A GR DDE AT ND UI A TA GIORGIO LATTANZI CODICE PENALE ANNOTATO CON LA GIURISPRUDENZA Percorsi 2016 Aggiornamento NORMATIVO ESAME E AVVOCATO GIURISPRUDENZIALE 2016 Percorsi Giuffrè Percorsi Giuffrè ESAME AVVOCATO CODICI ANNOTATI CON LA GIURISPRUDENZA CODICE CIVILE / Roberto Giovagnoli CODICE PENALE / Giorgio Lattanzi CODICE DI PROCEDURA CIVILE / Giovanni Novelli - Stefano Petitti CODICE DI PROCEDURA PENALE / Giorgio Lattanzi ATTI GIUDIZIARI E PARERI LEGALI IL METODO PER LA PREPARAZIONE DELLE PROVE SCRITTE / Alberto Filippini PARERI DI DIRITTO CIVILE / Alberto Filippini PARERI DI DIRITTO PENALE / Alberto Filippini ATTI GIUDIZIARI DI DIRITTO CIVILE, PENALE, AMMINISTRATIVO / Alberto Filippini GUIDE RAGIONATE ALLA GIURISPRUDENZA GIURISPRUDENZA CIVILE / Roberto Giovagnoli GIURISPRUDENZA PENALE / Roberto Giovagnoli GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA / Roberto Chieppa - Vincenzo Lopilato - Stefano Tenca SPECIALI SPECIALE ESAME AVVOCATO / Stefano Mazzeo MANUALI BREVI ORDINAMENTO FORENSE E DEONTOLOGIA / Remo Danovi DIRITTO COSTITUZIONALE / Luca Mezzetti DIRITTO CIVILE / Massimiliano Balloriani - Roberto De Rosa - Salvatore Mezzanotte DIRITTO PENALE / Salvatore Donato Messina - Giorgia Spinnato DIRITTO PROCESSUALE CIVILE / Dario Gramaglia DIRITTO PROCESSUALE PENALE / Paolo Tonini DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO / Bruno Barel - Stefano Armellini DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA / Antonio M. Calamia - Viviana Vigiak DIRITTO ECCLESIASTICO / Enrico Vitali - Antonio G. Chizzoniti DIRITTO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE / Antonio Di Stasi DIRITTO AMMINISTRATIVO / Roberto Chieppa - Roberto Giovagnoli CONCORSO MAGISTRATO ORDINARIO CODICI CODICE CIVILE E DELLE LEGGI CIVILI / Roberto Giovagnoli CODICE PENALE E DELLE LEGGI PENALI / Mario Lucio D’Andria CODICE AMMINISTRATIVO / Roberto Chieppa - Vincenzo Lopilato MANUALI MANUALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO / Roberto Chieppa - Roberto Giovagnoli MANUALE DI DIRITTO PENALE / Sergio Beltrani TEMI TEMI DI DIRