sez. VII, 25 gennaio 2016 - 29 febbraio 2016, n. 8124, CED 266469
3 – Cause di sospensione della prescrizione.
In tema di prescrizione del reato, il rinvio del dibattimento
riferibile ad esigenze di acquisizione della prova non determina la
sospensione nel corso della prescrizione. Cass., sez. III, 1 marzo
2016 - 24 giugno 2016, n. 26429, CED 267101
Il rinvio del dibattimento per legittimo impedimento riguardante la parte civile dà luogo a sospensione dei termini di prescrizione
del reato, quando la difesa dell’imputato abbia aderito, anche solo
tacitamente o implicitamente, alla relativa richiesta, non opponendosi all’istanza di rinvio. Cass., sez. VI, 7 aprile 2016 - 28 aprile
2016, n. 17683, CED 267188
160 Interruzione del corso della prescrizione.
GIURISPRUDENZA
1 Reati tributari.
1 – Reati tributari.
In materia di reati tributari, nelle ipotesi consistenti in condotte
fraudolente che comportino, in concreto, l’evasione in misura “grave” di tributi IVA devono essere disapplicate - in quanto in contrasto
con gli obblighi comunitari imposti agli Stati membri dall’art. 325,
paragrafi 1 e 2, del TFUE, in considerazione di quanto affermato
nella sentenza della Corte di giustizia, Grande Sezione, 8 settembre
2015, C-105/14, Taricco - le disposizioni in materia di prescrizione
di cui agli artt. 160, terzo comma, ultima parte, e 161, comma 2, c.p.,
trovando invece applicazione, in tali casi, la più rigorosa disciplina
già prevista nell’ordinamento per i delitti di cui all’art. 51, comma
3-bis e 3-quater, c.p.p., secondo cui il termine ordinario di prescrizione ricomincia a decorrere dopo ogni atto interruttivo. Cass., sez.
III, 17 settembre 2015 - 20 gennaio 2016, n. 2210, CED 266121
Non è manifestatamente infondata la questione di legittimità co-
stituzionale - in relazione agli artt. 3,11, 25 comma secondo, 27,
comma terzo, 101, comma secondo, Cost. - dell’art. 2 della l. 2 agosto
2008, n.130, che ordina l’esecuzione del trattato sul funzionamento
dell’Unione Europea, come modificato dall’art. 2 del trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 (TFUE), nella parte che impone di
applicare l’art. 325, par.1 e 2 TFUE, come interpretato dalla Corte
di Giustizia, Grande Sezione con la sentenza dell’8 settembre 2015,
Taricco, da cui discende l’obbligo per il giudice nazionale - in presenza delle circostanze indicate nella sentenza, allorquando ne derivi
la sistematica impunità delle gravi frodi in materia di IVA - di disapplicare le disposizioni in materia di prescrizione di cui agli artt.
160, comma 3 e 16, comma 2 c.p. “anche quando dalla disapplicazione e dal conseguente prolungamento della prescrizione, discendano effetti sfavorevoli per l’imputato”. Cass., sez. III, 30 marzo
2016 - 8 luglio 2016, n. 28346, CED 267259
161 Effetti della sospensione e della interruzione.
GIURISPRUDENZA
1 Estensione degli effetti agli altri imputati (§ 2).
1 – Estensione degli effetti agli altri imputati.
L’interruzione della prescrizione verificatasi nei confronti di un
imputato ha effetto, ai sensi dell’art. 161, comma 1, c.p., per tutti
coloro che hanno commesso il reato, e quindi anche per il partecipe
nei cui confronti l’imputazione sia stata elevata in un momento
successivo e formi oggetto di un separato giudizio. Cass., sez. IV,
21 aprile 2016 - 26 maggio 2016, n. 22229, CED 266973
162 Oblazione nelle contravvenzioni.
GIURISPRUDENZA
1 Termine (§ 3).
1 – Termine.
È legittima la domanda di oblazione proposta nel termine di
quindici giorni dalla notificazione del decreto penale di condanna,
ancorché non contenuta nell’atto di opposizione, in quanto la
contestualità di cui all’art. 464, comma 2, c.p.p. è da intendersi non
come contestualità di contenuti dell’atto processuale, ma come
contestualità temporale, riferita al termine di decadenza per la
ammissibilità dell’opposizione alla condanna per decreto. Cass.,
sez. I, 17 novembre 2015 - 15 aprile 2016, n. 15785, CED 266607
È ammissibile la domanda di oblazione presentata, in sede di
opposizione a decreto penale di condanna, in via subordinata
rispetto alla richiesta di applicazione dell’art. 129 c.p.p., in quanto
22
il Giudice per le indagini preliminari può essere legittimamente
adito, con l’atto di opposizione, non solo per accertare la sussistenza dei presupposti per l’ammissione all’oblazione, ma anche per
una preliminare verifica circa la possibilità di definire il procedimento con la più favorevole pronuncia ex art. 129, sia pure nei
limiti della prospettazione offerta dall’opponente in ordine alla
sussistenza di una delle cause di non punibilità previste dal predetto articolo, e ferma restando l’irrevocabilità della domanda di
oblazione, anche qualora il G.i.p. disattenda la richiesta preliminare. Cass., sez. I, 15 gennaio 2016 - 8 giugno 2016, n. 23856, CED
267079 - Giurisprudenza contrastante.
Art. 165 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
162-bis Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative.
GIURISPRUDENZA
1 Estinzione del reato (§ 7).
1 – Estinzione del reato.
È illegittima la revoca del provvedimento di ammissione all’oblazione in ragione della mancata documentazione del pagamento della somma determinata, nel termine fissato dal giudice, trat-
tandosi di un onere che la legge non impone ed al quale non è
condizionato l’effetto estintivo del reato che, invece, discende
dall’adempimento dell’obbligo pecuniario. Cass., sez. V, 21 aprile
2016 - 18 maggio 2016, n. 20719, CED 267288
163 Sospensione condizionale della pena.
GIURISPRUDENZA 1 Concessione e diniego del beneficio, in generale (§ 2)
sanzioni sostitutive (§ 4).
1 – Concessione e diniego del beneficio, in generale.
In tema di patteggiamento, anche se l’imputato non ha subordinato l’efficacia della richiesta di definizione del giudizio con il
rito speciale alla concessione della sospensione condizionale della
pena, il giudice deve comunque pronunciarsi sulla concedibilità del
beneficio, qualora tale questione sia stata devoluta anche da una
sola delle parti, tanto più qualora l’altra, con il proprio silenzio,
2 Sospensione condizionale delle
abbia apprestato sostanziale acquiescenza alla richiesta. Cass., sez.
II, 15 aprile 2016 - 20 maggio 2016, n. 21071, CED 266694
2 – Sospensione condizionale delle sanzioni sostitutive.
La sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena
pecuniaria è compatibile sia con il beneficio della sospensione
condizionale della pena che con l’indulto. Cass., sez. II, 3 maggio
2016 - 6 giugno 2016, n. 23346, CED 266910
164 Limiti entro i quali è ammessa la sospensione condizionale della pena.
GIURISPRUDENZA
1 Motivazione: a) in generale (§ 3, a).
1 – Motivazione: a) in generale.
Il giudice di appello non è tenuto a motivare in ordine al
mancato esercizio del potere discrezionale di concedere d’ufficio la
sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’art. 597, comma
3, c.p.p., quando l’interessato non abbia formulato al riguardo
alcuna richiesta; ne deriva che il mancato riconoscimento del
beneficio non costituisce violazione di legge e non configura mancanza di motivazione suscettibile di ricorso per cassazione ex art.
606, comma 1, lett. e), c.p.p. Cass., sez. II, 19 febbraio 2016 - 18
aprile 2016, n. 15930, CED 266563
165 Obblighi del condannato.
GIURISPRUDENZA 1 Restituzioni, risarcimento del danno e provvisionale (§ 2) 2 Eliminazione delle conseguenze
dannose: a) demolizione della costruzione abusiva (§ 3, b) 3 Tassatività degli obblighi (§ 4) 4 Termine per l’adempimento: a) decorrenza (§ 6, a); b) omessa fissazione (§ 6, b).
1 – Restituzioni, risarcimento del danno e provvisionale.
In tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui
il beneficio venga subordinato all’adempimento dell’obbligo risarcitorio, il giudice della cognizione non è tenuto a svolgere alcun
accertamento sulle condizioni economiche dell’imputato, rientrando nella competenza del giudice dell’esecuzione la verifica dell’eventuale impossibilità di adempiere da parte del condannato. (In
motivazione, la S.C. ha chiarito che tale principio è utile al fine di
impedire che l’accertamento venga svolto due volte, dal momento
che in sede di esecuzione è comunque consentito al reo dimostrare
l’eventuale modifica peggiorativa della sua situazione economica). Cass., sez. V, 17 novembre 2015 - 15 aprile 2016, n. 15800,
CED 266690; Cass., sez. V, 9 dicembre 2015 - 25 marzo 2016, n.
12614, CED 266873 — Giurisprudenza contrastante.
In tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui
il beneficio venga subordinato all’adempimento dell’obbligo di
risarcimento del danno, il giudice della cognizione non è tenuto a
svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dell’imputato, salva l’ipotesi in cui emergano situazioni che ne facciano
dubitare della capacità economica di adempiere. (In motivazione,
la Corte ha osservato che l’interessato non subisce alcun pregiudizio grave ed irreparabile dalla decisione così adottata, potendo
sempre allegare, in sede esecutiva, le circostanze che rendono
impossibile o grandemente difficoltoso l’adempimento). Cass., sez.
III, 17 maggio 2016 - 14 luglio 2016, n. 29996, CED 267352 — V.
la massima precedente.
In tema di sospensione condizionale della pena subordinata al
risarcimento del danno, il giudice, pur non essendo tenuto a
svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche
dell’imputato, deve tuttavia effettuare un motivato apprezzamento
di esse, qualora l’imputato abbia diligentemente allegato specifiche
circostanze dirette a dimostrare l’assoluta incapacità a soddisfare la
condizione imposta. Cass., sez. IV, 5 aprile 2016 - 21 giugno 2016,
n. 25685, CED 267372 — V. le massime precedenti.
In tema di sospensione condizionale della pena subordinata al
risarcimento del danno, il giudice, pur non essendo tenuto a
svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche
dell’imputato, deve tuttavia effettuare un motivato apprezzamento
di esse se dagli atti emergano elementi che consentono di dubitare
della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando
tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della
decisione. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con
rinvio la sentenza impugnata per consentire al giudice di merito di
verificare se l’imputato, dichiarato fallito dopo la sentenza di
condanna di primo grado, avesse perduto l’amministrazione del
proprio patrimonio con conseguente impossibilità di adempiere
personalmente al pagamento della provvisionale). Cass., sez. VI, 13
23
Art. 165 - par. 1
maggio 2016 - 17 giugno 2016, n. 25413, CED 267134 — V. le
massime precedenti.
2 – Eliminazione delle conseguenze dannose: a)
demolizione della costruzione abusiva.
Il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della
pena previsto dall’art. 168, comma 1, c.p., ha natura dichiarativa e
richiede al giudice una attività ricognitiva del mancato assolvimento della condizione che, tuttavia, non impedisce di prendere in
considerazione l’assoluta impossibilità, dedotta dal condannato in
sede esecutiva, di adempiere agli obblighi imposti nei termini
stabiliti dal provvedimento di concessione del beneficio. (Fattispecie di condanna per reato edilizio, nella quale la Corte ha ritenuto
non assolto l’onere di allegazione dei fatti che avrebbero reso
oggettivamente impossibile adempiere alla condizione di demolire
le opere abusive entro due mesi dal passaggio in giudicato della
sentenza). Cass., sez. III, 21 gennaio 2016 - 9 marzo 2016, n. 9859,
CED 266466
In tema di reati edilizi, qualora sia stata concessa la sospensione
condizionale della pena subordinata alla demolizione del manufatto abusivo, all’inutile scadere del termine previsto per adempiere,
cui sia seguito il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, il
giudice dell’esecuzione revoca di diritto il beneficio, e, su istanza di
parte, la sanzione amministativa dell’ordine di demolizione. (In
motivazione, la Corte ha ribadito che in mancanza di indicazione
da parte del giudice, il termine per adempiere all’obbligo di
demolizione è di novanta giorni dal passaggio in giudicato della
sentenza). Cass., sez. III, 8 marzo 2016 - 6 aprile 2016, n. 13745,
CED 266783
In tema di reati edilizi, il giudice, nella sentenza di condanna,
può legittimamente subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva, in quanto
tale ordine ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del
reato, dovendo tuttavia spiegare perchè, nel formulare il giudizio
prognostico di cui all’art. 164, comma primo, c.p., ritenga necessario porre l’esecuzione di tale ordine come condizione per la
fruizione del beneficio. Cass., sez. III, 10 marzo 2016 - 29 aprile
2016, n. 17729, CED 267027
L’impossibilità tecnica di demolire un manufatto abusivo, nel
caso in cui la sospensione condizionale della pena sia subordinata
alla sua demolizione, non rileva come causa di revoca del beneficio
solo se non dipenda da causa imputabile al condannato. (In
motivazione la Corte, in una fattispecie nella quale il condannato
aveva giustificato la mancata demolizione del manufatto per il
pregiudizio che, eseguendo l’ordinanza di demolizione, sarebbe
derivato ai sottostanti immobili non abusivi, ha precisato che la
dedotta impossibilità fosse imputabile al condannato per aver
realizzato l’opera in violazione della normativa urbanistica). Cass.,
sez. III, 27 aprile 2016 - 10 maggio 2016, n. 19387, CED 267108
In tema di sospensione condizionale della pena subordinata
all’adempimento di determinati obblighi, l’inadempimento di questi ultimi determina la revoca del beneficio, salvo i casi di impossibilità di adempiere dovuta a causa non imputabile al condannato,
non potendo rilevare, invece, fatti propri e volontari dello stesso,
anche se antecedenti o concomitanti alla concessione del beneficio.
(In applicazione del principio, la Suprema Corte ha rigettato il
ricorso avverso il provvedimento del giudice di esecuzione di
CODICE PENALE
revoca del beneficio per inadempimento parziale degli obblighi cui
era subordinata la sospensione condizionale della pena, in particolare per non aver il condannato adempiuto alla rimessione in
pristino di uno dei fondi interessati dall’ordinanza, che lo stesso
aveva alienato a terzi prima della concessione del beneficio). Cass.,
sez. III, 8 aprile 2016 - 18 luglio 2016, n. 30402, CED 267330
Il sopravvenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria
non osta alla revoca della sospensione condizionale della pena
subordinata alla demolizione del manufatto abusivo, in quanto la
revoca opera di diritto all’inutile scadenza del termine per la
demolizione stabilito dal giudice. Cass., sez. III, 27 aprile 2016 - 10
maggio 2016, n. 19387, CED 267109
In tema di reati edilizi, nel caso in cui il giudice fissi il termine
per adempiere all’obbligo di demolizione del manufatto abusivo,
cui é subordinato il beneficio della sospensione condizionale della
pena, non trova applicazione quello di novanta giorni, richiamato
dall’art. 31 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, che invece opera nel caso
in cui in sentenza non sia stato fissato alcun termine. Cass., sez. III,
28 aprile 2016 - 27 maggio 2016, CED 22258, CED 267358
3 – Tassatività degli obblighi.
È illegittima, in applicazione dei principi di legalità e tassatività
- che escludono la sottoposizione del beneficio ad obblighi diversi
da quelli previsti dall’art. 165 c.p. - la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’obbligo del risarcimento dei danni
entro un termine predefinito nella sentenza, nel caso in cui il
giudice penale abbia pronunciato condanna generica e demandato
al giudice civile la liquidazione del predetto danno, giacché la
disposizione di cui all’art. 165 c.p. attribuisce al giudice di merito
l’esercizio di tale facoltà solo ove abbia proceduto direttamente alla
quantificazione dell’obbligo risarcitorio del condannato, ovvero
abbia assegnato una provvisionale. Cass., sez. VI, 9 giugno 2016 12 luglio 2016, n. 29163, CED 267526
4 – Termine per l’adempimento: a) decorrenza.
In tema di sospensione condizionale della pena subordinata al
versamento di una provvisionale, il giudice può fissare un termine
per il pagamento anteriore alla data di passaggio in giudicato della
sentenza, trattandosi di obbligo immediatamente esecutivo ex art
540, comma 2 c.p.p.. È, pertanto, illegittimo il provvedimento con
cui il giudice di appello escluda il beneficio concesso in primo
grado, in assenza di appello del P.M. in ordine al riconoscimento di
detto beneficio oppure dell’inosservanza da parte del condannato,
senza giustificato motivo, degli obblighi cui la sospensione condizionale della pena era stata subordinata. Cass., sez. V, 27 ottobre
2015 - 29 gennaio 2016, n. 4014, CED 267557 — Giurisprudenza
contrastante.
b) omessa fissazione. In caso di sospensione condizionale
della pena subordinata all’adempimento di obblighi, il termine
entro il quale l’imputato deve provvedere, qualora non sia stato
fissato in sentenza, coincide con quello previsto dall’art. 163 c.p.,
ossia con quello durante il quale è sospesa l’esecuzione della
sanzione irrogata, dopo il passaggio in giudicato della decisione.
(Fattispecie relativa a sentenza di condanna con sospensione condizionale della pena subordinata allo svolgimento di lavori di
pubblica utilità). Cass., sez. IV, 6 maggio 2016 - 24 maggio 2016, n.
21583, CED 267280 — Giurisprudenza contrastante.
168 Revoca della sospensione.
GIURISPRUDENZA 1 Termini (§ 1) 2 Inadempimento degli obblighi (§ 3) 3 Reato continuato (§ § 11) 4 Revoca
per difetto delle condizioni per la sospensione: inammissibilità (§ 13) 5 Natura del provvedimento di revoca e decorrenza
degli effetti (§ 14) 6 Questioni processuali.
24
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
1 – Termini.
Ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena, il
termine (quinquennale o biennale) previsto dall’art. 163, comma
primo, c.p., anche nel caso previsto dall’art. 168, comma primo,
stesso codice, va computato a partire dalla data in cui è divenuta
irrevocabile la sentenza con la quale è stato concesso il beneficio.
Cass., sez. IV, 10 maggio 2016 - 1 giugno 2016, n. 23192, CED
267095
Art. 168-bis - par. 3
seguito dell’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio
sociale, cui il condannato medesimo era stato ammesso.(In motivazione la suprema Corte ha precisato che la declaratoria di
estinzione di ogni “effetto penale” della condanna non può eliminare il vizio genetico che ha determinato la concessione del beneficio). Cass., sez. I, 4 maggio 2016 - 26 luglio 2016, n. 32428, CED
267479
3 – Reato continuato.
Non è revocabile la sospensione condizionale della pena a causa
di una terza condanna, allorché le due precedenti siano state
ritenute dal giudice dell’esecuzione riferibili ad un unico reato
continuato e non risultino superati i limiti di pena di cui all’art. 163
c.p.. Cass., sez. I, 28 ottobre 2015 - 28 gennaio 2016, n. 3775, CED
266004
5 – Natura del provvedimento di revoca e decorrenza degli effetti.
La revoca della condizionale della pena concessa in primo grado
può essere disposta dal giudice d’appello solo se la statuizione sia
stata oggetto di espressa impugnazione da parte dell’imputato e
non anche di ufficio, anche quanto in secondo grado la condanna
a pena detentiva è sostituita con condanna alla sola pena pecuniaria, in quanto la concessione del beneficio, dando luogo ad una
causa di estinzione del reato, è sempre una previsione di favore per
l’imputato, rispetto alla quale opera il divieto di “reformatio in
peius”. (In motivazione, la Corte ha escluso che la domanda di
sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria comportasse l’implicita richiesta di revoca della sospensione condizionale
della pena, disposta dal giudice di primo grado con riferimento alla
pena detentiva). Cass., sez. V, 11 giugno 2015 - 22 ottobre 2015, n.
42583, CED 266412
4 – Revoca per difetto delle condizioni per la sospensione: inammissibilità.
Il giudice dell’esecuzione può revocare, ai sensi dell’art.168,
comma quarto, c.p., il beneficio della sospensione condizionale
della pena concessa, in violazione dell’art.164, comma secondo,n.1,
c.p., in favore dell’imputato che aveva riportato precedente condanna per un delitto a pena detentiva , anche ove, in relazione a tale
condanna, sia intervenuta declaratoria di “estinzione della pena e
di ogni altro effetto penale” ai sensi dell’art. 47 dell’Ord. pen., a
6 – Questioni processuali.
È legittima la sentenza con la quale il giudice di appello, nel
rivalutare i criteri di determinazione della sanzione e nel rideterminare la pena in pecuniaria al posto di quella detentiva, accolga la
richiesta dell’imputato, unico appellante, di revocare la sospensione condizionale della pena disposta dal giudice di primo grado, in
quanto tale provvedimento non viola il “divieto di reformatio in
peius”. Cass., sez. III, 11 febbraio 2016 - 11 aprile 2016, n. 14739,
CED 266756
2 – Inadempimento degli obblighi.
In tema di sospensione condizionale della pena subordinata al
risarcimento del danno, in assenza della determinazione da parte
del giudice del “quantum debeatur”, l’inadempimento da parte del
condannato dell’obbligo impostogli non comporta la revoca del
beneficio, essendo la prestazione inesigibile, per oggettiva indeterminatezza. Cass., sez. I, 25 gennaio 2016 - 15 luglio 2016, n. 30242,
CED 267431
168-bis Sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato.
GIURISPRUDENZA 1 Reati per i quali è consentita la messa alla prova (§ 2) 2 Condizioni per la concessione della
sospensione e motivazione del provvedimento 3 Questioni processuali (§ 3).
1 – Reati per i quali è consentita la messa alla
prova.
Ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente
applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, il richiamo contenuto all’art. 168-bis
c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a
quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispeciebase, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese quelle ad effetto speciale e quelle per cui la legge
stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato.
Cass., S.U., 31 marzo 2016 - 1 settembre 2016, n. 36272, CED
267238 — Risoluzione di contrasto.
negativo nella stima della prognosi). Cass., sez. IV - 26 novembre
2015 - 8 marzo 2016, n. 9581, CED 266299
È legittimo il rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova contenente solo una generica dichiarazione dell’imputato di voler risarcire il danno, essendo egli tenuto
a comprovare, con idonee allegazioni, il suo intento di porre in
essere condotte riparative. (Fattispecie relativa ad omesso versamento di contributi previdenziali, in cui l’imputato si era limitato a
rappresentare all’INPS la sua intenzione, senza che a ciò fosse
seguito il versamento né altra condotta indicativa di un’effettiva
intenzione di espletare condotte riparatorie). Cass., sez. III, 2
marzo 2016 - 1 aprile 2016, n. 13235, CED 266322
2 – Condizioni per la concessione della sospensione e motivazione del provvedimento.
La concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell’art. 168 bis cod. pen, è rimessa
al potere discrezionale del giudice e postula un giudizio volto a
formulare una prognosi positiva riguardo all’efficacia riabilitativa e
dissuasiva del programma di trattamento proposto e alla gravità
delle ricadute negative sullo stesso imputato in caso di esito
negativo. (In motivazione la Corte ha precisato che anche la
presenza di un precedente penale specifico può essere discrezionalmente considerata dal giudice circostanza valorizzabile in senso
3 – Questioni processuali.
L’ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova non è immediatamente impugnabile,
ma è appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi
dell’art. 586 c.p.p., in quanto l’art. 464-quater, comma 7, c.p.p., nel
prevedere il ricorso per cassazione, si riferisce unicamente al
provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta
dell’imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con
la messa alla prova. Cass., S.U., 31 marzo 2016 - 29 luglio 2016,n.
33216, CED 267237 — Risoluzione di contrasto.
25
Art. 169 - par. 1
CODICE PENALE
169 Perdono giudiziale per i minori degli anni diciotto.
GIURISPRUDENZA
1 Concessione e diniego (§ 4).
1 – Concessione e diniego.
In tema di sospensione del processo con messa alla prova, il
comportamento dell’imputato minorenne ammesso al programma
di trattamento, oltre che condizionare il buon esito della prova,
può essere rilevante ai fini della concedibilità del perdono giudiziale, essendo indicativo della eventuale propensione commettere
ulteriori reati. Cass., sez. II, 16 giugno 2016 - 18 luglio 2016, n.
30435, CED 267381
171 Morte del reo dopo la condanna.
GIURISPRUDENZA
1 Effetti (§ 2).
1 – Effetti.
L’ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto con la
sentenza di condanna per reato edilizio, non è estinto dalla morte
del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza, non avendo
natura penale ma di sanzione amministrativa accessoria. Cass., sez.
III, 8 aprile 2016 - 18 luglio 2016, n. 30406, CED 267333
172 Estinzione delle pene della reclusione e della multa per decorso del
tempo.
GIURISPRUDENZA
1 Decorrenza della prescrizione (§ 3).
1 – Decorrenza della prescrizione.
Il termine di decorrenza della prescrizione della pena, per
sopravvenuta eseguibilità in ragione del verificarsi delle condizioni
per la revoca del beneficio della sospensione condizionale, ha inizio
nel momento in cui diviene definitiva la decisione di accertamento
della causa della revoca e non in quello in cui sia adottato dal
giudice dell’esecuzione il provvedimento di revoca. Cass., sez. I, 2
dicembre 2015 - 16 marzo 2016, n. 11156, CED 266343 — Giurisprudenza contrastante.
175 Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.
GIURISPRUDENZA
1 Generalità (§ 2) 2 Condanne precedenti (§ 4).
1 – Generalità.
Il beneficio della non menzione della condanna nel certificato
del casellario giudiziale ha lo scopo di favorire il ravvedimento del
condannato mediante l’eliminazione della pubblicità della sentenza, di talchè, ai fini della sua concessione o del suo diniego, non
può attribuirsi rilevanza esclusiva alla gravità del danno arrecato,
dovendosi valutare tale elemento unitamente agli altri in grado di
esprimere l’idoneità del beneficio a concorrere al recupero del reo.
Cass., sez. IV, 16 giugno 2016 - 20 luglio 2016, n. 31217, CED
267523
2 – Condanne precedenti.
La non menzione della condanna nel certificato del casellario
giudiziale può essere concessa a chi abbia riportato una precedente
condanna per la quale sia intervenuta pronuncia di riabilitazione,
atteso che l’art.178 c.p. stabilisce che la riabilitazione, oltre alle
pene accessorie, estingue ogni altro effetto penale della condanna,
salvo che la legge disponga altrimenti, e l’art.175, primo comma,
c.p., non introduce alcuna deroga al riguardo. Cass., sez. III, 28
dicembre 2015 - 18 gennaio 2016, n. 1623, CED 266348
185 Restituzioni e risarcimento del danno.
GIURISPRUDENZA 1 Danno risarcibile (§ 4)
Pubblica amministrazione (§ 8).
2 Danneggiato (§ 5)
1 – Danno risarcibile.
Il diritto del danneggiato dal reato al risarcimento del danno
permane anche a seguito di abolitio criminis, a nulla rilevando
l’assenza di specifiche previsioni normative sui diritti quesiti, poiché in tal caso non si applicano i principi attinenti la successione
nel tempo delle leggi penali, fissati dall’art. 2 c.p., ma il principio
stabilito dall’art. 11 delle preleggi. Cass., sez. V, 15 febbraio 2016
- 7 aprile 2016, n. 14041, CED 266318
2 – Danneggiato.
La legittimazione all’azione civile nel processo penale va verificata esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dalla parte a fondamento dell’azione, in relazione al rapporto
sostanziale dedotto in giudizio ed indipendentemente dalla effettiva titolarità del vantato diritto al risarcimento dei danni, il cui
26
3 Estensione della responsabilità (§ 6)
4
accertamento riguarda il merito della causa, investendo i concreti
requisiti di accoglibilità della domanda e, perciò, la sua fondatezza,
ed è collegato all’adempimento dell’onere deduttivo e probatorio
incombente sull’attore. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione che, dopo aver ammesso la costituzione delle parti civili che asserivano di aver subito un danno per
effetto della morte del loro congiunto in conseguenza del sinistro
stradale, ne rigettava la domanda di risarcimento per non aver
fornito adeguata evidenza della loro qualità di congiunti e aventi
diritto a seguito della morte della parte offesa). Cass., sez. IV, 18
febbraio 2016 . 11 aprile 2016, n. 14768, CED 266899
Nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie, il privato confinante è legittimato a costituirsi parte civile, quando la realizzazione
dell’abuso edilizio violi non solo le norme poste a tutela del regolare
assetto del territorio, ma anche le norme civilistiche, quali i limiti al
Art. 235 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
diritto di proprietà in tema di distanze, volumetria ed altezza delle costruzioni, essendo solo in tal caso ipotizzabile un danno patrimoniale che
dà luogo all’azione di risarcimento del medesimo. Cass., sez. III, 21
gennaio 2016 - 11 marzo 2016, n. 10106, CED 266290
3 – Estensione della responsabilità.
In tema di responsabilità civile da reato, specificamente fondata
sull’art. 2049 c.c., ovvero responsabilità solidale per il fatto altrui,
sussiste la responsabilità del committente per l’attività illecita posta
in essere dall’agente anche privo del potere di rappresentanza,
quando la commissione dell’illecito sia stato agevolato o reso
possibile dalle incombenze demandate a quest’ultimo e il committente abbia avuto la possibilità di esercitare poteri di direttiva e di
vigilianza. (Fattispecie di mandato senza rappresentanza in cui
l’agente operava nell’ambito delle direttive impartite dal committente, senza il potere di intervenire sul contenuto dei rapporti con
la clientela, ed era inserito nell’organizzazione dell’impresa del
committente per quanto concerneva la riscossione dei canoni
anticipati). Cass., sez. V, 9 febbraio 2016 - 23 febbraio 2016, n.
7124, CED 267569
4 – Pubblica amministrazione.
La giurisdizione penale e la giurisdizione contabile sono reciprocamente autonome anche in caso di azione di responsabilità derivante da un medesimo fatto di reato commesso da un pubblico dipendente e l’eventuale interferenza che può determinarsi tra i relativi
giudizi incide solo sulla proponibilità dell’azione di responsabilità e
sulla eventuale preclusione derivante dal giudicato, ma non sulla
giurisdizione, nel senso che l’azione di danno può essere esercitata
in sede civile o penale, ovvero davanti alla Corte dei Conti, solo a
condizione che l’ente danneggiato non abbia già ottenuto un precedente titolo per il risarcimento di tutti i danni. (Fattispecie in tema
di peculato, in cui la Corte ha ritenuto legittima la liquidazione in
favore della P.A. del danno morale derivante dal reato commesso da
un suo pubblico dipendente). Cass., sez. VI, 13 novembre 2015 29 gennaio 2016, n. 3907, CED 266110
206 Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza.
GIURISPRUDENZA
1 Revoca.
1 – Revoca.
La competenza a decidere in ordine alla revoca o alla modifica
della misura di sicurezza applicata in via provvisoria spetta, nel
corso del giudizio o comunque prima dell’irrevocabilità della sen-
tenza, al giudice della cognizione che procede e non al Magistrato
di sorveglianza. Cass., sez. I, 5 novembre 2015 - 26 maggio 2016, n.
22122, CED 266884
208 Riesame della pericolosità.
GIURISPRUDENZA
1 Competenza.
1 – Competenza.
In tema di misura di sicurezza personale del ricovero in O.P.G.,
nella ipotesi in cui l’internato sia stato trasferito altrove, per
l’esecuzione di un periodo di licenza finale di esperimento, il
magistrato di sorveglianza competente per i provvedimenti di cui
all’art.208 c.p. è, secondo la regola generale di cui all’art. 677
c.p.p., quello nel cui ambito territoriale insiste l’ospedale psichia-
trico dal quale il predetto è stato trasferito e non quello del luogo
ove si è svolto l’esperimento finale.(In motivazione la Suprema
Corte ha precisato che la licenza finale di esperimento costituisce
non un provvedimento giudiziale, ma una mera modalità esecutiva
della misura di sicurezza, risultando quindi irrilevante l’eventuale
chiusura medio tempore, dell’O.P.G. di provenienza). Cass., sez. I,
27 giugno 2016 - 27 luglio 2016, n. 32766, CED 267484
219 Assegnazione a una casa di cura e di custodia.
GIURISPRUDENZA
1 Infermità psichica (§ 2) 2 Sostituzione del ricovero con la misura della libertà vigilata (§ 6).
1 – Infermità psichica.
La misura di sicurezza del ricovero in una casa di cura e custodia, di
cui all’art. 219 c.p., non è limitata alla sola ipotesi nella quale la circostanza del vizio parziale di mente determina una riduzione effettiva della
pena, ma si applica anche qualora la parziale infermità sia reputata equivalente rispetto agli altri elementi circostanziali. (In motivazione, la S.C.
ha osservato che in tali casi la circostanza di cui all’art. 89 c.p. implica
comunque una “riduzione” della pena, paralizzando gli aumenti che in
astratto deriverebbero dalle aggravanti). Cass., sez. I, 12 aprile 2016
- 3 agosto 2016, n. 34203, CED 267460
2 – Sostituzione del ricovero con la misura della
libertà vigilata.
La misura di sicurezza della libertà vigilata può essere applicata,
in luogo della misura dell’assegnazione ad una casa di cura e di
custodia, anche nei confronti del condannato affetto da vizio
parziale di mente, se in concreto detta misura sia capace di
soddisfare le esigenze di cura e tutela della persona e di controllo
della sua pericolosità sociale. Cass., sez. III, 28 gennaio 2016 - 8
aprile 2016, n. 14260, CED 266347
235 Espulsione od allontanamento dello straniero dallo stato.
GIURISPRUDENZA
1 Stranieri assoggettabili all’espulsione (§ 3).
1 – Stranieri assoggettabili all’espulsione.
L’espulsione prevista dagli artt. 235 c.p. e 15 d.lg. 25 luglio 1998
n. 286 può essere disposta, ricorrendone le condizioni, anche nei
confronti dello straniero munito di permesso di soggiorno e convivente con prossimi congiunti di nazionalità italiana, atteso il
preminente interesse dello Stato all’allontanamento di una persona
che, commettendo reati di una certa gravità, si è rivelata incline a
delinquere e, dunque, socialmente pericolosa. Cass., sez. III, 12
gennaio 2016 - 19 febbraio 2016, n. 6707, CED 266276
27
Art. 240 - par. 1
CODICE PENALE
240 Confisca (1).
[I] Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono
destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto.
[II] È sempre ordinata la confisca [416-bis7, 446, 722]:
1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
1-bis) dei beni e degli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in tutto o in parte
utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis,
617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies, 640-ter e
640-quinquies nonché dei beni che ne costituiscono il profitto o il prodotto ovvero di somme di denaro,
beni o altre utilità di cui il colpevole ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o
prodotto, se non è possibile eseguire la confisca del profitto o del prodotto diretti (2);
2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce
reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
[III] Le disposizioni della prima parte e dei numeri 1 e 1-bis del capoverso precedente non si
applicano se la cosa o il bene o lo strumento informatico o telematico appartiene a persona estranea al
reato. La disposizione del numero 1-bis del capoverso precedente si applica anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale (3).
[IV] La disposizione del numero 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato
e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante
autorizzazione amministrativa.
(1) V., in tema di responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato, art. 19 d.lg. 8 giugno 2001, n. 231, in App. 6.1.
(2) Numero inserito dall’art. 1 comma 1 lett. a) l. 15 febbraio 2012, n. 12, Norme in materia di misure per il contrasto ai fenomeni di criminalità
informatica, e così modificato dall’art. 2 comma 1 lett. a) d.lg. 29 ottobre 2016, n. 202, che ha aggiunto le parole da « nonché » alla fine del numero.
(3) Comma così sostituito dall’art. 1 comma 1 lett. b) l. n. 12 del 2012, cit. Il testo del comma era il seguente: « Le disposizioni della prima parte e del
numero 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato ».
Norme att. c.p.p.:
Art. 86-bis. (1) (Destinazione dei beni informatici o telematici sequestrati o confiscati in quanto utilizzati per la
commissione dei reati di cui agli articoli 473, 474, 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater,
617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies, 640-ter e 640-quinquies del codice penale). — 1.
I beni e gli strumenti informatici o telematici oggetto di sequestro che, a seguito di analisi tecnica forense, risultino essere
stati in tutto o in parte utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli 473, 474, 615-ter, 615-quater, 615quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies, 640ter e 640-quinquies del codice penale sono affidati dall’autorità giudiziaria in custodia giudiziale con facoltà d’uso, salvo
che vi ostino esigenze processuali, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego in attività di contrasto ai
crimini informatici, ovvero ad altri organi dello Stato per finalità di giustizia.
2. I beni e gli strumenti di cui al comma 1, ove acquisiti dallo Stato a seguito di procedimento definitivo di confisca, sono
assegnati alle amministrazioni che ne facciano richiesta e che ne abbiano avuto l’uso ovvero, ove non vi sia stato un
precedente affidamento in custodia giudiziale, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego in attività di
contrasto ai crimini informatici ovvero ad altri organi dello Stato per finalità di giustizia.(1) Articolo inserito dall’art. 2 l. n. 12
del 2012, cit.
GIURISPRUDENZA 1 Confisca obbligatoria: a) cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione, costituisce reato: aa) armi (§ 7, c, cb) 2 Cose appartenenti a persona estranea al reato: a) nozione di persona estranea al reato;
casistica (§ 8, b) 3 Altre ipotesi di confisca: a) edilizia e urbanistica (§ 14, c).
1 – Confisca obbligatoria: a) cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione, costituisce
reato: aa) armi.
La misura di sicurezza patrimoniale della confisca è imposta per
tutti i reati concernenti le armi ed è obbligatoria anche in caso di
archiviazione del procedimento, ove non venga ritenuta l’insussistenza del fatto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimamente confiscate dal G.i.p., con il decreto di archiviazione, le armi
e munizioni in sequestro, detenute da persone rimaste diverse
dall’indagato rimaste ignote). Cass., sez. I, 12 aprile 2016 - 17
maggio 2016, n. 20508, CED 266894
La confisca prevista dall’art. 6, l. 22 maggio 1975, n. 152, è
obbligatoria per tutti i delitti e le contravvenzioni concernenti le
28
armi anche in caso di declaratoria di estinzione del reato per
oblazione, restando esclusa solo nelle ipotesi di assoluzione nel
merito o di appartenenza dell’arma a persona estranea al reato
medesimo. (In motivazione, la Corte ha osservato che, ai fini della
applicabilità della predetta confisca, non rilevano i principi affermati dalla Corte EDU nella sentenza del 29 ottobre 2013, Varvara
c. Italia, trattandosi di ablazione obbligatoria avente finalità essenzialmente preventiva e non sanzionatoria, posto che la circolazione
non autorizzata delle armi è, in sè, vietata in ragione delle intrinseche caratteristiche di pericolosità della cosa). Cass., sez. I, 6
aprile 2016 - 2 agosto 2016, n. 33982, CED 267458
Art. 270-septies
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
2 – Cose appartenenti a persona estranea al reato: a) nozione di persona estranea al reato; casistica.
In tema di trasporto illecito di rifiuti, il terzo estraneo al reato
che, qualificandosi come proprietario o titolare di altro diritto reale
sul mezzo sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, ne invochi la restituzione in suo favore, ha l’onere
di provare la propria buona fede, ovvero che l’uso illecito della
“res” gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento
colpevole o negligente. (In motivazione, la Corte ha specificato che
il soggetto, che dà in noleggio un veicolo adibito al trasporto di
rifiuti, può adeguatamente fondare una sua condizione di buona
fede solo ove abbia preventivamente verificato l’esistenza del titolo
abilitativo per l’esercizio di tale attività specificamente riferito al
veicolo in questione). Cass., sez. III, 2 dicembre 2015 - 24 marzo
2016, n. 12473, CED 266482
3 – Altre ipotesi di confisca: a) edilizia e urbanistica.
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei terreni oggetto di ipotizzata lottizzazione abusiva non può essere legittimamente adottato quando l’esercizio dell’azione penale risulti precluso, essendo già maturata la prescrizione del reato, poichè in tal caso
è impedito al giudice di compiere, nell’ambito di un giudizio che
assicuri il contraddittorio e la piena partecipazione degli interessati,
l’accertamento del reato (nei suoi estremi oggettivi e soggettivi) e
della sussistenza di profili quanto meno di colpa nei soggetti incisi
dalla misura, presupposto necessario per disporre la confisca anche
in presenza di una causa estintiva del reato. Cass., sez. III, 19
maggio 2016 - 23 agosto 2016, n. 35313, CED 267534
270-bis Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di
eversione dell’ordine democratico.
GIURISPRUDENZA
1 Natura giuridica del reato (§ 3).
1 – Natura giuridica del reato.
Il compimento di atti di violenza di matrice anarchica non
consente di ritenere integrato il reato associativo di cui all’art.
270-bis c.p., qualora sia supportato da una mera adesione individuale al programma di un’associazione ispirata a tale ideologia,
essendo invece necessario che i soggetti agenti abbiano costituito
una “cellula” della predetta associazione, o un “gruppo di affinità“
alla stessa, alla quale risultino riconducibili le azioni delittuose
poste in essere. Cass., sez. II, 1 aprile 2016 - 11 luglio 2016, n.
28753, CED 267512
270-quinquies.1 Finanziamento di condotte con finalità di terrorismo
.
(1)
[I] Chiunque, al di fuori dei casi di cui agli articoli 270-bis e 270-quater.1, raccoglie, eroga o mette a
disposizione beni o denaro, in qualunque modo realizzati, destinati a essere in tutto o in parte utilizzati
per il compimento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all’articolo 270-sexies è punito con la
reclusione da sette a quindici anni, indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi per la commissione delle citate condotte.
[II] Chiunque deposita o custodisce i beni o il denaro indicati al primo comma è punito con la
reclusione da cinque a dieci anni.
(1) Articolo inserito dall’art. 4 comma 1 lett. a) l. 28 luglio 2016, n. 153.
competenza: Corte d’Assise
arresto: obbligatorio
fermo: consentito
custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 2753 c.p.p.)
altre misure cautelari personali: consentite
procedibilità: d’ufficio
270-quinquies.2 Sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro
.
(1)
[I] Chiunque sottrae, distrugge, disperde, sopprime o deteriora beni o denaro, sottoposti a sequestro
per prevenire il finanziamento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all’articolo 270-sexies, è
punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000.
(1)
Articolo inserito dall’art. 4 comma 1 lett. a) l. 28 luglio 2016, n. 153.
competenza: Trib. monocratico
arresto: facoltativo
fermo: consentito
custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 2753 c.p.p.)
altre misure cautelari personali: consentite
procedibilità: d’ufficio
270-septies Confisca
.
(1)
[I] Nel caso di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura
penale per taluno dei delitti commessi con finalità di terrorismo di cui all’articolo 270-sexies è sempre
29
Art. 270-septies
CODICE PENALE
disposta la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che
ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato,
ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore
corrispondente a tale prezzo, prodotto o profitto.
(1)
Articolo inserito dall’art. 4 comma 1 lett. b) l. 28 luglio 2016, n. 153.
280-ter Atti di terrorismo nucleare
.
(1)
[I] È punito con la reclusione non inferiore ad anni quindici chiunque, con le finalità di terrorismo di
cui all’articolo 270-sexies:
1) procura a sé o ad altri materia radioattiva;
2) crea un ordigno nucleare o ne viene altrimenti in possesso.
[II] È punito con la reclusione non inferiore ad anni venti chiunque, con le finalità di terrorismo di cui
all’articolo 270-sexies:
1) utilizza materia radioattiva o un ordigno nucleare;
2) utilizza o danneggia un impianto nucleare in modo tale da rilasciare o con il concreto pericolo che
rilasci materia radioattiva.
[III] Le pene di cui al primo e al secondo comma si applicano altresì quando la condotta ivi descritta
abbia ad oggetto materiali o aggressivi chimici o batteriologici.
(1) Articolo inserito dall’art. 4 comma 1 lett. c) l. 28 luglio 2016, n. 153.
competenza: Corte d’Assise
arresto: obbligatorio
fermo: consentito
custodia cautelare in carcere: consentita
altre misure cautelari personali: consentite
procedibilità: d’ufficio.
314 Peculato.
GIURISPRUDENZA 1 Soggetti attivi: a) la qualifica pubblicistica (§ 2, a) 2 La ragione di ufficio o servizio (§ 3) 3
Possesso o disponibilità (§ 4) 4 Casistica (§ 7) 5 Elemento soggettivo (§ 10) 6 Peculato d’uso (§ 11) 7 Rapporti con altri
reati: a) abuso di ufficio (§ 13, a); b) truffa (§ 13, h).
1 – Soggetti attivi: a) la qualifica pubblicistica.
Ai fini della configurazione del reato di peculato, i soggetti
inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per
azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di
pubblico servizio, allorquando la ragione d’essere della società
medesima risieda nel generale perseguimento di finalità connesse a
servizi di interesse pubblico, a nulla rilevando che dette finalità
siano realizzate con meri strumenti privatistici. (Fattispecie nella
quale la Corte ha riconosciuto la qualifica di incaricato di pubblico
servizio al presidente di una società per azioni, operante secondo le
regole privatistiche ma partecipata interamente da un comune,
avente ad oggetto la gestione di servizi di manutenzione del verde
pubblico e dell’arredo urbano). Cass., sez. VI, 7 luglio 2015 - 14
gennaio 2016, n. 1327, CED 266265
2 – La ragione di ufficio o servizio.
In tema di peculato, il possesso qualificato dalla ragione dell’ufficio o del servizio non è solo quello che rientra nella competenza
funzionale specifica del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ma anche quello che si basa su un rapporto che
consenta al soggetto di inserirsi di fatto nel maneggio o nella
disponibilità della cosa o del denaro altrui, rinvenendo nella pubblica funzione o nel servizio anche la sola occasione per un tale
comportamento. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la sentenza impugnata che aveva ravvisato la configurabilità del peculato nella condotta del presidente di una società già
concessionaria per la gestione di immobili dell’INPDAP, il quale,
30
dopo la fine della convenzione, si era appropriato di fondi depositati sul conto corrente relativo alla gestione degli immobili attraverso la liquidazione di alcune fatture in favore della società,
eludendo la procedura di controllo e pagamento di competenza
dell’ente pubblico). Cass., sez. VI, 19 maggio 2016 - 29 luglio 2016,
n. 33254, CED 267525
3 – Possesso o disponibilità.
È configurabile il delitto di peculato quando il pubblico ufficiale
o l’incaricato di pubblico servizio eroga denaro pubblico di cui
possa disporre attraverso l’adozione di atti amministrativi di sua
competenza non sottoposti a controllo di altre componenti dell’ufficio per effetto di consolidate prassi illecite o sistematicamente
neghittose, anche nel caso in cui sia stata predisposta documentazione fittizia, ove tale artifizio non sia necessario all’acquisizione
della suddetta disponibilità. (Fattispecie relativa alla sistematica
appropriazione, da parte di un dirigente della Provincia cui era
attribuita la gestione dei contributi da assegnare a seguito di eventi
calamitosi, posta in essere riconoscendo, con apposite delibere
adottate all’esito di istruttorie fittizie o inesistenti, il diritto al
contributo in favore di compiacenti beneficiari, ed emettendo poi
i relativi decreti di liquidazione, cui faceva seguito il mandato di
pagamento dell’ufficio finanziario della Provincia). Cass., sez. VI,
11 dicembre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 3913, CED 267168
4 – Casistica.
Integra il delitto di peculato la condotta del funzionario doganale che si appropria di merci prelevate da “containers” per
Art. 317 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
l’effettuazione di controlli a campione, in quanto ha di esse la
disponibilità giuridica per ragioni del suo ufficio. Cass., sez. VI, 4
febbraio 2016 - 19 maggio 2016, n. 20972, CED 267088
Integra il delitto di peculato la condotta del titolare di un
impianto di cattura ed inanellamento di specie aviarie a scopo
scientifico che si impossessa a fini privati di esemplari di volatili
catturati, in occasione dell’esercizio dell’attività scientifica autorizzata. Cass., sez. VI, 22 marzo 2016 - 28 aprile 2016, n. 17677, CED
267312
5 – Elemento soggettivo.
In tema di peculato, l’errore del pubblico ufficiale circa la
propria facoltà di disposizione di un bene pubblico per fini diversi
da quelli istituzionali non configura un errore di fatto su legge
diversa da quella penale, atto ad escludere il dolo, ma costituisce
errore o ignoranza della legge penale il cui contenuto è integrato
dalla norma amministrativa che disciplina la destinazione del bene
pubblico. (Fattispecie in tema di uso indebito dell’autovettura di
servizio). Cass., sez. VI, 10 marzo 2016 - 31 marzo 2016, n. 13038,
CED 266192
6 – Peculato d’uso.
Il peculato d’uso è configurabile solo in relazione a cose di
specie e non al denaro, menzionato in modo alternativo solo nel
primo comma dell’art. 314 c.p., in quanto la sua natura fungibile
non consente - dopo l’uso - la restituzione della stessa cosa, ma solo
del “tantundem”, irrilevante ai fini dell’integrazione dell’ipotesi
attenuata. Cass., sez. VI, 4 dicembre 2015 - 15 dicembre 2015, n.
49474, CED 266242
Integra il reato di peculato, e non già quello di peculato d’uso,
la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico
servizio che utilizza reiteratamente l’autovettura di servizio per
finalità attinenti alla vita privata, atteso che tale condotta si risolve
nell’appropriazione di un bene della pubblica amministrazione. (In
motivazione la Corte di cassazione ha precisato che si configura una
condotta appropriativa ogni qual volta l’agente esercita sul bene un
potere uti dominus tale da sottrarlo alla disponibilità dell’ente).
Cass., sez. VI, 10 marzo 2016 - 31 marzo 2016, n. 13038, CED
266191 — Giurisprudenza contrastante.
7 – Rapporti con altri reati: a) abuso di ufficio.
Mentre nel reato di peculato la condotta consiste nell’appropriazione del bene per fine esclusivamente personale, incompatibile con il titolo per cui si possiede e con conseguente sottrazione
al patrimonio dell’avente diritto del bene ad opera dell’agente,
quella di abuso di ufficio, invece, si realizza con l’uso indebito del
bene a proprio vantaggio, senza, tuttavia, che ciò comporti la
perdita dello stesso e la conseguente lesione patrimoniale dell’avente diritto. Cass., sez. VI, 2 marzo 2016 - 25 marzo 2016, n. 12658,
CED 266871
b) truffa. Integra il reato di peculato e non quello di truffa
aggravata la condotta dell’ufficiale giudiziario che si fa consegnare
dalla cassa dell’ufficio UNEP somme maggiori rispetto a quelle
necessarie per lo svolgimento delle attività d’ufficio, successivamente alterando la documentazione volta a dimostrarne l’impiego
in sede di rendiconto mensile, al fine di occultare l’appropriazione
del denaro. (In motivazione, la Corte ha precisato che sussiste il
delitto di peculato quando l’agente fa proprio il bene altrui del
quale abbia già il possesso per ragione del suo ufficio, ricorrendo
all’artificio o al raggiro esclusivamente per occultare la commissione dell’illecito). Cass., sez. VI, 3 marzo 2016 - 2 maggio 2016, n.
18177, CED 266985
316-bis Malversazione a danno dello Stato.
GIURISPRUDENZA
1 Momento consumativo (§ 5).
1 – Momento consumativo.
Il delitto di malversazione ai danni dello Stato è reato istantaneo
che si consuma nel momento in cui le sovvenzioni, i finanziamenti
o i contributi pubblici vengono distratti dalla destinazione per cui
sono erogati. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi
la sentenza che aveva considerato irrilevanti, ai fini della configurazione del reato, le circostanze che l’imputato avesse fornito
garanzie ipotecarie e fideiussorie in relazione alla restituzione della
somma di denaro distratta dalle finalità di pubblico interesse e che,
al momento in cui la distrazione era stata commessa, la realizzazione dell’opera finanziata avesse trovato ostacoli in ordne al
rilascio dei necessari titoli abilitativi). Cass., sez. VI, 9 febbraio
2016 - 25 marzo 2016, n. 12653, CED 267205
316-ter Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.
GIURISPRUDENZA
1 I rapporti con il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (§ 3).
1 – I rapporti con il reato di truffa aggravata per il
conseguimento di erogazioni pubbliche.
Il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni si differenzia da quello di truffa aggravata, finalizzata al conseguimento
delle stesse, per la mancata inclusione, tra gli elementi costitutivi,
della induzione in errore dell’ente erogatore, essendo quest’ultimo
chiamato solo a prendere atto dell’esistenza dei requisiti autocertificati e non a compiere una autonoma attività di accertamento.
(Fattispecie in tema di aiuti comunitari all’agricoltura in cui la
Corte ha ritenuto configurabile il reato di truffa e non quello di cui
all’art. 316-ter c.p., atteso che, ai sensi del regolamento CE 1122/
2009, l’accoglimento delle domande non si fondava su semplici
dichiarazioni autocertificate ma implicava articolati controlli da
parte dell’autorità competente per l’accertamento dell’ammissibilità dei contributi). Cass., sez. II, 12 aprile 2016 - 1 giugno 2016, n.
23163, CED 266979
317 Concussione.
GIURISPRUDENZA
1 Tentativo (§ 20).
1 – Tentativo.
In tema di concussione, non è configurabile l’ipotesi del reato
impossibile, di cui all’art. 49 c.p., bensì quella del tentativo punibile, in relazione alle richieste e pressioni illecite del pubblico
ufficiale intervenute successivamente alla presentazione di denuncia all’Autorità giudiziaria da parte del soggetto passivo. Cass., sez.
VI, 16 marzo 2016 - 20 giugno 2016, n. 25677, CED 266966
31
Art. 318 - par. 1
CODICE PENALE
318 Corruzione per l’esercizio della funzione.
GIURISPRUDENZA
1 Competenza del pubblico ufficiale (§ 3) 2 Atto d’ufficio (§ 10).
1 – Competenza del pubblico ufficiale.
Ai fini della configurabilità del reato di corruzione propria, non
è determinante il fatto che l’atto d’ufficio o contrario ai doveri
d’ufficio sia ricompreso nell’ambito delle specifiche mansioni del
pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ma è
necessario e sufficiente che si tratti di un atto rientrante nelle
competenze dell’ufficio cui il soggetto appartiene ed in relazione al
quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, sia pure di mero fatto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto
viziata la motivazione della sentenza che aveva ricondotto al reato
di corruzione la condotta dell’imputato il quale, nella qualità di
parlamentare della Repubblica e di leader di partito in sede locale,
dietro la promessa di un compenso in denaro, aveva fornito
informazioni privilegiate relative a tre gare di appalto, in relazione
alle quali non svolgeva alcun ruolo, e si era impegnato ad esercitare
pressioni al fine di assicurarne l’aggiudicazione alle società riconducibili al proprio dante causa). Cass., sez. VI, 26 febbraio 2016 6 giugno 2016, n. 23355, CED 267060
2 – Atto d’ufficio.
In tema di corruzione, non configura “atto di ufficio” la condotta commessa “in occasione” dell’ufficio che non concreta l’uso
di poteri funzionali connessi alla qualifica soggettiva dell’agente.
(In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza di
condanna emessa nei confronti di un amministratore comunale che
aveva redatto ricorsi amministrativi, nell’interesse di privati, finalizzati all’annullamento di sanzioni irrogate da altri funzionari
comunali, ritenendo tale attività del tutto estranea alle competenze
funzionali del suo ufficio). Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 25
febbraio 2016, n. 7731, CED 266543
Integra il delitto di corruzione propria la condotta del pubblico
ufficiale che, dietro elargizione di un indebito compenso, esercita i
poteri discrezionali spettantigli rinunciando ad una imparziale
comparazione degli interessi in gioco, al fine di raggiungere un
esito predeterminato, anche quando questo risulta coincidere, “ex
post”, con l’interesse pubblico, e salvo il caso di atto sicuramente
identico a quello che sarebbe stato comunque adottato in caso di
corretto adempimento delle funzioni, in quanto, ai fini della sussistenza del reato in questione e non di quello di corruzione impropria, l’elemento decisivo è costituito dalla “vendita” della discrezionalità accordata dalla legge. (Fattispecie in cui l’indagato, in
qualità di Presidente della Commissione medica di verifica presso
il Ministero dell’Economia e delle Finanze, aveva ricevuto somme
di denaro da un medico legale per far ottenere benefici pensionistici ai suoi pazienti. In applicazione del principio, la S.C. ha
ritenuto irrilevante, per escludere il reato, la circostanza che,
trattandosi di persone affette da gravi patologie, sarebbero stati
comunque riconosciuti loro i benefici richiesti). Cass., sez. VI, 3
febbraio 2016 - 18 febbraio 2016, n. 6677, CED 267187
319 Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio.
GIURISPRUDENZA
(§ 5).
1 Atto contrario ai doveri di ufficio (§ 3) 2 Denaro od altra utilità (§ 4) 3 Rapporti con altri reati
1 – Atto contrario ai doveri d’ufficio.
Il delitto di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio può
essere integrato anche mediante il rilascio di un parere non vincolante, allorché esso assuma rilevanza decisiva nella concatenazione
degli atti che compongono la complessiva procedura amministrativa e, quindi, incida sul contenuto dell’atto finale. Cass., sez. VI,
1 marzo 2016 - 24 maggio 2016, n. 21740, CED 266923
2 – Denaro o altra utilità.
In tema di corruzione, la nozione di “altra utilità”, quale oggetto
della dazione o promessa, ricomprende qualsiasi vantaggio materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, che abbia valore
per il pubblico agente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto
immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto alla nozione di
“altre utilità”, la “raccomandazione” dell’imputato, data in cambio
del sistematico asservimento della pubblica funzione ad interessi
privati, ad un parlamentare - che, a sua volta, aveva interceduto
presso un ministro - per il conferimento di un importante incarico
di dirigenza pubblica, poi effettivamente conseguito). Cass., sez.
VI, 9 febbraio 2016 - 5 maggio 2016, n. 18707, CED 266991
3 – Rapporti con altri reati.
In tema di corruzione, lo stabile asservimento del pubblico
ufficiale ad interessi personali di terzi, attraverso il sistematico
ricorso ad atti contrari ai doveri di ufficio, ancorché non predefiniti, né specificamente individuabili ex post, ovvero mediante
32
l’omissione o il ritardo di atti dovuti, integra il reato di cui all’art.
319 c.p. e non il più lieve reato di corruzione per l’esercizio della
funzione di cui all’art. 318 c.p., il quale ricorre, invece, quando
l’oggetto del mercimonio sia costituito dal compimento di atti
dell’ufficio. Cass., sez. VI, 11 febbraio 2016 - 29 febbraio 2016, n.
8211, CED 266510, CED 266510; Cass., sez. VI, 23 febbraio 2016 18 aprile 2016, n. 15959, CED 266735 — Giurisprudenza non
univoca.
I reati di corruzione e di truffa aggravata commessi da pubblico
ufficiale, pur avendo in comune la qualità del soggetto passivo e
l’abuso da parte di questi della pubblica funzione al fine di
conseguire un indebito profitto, si differenziano per il fatto che
nella corruzione colui che dà o promette non è vittima di un errore
ed agisce su di un piano di parità con il pubblico ufficiale nel
concludere un negozio giuridico illecito in danno della P.A.,
laddove, invece, nella truffa il pubblico ufficiale si procura un
ingiusto profitto sorprendendo la buona fede del soggetto passivo
mediante artifici o raggiri ai quali la qualità di pubblico ufficiale
conferisce maggiore efficacia. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva qualificato come
corruttiva la condotta dell’imputato che aveva accettato denaro per
concorrere ad affidare un nascituro a terzi, facendo ricoverare la
donna in una clinica convenzionata con la presenza della coppia
destinataria del neonato). Cass., sez. VI, 5 aprile 2016 - 6 maggio
2016, n. 19002, CED 266933
Art. 322 - par. 2
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
319-bis Circostanze aggravanti.
GIURISPRUDENZA
1 Stipulazione di contratti (§ 4).
1 – Stipulazione di contratti.
La circostanza aggravante prevista dall’art. 319-bis c.p., relativa
all’ipotesi in cui la corruzione abbia ad oggetto la stipulazione di
contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il
pubblico ufficiale appartiene, ricorre quando la P.A. è direttamente
parte del contratto ovvero quando vi è un suo interesse per un
contratto che, pur stipulato da terzi, attiene alla tutela di beni cui
l’amministrazione è preposta, sempre che il fatto corruttivo incida
sulla scelta di concludere il negozio, sul tipo di contratto perfezionato, sul contenuto delle pattuizioni, sulla scelta del contraente.
(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza
che aveva configurato l’aggravante in relazione ad un fatto corruttivo che aveva prodotto un assetto contrattuale, cui l’amministrazione era interessata, con riguardo al rinnovo di un contratto di
appalto e alla stipula di un nuovo subappalto). Cass., sez. VI, 21
gennaio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 8044, CED 266116
In tema di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, la
circostanza aggravante prevista dall’art. 319 bis c.p., relativa alla
stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione
a cui il pubblico ufficiale appartiene, è configurabile anche nel caso
in cui la stipula dell’atto negoziale non si verifichi, essendo necessario solo il collegamento finalistico tra il fatto di corruzione e la
futura, possibile, conclusione del contratto. (Fattispecie in cui la
Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva configurato
la circostanza aggravante in relazione ad un accordo corruttivo
avente come obiettivo la stipula di un contratto, poi non stipulato,
che avrebbe dovuto riprodurre un precedente negozio, nel frattempo caducato per decisione dell’autorità amministrativa). Cass.,
sez. VI, 9 febbraio 2016 - 5 maggio 2016, n. 18707, CED 266992
319-quater Induzione indebita a dare o promettere utilità.
GIURISPRUDENZA
1 Induzione. Differenze dalla costrizione (§ 2).
1 – Induzione. Differenze dalla costrizione.
Il delitto di concussione, di cui all’art. 317 c.p. nel testo modificato dalla l. n. 190 del 2012, è caratterizzato, dal punto di vista
oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua
mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno
contra ius da cui deriva una grave limitazione della libertà di
determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o
di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita e si
distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall’art. 319
quater c.p. introdotto dalla medesima l. n. 190, la cui condotta si
configura come persuasione, suggestione, inganno, pressione mo-
rale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della
prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una
sanzione a suo carico. (In applicazione del principio, la Corte ha
qualificato come concussione la condotta di un militare della
Guardia di Finanza, il quale aveva sistematicamente omesso di
pagare consumazioni per sè e per familiari ed amici in alcuni
esercizi commerciali, rimarcando la propria qualifica professionale
ed alludendo a possibili controlli). Cass., sez. VI, 2 marzo 2016 - 7
marzo 2016, n. 9429, CED 267277
322 Istigazione alla corruzione.
GIURISPRUDENZA
1 Offerta o promessa di denaro o di altra utilità (§ 4) 2 Confisca (§ 10).
1 – Offerta o promessa di denaro o di altra utilità.
Ai fini della configurabilità del delitto di istigazione alla corruzione, la promessa di un posto di consigliere di amministrazione
effettuata nei confronti di un consigliere comunale per condizionarne il voto rientra nella nozione di “altra utilità”, trattandosi di
un’offerta volta ad incidere illecitamente sulla libertà di coscienza
del destinatario, indotto ad orientare la propria scelta discrezionale
alla luce dei propri interessi personali piuttosto che di quelli della
collettività. Cass., sez. VI, 27 gennaio 2016 - 29 febbraio 2016, n.
8203, CED 266185
L’offerta o la promessa di donativi di modesta entità integrano
il delitto di istigazione alla corruzione solo qualora la condotta sia
caratterizzata da un’adeguata serietà, da valutare alla stregua delle
condizioni dell’offerente nonché delle circostanze di tempo e di
luogo in cui l’episodio si colloca, e sia in grado di turbare psicologicamente il pubblico ufficiale. (In applicazione del principio, la
S.C. ha ritenuto non seria e potenzialmente corruttiva, e dunque
inidonea a configurare il reato, l’offerta di 100 euro fatta dall’imputato, visibilmente ubriaco, ad un agente di polizia che lo aveva
fermato alla guida di un’autovettura in stato di ebbrezza). Cass.,
sez. VI, 4 novembre 2015 - 19 gennaio 2016, n. 1935, CED 266498
— Giurisprudenza non univoca.
Integra il delitto di istigazione alla corruzione, di cui all’art. 322,
comma 2, c.p., l’offerta di beni immediatamente utilizzabili, e di
significativo valore economico (nella specie: buoni benzina di
valore pari a 4.000 euro), fatta in assenza di serie giustificazioni a
militari della Guardia di finanza durante lo svolgimento di una
verifica fiscale. Cass., sez. VI, 9 febbraio 2016 - 22 febbraio 2016,
n. 6849, CED 267017
2 – Confisca.
In caso di istigazione alla corruzione, il denaro offerto o promesso al pubblico ufficiale, non costituendo il prezzo o il profitto
del reato, ma il mezzo di esecuzione di esso, può essere oggetto di
confisca facoltativa ai sensi dell’art. 240, comma 1, c.p., in ragione
dello stresso nesso strumentale esistente tra proposta corruttiva e
danaro offerto. (Nella specie, la Corte ha ritenuto corretta la
decisione di merito che, per l’entità della somma rinvenuta in
possesso dell’imputato e le modalità dell’azione delittuosa, aveva
affermato vi fosse pericolo che essa potesse costituire l’occasione
per la commissione di ulteriori condotte illecite). Cass., sez. V, 26
gennaio 2016 - 7 aprile 2016, n. 14029, CED 267356
33
Art. 322-ter - par. 1
CODICE PENALE
322-ter Confisca.
GIURISPRUDENZA 1 Confisca (e sequestro preventivo) di beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato (§ 5)
2 Confisca (e sequestro preventivo) di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente al prezzo del
reato o profitto (confisca per equivalente) (§ 6).
1 – Confisca (e sequestro preventivo) di beni che
costituiscono il profitto o il prezzo del reato.
In tema di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, la
confisca per equivalente può essere disposta, nei confronti del
pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, solo nei
limiti del valore corrispondente al prezzo da questi concretamente
conseguito, e non anche in relazione al prezzo promesso ma non
materialmente percepito. Cass., sez. VI, 21 gennaio 2016 - 26
febbraio 2016, n. 8044, CED 266117 — Giurisprudenza contrastante.
2 – Confisca (e sequestro preventivo) di beni, di
cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente al prezzo del reato o profitto (confisca per equivalente).
In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per
equivalente, la comunione legale dei beni con il coniuge, estraneo
al reato, non è di ostacolo di per sé alla confisca pro-quota
dell’immobile che ne costituisca oggetto. (In motivazione la Corte
ha, altresì, precisato che la misura ablatoria funzionale alla confisca
può riguardare i beni in comproprietà anche nella loro interezza,
qualora siano indivisibili o sussistano inderogabili esigenze per
impedirne la dispersione o il deprezzamento). Cass., sez. III, 6
ottobre 2015 - 27 gennaio 2016, n. 3535, CED 266246
È legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per
equivalente di beni conferiti in un “trust” dall’indagato, ove sussistano elementi presuntivi tali da far ritenere che questo sia stato
costituito a fini meramente simulatori. (Fattispecie di sequestro
preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni, conferiti
in trust, individuati come profitto di reati tributari, nella quale la
Corte ha censurato l’ordinanza del Tribunale che aveva accolto
l’istanza di riesame non adeguatamente valutando, sulla base della
struttura e dei concreti effetti del negozio giuridico posto in essere,
le reali finalità elusive del programma di segregazione). Cass., sez.
III, 30 giugno 2015 - 7 marzo 2016, n. 9229, CED 266450
Non può essere disposto il sequestro preventivo funzionale alla
confisca per equivalente di somme di denaro depositate su conto
corrente costituite in pegno irregolare a garanzia di una obbligazione dell’imputato, attesa la immediata acquisizione della proprietà delle stesse da parte del creditore. (In motivazione, la S.C. ha
precisato che, ai fini della individuazione e differenziazione del
pegno irregolare rispetto a quello regolare, non rilevano né il
“nomen” contrattualmente attribuito al rapporto e nemmeno il
fatto che la somma di denaro rimanga depositata su un conto
corrente bancario intestato al debitore e continui a maturare
interessi, ma è decisiva la circostanza che, nel caso di inadempimento del debitore, il creditore abbia la facoltà di soddisfarsi
immediatamente e direttamente sulla cosa o sulle cose date a
pegno, secondo la previsione di cui all’art. 1851 cod. civ., ovvero
debba attivare una forma di vendita pubblica, ai sensi degli artt.
2796 e 2797 cod. civ.). Cass., sez. III, 16 settembre 2015 - 11
maggio 2016, n. 19500. CED 267008
Nel sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, ai fini della quantificazione del profitto del reato di omessa
dichiarazione, previsto dall’art. 5 d.lg. n. 74 del 2000, è irrilevante
l’evasione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP),
non trattandosi di un’imposta sui redditi in senso tecnico. Cass.,
sez. III, 26 gennaio 2016 - 30 marzo 2016, n. 12810, CED 266486
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente
del profitto dei reati fiscali non è impedito dalla circostanza che
sugli stessi beni gravi un sequestro conservativo autorizzato dal
giudice tributario. (Fattispecie relativa ai reati di omessa dichiarazione reddituale e omessa tenuta e distruzione di scritture contabili). Cass., sez. III, 14 ottobre 2015 - 4 marzo 2016, n. 9146, CED
266452
In tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti, non
può essere disposta la confisca per equivalente sui beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall’art. 9 d.lg. n. 74 del 2000 - escludendo la configurabilità del
concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale - impedisce l’applicazione in questo caso
del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo. Cass., sez. III, 4 febbraio 2016 - 14 aprile 2016, n. 15458,
CED 266832
In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per
equivalente, il valore dei beni da sottoporre a vincolo deve essere
adeguato e proporzionato al prezzo o al profitto del reato e il
giudice, nel compiere tale verifica, deve fare riferimento alle valutazioni di mercato degli stessi, avendo riguardo al momento in cui
il sequestro viene disposto. (Fattispecie di sequestro di immobile
finalizzato alla confisca e alla acquisizione al patrimonio comunale,
in cui la Corte ha ritenuto illegittimo il ricorso al valore catastale
del bene, che la difesa aveva evidenziato essere sensibilmente
sproporzionato rispetto al valore iscritto nel bilancio del comune
beneficiario). Cass., sez. III, 14 ottobre 2015 - 4 marzo 2016, n.
9146, CED 266453
In tema di misure cautelari reali, incorre nel vizio di ultrapetizione il decreto di sequestro preventivo di beni, ai fini della
confisca “per equivalente” del profitto del reato conseguito dall’indagato, disposto sino ad una concorrenza maggiore rispetto a
quella indicata dalla pubblica accusa nella propria richiesta. Cass.,
sez. III, 14 ottobre 2015 - 20 giugno 2016, n. 25453, CED 267447
Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente,
prevista dall’art. 322ter c.p., prevale sui diritti di credito vantati sul
medesimo bene per effetto della dichiarazione di fallimento, attesa
la obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è
finalizzato il sequestro. Cass., sez. III, 1 marzo 2016 - 9 giugno
2016, n. 23907, CED 266940
323 Abuso d’ufficio.
GIURISPRUDENZA 1 Interesse tutelato. Persona offesa (§ 2) 2 Violazione di norme di legge: a) casistica (§ 4, e) 3
Evento: a) l’evento del danno (§ 8, c); b) ingiustizia del vantaggio o del danno (§ 8, d) 4 Rapporti con altri reati (§ 12).
1 – Interesse tutelato. Persona offesa.
Il reato di abuso di ufficio finalizzato ad arrecare ad altri un
34
danno ingiusto ha natura plurioffensiva, in quanto è idoneo a
ledere, oltre all’interesse pubblico al buon andamento e alla tra-
Art. 326 - par. 2
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
sparenza della P.A., il concorrente interesse del privato a non
essere turbato nei suoi diritti dal comportamento illegittimo e
ingiusto del pubblico ufficiale. Ne consegue che il privato danneggiato riveste la qualità di persona offesa dal reato ed è legittimato
a proporre opposizione avverso la richiesta di archiviazione del
p.m. Cass., sez. VI, 19 gennaio 2016 - 11 febbraio 2016, n. 5746,
CED 266174 — Giurisprudenza contrastante
richi e consulenze a persone fisiche e giuridiche estranee ad una
ASL, in violazione delle norme di riferimento, in cui la S.C. ha
annullato la sentenza di condanna, non essendo stata accertata
l’effettiva necessità degli incarichi esterni, né la sussistenza di
professionalità interne adeguate alle esigenze da fronteggiare).
Cass., sez. VI, 18 marzo 2016 - 28 aprile 2016, n. 17676, CED
267171 — Giurisprudenza non univoca.
2 – Violazione di norme di legge: a) casistica.
Ai fini della configurabilità del delitto di abuso d’ufficio, deve
escludersi che possa costituire violazione di norme di legge o di
regolamento l’inosservanza delle disposizioni inserite in un bando
di concorso, trattandosi di atto amministrativo e quindi di fonte
normativa non riconducibile a quelle tassativamente indicate nell’art. 323 c.p. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la
pronuncia di non luogo a procedere nei confronti del dirigente di
un Comune che, a seguito dello svolgimento di un concorso per
due posti di funzionario dell’ente, e dopo che uno di questi era
stato lasciato libero dal vincitore per motivi di mobilità interna,
aveva disposto lo “scorrimento” della graduatoria degli idonei, in
violazione delle disposizioni contenute nel bando, le quali prescrivevano di utilizzare la graduatoria una sola volta, per l’assunzione
dei vincitori). Cass., sez. VI, 17 giugno 2015 - 1 luglio 2015, n.
27823, CED 264088
b) ingiustizia del vantaggio o del danno. L’integrazione
del reato di abuso d’ufficio richiede una duplice distinta valutazione di ingiustizia, sia della condotta (che deve essere connotata da
violazione di norme di legge o di regolamento), sia dell’evento di
vantaggio patrimoniale (che deve risultare non spettante in base al
diritto oggettivo); non è peraltro necessario, ai fini predetti, che
l’ingiustizia del vantaggio patrimoniale derivi da una violazione di
norme diversa ed autonoma da quella che ha caratterizzato l’illegittimità della condotta, qualora - all’esito della predetta distinta
valutazione - l’accrescimento della sfera patrimoniale del privato
debba considerarsi “contra ius”. (Fattispecie in cui la Corte ha
ritenuto configurabile il delitto di abuso di ufficio nella condotta
del dirigente comunale che, in assenza di deliberazione autorizzativa e di copertura economica, aveva disposto la prosecuzione di un
progetto in convenzione, affidando incarichi di collaborazione e
prorogando incarichi in scadenza, in violazione delle disposizioni
di legge del testo unico sugli enti locali in tema di ripartizione di
competenze tra gli organi comunali). Cass., sez. VI, 10 marzo 2016
- 4 aprile 2016, n. 13426, CED 267271
3 – Evento: a) l’evento di danno.
Il delitto di abuso d’ufficio è integrato dalla doppia e autonoma
ingiustizia, sia della condotta (che deve essere connotata da violazione di norme di legge o di regolamento), che dell’evento di
vantaggio patrimoniale (che deve risultare non spettante in base al
diritto oggettivo); ne deriva che il reato non è configurabile qualora
l’accrescimento “contra ius” della sfera patrimoniale di un privato
non derivi dalla deliberata strumentalizzazione della funzione da
parte del pubblico agente che, abusando della sua funzione per
finalità di carattere privatistico, abbia violato specifici parametri
normativi al fine di favorire o danneggiare qualcuno. (Fattispecie
relativa ad affidamento, da parte del Direttore Generale, di inca-
3 – Rapporti con altri reati.
Integra il delitto di abuso d’ufficio, e non quello di peculato, la
condotta dell’agente della Polizia di Stato che, utilizzando il “fax”
in dotazione dell’ufficio (nella specie il posto fisso presso un
ospedale), riceva e trasmetta alla società privata con la quale
collabora gli atti relativi alle pratiche infortunistiche dei propri
clienti, destinando, di fatto, l’ufficio a succursale di detta società.
Cass., sez. VI, 26 aprile 2016 - 30 maggio 2016, n. 22800, CED
267070
326 Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio.
GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo: a) notizie d’ufficio (§ 2, a); b) segretezza (§ 2, b); c) differenze tra le
fattispecie previste dal primo e terzo comma (§ 2 c) 2 Casistica (§ 3).
1 – Elemento oggettivo: a) notizie d’ufficio.
Il delitto di rivelazione di segreti di ufficio è integrato anche
nell’ipotesi in cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico
servizio diffondano una notizia non appresa per ragioni dell’ufficio
o del servizio, bastando che tale notizia dovesse rimanere segreta e
che l’interessato, per le funzioni esercitate, avesse l’obbligo di
impedirne l’ulteriore diffusione. (Fattispecie relativa alla comunicazione ad un indagato dell’esistenza di indagini a suo carico, ad
opera di un’impiegata presso la cancelleria del tribunale). Cass.,
sez. III, 18 febbraio 2016 - 21 marzo 2016, n. 11664, CED 266321
b) segretezza. In tema di rivelazione ed utilizzazione di
segreti di ufficio, per notizie di ufficio che devono rimanere segrete
si intendono non solo le informazioni sottratte alla divulgazione in
ogni tempo e nei confronti di chiunque, ma anche quelle la cui
diffusione sia vietata dalle norme sul diritto di accesso, perchè
effettuate senza il rispetto delle modalità previste ovvero nei confronti di soggetti non titolari del relativo diritto. (Fattispecie in cui
la Corte ritenuto configurabile il reato in relazione alla rivelazione
di notizie concernenti l’individuazione dei parenti di soggetti deceduti da parte di operatori obitoriali in favore di imprenditori di
pompe funebri). Cass., sez. VI, 9 dicembre 2015 - 7 marzo 2016, n.
9409, CED 267274
c) differenze tra le fattispecie previste dal primo e
terzo comma. La rivelazione da parte del pubblico ufficiale di
un segreto di ufficio, anche laddove sia compiuta per fini di utilità
patrimoniale e in adempimento di una promessa corruttiva, integra
il reato previsto dal primo comma dell’art. 326 c.p., concorrendo
con il delitto di corruzione, mentre ricorre la diversa fattispecie
prevista dal terzo comma della stessa disposizione quando il pubblico ufficiale sfrutta, per profitto patrimoniale o non patrimoniale,
lo specifico contenuto economico e morale, in sé considerato, delle
informazioni destinate a rimanere segrete e non il valore economico
eventualmente derivante dalla rivelazione del segreto. Cass., sez.
VI, 9 dicembre 2015 - 7 marzo 2016, n. 9409, CED 267273
2 – Casistica.
Integra il delitto di rivelazione di segreti d’ufficio la condotta del
collaboratore di cancelleria che fornisca a terzi non autorizzati a
riceverla, e senza rispettare la procedura prevista dall’art. 110-bis
disp. att. c.p.p., la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati
35
Art. 326 - par. 2
CODICE PENALE
di una determinata persona. Cass., sez. V, 26 giugno 2015 - 3
novembre 2015, n. 44403, CED 266089
Integra il reato di rivelazione di segreti d’ufficio, previsto dall’art. 326 c.p., la comunicazione anticipata ad una delle imprese
concorrenti, da parte del direttore amministrativo di un Azienda
Ospedaliera, del contenuto di un bando relativo ad una gara
d’appalto per l’affidamento dei servizi di competenza aziendale.
Cass., sez. VI, 4 dicembre 2015 - 5 febbraio 2016, n. 4896, CED
266310
Integra il reato di rivelazione di segreti di ufficio la condotta del
pubblico ufficiale che, al fine di avvalorare una propria richiesta
concussiva, alimentando il timore e la soggezione delle persone
offese, riveli alle stesse, pur consapevoli della pendenza del procedimento penale, informazioni sugli esiti delle indagini in corso.
Cass., sez. VI, 16 marzo 2016 - 20 giugno 2016, n. 25677, CED
266967
328 Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione.
GIURISPRUDENZA 1 Il rifiuto di atti d’ufficio (comma 1): a) l’atto d’ufficio; le ragioni di giustizia o di sicurezza
pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità (§ 3, b).
1 – Il rifiuto di atti d’ufficio (comma 1): a) l’atto
d’ufficio; le ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica,
o di ordine pubblico o di igiene e sanità.
Integra il reato di rifiuto atti d’ufficio da compiere senza ritardo
per ragioni di igiene, il rifiuto dell’ausiliario scolastico di provvedere alla cura dell’igiene personale dell’alunno minore affetto di
disabilità (art. 47 del CCNL 2002/2005). Cass., sez. VI, 19 febbraio
2016 - 30 maggio 2016, n. 22786, CED 266824
334 Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto
nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa.
GIURISPRUDENZA
1 Rapporti con altri reati: a) in genere (§ 6, a).
1 – Rapporti con altri reati: a) in genere.
La condotta violenta posta in essere dal proprietario di un bene
appena sottoposto a sequestro integra il reato di cui all’art. 334,
comma 3, c.p., e non quello di resistenza a pubblico ufficiale, a
meno che la violenza non sia indirettamente volta a condizionare
l’operato del pubblico ufficiale, per impedirgli di completare le
operazioni. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la
configurabilità del reato di resistenza a un pubblico ufficiale, e
ritenuto quella del reato di sottrazione di cose sottoposte a sequestro, in un’ipotesi di violenza esercitata dall’imputato sul proprio
ciclomotore mentre i Carabinieri procedevano al sequestro amministrativo dello stesso). Cass., sez. VI, 18 novembre 2015 - 15
dicembre 2015, n. 49468, CED 266241
335 Violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a
sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 2).
1 – Elemento oggettivo.
La condotta del custode di un’autovettura sottoposta a sequestro e contestuale fermo amministrativo che, per colpa, agevola la
circolazione abusiva del veicolo ad opera di terzi, integra non il
reato di cui all’art. 335 c.p., ma un’ipotesi di concorso nell’illecito
amministrativo di cui all’art. 213, comma quarto, C.d.S., ai sensi
dell’art. 5 l. 24 novembre 1981, n. 689. (La S.C., in motivazione, ha
richiamato la sentenza n. 58 del 2012 e l’ordinanza n. 175 del 2012
della Corte costituzionale, sottolineando, altresì, la necessità di
privilegiare un’interpretazione più consona ai principi di specialità
e di ragionevolezza, anche perchè l’ordinamento sottopone alla sola
sanzione amministrativa la condotta, non meno grave, di colui che
sottrae e circola abusivamente con veicolo sottoposto a fermo
amministrativo). Cass., sez. VI, 10 febbraio 2016 - 11 marzo 2016,
n. 10164, CED 266725
337 Resistenza a un pubblico ufficiale.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 3).
1 – Elemento oggettivo.
Integra il delitto di resistenza a pubblico ufficiale la condotta di
chi aggredisce con violenza e minaccia gli appartenenti alle forze
dell’ordine mentre agiscono per assicurare il rispetto dei limiti
territoriali fissati, per ragioni di ordine pubblico, allo svolgimento
di un corteo. Cass., sez. VI, 3 dicembre 2015 - 19 gennaio 2016, n.
1940, CED 266685
341-bis Oltraggio a pubblico ufficiale.
GIURISPRUDENZA
36
1 Elemento oggettivo (§ 2).
Art. 353 - par. 2
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
1 – Elemento oggettivo.
Ai fini della configurabilità del reato di oltraggio di cui all’art.
341-bis c.p. è sufficiente che le espressioni offensive rivolte al
pubblico ufficiale possano essere udite dai presenti, poichè già
questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può
compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie
un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per
lui e per la pubblica amministrazioen di cui fa parte, e ulteriori
rispetto a quelle ordinarie. Cass., sez. VI, 17 marzo 2016 - 13 aprile
2016, n. 15440, CED 266546
Ai fini della esclusione del reato di oltraggio, di cui all’art.
341-bis c.p., non integra la scriminante dell’esercizio del diritto di
difesa la condotta consistita nel rivolgere nei confronti del pubblico
ufficiale chiamato a deporre quale testimone, espressioni obiettivamente ingiuriose non concernenti in modo diretto ed immediato
l’oggetto della controversia, né funzionali rispetto alle argomentazioni poste a sostegno della tesi difensiva sostenuta dal soggetto che
le ha pronunciate. (Fattispecie nella quale l’imputato, assistendo
alla testimonianza del pubblico ufficiale, proferiva le frasi “è un
bugiardo, è un falso”). Cass., sez. VI, 24 febbraio 2016 - 4 aprile
2016, n. 13414, CED 267268
348 Abusivo esercizio di una professione.
GIURISPRUDENZA
1 Unità o pluralità di atti (§ 5) 2 Casistica: a) professione medica in genere (§ 14, b).
1 – Unità o pluralità di atti.
Nell’esercizio abusivo della professione - reato solo eventualmente abituale - la reiterazione degli atti tipici dà luogo ad un unico
reato, il cui momento consumativo coincide con l’ultimo di essi,
vale a dire con la cessazione della condotta. Cass., sez. VI, 19 aprile
2016 - 13 maggio 2016, n. 20099, CED 266746
2 – Casistica: a) professione medica in genere.
Risponde del reato di esercizio abusivo della professione, previsto dall’art. 348 c.p., colui che, senza aver conseguito la laurea in
medicina e la relativa abilitazione professionale, eserciti l’attività di
massaggiatore a scopo curativo, posto che la professione sanitaria
di massaggiatore abilita solo a compiere trattamenti finalizzati a
migliorare il benessere personale su un soggetto sano e integro e
non il compimento di attività che presuppongono competenze
mediche, teraupetiche o fisioterapiche. (Nella specie, i massaggi
eseguiti dall’imputata - cui i malati si rivolgevano ottenendone
promessa di guarigione - erano preceduti da un colloquio con
finalità anamnestico- diagnostiche, e seguiti da una benedizione
con imposizione delle mani). Cass., sez. VI, 15 marzo 2016 - 1
aprile 2016, n. 13213, CED 266776
349 Violazione di sigilli.
GIURISPRUDENZA
1 Consumazione (§ 4).
1 – Consumazione.
Il reato di violazione di sigilli ha natura istantanea e si perfeziona
sia con la materiale violazione dei sigilli, sia con qualsiasi condotta
idonea a frustrare il vincolo di immodificabilità imposto sul bene
per disposizione di legge o per ordine dell’autorità; ne consegue
che lo stato di flagranza per tale reato, può essere ritenuto sussi-
stente dal giudice della convalida con riferimento, non solo al
momento della materiale rottura dei sigilli, ma anche a quello in cui
l’indagato si sia introdotto o stia facendo uso dell’immobile in
violazione del vincolo di indisponibilità sullo stesso. Cass., sez. III,
13 gennaio 2016 - 27 gennaio 2016, n. 3545, CED 266139
353 Turbata libertà degli incanti.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 2) 2 Consumazione. Tentativo (§ 3).
1 – Elemento oggettivo.
Il reato di turbata libertà degli incanti è configurabile in ogni
situazione in cui vi è una procedura di gara, anche informale e
atipica, mediante la quale la P.A. proceda all’individuazione del
contraente, a condizione, tuttavia, che l’avviso informale di gara o
il bando, o comunque l’atto equipollente, pongano i potenziali
partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al
confronto e i criteri in base ai quali formulare le proprie offerte,
sicché deve escludersi la esistenza di una gara allorché, a prescindere dalla legittimità del meccanismo adottato, sia prevista solo una
comparazione di offerte che la P.A. è libera di valutare, in mancanza di precisi criteri di selezione. Cass., sez. VI, 21 gennaio 2016
- 26 febbraio 2016, n. 8044, CED 266118
Nel reato di turbata libertà degli incanti, il “mezzo fraudolento”consiste in una attività ingannatoria idonea ad alterare il regolare funzionamento e pregiudicare la libera partecipazione alla
gara. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha escluso che
la presentazione, ai sensi dell’art. 584 cod. proc. civ., di offerte in
aumento del sesto successive alla aggiudicazione del bene, non
seguite dal versamento della somma nel termine, con l’effetto di far
prolungare la gara e l’intento di aggiudicarsi il bene messo all’asta,
possa qualificarsi come “mezzo fraudolento”, ove tale facoltà non
ridondi in abuso). Cass., sez. VI, 11 novembre 2015 - 26 febbraio
2016, n. 8020, CED 266332
2 – Consumazione. Tentativo.
Configura il tentativo del reato di turbata libertà degli incanti
(art. 353 c.p.) la presentazione, in occasione di una gara d’appalto,
di offerte riconducibili ad un unico centro decisionale da parte di
imprese formalmente o sostanzialmente collegate tra loro, successivamente escluse dalla competizione, in quanto l’esclusione impedisce che la condotta collusiva influenzi positivamente l’esito finale
della gara e causi la verificazione dell’evento tipico del reato.
Cass., sez. VI, 11 novembre 2015 - 26 febbraio 2016, n. 8021, CED
266682
Il reato di turbata libertà degli incanti di cui all’art. 353 c.p. - a
differenza della fattispecie prevista dall’art. 353-bis c.p. - non è
configurabile, neanche nella forma del tentativo, prima che la
procedura di gara abbia avuto inizio (e cioè prima della pubblicazione del relativo bando), dovendosi ritenere carente in tale situazione il presupposto oggettivo per la realizzazione delle condotte
previste dalla norma incriminatrice. Cass., sez. V, 11 maggio 2016
- 16 giugno 2016, n. 25091, CED 267324
37
Art. 353-bis - par. 1
CODICE PENALE
353-bis Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 2).
1 – Elemento oggettivo.
In tema di turbata libertà degli incanti, integrano il reato
previsto dall’art. 353 c.p. i comportamenti manipolatori che incidono sulla formazione di un bando di gara poi adottato, non
rilevando che essi siano stati commessi prima dell’art. 353-bis c.p.,
atteso che in quest’ultima fattispecie incriminarice rientrano, invece, le condotte manipolatorie del procedimento non seguite dalla
emissione del bando e quelle di manipolazione dell’“iter” procedurale che non abbiano, tuttavia, influenzato la legittimità del
bando poi adottato. (In motivazione, la Corte ha chiarito che le
condotte da ultimo indicate erano penalmente rilevanti, ai sensi
degli artt. 56 e 353 c.p., anche prima della entrata in vigore dell’art.
353 bis c.p.). Cass., sez. VI, 27 gennaio 2016 - 15 febbraio 2016, n.
6259, CED 266313
Nel delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del
contraente, previsto dall’art. 353 bis c.p., la condotta di collusione
consiste nell’accordo clandestino diretto ad influire sul normale
svolgimento delle offerte, concretamente idoneo a conseguire
l’evento del reato, che si configura non soltanto in un danno
immediato ed effettivo, ma anche in un danno mediato e potenziale, attesa la natura di reato di pericolo della fattispecie. Cass.,
sez. VI, 4 maggio 2016 - 13 giugno 2016, n. 24477, CED 267092
357 Nozione del pubblico ufficiale.
GIURISPRUDENZA 1 Nozione di pubblico ufficiale (§ 1) 2 Funzione giudiziaria (§ 3) 3 Privati esercenti funzioni
pubbliche (§ 10) 4 La privatizzazione degli enti pubblici economici. Le Ferrovie dello Stato, l’Ente Poste, ecc. (§ 11).
1 – Nozione di pubblico ufficiale.
Il responsabile di un’associazione privata avente la finalità di
promuovere servizi culturali ed iniziative per il tempo libero in
favore dei dipendenti della Polizia di Stato e dei loro familiari, non
riveste la qualifica di pubblico ufficiale - non essendo configurabile
un’attività di formazione o di manifestazione della volontà della
P.A. ovvero di esercizio di poteri autoritativi o certificativi - né
quella di incaricato di pubblico servizio, dovendosi escludere che
tale attività sia oggettivamente di pubblico interesse o che tale
natura possa derivare dall’art. 16 d.P.R. 147 del 1990. Cass., sez.
VI, 14 giugno 2016 - 15 luglio 2016, n. 30323, CED 267522
2 – Funzione giudiziaria.
L’Ufficiale giudiziario, pur al di fuori della sua attività per conto
del Ministero della Giustizia, riveste la qualità di pubblico ufficiale,
potendo egli espletare altre attività involgenti il suo tipico ruolo di
ufficiale fidefaciente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente
da censure la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di un
ufficiale giudiziario per il reato di peculato in relazione a somme di
cui aveva il possesso in ragione del servizio protesti e attività di
incasso dei crediti cambiari). Cass., sez. VI, 31 maggio 2016 - 6
luglio 2016, n. 27945, CED 267392
Il cappellano del carcere riveste la qualità di incaricato di
pubblico servizio, avuto riguardo ai compiti assegnatigli per legge,
funzionali all’interesse pubblico perseguito dallo Stato nel trattamento delle persone condannate o internate. (In motivazione, la
S.C. ha precisato che l’attività svolta dal cappellano del carcere
trova il suo fondamento nell’art. 15 dell’ord. pen. che prevede che
il trattamento del condannato e dell’internato sia svolto avvalendosi anche della religione e, a tal fine, contempla il servizio di
assistenza cattolica all’interno della struttura penitenziaria con
compito di organizzare e presiedere alle pratiche di culto, istruzione e assistenza dei detenuti). Cass., sez. III, 17 maggio 2016 - 28
luglio 2016, n. 33049, CED 267401 — Giurisprudenza contrastante
Non riveste la qualifica di pubblico ufficiale il commissario,
designato, ex art. 161, comma 3, l. fall., per la stesura della
relazione sul piano di fattibilità del concordato preventivo , poiché
ad esso, a differenza di altre figure soggettive, quali quelle del
curatore, del commissario giudiziale e del commissario liquidatore,
la legislazione fallimentare non attribuisce espressamente tale qualifica. Cass., sez. V, 2 dicembre 2015 - 8 marzo 2016, n. 9542, CED
267554
3 – Privati esercenti funzioni pubbliche.
L’ENASARCO è un ente che, pur avendo la forma giuridica di
fondazione di diritto privato, persegue finalità di pubblico interesse, posto che si occupa di previdenza integrativa a contribuzione
obbligatoria degli associati, cui eroga un servizio pubblico sotto la
vigilanza ministeriale e della Corte dei Conti; ne deriva che deve
essere riconosciuta la qualifica di pubblico ufficiale e non quella di
incaricato di pubblico servizio a colui che determina la scelte degli
investimenti immobiliari di detto soggetto giuridico. (Fattispecie in
tema di corruzione in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la
sentenza che aveva attribuito tale qualifica al Presidente della
Fondazione). Cass., sez. VI, 17 febbraio 2016 - 1 giugno 2016, n.
23236, CED 267252
4 – La privatizzazione degli enti pubblici economici. Le Ferrovie dello Stato, l’Ente Poste, ecc.
Il personale di Trenitalia s.p.a. incaricato del controllo dei
biglietti di linea riveste la qualifica di pubblico ufficiale, essendo
tenuto a provvedere alla constatazione dei fatti ed alle relative
verbalizzazioni nell’ambito delle attività di prevenzione e di accertamento delle infrazioni relative ai trasporti. Cass., sez. VI, 17
marzo 2016 - 12 aprile 2016, n. 15113, CED 267311
358 Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio.
GIURISPRUDENZA
1 Casistica (§ 2).
1 – Casistica.
Il direttore generale di una fondazione, cui la legge reg. istitutiva
ha attribuito compiti di valorizzazione del patrimonio culturale
della Sicilia e di conservazione e ordinamento dell’archivio storico
dell’autonomia e dell’attività dell’Assemblea Parlamentare Regio38
nale, riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio, attesa la
natura pubblica delle funzioni e dei servizi affidati alla fondazione.
(Fattispecie in tema di peculato). Cass., sez. VI, 12 novembre 2015
- 1 febbraio 2016, n. 4126, CED 266309
Non può essere riconosciuta la qualifica di incaricato di pubbli-
Art. 368 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
co servizio al commesso di tribunale, in quanto questi espleta
normalmente mansioni meramente esecutive. (Fattispecie in cui la
Corte ha escluso la configurabilità del delitto di corruzione nei
confronti di alcuni commessi che, senza essere concretamente
inseriti - anche solo di fatto - nell’assetto organizzativo dell’ufficio,
avevano svolto, in cambio di somme di denaro, attività in favore di
alcuni difensori, rilasciando copie informali e comunicando il
contenuto di atti e provvedimenti del giudice, anche prima del loro
deposito). Cass., sez. VI, 2 febbraio 2016 - 26 febbraio 2016, n.
8070, CED 266314
Riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio l’amministratore di un Istituto di vigilanza privata avente il compito di
trasportare, contare, custodire e versare denaro per conto di terzi,
in quanto tali mansioni - volte allo svolgimento in forma garantita
di attività proprie di un servizio di pubblico interesse - implicano
un complesso di obblighi di rendiconto e di tenuta della documentazione contabile che necessariamente esula dallo svolgimento di
incombenti solo materiali o di ordine. (Fattispecie relativa a peculato commesso dal legale rappresentante di un Istituto di vigilanza
che si era appropriato di una somma di denaro che aveva il compito
di custodire in un proprio “caveau”, dopo averlo prelevato da
alcuni punti vendita della Società committente e prima di versarlo
presso un Istituto di credito). Cass., sez. VI, 26 gennaio 2016 - 22
febbraio 2016, n. 6847, CED 267015
I funzionari dipendenti di società operanti nei c.d.settori speciali
(nella fattispecie quello dell’energia), sono incaricati di pubblico
servizio ai sensi dell’art. 358 c.p., atteso il rilievo pubblicistico
dell’attività svolta da dette società, obbligate ad adottare la procedura di evidenza pubblica nella gestione degli appalti. (In motivazione la Corte ha chiarito che l’obbligatorietà della procedura di
evidenza pubblica è indice sintomatico del rilievo pubblicistico
dell’attività svolta dalla società, in quanto la sua previsione presuppone la necessità ed il riconoscimento che una determinata attività,
relativa a settori strategici per gli interessi pubblici di uno stato, sia
sottoposta ad un regime amministrativo che assicuri la tutela della
concorrenza assieme all’imparzialità della scelta del soggetto aggiudicatario). Cass., sez. VI, 10 novembre 2015 - 7 luglio 2016, n.
28299, CED 267045
360 Cessazione della qualità di pubblico ufficiale.
GIURISPRUDENZA
1 Ambito di applicazione e casistica.
1 – Ambito di applicazione e casistica.
In tema di reati contro la P.A., la disposizione di cui all’art. 360
c.p., che prevede la configurabilità del reato anche nelle ipotesi in
cui il soggetto investito del pubblico ufficio abbia perduto la
qualifica soggettiva pubblicistica, costituisce una eccezione alla
regola generale secondo cui tale qualifica deve sussistere al mo-
mento della commissione del reato, ne consegue che tale disposizione non è applicabile nei casi in cui il fatto commesso si riferisca
ad un ufficio o servizio che l’agente inizi ad esercitare in un
momento successivo. Cass., sez. VI, 19 maggio 2016 - 4 luglio
2016, n. 27392, CED 267234
361 Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale.
GIURISPRUDENZA
1 Casistica (§ 4).
1 – Casistica.
Non integra il reato di omessa denuncia di reato da parte del
pubblico ufficiale, previsto dall’art. 361 c.p., la condotta del commissario giudiziale, nominato nella procedura di concordato preventivo che ha preceduto il fallimento, che abbia esaustivamente
redatto la relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, pre-
vista dall’art. 172 l. fall., allorchè il carattere distrattivo di un
contratto stipulato dalla società prima dell’ammissione alla procedura e di cui siano stati segnalati tutti i rischi, emerga successivamente al deposito di quest’ultima in cancelleria ed alla sua trasmissione al Pubblico Ministero. Cass., sez. V, 2 dicembre 2015 - 21
marzo 2016, n. 11921, CED 266806
368 Calunnia.
GIURISPRUDENZA 1 Incolpazione e simulazione delle tracce di un reato (§ 1) 2 Reato attribuito (§ 2) 3 Pluralità
di reati denunciati e pluralità di denunce (§ 10).
1 – Incolpazione e simulazione delle tracce di un
reato.
La falsa denuncia di smarrimento di assegni bancari, presentata
da un soggetto dopo averli consegnati ad altra persona in pagamento di un’obbligazione, integra il delitto di calunnia in quanto,
pur non essendo formulata direttamente un’accusa concernente
uno specifico reato, tuttavia, configurando la calunnia un reato di
pericolo, è sufficiente che i fatti falsamente rappresentati all’Autorità Giudiziaria, pur se non univocamente indicativi di una fattispecie specifica di reato, siano tali da rendere ragionevolmente
prevedibile l’apertura di un procedimento penale, per un fatto
procedibile d’ufficio, a carico di persona determinata. Cass., sez.
VI - 27 gennaio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 8045, CED 266153
La falsa denuncia di smarrimento di assegni bancari, presentata
da un soggetto dopo averli consegnati ad altra persona in pagamento di un’obbligazione, integra il delitto di calunnia anche dopo
la depenalizzazione, ad opera del d.lg. 15 gennaio 2016, n. 7, del
reato di appropriazione di cosa smarrita, atteso che tra i reati in
astratto configurabili come presupposto rispetto al reato previsto
dall’art. 368 c.p. vi sono, oltre a quello di cui all’art. 647 c.p., anche
il furto e la ricettazione). Cass., sez. VI, 8 marzo 2016 - 18 aprile
2016, n. 15964, CED 266534
Per la sussistenza dell’elemento materiale del delitto di calunnia,
nella forma della incolpazione c.d. reale o indiretta, è sufficiente
che siano portate a conoscenza dell’autorità giudiziaria - sia con
scritti che con informazioni o anche testimonianze rese nello
svolgimento di un processo - circostanze idonee ad indicare taluno
come responsabile di un fatto costituente reato che non ha commesso. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto sussistente l’elemento
materiale del reato nella produzione, in un processo per i reati di
minaccia ed ingiuria, di un falso verbale di contravvenzione per
violazione del codice della strada, finalizzata a dimostrare che
l’imputato si trovava altrove al momento dei fatti ascrittigli e,
quindi, ad incolpare inequivocabilmente il querelante di averlo
39
Art. 368 - par. 1
CODICE PENALE
falsamente accusato). Cass., sez. VI, 29 gennaio 2016 - 11 marzo
2016, n. 10160, CED 266956
2 – Reato attribuito.
Il delitto di calunnia si configura anche nel caso di successiva
abrogazione del reato oggetto della falsa incolpazione. Cass., sez.
VI, 10 febbraio 2016 - 25 febbraio 2016, n. 7729, CED 266653
In tema di calunnia, quando, per effetto di una riforma legislativa, il trattamento sanzionatorio del reato presupposto è mitigato
ed è ricondotto ad una pena inferiore al limite che determina
l’applicazione della circostanza aggravante prevista dall’art. 368,
comma 2, c.p., non viene meno la configurabilità di quest’ultima,
poichè ciò che rileva è che la falsa accusa, nel momento in cui la
condotta è commessa, abbia esposto la persona ingiustamente
accusata al rischio di essere sottoposta ad un reato punito con una
pena tale da configurare la suddetta aggravante. (Nella fattispecie la
S.C. ha ritenuto che si configura l’aggravante nel caso di falsa
accusa di concussione anche qualora la condotta oggetto della
stessa sia ipoteticamente riconducibile alla nuova fattispecie di
induzione indebita a dare o promettere utilità, di cui all’art.
319-quater c.p., introdotta successivamente ai fatti di causa e punita
con pena inferiore a quella prevista dall’art. 368 comma secondo,
c.p., per la configurabilità dell’aggravante). Cass., sez. VI, 26
febbraio 2016 - 25 marzo 2016, n. 12655, CED 266951
Sussiste il reato di calunnia anche quando il fatto, oggetto della falsa
incolpazione, sia diverso e più grave di quello effettivamente commesso
dalla persona incolpata, condizione che si verifica allorché la diversità,
incidendo sull’essenza del fatto, riguardi modalità essenziali della sua
realizzazione, che ne modifichino l’aspetto strutturale e incidano sulla
sua maggiore gravità ovvero sulla sua identificazione. (In applicazione
del principio, la S.C. ha ritenuto sussistente il delitto di calunnia nella
condotta di un denunciante che, descrivendo un’aggressione realmente
subita dagli imputati, aveva falsamente dedotto di aver subito conseguenze lesive tali da determinare la contestazione, nei loro confronti,
dell’aggravante dello sfregio permanente del viso di cui all’art. 583, comma primo, n. 4, c.p.). Cass., sez. VI, 26 gennaio 2016 - 9 marzo 2016,
n. 9874, CED 266730
3 – Pluralità di reati denunciati e pluralità di denunce.
In tema di calunnia, la proposizione di plurime denunce contenenti false accuse depositate presso più autorità ed in luoghi
distinti dà luogo ad una pluralità di reati, dovendosi escludere
l’identità del fatto nel caso in cui la reiterazione della condotta
avvenga con modalità spazio-temporali diverse. (In applicazione
del principio, la Corte ha annullato la sentenza con la quale il
giudice aveva assolto l’imputato e restituito gli atti al pubblico
ministero ex art. 521 c.p.p., ritenendo che il reato di calunnia si era
consumato con la proposizione della prima denuncia, rispetto alla
quale quella proposta in un secondo momento, dinanzi ad altra
autorità, costituiva un mero post factum non punibile). Cass., sez.
VI, 8 marzo 2016 - 4 aprile 2016, n. 13416, CED 267269
371-bis False informazioni al pubblico ministero o al procuratore della
Corte penale internazionale.
GIURISPRUDENZA
1 Questioni processuali (§ 8).
1 – Questioni processuali.
In tema di false dichiarazioni al pubblico ministero, ai fini della
immediata procedibilità prevista dall’art. 371-bis, comma 2, c.p.,
integra il rifiuto di fornire informazioni non soltanto il silenzio o
una esplicita dichiarazione con la quale il soggetto escusso rappresenti la propria volontà di non rispondere alle domande rivoltegli
dal pubblico ministero, ma ogni comportamento che si risolva in
un diniego delle informazioni richieste. (Fattispecie in cui la Corte
ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ravvisato la
condotta di rifiuto nella opposizione di una serie di “non ricordo”
alle domande del pubblico ministero). Cass., sez. VI, 19 febbraio
2016 - 16 giugno 2016, n. 24374, CED 267394
373 Falsa perizia o interpretazione.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento soggettivo (§ 3).
1 – Elemento soggettivo.
Il reato di falsa perizia sussiste, nel contesto di accertamenti
valutativi, in presenza di un enunciato mendace riconducibile,
sotto il profilo oggettivo, a canoni di certezza, in quanto non
d’ufficio controvertibile, e, sotto il profilo soggettivo, ad una
divergenza intenzionale tra il convincimento reale del consulente o
del perito e quello manifestato nell’elaborato tecnico. Cass., sez.
VI, 26 febbraio 2016 - 25 marzo 2016, n. 12654, CED 266869
374 Frode processuale.
GIURISPRUDENZA
1 Interesse tutelato. Elemento oggettivo (§ 1).
1 – Interesse tutelato. Elemento oggettivo.
L’immutazione dei luoghi integra il delitto di frode processuale
ogni qual volta sia percepibile soltanto grazie ad un esame non
superficiale e possa sfuggire, pertanto, al controllo di una persona
non particolarmente esperta, risultando invece irrilevante solo
quando la stessa sia talmente grossolana e così agevolmente percepibile a prima vista, da escludere qualsiasi potenzialità ingannato40
ria. (Fattispecie relativa ad immutazione dei luoghi, consistita
nell’abbattimento e nella ricostruzione di alcuni muri portanti,
finalizzata a trarre in inganno il consulente tecnico di ufficio
nominato dal giudice civile in un procedimento per accertamento
tecnico preventivo, introdotto per lamentate lesioni strutturali della
proprietà). Cass.s, sez. VI, 4 febbraio 2016 - 10 marzo 2016, n.
9956, CED 266732
Art. 377 - par. 2
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
374-bis False dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 2) 2 Rapporti con altri reati (§ 3).
1 – Elemento oggettivo.
Per la configurabilità del reato di cui all’art. 374-bis c.p. (false
dichiarazioni o attestazioni in atti destinati alla autorità giudiziaria),
assume rilievo la idoneità degli atti o dei documenti ad adempiere
alla funzione probatoria da essi concretamente svolta e non la loro
provenienza da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio,
né il fatto che i documenti siano costituiti da atti pubblici, certificati, scritture private o altro. Cass., sez. VI, 23 febbraio 2016 - 14
marzo 2016, n. 10710, CED 266315
L’immutazione dei luoghi integra il delitto di frode processuale
ogni qual volta sia percepibile soltanto grazie ad un esame non
superficiale e possa sfuggire, pertanto, al controllo di una persona
non particolarmente esperta, risultando invece irrilevante solo
quando la stessa sia talmente grossolana e così agevolmente percepibile a prima vista, da escludere qualsiasi potenzialità ingannatoria. (Fattispecie relativa ad immutazione dei luoghi, consistita
nell’abbattimento e nella ricostruzione di alcuni muri portanti,
finalizzata a trarre in inganno il consulente tecnico di ufficio
nominato dal giudice civile in un procedimento per accertamento
tecnico preventivo, introdotto per lamentate lesioni strutturali della
proprietà). Cass., sez. VI, 11 novembre 2015 - 26 febbraio 2016, n.
8024, CED 266683
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 374bis c.p.
(false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati alla autorità
giudiziaria), deve aversi riguardo non all’autenticità materiale dell’atto ma all’inveridicità dei suoi contenuti e all’idoneità dello
stesso ad adempiere alla funzione probatoria cui è preordinato.
(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza
che aveva ricondotto al reato previsto dall’art. 374bis c.p. la
condotta dell’imputato che, già in stato di detenzione domiciliare,
aveva prodotto al magistrato di sorveglianza una dichiarazione
materialmente falsa, apparentemente proveniente dal proprio datore di lavoro, relativa ai propri orari lavorativi, al fine di ottenere
una estensione del periodo di autorizzazione ad assentarsi dal
domicilio). Cass., sez. VI, 26 aprile 2016 - 7 giugno 2016, n. 23547,
CED 267395
2 – Rapporti con altri reati.
Il reato di cui all’art. 374-bis c.p., se aggravato dal fatto di essere
stato commesso da un pubblico ufficiale, si pone in rapporto di
specialità rispetto al delitto di falso ideologico commesso dal
pubblico ufficiale in atti pubblici, in quanto si differenzia da questo
per la destinazione dell’atto all’autorità giudiziaria. Cass., sez. VI,
10 marzo 2016 - 4 aprile 2016, n. 13425, CED 267089
376 Ritrattazione.
GIURISPRUDENZA
personale (§ 5).
1 Nozione e natura della ritrattazione (§ 2)
1 – Nozione e natura della ritrattazione.
La ritrattazione, quale causa che elimina la punibilità del delitto
di falsa testimonianza, deve consistere in una smentita non equivoca del fatto deposto e nella manifestazione del vero, non essendo
sufficiente una dichiarazione che, pur volta a minimizzare le conseguenze processuali della testimonianza, sostanzialmente confermi
il precedente racconto. Cass., sez. VI, 4 febbraio 2016 - 10 marzo
2016, n. 9955, CED 266472
2 – La ritrattazione nel delitto di favoreggiamento personale.
In tema di favoreggiamento personale, la ritrattazione opera
come causa di non punibilità del reato solo allorquando essa
2 La ritrattazione nel delitto di favoreggiamento
avvenga nello stesso processo penale in cui il responsabile ha posto
in essere la condotta di favoreggiamento, a nulla rilevando che essa
sia venuta a conoscenza dell’ autorità davanti alla quale è stata
consumata la falsità e che essa l’abbia utilizzata insieme con altri
elementi processuali. (Fattispecie in cui la Corte, ha ritenuto
applicabile la causa di non punibilità avendo l’imputato effettuato
la ritrattazione nel corso del giudizio abbreviato celebrato nei suoi
confronti a seguito di separazione del processo ai sensi dell’art. 18
c.p.p., e dunque sempre nell’ambito dell’unitario procedimento
originario iscritto anche nei confronti degli autori del reatopresupposto). Cass., sez. VI, 4 maggio 2016 - 6 luglio 2016, n.
27933, CED 267389
377 Intralcio alla giustizia.
GIURISPRUDENZA
1 Qualità di testimone (§ 2) 2 Consulente tecnico (§ 3) 3 Rapporti con altri reati (§ 7)
1 – Qualità di testimone.
È configurabile il delitto di intralcio alla giustizia anche con
riferimento alle pressioni e alle minacce esercitate su colui che
abbia reso dichiarazioni accusatorie nella fase delle indagini preliminari al fine di indurlo alla ritrattazione in vista dell’acquisizione,
da parte sua, della qualità di testimone nel celebrando dibattimento. (Fattispecie relativa a condotta intimidatrice posta in essere da
un ispettore della Polizia di Stato nei confronti di persona informata sui fatti al fine di indurla a ritrattare le accuse di estorsione
mosse nei confronti di appartenenti ad un’associazione camorristica). Cass., sez. VI, 20 ottobre 2015 - 18 dicembre 2015, n. 50008,
CED 266040 — Nello stesso senso: Cass., sez. VI, 17 febbraio
2016 - 28 aprile 2016, n. 17665, CED 266796
2 – Consulente tecnico.
Integra il delitto di intralcio alla giustizia previsto dall’art. 377
c.p. in relazione alle ipotesi di cui agli artt. 371-bis o 372 c.p.,
secondo la fase procedimentale o processuale in cui viene posta in
essere, la condotta di chi offre o promette denaro o altra utilità al
consulente tecnico del p.m. al fine di influire sul contenuto della
consulenza, anche quando l’incarico a questi affidato implica la
formulazione di giudizi di natura tecnico-scientifica. Cass., S.U.,
25 settembre 2014 - 12 dicembre 2014, n. 51824, Guidi, CED
261187
41
Art. 377 - par. 3
CODICE PENALE
3 – Rapporti con altri reati
Riguardo al rapporto con il reato di istigazione alla corruzione
propria (art. 322, comma 2, c.p.), v. Cass., S.U., 27 giugno 2013 -
23 ottobre 2013, n. 43384, CED 256408 e poi la sentenza della C.
cost., n. 163 del 2014, sub art. 322 § 1 del volume.
378 Favoreggiamento personale.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo: a) natura dell’aiuto; interesse tutelato (§ 2, a); b) casistica (§ 2, c).
1 – Elemento oggettivo: a) natura dell’aiuto; interesse tutelato.
Il reato di favoreggiamento personale è integrato da qualunque
condotta, attiva o omissiva, che provochi una negativa alterazione
del contesto fattuale all’interno del quale le investigazioni e le
ricerche sono già in corso o si potrebbero iniziare, non essendo
necessaria la dimostrazione dell’effettivo vantaggio conseguito dal
soggetto favorito. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di condanna della vittima di
un’aggressione armata che, sia nell’immediatezza del fatto, sia in un
secondo momento, si era rifiutata di fornire informazioni alle Forze
dell’ordine sul luogo, sull’autore e sulle ragioni del ferimento).
Cass., sez. VI, 16 febbraio 2016 - 7 marzo 2016, n. 9415, CED
267276
b) casistica. Integra il reato di favoreggiamento personale la
condotta del medico che non si limiti ad assistere un latitante, ma
ponga in essere condotte di altra natura che, travalicando il dovere
professionale del sanitario di tutelare la salute, contribuiscano a che
la persona assistita eluda le investigazioni o le ricerche dell’autorità.
(Nella specie, il medico, avvalendosi del ruolo direttivo esercitato
all’interno di un laboratorio di analisi, aveva fatto sì che il latitante
fruisse in maniera sistematica, in un significativo arco temporale,
delle prestazioni della struttura sanitaria senza correre il rischio di
essere individuato dagli inquirenti, dal momento che gli accertamenti diagnostici venivano effettuati a nome dello stesso sanitario).
Cass., sez. VI, 1 marzo 2016 - 22 marzo 2016, n. 12281, CED 267420
380 Patrocinio o consulenza infedele.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo: a) la pendenza di un procedimento (§ 2, a).
1 – Elemento oggettivo: a) la pendenza di un procedimento.
La disposizione dell’art. 380 c.p. sanziona la condotta del patrocinatore, infedele ai suoi doveri professionali, che arrechi nocumento agli interessi della parte da lui difesa (assistita o rappresentata) dinanzi all’autorità giudiziaria, per cui essa non può trovare
applicazione nel caso in cui la condotta si riferisca al procedimento
di esecuzione esattoriale, di cui al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 46,
come modificato dal d.lg. 26 febbraio 1999, n. 46, costituendo tale
ultimo un’attività esecutiva svolta dalla P.A. improntato al regime
di autotutela. Cass., sez. VI, 17 giugno 2016 - 7 luglio 2016, n.
28309, CED 267096
384 Casi di non punibilità.
GIURISPRUDENZA
1 Onere della prova (§ 3).
1 – Onere della prova.
In tema di scriminante di cui all’art. 384 c.p., il soggetto
chiamato a deporre in qualità di parte offesa o di persona informata
sui fatti di un reato non può violare l’obbligo su di lui gravante di
riferire quanto a sua conoscenza, salvo che non espliciti, in maniera
inequivocabile, seppur non espressamente, di essere oggetto, direttamente o indirettamente attraverso un prossimo congiunto, di
attuale minaccia o violenza ovvero dell’avvio di un procedimento
penale a suo carico. (Fattispecie, in tema di favoreggiamento,
relativa alla condotta di un acquirente-consumatore di sostanza
stupefacente, che, dopo essere stato sentito dalla polizia giudiziaria
come persona informata sui fatti, aveva telefonicamente contattato
il proprio fornitore invitandolo a dismettere le utenze telefoniche
da questi usate). Cass., sez. VI, 18 marzo 2016 - 5 luglio 2016, n.
27604, CED 267405
385 Evasione.
GIURISPRUDENZA 1 Presupposto del delitto (§ 1) 2 Consumazione (§ 4) 3 Aggravanti e attenuanti(§ 5)
Imputato agli arresti domiciliari e condannato ammesso a lavorare all’esterno (§ 6).
4
1 – Presupposto del delitto.
Integra il delitto di evasione la condotta di colui che si allontani
dal luogo ove si trovi in stato di coercizione personale e vigilato
dagli organi di polizia che hanno operato l’arresto, anche se non sia
stato ancora redatto il relativo verbale, giacché la qualità di arrestato consegue all’attività di privazione della libertà personale e non
alla redazione del verbale di arresto, che rappresenta solo la forma
di documentazione dell’attività compiuta. Cass., sez. II, 8 aprile
2016 - 20 maggio 2016, n. 21044, CED 266801
c.p.p., nel caso di pluralità di condanne per il delitto di evasione
relative a fatti commessi nello stesso arco temporale in cui si è
protratto l’allontanamento, in quanto si tratta di un reato istantaneo con effetti permanenti, che si consuma nel momento dell’allontanamento del soggetto agente dal luogo della detenzione,
anche domiciliare, mentre l’effetto permanente cessa quando l’evaso torna nel luogo che non avrebbe dovuto lasciare, interrompendo
in tal modo l’elusione del controllo da parte dell’autorità vigilante.
Cass., sez. VI, 9 marzo 2016 - 25 marzo 2016, n. 12664, CED 266785
2 – Consumazione.
È violato il divieto di un secondo giudizio, di cui all’art. 649
3 – Aggravanti e attenuanti.
Non integra la circostanza attenuante prevista dall’art. 385,
42
Art. 392 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
comma quarto, c.p., la condotta dell’evaso che, trovandosi nei
pressi di una caserma dei carabinieri, manifesta ad una terza
persona l’intenzione di costituirsi e chiede di chiamare l’ autorità di
polizia. Cass., sez. VI, 24 febbraio 2016 - 18 aprile 2016, n. 15960,
266920
4 – Imputato agli arresti domiciliari e condannato
ammesso a lavorare all’esterno.
Integra il reato di evasione la condotta di volontario allontana-
mento dal luogo di restrizione domiciliare e di presentazione
presso la stazione dei Carabinieri ancorché per chiedere di essere
ricondotto in carcere. (Nel caso di specie l’imputato aveva giustificato il proprio comportamento - peraltro tenuto senza avere
prima avvisato le Forze dell’Ordine - in ragione della insostenibilità
della convivenza con la sorella ed il di lei marito). Cass., sez. VI,
25 febbraio 2016 - 2 marzo 2016, n. 8614, CED 266508 — Giurisprudenza contrastante.
388 Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice.
GIURISPRUDENZA 1 Le fattispecie disciplinate dai primi due commi: a) elusione di un provvedimento di affidamento o cautelare: aa) in genere (§ 1, f, fa); b) consumazione (§ 1, h) 2 Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a
pignoramento o a sequestro: a) in genere (§ 2, a); b) elemento oggettivo (§ 2, f).
1 – Le fattispecie disciplinate dai primi due commi: a) elusione di un provvedimento di affidamento o
cautelare: aa) in genere.
Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 388,
comma secondo, c.p., la condotta di elusione del provvedimento
del giudice può consistere in una condotta che ostacola dall’esterno
un’attività esecutiva integralmente affidata ad altri ovvero in una
condotta di inottemperanza di un obbligo coattivamente ineseguibile, per la cui esecuzione è necessaria la collaborazione dell’obbligato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata la sentenza
che aveva considerato lecita la condotta dell’imputato che non si
era limitato a non ottemperare all’ordine del giudice, ma aveva
ostacolato l’esecuzione del provvedimento, sostituendo un lucchetto di un cancello che avrebbe consentito ad altri di accedere e di
esercitare un diritto di passaggio sul suo fondo). Cass., sez. VI, 22
marzo 2016 - 20 aprile 2016, n. 16398, CED 266797
Integra una condotta elusiva dell’esecuzione di un provvedimento del giudice civile concernente l’affidamento di minori, rilevante
ai sensi dell’art. 388, secondo comma, c.p., anche il mero rifiuto di
ottemperarvi da parte del genitore affidatario, salva la sussistenza di
contrarie indicazioni di particolare gravità, quando l’attuazione del
provvedimento richieda la sua necessaria collaborazione. (Fattispecie relativa ad elusione del provvedimento relativo al diritto di
visita del minore da parte del genitore non affidatario, emanato dal
giudice civile in sede di separazione personale). Cass., sez. VI, 18
marzo 2016 - 23 marzo 2016, n. 12391, CED 266675
b) consumazione. Integra il delitto di mancata esecuzione
dolosa di un provvedimento del giudice il compimento di un atto
fraudolento o simulato che ostacoli o ritardi nell’azione l’avente
diritto, a prescindere dalla effettiva realizzazione dello scopo perseguito (Fattispecie relativa al conferimento in un fondo patrimo-
niale dell’unico bene immobile suscettibile di pignoramento da
parte dell’imputato che era stato condannato al pagamento di una
provvisionale in favore della parte civile). Cass., sez. VI, 10
febbraio 2016 - 24 febbraio 2016, n. 7525, CED 266186
2 – Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a pignoramento o a sequestro: a) in genere.
L’errore su legge diversa da quella penale di cui all’art. 47,
comma 3, c.p., non rileva nel caso di norme da ritenersi incorporate
nel precetto penale, fra le quali rientrano quelle che attribuiscono
ad un bene il carattere della pignorabilità, trattandosi di disposizioni che, in quanto espressamente richiamate dall’art. 388, comma
6, c.p., attraverso lo specifico riferimento alle cose o ai crediti
“pignorabili”, ne costituiscono parte integrante. (Fattispecie in cui
la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna
emessa in ordine al delitto di cui all’art. 388, comma 6, c.p. per
avere l’imputato, in qualità di debitore sottoposto a pignoramento
mobiliare, dichiarato falsamente di non possedere beni pignorabili,
ritenendo erroneamente che la propria pensione fosse impignorabile). Cass., sez. VI, 31 maggio 2016 - 6 luglio 2016, n. 27941, CED
267390
b) elemento oggettivo. Integra il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, previsto dall’art. 388
c.p., la condotta del debitore esecutato che, divenuto custode - ai
sensi dell’art. 521-bis c.p.c - dopo la notifica del pignoramento di
un bene mobile registrato, omette di consegnare la cosa entro il
termine di dieci giorni all’istituto vendite giudiziarie, continuando
a trattenerla ed ad utilizzarla. (Fattispecie in cui la Corte ha
ritenuto immune da vizi l’ordinanza del tribunale del riesame di
conferma del sequestro preventivo di un’autovettura). Cass., sez.
VI, 22 aprile 2016 - 10 maggio 2016, n. 19412, CED 266997
390 Procurata inosservanza di pena.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo. Elemento soggettivo (§ 1).
1 – Elemento oggettivo. Elemento soggettivo.
Per l’integrazione del reato di procurata inosservanza di pena,
che ha forma libera, è necessario che l’aiuto prestato al condannato
sia idoneo a conseguire l’effetto di sottrarlo all’esecuzione della
pena e si leghi funzionalmente all’intenzione dello stesso di sottrarsi all’esecuzione. Cass., sez. VI, 9 febbraio 2016 - 23 marzo 2016, n.
12374, CED 266657
392 Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose.
GIURISPRUDENZA
1 Soggetto attivo. Possessore (§ 1).
1 – Soggetto attivo. Possessore.
Il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante
violenza sulle cose è configurabile in relazione a beni posseduti
dall’autore della condotta qualora questi non agisca a tutela del
43
Art. 392 - par. 1
CODICE PENALE
proprio possesso, ma incida radicalmente sul diritto in contesa, cosl
procurandosi direttamente l’utilità sottostante all’accertamento di
spettanza dell’autorità giudiziaria. (Fattispecie relativa ad un chiosco prefabbricato, realizzato dalla conduttrice sul fondo concessole
in locazione, che le figlie di quest’ultima avevano smontato e
trasportato altrove, pochi giorni dopo che il locatore aveva agito in
giudizio per la risoluzione del contratto di locazione e la rivendicazione della proprietà del chiosco). Cass., sez. VI, 26 febbraio
2016 - 23 marzo 2016, n. 12377, CED 266666
393 Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone.
GIURISPRUDENZA
1 Preteso diritto e possibilità di ricorrere al giudice (§ 2).
1 – Preteso diritto e possibilità di ricorrere al giudice.
L’esercizio di un preteso diritto - anche se oggetto di contestazione - integra il reato di cui all’art. 393 c.p. soltanto qualora la
pretesa esecitata violentemente non appaia del tutto esorbitante e
pretestuosa rispetto a quella vantata nella realtà, configurandosi, in
tal caso, il delitto di estorsione. (Fattispecie in tema di richiesta di
compenso per attività di intermediazione mediante fatturazione di
somme artatamente e manifestamente maggiorate, nella quale, la
S.C. ha precisato che, sebbene il requisito distintivo fra le due
fattispecie criminose consista nell’elemento psicologico, non ogni
pretesa azionabile civilmente è sufficiente per qualificare il fatto
come esercizio arbitrario, in quanto la sola pretesa rilevante è
quella oggettivamente credibile, rendendo incerto l’esito di un
eventuale giudizio civile). Cass., sez. II, 4 febbraio 2016 - 29
febbraio 2016, n. 8096, CED 266203
393-bis Causa di non punibilità.
GIURISPRUDENZA
1 Nozione di atto arbitrario (§ 3).
1 – Nozione di atto arbitrario.
Presupposto necessario per l’applicazione della causa di giustificazione prevista dall’art. 4 del d.lgt. 14 settembre 1944, n. 288, è
un’attività ingiustamente persecutoria del pubblico ufficiale, il cui
comportamento fuoriesca del tutto dalle ordinarie modalità di
esplicazione dell’azione di controllo e prevenzione demandatagli
nei confronti del privato destinatario. (Fattispecie in cui la Corte ha
escluso la scriminante in relazione ad un caso di resistenza ai danni
di alcuni carabinieri che avevano eseguito la rimozione forzosa di
un ’autovettura sulla base di una ordinanza del Sindaco, poi
rivelatasi illegittima). Cass., sez. VI, 18 marzo 2016 - 19 aprile
2016, n. 16101, CED 266535
416 Associazione per delinquere.
GIURISPRUDENZA 1 Elementi costitutivi (§ 2) 2 Promotori, organizzatori e capi (§ 5) 3 Partecipazione all’associazione e concorso esterno. Prova della partecipazione alla associazione dalla partecipazione alla commissione di dei
reati-scopo (§ 6) 4 Circostanze aggravanti (§ 9) 5 Questioni processuali (§ 13).
1 – Elementi costitutivi.
In tema di associazione per delinquere (nella specie, di stampo
mafioso) è consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato
mezzo rispetto ai reati fine, dedurre la prova dell’esistenza del
sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel
programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che
attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima. Cass., sez. II, 31 marzo 2016 - 10 maggio 2016, n.
19435, CED 266670
2 – Promotori, organizzatori e capi.
Nel reato di associazione per delinquere “capo” è non solo il
vertice dell’organizzazione, quando questo esista, ma anche colui
che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo
criminale e nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi
delinquenziali realizzati. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto
esente da censure la decisione impugnata che aveva riconosciuto
l’aggravante nei confronti dell’imputato che, pur in presenza di
altri soggetti al vertice dell’associazione, era risultato essere uno dei
maggiorenti del gruppo criminale, sempre al corrente dei profili
organizzativi delle singole operazioni illecite e tale da suscitare
timore nei compartecipi). Cass., sez. IV, 21 giugno 2016 - 13 luglio
2016, n. 29628, CED 267464
44
3 – Partecipazione all’associazione e concorso
esterno. Prova della partecipazione alla associazione
dalla partecipazione alla commissione di dei reatiscopo.
In tema di continuazione, qualora sia riconosciuta l’appartenenza di un soggetto a diversi sodalizi criminosi, è possibile ravvisare
il vincolo della continuazione tra i reati associativi solo a seguito di
una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro
concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, avuto riguardo ai profili della contiguità temporale, dei programmi operativi
perseguiti e del tipo di compagine che concorre alla loro formazione, non essendo a tal fine sufficiente la valutazione della natura
permanente del reato associativo e dell’omogeneità del titolo di
reato e delle condotte criminose. Cass., sez. VI, 9 febbraio 2016 22 febbraio 2016, n. 6851, CED 266106
In materia di reati associativi, la commissione dei “reati-fine”
dell’associazione, di qualunque tipo essa sia, non è necessaria, né ai
fini della configurabilità e nemmeno ai fini della prova della
sussistenza della condotta di partecipazione. Cass., sez. III, 6
novembre 2015 - 8 marzo 2016, n. 9459, CED 266710
4 – Circostanze aggravanti.
La circostanza aggravante prevista dall’art. 7, d.l. 13 Maggio
1991 n. 152, convertito dalla l. 12 luglio 1991, n. 203, è configurabile con riferimento alla condotta del partecipe di un’associazione per delinquere “semplice” che svolga una funzione strumentale
ed agevolatrice a vantaggio di un’associazione per delinquere di
tipo mafioso. (Fattispecie in cui la circostanza aggravante è stata
Art. 416-bis - par. 2
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
applicata al partecipe di un gruppo organizzato, che, in esecuzione
di un condiviso programma criminoso finalizzato alla commissione
di una pluralità di delitti connessi all’esercizio abusivo di attività di
giochi e scommesse, agendo sotto le direttive di personaggio di
vertice di un’associazione mafiosa ed avvalendosi della forza intimidatrice scaturente dal sodalizio criminoso collegato, perseguiva
lo scopo di consentire alla cosca di infiltrarsi in maniera determinate nel settore dei giochi e delle scommesse on line). Cass., sez.
II, 18 febbraio 2016 - 22 marzo 2016, n. 11987, CED 266681
In relazione al reato di associazione per delinquere “comune” di
cui all’art. 416 c.p., l’aggravante di cui all’art. 7 del d.l. 13 maggio
1991, n. 159 è ipotizzabile esclusivamente sotto lo specifico profilo
della finalità di agevolare l’attività di un’associazione mafiosa e non
dell’utilizzo del metodo mafioso, dovendosi necessariamente configurare, nella seconda ipotesi, il diverso reato di cui all’art. 416 bis
c.p. Cass., sez. II, 19 maggio 2016 - 15 giugno 2016, n. 24802, CED
267235
Ai fini della configurabilità dell’aggravante della transnazionalità, prevista dall’art. 4 della l. n. 146 del 2006, è necessario che alla
consumazione del reato transnazionale contribuisca consapevolmente un gruppo criminale organizzato, che sussiste in presenza
della stabilità dei rapporti fra gli adepti, di una organizzazione
seppur minimale, della non occasionalità o estemporaneità della
stessa, e della finalizzazione alla realizzazione anche di un solo reato
e al conseguimento di un vantaggio finanziario o comunque materiale. (Fattispecie in tema di traffico internazionale di stupefacenti
in cui la S.C. ha riconosciuto l’aggravante nel fatto che il trasporto
aereo della droga dal Sudamerica era stabilmente pianificato dallo
stesso gruppo di soggetti in contatto costante con l’imputato, i
quali avevano il compito di farla transitare, prima dell’arrivo in
Italia, presso Paesi terzi al fine di vanificare le attività investigative).
Cass., sez. III, 19 aprile 2016 - 9 giugno 2016, n. 23896, CED 267440
5 – Questioni processuali.
In tema di reati associativi, la competenza per territorio si
determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si
svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio, assumendo rilievo non tanto il
luogo in cui si è radicato il pactum sceleris, quanto quello in cui si
è effettivamente manifestata e realizzata l’operatività della struttura. Cass., sez. IV, 31 marzo 2016 - 21 aprile 2016, n. 16666, CED
266744
416-bis Associazioni di tipo mafioso anche straniere.
GIURISPRUDENZA
associativo (§ 6).
1 La condotta di partecipazione all’associazione (§ 4) 2 Il concorso esterno o eventuale nel reato
1 – La condotta di partecipazione all’associazione.
In tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e
organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un
ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato
“prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione
dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che non sia necessario
catalogare in un ruolo stabile e predefinito la condotta del singolo
associato, poichè il sodalizio mafioso è una realtà dinamica, che si
adegua continuamente alle modificazioni del corpo sociale ed
all’evoluzione dei rapporti interni tra gli aderenti, sicché le forme di
“partecipazione” possono essere le più diverse e addirittura assumere caratteri coincidenti con normali esplicazioni di vita quotidiana o lavorativa). Cass., sez. V, 6 novembre 2015 - 22 febbraio
2016, n. 6882, CED 266064
Integra il reato di partecipazione ad associazione per delinquere
di stampo mafioso la condotta di chi si fa intestare fittiziamente, in
ripetute occasioni, beni immobili riconducibili alla compagine
criminale. Cass., sez. VI, 10 marzo 2016 - 4 aprile 2016, n. 13444,
CED 266925
In tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e
organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un
ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato
“prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione
dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto insufficiente, al fine di
dimostrare l’adesione dell’indagato al sodalizio criminale e, quindi,
la sua permanente e stabile messa a disposizione per il perseguimento dello scopo sociale, l’esistenza di un’unica conversazione
oggetto di intercettazione ambientale, rimasta priva di riscontri, nel
corso della quale l’indagato si era impegnato, nei confronti di uno
dei promotori ed organizzatori del sodalizio criminale, a sollecitare
l’intervento di un ex parlamentare, con cui lo stesso indagato era in
rapporti di affari, allo scopo di influire sui giudici di appello per
ottenere il ridimensionamento della pena inflitta in primo grado ad
un esponente di spicco dell’organizzazione). Cass., sez. VI, 1
marzo 2016 - 24 marzo 2016, n. 12554, CED 267418
2 – Il concorso esterno o eventuale nel reato associativo.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 110 e 416-bis c.p., sollevata per asserito contrasto
con gli artt. 25, comma secondo, e 117 della Costituzione, quest’ultimo in riferimento all’art. 7 della CEDU, per violazione del
principio di legalità, nella parte in cui le due disposizioni di legge
ordinarie attribuiscono rilevanza penale alla fattispecie di “concorso esterno” in associazioni di tipo mafioso, poichè quest’ultima non
costituisce un istituto di creazione giurisprudenziale, bensì conseguenza della generale funzione incriminatrice dell’art. 110 c.p., e la
sua configurabilità trova una conferma testuale nella disposizione
di cui all’art. 418, comma 1, c.p. Cass., sez. II, 13 aprile 2016 - 2
maggio 2016, n. 18132, CED 266908
In tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, non
può ritenersi sussistente il dolo diretto di conservazione e rafforzamento del sodalizio criminale, necessario ad integrare la fattispecie, nella condotta di colui il quale, partecipe di altra organizzazione mafiosa, agisca con l’unica finalità di recare vantaggio a
quest’ultima, anche se dalla sua attività possano derivare vantaggi
comuni ai due organismi criminali. (Fattispecie relativa a due
sodalizi operanti in territori confinanti e riferita alla condotta di
soggetto associato ad uno di essi, avente compiti di regolamentazione degli interessi reciproci per il coordinamento delle attività
estorsive, il quale svolgeva tale ruolo in rappresentanza e nell’interesse esclusivo del gruppo criminale di appartenenza, con beneficio
solo “indiretto” dell’altra organizzazione criminale). Cass., sez. I,
14 gennaio 2016 - 1 marzo 2016, n. 8316, CED 266146
Risponde del reato di concorso esterno nel reato associativo e
non di procurata inosservanza di pena, colui che, esterno al sodalizio, agisce con la finalità di fornire non un aiuto episodico al
45
Art. 416-bis - par. 2
CODICE PENALE
singolo associato per sottrarsi all’esecuzione della pena, ma un
contributo causalmente diretto alla conservazione o al rafforzamento del sodalizio. (Fattispecie nella quale la Corte ha configurato il
delitto di cui agli artt. 110, 416-bis c.p. nella condotta dell’imputato, che aveva messo a disposizione dell’associazione mafiosa la
propria abitazione, affinché ivi potessero trovare rifugio latitanti di
spicco e svolgersi riunioni di vertice dell’organizzazione, finalizzate
ad elaborare le strategie criminali e a gestire gli affari illeciti della
consorteria). Cass., sez. I, 8 gennaio 2016 - 24 maggio 2016, n.
21642, CED 266886
In tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, ai
fini della configurabilità del dolo diretto occorre che l’agente, pur
in assenza dell’affectio societatis e, cioè, della volontà di far parte
dell’associazione, sia consapevole dei metodi e dei fini della stessa
nonchè dell’efficacia causale della propria attività di sostegno per la
conservazione o il rafforzamento della struttura organizzativa, essendo a tal fine sufficiente che egli abbia previsto ed accettato tale
effetto come risultato non solo possibile, bensì certo, o comunque
altamente probabile, della propria condotta. (In motivazione, la
Corte ha affermato che, ai predetti fini valutativi, si deve tener
conto anche delle massime di esperienza desumibili, fra l’altro, dai
rapporti intrattenuti con i membri del sodalizio a fini elettorali,
dalla sua conoscenza del ruolo che i suddetti membri ricoprivano
nell’ambito della cosca, nonchè dalle connotazioni qualitative e
quantitative dell’attività prestata in favore dei singoli sodali o del
sodalizio). Cass., sez. II, 13 aprile 2016 - 2 maggio 2016, n. 18132,
CED 266907
416-ter Scambio elettorale politico-mafioso.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 1) 2 Rapporti con altri reati (§ 3).
1 – Elemento oggettivo.
Ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale
politico-mafioso, previsto dall’art. 416ter c.p. nel testo vigente
dopo le modifiche introdotte dalla l. n. 62 del 2014, solo quando il
soggetto che si impegna a reclutare i suffragi è persona intranea ad
una consorteria di tipo mafioso, ed agisce per conto e nell’interesse
di quest’ultima, non è necessario che l’accordo concernente lo
scambio tra voto e denaro o altra utilità contempli l’attuazione, o
l’esplicita programmazione, di una campagna elettorale mediante
intimidazioni, poiché esclusivamente in tal caso il ricorso alle
modalità di acquisizione del consenso tramite la modalità di cui
all’art. 416bis, comma 3, c.p. può dirsi immanente all’illecita pattuizione. Cass., sez. VI, 3 marzo 2016 - 20 aprile 2016, n. 16397,
CED 266738
Ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale
politico-mafioso, previsto dall’art. 416ter c.p., qualora il soggetto
che si impegna a reclutare i suffragi sia una persona estranea alla
consorteria di tipo mafioso, ovvero un soggetto intraneo che agisca
uti singulus, è necessaria la prova della pattuizione delle modalità di
procacciamento del consenso con metodo mafioso (In motivazione
la Corte ha precisato che, diversamente, detta prova può ritenersi
manifesta nel caso in cui il promittente sia un intraneo che agisce
in rappresentanza e nell’interesse dell’associazione, atteso che la
logica causale della scelta di quello specifico interlocutore, da parte
del candidato, è determinata proprio dalla sua fama criminale e
dalle modalità con cui sarà attuato il reclutamento elettorale).
Cass., sez. I, 30 novembre 2015 - 9 maggio 2016, n. 19230, CED
266794
2 – Rapporti con altri reati.
È configurabile il concorso formale tra il delitto di di scambio
elettorale politico-mafioso, previsto dall’art. 416-ter c.p., e quello
previsto dall’art. 86 d.P.R. 15 maggio 1960 n. 570 (c.d. corruzione
elettorale), in quanto le due fattispecie sono in rapporto di specialità reciproca tra loro. Cass., sez. I, 30 novembre 2015 - 9 maggio
2016, n. 19230, CED 266795
422 Strage.
GIURISPRUDENZA
1 Concorso nel reato.
1 – Concorso nel reato.
Ai fini del concorso nel delitto di strage, è sufficiente un
contributo limitato alla sola fase preparatoria e di organizzazione
logistica del reato materialmente commesso da altri concorrenti,
non essendo necessario essere informati sull’identità di chi agirà,
sulle modalità esecutive della condotta e sull’identità della vittima,
purché vi sia la consapevolezza che la propria azione si iscriva in
una più ampia progettazione delittuosa, finalizzata alla realizzazio-
ne di un omicidio di rilevante impatto sul territorio. (Nella fattispecie, relativa a strage mafiosa, la S.C. ha ritenuto la responsabilità
dell’imputato in concorso, per aver svolto il ruolo di autista del
caposcosca, organizzatore della strage, per averlo accompagnato in
due sopralluoghi sul posto del delitto e per avergli offerto ospitalità, nella consapevolezza che stava preparandosi un attentato
eclatante). Cass., sez. I, 30 novembre 2015 - 22 giugno 2016, n.
25846, CED 267297
437 Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo: a) collettività lavorativa; dimensioni dell’impresa § 3, d).
1 – Elemento oggettivo: a) collettività lavorativa;
dimensioni dell’impresa.
Ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa descritta dall’art. 437 c.p., è necessario che l’omissione, la rimozione o il
danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto
imprenditoriale nel quale la mancanza o l’inefficienza di quei
46
presidi antinfortunistici abbia l’attitudine, almeno astratta, anche
se non abbisognevole di concreta verifica, a pregiudicare l’integrità
fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di persone
gravitanti attorno all’ambiente di lavoro. Cass., sez. I, 20 gennaio
2016 - 2 maggio 2016, n. 18168, CED 266881 — Giurisprudenza
non univoca
Art. 474
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
453 Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate.
GIURISPRUDENZA
1 Falsificazione: grossolanità (§ 2).
1 – Falsificazione: grossolanità.
In tema di falso nummario, la grossolanità della contraffazione,
che dà luogo al reato impossibile, si apprezza solo quando il falso
sia ictu oculi riconoscibile da qualsiasi persona di comune discernimento ed avvedutezza e non si debba far riferimento né alle
particolari cognizioni ed alla competenza specifica di soggetti
qualificati, né alla straordinaria diligenza di cui alcune persone
possono esser dotate. Cass., sez. V, 6 ottobre 2015 - 22 febbraio
2016, n. 6873, CED 266417
466-bis Confisca (1).
[I] Nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444
del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui agli articoli 453, 454, 455, 460 e 461 è sempre
ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che
ne sono il prodotto, il prezzo o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero
quando essa non è possibile dei beni di cui il condannato ha comunque la disponibilità, per un valore
corrispondente al profitto, al prodotto o al prezzo del reato. Si applica il terzo comma dell’articolo
322-ter.
(1)
Articolo inserito dall’art. 2 comma 1 lett. b) d.lg. 29 ottobre 2016, n. 202.
473 Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di
brevetti, modelli e disegni.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 1) 2 Rapporti con altri reati (§ 4).
1 – Elemento oggettivo.
Ai fini della configurabilità dell’elemento oggettivo del reato di
cui all’art. 473 c.p., non è sufficiente la mera confondibilità tra due
marchi regolarmente registrati, ma è necessario un quid pluris
rappresentato dalla materiale contraffazione o alterazione dell’altrui marchio. Cass., sez. I, 9 settembre 2015 - 19 luglio 2016, n.
30774, CED 267509
Integra il reato di cui all’art. 473 c.p. la condotta di contraffazione o alterazione dei c.d. modelli ornamentali, consistente nel
riprodurre gli elementi emblematici e di maggior risalto del modello brevettato, in modo tale da causare la confondibilità dell’oggetto contraffatto con il prodotto originario, o comunque da
ingenerare una falsa rappresentazione della provenienza del prodotto, anche laddove vi siano eventuali indicazioni di marchi validi
e legittimi con i quali venga contrassegnato. (Fattispecie in tema di
brevetti per modello ornamentale riferiti ad elettropompe, in cui la
S.C. ha annullato la sentenza di merito che non aveva operato una
completa considerazione dell’insieme delle caratteristiche costruttive ed estetiche dei prodotti confrontati, ma aveva ritenuto insussistente il reato sul presupposto che fosse sufficiente che essi
differissero tra loro per il colore e, in parte, per le sigle). Cass., sez.
V, 5 febbraio 2016 - 21 aprile 2016, n. 16709, CED 266698
I reati previsti dagli artt. 473 e 474 c.p. tutelano la pubblica fede
con riferimento ai segni distintivi di un determinato prodotto ed
hanno come presupposto l’attività fraudolenta del soggetto, esplicatasi mediante alterazione o contraffazione di marchi, etichette o
sigilli originali, sicchè, in tale contesto normativo, il riutilizzo, dopo
la scadenza della relativa licenza, di un’etichetta o di un marchio
vero su un prodotto non originale rientra nel concetto di contraf-
fazione. Cass., sez. V, 7 gennaio 2016 - 27 maggio 2016, n. 22503,
CED 266857
2 – Rapporti con altri reati.
Integra il reato di cui all’art. 473 c.p. la contraffazione o
l’alterazione di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti
industriali che siano tali da ingenerare confusione nei consumatori
e da nuocere al generale affidamento, mentre ricorre il reato
previsto dall’art. 127, comma 1, d.lg.10 febbraio 2005, n. 30 nel
caso in cui l’abusiva utilizzazione di un prodotto leda solo lo
specifico interesse patrimoniale di chi lo ha brevettato, in quanto il
bene protetto dal primo reato è la fede pubblica laddove quello
tutelato dal secondo è il patrimonio. (Fattispecie in cui la Corte ha
ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto alla
fattispecie prevista dall’art. 473 c.p. l’uso illegittimo di un marchio
successivamente alla scadenza della licenza). Cass., sez. V, 7
gennaio 2016 - 27 maggio 2016, n. 22503, CED 266856
Il delitto di cui all’art. 473 c.p., essendo finalizzato a tutelare il
collegamento tra il marchio contraffatto ed un determinato prodotto, precede l’immissione in circolazione dell’oggetto falsamente
contrassegnato e ne prescinde, in quanto il bene oggetto della
falsificazione, una volta registrato, è per sua natura destinato alla
circolazione nel mercato, anche se non ancora inserito nel circuito
commerciale. (Fattispecie relativa a prodotti falsi riproducenti un
modello di borse registrato ma non ancora commercializzato dal
reale produttore, in cui la S.C. ha affermato la natura plurioffensiva
del reato di contraffazione o alterazione di marchi o segni distintivi
di prodotti industriali). Cass., sez. V, 27 gennaio 2016 - 2 maggio
2016, n. 18289, CED 267119
474 Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi.
GIURISPRUDENZA
1 Rapporti con altri reati (§ 3).
47
Art. 474 - par. 1
CODICE PENALE
1 – Rapporti con altri reati.
In tema di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con
segni falsi, il delitto di cui all’art. 474, c.p., concorre con l’illecito
amministrativo previsto dall’art. 1, comma 7, della l. n. 80 del 2005,
che punisce l’acquirente finale di un prodotto con marchio con-
traffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella
indicata, atteso che le fattispecie riguardano condotte diverse sotto
il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non si configura un
rapporto di specialità. Cass., sez. V, 9 febbraio 2016 - 16 febbraio
2016, n. 6354, CED 266010
476 Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.
GIURISPRUDENZA 1 Distinzione e tipi di atti pubblici: a) interni e preparatori (§ 2, a); b) documenti di fede privilegiata (§ 2, c) 2 Rapporti con altri reati (§ 11).
1 – Distinzione e tipi di atti pubblici: a) interni e
preparatori.
Il verbale di seduta di una commissione esaminatrice costituisce
atto pubblico fidefacente, in quanto destinato a provare il rapporto
intersoggettivo tra i pubblici ufficiali-esaminatori e gli esaminati,
sicchè la mancata annotazione in esso dell’allontanamento, anche
solo per un periodo di tempo parziale, di uno dei componenti della
commissione, durante lo svolgimento delle prove d’esame, integra
il reato di falso ideologico in atto pubblico, vulnerando il valore
probatorio del verbale, destinato a provare il regolare espletamento
delle operazioni di esame che presuppongono la contestuale presenza di tutti i componenti della commissione. Cass., sez. V, 15
ottobre 2015 - 12 febbraio 2016, n. 6062, CED 266024
b) documenti di fede privilegiata. In tema di falso materiale in atto pubblico commesso dal privato ed aggravato ex art.
476, comma secondo, c.p., sono documenti dotati di fede privilegiata solo quelli che, emessi da pubblico ufficiale autorizzato dalla
legge, da regolamenti oppure dall’ordinamento interno della P.A.
ad attribuire all’atto pubblica fede, attestino quanto da lui fatto e
rilevato o avvenuto in sua presenza, ovvero quanto da lui attestato
in relazione a constatazioni o accertamenti che era in sua facoltà e
nella sua discrezionalità eseguire. (Fattispecie relativa a documento
di sgravio fiscale, attestante il fatto che il debito del contribuente
verso l’Erario era inferiore alla somma iscritta a ruolo). Cass., sez.
V, 5 febbraio 2016 - 1 marzo 2016, n. 8358, CED 266068
In tema di falso ideologico in atto pubblico aggravato ex art.
476, comma 2, c.p., la forza probante privilegiata degli atti pubblici
originali è limitata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., alla provenienza del
documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato e a quei fatti
che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui
compiuti ma non anche alla valutazione di tali fatti, a meno che la
legge non attribuisca al pubblico ufficiale tale potere con valore
legale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la
sentenza che aveva escluso la natura fidefaciente di atti istruttori
predisposti da pubblici funzionari, in relazione a pratiche di finanziamento, contenenti giudizi e valutazioni sui progetti presentati
dalle imprese). Cass, sez. VI, 31 marzo 2016 - 14 giugno 2016, n.
24768, CED 267316
2 – Rapporti con altri reati.
In tema di falsità in atti, deve escludersi il concorso formale tra
falso materiale e falso ideologico se la falsità riguarda il medesimo
documento atteso che, trattandosi di un atto alterato o contraffatto,
è irrilevante che lo stesso sia veridico o meno. Cass., sez. V, 13
novembre 2015 - 23 marzo 2016, n. 12400, CED 266700
479 Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 3).
1 – Elemento oggettivo.
Nella nozione di atto pubblico oggetto del delitto di falso
ideologico ex art. 479 c.p. è ricompreso ogni atto redatto dal
pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, giacché ciò che
rileva è la provenienza dell’atto dal medesimo ed il contributo dallo
stesso fornito, in termini di conoscenza o di determinazione, ad un
procedimento della pubblica amministrazione. (Fattispecie in cui la
Corte ha ritenuto configurabile il predetto reato nella condotta di
un Presidente di tribunale che aveva falsamente attestato, in una
dichiarazione scritta, che un addetto alla sezione di polizia giudiziaria della locale Procura era stato convocato di urgenza in
Tribunale per il disbrigo di improcrastinabili attività giudiziarie).
Cass., sez. V, 29 maggio 2015 - 3 novembre 2015, n. 44383, CED
266401
482 Falsità materiale commessa dal privato.
GIURISPRUDENZA
1 Soggetto attivo (§ 2) 2 Elemento oggettivo (§ 3).
1 – Soggetto attivo.
L’amministratore formale di società non risponde automaticamente, per il solo fatto della carica rivestita, del reato di falso
documentale commesso da altro soggetto delegato alla gestione
della compagine sociale, dovendosi verificare la sua compartecipazione materiale e morale al fatto che, in quanto posto in essere in
unità di tempo e di luogo, può sfuggire alla sua cognizione. (In
motivazione, la Corte ha osservato che una responsabilità morale
dell’amministratore di diritto può ravvisarsi, pressoché de plano,
solo per l’inosservanza di taluni obblighi connessi alla carica, come
quelli relativi alla tenuta della contabilità, in considerazione della
posizione di garanzia rivestita). Cass., sez. V, 13 giugno 2016 - 27
luglio 2016, n. 32793, CED 267462
48
2 – Elemento oggettivo.
In tema di falso materiale commesso dal privato in atto pubblico, l’alterazione di elementi accessori dell’atto, diversi da quelli che
attengono al contenuto tipico dell’attestazione, non configura un
falso innocuo o irrilevante, in quanto tutte le componenti inserite
nel documento ripetono da questo la loro idoneità funzionale ad
asseverare l’esistenza di quanto indicato, in particolare laddove tali
componenti accessorie siano inserite proprio per provare i fatti da
esse rappresentati. Cass., sez. VI, 3 giugno 2016 - 7 luglio 2016, n.
28303, CED 267094
Art. 495 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
483 Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.
GIURISPRUDENZA
1 Casistica (§ 2).
1 – Casistica.
Non integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato
in atto pubblico la condotta di colui che, fermato per un controllo
dalla Polizia alla guida della propria autovettura, dichiara falsamente che il proprio mezzo è munito di regolare copertura assicurativa. Cass., sez. V, 19 gennaio 2016 - 4 marzo 2016, n. 9195, CED
266345
Integra il delitto di cui all’art. 483 c.p. la dichiarazione di
successione non veritiera formata dal privato e presentata al pubblico ufficiale, tenuto, sulla base di essa, a determinare e certificare
l’ammontare della relativa imposta successoria, sussistendo tale
reato qualora l’atto pubblico, nel quale la dichiarazione è stata
trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti ivi attestati. (In
motivazione, la S.C. ha chiarito che, avuto riguardo alla natura
composita ed alla funzione svolta dalla denuncia di successione -
formata dalla dichiarazione del denunciante in ordine agli elementi
da cui trae origine l’obbligo tributario e dal conseguente atto del
pubblico ufficiale che quantifica l’imposta dovuta - il reato è
configurabile anche quando la condotta, nella specie costituita
dalla falsa dichiarazione della qualità di erede, sia intervenuta
prima della presentazione dell’istanza al pubblico ufficiale). Cass.,
sez. V, 11 novembre 2015 - 27 aprile 2016, n. 17206, CED 266696
Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto
pubblico la falsa denuncia di smarrimento della patente di guida,
recante l’attestazione di ricezione da parte dell’organo di polizia,
perché l’attestazione stessa è dichiarativa di attività svolta dal
pubblico ufficiale ed ha una indubbia efficacia probatoria, in
quanto presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato della patente. Cass., sez. VI, 8
marzo 2016 - 27 aprile 2016, n. 17381, CED 266740
485 [Falsità in scrittura privata]. (abrogato)
GIURISPRUDENZA
1 Rapporti con altri reati (§ 10).
1 – Rapporti con altri reati.
La falsificazione materiale del contrassegno assicurativo relativo
alla responsabilità civile degli autoveicoli commessa da un soggetto
privato che ne faccia uso mediante esibizione sull’autovettura,
integra gli estremi del reato di falsità in scrittura privata, ma non
quello di ricettazione, a meno che il modulo contrattuale e il
relativo contrassegno non provengano a loro volta da reato. Cass.,
sez. II, 2 marzo 2016 - 16 marzo 2016, n. 11013, CED 266351
491 Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito.
GIURISPRUDENZA
1 Giurisprudenza relativa alla nuova formulazione dell’art. 491 (ex d.lg. n. 7 del 2016).
1 – Giurisprudenza relativa alla nuova formulazione dell’art. 491 (ex d.lg. n. 7 del 2016).
In tema di falso in scrittura privata, a seguito dell’abrogazione
dell’art. 485 c.p. e della nuova formulazione dell’art. 491 c.p., da
parte del d.lg. n. 7 del 2016, la rilevanza penale dell’attività di
falsificazione (ovvero utilizzazione dell’atto falso), realizzata secondo le modalità previste dagli articoli che precedono il predetto art.
491, è circoscritta alle scritture private indicate da quest’ultimo
(testamento olografo, cambiale e titoli di credito trasmissibili per
girata o al portatore), sempre che il fine avuto di mira dall’agente
sia quello di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri
un danno. (Fattispecie in tema di cambiali). Cass., sez. V, 10
febbraio 2016 - 28 giugno 2016, n. 26812, CED 267291
494 Sostituzione di persona.
GIURISPRUDENZA
1 Elementi costitutivi del reato; casistica; inidoneità dell’azione (§ 2).
1 – Elementi costitutivi del reato; casistica.
Non integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di
chi si attribuisce una falsa qualità personale cui la legge non
ricollega alcuno specifico effetto giuridico. (Fattispecie in cui l’imputato si era presentato come agente dell’UCIGOS, ufficio che, già
all’epoca dei fatti, non rappresenta più un’articolazione della pubblica sicurezza, per essere stato sostituito dalla Direzione centrale
della polizia di prevenzione). Cass., sez. V, 21 ottobre 2015 - 21
aprile 2016, n. 16673, CED 266721
Integra il reato di sostituzione di persona la falsa attribuzione
della qualità di incaricata di una associazione di quartiere per la
redazione di un questionario, trattandosi di qualifica che produce
l’effetto giuridico di attribuire la facoltà di contattare i cittadini,
anche mediante accesso alle private abitazioni, per acquisire informazioni. Cass., sez. V, 17 maggio 2016 - 18 agosto 2016, n. 35027,
CED 267550
495 Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o
su qualità personali proprie o di altri.
GIURISPRUDENZA
1 Identità, stato e qualità personali (§ 2) 2 Elemento soggettivo (§ 7).
1 – Identità, stato e qualità personali.
In tema di falsità personali, la nozione di “altra qualità della
propria o altrui persona”, di cui all’art. 495 c.p., comprende
soltanto le dichiarazioni o attestazioni che si riferiscono alle condizioni della persona e che concorrono ad individuare il soggetto e
a consentire la sua identificazione. (In applicazione del principio, la
49
Art. 495 - par. 1
CODICE PENALE
Corte ha escluso che integrasse il reato in questione la falsa
affermazione relativa alla regolare copertura assicurativa del proprio mezzo, resa dall’imputato alla polizia stradale) Cass., sez. V,
19 gennaio 2016 - 4 marzo 2016, n. 9195, CED 266344
2 – Elemento soggettivo.
Nel delitto di falsa attestazione inerente ad una qualità personale
del dichiarante non si richiede il dolo specifico, non essendo
rilevante il fine perseguito dall’autore della falsità, ma è sufficiente
la coscienza e volontà della condotta delittuosa. (Fattispecie in cui
l’imputato, nel corso di un controllo stradale, richiesto, tra l’altro,
di riferire sull’esistenza di precedenti a suo carico, sebbene non
obbligato a rispondere ma ammonito circa le conseguenze penali in
caso di false dichiarazioni, aveva consapevolmente dichiarato non
avere precedenti penali). Cass., sez. V, 26 febbraio 2016 - 3 maggio
2016, n. 18476, CED 266549
496 False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo e casistica (§ 1).
1 – Elemento oggettivo e casistica.
Ai fini della sussistenza del delitto di false dichiarazioni sull’identità o su qualità personali proprie o altrui (art. 496 c.p.), è
necessario che la dichiarazione del privato sia rilevante in relazione
alla funzione o al servizio esercitato dal destinatario dell’informazione falsa (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata la
motivazione della sentenza che, senza descrivere la rilevanza dell’informazione rispetto all’atto da compiere, aveva attribuito rilievo, ai fini della condanna, alla condotta dell’imputato che, in
occasione di un controllo di polizia, aveva affermato, contrariamente al vero, di essere sposato con prole). Cass., sez. V, 30 marzo
2016 - 21 aprile 2016, n. 16725, CED 266707
497-bis Possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 1).
1 – Elemento oggettivo.
Per l’integrazione del delitto di cui all’art. 497 bis, comma 1,
c.p., non è necessaria una contiguità fisica, attuale e costante, tra il
documento falso ed il soggetto agente, essendo sufficiente che
questi detenga o abbia detenuto, anche prima dell’accertamento
del fatto da parte della polizia giudiziaria, l’atto certificativo in un
luogo e con modalità tali da assicurarsene l’immediata disponibilità. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso dell’imputato,
ritenendo irrilevante che il documento non fosse stato rinvenuto
sulla sua persona, ma in un mobile della sua abitazione). Cass., sez.
V, 26 gennaio 2016 - 7 aprile 2016, n. 14029, CED 267355
Integra il reato di cui all’art. 497-bis, comma 2, c.p., e non quello
meno grave di cui al comma primo della stessa norma, il possesso
di una carta d’identità recante la foto del possessore con false
generalità, essendo evidente, in tal caso, la partecipazione di quest’ultimo alla contraffazione del documento. (In motivazione la
S.C. ha chiarito che le due ipotesi di reato si presentano alternative
tra loro). Cass., sez. II, 22 marzo 2016 - 14 aprile 2016, n. 15681,
CED 266554
513-bis Illecita concorrenza con minaccia o violenza.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 2).
1 – Elemento oggettivo.
La condotta materiale del delitto previsto dall’art. 513-bis c.p.
può essere integrata da tutti gli atti di concorrenza sleale di cui
all’art. 2598 c.c., tra i quali vi rientrano quelli diretti non solo a
distruggere l’attività del concorrente, ma anche ad impedire che
possa essere esercitato un atto di libera concorrenza, come quello
della ricerca di acquisizione di nuove fette di mercato. (In motivazione, la Corte ha affermato che l’art. 2598 c.c., da interpretarsi alla
luce della normativa comunitaria e della l. n. 287 del 1990, prevede
ai numeri 1) e 2) i casi tipici di concorrenza sleale parassitaria,
ovvero attiva, mentre al n. 3) una norma di chiusura secondo cui
sono atti di concorrenza sleale tutti i comportamentio contrari ai
prinicìpi della correttezza professionale idonei a danneggiare l’altrui azienda). Cass., sez. III, 10 dicembre 2015 - 29 gennaio 2016,
n. 3868, CED 266180
Ai fini della configurazione del delitto previsto dall’art. 513-bis
c.p., sono da qualificare atti di concorrenza illecita tutti quei
comportamenti sia “attivi” che “impeditivi” dell’altrui concorrenza, che, commessi da un imprenditore con violenza o minaccia,
sono idonei a falsare il mercato e a consentirgli di acquisire, in
danno dell’imprenditore minacciato, illegittime posizioni di vantaggio sul libero mercato, senza alcun merito derivante dalla propria capacità operativa. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato
l’ordinanza impugnata che aveva escluso la configurabilità del reato
nella condotta dell’imprenditore che aveva costretto un concorrente ad interrompere i lavori affidatigli dal Comune, rivendicandoli
come propri). Cass., sez. II, 13 aprile 2016 - 2 maggio 2016, n.
18122, CED 266847
517-ter Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di
proprietà industriale.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo.
1 – Elemento oggettivo.
In materia di delitto di fabbricazione e commercio di beni
realizzati usurpando titoli di proprietà industriale, la condotta di
50
“violazione” del titolo di privativa è integrata non soltanto con la
fabbricazione di merci realizzata carpendo l’idea originale insita nel
titolo, ma, altresì, con l’imitazione dei prodotti protetti dalla pri-
Art. 570 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
vativa, anche utilizzando segni distintivi autentici. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione giuridica, ai sensi
dell’art. 517-ter c.p., della condotta consistita nella esposizione per
la vendita da parte dell’imputato di un veicolo avente le stesse
caratteristiche di forma e linee stilistiche dell’auto Ferrari mod. 250
GTO sul quale era stato apposto il marchio Ferrari). Cass., sez. III,
19 novembre 2015 - 3 marzo 2016, n. 8653, CED 266219
Il reato di messa in circolazione di beni prodotti in violazione di
un titolo di proprietà industriale, previsto dal secondo comma
dell’art. 517ter c.p., ha natura di reato di pericolo, per la cui
sussistenza è sufficiente l’astratta confondibilità del prodotto imitato, a prescindere dalla concreta induzione in errore dei consumatori circa la provenienza del prodotto dal titolare della privativa.
Cass., sez. III, 19 novembre 2015 - 3 marzo 2016, n. 8653, CED
266220
517-quater Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di
origine dei prodotti agroalimentari.
GIURISPRUDENZA
1 Rapporti con altri reati.
1 – Rapporti con altri reati.
Il delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, di cui all’art. 517quater c.p., non richiede che le indicazioni fallaci siano idonee ad
ingannare il pubblico dei consumatori, essendo finalizzato a proteggere l’interesse dei produttori titolati ad utilizzare le predette
indicazioni o denominazioni; nè esige che l’origine del prodotto sia
tutelata, ai sensi dell’art. 11 d.lg. n. 30 del 2005, attraverso la
registrazione di un marchio collettivo, la cui contraffazione può
pertanto integrare, attesa la mancata previsione di clausole di
riserva, anche i reati di cui agli artt. 473 o 474 c.p. Cass., sez. III,
23 marzo 2016 - 8 luglio 2016, n. 28354, CED 267455
567 Alterazione di stato.
[I] Chiunque, mediante la sostituzione di un neonato [c.c. 239], ne altera lo stato civile è punito con
la reclusione da tre a dieci anni.
[II] Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di
nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità
[569] (1).
(1) La C cost., con sentenza 10 novembre 2016, n. 236, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 567, secondo comma, « nella parte in
cui prevede la pena edittale della reclusione da un minimo di cinque a un massimo di quindici anni, anziché la pena edittale della reclusione da un minimo
di tre a un massimo di dieci anni ».
competenza: Trib. monocratico (udienza prelim.) (1o comma); Trib. collegiale (2o comma)
arresto: facoltativo
fermo: consentito
custodia cautelare in carcere: consentita
altre misure cautelari personali: consentite
procedibilità: d’ufficio
GIURISPRUDENZA
1, c).
1 Le differenti fattispecie del primo e del secondo comma: a) la fattispecie del secondo comma (§
1 – Le differenti fattispecie del primo e del secondo comma: a) la fattispecie del secondo comma.
Perché possa configurarsi il delitto di cui all’art. 567, comma 2,
c.p. la condotta deve comportare una alterazione destinata a riflettersi sulla formazione dell’atto e, pertanto, deve escludersi l’ipotesi
delittuosa nel caso di dichiarazioni di nascita effettuate ai sensi
dell’art. 15 del d.P.R. n. 396 del 2000, in ordine a cittadini italiani
nati all’estero e rese all’autorità consolare secondo le norme stabilite dalla legge del luogo. (In applicazione del principio, la Corte ha
escluso la configurabilità del reato nella condotta dei coniugi che
avevano richiesto la trascrizione in Italia dell’atto di nascita del
proprio minore, nato in Ucraina a seguito di tecniche di maternità
surrogata, esibendo in ambasciata il certificato redatto dalle autorità ucraine che li indicava come genitori, a seguito dell’autorizzazione della madre naturale e della “informazione di relazione
genetica”). Cass., sez. V, 10 marzo 2016 - 5 aprile 2016, n. 13525,
CED 266672
Non integra il reato di alterazione di stato, non ravvisandosi
l’induzione in errore dell’ufficiale di stato civile, la trascrizione in
Italia di un falso atto di nascita formato all’estero in forza di una
richiesta presentata da parte del solo padre biologico del neonato,
corredata da documenti che dimostravano che la madre effettiva
del neonato era diversa da quella indicata nell’atto. (Nella fattispecie, dopo la formazione in Ucraina di un falso atto di nascita, alla
prima richiesta di trascrizione presentata dagli imputati, coniugi
che si dichiaravano genitori del bambino, è seguita una seconda
istanza da parte solo del solo padre biologico, con la produzione di
documenti che dimostravano chi era la madre effettiva del neonato). Cass., sez. VI, 11 novembre 2015 - 26 febbraio 2016, n. 8060,
CED 266167
570 Violazione degli obblighi di assistenza familiare.
GIURISPRUDENZA
1 Consumazione; reato permanente (§ 8).
1 – Consumazione; reato permanente.
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare,
l’imputazione che fa riferimento, quanto al tempus commissi delicti, alla data di presentazione di più querele, individua la sola data
51
Art. 570 - par. 1
CODICE PENALE
d’inizio della condotta e i fatti nella loro dimensione oggettiva e
non anche la data finale dell’attività delittuosa; ne deriva che il
termine di prescrizione del reato permanente in questione decorre
dalla data della sentenza di condanna di primo grado e non da
quella di emissione del decreto di citazione, qualora sia emerso, nel
corso del giudizio, che la condotta omissiva si è protratta anche
dopo l’esercizio dell’azione penale. Cass., sez. VI, 15 marzo 2016
- 21 aprile 2016, n. 16561, CED 266927
571 Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 2).
1 – Elemento oggettivo.
Integra il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina
il comportamento dell’insegnante che faccia ricorso a qualunque
forma di violenza, fisica o morale, ancorchè minima ed orientata a
scopi educativi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da
vizi la sentenza che aveva ricondotto al predetto reato la condotta
di una insegnante che aveva sottoposto i bambini a lei affidati a
violenze fisiche, consistite in schiaffi o nel tirare loro i capelli con
forza, ovvero a violenza psicologica e, ancora, a condotte umilianti,
come il minacciarli dell’arrivo di un diavoletto, nel costringerli a
cantare o a mangiare, nel farli tenere la lingua fuori dalla bocca).
Cass., sez. VI, 3 febbraio 2016 - 10 marzo 2016, n. 9954, CED
266434
La nozione di malattia ai fini del reato di abuso dei mezzi di
correzione o di disciplina è più ampia di quelle concernenti
l’imputabilità o il reato di lesione personale, comprendendo ogni
conseguenza rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo,
dallo stato d’ansia, all’insonnia, dalla depressione, ai disturbi del
carattere e del comportamento. Cass., sez. VI, 13 aprile 2016 - 12
maggio 2016, n. 19850. CED 267000
572 Maltrattamenti contro familiari e conviventi.
GIURISPRUDENZA 1 Soggetto attivo 2 Interesse tutelato. Elemento oggettivo (§ 3) 3 Elemento soggettivo (§ 4) 4
Pluralità di soggetti passivi (§ 6). 5 Rapporti con altri reati (§ 7).
1 – Soggetto attivo.
Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 572 c.p.,
l’esistenza, in una casa di cura e ricovero per anziani, di un
generalizzato clima di sopraffazione e violenza nei confronti degli
assistiti non esime dalla rigorosa individuazione dei distinti autori
delle varie condotte, in quanto il carattere personale della responsabilità penale impedisce che il singolo addetto, in mancanza di
addebiti puntuali che lo riguardano, possa essere chiamato a
rispondere, sia pure in forma concorsuale, del contesto in sé
considerato, anche nel caso in cui da tale contesto egli tragga
vantaggio. Cass., sez. VI, 10 dicembre 2015 - 25 febbraio 2016, n.
7760, CED 266684
2 – Interesse tutelato. Elemento oggettivo.
Il delitto di maltrattamenti in famiglia può essre integrato anche
mediante il compimento di atti che, di per sè, non costituiscono
reato. (In motivazione, la Corte ha precisato come il termine
“maltrattare” non evoca in sè la necessità del compimento di
singole condotte riconducibili a fattispecie tipiche ulteriori rispetto
a quella di cui all’art. 572 c.p.). Cass., sez. VI, 10 marzo 2016 - 4
aprile 2016, n. 13422, CED 267270
3 – Elemento soggettivo.
Lo stato di nervosismo e di risentimento non esclude l’elemento
psicologico del reato di maltrattamenti in famiglia, costituendo, al
contrario, uno dei possibili moventi dell’ipotesi delittuosa. (La S.C.
ha applicato il suddetto principio di diritto in fattispecie relativa
allo stato di risentimento dell’imputato, determinato dal rifiuto del
coniuge a congiungersi carnalmente). Cass., sez. III, 11 febbraio
2016 - 11 aprile 2016, n. 14742, CED 266634
4 – Pluralità di soggetti passivi.
Poiché l’interesse protetto dal reato di cui all’art. 572 c.p. è la
personalità del singolo in relazione al rapporto che lo unisce al
soggetto attivo, è configurabile una pluralità di reati, eventualmente unificati dalla continuazione, nel caso di maltrattamenti posti in
essere nei confronti di più familiari. Cass., sez. VI, 12 gennaio 2016
- 21 gennaio 2016, n. 2625, CED 266243
5 – Rapporti con altri reati.
Il reato di lesioni personali lievi non è assorbito in quello di
maltrattamenti in famiglia se l’agente ha avuto non solo l’intenzione
di maltrattare ma anche di ledere l’integrità fisica del soggetto
passivo. Cass., sez. III, 29 aprile 2015 - 22 dicembre 2015, n. 50208,
CED 267283
574-bis Sottrazione e trattenimento di minore all’estero.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo.
1 – Elemento oggettivo.
Integrano il delitto di sottrazione e trattenimento di minore
all’estero, di cui all’art. 574-bis c.p., le condotte di abductio o di
trattenimento del minore al di fuori del territorio dello Stato, cui
consegue l’impedimento dell’esercizio della potestà genitoriale da
parte del soggetto legittimato, atteso che detto reato si connota,
rispetto al delitto di sottrazione di persone incapaci, dall’elemento
specializzante del trasferimento o trattenimento all’estero. Cass.,
sez. VI, 31 marzo 2016 - 28 aprile 2016, n. 17679, CED 267315
575 Omicidio.
GIURISPRUDENZA
52
1 Elemento soggettivo. Accertamento della volontà omicida (§ 3).
Art. 582 - par. 2
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
1 – Elemento soggettivo. Accertamento della volontà omicida.
Quando la condotta dell’agente sia consapevolmente diretta ad
uccidere, ma l’evento si verifica non per effetto di quella condotta,
ma di altra, successiva, posta in essere dallo stesso agente nella
erronea convinzione che la vittima sia già deceduta, l’omicidio non
può essere imputato a titolo di dolo, se non sotto il profilo del
delitto tentato, mentre l’ulteriore frammento della condotta può
essere ascritto solo a titolo di colpa. (Fattispecie nella quale la
Corte ha ritenuto corretta la qualificazione del fatto come omicidio
volontario, escludendo una condizione di errore in capo all’imputato, che, dopo aver colpito con calci e pugni una donna facendole
perdere conoscenza, la aveva spogliata e rinchiusa nel bagagliaio
dell’auto, per cui lo stretto contatto in questa fase con il corpo della
vittima gli aveva consentito di percepirne la vitalità, prima di
ucciderla dando fuoco all’auto). Cass., sez. I, 17 novembre 2015 15 aprile 2016, n. 15774, CED 266600
Nel delitto di tentato omicidio, ai fini della sussistenza del reato
è sufficiente il dolo diretto rappresentato dalla cosciente volontà di
porre in essere una condotta idonea a provocare, con certezza o
alto grado di probabilità in base alle regole di comune esperienza,
la morte della persona verso cui la condotta stessa si dirige, non
occorrendo, invece, la specifica finalità di uccidere, e quindi il dolo
intenzionale inteso quale perseguimento dell’evento come scopo
finale dell’azione. (nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta la
decisione di merito che aveva ritenuto sussistente il tentativo,
avendo ravvisato - per la modalità concreta con cui fu vibrato il
colpo di coltello, per la precisione e freddezza dell’imputato e per
la zona del corpo attinta - gli elementi oggettivi che permettevano
di desumere il dolo diretto, senza ritenere necessario il dolo
intenzionale). Cass., sez. V, 11 aprile 2016 - 7 giugno 2016, n.
23618, CED 266915
576 Circostanze aggravanti. ergastolo.
GIURISPRUDENZA 1 Fatto commesso in occasione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 600-bis, 600-ter,
609-bis, 609-quater e 609-octies 2 Fatto commesso dall’autore del delitto previsto dall’articolo 612-bis nei confronti della
stessa persona offesa (§ 5).
1 – Fatto commesso in occasione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 600-bis, 600-ter, 609-bis,
609-quater e 609-octies.
In materia di lesioni personali, ai fini della configurazione
dell’aggravante di cui all’art. 576, comma 1, n. 5, è sufficiente
accertare che il fatto lesivo abbia costituito uno degli episodi
attraverso cui è stato consumato il reato di maltrattamenti. Cass.,
sez. VI, 12 gennaio 2016 - 26 gennaio 2016, n. 3368, CED 266009
Il reato di lesioni personali, quando aggravato ai sensi dell’art.
576, comma 1, n. 5, c.p., perché commesso in occasione del delitto
di maltrattamenti, è procedibile d’ufficio, anche nell’ipotesi di
lesioni lievissime, per effetto del richiamo operato dall’art. 582,
comma 2, c.p. all’art. 585 e di questo al citato art. 576. Cass., sez.
VI, 12 gennaio 2016 - 26 gennaio 2016, n. 3368, CED 266007
2 – Fatto commesso dall’autore del delitto previsto dall’articolo 612-bis nei confronti della stessa persona offesa.
In tema di omicidio, l’aggravante di cui all’art. 576, comma 1, n.
5.1) c.p. - e cioè l’aver commesso il fatto da parte di chi sia l’autore
del delitto di cui all’art. 612-bis c.p. nei confronti della stessa
persona offesa - è configurabile nel caso di improcedibilità del
reato di atti persecutori per mancanza di querela ed anche in
assenza di una precedente condanna dell’imputato per detto reato.
Cass., sez. I, 15 dicembre 2015 - 1 febbraio 2016, n. 4133, CED
267430
577 Altre circostanze aggravanti. Ergastolo.
GIURISPRUDENZA
1 Premeditazione (§ 3).
1 – Premeditazione.
In tema di omicidio, la mera preordinazione del delitto - intesa
come apprestamento dei mezzi minimi necessari all’esecuzione,
nella fase a questa ultima immediatamente precedente - non è
sufficiente ad integrare l’aggravante della premeditazione, che postula invece il radicamento e la persistenza costante, per apprezzabile lasso di tempo, nella psiche del reo del proposito omicida, del
quale sono sintomi il previo studio delle occasioni ed opportunità
per l’attuazione, un’adeguata organizzazione di mezzi e la predisposizione delle modalità esecutive. Cass., sez. I, 14 luglio 2015 9 febbraio 2016, n. 5147, CED 266205
In tema di premeditazione, il movente del delitto può costituire
un elemento indiziante per ritenere sussistente l’aggravante, ma
non sufficiente, da solo, ad integrarla. Cass., sez. I, 14 luglio 2015
- 9 febbraio 2016, n. 5147, CED 266206
582 Lesione personale.
GIURISPRUDENZA
1 Malattia; durata (§ 2) 2 Elemento soggettivo (§ 6) 3 Querela (§ 7).
1 – Malattia; durata.
Ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali, la
nozione di malattia non comprende tutte le alterazioni di natura
anatomica, che possono anche mancare, bensì solo quelle da cui
deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l’aggravamento di esso ovvero una compromissione delle
funzioni dell’organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure
il giudizio di colpevolezza di un medico radiologo che, a causa di
una lettura errata delle lastre, non aveva permesso la tempestiva
diagnosi di una patologia, determinando il protrarsi della malattia).
Cass., sez. IV, 19 aprile 2016 - 26 maggio 2016, n. 22156, CED
267306
2 – Elemento soggettivo.
Ai fini della configurazione del delitto previsto dall’art. 513-bis
53
Art. 582 - par. 2
CODICE PENALE
c.p., sono da qualificare atti di concorrenza illecita tutti quei
comportamenti sia “attivi” che “impeditivi” dell’altrui concorrenza, che, commessi da un imprenditore con violenza o minaccia,
sono idonei a falsare il mercato e a consentirgli di acquisire, in
danno dell’imprenditore minacciato, illegittime posizioni di vantaggio sul libero mercato, senza alcun merito derivante dalla propria capacità operativa. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato
l’ordinanza impugnata che aveva escluso la configurabilità del reato
nella condotta dell’imprenditore che aveva costretto un concorrente ad interrompere i lavori affidatigli dal Comune, rivendicandoli
come propri). Cass., sez. V, 24 novembre 2015 - 21 aprile 2016, n.
16678, CED 266864
3 – Querela.
Nel vigore della disciplina anteriore all’entrata in vigore della l.
n. 172 del 2012, il reato di lesioni lievissime commesso contro uno
dei soggetti di cui all’art. 577, comma 2, c.p., anche in occasione del
reato di maltrattamenti, è procedibile a querela, poichè l’art. 582,
comma 2, c.p. che prevede la procedibilità di ufficio se ricorrono le
aggravanti di cui all’art. 585 c.p., fa espressamente salvi i casi di cui
all’ultima parte dell’art. 577 c.p. Cass., sez. VI, 19 gennaio 2016 11 febbraio 2016, n, 5738, CED 266123
583 Circostanze aggravanti.
GIURISPRUDENZA
1 Malattia: durata e incapacità alle ordinarie occupazioni (§ 4).
1 – Malattia: durata e incapacità alle ordinarie occupazioni.
La lesione personale deve considerarsi grave se l’incapacità ad
attendere alle ordinarie occupazioni perduri oltre il quarantesimo
giorno, ivi compreso il periodo di convalescenza o quello di riposo
dipendente dalla malattia. Cass., 27 ottobre 2015 - 29 gennaio
2016, n. 4014, CED 267556
584 Omicidio preterintenzionale.
GIURISPRUDENZA
1 Nozione ed elemento oggettivo (§ 2).
1 – Nozione ed elemento oggettivo.
Ai fini dell’integrazione dell’omicidio preterintenzionale è necessario che l’autore dell’aggressione abbia commesso atti diretti a
percuotere o ledere la vittima, che esista un rapporto di causa ed
effetto tra gli atti predetti e l’evento letale e che eventuali cause
sopravvenute non siano da sole sufficienti a determinare l’evento,
ma lo abbiano causato in sinergia con la condotta dell’imputato,
per cui, venendo a mancare una delle due, l’evento non si sarebbe
verificato. (Fattispecie nella quale è stato configurato l’omicidio
preterintenzionale, con riferimento alla morte di una persona, che,
nel disperato tentativo di sottrarsi all’azione lesiva in atto nei suoi
confronti, fuggiva correndo sulla strada, dove veniva travolta da
un’autovettura che sopraggiungeva in corsa). Cass., sez. V, 8
gennaio 2016 - 22 febbraio 2016, n. 6918, CED 266614
586 Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto.
GIURISPRUDENZA
1 Concorso di persone (§ 4).
1 – Concorso di persone.
La disciplina di cui all’art. 586 c.p. è incompatibile con il
riconoscimento della responsabilità a titolo di concorso anomalo ai
sensi dell’art. 116 c.p., in quanto la morte della vittima, nel primo
caso, non è voluta da alcuno dei compartecipi all’azione delittuosa
principale, nel secondo è invece voluta, con dolo diretto o indiretto, da taluno dei concorrenti ed è causalmente legata al delitto base
programmato da tutti i correi. (In applicazione del principio, la
Corte ha escluso l’ipotesi di cui all’art. 586 c.p. e ritenuto sussistenti i presupposti del concorso anomalo nei confronti di taluni
degli imputati, che avevano partecipato ad una azione intimidatoria
e violenta in danno della persona offesa, nel corso della quale altro
imputato aveva fatto fuoco e ucciso la vittima, utilizzando un’arma
che deteneva all’insaputa dei correi). Cass., sez. I, 17 novembre
2015 - 31 marzo 2016, n. 12929, CED 266599
588 Rissa.
GIURISPRUDENZA
1 Rapporti con altri reati (§ 7).
1 – Rapporti con altri reati.
Con l’ipotesi delittuosa di rissa aggravata a norma dell’art. 588,
comma 2, c.p. concorrono, con riguardo al solo corissante autore
degli ulteriori fatti, i reati di lesioni personali e omicidio da costui
commessi nel corso della contesa, non avendo detti reati valore
assorbente della rissa, in quanto non sono configurabili come
progressivi rispetto ad essa, né essendo quest’ultima, rispetto ai
primi, “reato complesso”. Cass., sez. I, 7 aprile 2016 - 15 luglio
2016, n. 30215, CED 267224
589 Omicidio colposo.
GIURISPRUDENZA
1 Violazione di norme sulla circolazione stradale (§ 6) 2 Rapporti con altri reati (§ 10).
1 – Violazione di norme sulla circolazione stradale.
Ai fini della sussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 589,
54
comma 2, c.p., è sufficiente la violazione della regola generale di
cautela di cui all’art. 140 cod. strada (secondo la quale gli utenti
della strada debbono comportarsi in modo da non costituire
Art. 595 - par. 4
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni
caso salvaguardata la sicurezza stradale) che, ponendo un principio
informatore della circolazione, è implicitamente richiamata in ogni
contestazione di colpa generica. Cass., sez. IV, 15 marzo 2016 - 2
maggio 2016, n. 18204, CED 266641
2 – Rapporti con altri reati.
In tema di circolazione stradale, il reato di omicidio colposo
aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale
non può ritenersi assorbito in quello di partecipazione ad una gara
automobilistica non autorizzata cui consegua la morte di una o più
persone di cui all’art. 9-ter, comma 2, C.d.S, in tutti i casi in cui
risulti che la morte sia conseguenza diretta ed immediata di un’infrazione diversa ed ulteriore rispetto alla violazione del divieto di
gareggiare in velocità. (Fattispecie relativa ad una gara non autorizzata nel corso della quale una delle auto, omettendo di rallentare
all’ingresso in galleria, aveva tamponato una vettura estranea alla
competizione, cagionando il decesso di uno dei passeggeri, in cui la
Corte, in applicazione del suddetto principio, riqualificato il reato
di cui all’art. 9-ter, comma 2, C.d.S. in quello di cui al comma
primo del medesimo articolo, ha ritenuto configurabile il concorso
con il reato di omicidio colposo di cui all’art. 589 comma 4, c.p.).
Cass., sez. IV, 14 gennaio 2016 - 21 aprile 2016, n. 16610, CED
266961
591 Abbandono di persone minori o incapaci.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 2) 2 Rapporti con altri reati (§ 5).
1 – Elemento oggettivo.
In tema di abbandono di persone minori o incapaci (art. 591
c.p.), il dovere di custodia implica una relazione tra l’agente e la
persona offesa che può sorgere non solo da obblighi giuridici
formali, ma anche da una sua spontanea assunzione da parte del
soggetto attivo nonché dall’esistenza di una mera situazione di
fatto, tale per cui il soggetto passivo sia entrato nella sfera di
disponibilità e di controllo dell’agente, in ciò differenziandosi dal
dovere di cura, che ha invece unicamente ad oggetto relazioni
scaturenti da valide fonti giuridiche formali. (Fattispecie in cui la
Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza con la quale era stata
affermata la responsabilità di due agenti di P.S. che, dopo averne
temporaneamente assunto la custodia, avevano abbandonato presso una stazione di servizio una donna in evidente stato confusionale, mesi dopo rinvenuta morta). Cass., sez. V, 12 gennaio 2016
- 10 maggio 2016, n. 19448, CED 267126
2 – Rapporti con altri reati.
Il reato di abbandono di persone minori o incapaci è in rapporto
di specialità rispetto a quello di omissione di soccorso, in quanto,
a differenza di quest’ultimo che punisce chiunque si trovi occasionalmente a contatto diretto con una persona in stato di pericolo,
sanziona la violazione di uno specifico dovere giuridico di cura o di
custodia, che incombe su determinate persone o categorie di
persone, da cui derivi una situazione di pericolo, anche meramente
potenziale, per la vita o l’incolumità del soggetto passivo. (In
applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la
sentenza impugnata con la quale i giudici avevano qualificato come
“omissione di soccorso”, anziché “abbandono di persona incapace”, la condotta dell’imputato che, rientrato a casa e trovata la
moglie in gravissime condizioni di salute, aveva omesso di prestarle
assistenza e di chiedere soccorso). Cass., sez. V, 14 gennaio 2016
- 25 marzo 2016, n. 12644, CED 266874
595 Diffamazione.
GIURISPRUDENZA 1 Offesa della reputazione: a) in genere (§ 2, a); b) altro mezzo di pubblicità 2 Soggetto passivo
(§ 3) 3 Comunicazione con più persone (§ 4) 4 Diritto di cronaca e di critica: a) diritto di cronaca: aa) interpellanze
parlamentari e interviste (§ 7, c, cc); b) diritto di critica: ba) in genere (§ 7, d, da).
1 – Offesa alla reputazione:
a) in genere. Integra il reato di diffamazione il riferirsi ad una
persona con una espressione che, pur richiamando un handicap
motorio effettivo, contenga una carica dispregiativa che, per il
comune sentire, rappresenti una aggressione alla reputazione della
persona, messa alla berlina per le sue caratteristiche fisiche. (Nella
fattispecie la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di
condanna nei confronti del soggetto che, comunicando con più
persone, qualificava la persona offesa nel contesto di una discussione come “la zoppetta”). Cass., sez. V, 13 maggio 2016 - 27 luglio
2016, n. 32789, CED 267399
b) altro mezzo di pubblicità. Integra il reato di diffamazione aggravata dall’aver recato l’offesa con “altro mezzo di pubblicità” diverso dalla stampa la condotta di chi invii documenti dal
contenuto diffamatorio via fax. (In applicazione del principio, la
S.C. ha escluso che il reato rientrasse nella competenza per materia
del giudice di pace). Cass., sez. V, 9 dicembre 2015 - 12 febbraio
2016, n. 6081, CED 266028
2 – Soggetto passivo.
Il reato di diffamazione è costituito dall’offesa alla reputazione
di una persona determinata e non può essere, quindi, ravvisato nel
caso in cui vengano pronunciate o scritte frasi offensive nei con-
fronti di una o più persone appartenenti ad una categoria anche
limitata se le persone cui le frasi si riferiscono non sono individuabili. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del
reato in relazione a delle generiche affermazioni offensive, pronunciate nel corso di una trasmissione radiofonica, caratterizzate da
preconcetti e luoghi comuni riferiti ad asserite caratteristiche degli
abitanti di una zona del territorio nazionale). Cass., sez. V, 23
febbraio 2016 - 9 giugno 2016, n. 24065, CED 266861
3 – Comunicazione con più persone.
La missiva a contenuto diffamatorio diretta a una pluralità di
destinatari, oltre l’offeso, non integra il reato di ingiuria aggravata
dalla presenza di più persone, bensì quello di diffamazione, stante
la non contestualità del recepimento delle offese medesime e la
conseguente maggiore diffusione della stessa. (Fattispecie, in cui la
missiva offensiva era indirizzata impersonalmente anche “all’amministratore del condominio” nella quale la S.C. ha escluso la
configurabilità del reato di ingiuria in quanto l’imputato non
poteva essere certo che il legale rappresentante del condominio si
identificasse ancora con la persona che stava offendendo). Cass.,
sez. V, 15 marzo 2016 - 5 maggio 2016, n. 18919, CED 266827
4 – Diritto di cronaca e di critica: a) diritto di cronaca: aa) interpellanze parlamentari e interviste.
In tema di diffamazione, non sussiste la responsabilità del
55
Art. 595 - par. 4
CODICE PENALE
giornalista - che abbia assunto la posizione di terzo osservatore dei
fatti - il quale trasmetta, nel corso di un programma televisivo, le
dichiarazioni, oggettivamente lesive dell’altrui reputazione, rilasciate in sede di intervista, da un personaggio pubblico ai danni di altri
soggetti pure con ruolo pubblico, quando vi sia l’interesse pubblico
a rendere noto il pensiero dell’intervistato in relazione alla sua
notorietà, giacché, in tal caso, la dichiarazione di quest’ultimo crea
di per sé la notizia, che merita di essere pubblicata perché soddisfa
l’interesse della collettività all’informazione indirettamente protetto dall’art. 21 Cost., indipendentemente dalla sua veridicità e dalla
continenza delle espressioni utilizzate; né il giornalista può esercitare in tal caso il ruolo di censore nei confronti delle espressioni
offensive perché la notizia verrebbe svuotata del suo reale significato, a detrimento del diritto-dovere di informare la pubblica
opinione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente la
scriminante del diritto di cronaca nei confronti di un giornalista
che aveva intervistato la sorella di un soggetto deceduto dopo il suo
arresto, pubblicamente impegnata nella richiesta di accertamenti in
ordine alle cause che avevano determinato la morte del fratello e,
quindi, oggetto di un noto caso giudiziario, nel quale erano stati
coinvolti alcuni appartenenti alle forze di polizia che avevano
proceduto all’arresto). Cass., sez. V, 6 ottobre 2015 - 22 febbraio
2016, n. 6911, CED 266255
b) diritto di critica: ba) in genere. Integra il reato di
diffamazione a mezzo stampa la condotta del giornalista che, in un
articolo pubblicato, utilizzando insinuazioni generiche, attribuisce
alla persona offesa la commissione di fatti illeciti non meglio
specificati e privi di qualsiasi riferimento determinato, in maniera
idonea ad ingenerare nel lettore medio la convinzione che il
soggetto diffamato si sia reso autore di una qualsiasi condotta
connotata da illiceità. (In motivazione la S.C. ha escluso che nel
caso di specie potesse configurarsi la scriminante del diritto di
critica, invocata dal ricorrente per avere, successivamente alla
pubblicazione della notizia, presentato una denuncia alla Corte dei
conti contro la persona offesa - un sindaco - in relazione ad alcune
specifiche vicende). Cass., sez. V, 19 novembre 2015 - 2 febbraio
2016, n. 4298, CED 266026
598 Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o
amministrative.
GIURISPRUDENZA
1 Ambito di applicazione soggettivo dell’esimente (§ 3).
1 – Ambito di applicazione soggettivo dell’esimente.
L’esimente prevista dall’art. 598 c.p. che prevede la non punibilità delle offese contenute negli scritti presentati dinanzi all’autorità giudiziaria quando le offese concernono l’oggetto della causa,
non si applica al consulente tecnico nominato nel procedimento
penale, in quanto lo stesso non è equiparabile né alle parti, né ai
loro patrocinatori, ai quali espressamente ed esclusivamente si
riferisce la citata disposizione. Cass., sez. V, 16 settembre 2015 - 12
febbraio 2016, n. 6051, CED 266604
599 Provocazione.
GIURISPRUDENZA
1 Provocazione (§ 2).
1 – Provocazione.
Ai fini del riconoscimento dell’esimente della provocazione nei
delitti contro l’onore, sebbene sia sufficiente che la reazione abbia
luogo finchè duri lo stato d’ira suscitato dal fatto provocatorio, non
essendo necessaria una reazione istantanea, è richiesta tuttavia
l’immediatezza della reazione, intesa come legame di interdipendenza tra reazione irata e fatto ingiusto subito, sicchè il passaggio
di un lasso di tempo considerevole può assumere rilevanza al fine
di escludere il rapporto causale e riferire la reazione ad un senti-
mento differente, quale l’odio o il rancore. (Nel caso di specie, la
S.C. ha ritenuto sussistente lo stato d’ira per le offese pronunciate
all’indirizzo della persona offesa lo stesso giorno della condotta
provocatoria, a seguito di un incontro casuale in strada, ma non per
le dichiarazioni diffamatorie rese ai giornali il giorno dopo, le quali,
persa la natura di sfogo immediato per l’ingiustizia subita, avevano
assunto la veste di mera ritorsione vendicativa). Cass., sez. V, 6
luglio 2015 - 24 febbraio 2016, n. 7244, CED 267137
600 Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 4).
1 – Elemento oggettivo.
Ai fini della configurabilità del reato di riduzione in schiavitù
non incidono, sulla rilevanza penale della condotta, nelle sue
oggettive connotazioni, le particolari motivazioni culturali o di
costume che abbiano mosso il soggetto agente. (In applicazione del
principio, la S.C. ha annullato la sentenza che aveva assolto gli
imputati dal reato di riduzione in schiavitù e riqualificato il reato di
tratta nel reato di introduzione illegale nel territorio dello Stato,
commessi nei confronti di una minore kosovara che, acquistata
dalla famiglia di origine per la somma di 20.000 euro, veniva
irregolarmente introdotta nello Stato italiano per essere condotta in
un campo nomadi e forzatamente unita in un matrimonio concordato con i genitori della giovane e contratto secondo le consuetudini della comunità di appartenenza). Cass., sez. V, 5 maggio 2016
- 31 maggio 2016, n. 23052, CED 267014
600-ter Pornografia minorile.
GIURISPRUDENZA
56
1 Il primo comma (§ 2) 2 Il comma 4 (§ 5) 3 Risarcimento del danno.
Art. 603-bis
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
1 – Il primo comma.
Ai fini dell’integrazione del reato di pornografia minorile, di cui
al comma 1 dell’art. 600-ter c.p., è necessario che la condotta del
soggetto agente abbia una consistenza tale da implicare il concreto
pericolo di diffusione del materiale pornografico prodotto, sicchè
esulano dall’area applicativa della norma solo quelle ipotesi in cui
la produzione pornografica sia destinata a restare nella sfera strettamente privata dell’autore. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto
esente da censure la sentenza che aveva desunto il pericolo di
diffusione dal fatto che la videoripresa, coinvolgente una minore,
era stata conservata dall’imputato nella memoria del telefono cellulare e successivamente sottoposta in visione a terzi). Cass., sez.
III, 12 aprile 2016 - 23 agosto 2016, n. 35295, CED 267546
2 – Il comma 4.
Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 600-ter,
comma 4, c.p. (offerta o cessione ad altri di materiale pornografico
realizzato ai sensi del primo comma dello stesso articolo, ovvero
utilizzando minori di anni diciotto), è necessario che il produttore
del materiale sia persona diversa dal minore raffigurato, in quanto,
nella diversa ipotesi in cui sia quest’ultimo - di propria iniziativa e
senza intervento di altri - a realizzare il materiale, difetta l’elemento
costitutivo dell’utilizzo del minore da parte di un soggetto terzo, di
cui al predetto comma 1 dell’art. 600-ter c.p. Cass., sez. III, 18
febbraio 2016 - 21 marzo 2016, n. 11675, CED 266319
3 – Risarcimento del danno.
In tema di risarcimento del danno da reato, l’esposizione volontaria ad un rischio da parte del danneggiato o, comunque, la
consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegua la
probabilità che si produca a proprio danno un evento pregiudizievole, costituendo un antecedente causale necessario del verificarsi
dell’evento ai sensi dell’art. 1227 c.c., è idonea ad integrare una
corresponsabilità di quest’ultimo con conseguente, proporzionale,
riduzione della responsabilità del danneggiante. (In applicazione
del principio, la Corte nel rigettare il ricorso della parte civile in
relazione al reato di pornografia minorile, previsto dall’art. 600-ter,
comma 3, c.p., ha ritenuto corretta la riduzione della liquidazione
del danno operata dalla Corte d’appello, in considerazione del
ruolo avuto dalla parte offesa nel fatto che, volontariamente, aveva
realizzato ed inviato all’imputato un video di contenuto pornografico, esponendosi al rischio della sua diffusione). Cass., sez. III, 20
gennaio 2016 - 15 febbraio 2016, n. 6119, CED 266221
600-quater Detenzione di materiale pornografico.
GIURISPRUDENZA
1 Consumazione; reato permanente (§ 3).
1 – Consumazione; reato permanente.
Il reato di detenzione di materiale pedopornografico di cui
all’art. 600quater, c.p., ha natura permanente, iniziando la sua
consumazione nel momento in cui il reo si procura il materiale e
cessando nel momento in cui quest’ultimo ne perde la disponibi-
lità. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto legittima
l’individuazione, in sentenza, della data di commissione del reato in
quella del suo accertamento, coinciso con il sequestro del materiale). Cass., sez. III, 23 febbraio 2016 - 15 aprile 2016, n. 15719, CED
266581
602-quater Ignoranza dell’età della persona offesa.
GIURISPRUDENZA
1 Ignoranza inevitabile.
1 – Ignoranza inevitabile.
In tema di prostituzione minorile, il fatto tipico scusante previsto dall’art. 602-quater c.p. in relazione all’ignoranza inevitabile
circa l’età della persona offesa è configurabile solo se l’agente, pur
avendo diligentemente proceduto ai dovuti accertamenti, sia stato
indotto a ritenere, sulla base di elementi univoci, che il minorenne
fosse maggiorenne; ne consegue che non sono sufficienti, al fine di
ritenere fondata la causa di non punibilità, elementi quali la
presenza nel soggetto di tratti fisici di sviluppo tipici di maggiorenni o rassicurazioni verbali circa l’età, provenienti dal minore o
da terzi, nemmeno se contemporaneamente sussistenti. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’imputato ha l’onere di provare
non solo la non conoscenza dell’età della persona offesa, ma anche
di aver fatto tutto il possibile al fine di uniformarsi ai suoi doveri di
attenzione, di conoscenza, di informazione e di controllo, attenendosi a uno standard di diligenza direttamente proporzionale alla
rilevanza dell’interesse per il libero sviluppo psicofisico dei minori).
Cass., sez. III, 18 dicembre 2015 - 24 marzo 2016, n. 12475, CED
266484
603-bis Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (1).
[I] Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la
multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento,
approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al
numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di
bisogno.
[II] Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da
cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
[III] Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle
seguenti condizioni:
1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi
57
Art. 603-bis
CODICE PENALE
nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o
comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo
settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni
alloggiative degradanti.
[IV] Costituiscono aggravante specifica e comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà:
1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
3) l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto
riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.
(1)
Articolo inserito dall’art. 12 d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv., con modif., nella l. 14 settembre 2011, n. 148, e così sostituito dall’art. 1 l. 29 ottobre
2016, n. 199, a far data dal 4 novembre 2016 (art. 12). Il testo dell’articolo era il seguente: « Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga
un’attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l’attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante
violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e
con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. ― Ai fini del primo comma, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una
o più delle seguenti circostanze: 1) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque
sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) la sistematica violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo
settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; 3) la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale
da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l’incolumità personale; 4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi
di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti. ― Costituiscono aggravante specifica e comportano l’aumento della pena da un
terzo alla metà: 1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre; 2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non
lavorativa; 3) l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle
prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro ».
competenza: Trib. monocratico (udienza prelim. 1° e 2° comma); Trib. collegiale (4° comma)
arresto: facoltativo (1° comma); obbligatorio (2° comma)
fermo: non consentito (1° comma); non consentito (2° e 4° comma)
custodia cautelare in carcere: consentita
altre misure cautelari personali: consentite
procedibilità: d’ufficio
603-bis.1 Circostanza attenuante (1).
[I] Per i delitti previsti dall’articolo 603-bis, la pena è diminuita da un terzo a due terzi nei confronti
di chi, nel rendere dichiarazioni su quanto a sua conoscenza, si adopera per evitare che l’attività
delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l’individuazione o la cattura dei concorrenti o per
il sequestro delle somme o altre utilità trasferite.
[II] Nel caso di dichiarazioni false o reticenti si applicano le disposizioni dell’articolo 16-septies del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82.
[III] Non si applicano le disposizioni dell’articolo 600-septies.1.
(1)
Articolo inserito dall’art. 2 l. 29 ottobre 2016, n. 199, a far data dal 4 novembre 2016 (art. 12).
603-bis.2 Confisca obbligatoria (1).
[I] In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444
del codice di procedura penale per i delitti previsti dall’articolo 603-bis, è sempre obbligatoria, salvi i
diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno, la confisca delle cose che
servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il
profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato. Ove essa non sia possibile è disposta la
confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona, per un
valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto del reato.
(1)
58
Articolo inserito dall’art. 2 l. 29 ottobre 2016, n. 199, a far data dal 4 novembre 2016 (art. 12).
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
Art. 609-bis - par. 5
609-bis Violenza sessuale.
GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo: a) abuso di autorità (§ 2, d) 2 Circostanze: a) casi di minore gravità (§ 6,
b) 3 Tentativo (§ 7) 4 Rapporti con altri reati: a) induzione indebita a dare a promettere utilità 5 Questioni processuali
(§ 12).
1 – Elemento oggettivo: a) abuso di autorità.
In tema di violenza sessuale, l’espressione “abuso di autorità”
che costituisce, unitamente alla “violenza” o alla “minaccia“, una
delle modalità di consumazione del reato previsto dall’art. 609-bis
c.p., ricomprende non solo le posizioni autoritative di tipo formale
e pubblicistico - coincidenti con la qualifica di pubblico ufficiale ma anche ogni potere di supremazia di natura privata, di cui
l’agente abusi per costringere il soggetto passivo a compiere o a
subire atti sessuali. (Fattispecie relativa a violenza sessuale commessa dal cappellano del carcere - incaricato di pubblico servizio nei confronti dei detenuti). Cass., sez. III, 17 maggio 2016 - 28
luglio 2016, n. 33049, CED 267402 — Giurisprudenza non univoca.
In tema di violenza sessuale, l’espressione “abuso di autorità”
che costituisce, unitamente alla “violenza” o alla “minaccia”, una
delle modalità di consumazione del reato previsto dall’art. 609-bis
c.p., ricomprende qualsiasi forma di “supremazia”, sia essa pubblica o privata, di cui l’agente abusi per costringere il soggetto
passivo a compiere o a subire atti sessuali. (Fattispecie relativa a
violenza sessuale commessa, all’interno di edificio scolastico, da un
insegnante nei confronti di una ex alunna, nella quale la Corte ha
osservato che l’autorità esercitabile con modalità abusive - e perciò
costrittive - non è solo quella derivante da un potere legale, ma
anche quella proveniente da una posizione soggettiva di preminenza). Cass., sez. III, 8 marzo 2016 - 28 luglio 2016, n. 33042, CED
267453 — V. la massima precedente.
2 – Circostanze: a) casi di minore gravità.
In tema di violenza sessuale, ai fini del riconoscimento della
diminuente per i casi di minore gravità di cui all’art. 609-bis, ultimo
comma, c.p., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del
fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il
grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e
psicologiche di quest’ultima, anche in relazione all’età, mentre ai
fini del diniego della stessa attenuante è sufficiente la presenza
anche di un solo elemento di conclamata gravità. (Fattispecie nella
quale la Corte ha escluso che la reiterazione degli abusi nel tempo,
in quanto approfondisce il tipo di illecito e compromette maggiormente l’interesse giuridico tutelato dalla norma incriminatrice,
possa essere compatibile con la “minore gravità” del fatto). Cass.,
sez. III, 18 novembre 2015 - 22 febbraio 2016, n. 6784, CED 266272
In tema di violenza sessuale, il riconoscimento della circostanza
attenuante della minore gravità del fatto non è impedito dalla
commissione di una pluralità di episodi illeciti in danno di diverse
persone offese, la cui libertà sessuale sia stata compressa in maniera
non grave. (In applicazione del principio, la S.C. ha censurato la
decisione di merito che aveva automaticamente escluso la diminuente in una fattispecie di “palpeggiamenti” di più alunne minorenni, osservando che il naturale aggravamento della intensità della
lesione al bene protetto, connesso alla reiterazione di una singola
condotta di modesta gravità, non si verifica quando i soggetti
passivi della condotta siano sempre fra loro diversi e ciascuno
indipendente dall’altro, dovendosi in tal caso valutare la gravità di
ogni singolo episodio). Cass., sez. III, 22 settembre 2015 - 20
giugno 2016, n. 25434, CED 267451
3 – Tentativo.
In tema di violenza sessuale, è configurabile il tentativo del
reato, previsto dall’art. 609-bis c.p., in tutte le ipotesi in cui la
condotta violenta o minacciosa non abbia determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, poiché
l’agente non ha raggiunto le zone intime (genitali o erogene) della
vittima ovvero non ha provocato un contatto di quest’ultima con le
proprie parti intime. (Nella fattispecie, la Corte ha accolto il ricorso
dell’imputato, ritenendo integrata l’ipotesi di violenza sessuale
nella forma tentata e non consumata nella condotta consistita
nell’abbassarsi i pantaloni, scoprire il pene, afferrare la nuca della
vittima, e cercare con forza di avvicinare la testa della medesima
per costringerla ad un rapporto orale, non conseguito in quanto la
donna riusciva a divincolarsi prima dell’arrivo delle forze dell’ordine). Cass., sez. III, 18 febbraio 2016 - 28 aprile 2016, n. 17414,
CED 266900
4 – Rapporti con altri reati: a) induzione indebita
a dare a promettere utilità.
Il reato di violenza sessuale commesso mediante abuso delle
condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al
momento del fatto può concorrere con il delitto di induzione
indebita a dare o promettere utilità, trattandosi di reati diversi sia
nei beni giuridici tutelati, sia nella struttura delle condotte costitutive, poichè mentre l’abuso insito nella induzione indebita va
riferito al soggetto agente, quello insito nel delitto di violenza
sessuale va correlato alla vittima, ferma restando quale elemento
comune una condotta induttiva di tipo approfittatrice tale da
condizionare - seppure al di fuori di condotte violente, minacciose
o costrittive - la volontà del soggetto passivo. (In applicazione del
principio, la S.C. ha ravvisato il concorso di reati in una fattispecie
di induzione di cittadina extracomunitaria a prestazioni sessuali,
perpetrata da Carabiniere mediante abuso della situazione di metus
determinatasi anche per effetto della prospettazione della possibilità di rilevare l’irregolare posizione della vittima sul territorio
nazionale). Cass., sez. III, 18 marzo 2015 - 8 marzo 2016, n. 9442,
CED 266451
Non è configurabile il concorso del reato di violenza sessuale
commesso mediante costrizione della vittima, previsto dal comma
1 dell’art. 609-bis c.p., con quello di induzione indebita, previsto
dall’art. 319 quater c.p., essendo logicamente incompatibile la
condotta di “costrizione”, di cui alla prima fattispecie, con quella di
“induzione”, prevista nella seconda. (Fattispecie di atti sessuali
commessi dal cappellano del carcere con costrizione consistita in
condotte repentine di toccamenti dei genitali e sfregamento del
pene sul corpo dei detenuti e con abuso di autorità derivante dalla
sua posizione). Cass,, sez. III, 17 maggio 2016 - 28 luglio 2016, n.
33049, CED 267400
5 – Questioni processuali.
In tema di violenza sessuale nei confronti di minori, il mancato
espletamento della perizia in ordine alla capacità a testimoniare
non determina l’inattendibilità della testimonianza della persona
offesa, poichè tale accertamento non costituisce un presupposto
indispensabile per la valutazione di attendibilità, ove non emergano
elementi patologici che possano far dubitare della predetta capacità. (Nella specie, la Corte ha evidenziato che la motivazione del
giudice di merito dava pienamente conto delle ragioni sulla base
delle quali era stata dedotta l’attendibilità del racconto della vittima). Cass., sez. III, 1 luglio 2015 - 22 giugno 2016, n. 25800, CED
267323
59
Art. 609-quater - par. 1
CODICE PENALE
609-quater Atti sessuali con minorenne.
GIURISPRUDENZA
1 Soggetto passivo minore degli anni 16. Particolari rapporti con il soggetto attivo (§ 2).
1 – Soggetto passivo minore degli anni sedici.
particolari rapporti con il soggetto attivo.
Integra la fattispecie di cui all’art. 609-quater, comma 1, n. 2,
c.p., il compimento di atti sessuali con minorenne, di età compresa
tra i quattordici ed i sedici anni, in assenza di costrizione, da parte
del datore di lavoro nell’ambito di un rapporto di apprendistato,
ancorchè di fatto, dovendosi annoverare tale rapporto, pur temporaneo, tra quelli di tipo fiduciario, volti a favorire l’educazione,
l’istruzione e la formazione del minore. Cass., sez. III, 4 febbraio
2016 - 28 aprile 2016, n. 17411, CED 266813
609-quinquies Corruzione di minorenne.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 3).
1 – Elemento oggettivo.
Nella nozione di atto sessuale rilevante ai fini della configurabilità del reato di corruzione di minorenne rientra qualsiasi comportamento, anche di mero intenzionale esibizionismo, collegabile alle
manifestazioni della vita sessuale. (Fattispecie, nella quale la con-
dotta incriminata era consistita in ripetuti toccamenti dell’organo
genitale alla presenza di minori, che l’imputato guardava con
insistenza allo scopo di farle assistere al gesto). Cass., sez. III, 9
marzo 2016 - 13 giugno 2016, n. 24417, CED 267104
609-septies Querela di parte.
GIURISPRUDENZA
1 Pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio (§ 4).
1 – Pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio.
In tema di reati contro la libertà sessuale, ai fini della procedibilità d’ufficio prevista dall’art. 609-septies, comma 4, n. 3, c.p.,
assume la qualifica di incaricato di pubblico servizio l’ausiliario
socio assistenziale di una casa di riposo, attese le mansioni di
assistenza diretta alla persona cui è tenuto, coinvolgenti compiti di
carattere intellettivo e non meramente esecutivo e materiale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che
aveva considerato procedibile d’ufficio il reato previsto dall’art.
609-bis c.p., valutata la sussistenza della circostanza aggravante di
cui all’art. 61, n. 9 c.p.). Cass., sez. III, 25 febbraio 2016 - 24 giugno
2016, n. 26427, CED 267298
609-nonies Pene accessorie ed altri effetti penali.
GIURISPRUDENZA
1 Obbligatorietà della sanzione (§ 2).
1 – Obbligatorietà della sanzione.
L’art. 609-nonies c.p. deroga alla regola generale di cui all’art.
445 c.p.p., rendendo obbligatoria per i reati di violenza sessuale,
anche in caso di applicazione della pena inferiore ai due anni,
l’irrogazione delle pene accessorie ivi indicate. Cass., sez. III, 2
marzo 2016 - 27 aprile 2016, n. 17189, CED 266635
610 Violenza privata.
GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo: a) violenza (§ 1, b); b) minaccia (§ 1, c); c) illegittimità della costrizione (§ 1,
d) 2 Rapporto con altri reati: a) estorsione (§ 6, e).
1 – Elemento oggettivo: a) violenza.
L’elemento della violenza nel reato di cui all’art. 610 c.p. si
identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso
della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere
anche in una violenza “impropria”, che si attua attraverso l’uso di
mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui,
impedendone la libera determinazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha stabilito che integra il reato di violenza privata la
condotta di chi - il marito nei confronti della moglie, nella specie impedisce l’esercizio dell’altrui diritto di accedere ad un locale o ad
una delle stanze di un’abitazione, chiudendone a chiave la serratura). Cass., sez. V, 29 settembre 2015 - 2 febbraio 2016, n. 4284,
CED 266020
bruciare tutto se non fosse stato ricevuto dal Prefetto per ottenere
un posto di lavoro). Cass., sez. V, 12 aprile 2016 - 18 agosto 2016,
n. 35003, CED 267547
b) minaccia. Il delitto di violenza privata può essere integrato
anche dalla prospettazione di una condotta autolesionistica dell’agente, quando la stessa sia idonea a coartare l’altrui autodeterminazione. (Fattispecie nella quale l’imputato, dopo aver sparso
della benzina sulle scale degli uffici comunali, aveva minacciato di
2 – Rapporto con altri reati: a) estorsione.
Integra il reato di estorsione, e non già quello di violenza privata,
la condotta consistita nel costringere, mediante violenza o minaccia, un imprenditore ad effettuare un’assunzione non necessaria,
sussistendo sia il requisito dell’ingiusto profitto, conseguito dalla
60
c) illegittimità della costrizione. Non integra gli estremi
del reato di violenza privata la condotta preordinata a far desistere
altri da un’azione illecita, in quanto la condotta che si assume
impedita con violenza o minaccia, ad opera di un terzo, deve
esprimere una lecita modalità di esplicazione della personalità.(Fattispecie in cui l’imputato, fermato in un supermercato in attesa
della polizia, per avere rotto una bottiglia, aveva cercato di opporsi
alla restrizione della propria libertà di movimento). Cass., sez. V,
21 gennaio 2016 - 29 febbraio 2016, n. 8310, CED 266419
Art. 614 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
persona assunta e connesso ad un’azione intimidatoria, sia quello
del danno per la vittima, costretta a versare la relativa retribuzione.
(In applicazione del principio, la S.C. ha annullato con rinvio la
decisione d’appello che aveva omesso di motivare in relazione alla
“non necessità” dell’assunzione e, di conseguenza, in ordine al suo
aver arrecato danno patrimoniale alla persona offesa). Cass., sez.
V, 20 gennaio 2016 - 2 marzo 2016, n. 8639, CED 266079
612 Minaccia.
GIURISPRUDENZA
1 Aggravanti (§ 5).
1 – Aggravanti.
Ai fini della configurabilità del reato di minaccia grave, ex art
612, comma 2, c.p., rileva l’entità del turbamento psichico che
l’atto intimidatorio può determinare sul soggetto passivo; pertanto,
non è necessario che la minaccia di morte sia circostanziata,
potendo benissimo, ancorché pronunciata in modo generico, pro-
durre un grave turbamento psichico, avuto riguardo alle personalità dei soggetti (attivo e passivo) del reato. (Fattispecie in cui la
S.C. ha ritenuto integrato il reato di cui all’art. 612, comma 2, c.p.
in relazione a minaccia di morte proferita da un pluripregiudicato
nei confronti di due militari). Cass., sez. V, 29 maggio 2015 - 3
novembre 2015, n. 44382, CED 266055
612-bis Atti persecutori.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 3) 2 Rapporti con altri reati (§ 5) 3 Questioni processuali (§ 6).
1 – Elemento oggettivo.
Ai fini della configurazione del delitto di atti persecutori, le
reiterate molestie non devono essere commesse necessariamente in
luogo pubblico, aperto al pubblico, ovvero con il mezzo del
telefono, come invece previsto per la contravvenzione di cui all’art.
660 c.p. (Fattispecie nella quale la Corte ha annullato con rinvio la
sentenza impugnata, con la quale l’imputato era stato assolto dal
reato di cui all’art. 612-bis c.p., per avere molestato la moglie con
condotte commesse in luoghi e con modalità diverse da quelle
previste dal citato art. 660). Cass., sez. V, 14 gennaio 2016 - 24
marzo 2016, n. 12528, CED 266875
2 – Rapporti con altri reati.
Il delitto di atti persecutori, avendo oggetto giuridico diverso,
può concorrere con quello di esercizio arbitrario delle proprie
ragioni, in cui restano assorbiti solo quei fatti che, pur costituendo
astrattamente di per sè reato, rappresentino elementi costitutivi o
circostanze aggravanti di esso e non anche quelli che eccedano tali
limiti, dando vita a responsabilità autonoma e concorrente. Cass.,
V, 29 gennaio 2016 - 18 maggio 2016, n. 20696, CED 267148
3 – Questioni processuali.
Il reato di atti persecutori, configurando un’ipotesi di reato
abituale, si caratterizza per il compimento di più atti realizzati in
momenti successivi, rappresentando ciascuna delle singole azioni
un elemento della serie, al realizzarsi della quale sorge la condotta
tipica rilevante anche ai fini della procedibilità. (Fattispecie in cui
la Corte ha individuato il dies a quo per la proposizione della
querela nella richiesta di ammonimento del Questore, avanzata
dalla persona offesa a seguito di una serie di atti delittuosi, ritenendo, conseguentemente, tardiva la querela presentata oltre sei
mesi dopo, ancorchè in epoca successiva ad un ulteriore episodio
che, in quanto intervenuto a notevole distanza di tempo dalla
precedente serie integrante il reato, doveva considerarsi come un
nuovo fatto isolato privo di rilevanza penale). Cass., sez. V, 17
novembre 2015 - 24 marzo 2016, n. 12509, CED 266839
In tema di atti persecutori, il regime di irrevocabilità della
querela previsto dall’art. 612-bis, comma 4, ult. parte, introdotto
dal d.l. 14 agosto 2013, n. 93, conv. con mod. dalla l. 15 ottobre
2013 n. 119, non si applica ai fatti preesistenti, la cui perseguibilità
e punibilità erano rimesse alla volontà della persona offesa dal
reato. (In motivazione la Corte ha affermato che il mutamento nel
tempo del regime di procedibilità va positivamente risolto, ai sensi
dell’art. 2 c.p., alla luce della natura mista, sostanziale e processuale, dell’istituto della querela, che costituisce nel contempo condizione di procedibilità e di punibilità. Cass., sez. V, 8 giugno 2015
- 3 novembre 2015, n. 44390, CED 265999
È irrevocabile la querela presentata per il reato di atti persecutori quando la condotta sia stata realizzata con minacce reiterate e
gravi. Cass., sez. V, 17 settembre 2015 - 20 gennaio 2016, n. 2299,
CED 266043
È procedibile d’ufficio ai sensi dell’art. 612-bis, ultimo comma,
c.p., il reato di atti persecutori connesso con il delitto di lesioni,
anche nel caso in cui la procedibilità d’ufficio di quest’ultimo sia
determinata dall’aggravante di cui all’art. 576, comma 1, n. 5.1, c.p.
per essere stato commesso il fatto da parte dell’autore del reato di
atti persecutori nei confronti della medesima persona offesa.
Cass., sez. V, 8 ottobre 2015 - 17 marzo 2016, n. 11409, 266341
In tema di delitto di atti persecutori, è idonea ad estinguere il
reato non solo la remissione di querela ricevuta dall’autorità giudiziaria ma anche quella effettuata davanti ad un ufficiale di polizia
giudiziaria, atteso che l’art. 612-bis, comma 4, c.p., facendo riferimento alla remissione “processuale”, evoca la disciplina risultante
dal combinato disposto dagli artt. 152 c.p. e 340 c.p.p., che prevede
la possibilità effettuare la remissione anche con tali modalità.
(Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza
impugnata, dichiarando l’estinzione del reato per remissione di
querela, effettuata, in pendenza del ricorso per cassazione, davanti
alla polizia giudiziaria, con accettazione dell’imputato) Cass., sez.
V, 26 febbraio 2016 - 3 maggio 2016, n. 18477, CED 266528 — In
senso conforme: Cass., sez. IV, 8 aprile 2016 - 21 aprile 2016, n.
16669, CED 266643
614 Violazione di domicilio.
GIURISPRUDENZA
1 Titolare del diritto di esclusione e del diritto di querela (§ 4).
1 – Titolare del diritto di esclusione e del diritto
di querela.
In tema di violazione di domicilio, è ravvisabile in capo al
presidente di un’associazione privata la titolarità dello “ius excludendi”, esercitabile sia nei confronti dei terzi estranei all’associazione che nei confronti dei soci, qualora questi ultimi assumano un
61
Art. 614 - par. 1
CODICE PENALE
comportamento in contrasto con le regole dell’associazione medesima,manifestando una volontà incompatibile con l’adesione alle
stesse. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure
la pronuncia che aveva ravvisato la responsabilità del socio di un
circolo culturale che, dopo essere stato accompagnato fuori dal
locale per la sua condotta violenta e molesta nei confronti degli altri
soci, aveva tentato di farvi nuovamente accesso contro la volotà
espressa del presidente). Cass., sez. V, 29 gennaio 2016 - 2 maggio
2016, n. 18275, CED 266253
615-ter Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 1).
1 – Elemento oggettivo.
Integra il delitto previsto dall’art. 615-ter c.p., la condotta di
accesso o di mantenimento nel sistema informatico da parte di un
soggetto, che, pure essendo abilitato, violi le condizioni ed i limiti
risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del
sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso. (Fattispecie in
cui la Corte ha ritenuto configurasi il reato nei confronti di un
cancelliere del tribunale, che, utilizzando un codice di accesso ad
efficacia limitata nel tempo, fornitogli anni addietro per la trasmigrazione di dati informatici, si era abusivamente introdotto nel
sistema informatico RE.GE. in dotazione alla Procura della Repubblica, al diverso fine di visionare l’iscrizione di un procedimento
penale a carico di un suo conoscente). Cass., sez. V, 26 giugno
2015 - 3 novembre 2015, n. 44403, CED 266088 — In senso
conforme: Cass., sez. V, 13 giugno 2016 - 29 luglio 2016, n. 33311,
CED 267403
Integra il reato di cui all’art. 615ter c.p. la condotta di colui che
accede abusivamente all’altrui casella di posta elettronica trattandosi di una spazio di memoria, protetto da una password perso-
nalizzata, di un sistema informatico destinato alla memorizzazione
di messaggi, o di informazioni di altra natura, nell’esclusiva disponibilità del suo titolare, identificato da un account registrato presso
il provider del servizio (In motivazione la Corte di cassazione ha
precisato che anche nell’ambito del sistema informatico pubblico,
la casella di posta elettronica del dipendente, purché protetta da
una password personalizzata, rappresenta il suo domicilio informatico sicché è illecito l’accesso alla stessa da parte di chiunque, ivi
compreso il superiore gerarchico). Cass., sez. V, 28 ottobre 2015 31 marzo 2016, n. 13057, CED 266182
Integra il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o
telematico, aggravato, ex art. 615-ter, comma 3, c.p., dall’essere il
sistema di interesse pubblico, la condotta di colui che, essendosi
procurato le credenziali relative alla carta Postepay della persona
offesa, acceda all’area riservata alla gestione della carta della persona offesa, la quale costituisce una componente del sistema informatico Poste Italiane, ente conferente le credenziali per l’accesso
alle diverse aree personali e gestore delle stesse. Cass., sez. V, 13
gennaio 2016 - 22 febbraio 2016, n. 6906, CED 266261
616 Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 2).
1 – Elemento oggettivo.
In tema di violazione dell’art. 616 (violazione, sottrazione e
soppressione di corrispondenza), per “contenuto di corrispondenza” deve intendersi non soltanto ciò che è manifestato mediante
espressioni grafiche, ma tutto ciò che, affidato alla protezione della
busta, è destinato a significare al destinatario un pensiero o un’azione del mittente, ogni cosa (danaro o fotografie), cioé, concernente
i rapporti personali fra persone lontane. Pertanto, il “prender
conoscenza” del contenuto di una corrispondenza non implica
necessariamente la lettura di una missiva. (Fattispecie in cui l’imputato aveva aperto la busta di una raccomandata indirizzata all’ex
convivente, asserendo di non averne letto il contenuto). Cass., sez.
V, 4 giugno 2015 - 20 agosto 2015, n. 34993, CED 266416
617-quater Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche.
GIURISPRUDENZA
1 Persona offesa.
1 – Persona offesa.
Nel reato previsto dall’art. 617-quater c.p., il privato che assume
di aver subito una fraudolenta intercettazione delle proprie comunicazioni mediante un sistema informatico o telematico, in quanto
persona offesa dal reato, è legittimato a proporre opposizione alla
richiesta di archiviazione. Cass., sez. VI, 31 marzo 2016 - 5 maggio
2016, n. 18713, CED 267208
617-quinquies Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche.
GIURISPRUDENZA
1 Rapporti con altri reati.
1 – Rapporti con altri reati.
Il reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare,
impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche
(art. 617-quinquies c.p.) è assorbito dal reato di intercettazione,
impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche
o telematiche, ex art. 617-quater c.p., considerato che l’attività di
62
fraudolenta intercettazione di comunicazioni informatiche presuppone necessariamente la previa installazione delle apparecchiature
atte a realizzare tale intercettazione, configurandosi un’ipotesi di
progressione criminosa. Cass., sez. V, 18 dicembre 2015 - 29
gennaio 2016, n. 4059, CED 266061
Art. 625 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
624 Furto.
GIURISPRUDENZA
1 Impossessamento e sottrazione. Altruità della cosa (§ 3) 2 Rapporti con altri reati (§ 11).
1 – Impossessamento e sottrazione. Altruità della
cosa.
Integra il reato di furto la condotta del croupier che si impossessa
del denaro o dei gettoni maneggiati nel corso del suo lavoro,
avendo egli la mera detenzione di detti valori e non il possesso che
spetta soltanto al capo tavolo che, coadiuvato dai sorveglianti a lui
subordinati, controlla in modo diretto e continuo lo svolgimento
del gioco. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto sussistere l’impossessamento, in danno della società di gestione della casa da gioco,
nella condotta dell’imputato che aveva in più occasioni consegnato
ad un giocatore abituale “fiches” di importo maggiore a quello del
denaro corrisposto). Cass., sez. V, 17 marzo 2016 - 5 maggio 2016,
n. 18928, CED 266978
2 – Rapporti con altri reati.
Risponde del reato di furto aggravato, il dipendente della banca
che si impossessa, mediante movimentazioni effettuate con i terminali dell’ufficio, di somme di danaro di clienti depositate in conti
correnti. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha precisato che si
configura, invece, il reato di cui all’art. 646 c.p., nel caso in cui il
cassiere si appropria del denaro versato dal cliente della banca
prima che esso venga accreditato sul conto corrente). Cass., sez. V,
21 dicembre 2015 - 14 marzo 2016, n. 10758, CED 266334
624-bis Furto in abitazione e furto con strappo.
GIURISPRUDENZA
1 Abitazione.
1 – Abitazione.
In tema di furto in abitazione, la nozione di privata dimora
comprende qualsiasi luogo nel quale le persone si trattengono per
compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita
privata, ivi compresa l’attività lavorativa, purché nel luogo e al
momento della commissione del furto possa essere concretamente
prefigurata la presenza di qualcuno intento, anche in via occasionale, alle predette attività (Nella fattispecie la Corte ha censurato la
decisione del giudice di merito che aveva ritenuto integrato il
delitto di cui agli artt. 56 e 624bis c.p. commesso in orario notturno
all’interno di un capannone industriale senza alcun accertamento
sulla natura dell’attività che si svolgeva al suo interno e sulla
concreta possibilità che vi si trattenesse qualcuno anche in quell’orario, avuto riguardo alla frequenza e agli orari di presenza dei
dipendenti e di altri soggetti). Cass., sez. IV, 26 gennaio 2016 - 22
marzo 2016, n. 12256, CED 266701
Il furto commesso in orario notturno all’interno di una struttura
commerciale o aperta al pubblico integra la fattispecie prevista
dall’art. 624bis c.p. a condizione che il luogo presenti locali o
strutture funzionali allo svolgimento di atti della vita privata da
parte di coloro che, in via continuativa o contingente, vi si trattengono e che sia accertata la presenza di persone intente all’attività
lavorativa durante l’orario notturno. (Fattispecie in cui la Corte ha
ritenuto viziata la sentenza che aveva ricondotto all’art. 624-bis c.p.
il furto commesso di notte in un piccolo esercizio commerciale
senza preventivamente verificare se all’interno vi fossero locali
destinati allo svolgimento di attività privata). Cass., sez. V, 21
dicembre 2015 - 11 marzo 2016, n. 10440, CED 266807
Non integra il delitto di furto in luogo di privata dimora, ex art.
624-bis c.p., la condotta di colui che sottragga del danaro dalla
cassetta delle elemosine custodita non all’interno della sagrestia,
ma nella zona della chiesa destinata al culto, atteso che quest’ultima
non può considerarsi in alcun modo una privata dimora, trattandosi di luogo frequentato da un numero indeterminato di persone
e non destinato allo svoglimento di atti della vita privata. Cass.,
sez. V, 29 gennaio 2016 - 7 giugno 2016, n. 23641, CED 266913
La previsione di cui all’art. 624-bis tutela i luoghi in cui si
svolgono atti afferenti alla vita privata - ivi compresa quella lavorativa - delle persone; ai fini della sua operatività è, però, necessario
che nel luogo di commissione del furto possa essere concretamente
prefigurata la presenza di qualcuno intento, anche in via occasionale, alle predette attività. (In applicazione del principio la S.C. ha
censurato la decisione del giudice di merito che ha ritenuto integrato il delitto di cui all’art. 624-bis c.p. nei confronti dell’imputato
per avere commesso un furto all’interno di uno stabilimento industriale, durante la chiusura notturna, senza accertare concretamente che le caratteristiche dell’attività ivi normalmente svolta o,
comunque, la consuetudine o le esigenze del ciclo produttivo
richiedessero che taluno si trattenesse durante la chiusura notturna). Cass., sez. V, 17 novembre 2015 - 14 marzo 2016, n. 10747,
CED 267560
625 Circostanze aggravanti.
GIURISPRUDENZA 1 Destrezza (§ 3) 2 a) esposizione alla pubblica fede (§ 6, c); b) destinazione a pubblico servizio,
utilità, difesa o reverenza (§ 6, d).
1 – Destrezza.
In tema di furto, ai fini della configurabilità dell’aggravante della
destrezza, è sufficiente che l’agente approfitti di una situazione favorevole, tale da consentirgli di eludere la vigilanza della persona
offesa adottando accorgimenti idonei a non destare la sua attenzione.
(Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto configurabile l’aggravante in
relazione all’impossessamento di una borsa presente all’interno di un
autoveicolo lasciato momentaneamente aperto ed incustodito dalla
persona offesa). Cass., sez. V, 24 novembre 2015 - 15 febbraio
2016, n. 6213, CED 266096 - Giurisprudenza contrastante.
In tema di furto, non sussiste l’aggravante della destrezza quan-
do l’agente approfitti di una situazione di temporanea distrazione
della persona offesa o di una frazione di tempo in cui questa ha
momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene, allontanandosi
dalla cosa di poco e per poco tempo, in quanto in tal caso la
condotta non è caratterizzata da una particolare abilità nell’eludere
il controllo della vittima, ma dalla semplice capacità di cogliere
un’opportunità in assenza di controllo da parte di quest’ultima.
(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto con configurabile l’aggravante in relazione alla condotta dell’imputato che aveva sottratto
una vettura, approfittando del momentaneo allontanamento del
conducente, sceso dal veicolo per chiudere un cancello). Cass.,
63
Art. 625 - par. 1
CODICE PENALE
sez. IV, 22 aprile 2016 - 26 maggio 2016, n. 22164, CED 267308 —
Giurisprudenza contrastante.
Integra il reato di furto con destrezza nella forma consumata la
condotta di colui che, subito dopo essersi impossessato di una borsa,
approfittando della disattenzione della persona offesa, venga inseguito e bloccato dalla polizia giudiziaria che lo aveva osservato a
distanza, in quanto il criterio distintivo tra consumazione e tentativo
risiede nella circostanza che l’imputato consegua, anche se per breve
tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva.
(In motivazione la S.C. ha precisato che l’osservazione a distanza da
parte degli agenti non aveva rilevanza ai fini della configurabilità del
reato nella forma tentata, in quanto tale “studio” non solo non era
avvenuto ad opera della persona offesa - che di nulla si era accorta,
allontanandosi dal posto - ma, neppure, gli aveva impedito di far sua
la borsa della vittima, prima di essere arrestato). Cass., sez. V, 11
aprile 2016 - 27 giugno 2016, n. 26749, CED 267266
2 – a) esposizione alla pubblica fede.
In tema di furto aggravato ai sensi dell’art. 625, n. 7, c.p., la necessità dell’esposizione va intesa in senso relativo e non assoluto e,
dunque, va riferita non all’impossibilità della custodia ma alle particolari circostanze che possano indurre a lasciare le proprie cose
incustodite; ne deriva che la configurabilità dell’aggravante non è
incisa dall’adozione di cautele da parte del proprietario della res,
inidonee ad eliminare il pubblico affidamento poichè consistenti in
congegni di chiusura (lucchetti, serrature con chiave, antifurto) che
non realizzano un ostacolo tale da costituire impedimento assoluto
alla sottrazione del bene, in ragione della loro limitata efficacia.
Cass., sez. V, 13 luglio 2015 - 1 marzo 2016, n. 8331, CED 266143
Il furto di oggetti che si trovano all’interno di un’autovettura
lasciata incustodita sulla pubblica via deve considerarsi aggravato
per la esposizione alla pubblica fede, ai sensi dell’art. 625, comma
1, n. 7, c.p., quando si tratta di oggetti costituenti parte integrante
del veicolo o destinati, in modo durevole, al servizio o all’ornamento dello stesso o che, per necessità o per consuetudine, non
sono portati via al momento in cui l’autovettura viene lasciata
incustodita. (Fattispecie in cui è stata esclusa l’aggravante in relazione ad un furto avente ad oggetto generi alimentari lasciati
nell’abitacolo di un automezzo in sosta sulla pubblica via). Cass.,
sez. V, 21 giugno 2016 - 15 luglio 2016, n. 30358, CED 267466
In tema di aggravanti del reato di furto, la nozione di “necessità”
dell’esposizione alla pubblica fede, non ricomprende soltanto i
beni esposti per destinazione o consuetudine, ma anche quei beni
che in tale condizione si trovino in ragione di impellenti bisogni
della vita quotidiana ai quali l’offeso è chiamato a far fronte.
(Fattispecie riguardante il furto di un portafogli lasciato in un
furgone con la portiera aperta, parcheggiato al fianco di una barca
nella quale la persona offesa effettuava le pulizie, al fine di permettere il diretto collegamento delle apparecchiature necessarie, all’imbarcazione medesima). Cass., sez. II, 22 giugno 2016 - 1 agosto
2016, n. 33557, CED 267504
Integra il reato di furto aggravato dall’esposizione della cosa alla
pubblica fede la sottrazione, all’interno di un esercizio commerciale, di prodotti dotati di placca antitaccheggio, in quanto tale
dispositivo, consistendo nella mera rilevazione acustica della merce
occultata al passaggio alle casse, non ne consente il controllo a
distanza che esclude l’esposizione della merce alla pubblica fede.
Cass., sez. V, 16 ottobre 2015 - 15 febbraio 2016, n. 6168, CED
266071; Cass., sez. V, 26 novembre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 4036,
CED 267564 Giurisprudenza contrastante.
b) destinazione a pubblico servizio, utilità, difesa o
reverenza. In caso di furto commesso all’interno di una banca
deve escludersi la sussistenza della circostanza aggravante prevista
dall’art. 625 n. 7 c.p. atteso che, ai fini della qualificazione di un
ufficio come “pubblico”, rileva esclusivamente la sua destinazione
allo svolgimento di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità perseguita, direttamente o indirettamente, dallo Stato o
da altro ente pubblico. (In motivazione la Corte di cassazione ha
escluso che la banca possa considerarsi quale stabilimento pubblico, trattandosi di un ente privato che esercita un’attività commerciale destinata alla produzione di un servizio). Cass., sez. V, 28
ottobre 2015 - 31 marzo 2016, n. 13067, CED 266183
In tema di furto, è configurabile l’aggravante di cui all’art. 625,
n. 7 c.p., in caso di sottrazione di energia elettrica mediante
allacciamento abusivo e diretto alla rete esterna, indipendentemente dal fatto che tale condotta abbia arrecato effettivo nocumento
alla fornitura di energia di altri utenti. Cass., sez. IV, 7 gennaio
2016 - 18 gennaio 2016, n. 1850, CED 266229
626 Furti punibili a querela dell’offeso.
GIURISPRUDENZA
1 Inapplicabilità in presenza di talune aggravanti del furto (§ 4).
1 – Inapplicabilità in presenza di talune aggravanti del furto.
È inapplicabile la disciplina del furto d’uso prevista dall’art. 626,
comma 1, n. 1 c.p. nell’ipotesi di furto con strappo di cui all’art.
624 bis, comma 2, c.p., alla luce del divieto posto dal comma
secondo del citato art. 626, che, pur richiamando la “circostanza
aggravante” di cui all’art. 625 n.1 c.p., abrogata e sostituita dalla
disposizione di cui all’art. 624 bis, deve ritenersi riferito anche alla
nuova fattispecie autonoma di furto con strappo, in considerazione
della assoluta sovrapponibilità di tali due ultime norme, tra loro
legate da un rapporto di continuità. Cass., sez. V, 13 luglio 2015 1 marzo 2016, n. 8333, CED 266144
628 Rapina.
GIURISPRUDENZA
all’art. 624-bis (7, f).
1 Violenza o minaccia (§ 2) 2 Aggravanti: a) armi (§ 7. a); b) fatto commesso nei luoghi di cui
1 – Violenza o minaccia.
In tema di rapina, l’elemento oggettivo del reato può essere
costituito anche dal compimento di un’azione violenta nei confronti di una cosa qualora questa forma di violenza sia tale da esprimere
un messaggio minatorio nei confronti della persona al fine di
annnullarne o limitarne la capacità di autodeterminazione. (Fattispecie in cui l’azione violenta era consistita nella rottura della
64
vetrata di una agenzia bancaria con un’autovettura). Cass., sez. II,
16 febbraio 2016 - 4 marzo 2016, n. 8691, CED 266101
Integra la minaccia costitutiva del reato di rapina la condotta del
soggetto che, falsamente presentandosi come operatore di polizia,
effettui una fittizia perquisizione - con ciò comprimendo la libertà
psichica della vittima - per impossessarsi dei beni di questa, perché
la minaccia può essere esercitata mediante qualsiasi comportamen-
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
to che, prospettando un male, limiti la libertà di autodeterminazione. (Fattispecie in cui gli imputati, agendo in autostrada con la
tecnica dei c.d. falsi poliziotti, avevano effettuato perquisizioni
finalizzate alla ricerca di beni da sottrarre alle vittime, avvalendosi
di uno strumento tipo metal detector). Cass., sez. II, 6 maggio
2016 - 16 maggio 2016, n. 20216, CED 266751
2 – Aggravanti: a) armi.
In tema di rapina, è configurabile l’aggravante della minaccia
commessa con armi, prevista dall’art. 628, comma 3, n. 1, c.p., nel
caso in cui venga utilizzata una siringa con ago innestato per
minacciare la vittima. (In motivazione la Corte ha affermato la
natura di arma impropria di una siringa completa di ago, presentando essa evidenti caratteristiche che, in un contesto aggressivo, la
rendono utilizzabile per l’offesa alla persona). Cass., sez. II, 22
marzo 2016 - 5 luglio 2016, n. 27619, CED 267423
b) fatto commesso nei luoghi di cui all’art. 624-bis. È
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 628, comma 3, n. 3-bis c.p., in relazione agli artt. 3 e 27
Cost., in quanto l’esclusione dal bilanciamento tra attenuanti ed
aggravanti ivi prevista si fonda sul legittimo esercizio della discrezionalità del legislatore, estrinsecantesi in una tutela rafforzata
dell’inviolabilità del domicilio, non potendo altresì ritenersi integrata la violazione del principio rieducativo della sanzione penale,
essendo previste pene non irragionevolmente differenti e, comunque, proporzionate alla maggiore gravità dei fatti commessi all’interno del domicilio. Cass., sez. II, 27 aprile 2016 - 16 maggio 2016,
n. 20208, CED 266750
Ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante di cui
all’art. 628, comma 3, n. 3-bis, c.p., costituisce “luogo di privata
dimora” ogni ambiente in cui le persone autorizzate a soggiornarvi
siano titolari di uno ius exludendi alios e che sia in concreto idoneo
a proteggere il diritto alla riservatezza, consentendo lo svolgimento
di atti di vita privata. (In applicazione del principio, la S.C. ha
escluso che, all’interno dell’ufficio postale, possa considerarsi luogo
di privata dimora lo spazio di fronte agli sportelli, dove chiunque
pur accedere liberamente a differenza dell’area degli uffici in cui il
pubblico non pur accedere senza autorizzazione, in quanto il
divieto di accesso consente di attribuire all’ambiente le caratteristiche di privata dimora). Cass., sez. II, 21 aprile 2016 - 16 maggio
2016, n. 20200, CED 266759
Art. 629 - par. 2
Non è configurabile il reato complesso di cui all’art. 628 comma
3-bis c.p., ma il concorso materiale fra il reato di rapina e quello di
cui all’art. 614 c.p., qualora, in caso di rapina commessa in edificio
o altro luogo destinato a privata dimora, l’agente abbia posto in
essere la violazione di domicilio per una diversa finalità - quale il
danneggiamento dell’abitazione della vittima - e, nel corso dell’attività illecita, abbia profittato delle circostanze di tempo e di luogo
per appropriarsi di beni della persona offesa. Cass., sez. II, 18
dicembre 2015 - 19 gennaio 2016, n. 1925, CED 265990
In tema di rapina impropria, sussiste l’aggravante di cui all’art.
628, comma 3, n. 3-bis, c.p. nel caso in cui la condotta di impossessamento di beni altrui sia compiuta in un luogo di privata
dimora, e la violenza e la minaccia siano commesse, successivamente, all’esterno, in un luogo pubblico posto che le ragioni dell’aggravante risiedono nella tutela del domicilio. (Fattispecie in cui
l’imputato, dopo essersi introdotto all’interno dell’abitazione delle
persone offese ed essersi impossessato di denaro ed oggetti di
valore, aveva spintonato nel corso della fuga, lungo una strada
pubblica, altro soggetto che aveva tentato di fermarlo). Cass., sez.
II, 24 maggio 2016 - 23 giugno 2016, n. 26262, CED 267155
Il concetto di “privata dimora”, ai fini della sussistenza della
circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3-bis, c.p.,
ricomprende tutti i luoghi non pubblici nei quali le persone si
trattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente,
atti della vita privata, ma deve essere inteso in maniera restrittiva e,
pertanto, limitato ai soli luoghi destinati funzionalmente al compimento di attività che appartengono alla sfera privata di un soggetto.
(Fattispecie in cui la S.C. ha escluso l’aggravante in relazione ad
una rapina commessa all’interno di un supermercato durante l’orario di chiusura, nel quale, al momento del fatto, si trovavano due
commessi ed un cliente). Cass., sez. II, 20 maggio 2016 - 9 giugno
2016, n. 23981, CED 267204
Ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante di cui
all’art. 628, comma 3, n. 3-bis, c.p., costituisce “luogo di privata
dimora” ogni ambiente in cui la persona autorizzata a soggiornarvi
sia titolare di uno ius exludendi alios e che sia in concreto idoneo
a sottrarre il soggetto da ingerenze esterne e a proteggere il diritto
alla riservatezza. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso
l’aggravante con riferimento a rapine in banca consumate all’interno dei locali di ricezione della clientela in orari di apertura al
pubblico). Cass., sez. II, 16 marzo 2016 - 18 luglio 2016, n. 30419,
CED 267411 — Giurisprudenza contrastante (v. le massime precedenti, nonché nel volume sub art. 624-bis § 2, a).
629 Estorsione.
GIURISPRUDENZA 1 Consumazione. Tentativo (§ 4) 2 Aggravanti: a) in genere (§ 7, a); b) aggravante di cui all’art.
7 d.l. n. 152 del 1991 (§ 7, e) 3 Rapporti con altri reati: a) esercizio arbitrario delle proprie ragioni (§ 8, c); b) truffa (§ 8, g).
1 – Consumazione. Tentativo.
La consegna di un titolo di credito trasferisce, al momento stesso
della sua dazione, al prenditore il diritto di ottenere il pagamento
della somma in esso rappresentata; ne consegue che configura il
delitto di estorsione consumata - e non, quindi, tentata - la consegna di un assegno, poichè in tale momento si verifica il danno per
il cedente ed il vantaggio per il ricevente, essendo, per contro,
indifferente il successivo uso che viene fatto dello stesso. Cass.,
sez. II, 17 febbraio 2016 - 1 giugno 2016, n. 23162, CED 266914
2 – Aggravanti: a) in genere.
Il rinvio operato dal secondo comma dell’art. 629 c.p. all’ultimo
capoverso dell’art. 628 c.p., quanto alle circostanze aggravanti
applicabili al delitto di estorsione, deve intendersi riferito, dopo le
modifiche apportate dalla l. n. 94 del 15 luglio 2009, all’attuale
terzo comma del predetto art. 628, e non al comma quarto concernente il concorso fra circostanze attenuanti ed aggravanti. (In
motivazione, la S.C. ha precisato come la ratio legis consista
nell’esigenza di creare nuove ipotesi aggravate, ferme restando le
aggravanti già codificate in precedenza e non in quella di “abrogare” la fattispecie aggravata di cui all’art. 629). Cass., sez. II, 23
marzo 2016 - 4 aprile 2016, n. 13239, CED 266662
b) aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991. In
tema di estorsione, integra la circostanza aggravante del c.d. metodo mafioso, prevista dall’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, conv. nella l.
n. 203 del 1991, la condotta di chi, senza spendere la propria
appartenenza ad una “famiglia” mafiosa, ma avvalendosi della
propria fama criminale, costringa l’aggiudicatario di una gara
65
Art. 629 - par. 2
CODICE PENALE
d’appalto a rinunciarvi. Cass., sez. II, 10 febbraio 2016 - 14 marzo
2016, n. 10467, CED 266654
3 – Rapporti con altri reati: a) esercizio arbitrario
delle proprie ragioni.
È configurabile il delitto di estorsione, e non quello di esercizio
arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone,
in presenza di una delle seguenti condizioni relative alla condotta di
esazione violenta o minacciosa di un credito: a) la sussistenza di una
finalità costrittiva dell’agente, volta non già a persuadere ma a costringere la vittima, annullandone le capacità volitive; b) l’estraneità
al rapporto contrattuale di colui che esige il credito, il quale agisca
anche solo al fine di confermare ed accrescere il proprio prestigio
criminale attraverso l’esazione con violenza e minaccia del credito
altrui; c) la condotta minacciosa e violenta finalizzata al recupero del
credito sia diretta nei confronti non soltanto del debitore ma anche
di persone estranee al sinallagma contrattuale. Cass., sez. II, 17
febbraio 2016 - 18 marzo 2016, n. 11453, CED 267123
b) truffa. Il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di
estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male,
è rappresentato dalla concreta efficacia coercitiva, e non meramente manipolativa, della condotta minacciosa rispetto alla volontà
della vittima, da valutarsi con verifica ex ante, che prescinde dalla
effettiva realizzabilità del male prospettato. Cass., sez. II, 17
febbraio 2016 - 18 marzo 2016, n. 11453, CED 267124
630 Sequestro di persona a scopo di estorsione.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento soggettivo (§ 3).
1 – Elemento soggettivo.
Nel delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione,
l’ingiusto profitto cui deve essere finalizzata la condotta dell’agente
si identifica in qualsiasi utilità, anche di natura non patrimoniale,
che costituisca un vantaggio per il soggetto attivo del reato o per il
terzo nel cui interesse egli abbia agito, rimanendo irrilevante, nel
caso di concorso di persone nel reato, che lo scopo perseguito,
ancorché comunque tipico, non sia identico per tutti i correi.
Cass., sez. V, 13 gennaio 2016 - 1 marzo 2016, n. 8352, CED 266066
635 Danneggiamento.
GIURISPRUDENZA
1 Aggravanti (§ 8) 2 Rapporti con altri reati (§ 9).
1 – Aggravanti.
Il reato di danneggiamento commesso con violenza alla persona
o con minaccia, nel testo riformulato dall’art. 2, lett. l), d.lg.15
gennaio 2016, n. 7, è configurabile anche nel caso in cui non
sussiste un nesso di strumentalità tra la condotta violenta o minacciosa e l’azione di danneggiamento, posto che la ragione della
incriminazione deve essere ravvisata nella maggiore pericolosità
manifestata dall’agente nella esecuzione del reato. Cass., sez. VI,
15 marzo 2016 - 21 aprile 2016, n. 16563, CED 266996
2 – Rapporti con altri reati.
Il delitto di danneggiamento aggravato dall’essere il fatto com-
messo con violenza alla persona è assorbito in quello di lesioni
personali aggravate quando il danneggiamento costituisce parte
della progressione degli atti finalizzati a provocare le lesioni alla
persona offesa. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto
assorbito il delitto di cui all’art. 635, comma 2 n. 1, c.p. in quello
di tentate lesioni personali, aggravate dall’uso di un oggetto atto ad
offendere, in relazione alla condotta di un’imputata che, gettando
una torcia illuminata accesa in direzione della persona offesa, era
riuscita a colpire la vittima sul petto, danneggiandole la giacca).
Cass., sez. V, 3 novembre 2015 - 10 maggio 2016, n. 19447, CED
267125
640 Truffa.
GIURISPRUDENZA
1 Artifici o raggiri: a) nozione (§ 3, a) 2 Differenze da altri reati (§ 10) 3 Concorso di reati (§ 11).
1 – Artifici o raggiri: a) nozione.
Ai fini della configurabilità del reato di truffa, il giudizio sulla
idoneità della condotta a trarre in inganno la vittima deve essere
effettuato ex post ed in concreto, con la conseguenza che la non
particolare raffinatezza degli artifizi utilizzati, ovvero la stato di
vulnerabilità della vittima, non escludono l’offensività della condotta. (In motivazione, la S.C. ha precisato che l’inquadramento
delle condotte manipolative, anche grossolane, nel reato di truffa
trova il solo limite della incapacità della vittima, condizione patologica che impone il diverso inquadramento della condotta nella
fattispecie di circonvenzione di persona incapace). Cass., sez. II,
15 giugno 2016 - 20 luglio 2016, n. 30952, CED 267380
2 – Differenze da altri reati.
Non è configurabile il delitto di indebita percezione di erogazioni
a danno dello Stato ex art. 316-ter c.p., bensì quello di appropriazione
indebita, nella condotta del datore di lavoro che, esponendo falsamente di aver corrisposto al lavoratore somme a titolo di indennità
per malattia, maternità o assegni familiari, quale anticipazione ef66
fettuata per conto dell’I.N.P.S., ottiene dall’ente pubblico il conguaglio degli importi fittiziamente indicati con quelli da lui dovuti al
medesimo istituto a titolo di contributi previdenziali e assistenziali.
(In motivazione, la S.C. ha escluso la possibilità di attribuire al fatto
contestato una diversa qualificazione giuridica, trattandosi di reato
commesso in danno di una diversa persona offesa). Cass., sez. II, 5
novembre 2015 - 10 febbraio 2016, n. 5486, CED 266367
Integra il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno
dello Stato ex art. 316-ter c.p., e non quelli di truffa o di appropriazione indebita o di indebita compensazione ex art. 10-quater
d.lg.10 marzo 2000, n. 74, la condotta del datore di lavoro che,
esponendo falsamente di aver corrisposto al lavoratore somme a
titolo di indennità per malattia, assegni familiari e cassa integrazione guadagni, ottiene dall’I.N.P.S. il conguaglio di tali somme, in
realtà non corrisposte, con quelle da lui dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, così percependo indebitamente
dallo stesso istituto le corrispondenti erogazioni. (In motivazione,
la S.C. ha precisato che queste ultime possono consistere anche
Art. 643 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
nell’esenzione dal pagamento di una somma altrimenti dovuta, non
essendo necessario l’ottenimento di una somma di denaro). Cass.,
sez. II, 16 marzo 2016 - 19 aprile 2016, n. 15989, CED 266520 —
Giurisprudenza contrastante
In tema di controllo della produzione lattiero-casearia, il principio di preclusione del ne bis in idem non opera, per diversità del
fatto, tra il delitto di truffa e l’avvenuta irrogazione della sanzione
amministrativa conseguente alla violazione dell’art. 5, comma 5, d.l.
28 marzo 2003 n. 49, convertito in l. n. 119 del 2003, avente ad
oggetto l’inosservanza, da parte degli acquirenti, degli obblighi e
dei termini previsti dalla stessa norma in tema di prelievi supple-
mentari dovuti sull’eccedenza delle quote latte (In motivazione la
Corte ha chiarito che la diversità del fatto attiene alla presenza nel
solo reato di truffa del requisito dell’elemento dell’artificio o del
raggiro, assente invece nell’illecito amministrativo). Cass., sez. VI,
8 gennaio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11441, CED 266432
3 – Concorso di reati.
Il reato di omesso versamento dell’Iva, previsto dall’art. 10-ter
d.lg.n. 74 del 2000, non si pone in rapporto di specialità con il
delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, con la conseguenza
che è configurabile il concorso tra i suddetti reati. Cass., sez. III,
17 novembre 2015 - 18 aprile 2016, n. 15922, CED 266828
640-ter Frode informatica.
GIURISPRUDENZA
1 Rapporti con altri reati (§ 3).
1 – Rapporti con altri reati.
Integra il reato di indebita utilizzazione di carte di credito di cui
all’art. 55, comma 9, d.lg. 21 novembre 2007, n. 231 e non quello
di frode informatica di cui all’art. 640-ter c.p., il reiterato prelievo
di denaro contante presso lo sportello bancomat di un istituto
bancario mediante utilizzazione di un supporto magnetico clonato,
in quanto il ripetuto ritiro di somme per mezzo di una carta
bancomat illecitamente duplicata configura l’utilizzo indebito di
uno strumento di prelievo sanzionato dal predetto art. 55. Cass.,
sez. VI, 4 novembre 2015 - 14 gennaio 2016, n. 1333, CED 266233
641 Insolvenza fraudolenta.
GIURISPRUDENZA
1 Dissimulazione e stato d’insolvenza (§ 1) 2 Estinzione del reato (§ 6).
1 – Dissimulazione dello stato d’insolvenza.
Integra il reato di insolvenza fraudolenta la condotta di chi, al
termine di un viaggio in autostrada, non provveda al pagamento del
pedaggio, dichiarandosi impossibilitato ad adempiere, essendo sufficiente, quanto alla dissimulazione dello stato di insolvenza, anche
il silenzio serbato al momento della ricezione del talloncino all’ingresso in autostrada. Cass., sez. II, 8 marzo 2016 - 21 marzo 2016,
n. 11686, CED 266406
mento dell’obbligazione che estingue il reato, previsto dall’art. 641,
comma 2, c.p., deve avvenire “prima della condanna” e può,
pertanto, attuarsi anche dopo la sentenza di primo o secondo grado
e fino a che non sia stato deciso il ricorso per cassazione, a
differenza del risarcimento del danno idoneo ad integrare la circostanza attenuante di cui all’art.62, comma 6 c.p.che deve avvenire
“prima del giudizio”. Cass., sez. II, 31 marzo 2016 - 31 maggio
2016, n. 23017, CED 266901
2 – Estinzione del reato.
In tema di reato di insolvenza fraudolenta, l’integrale adempi-
642 Fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona.
GIURISPRUDENZA
1 Consumazione (§ 3) 2 Rapporti con altri reati (§ 4).
1 – Consumazione.
Il reato previsto dall’art. 642 c.p. è a consumazione anticipata e,
pertanto, non richiede il conseguimento effettivo di un vantaggio che non si identifica necessariamente nell’indennizzo ma può consistere in qualsiasi beneficio connesso al contratto di assicurazione
- ma soltanto che la condotta fraudolenta sia diretta ad ottenerlo ed
idonea a raggiungere lo scopo. (Fattispecie relativa ad una falsa
denuncia di furto di un mezzo detenuto in leasing, in cui il
vantaggio è stato ritenuto configurabile in considerazione della
finalità di appropriazione dello stesso senza la corresponsione delle
rate del leasing, il cui onere veniva, pertanto, trasferito alla società
assicuratrice). Cass., sez. II, 21 gennaio 2016 - 29 febbraio 2016, n.
8105, CED 266235
2 – Rapporti con altri reati.
Integra il reato di cui all’art. 642 c.p., e non quello di truffa
aggravata, la richiesta di risarcimento del danno avanzata mediante
presentazione di false denunce di sinistro stradale e falsa documentazione medica, ad una società assicuratrice in liquidazione ed
evasa dal Fondo di garanzia per le vittime della strada. Cass., sez.
II, 14 aprile 2016 - 16 giugno 2016, n. 25128, CED 267231
643 Circonvenzione di persone incapaci.
GIURISPRUDENZA
1 Consumazione (§ 5) 2 Querela (§ 7).
1 – Consumazione.
Il reato di circonvenzione di incapace ha natura di reato di
pericolo e si consuma nel momento in cui viene compiuto l’atto
idoneo a procurare un qualsiasi effetto giuridico dannoso per la
persona offesa o per altri. (Fattispecie nella quale la Corte ha
ritenuto che l’apertura di un conto corrente da parte della persona
offesa, con la conseguente insorgenza di obbligazioni tra quest’ultima e l’istituto di credito, costituisse azione pregiudizievole per la
67
Art. 643 - par. 1
CODICE PENALE
vittima, sufficiente ai fini dell’integrazione del reato in questione).
Cass., sez. II, 10 febbraio 2016 - 29 febbraio 2016, n. 8103, CED
266366
2 – Querela.
In tema di delitto di circonvenzione di persone incapaci il terzo
eventualmente danneggiato in conseguenza degli atti dispositivi
compiuti dall’incapace medesimo non assume la veste di persona
offesa, che spetta soltanto all’incapace circonvenuto e, pertanto,
non ha diritto di avere avviso della proposizione della richiesta di
archiviazione. Cass., sez. II, 20 aprile 2016 - 19 maggio 2016, n.
20809, CED 267036
644 Usura.
GIURISPRUDENZA
1 La giurisprudenza sul testo vigente: a) aggravanti specifiche (§ 1, g).
1 – La giurisprudenza sul testo vigente: a) aggravanti specifiche.
In tema di usura, lo stato di bisogno va inteso non come uno
stato di necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque
libertà di scelta, ma come un impellente assillo che, limitando la
volontà del soggetto, lo induca a ricorrere al credito a condizioni
usurarie, non assumendo alcuna rilevanza né la causa di esso, né
l’utilizzazione del prestito usurario. (Fattispecie in cui lo stato di
bisogno era dovuto a problemi di salute di una figlia, a difficoltà
economiche connesse alla attività professionale o imprenditoriale,
alla necessità di far fronte alle spese derivanti da danni causati da
una alluvione). Cass., sez. II, 16 dicembre 2015 - 15 marzo 2016, n.
10795, CED 266162
La circostanza aggravante speciale di cui all’art. 644, comma 5,
n. 4, c.p. è configurabile in tutti i casi in cui la somma presa in
prestito ad usura sia destinata ad essere impiegata in un’attività
imprenditoriale, anche se non direttamente svolta dal soggetto cui
il prestito viene materialmente erogato, senza che possa rilevare il
dato meramente formale del riconoscimento dello status di imprenditore. Cass., sez. II, 16 dicembre 2015 - 15 marzo 2016, n. 10795,
CED 266163
646 Appropriazione indebita.
GIURISPRUDENZA 1 Possesso (§ 1) 2 Appropriazione; casistica (§ 2) 3 Oggetto: cosa immobile. Altruità della cosa
(§ 3) 4 Querela (§ 8) 5 Rapporti con altri reati (§ 10).
1 – Possesso.
In tema di appropriazione indebita, se la detenzione del bene sia
qualificata in forza di un contratto di leasing, il mero inadempimento dei canoni, cui consegue la risoluzione di diritto del contratto, non integra, di per sé, il reato di cui all’art. 646 c.p. che,
invece, si perfeziona solo nel momento in cui il detentore manifesta
la sua volontà di detenere il bene “uti dominus”, non restituendo,
senza alcuna giustificazione, il bene che gli viene richiesto e sul
quale non ha più alcun diritto. Cass., sez. II, 31 maggio 2016 - 17
giugno 2016, n. 25282, CED 267072
Il reato di appropriazione indebita di un bene in “leasing” è
integrato dalla mera interversione del possesso, che si manifesta
quando l’autore si comporta “uti dominus” non restituendolo
senza giustificazione, così da evidenziare in maniera incontrovertibile anche l’elemento soggettivo del reato, e non da quando il
contratto deve intendersi risolto a causa dell’inadempimento nel
pagamento dei canoni. (In applicazione del principio, la S.C. ha
ritenuto immune da censure la decisione di condanna dell’imputato, al quale era stato notificato l’avviso di risoluzione del contratto e la conseguente intimazione a restituire il veicolo oggetto della
locazione finanziaria). Cass., sez. II, 31 maggio 2016 - 17 giugno
2016, n. 25288, CED 267114
2 – Appropriazione; casistica.
Commette il delitto di appropriazione indebita lo spedizioniere
che, ricevuto il denaro dal cliente per il pagamento dei diritti
doganali, potendo beneficiare per l’adempimento della dilazione di
180 giorni conseguente al sistema del c.d.“differito doganale”,
previsto per il territorio di Trieste, non provveda al pagamento a
causa della sopraggiunta insolvibilità dell’impresa nel cui patrimonio aveva fatto confluire le predette somme. Cass., sez. II, 31
maggio 2016 - 17 giugno 2016, n. 25281, CED 267013
Commette il delitto di appropriazione indebita il mandatario
che, violando le disposizioni impartitegli dal mandante, si appropri
del denaro ricevuto utilizzandolo per propri fini e, quindi, per
scopi diversi ed estranei agli interessi del mandante. (Fattispecie in
68
cui uno spedizioniere aveva utilizzato, per il pagamento di diritti
doganali dovuti da un cliente, le somme ricevute al medesimo
scopo da altro cliente, facendo affidamento nel sistema del c.d.
“differito doganale”, che consentiva di pagare in ritardo i diritti
doganali in seguito all’autorizzazione dell’Agenzia delle Entrate.
Nell’affermare il principio, la S.C. ha annullato la sentenza di
assoluzione per difetto dell’elemento soggettivo, osservando che il
“differito doganale” costituiva solo un sistema di agevolazione
contabile che consentiva allo spedizioniere di adempiere ai mandati
senza anticipare denaro, ma non lo legittimava alla distrazione delle
somme per fini diversi da quelli concordati). Cass., sez. II, 3
maggio 2016 - 6 giugno 2016, n. 23347, CED 267086
3 – Oggetto: cosa immobile. Altruità della cosa.
In tema di appropriazione indebita, il fondamento del reato di
cui all’art. 646 c.p. deve essere individuato nella volontà del
legislatore di sanzionare penalmente il fatto di chi, avendo l’autonoma disponibilità della “res”, dia alla stessa una destinazione
incompatibile con il titolo e le ragioni che ne giustificano il
possesso, anche nel caso in cui si tratti di una somma di danaro. (In
applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto configurabile il reato
nella condotta del depositario di assegni destinati alla purgazione
delle ipoteche gravanti su un bene immobile oggetto di preliminare
di vendita che, invece di destinarli al predetto utilizzo, li consegni,
contro la volontà del promissario acquirente, al promittente venditore il quali li incassi utilizzando il denaro per propri fini
personali, così rendendosi concorrente nel medesimo reato. Cass.,
sez. II, 8 marzo 2016 - 30 marzo 2016, n. 12869, CED 266370
4 – Querela.
Il diritto di querela per il reato di appropriazione indebita spetta
anche al soggetto, diverso dal proprietario, che, detenendo legittimamente ed autonomamente la cosa, ne abbia fatto consegna a
colui che se ne sia appropriato illegittimamente. (Nella specie,
relativa all’appropriazione indebita di un’autovettura in leasing, la
querela era stata sporta dalla società concedente). Cass., sez. II, 8
aprile 2016 - 19 maggio 2016, n. 20776, CED 267037
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
5 – Rapporti con altri reati.
Il reato di bancarotta fraudolenta integra una figura di reato
complesso ex art. 84 c.p. rispetto a quello di appropriazione
indebita, con assorbimento di quest’ultimo in quello di bancarotta,
sicchè gli stessi fatti, già contestati ex art. 646 c.p., possono essere
ricondotti, dopo la pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento, alla fattispecie di bancarotta. (La S.C. ha affermato tale
principio ritenendo legittima un’ipotesi di modifica dell’imputazione ex art. 516 c.p.p., operata in dibattimento dal pubblico ministero una volta intervenuta la sentenza di fallimento). Cass., sez. V,
3 luglio 2015 - 20 gennaio 2016, n. 2295, CED 266018
Non costituisce contestazione di un “fatto nuovo” ex art. 518
Art. 648 - par. 7
c.p.p., bensì di un “fatto diverso” ai sensi dell’art. 516 c.p.p., la
modifica dell’imputazione da appropriazione indebita a bancarotta
fraudolenta - reato complesso in cui sono assorbiti gli elementi
costitutivi del reato di cui all’art. 646 c.p. - dovendosi ricomprendere nella nozione di “fatto diverso” non solo un fatto che, pur
integrando una diversa imputazione, resti esso invariato, ma anche
un fatto che presenti connotati materiali parzialmente difformi da
quelli descritti nella contestazione originaria. (In motivazione la
S.C. ha chiarito che la nozione di “fatto nuovo” attiene, invece, ad
un accadimento del tutto difforme ed autonomo rispetto a quello
contestato). Cass., sez. V, 3 luglio 2015 - 20 gennaio 2016, n. 2295,
CED 266019
648 Ricettazione.
GIURISPRUDENZA 1 Reato presupposto (§ 2) 2 Elemento oggettivo (§ 3) 3 Profitto (§ 4) 4 Consumazione (§ 5) 5
Elemento soggettivo 6 Fatto di particolare tenuità 7 Rapporti con altri reati (§ 9) 8 Questioni processuali (§ 10).
1 – Reato presupposto.
La ricettazione può avere come reato presupposto anche una
precedente ricettazione, sempre che sussista il relativo elemento
psicologico e si stabilisca una relazione di fatto con la cosa che ne
comporti la disponibilità. (Nella specie, la S.C. ha annullato con
rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto insussistente il reato
di cui all’art. 648 c.p., nell’ipotesi di utilizzazione di un modulo
provento del reato di furto per la formazione di un falso documento d’identità). Cass., sez. II, 22 marzo 2016 - 14 aprile 2016, n.
15681, CED 266555
In tema di ricettazione, la provenienza da delitto dell’oggetto
materiale del reato è elemento definito da norma esterna alla
fattispecie incriminatrice, di talché l’eventuale abrogazione, le successive modifiche o la sopravvenuta incompatibilità di tale norma
con il diritto comunitario non assumono rilievo ai sensi dell’art. 2
c.p., e la rilevanza del fatto, sotto il profilo in questione, deve essere
valutata con esclusivo riferimento al momento in cui è intervenuta
la condotta tipica di ricezione della cosa od intromissione affinché
altri la ricevano. (Fattispecie in tema di ricettazione di un assegno
proveniente da un carnet denunciato smarrito, nella quale la S.C.
ha evidenziato l’irrilevanza dell’intervenuta depenalizzazione del
reato di cui all’art. 627 c.p. per effetto del d.lg. n. 7 del 15 gennaio
2016). Cass., sez. II, 4 febbraio 2016 - 19 maggio 2016, n. 20772,
CED 267034
La ricettazione di bene proveniente dal reato presupposto di cui
all’art. 647 c.p. conserva rilevanza penale anche dopo la depenalizzazione, ad opera del d.lg.15 gennaio 2016, n. 7, del reato di
appropriazione di cosa smarrita, atteso che nella ricettazione la
provenienza da delitto dell’oggetto materiale del reato è elemento
definito da norma esterna alla fattispecie incriminatrice, per cui
l’eventuale abrogazione di tale norma non assume rilievo ai sensi
dell’art. 2 c.p., dovendo la rilevanza penale del fatto essere valutata
con esclusivo riferimento al momento in cui ha avuto luogo la
condotta tipica di ricezione della cosa. Cass., sez. VII, 16 febbraio
2016 - 18 maggio 2016, n. 20644, CED 267132
I delitti di ricettazione e riciclaggio riguardanti il provento del
reato di bancarotta fraudolenta sono configurabili anche nell’ipotesi di distrazioni fallimentari compiute prima della dichiarazione
di fallimento, in tutti i casi in cui tali distrazioni erano “ab origine”
qualificabili come appropriazione indebita, ai sensi dell’art. 646
c.p. Cass., sez. II, 19 aprile 2016 - 2 agosto 2016, n. 33725, CED
267497
2 – Elemento oggettivo.
Ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, costituisce
“cosa” mobile, proveniente da delitto, il supporto fisico sul quale
siano trasferiti dati indebitamente carpiti mediante accesso abusivo
in sistema informatico. Cass., sez. II, 18 febbraio 2016 - 24 maggio
2016, n. 21596, CED 267162
3 – Profitto.
Il profitto, il cui conseguimento integra il dolo specifico del reato
di ricettazione, può avere anche natura non patrimoniale. (Fattispecie in tema di acquisto di farmaci anabolizzanti provento del delitto
previsto dall’art. 9 della l. 14 dicembre 2000 n. 376, al fine di farne
uso personale per la modifica della struttura muscolare). Cass., sez.
II, 22 marzo 2016 - 14 aprile 2016, n. 15680, 266516
4 – Consumazione.
Ai fini del calcolo del termine di prescrizione relativo al reato di
ricettazione, nell’ipotesi in cui manchi prova certa della data di
acquisizione del bene da parte dell’imputato, il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del
principio del “favor rei” in prossimità della data di commissione
del reato presupposto. Cass., sez. II, 9 giugno 2016 - 25 luglio
2016, n. 31946, CED 267480
Il delitto di ricettazione, nell’ipotesi della mediazione, si perfeziona per il solo fatto che l’agente si intromette nel far acquistare,
ricevere od occultare un bene di provenienza delittuosa, non
occorrendo, perché possa dirsi consumato, né che l’agente metta in
rapporto diretto le parti né che la refurtiva venga effettivamente
acquistata o ricevuta. (Fattispecie nella quale l’imputato si era
attivato per ricercare un acquirente di confezioni di vino compendio di rapina). Cass., sez. II, 15 gennaio 2016 - 25 febbraio 2016,
n. 7683, CED 266215
5 – Elemento soggettivo.
Ai fini della configurabilità del dolo specifico che connota il
delitto di ricettazione, non è necessaria l’ingiustizia del profitto
perseguito dall’agente. Cass., sez. II, 18 febbraio 2016 - 24 maggio
2016, n. 21596, CED 267165
6 – Fatto di particolare tenuità.
In tema di ricettazione, la circostanza attenuante del danno
patrimoniale di speciale tenuità è compatibile con la forma attenuata del delitto nel solo caso in cui la valutazione del danno
patrimoniale sia rimasta estranea al giudizio sulla particolare tenuità del fatto. Cass., sez. VII, 26 gennaio 2016 - 12 maggio 2016, n.
19744, CED 266673
7 – Rapporti con altri reati.
Il delitto di ricettazione e quello di possesso e fabbricazione di
documenti di identificazione falsi possono concorrere in caso di
falsificazione di documento in bianco, già oggetto di furto, succes69
Art. 648 - par. 7
CODICE PENALE
siva alla ricezione dello stesso, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e
cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di
specialità. (Fattispecie relativa alla falsificazione di un modulo di
carta di identità precedentemente rubato). Cass., sez. II, 22 marzo
2016 - 14 aprile 2016, n. 15681, CED 266556
Risponde non di ricettazione, ma dell’illecito amministrativo di
cui all’art. 1, comma 7, del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in l. 14
maggio 2005, n. 80, nella versione modificata dalla l. 23 luglio 2009,
n. 99, l’acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o
comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata, cioh
colui che non partecipa in alcun modo alla catena di produzione o
di distribuzione e diffusione dei prodotti contraffatti, ma si limita
ad acquistarli per uso strettamente personale. (Fattispecie relativa
al rinvenimento, a bordo dell’auto guidata dall’imputato, di numerosi capi di abbigliamento di note marche, riportanti chiari segni di
contraffazione, nella quale la corte territoriale aveva assolto l’imputato per il delitto di cui all’art. 474 c.p., in assenza di prova in
ordine alla successiva destinazione alla vendita dei beni contraffatti,
condannandolo invece per il delitto di ricettazione. In applicazione
del principio di cui in massima, la S.C. ha annullato tale condanna,
difettando uno specifico accertamento sul titolo della detenzione).
Cass., sez. II, 9 marzo 2016 - 30 marzo 2016, n. 12870, CED 266659
8 – Questioni processuali.
Nel caso in cui nel capo di imputazione siano contestati gli
elementi fondamentali idonei a porre l’imputato in condizioni di
difendersi dal fatto poi ritenuto in sentenza, non sussiste violazione
del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza e ciò tanto
nell’ipotesi di riqualificazione del furto in ricettazione, quanto in
quella opposta di riqualificazione della ricettazione come furto.
Cass., sez. II, 14 aprile 2016 - 5 maggio 2016, n. 18729, CED 266758
648-bis Riciclaggio.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 2) 2 Consumazione (§ 4).
1 – Elemento oggettivo.
Integra il delitto di riciclaggio la condotta di colui che riceva,
dall’autore di un delitto, degli assegni costituenti provento di quest’ultimo, e li versi su conti correnti intestati a persone diverse dal
predetto autore, procedendo, poi, alla monetizzazione dei titoli.
Cass., sez. II, 18 dicembre 2015 - 19 gennaio 2016, n. 1924, CED
265988
Integra il delitto di riciclaggio la condotta di chi, senza aver
concorso nel delitto presupposto, metta a disposizione la propria
carta prepagata per ostacolare la provenienza delittuosa delle
somme da altri ricavate dall’illecito utilizzo di una carta clonata,
consentendo il versamento del denaro in precedenza prelevato al
bancomat dal possessore di quest’ultima (resosi perciò responsabile del delitto di frode informatica), ovvero consentendo il diretto
trasferimento, sulla predetta carta prepagata, delle somme ottenute
dal possessore della carta clonata con un’operazione di “ricarica”
presso lo sportello automatico (assumendo comunque rilievo, in
tale seconda ipotesi, il delitto presupposto di falsificazione o alterazione della carta originaria, di cui all’art. 55, comma 9, d.lg. n.
231 del 2007). Cass., sez. II, 21 aprile 2016 - 6 maggio 2016, n.
18965, CED 266947
2 – Consumazione.
Il reato di riciclaggio, pur essendo a consumazione istantanea, è
reato a forma libera e può anche atteggiarsi a reato eventualmente
permanente quando il suo autore lo progetti e lo esegua con
modalità frammentarie e progressive. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto configurabile la flagranza del delitto di
riciclaggio con riferimento al rinvenimento presso un deposito di
diverse autovetture provento di furto, private della targa ed occultate in un container, in quanto condotte tese ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei mezzi, prodromiche al
successivo trasporto degli stessi presso il porto e la definitiva loro
destinazione in paese extracomunitario). Cass., sez. II, 27 aprile
2016 - 13 luglio 2016, n. 29611, CED 267511
648-ter.1 Autoriciclaggio.
GIURISPRUDENZA
1 Elemento oggettivo (§ 1).
1 – Elemento oggettivo.
Non integra il delitto di autoriciclaggio il versamento del profitto di furto su conto corrente o su carta di credito prepagata,
intestati allo stesso autore del reato presupposto. (In motivazione,
la Corte ha osservato che tale deposito non può considerarsi,
secondo le indicazioni rispettivamente fornite dall’art. 2082 c.c.. e
dall’art. 106 del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia, come attività “economica” o “finanziaria”, e non costituisce comunque, a mente dell’art. 648-ter.1 c.p., attività idonea ad
occultare la provenienza delittuosa del denaro oggetto di profitto).
Cass., sez.II, 14 luglio 2016 - 28 luglio 2016, n. 33074, CED 267459
649 Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a
danno di congiunti.
GIURISPRUDENZA
1 Convivenza (§ 2).
1 – Convivenza.
La causa soggettiva di esclusione della punibilità prevista per il
coniuge dall’art. 649 c.p. non si estende al convivente more uxorio.
(Fattispecie di appropriazione indebita di oggetti personali e di
70
valore di proprietà della convivente more uxorio all’epoca dei fatti
dell’imputato). Cass., sez. V, 21 settembre 2015 - 8 luglio 2016, n.
28638, CED 267467
Art. 707 - par. 1
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
650 Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità.
GIURISPRUDENZA
1 Ragioni di giustizia (§ 5).
1 – Ragioni di giustizia.
Integra la contravvenzione di cui all’art. 650 c.p. l’inottemperanza, senza giustificato motivo, della persona informata sui fatti
all’invito a presentarsi alla polizia giudiziaria, delegata dal pubblico
ministero all’assunzione di sommarie informazioni, non potendo in
questi casi la polizia giudiziaria procedere all’accompagnamento
coattivo dell’interessato. Cass., sez. I, 7 gennaio 2016 - 18 febbraio
2016, n. 6595, CED 266213
659 Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.
GIURISPRUDENZA
1 Mestieri rumorosi (comma 2) (§ 3).
1 – Mestieri rumorosi (comma 2).
Il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore stabiliti dal
D.P.C.M. 1 marzo 1991 può integrare la fattispecie di reato
prevista dall’art. 659, comma 2, c.p., allorquando l’inquinamento
acustico è concretamente idoneo a recare disturbo al riposo e alle
occupazioni di una pluralità indeterminata di persone, non essendo
in tal caso applicabile il principio di specialità di cui all’art. 9 della
l. n. 689 del 1981 in relazione all’illecito amministrativo previsto
dall’art. 10, comma 2, della l. n. 447 del 1995. Cass., sez. III, 8
aprile 2015 - 18 aprile 2016, n. 15919, CED 266627
660 Molestia o disturbo alle persone.
GIURISPRUDENZA
1 Interesse tutelato. Elemento oggettivo (§ 2).
1 – Interesse tutelato. Elemento oggettivo.
La persona offesa, cui deve essere comunicata la richiesta di
archiviazione della notitia criminis, è, nel reato plurioffensivo anche
la persona fisica sulla quale cade l’azione del colpevole, pur se
l’incriminazione sia prevista a tutela di un interesse pubblico
generale. (In applicazione di tale principio, la Corte, relativamente
al reato di disturbo e molestia alle persone (art. 660 c.p.), ha
accolto il ricorso del privato al quale era stato omesso l’avviso di cui
all’art. 408 cpv. c.p.p., rilevando che il suddetto reato, oltre a
tutelare la tranquillità pubblica per i potenziali riflessi sull’ordine
pubblico, realizza anche un’offesa alla quiete privata). Cass., sez. I,
4 maggio 2016 - 28 giugno 2016, n. 26801, CED 267112
Non è configurabile il reato di molestia o disturbo alle persone
previsto dall’art. 660 c.p. allorché vi sia reciprocità o ritorsione
delle molestie, in quanto in tal caso non ricorre la condotta tipica
descritta dalla norma, e cioè la sua connotazione “per petulanza o
altro biasimevole motivo”, cui è subordinata l’illiceità penale del
fatto. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con
rinvio la sentenza impugnata per un nuovo giudizio sull’eventuale
rapporto di reciprocità tra le condotte poste in essere dall’imputata
e le vessazioni da questa subite ad opera della presunta persona
offesa). Cass., sez. I, 23 febbraio 2016 - 1 giugno 2016, n. 23262,
CED 267221 — Giurisprudenza contrastante (v., nel volume, sub
art. 660, § 4)
684 Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale.
GIURISPRUDENZA
1 Diritto di cronaca.
1 – Diritto di cronaca.
La causa di giustificazione dell’esercizio del diritto di cronaca
non opera in riferimento al reato di pubblicazione arbitraria di atti
di un procedimento penale, dovendosi ritenere che, in relazione a
tale ipotesi, il legislatore ha valutato preminente l’interesse alla non
divulgazione dei dati processuali, specie se riferiti a persone minori
di età, rispetto all’utilità sociale dell’informazione. Cass., sez. I, 15
aprile 2016 - 6 luglio 2016, n. 27986, CED 267054
699 Porto abusivo d’armi.
GIURISPRUDENZA
1975, n. 110 (§ 9).
1 Rapporto con i reati previsti dalle leggi 2 ottobre 1967, n. 895, 14 ottobre 1974, n. 497 e 18 maggio
1 – Rapporto con i reati previsti dalle leggi 2 ottobre 1967, n. 895, 14 ottobre 1974, n. 497 e 18 maggio
1975, n. 110.
Il porto in luogo pubblico di una bomboletta contenente
“spray” urticante a base di “oleoresin capsicum”, principio estratto
dalle piante di peperoncino, integra gli estremi della contravven-
zione di porto abusivo di armi di cui all’art. 699 c.p., e non, invece,
del delitto previsto dall’art. 4 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, e
succ. modif., trattandosi di oggetto non ricompreso nè tra le armi
da guerra o tipo guerra, nè tra le armi comuni da sparo. Cass., sez.
I, 7 gennaio 2016 - 11 aprile 2016, n. 14807, CED 267284
707 Possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli.
GIURISPRUDENZA
1 Concorso di persone nel reato (§ 4).
1 – Concorso di persone nel reato.
Nel reato di possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimal-
delli, la particolare qualificazione del soggetto attivo per precedenti
condanne per reati commessi per motivi di lucro, o per contrav71
Art. 707 - par. 1
CODICE PENALE
venzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio,
non impedisce di ravvisare la responsabilità a titolo concorsuale di
soggetti che non si trovino in tali condizioni personali o che non
siano colti in possesso di oggetti atti allo scasso, purchè abbiano
consapevolezza della particolare qualità di condannato del concor-
rente e del fatto che questi detiene gli indicati oggetti, di cui
possono servirsi direttamente o indirettamente, aiutando l’altro a
farne uso. Cass., sez. II, 3 febbraio 2016 - 20 aprile 2016, n. 16354,
CED 266517
721 Elementi essenziali del giuoco d’azzardo. Case da giuoco.
GIURISPRUDENZA
1 Giuochi d’azzardo: nozione (§ 2).
1 – Giuochi d’azzardo: nozione.
Ai fini dell’accertamento del reato di esercizio di giuochi d’azzardo è necessaria la prova dell’effettiva esistenza di mezzi atti ad
esercitarlo, dell’effettivo svolgimento di un gioco e, qualora si tratti
di apparecchi automatici da gioco di natura aleatoria, dell’effettivo
utilizzo dell’apparecchio per fini di lucro, non essendo sufficiente,
in tale ultimo caso, accertare che lo stesso sia potenzialmente
utilizzabile per l’esercizio del gioco d’azzardo. (Nella fattispecie la
Corte ha ritenuto viziata la motivazione della sentenza di condanna
per il reato di cui all’art. 718 c.p. in relazione alla prova del fine di
lucro, che era stato, invece, desunto dal ritardo con cui l’imputata
aveva consentito l’ingresso della polizia all’interno del locale da lei
gestito, dalla utilizzabilità delle postazioni che riproducevano il
gioco del poker per effettuare delle scommesse collegate a vincite
in denaro tramite un sito internet e dalla circostanza che durante
l’istruttoria dibattimentale la difesa non avesse formulato domande
sul tema). Cass., sez. III, 2 marzo 2016 - 16 giugno 2016, n. 25032,
CED 267193
727 Abbandono di animali.
GIURISPRUDENZA 1 La giurisprudenza sul nuovo testo della disposizione: a) fattispecie di cui al secondo comma:
aa) elemento oggettivo (§ 1, d, db); b) rapporti con altri reati (§ 1, e).
1 – La giurisprudenza sul nuovo testo della disposizione: a) fattispecie di cui al secondo comma: aa)
elemento oggettivo.
L’utilizzo di collare elettronico, che produce scosse o altri
impulsi elettrici trasmessi al cane tramite comando a distanza,
integra la contravvenzione di detenzione di animali in condizioni
incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze,
poichè concretizza una forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso tale da incidere sensibilmente
sull’integrità psicofisica dell’animale. (In applicazione del principio, la Corte ha proceduto a riqualificare come violazione dell’art.
727, comma 2, c.p. il fatto originariamente contestato ai sensi
dell’art. 544-ter c.p., configurabile nella diversa ipotesi di abuso del
collare coercitivo di tipo elettrico “antiabbaio”). Cass., sez. III, 11
febbraio 2016 - 25 maggio 2016, n. 21932, CED 267345
b) rapporti con altri reati. Non integra il reato di maltrattamento di animali, bensì quello di detenzione di animali in
condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi
sofferenze, previsto dall’art. 727, comma 2, c.p., la detenzione di
volatili in condizioni di privazione di cibo, acqua e luce. (Fattispecie relativa alla custodia di uccelli in sacchetti di stoffa, appesi per
ore ad un bastone ed a contatto con i loro escrementi). Cass., sez.
VI, 22 marzo 2016 - 28 aprile 2016, n. 17677, CED 267313
734 Distruzione o deturpamento di bellezze naturali.
GIURISPRUDENZA
1 Consumazione (§ 4).
1 – Consumazione.
Il reato di distruzione o alterazione delle bellezze naturali,
previsto dall’art. 734 c.p., ha natura permanente, ma la permanenza
cessa, nell’ipotesi di costruzione o demolizione abusiva in luoghi
72
soggetti alla speciale protezione dell’autorità, all’epoca di ultimazione dell’attività edilizia o del sequestro che la inibisce. Cass., sez.
III, 17 marzo 2016 - 26 maggio 2016, n. 21977, CED 267348
APPENDICE LEGISLATIVA
ARMI
Legge 2 ottobre 1967, n. 895. — Disposizioni per il controllo delle armi.
2
GIURISPRUDENZA
1 Omessa denuncia di trasferimento.
1 – Omessa denuncia di trasferimento.
In tema di reati concernenti le armi, anche dopo le modifiche
introdotte all’art. 38 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (t.u.l.p.s.) dal d.lg.
26 ottobre 2010, n. 204, l’omessa comunicazione del trasferimento
di un’arma già denunciata all’autorità di pubblica sicurezza da una
località all’altra del territorio dello Stato integra il reato contravvenzionale di cui agli artt. 58 r.d. 6 maggio 1940, n. 635, e 221
t.u.l.p.s. e non l’ipotesi delittuosa prevista dagli artt. 2 e 7 della l. 2
ottobre 1967, n. 895. Cass., sez. I, 23 settembre 2015 - 30 maggio
2016, n. 22730, CED 267218
4
GIURISPRUDENZA
1 Nozione di porto d’arma (§ 2) 2 Casistica (§ 2).
1 – Nozione di porto d’arma.
In tema di porto d’arma in luogo pubblico, sebbene ai fini della
consumazione del reato non sia richiesto che il soggetto agente
tenga l’arma sulla sua persona, è necessario che questi possa
acquisirne facilmente la disponibilità materiale per farne un uso
immediato. (Fattispecie in cui è stata esclusa la sussistenza del reato
nel caso di trasporto di una pistola nel cofano motore dell’autovettura, all’interno del vano batteria) Cass., sez. VI, 1 dicembre
2015 - 8 febbraio 2016, n. 4970, CED 266171
2 – Casistica
Il porto in luogo pubblico di una bomboletta contenente
“spray” urticante a base di “oleoresin capsicum”, principio estrat-
to dalle piante di peperoncino, integra gli estremi della contravvenzione di porto abusivo di armi di cui all’art. 699 c.p.., e non,
invece, delitto previsto dall’art. 4 della l. 2 ottobre 1967, n. 895, e
su modif., trattandosi di oggetto non ricompreso né tra le armi da
guerra o tipo guerra, né tra le armi comuni da sparo. Cass., sez. I,
7 gennaio 2016 - 11 aprile 2016, CED 267284, n. 14807
L’autorizzazione al porto di fucile rilasciata per l’esercizio della
caccia rende legittimo il porto di detta arma, anche se esso è attuato
per esercitare, illecitamente, l’attività venatoria in periodo di divieto generale, ferma restando la sanzionabilità dell’eventuale abuso
accertato nei confronti del titolare, che può essere colpito da
provvedimenti sospensivi o ablativi dell’autorizzazione. Cass., sez.
III, 20 gennaio 2016 - 11 aprile 2016, n. 14749, CED 266391
Legge 22 maggio 1975, n. 152. — Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico.
6
GIURISPRUDENZA
1Ambito di applicazione (§ 1).
1 – Ambito di applicazione.
La misura di sicurezza patrimoniale della confisca è imposta per
tutti i reati concernenti le armi ed è obbligatoria anche in caso di
archiviazione del procedimento, ove non venga ritenuta l’insussistenza del fatto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittima-
mente confiscate dal G.i.p., con il decreto di archiviazione, le armi
e munizioni in sequestro, detenute da persone rimaste diverse
dall’indagato rimaste ignote). Cass., sez. I, 12 aprile 2016 - 17
maggio 2016, n. 20508, CED 266894
73
L. 22 maggio 1975, n. 152
APPENDICE LEGISLATIVA
CARTE DI CREDITO E PAGAMENTO
Decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231. — Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di
attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che
ne reca misure di esecuzione.
55 Sanzioni penali.
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque contravviene alle disposizioni contenute
nel Titolo II, Capo I, concernenti l’obbligo di identificazione, è punito con la multa da 2.600 a 13.000
euro.
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato l’esecutore dell’operazione che omette di indicare le
generalità del soggetto per conto del quale eventualmente esegue l’operazione o le indica false è
punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa da 500 a 5.000 euro.
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, l’esecutore dell’operazione che non fornisce informazioni sullo scopo e sulla natura prevista dal rapporto continuativo o dalla prestazione professionale
o le fornisce false è punito con l’arresto da sei mesi a tre anni e con l’ammenda da 5.000 a 50.000 euro.
4. Chi, essendovi tenuto, omette di effettuare la registrazione di cui all’articolo 36, ovvero la effettua
in modo tardivo o incompleto è punito con la multa da 2.600 a 13.000 euro.
5. Chi, essendovi tenuto, omette di effettuare la comunicazione di cui all’articolo 52, comma 2, è
punito con la reclusione fino a un anno e con la multa da 100 a 1.000 euro.
6. Qualora gli obblighi di identificazione e registrazione siano assolti avvalendosi di mezzi fraudolenti, idonei ad ostacolare l’individuazione del soggetto che ha effettuato l’operazione, la sanzione di
cui ai commi 1, 2 e 4 è raddoppiata.
7. Qualora i soggetti di cui all’articolo 11, commi 1, lettera h), e 3, lettere c) e d), omettano di eseguire
la comunicazione prevista dall’articolo 36, comma 4, o la eseguano tardivamente o in maniera incompleta, si applica la sanzione di cui al comma 4.
8. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi, essendovi tenuto, viola i divieti di comunicazione
di cui agli articoli 46, comma 1, e 48, comma 4, è punito con l’arresto da sei mesi a un anno o con
l’ammenda da 5.000 a 50.000 euro.
9. Chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone
titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al
prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione
da uno a cinque anni e con la multa da 310 a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne
profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento
analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi,
ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati
o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.
9-bis. Per le violazioni delle disposizioni di cui all’articolo 131-ter del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché per le gravi e reiterate violazioni delle disposizioni di cui ai commi 1 e 4 del
presente articolo è ordinata, nei confronti degli agenti in attività finanziaria che prestano servizi di
pagamento attraverso il servizio di rimessa di denaro di cui all’articolo 1, comma 1, lettera n), del
decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, la confisca degli strumenti che sono serviti a commettere il
reato. In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444
del codice di procedura penale per il delitto di cui al comma 9 è ordinata la confisca delle cose che
servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che
appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni,
somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale
profitto o prodotto (1)(2).
74
D.lg. 30 aprile 1992, n. 285
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
9-ter. Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al comma 9-bis nel corso delle operazioni di
polizia giudiziaria, sono affidati dall’Autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta (2).
(1)
(2)
Periodo aggiunto dall’art. 6 d.lg. 29 ottobre 2016, n. 202.
Comma aggiunto dall’art. 27 comma 1 lett. r) d.lg. 3 agosto 2010, n. 141, come sostituito dall’art. 18 comma 1 d.lg. 19 settembre 2012, n. 169
(G.U. del 2 ottobre 2012, n. 230).
GIURISPRUDENZA
1 Rapporti con il reato di cui all’art. 640-ter c.p. (§ 8).
1 – Rapporti con il reato di cui all’art. 640-ter c.p.
Integra il reato di indebita utilizzazione di carte di credito di cui
all’art. 55, comma 9, d.lg. 21 novembre 2007, n. 231 e non quello
di frode informatica di cui all’art. 640-ter c.p., il reiterato prelievo
di denaro contante presso lo sportello bancomat di un istituto
bancario mediante utilizzazione di un supporto magnetico clonato,
in quanto il ripetuto ritiro di somme per mezzo di una carta
bancomat illecitamente duplicata configura l’utilizzo indebito di
uno strumento di prelievo sanzionato dal predetto art. 55. Cass.,
sez. VI, 4 novembre 2015 - 14 gennaio 2016, n. 1333, CED 266233
PROSTITUZIONE
Legge 20 febbraio 1958, n. 75. — Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta
contro lo sfruttamento della prostituzione altrui.
3
GIURISPRUDENZA
1 In genere 2 Favoreggiamento (§ 8) 3 Sfruttamento (§ 9).
1 – In genere.
L’art. 3 della l. 20 febbraio 1958, n. 75, non configura una sola
fattispecie criminosa a manifestazioni plurime, ma prevede più
reati, strutturalmente autonomi, che possono tra loro concorrere
Cass., sez. III, 11 giugno 2015 - 7 luglio 2016, n. 28196 , CED
267050
2 – Favoreggiamento.
Integra il reato di favoreggiamento la condotta di colui che
accompagna, abitualmente e dietro compenso, alcune prostitute sul
luogo del meretricio, al di fuori di un’attività lecita da questi
precedentemente esercitata (ad esempio attività di tassista), trattandosi di condotta che trova la sua causa esclusivamente nell’accordo intercorso con le prostitute, nella consapevolezza di agevolarne l’attività e le condizioni lavorative Cass., sez. III, 28 gennaio
2016 - 7 luglio 2016, n. 28212 , CED 267052
Integra il reato di favoreggiamento della prostituzione, previsto
dall’art. 3, n. 8, l. n. 75 del 1958, la condotta di colui che concede
in comodato d’uso ad una prostituta un immobile nella propria
disponibilità, nella consapevolezza che la beneficiaria vi eserciterà
la prostituzione, in quanto la gratuità del contratto sottintende la
preminente finalità di agevolare l’esercizio della prostituzione altrui
e ne costituisce diretto ausilio. Cass., sez. III, 3 dicembre 2015 - 1
aprile 2016, n. 13229, CED 266572
3 – Sfruttamento.
Il delitto di sfruttamento della prostituzione si consuma nel
luogo in cui il soggetto attivo concretamente si avvantaggi dell’attività compiuta dalla vittima, non in quello nel quale quest’ultima
si sia prostituita. (Fattispecie relativa a conflitto negativo di competenza). Cass., sez. I, 8 gennaio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 7972,
CED 266214
In tema di reati contro la moralità pubblica ed il buon costume,
il delitto di sfruttamento della prostituzione, consistendo in qualsiasi consapevole e volontaria partecipazione, anche occasionale, ai
guadagni che una persona si procura con il commercio del proprio
corpo, può concorrere con quello di favoreggiamento del meretricio, in ragione della diversità dell’elemento materiale, di quello
psicologico e del bene giuridico protetto Cass., sez. III, 9 dicembre
2015 - 12 aprile 2016, n. 15069, CED 266630
Non integra il reato di sfruttamento della prostituzione la condotta di colui che offre ad un terzo, in cambio di denaro, l’opportunità di avere rapporti sessuali con una donna, non prostituta che,
consenziente al rapporto sessuale, sia, tuttavia, inconsapevole della
richiesta di denaro quale corrispettivo delle sue prestazioni. (In
motivazione, la Corte ha precisato che l’atto sessuale diventa atto di
prostituzione solo quando il soggetto che fornisce la prestazione
assegna alla dazione del proprio corpo una funzione strumentale
alla percezione di un’utilità che, anche se corrisposta ad un terzo,
richiede l’accordo o, quantomeno, la consapevolezza del fornitore
della prestazione). Cass., sez. III, 11 giugno 2015 - 7 luglio 2016, n.
28196, CED 267049
REATI STRADALI
Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. — Nuovo codice della strada.
9-ter Divieto di gareggiare in velocità con veicoli a motore.
GIURISPRUDENZA
1 Morte come conseguenza del fatto (§ 2).
75
D.lg. 30 aprile 1992, n. 285
1 – Morte come conseguenza del fatto.
Il delitto di cui all’art. 9-ter, comma 2, cod. strada, che punisce
la violazione del divieto di gareggiare in velocità cui consegua la
morte di una o più persone, non costituisce una circostanza
aggravante della fattispecie prevista dal comma 1 del citato art.
9-ter ma una fattispecie autonoma di reato nella quale l’evento
morte è elemento costitutivo dell’illecito penale. Cass., sez. IV, 14
gennaio 2016 - 21 aprile 2016, n. 16610, CED 266960
In tema di circolazione stradale, il reato di omicidio colposo
aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale
non può ritenersi assorbito in quello di partecipazione ad una gara
automobilistica non autorizzata cui consegua la morte di una o più
APPENDICE LEGISLATIVA
persone di cui all’art. 9-ter, comma 2 cod. strada, in tutti i casi in
cui risulti che la morte sia conseguenza diretta ed immediata di
un’infrazione diversa ed ulteriore rispetto alla violazione del divieto
di gareggiare in velocità. (Fattispecie relativa ad una gara non
autorizzata nel corso della quale una delle auto, omettendo di
rallentare all’ingresso in galleria, aveva tamponato una vettura
estranea alla competizione, cagionando il decesso di uno dei passeggeri, in cui la Corte, in applicazione del suddetto principio,
riqualificato il reato di cui all’art. 9-ter, comma 2 cod. strada in
quello di cui al comma primo del medesimo articolo, ha ritenuto
configurabile il concorso con il reato di omicidio colposo di cui
all’art. 589 comma 4, c.p.). Cass., sez. IV, 14 gennaio 2016 - 21
aprile 2016, n. 16610, CED 266961
186 Guida sotto l’influenza dell’alcool
GIURISPRUDENZA 1Rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcoli metrici (§ 3) 2 Revoca della patente (§ 4) 3
Sospensione della patente (§ 4) 4 Lavoro di pubblica utilità (§ 5) 5 Particolare tenuità del fatto (§ 8) 6 Profili processuali
(§ 9).
1 – Rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcoli
metrici.
Integra il reato di cui all’art. 186, comma 7, C.d.S. (rifiuto di
sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici), la condotta di colui che,
pur essendosi sottoposto alla prima prova del relativo test, rifiuti di
eseguire la seconda, in quanto, ai fini del perfezionamento della
fattispecie criminosa in questione, è sufficiente che il soggetto
rifiuti di completare l’iter degli accertamenti previsti, i quali constano di due prove da effettuarsi a breve distanza l’una dall’altra.
Cass., sez. VI, 8 marzo 2016 - 18 aprile 2016, n. 15967, CED 266994
2 – Revoca della patente.
In tema di revoca della patente per il reato di guida in stato di
ebbrezza, ai fini della realizzazione della condizione di “recidiva nel
biennio”, rileva la data di passaggio in giudicato della sentenza
relativa al fatto-reato precedente a quello per cui si procede, e non
la data di commissione dello stesso. Cass., sez. IV, 19 maggio 2016
- 23 giugno 2016, n. 26168, CED 267377
3 – Sospensione della patente.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2-bis cod. strada, in relazione agli artt.
3 e 27 Cost., nella parte in cui non estende ai reati di cui all’art. 186,
comma 2 cod. strada, nel caso di patteggiamento, la riduzione fino
ad un terzo della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, prevista esclusivamente per il caso di omicidio
colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della
circolazione stradale, atteso che non appare irragionevole la scelta
del legislatore di limitare l’estensione di detta riduzione di pena,
essendo essa volta ad incentivare il ricorso al rito alternativo,
esigenza maggiormente ravvisabile in presenza di reati quali l’omicidio colposo rispetto alla guida in stato di ebbrezza Cass., sez. IV,
27 ottobre 2015 - 2 febbraio 2016, n. 4321 , CED 265941
In tema di guida in stato di ebbrezza, l’appartenenza del veicolo
a persona estranea non può qualificarsi quale circostanza aggravante del reato, atteso che tale evenienza non determina alcun
effetto sul piano penalistico della fattispecie, ma assume rilievo
esclusivamente rispetto alla durata della sanzione amministrativa
accessoria della sospensione della patente di guida ovvero alla
esclusione della confisca del mezzo, avente anche essa natura di
sanzione amministrativa accessoria. (La Corte, in applicazione del
suddetto principio, ha rigettato il ricorso dell’imputato avverso la
sentenza di condanna che applicava il raddoppio della sanzione
accessoria della sospensione della patente di guida sebbene fosse
stata contestata, quale circostanza aggravante, l’appartenenza a
76
terzi del veicolo). Cass. sez. IV, 23 marzo 2016 - 21 aprile 2016, n.
16647 , CED 266525
La diminuzione fino ad un terzo della sanzione amministrativa
accessoria della sospensione della patente di guida, prevista dall’art. 222, comma 2-bis, cod. strada, deve ritenersi limitata alla sola
ipotesi di patteggiamento per il reato di omicidio colposo commesso in violazione della disciplina sulla circolazione stradale e non
anche a quello di lesioni colpose. (La Suprema Corte, in motivazione, ha chiarito che tale interpretazione è conforme alla ratio legis
della riforma introdotta con la l. 21 febbraio 2006 n. 102, con la
quale il legislatore, avendo elevato in modo significativo la durata
della sanzione accessoria in relazione al reato di omicidio colposo,
ha inteso limitare a tale ipotesi soltanto la diminuzione in esame).
Cass., sez. IV, 22 marzo 201 - 8 aprile 2016, n. 14504, CED 266468
4 – Lavoro di pubblica utilità.
In tema di guida in stato di ebbrezza, l’estinzione del reato a
seguito del positivo espletamento del lavoro di pubblica utilità,
presupponendo l’avvenuto accertamento del fatto, non impedisce
al giudice di valutarlo in un successivo processo quale precedente
specifico ai fini del giudizio circa la “recidiva nel biennio”, prevista
dall’art. 186, comma 2, lett. c) cod. strada. Cass., sez. IV, 7 gennaio
2016 - 18 gennaio 2016, n. 1864, CED 265583
5 – Particolare tenuità del fatto.
La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di
cui all’art. 131-bis c.p., in quanto configurabile - in presenza dei
presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma - ad ogni
fattispecie criminosa, è configurabile anche in relazione al reato di
guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile,
con il giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di
punibilità all’interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di
tassi alcolemici accertati, anche nel caso in cui, al di sotto della
soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un illecito
amministrativo. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n.
13681, CED 266589
La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di
cui all’art. 131-bis c.p., applicabile ad ogni fattispecie criminosa, è
compatibile con il reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento
alcoolimetrico, previsto dall’art. 186, comma 7, cod. strada, posto
che, accertata la situazione pericolosa e dunque l’offesa, resta pur
sempre uno spazio per apprezzare in concreto, alla stregua della
manifestazione del reato, ed al solo fine della valutazione della
gravità dell’illecito, quale sia lo sfondo fattuale in cui la condotta si
iscrive e quale sia, in conseguenza, il possibile impatto pregiudi-
D.lg. 8 giugno 2001, n. 231
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
zievole per il bene tutelato. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile
2016, n. 13682, CED 266595
6 – Profili processuali.
Ai fini della configurabilità del reato di guida in stato di ebbrezza, qualora lo scontrino dell’alcoltest, oltre a riportare l’indicazione
del tasso alcolemico, contenga la dicitura “volume insufficiente”, è
necessario accertare, attraverso una compiuta verifica delle modalità di funzionamento della macchina, se l’insufficienza del volume
abbia o meno inficiato il risultato del test espresso dai parametri
numerici. Cass., sez. IV, 19 febbraio 2016 - 7 giugno 2016, n. 23520,
CED 266948
186-bis Guida sotto l’influenza dell’alcool per conducenti di età inferiore a
ventuno anni, per i neo-patentati e per chi esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone o di cose.
GIURISPRUDENZA
1 In genere.
1 – In genere.
In tema di guida in stato di ebbrezza, la disposizione di cui
all’art. 186-bis comma 3 cod. strada - che prevede un aumento di
pena nel caso in cui le condotte di cui all’art.186, comma 2, lettere
a), b) e c) siano poste in essere da conducenti di età inferiore a
ventuno anni, da neo-patentati o da chi esercita professionalmente
l’attività di trasporto di persone o di cose - non delinea una
autonoma fattispecie incriminatrice rispetto a quella di cui al
medesimo art. 186, sicché ad essa è riferibile l’aggravante dell’ora
notturna prevista dall’art. 186, comma 2-sexies cod. strada Cass.,
sez. IV, 16 dicembre 2015 - 8 marzo 2016, n. 9592, CED 266384
187 Guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti
GIURISPRUDENZA
1 In genere (§ 1).
1 – In genere.
In caso di concorso tra i reati di guida sotto l’effetto di sostanze
stupefacenti da cui sia derivato un incidente stradale e l’omicidio
colposo, trovano simultanea applicazione le fattispecie sanzionatorie previste dagli artt. 187, comma 1-bis, e 222 cod. strada che
prevedono la sanzione amministrativa accessoria della revoca della
patente di guida, attesa la clausola di salvezza che chiude l’art. 187,
comma 1-bis, cod. strada. Cass., sez. IV, 19 novembre 2015 - 19
gennaio 2016, n. 1880, CED 265430
189 Comportamento in caso di incidente.
GIURISPRUDENZA
1 In genere.
1 – In genere.
In tema di circolazione stradale, il reato di mancata prestazione
dell’assistenza occorrente in caso di incidente, di cui all’art. 189,
comma 7, C.d.s., implica una condotta ulteriore e diversa rispetto
a quella del reato di fuga, previsto dal comma 6 del predetto art.
189, non essendo sufficiente la consapevolezza che dall’incidente
possano essere derivate conseguenze per le persone, occorrendo
invece che un tale pericolo appaia essersi concretizzato, almeno
sotto il profilo del dolo eventuale, in effettive lesioni dell’integrità
fisica. Cass., sez. IV, 15 marzo 2016 - 1 giugno 2016, n. 23177, CED
266969
RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI
Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. — Disciplina della responsabilità amministrativa delle
persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a
norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.
8 Autonomia delle responsabilità dell’ente.
GIURISPRUDENZA
1 In genere (§ 1).
1 – In genere.
In tema di responsabilità da reato degli enti, nella ipotesi di
mancata identificazione dell’autore del reato presupposto, può
essere affermata la responsabilità dell’ente, ai sensi dell’art. 8 d.lg.
n. 231 del 2001, solo quando sia, comunque, individuabile a quale
categoria, tra quelle indicate, agli artt. 6 e 7 del medesimo decreto,
appartenga l’autore del fatto, e sia, altresì, possibile escludere che
questi abbia agito nel suo esclusivo interesse. Cass., sez. VI, 10
novembre 2015 - 7 luglio 2016, n. 28299, CED 267048
17 Riparazione delle conseguenze del reato.
GIURISPRUDENZA
1 In genere.
77
D.lg. 8 giugno 2001, n. 231
1 – In genere.
In tema di responsabilità da reato degli enti, il risarcimento del
danno cui si riferisce l’art. 17, lett. a), d.lg. 8 giugno 2001, n. 231,
ai fini della revoca delle misure cautelari interdittive, presuppone
l’effettivo versamento agli enti danneggiati delle somme dovute a
tale titolo, determinate attraverso preventivi contatti tra le parti
contrapposte, ovvero l’attuazione di condotte che garantiscano la
presa materiale di tali somme su iniziativa del danneggiato, senza la
necessità di una ulteriore collaborazione per la traditio dell’ente.
APPENDICE LEGISLATIVA
(Nella specie la Corte ha escluso che tale requisito sia integrato
dalla costituzione di un trust, dalla previsione in bilancio di un
fondo di accantonamento, per importi unilateralmente determinati
dalla società senza alcun contatto con gli enti pubblici danneggiati
dalle attività di corruzione, e dalla successiva comunicazione di tali
adempimenti agli enti medesimi, trattandosi di un meccanismo che
posticipa il risarcimento del danno all’esito del giudizio penale.
Cass., sez. II, 9 febbraio 2016,- 17 marzo 2016, n. 11209, CED
266427
19 Confisca.
GIURISPRUDENZA
1 Nozione di profitto (§ 2).
1 – Nozione di profitto.
In tema di responsabilità da reato degli enti collettivi, il profitto
del reato oggetto della confisca di cui all’art. 19 del d.lg. n. 231 del
2001 si identifica con il vantaggio economico di diretta e immediata
derivazione causale dal reato presupposto, ma, nel caso in cui
questo venga consumato nell’ambito di un rapporto sinallagmatico,
non può essere ricompresa nel profitto anche l’utilità eventualmente conseguita dal danneggiato in ragione dell’esecuzione da parte
dell’ente delle prestazioni che il contratto gli impone. Cass., sez.
VI, 22 aprile 2016 - 31 maggio 2016, n. 23013, CED 267065
In tema di responsabilità da reato degli enti, ai fini della confisca
prevista dall’art. 19 del D.Lgs. n. 231 del 2001, secondo cui nei
confronti dell’ente è disposta la confisca del prezzo o del profitto
del reato salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato, deve aversi riguardo, quanto alla possibilità di restituzione,
non alla esistenza di una generica garanzia patrimoniale prestata
nell’interesse dell’ente responsabile a vantaggio del danneggiato,
ma alla possibilità di distaccare concretamente una porzione specificamente individuata - del patrimonio dell’ente, spettante
come tale al danneggiato. (Fattispecie in cui la Corte, in relazione
al reato di malversazione ai danni dello Stato, ha escluso che, ai fini
della confisca di valore, dovesse essere sottratta dall’entità del
profitto, costituito dall’importo erogato e distratto, la somma corrispondente alla polizza fideiussoria costituita in favore dell’ente
erogante). Cass., sez. VI, 9 febbraio 2016 - 25 marzo 2016, n.
12653, CED 267206
22 Prescrizione.
GIURISPRUDENZA
1 Questioni di legittimità costituzionale 2 Dies a quo.
1 – Questioni di legittimità costituzionale.
È manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 d.lg. n.231del 2001, per asserito contrasto con
gli artt.3, 24, comma secondo, e 111 Cost., in relazione alla
presunta irragionevolezza della disciplina della prescrizione prevista per gli illeciti commessi dall’ente-imputato rispetto a quella
prevista per gli imputati-persone fisiche, atteso che la diversa
natura dell’illecito che determina la responsabilità dell’ente, e
l’impossibilità di ricondurre integralmente il sistema di responsabilità ex delicto di cui al d.lg. n. 231 2001 nell’ambito e nella
categoria dell’illecito penale, giustificano il regime derogatorio
25-quinquies
(1)
della disciplina della prescrizione. Cass., sez. VI, 10 novembre
2015 - 7 luglio 2016, n. 28299, CED 267047
2 – Dies a quo.
In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche,
qualora il reato presupposto sia quello di corruzione e alla promessa faccia seguito la dazione, è a tale ultimo momento che deve
farsi riferimento ai fini del calcolo della prescrizione dell’illecito
amministrativo, trattandosi del momento in cui si verifica la consumazione del reato. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo
2016, n. 11442, CED 266359
Delitti contro la personalità individuale.
1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dalla sezione I del capo III del titolo XII del libro
II del codice penale si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie:
a) per i delitti di cui agli articoli 600, 601, 602 e 603-bis, (2) la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote;
b) per i delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, anche se
relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, e 600-quinquies, la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote (3);
c) per i delitti di cui agli articoli 600-bis, secondo comma, 600-ter, terzo e quarto comma, e
600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, nonché per il
delitto di cui all’articolo 609-undecies la sanzione pecuniaria da duecento a settecento quote (4).
2. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1, lettere a) e b), si applicano le
sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.
3. Se l’ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente
di consentire o agevolare la commissione dei reati indicati nel comma 1, si applica la sanzione
dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività ai sensi dell’articolo 16, comma 3.
(1)
78
Articolo inserito dall’art. 5 l. 11 agosto 2003, n. 228.
D.lg. 8 giugno 2001, n. 231
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
(2)
(3)
Le parole « , 602 e 603-bis, » sono state sostituite alle parole « e 602, » dall’art. 6 l. 29 ottobre 2016, n. 199.
Lettera così modificata dall’art. 10 l. 6 febbraio 2006, n. 38.
(4) Lettera così modificata dapprima dall’art. 10 l. n. 38 del 2006, cit., e successivamente dall’art. 31 d.lg. 4 marzo 2014, n. 39, che ha inserito le parole
« nonché per il delitto di cui all’articolo 609-undecies ».
28 Trasformazione dell’ente.
GIURISPRUDENZA
1 Questioni di legittimità costituzionale.
1 – Questioni di legittimità costituzionale.
In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, è
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale,
in relazione all’art. 76 Cost., degli artt. da 28 a 33 del d.lg. 8 giugno
2001, n. 231 — che prevedono, in caso di trasformazione o fusione
dell’ente, la responsabilità del nuovo soggetto per i reati commessi
anteriormente - atteso che tali disposizioni, in quanto volte ad
evitare che le operazioni di trasformazione dell’ente si risolvano in
agevoli modalità di elusione della responsabilità, risultano coerenti
con i criteri direttivi della delega tra cui vi è quello di prevedere
sanzioni amministrative effettive, proporzionate e dissuasive.
Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442, CED
266361
29 Fusione dell’ente.
GIURISPRUDENZA
1 Questioni di legittimità costituzionale.
1 – Questioni di legittimità costituzionale.
V. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442,
CED 266361, riportata supra, sub art. 28.
30 Scissione dell’ente.
GIURISPRUDENZA
1 Questioni di legittimità costituzionale.
1 – Questioni di legittimità costituzionale
V. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442,
CED 266361, riportata supra, sub art. 28.
31 Determinazione delle sanzioni nel caso di fusione o scissione.
GIURISPRUDENZA
1 Questioni di legittimità costituzionale.
1 – Questioni di legittimità costituzionale.
V. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442,
CED 266361, riportata supra, sub art. 28.
32 Rilevanza della fusione o della scissione ai fini della reiterazione.
GIURISPRUDENZA
1 Questioni di legittimità costituzionale.
1 – Questioni di legittimità costituzionale.
V. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442,
CED 266361, riportata supra, sub art. 28.
33 Cessione di azienda.
GIURISPRUDENZA
1 Questioni di legittimità costituzionale.
1 – Questioni di legittimità costituzionale.
V. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442,
CED 266361, riportata supra, sub art. 28.
79
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
APPENDICE LEGISLATIVA
STUPEFACENTI
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. — Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti
e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
73 (Legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 14, comma 1). Produzione, traffico e
detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope (1).
[1. Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina,
vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa
o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla
tabella I prevista dall’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro
26.000 a euro 260.000] (2).
[1-bis. Con le medesime pene di cui al comma 1 è punito chiunque, senza l’autorizzazione di cui
all’articolo 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene:
a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi
indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita
la Presidenza del consiglio dei ministri - Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, ovvero per
modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato,
ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale (3);
b) medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezione A, che
eccedono il quantitativo prescritto. In questa ultima ipotesi, le pene suddette sono diminuite da un
terzo alla metà] (4).
[2. Chiunque, essendo munito dell’autorizzazione di cui all’articolo 17, illecitamente cede, mette o
procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nelle tabelle I e II di cui
all’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a ventidue anni e con la multa da euro 26.000 a euro
300.000] (5).
[2-bis. Le pene di cui al comma 2 si applicano anche nel caso di illecita produzione o commercializzazione delle sostanze chimiche di base e dei precursori di cui alle categorie 1, 2 e 3 dell’allegato I al
presente testo unico, utilizzabili nella produzione clandestina delle sostanze stupefacenti o psicotrope
previste nelle tabelle di cui all’articolo 14] (6).
[3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o
psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione] (7).
[4. Quando le condotte di cui al comma 1 riguardano i medicinali ricompresi nella tabella II, sezioni
A, B, C e D, limitatamente a quelli indicati nel numero 3-bis) della lettera e) del comma 1 dell’articolo
14 (8) e non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 17, si applicano le pene ivi stabilite, diminuite da
un terzo alla metà] (9).
5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente
articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle
sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa
da euro 1.032 a euro 10.329 (10).
5-bis. Nell’ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo commessi da
persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la
sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del
codice di procedura penale, su richiesta dell’imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non
debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le
pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 54 del decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste. Con la sentenza il giudice incarica
l’Ufficio locale di esecuzione penale esterna di verificare l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica
utilità. L’Ufficio riferisce periodicamente al giudice. In deroga a quanto disposto dal citato articolo 54
80
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
del decreto legislativo n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella
della sanzione detentiva irrogata. Esso può essere disposto anche nelle strutture private autorizzate ai
sensi dell’articolo 116, previo consenso delle stesse. In caso di violazione degli obblighi connessi allo
svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in deroga a quanto previsto dal citato articolo 54 del decreto
legislativo n. 274 del 2000, su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, il giudice che procede, o
quello dell’esecuzione, con le formalità di cui all’articolo 666 del codice di procedura penale, tenuto
conto dell’entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena con
conseguente ripristino di quella sostituita. Avverso tale provvedimento di revoca è ammesso ricorso
per cassazione, che non ha effetto sospensivo. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per
non più di due volte (11).
5-ter. La disposizione di cui al comma 5-bis si applica anche nell’ipotesi di reato diverso da quelli di cui
al comma 5, commesso, per una sola volta, da persona tossicodipendente o da assuntore abituale di
sostanze stupefacenti o psicotrope e in relazione alla propria condizione di dipendenza o di assuntore
abituale, per il quale il giudice infligga una pena non superiore ad un anno di detenzione, salvo che si
tratti di reato previsto dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale o di reato
contro la persona (12).
6. Se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro, la pena è aumentata.
7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per
evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente
l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei
delitti (13).
7-bis. Nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444
del codice di procedura penale, è ordinata la confisca delle cose che ne sono il profitto o il prodotto,
salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, fatta eccezione per il delitto di cui al comma 5, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore
corrispondente a tale profitto o prodotto (14).
(1)
Rubrica sostituita, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. a) d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito dalla l. 21 febbraio 2006, n. 49.
Successivamente C cost. 25 febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit., precisando che
la disciplina dei reati sugli stupefacenti contenuta nel d.P.R. n. 309 del 1990, nella versione precedente alla novella del 2006, torni ad applicarsi,
non essendosi validamente verificato l’effetto abrogativo. Per cui, una volta dichiarata l’illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate
rivive l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 nel testo anteriore alle modifiche che prevede un trattamento sanzionatorio più mite, rispetto a quello caducato,
per gli illeciti concernenti le c.d. “droghe leggere” – puniti con la pena della reclusione da due a sei anni e della multa, anziché con la pena della reclusione
da sei a venti anni e della multa –, mentre stabilisce sanzioni più severe per i reati concernenti le c.d. “droghe pesanti” – puniti con la pena della reclusione
da otto a venti anni, anziché con quella da sei a venti anni –.
Il testo della rubrica era il seguente: « Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope ».
(2)
Comma sostituito, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. b) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1. Successivamente C cost. 25
febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit.
Il testo del comma 1, come modificato a seguito di referendum popolare, per cui v. nota 1 sub art. 72, ripristinato per effetto di C cost. 25
febbraio 2014, n. 32, è il seguente:
« 1. Chiunque senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede o riceve
a qualsiasi titolo, distribuisce, commercia, acquista, trasporta, esporta, importa, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per
qualunque scopo o comunque illecitamente detiene, fuori dalle ipotesi previste dagli articoli 75, sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle
I e III previste dall’articolo 14, è punito con la reclusione da otto a venti anni e con la multa da lire cinquanta milioni a lire cinquecento milioni ».
(3)
V. d.m. 11 aprile 2006 (G.U. del 24 aprile 2006, n. 95), che ha fissato i limiti massimi di cui alla lettera a). Tali limiti erano stati modificati dal d.m.
4 agosto 2006 (G.U. del 17 novembre 2006, n. 268), successivamente annullato da TAR Lazio, sez. III-quater, 21 marzo 2007, n. 2487.
(4)
Comma inserito in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. c) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1. Successivamente C cost. 25 febbraio
2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit.
(5)
Comma modificato, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. d) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1. Successivamente C cost. 25
febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit.
Il testo del comma 2, ripristinato per effetto di C cost. 25 febbraio 2014, n. 32, è il seguente:
« 2. Chiunque, essendo munito dell’autorizzazione di cui all’articolo 17, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le
sostanze o le preparazioni indicate nel comma 1, è punito con la reclusione da otto a ventidue anni e con la multa da lire cinquanta milioni a lire
seicento milioni ».
(6)
Comma dapprima inserito, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. e) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1, e successivamente
abrogato dall’art. 1 comma 1 lett. b) d.lg. 24 marzo 2011, n. 50.
(7)
Comma sostituito, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. f) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1. Successivamente C cost. 25
febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit.
Il testo del comma 3, ripristinato per effetto di C cost. 25 febbraio 2014, n. 32, è il seguente:
81
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
APPENDICE LEGISLATIVA
« 3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di
autorizzazione ».
(8) Le parole da « , C » a « dell’articolo 14 » sono state sostituite alle parole « e C, di cui all’articolo 14 » dall’art. 10 comma 1 lett. s) l. 15 marzo 2010,
n. 38.
(9) Comma sostituito, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. f) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1. Successivamente C cost. 25
febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit.
Il testo del comma 4, ripristinato per effetto di C cost. 25 febbraio 2014, n. 32, è il seguente:
« 4. Se taluno dei fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 riguarda sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV previste dall’articolo 14, si
applicano la reclusione da due e sei anni e la multa da lire dieci milioni a lire centocinquanta milioni ».
(10) Comma da ultimo così sostituito dall’art. 1 comma 24-ter lett. a) d.l. 20 marzo 2014, n. 36, conv., con modif., in l. 16 maggio 2014, n. 79, in sede
di conversione. Il testo del comma, come sostituito dall’art. 2 comma 1 lett. a) d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, conv., con modif., in l. 21 febbraio 2014, n. 10,
era il seguente: « 5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità
o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque anni e
della multa da euro 3.000 a euro 26.000 ». Precedentemente il comma era stato sostituito, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. f) d.l. n. 272
del 2005, citato nella nota 1, con la seguente formulazione: « 5. Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e
quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro
3.000 a euro 26.000 ». Peraltro C cost. 25 febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit. Il
testo originario del comma era il seguente: « 5. Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle
sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da lire cinque milioni
a lire cinquanta milioni se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall’articolo 14, ovvero le pene della reclusione
da sei mesi a quattro anno e della multa da lire due milioni a lire venti milioni se si tratta di sostanze di cui alle tabelle II e IV ».
(11) Comma dapprima inserito, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. g) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1. Successivamente C cost.
25 febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit. Infine l’art. 1 comma 24-ter lett. b) d.l.
n. 36, cit., in sede di conversione, ha nuovamente disposto l’inserimento del presente comma.
(12) Comma aggiunto dall’art. 3 d.l. 1° luglio 2013, n. 78, conv., con modif., in l. 9 agosto 2013, n. 94, come modificato in sede di conversione. Il
comma, come introdotto nel testo originario del d.l. n. 78, cit., era così formulato: « 5-ter. La disposizione di cui al comma 5-bis si applica anche
nell’ipotesi di altri reati commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, salvo che si tratti di quelli previsti
dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale ».
(13) Si riportano qui di seguito gli artt. 71 e 72 l. 22 dicembre 1975, n. 685, nel testo antecedente alla relativa sostituzione operata rispettivamente
dagli artt. 14 e 15, l. 26 giugno 1990, n. 162: « Art. 71. (Attività illecite). — Chiunque, senza autorizzazione, produce, fabbrica, estrae, offre, pone in
vendita, distribuisce, acquista, cede o riceve a qualsiasi titolo, procura ad altri, trasporta, importa, esporta passa in transito o illecitamente detiene, fuori
delle ipotesi previste dagli artt. 72 e 80, sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui alle Tabb. I e III, previste dall’art. 12, è punito con la reclusione da
quattro a quindici anni e con la multa da lire 3 milioni a lire 100 milioni. — Chiunque, essendo munito dell’autorizzazione di cui all’art. 15, illecitamente
cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nel precedente comma, è punito con la reclusione da quattro a
diciotto anni e con la multa da lire 10 milioni a lire 100 milioni. — Le stesse pene si applicano a chiunque fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope
diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione. — Se taluno dei fatti previsti dai precedenti commi riguarda sostanze stupefacenti o psicotrope
classificate nelle Tabb. II e IV, di cui all’art. 12, si applicano la reclusione da due a sei anni e la multa da lire 2 milioni a lire 50 milioni ». « Art. 72. (Altre
attività illecite). — Chiunque, fuori dalle ipotesi previste dall’art. 80, senza autorizzazione o comunque illecitamente, detiene, trasporta, offre, acquista,
pone in vendita, vende, distribuisce o cede, a qualsiasi titolo, anche gratuito, modiche quantità di sostanze stupefacenti o psicotrope classificate nelle
Tabb. I e III, previste dall’art. 12, per uso personale non terapeutico di terzi, è unito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire 100.000 a
lire 8 milioni. — Se taluno dei fatti previsti dal primo comma riguarda modiche quantità di sostanze stupefacenti o psicotrope classificate nelle Tabb. II
e IV, previste dall’art. 12, si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da lire 100.000 a lire 6 milioni ».
(14) Comma aggiunto dall’art. 4 comma 1 lett. a) d.lg. 29 ottobre 2016, n. 202.
GIURISPRUDENZA 1 Natura della sostanza (§ 2) 2 Coltivazione(§ 3 b) 3 Fatto di lieve entità (§ 7)
intertemporale (§ 8) 5 Attenuante del ravvedimento operoso (§ 10) 6 Profili processuali (§ 15).
1 – Natura della sostanza
In tema di stupefacenti, ai fini della configurabilità del reato di
cui all’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, pur potendosi prescindere
dall’accertamento dell’entità del principio attivo presente nella
sostanza oggetto di contestazione, è necessario dimostrare che
questa abbia in concreto effetto drogante ovvero sia in grado di
produrre alterazioni psico-fisiche. (Fattispecie in cui la S.C. ha
annullato con rinvio la sentenza di condanna in quanto fondata
esclusivamente sull’accertamento della tipologia di stupefacente e
del dato ponderale lordo). Cass., sez. IV 27 ottobre 2015 - 2
febbraio 2016, n. 4324, CED 265976
2 – Coltivazione
Deve escludersi la sussistenza del reato di coltivazione non
autorizzata di piante da cui sono ricavabili sostanze stupefacenti
qualora il giudice accerti l’inoffensività in concreto della condotta,
per essere questa di tale minima entità da rendere sostanzialmente
irrilevante l’aumento di disponibilità di droga e non prospettabile
82
4 Diritto
alcun pericolo di ulteriore diffusione di essa. (Fattispecie in cui la
S.C. ha escluso il reato per la coltivazione di due piante di canapa
indiana e la detenzione di 20 foglie della medesima pianta, in
presenza di una produzione che, pur raggiungendo la soglia drogante, era “assolutamente minima”.) Cass., sez. VI, 10 novembre
2015 - 9 febbraio 2016, n. 5254, CED 265641
Ai fini della configurabilità della condotta di coltivazione di
piante stupefacenti, non è sufficiente l’accertamento della loro
conformità al tipo botanico previsto e della loro attitudine futura a
giungere a maturazione e produrre sostanza stupefacente, dovendosi invece verificare l’offensività in concreto della condotta, intesa
come prova della effettiva ed attuale capacità a produrre un effetto
drogante rilevabile nell’immediatezza. (Fattispecie in cui la S.C. ha
annullato con rinvio la pronuncia di merito, constatata la mancata
verifica della quantità di principio attivo ricavabile da nove piantine di “cannabis indica” non giunte a maturazione). Cass., sez. VI,
21 ottobre 2015 - 21 gennaio 2016, n. 2618, CED 265640
La punibilità per la coltivazione non autorizzata di piante da cui
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
sono estraibili sostanze stupefacenti va esclusa soltanto se il giudice
ne accerti l’inoffensività “in concreto”, ovvero quando la condotta
sia così trascurabile da rendere sostanzialmente irrilevante l’aumento di disponibilità della droga e non prospettabile alcun pericolo di
ulteriore diffusione di essa. (In motivazione la Corte ha precisato
che non è sufficiente considerare il solo dato quantitativo di
principio attivo ricavabile dalle singole piante, dovendosi valutare
anche l’estensione e il livello di strutturazione della coltivazione, al
fine di verificare se da essa possa derivare o meno una produzione
potenzialmente idonea ad incrementare il mercato). Cass., sez. IV,
19 gennaio 2016 - 29 gennaio 2016, n. 3787, CED 265740
Ai fini della configurabilità del reato di coltivazione di piante
stupefacenti, non è sufficiente l’accertamento della loro conformità
al tipo botanico vietato, dovendosi invece accertare l’offensività in
concreto della condotta, intesa come effettiva ed attuale capacità
della sostanza ricavata o ricavabile a produrre un effetto drogante
e come concreto pericolo di aumento di disponibilità dello stupefacente e di ulteriore diffusione dello stesso. (Fattispecie in cui la
S.C. ha annullato senza rinvio la pronuncia di condanna relativa
alla coltivazione di una pianta di cannabis indica, da cui sono
risultati ricavabili gr. 0,345 di principio attivo). Cass., sez. VI, 17
febbraio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 8058, CED 266168
Ai fini della punibilità della coltivazione di piante dalle quali
sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività della condotta
consiste nella sua idoneità a produrre la sostanza per il consumo,
sicché non rileva la quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, ma la conformità della pianta al tipo botanico previsto
e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere
a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente, cosicché
l’offensività deve essere esclusa soltanto quando la sostanza ricavabile risulti priva della capacità ad esercitare, anche in misura
minima, effetto psicotropo. Cass., sez. III, 23 febbraio 2016,- 9
giugno 2016, n. 23881, CED 267382
Ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di
piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività
della condotta non è esclusa dal mancato compimento del processo
di maturazione dei vegetali, neppure quando risulti l’assenza di
principio attivo ricavabile nell’immediatezza, se gli arbusti sono
prevedibilmente in grado di rendere, all’esito di un fisiologico
sviluppo, quantità significative di prodotto dotato di effetti droganti, in quanto il “coltivare” è attività che si riferisce all’intero
ciclo evolutivo dell’organismo biologico. (Fattispecie in tema di
coltivazione cd. domestica di nove piantine di marijuana che
avevano già prodotto 60 mg di sostanza, pari a poco più di due dosi
singole, ed in cui la S.C. ha precisato che la quantità di produzione
potenziale avrebbe potuto essere di non modesta entità, a nulla
rilevando la dedotta circostanza della destinazione della sostanza
ad uso personale terapeutico). Cass., sez. VI, 10 febbraio 2016 - 11
marzo 2016, n. 10169, CED 266513
Ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di
piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività
della condotta non è esclusa dal mancato compimento del processo
di maturazione dei vegetali, neppure quando risulti l’assenza di
principio attivo ricavabile nell’immediatezza, se gli arbusti sono
prevedibilmente in grado di rendere, all’esito di un fisiologico
sviluppo, quantità significative di prodotto dotato di effetti droganti, in quanto il “coltivare” è attività che si riferisce all’intero
ciclo evolutivo dell’organismo biologico. (In applicazione di tale
principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione pronunciata in una fattispecie relativa a coltivazione di piante
di marijuana in fase di iniziale fioritura e dunque prive di principio
attivo). Cass., sez. VI, 10 maggio 2016 - 16 giugno 2016, n. 25057,
CED 266974
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
L’art. 131-bis c.p. ed il principio di inoffensività in concreto
operano su piani distinti, presupponendo, il primo, un reato
perfezionato in tutti i suoi elementi, compresa l’offensività, benché
di consistenza talmente minima da ritenersi “irrilevante” ai fini
della punibilità, ed attenendo, il secondo, al caso in cui l’offesa
manchi del tutto, escludendo la tipicità normativa e la stessa
sussistenza del reato. (Fattispecie in tema di coltivazione di piante
stupefacenti). Cass., sez. VI, 10 novembre 2015 - 9 febbraio 2016,
n. 5254, CED 265642
3 – Fatto di lieve entità,
In tema di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, la
qualificazione del fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5,
d. P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non è in contrasto con il diniego
delle circostanze attenuanti generiche. Cass., sez. III, 17 novembre
2015 - 1 febbraio 2016, n. 4071, CED 265712
Non viola il principio del divieto di reformatio in pejus previsto
dall’art. 597, comma 3, c.p.p.la sentenza di secondo grado che,
nell’ipotesi di successione di legge più favorevole, nel riformare la
pronuncia di primo grado - impugnata dal solo imputato — che
aveva determinato la pena partendo dal minimo edittale, abbia
ridotto la pena in termini assoluti, pur non attestandosi allo stesso
punto della forbice edittale da cui si era mosso il giudice di primo
grado. (Fattispecie in tema di cessione di sostanze stupefacenti di
lieve entità nella quale la Corte, nel rigettare il ricorso dell’imputato, ha ritenuto corretta la rimodulazione della pena operata dalla
Corte d’appello in base alla nuova fattispecie, più favorevole,
introdotta dal D.L. n. 36 del 2014, convertito, con modificazioni,
dalla l. n. 79 del 2014, nonostante non avesse preso come riferimento il nuovo più favorevole minimo edittale). Cass., sez. III, 3
dicembre 2015 - 1 aprile 2016, n. 13223, CED 266767
In tema di stupefacenti, la reviviscenza per effetto della sentenza
della Corte costituzionale n. 32 del 2014 del trattamento sanzionatorio differenziato originariamente previsto per le diverse tipologie
di droghe, non incide sulla legalità della pena comminata per
un’unica condotta di illecita detenzione promiscua di droghe,
pesanti e leggere, nella riconosciuta ipotesi di lieve entità prevista
dall’art. 73, comma 5. (In motivazione, la S.C. ha evidenziato che,
in questo caso, il condannato ha tratto beneficio dall’assenza,
all’epoca del fatto, di un regime edittale autonomo per la detenzione di sostanze di tipo leggero rispetto alla concorrente detenzione di sostanze di tipo pesante ed evitato, così, l’aggravio sanzionatorio a norma degli artt. 71 ss. c.p.) Cass., sez. I, 4 novembre
2015 - 12 gennaio 2016, n. 885, CED 265719
Ai fini del riconoscimento dell’ipotesi lieve prevista dall’art. 73,
comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, quando ricorre la contestuale detenzione spazio-temporale di sostanze stupefacenti di diversa
natura, deve effettuarsi un’unica, complessiva valutazione della
condotta illecita. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso il riconoscimento dell’ipotesi lieve con riferimento alla condotta di detenzione di droga "pesante", unitamente ad una rilevante quantità di
droga leggera). Cass. sez. IV, 25 maggio 2016 - 8 luglio 2016, n.
28561, CED 267438
4 – Diritto intertemporale.
La sopravvenienza normativa che incida sul trattamento sanzionatorio di un reato, intervenuta in sede di legittimità, impone
l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata per la rimodulazione del trattamento sanzionatorio, anche qualora in concreto
la pena inflitta risulti compresa all’interno della nuova forbice
edittale, in quanto la commisurazione in concreto della pena è
operazione condizionata dalla pena prevista in astratto, talché la
valutazione giudiziale può cambiare per effetto del mutamento dei
limiti edittali previsti dalla legge. (Fattispecie in tema di stupefa83
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
centi). Cass., sez. II, 18 novembre 2015 - 21 gennaio 2016, n. 2702,
CED 265822
In tema di stupefacenti, il giudice di appello o di rinvio che
procede alla rideterminazione della pena in applicazione della
disciplina più favorevole determinatasi per effetto della sentenza
della Corte costituzionale n. 32 del 2014, con riferimento al
trattamento sanzionatorio originariamente previsto dall’art. 73
d.P.R. n. 309 del 1990 per le cosiddette “droghe leggere”, deve
tenere conto dei parametri di cui all’art. 133 c.p. e rivalutarli in
relazione ai nuovi limiti edittali, con il solo limite costituito dal
divieto di sovvertire il giudizio di disvalore espresso dal precedente
giudice. (In motivazione la Corte di cassazione ha escluso che, in
sede di rideterminazione, il giudice debba seguire un criterio
proporzionale di tipo aritmetico correlato alla pena calcolata prima
della declaratoria di incostituzionalità). Cass., sez. VI, 9 febbraio
2016 - 22 febbraio 2016, n. 6850, CED 266105
È inammissibile l’istanza rivolta al giudice dell’esecuzione per la
rideterminazione della pena illegale, derivante da dichiarazione
d’illegittimità costituzionale di una norma penale incidente sulla
commisurazione del trattamento sanzionatorio, quando quest’ultimo, al momento della pronuncia su tale istanza, è stato interamente
eseguito e il condannato ha già scontato la pena, poiché in tal caso
si sono prodotti effetti irreversibili, con la conseguenza che l’eventuale rideterminazione finalizzata a future richieste risarcitorie per
ingiusta detenzione è questione che deve essere risolta dal giudice
competente a conoscere di tale richiesta, anche in via incidentale.
(Fattispecie relativa alla dichiarazione di incostituzionalità della
disciplina sugli stupefacenti ad opera della n. 32del 2014 Corte
cost.). Cass., sez. V, 12 gennaio 2016 - 13 aprile 2016, n. 15362,
CED 266564
In tema di stupefacenti, il giudice dell’esecuzione che procede
alla rideterminazione della pena in applicazione della disciplina più
favorevole determinatasi per le c.d. “droghe leggere” per effetto
della sentenza della Corte costituzionale n. 32del 2014, non può
revocare la sanzione accessoria del ritiro della patente di guida
inflitta ai sensi dell’art. 85 d.P.R. 309 del 1990, disposizione
attualmente in vigore nella sua originaria formulazione, né può
modificare la suddetta sanzione accessoria qualora nella sentenza di
condanna il giudice della cognizione abbia adeguatamente motivato il proprio convincimento in ordine alla specie e alla durata della
sanzione accessoria e questa sia, in relazione alla pena principale
rideterminata, conforme al parametro legale. Cass., sez. I, 10
febbraio 2016 - 24 giugno 2016, n. 26557, CED 267254
In materia di stupefacenti, al giudice dell’esecuzione, investito di
richiesta di riqualificazione della condotta in termini di indicazione
della quantità e qualità della sostanza detenuta illecitamente e di
coeva richiesta di rideterminazione della pena - perché asseritamente illegale, in conseguenza della pronuncia n. 32/14 della Corte
costituzionale - non è attribuito alcun potere di rivisitazione del
reato così come ritenuto nella sentenza definitiva, né gli è consentito accertare l’esatta qualità dello stupefacente detenuto dal condannato, se non nei ristretti limiti previsti dall’art. 666, comma 5,
c.p.p., che permette al giudice dell’esecuzione di richiedere documenti e/o informazioni necessarie ai soli fini della decisione di
questioni proprie della fase esecutiva. (Fattispecie di patteggiamento, nella quale la Corte ha precisato che i poteri di interpretazione
del giudicato e di esame degli atti essenziali a tale scopo sono
riconosciuti al giudice dell’esecuzione nella sola ipotesi di istanza di
revoca della sentenza per dedotta sopravvenuta abolizione del
reato). Cass., sez. III, 18 marzo 2015 - 7 marzo 2016, n. 9220, CED
266447
Per i delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309,
l’aumento di pena calcolato a titolo di continuazione per i reatisatellite in relazione alle così dette “droghe leggere” deve essere
84
APPENDICE LEGISLATIVA
oggetto di specifica rivalutazione da parte dei giudici del merito,
alla luce della più favorevole cornice edittale applicabile per tali
violazioni, a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte
costituzionale, che ha dichiarato la incostituzionalità degli artt.
4-bis e 4-vicies ter della l. 21 febbraio 2006, n. 49 - che ha
convertito il d.l. 30 dicembre 2005, n. 272 - e ha determinato, in
merito, la reviviscenza della più favorevole disciplina anteriormente
vigente. Cass., S.U., 26 febbraio 2015 - 28 maggio 2015, n. 22471,
Sebbar, CED 263717
È illegale la pena determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione che si sia basato, per le droghe cosiddette “leggere”, sui limiti edittali dell’art. 73 d.P.R. 309/1990 come
modificato dalla legge n. 49 del 2006, in vigore al momento del
fatto, ma dichiarato successivamente incostituzionale con sentenza
n. 32 del 2014, anche nel caso in cui la pena concretamente inflitta
sia compresa entro i limiti edittali previsti dall’originaria formulazione del medesimo articolo, prima della novella del 2006, rivissuto
per effetto della stessa sentenza di incostituzionalità. Cass., S.U.,
26 febbraio 2015 - 28 luglio 2015, n. 33040, Jazouli, CED 264205
Nella sentenza di patteggiamento l’illegalità sopraggiunta della
pena - concordata sulla base dei parametri edittali dettati per le
cosiddette “droghe leggere” dall’art. 73 d.P.R. 309/1990 come
modificato dalla legge n. 49 del 2006, in vigore al momento del
fatto ma dichiarato successivamente incostituzionale con la sentenza n. 32 del 2014 - determina la nullità dell’accordo e la Corte di
cassazione deve annullare senza rinvio la sentenza basata su tale
accordo. Cass., S.U., 26 febbraio 2015 - 28 luglio 2015, n. 33040,
Jazouli, CED 264206
5 – Attenuante del ravvedimento operoso.
In tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, ai fini della
applicazione dell’attenuante del ravvedimento operoso di cui all’art. 73, comma settimo, d.P.R. n. 309 del 1990, è necessario che
i dati forniti siano nuovi, oggettivamente utili e costituiscano tutte
le conoscenze a disposizione del dichiarante. Cass., sez. VI, 24
marzo 2016 - 18 aprile 2016, n. 15977, CED 266998
6 – Profili processuali.
In caso di concorso di persone nel reato, ai fini della sussistenza
della giurisdizione penale dello Stato italiano e per la punibilità di
tutti i concorrenti, è sufficiente che nel territorio dello Stato sia
stata posta in essere una qualsiasi attività di partecipazione da parte
di uno qualsiasi dei concorrenti. (Fattispecie in tema di tentata
importazione in Italia di sostanze stupefacenti, sequestrate in Croazia durante le operazioni di trasporto, in cui l’ordine di acquisto
era stato effettuato da soggetto che si trovava in Italia, e che
avrebbe dovuto ricevere lo stupefacente a Milano). Cass., sez. III,
18 febbraio 2016 - 21 marzo 2016, n. 11664, CED 266320
Ai fini della determinazione della competenza per territorio,
occorre fare riferimento al luogo di compimento della prima delle
condotte addebitate e, laddove tale luogo non sia identificato o
identificabile, la competenza deve essere individuata facendo richiamo ai criteri suppletivi stabiliti dall’art. 9 c.p.p.(Nella fattispecie, relativa alla cessione di droga, essendo l’accordo criminoso per
l’acquisto avvenuto per telefono e non potendosi individuare il
luogo di realizzazione della condotta, la Corte ha ritenuto legittimo
il ricorso ai criteri di cui all’art. 9 c.p.p.). Cass., sez. IV, 3 marzo
2016 - 14 giugno 2016, n. 24719, CED 267227
Le perquisizioni che la polizia giudiziaria, nel caso di sospetto di
illecita detenzione di sostanze stupefacenti, è legittimata a compiere in forza del disposto dell’art. 103 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.
309, non presuppongono necessariamente la commissione di un
reato, ma possono essere effettuate sulla base di notizie confidenzialmente apprese, senza obbligo di avvertire la persona sottoposta
a controllo del diritto all’assistenza di un difensore; in ogni caso,
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
anche se effettuate illegittimamente, non rendono illegittimo
l’eventuale sequestro dello stupefacente e delle altre cose pertinenti
al reato rinvenute all’esito della perquisizione. Cass., sez. III, 17
febbraio 2016 - 10 maggio 2016, n. 19365, CED 266580
Ai fini dell’adozione della misura cautelare del sequestro preventivo delle cose “pertinenti al reato” finalizzato ad evitare la
protrazione del reato, non è necessario accertare, a differenza di
quanto richiesto per il sequestro ai fini di confisca, l’esistenza di un
collegamento strutturale fra il bene da sequestrare e il reato
commesso, in quanto la “pertinenza” richiesta dal primo comma
dell’art. 321 c.p.p. comprende non solo le cose sulle quali o a
mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituiscono il
prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo
indirettamente alla fattispecie criminosa. (In applicazione del principio, la Corte ha rigettato il ricorso avverso sequestro preventivo,
a fini impeditivi, di vettura abitualmente adoperata per attività di
cessione di stupefacente). Cass., sez. III, 17 novembre 2015 - 4
marzo 2016, n. 9149, CED 266454
In tema di esigenze cautelari, l’art. 274, lett. c), c.p.p., nel testo
introdotto dalla l. 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che
l’imputato commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma
anche attuale, per cui è onere del giudice motivare sulle ragioni per
cui ritiene sussistenti entrambi i presupposti per l’applicazione od
il mantenimento di una misura. (Nella fattispecie, nei confronti
dell’imputato è stata riconosciuta non solo la concretezza, ma
anche l’attualità del pericolo di reiterazione del reato di spaccio di
stupefacenti alla luce del quantitativo non minimale della droga
acquistata e venduta, nonchè del suo stato di tossicodipendenza e
della conseguente continua necessità di garantirsi - stante l’assenza
di fonti di reddito lecite - il denaro necessario per il fabbisogno
personale anche mediante cessioni a terzi). Cass., sez. III, 17
febbraio 2016 - 31 marzo 2016, n. 12921, CED 266425
Ai fini dell’individuazione dell’esigenza cautelare costituita dal
pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, di cui all’art.
274, lett. c), c.p.p., come modificato dalla l. n. 47del 2015, la
pericolosità sociale dell’indagato è desunta congiuntamente dalle
specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla sua personalità.
(Nella fattispecie, la Corte ha affermato che costituisce concreto e
specifico elemento fattuale, idoneo a comprovare il pericolo di
recidivanza, la circostanza che l’autore del fatto abbia dotato
l’autovettura utilizzata per il trasporto di stupefacente di una
telecamera che consente il monitoraggio dell’ambiente esterno,benché momentaneamente disattivata). Cass., sez. III, 2 dicembre
2015 - 14 gennaio 2016, n. 1166, CED 266177
In tema di misure cautelari coercitive personali, il requisito
dell’attualità del pericolo di recidiva, introdotto all’art. 274 c.p.p..
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
dalla l. n. 47 del 2015 assume rilevanza, con riferimento al tempo
trascorso dal fatto contestato ed alle peculiarità della vicenda
cautelare, non solo al momento della adozione della misura, ma,
altresì, ai fini della valutazione della permanenza dell’adeguatezza
della misura applicata. (Fattispecie relativa ad importazione di
ingente quantità di sostanza stupefacente, nella quale la S.C. ha
ritenuto immune da censure la decisione di rigetto dell’istanza di
sostituzione della misura custodiale, in cui si era osservato che la
particolare consistenza della attualità del pericolo di recidiva, che
aveva giustificato l’applicazione della custodia in carcere, non era
venuta meno nonostante il tempo trascorso, stante la rilevantissima
gravità dei reati commessi e la mancata prospettazione, da parte
della difesa, di elementi concreti di segno contrario). Cass., sez.
III, 18 dicembre 2015 - 18 aprile 2016, n. 15925, CED 266829
L’esclusione dai benefici penitenziari operata dall’art. 4-bis
della l. n. 354 del 1975, non riguarda l’ipotesi di condanna per il
delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze
stupefacenti o psicotrope costituita per commettere fatti di lieve
entità, in quanto per effetto del richiamo, effettuato dall’art. 74,
comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990, all’art. 416 c.p.- da intendersi non
limitato al solo regime sanzionatorio - si applica la stessa disciplina
stabilita per quest’ultima fattispecie. Cass., sez. I, 28 gennaio 2016
- 22 febbraio 2016, n. 6830, CED 266240
Il giudice dell’esecuzione, per effetto della sentenza della Corte
costituzionale n. 251 del 2012, che ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 69, comma 4, c.p., nella parte in cui vietava
di valutare prevalente la circostanza attenuante di cui all’art. 73,
comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sulla recidiva di cui all’art.
99, comma 4, c.p., può affermare la prevalenza dell’attenuante
anche compiendo attività di accertamento, sempre che tale valutazione non sia stata esclusa dal giudice della cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali; tuttavia, nel rideterminare la pena, deve attenersi ai limiti derivanti dai
principi in materia di successione di leggi penali nel tempo, che
inibiscono l’applicazione di norme più favorevoli eventualmente
medio tempore approvate dal legislatore. Cass. S.U., 29 maggio
2014 - 14 ottobre 2014, n. 42858, Gatto, CED 260698
Ai fini della determinazione della competenza per territorio in
ordine al delitto di importazione nel territorio dello Stato di
sostanze stupefacenti mediante nave, si deve avere riguardo –
trattandosi di reato di carattere istantaneo – al momento della
consumazione che coincide con il luogo di primo attracco della
nave, a nulla rilevando la successiva condotta di sdoganamento,
trattandosi di una vicenda amministrativa che, a seconda delle
modalità criminose prescelte, può seguire o meno il momento
consumativo. Cass., sez. IV, 3 maggio 2016 - 17 giugno 2016, n.
25247, CED 267520)
74 (Legge 26 giugno 1990, n. 162, artt. 14, comma 1, e 38, comma 2). Associazione
finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope.
1. Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti
dall’articolo 70, commi 4, 6 e 10, escluse le operazioni relative alle sostanze di cui alla categoria III
dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005, ovvero
dall’articolo 73 (1), chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l’associazione è punito per ciò
solo con la reclusione non inferiore a venti anni.
2. Chi partecipa all’associazione è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.
3. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più o se tra i partecipanti vi sono
persone dedite all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.
4. Se l’associazione è armata la pena, nei casi indicati dai commi 1 e 3, non può essere inferiore a
ventiquattro anni di reclusione e, nel caso previsto dal comma 2, a dodici anni di reclusione. L’asso85
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
APPENDICE LEGISLATIVA
ciazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti,
anche se occultate o tenute in luogo di deposito.
5. La pena è aumentata se ricorre la circostanza di cui alla lettera e) del comma 1 dell’articolo 80.
6. Se l’associazione è costituita per commettere i fatti descritti dal comma 5 dell’articolo 73, si
applicano il primo e il secondo comma dell’articolo 416 del codice penale.
7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si sia
efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all’associazione risorse
decisive per la commissione dei delitti.
7-bis. Nei confronti del condannato è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e dei beni che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a
persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni di cui il reo ha la
disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto (2).
8. Quando in leggi e decreti è richiamato il reato previsto dall’articolo 75 della legge 22 dicembre
1975, n. 685, abrogato dall’articolo 38, comma 1, della legge 26 giugno 1990, n. 162, il richiamo si intende
riferito al presente articolo.
(1)
Le parole « dall’articolo 70, commi 4, 6 e 10, escluse le operazioni relative alle sostanze di cui alla categoria III dell’allegato I al regolamento (CE)
n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005, ovvero dall’articolo 73 » sono state sostituite alle parole « dall’articolo 73 » dall’art. 1 comma
1 lett. c) d.lg. 24 marzo 2011, n. 50.
(2)
Comma aggiunto dall’art. 4 comma 1 lett. b) d.lg. 29 ottobre 2016, n. 202.
GIURISPRUDENZA
processuali (§ 8).
1 Concetto di associazione(§ 1) 2 Associazione finalizzata a fatti di lieve entità (§ 7) 3 Profili
1 – Concetto di associazione.
Per la configurabilità di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti non è necessaria
l’esistenza di una struttura di tipo verticistico, ma è sufficiente un
minimo sostrato organizzativo, anche “orizzontale”, purché strumentale alla realizzazione di uno scopo che si proietta oltre la
consumazione dei singoli reati-fine Cass., sez. III, 6 novembre 2015
- 8 marzo 2016, n. 9457, CED 266286
Ai fini della configurabilità del delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti è sufficiente l’esistenza
tra i singoli partecipi di una durevole comunanza di scopo, costituito dall’interesse ad immettere sostanza stupefacente sul mercato
del consumo, non essendo di ostacolo alla costituzione del rapporto associativo la diversità degli scopi personali e degli utili che i
singoli partecipi, fornitori ed acquirenti si propongono di ottenere
dallo svolgimento della complessiva attività criminale. Cass., sez.
IV, 16 dicembre 2015 - 3 febbraio 2016, n. 4497, CED 265945
L’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze
stupefacenti sussiste anche quando sia rilevabile un vincolo durevole che accomuna il fornitore di droga e gli spacciatori acquirenti
che in via continuativa la ricevono per immetterla nel mercato del
consumo, non essendo di ostacolo per la costituzione del vincolo
associativo e la realizzazione del fine comune, la diversità degli
scopi personali e degli interessi economici perseguiti dai singoli
partecipi, sempre che si accerti che le condotte siano poste in essere
con la consapevolezza dell’esistenza di risorse dell’organizzazione
su cui contare, e con la coscienza e volontà di far parte del sodalizio
e di contribuire, con la propria azione, al suo mantenimento).
Cass., sez. II, 10 febbraio 2016 - 14 marzo 2016, n. 10468, CED
266405
Integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità a fornire le sostanze di cui il sodalizio fa traffico, tale da
determinare un durevole, ancorché non esclusivo, rapporto tra
fornitore e spacciatori al minuto. (Fattispecie in cui la Corte ha
ritenuto immune da vizi l’ordinanza del tribunale del riesame che,
ai fini della prova dell’inserimento organico nell’associazione in
qualità di fornitore dell’indagato, aveva valorizzato la quantità e la
86
periodicità dei rapporti, ancorché non esclusivi, e la regolare
cadenza degli acquisti in conseguenza dei quali gli acquirenti
potevano contare su una fonte di approvvigionamento ed i fornitori
su una linea di smercio fondamentale per i propri guadagni).
Cass., sez. VI, 29 ottobre 2015 - 8 gennaio 2016, n. 566, CED 265764
Integra il delitto di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti la condotta del
soggetto acquirente di droga che, in presenza di un vincolo durevole che lo accomuni con il fornitore, riceve in via continuativa la
droga da immettere nel mercato del consumo secondo regole
predeterminate relative alle modalità di fornitura e di pagamento
della sostanza stupefacente. Cass., sez. VI, 29 ottobre 2015 - 8
gennaio 2016, n. 564, CED 265763
In tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di
stupefacenti, anche il coinvolgimento in un solo reato-fine può
integrare l’elemento oggettivo della partecipazione, laddove le
connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi
dell’organizzazione per commettere il fatto, ne riveli, secondo
massime di comune esperienza, un ruolo specifico in funzione delle
dinamiche operative e della crescita criminale dell’associazione.
(Conf. sent. n. 1346 2016,, non mass.). Cass., sez. VI, 4 novembre
2015 - 14 gennaio 2016, n. 1343, CED 265890
L’elemento che caratterizza l’associazione di tipo mafioso rispetto all’associazione dedita al narcotraffico, in presenza del quale può
configurarsi il concorso tra i due delitti, è costituito non tanto dal
fine di commettere altri reati, quanto dal profilo programmatico
dell’utilizzo del metodo, che, nell’associazione di cui all’art. 416 —
bis c.p., ha una portata non limitata al traffico di sostanze stupefacenti, ma si proietta sull’imposizione di una sfera di dominio in
cui si inseriscono la commissione di delitti, l’acquisizione della
gestione di attività economiche, di concessioni, appalti e servizi
pubblici, l’impedimento o l’ostacolo al libero esercizio di voto, il
procacciamento del voto in consultazioni elettorali Cass., sez. VI,
29 ottobre 2015 - 8 gennaio 2016, n. 563, CED 265762
Ai fini della configurabilità dell’aggravante della transnazionalità, prevista dall’art. 4 della legge n. 146 del 2006, è necessario che
alla consumazione del reato transnazionale contribuisca consapevolmente un gruppo criminale organizzato, che sussiste in presenza
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
ADDENDA DI AGGIORNAMENTO
della stabilità dei rapporti fra gli adepti, di una organizzazione
seppur minimale, della non occasionalità o estemporaneità della
stessa, e della finalizzazione alla realizzazione anche di un solo reato
e al conseguimento di un vantaggio finanziario o comunque materiale. (Fattispecie in tema di traffico internazionale di stupefacenti
in cui la S.C. ha riconosciuto l’aggravante nel fatto che il trasporto
aereo della droga dal Sudamerica era stabilmente pianificato dallo
stesso gruppo di soggetti in contatto costante con l’imputato, i
quali avevano il compito di farla transitare, prima dell’arrivo in
Italia, presso Paesi terzi al fine di vanificare le attività investigative.
Cass., sez. III, 19 aprile 2016 - 9 giugno 2016, n. 23896, CED 267440
2 – Associazione finalizzata a fatti di lieve entità.
La fattispecie associativa prevista dall’art. 74, comma 6, d.P.R. n.
309 del 1990 è configurabile a condizione che i sodali abbiano
programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità,
predisponendo modalità strutturali ed operative incompatibili con
fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa si
sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art.73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990. (In motivazione, la Corte
ha escluso la sussistenza dell’associazione minore valorizzando la
concreta capacità operativa, il numero delle condotte, la diversa
tipologia di sostanze trattate ed il quantitativo delle cessioni).
Cass., sez. VI, 19 gennaio 2016 - 24 marzo 2016, n. 12537, CED
267267
In materia di stupefacenti, in caso di condanna per il reato di
associazione per delinquere finalizzata alla commissione di fatti di
lieve entità di cui all’ art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.
309, non può essere disposta la confisca di beni ai sensi dell’art.
12-sexies, comma 1, della l. 7 agosto 1992, n. 356, potendo il
giudice solo disporre la confisca ex art. 240 c.p. qualora si tratti di
beni ritenuti profitto o prodotto del reato. Cass., sez. III, 11 giugno
2015 - 6 luglio 2016, n. 27770, CED 267226
3 – Profili processuali.
In tema di competenza per territorio, l’art. 51, comma 3-bis,
c.p.p. prevede, limitatamente ai reati in esso contemplati, una
deroga assoluta ed esclusiva agli ordinari criteri di determinazione
della competenza sicché, in caso di concorso tra il reato di cui
all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e altri reati in materia di
stupefacenti, consumati in distretti diversi, é competente il giudice
del luogo di consumazione del reato associativo Cass., sez. IV, 9
dicembre 2015 - 3 febbraio 2016, n. 4484, CED 265944
La violazione del principio di correlazione tra l’accusa e l’accertamento contenuto in sentenza si verifica solo quando il fatto
accertato si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di
eterogeneità o di incompatibilità sostanziale tale da recare un reale
pregiudizio dei diritti della difesa. (Fattispecie in cui la Corte ha
escluso il difetto di correlazione tra l’accusa all’imputato di aver
svolto la propria attività criminale all’interno di una più ristretta
associazione affiliata e la condanna, che ne aveva riconosciuto
l’inserimento all’interno della più ampia associazione dominante da
cui dipendeva l’intero traffico di stupefacenti). Cass., sez. IV, 16
dicembre 2015 - 3 febbraio 2016, n. 4497, CED 265946
In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di
cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione a condotte
risalenti nel tempo, l’affievolimento delle esigenze cautelari, confacente a superare la presunzione di adeguatezza della sola custodia
in carcere, deve risultare da specifici elementi di fatto idonei a
dimostrare lo scioglimento del gruppo ovvero il recesso individuale
e il ravvedimento del soggetto sottoposto alla misura. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto che il lungo periodo di
detenzione sofferto senza suscitare rilievi comportamentali ovvero
la partecipazione all’opera di rieducazione non costituiscono, in
assenza di un aliquid novi, un serio ed unico sintomo di un
mutamento dello stile di vita dell’interessato). Cass., sez. III, 17
dicembre 2015 - 7 giugno 2016, n. 23367, CED 267341
In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di
cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione a condotte
risalenti nel tempo, la sussistenza delle esigenze cautelari deve
essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne
l’attualità, in quanto per tale fattispecie associativa risulta inapplicabile la regola di esperienza, elaborata per le associazioni di tipo
mafioso,la tendenziale stabilità del sodalizio, in difetto di elementi
contrari attestanti il recesso individuale o lo scioglimento del
gruppo. Cass., sez. VI, 2 dicembre 2015 - 15 gennaio 2016, n. 1406,
CED 265917
In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di
cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione a condotte
risalenti nel tempo, la sussistenza delle esigenze cautelari deve
essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne
l’attualità; ciò in quanto per tale fattispecie associativa, qualificata
unicamente dai reati fine, non può essere applicata la regola di
esperienza valida per le associazioni di tipo mafioso,la tendenziale
stabilità del sodalizio, in difetto di elementi contrari attestanti il
recesso individuale o lo scioglimento del gruppo. Cass., sez. III, 19
gennaio 2016 - 26 aprile 2016, n. 17110, CED 267160
In tema di associazione a delinquere finalizzata al commercio di
sostante stupefacenti, la prova dell’appartenenza al sodalizio criminoso può essere data anche per mezzo dell’accertamento dell’assistenza legale approntata a favore dell’intraneo e dall’aiuto
economico assicurato ai suoi familiari da parte dei componenti, una
volta che costui sia tratto in arresto. (Nella fattispecie, la Corte ha
valutato corretta la qualifica di partecipe all’associazione, desunta
dall’aiuto legale ed economico ricevuto dal capo della stessa, una
volta tratto in arresto mentre si trovava in trasferta - inviato
dall’organizzazione - per l’approvvigionamento di un quantitativo
rilevante di droga). Cass., sez. III, 26 novembre 2015 - 2 maggio
2016, n. 18137, CED 266937
80 (Legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 18, comma 1). Aggravanti specifiche.
GIURISPRUDENZA 1 Concetto di ingente quantità (§ 4)
Aggravante prevista dal comma 1 lett. g) (§ 5).
1 – Concetto di ingente quantità.
In tema di stupefacenti, la modifica del sistema tabellare realizzata per effetto del d.l. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con
modificazioni nella l. 16 maggio 2014, n. 79, impone una nuova
verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione
della circostanza aggravante della ingente quantità, in considerazione dell’accresciuto tasso di modulazione normativa, difficilmente compatibile con un’interpretazione tendenzialmente solo arit-
2 Aggravante prevista dal comma 1, lett. b) (§ 7)
3
metica di tale aggravante. Cass., sez. III, 27 maggio 2015 - 18
gennaio 2016, n. 1609, CED 265810
In tema di stupefacenti, per effetto della espressa reintroduzione
della nozione di quantità massima detenibile, ai sensi dell’art. 75,
comma 1-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, come modificato dalla l. 16
maggio 2014, n. 79, di conversione, con modificazioni, del d.l. 20
marzo 2014, n. 36, al fine di verificare la sussistenza della circostanza aggravante della ingente quantità, di cui all’art. 80, comma
2, d.P.R. n. 309 del 1990, mantengono validità i criteri basati sul
87
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile. Cass., sez. VI, 17 novembre 2015 - 8 gennaio
2016, n. 543, CED 265756
In tema di stupefacenti, la circostanza aggravante dell’ingente
quantità, di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, può
essere riconosciuta solo qualora si accerti, ai sensi dell’art. 59,
comma 2, c.p., la colpevolezza del soggetto attivo anche in relazione alla predetta circostanza, dimostrando che la stessa sia da lui
conosciuta, ovvero ignorata per colpa o ritenuta inesistente per
errore dovuto a colpa. (Fattispecie di reato di cui all’art. 74 d.P.R.
n. 309 del 1990, nella quale la Corte ha annullato con rinvio,
limitatamente alla suddetta circostanza aggravante, la condanna di
imputato per l’inconsapevolezza di questi della quantità di stupefacente in arrivo dal paese di produzione). Cass., sez. III, 24
febbraio 2016 - 26 maggio 2016, n. 21968, CED 267076
In tema di traffico di stupefacenti, la circostanza aggravante
della “ingente quantità”, prevista dall’art. 80, comma 2, d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, ha natura oggettiva, sicché si comunica anche
agli altri compartecipi del reato, ancorché sconosciuta o ignorata
per colpa, ai sensi dell’art. 59, comma 2, c.p.. Cass., sez. VI, 24
novembre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 3908, CED 266062
88
APPENDICE LEGISLATIVA
2 – Aggravante prevista dal comma 1, lett. b).
In tema di stupefacenti, la circostanza aggravante prevista dall’art. 80, comma 2, lett. b), d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 opera, per
il principio di dinamicità delle fonti del diritto ed in base all’interpretazione letterale della norma, un rinvio formale a tutte le ipotesi
richiamate dall’art. 112, comma 1, n. 4, c.p., che non è limitato
soltanto alla condotta di colui che abbia “determinato a commettere il reato un minore di anni diciotto”, ma si estende alle ulteriori
ipotesi successivamente introdotte di “essersi comunque avvalso
degli stessi” o di aver con questi “partecipato nella commissione di
un delitto”. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta l’aggravante
nella condotta di un soggetto che si era avvalso di un minore per la
custodia dello stupefacente da cedere al dettaglio). Cass., sez. VI,
1 dicembre 2015 - 8 febbraio 2016, n. 4967, CED 266170
3 – Aggravante prevista dal comma 1 lett. g).
Per la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 80,
comma 1, lett. g), d.P.R.. 9 ottobre 1990, n. 309, è necessaria
l’effettiva offerta o cessione della sostanza stupefacente all’interno
o in prossimità dei luoghi indicati dalla norma, dovendosi escludere che essa possa riferirsi ad una condotta di mera detenzione
Cass., sez. IV, 19 gennaio 2016 - 29 gennaio 2016, n. 3786, CED
265739
Percorsi Giuffrè
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024195634
ISBN 978-88-14-21324-3
9 788814 213243
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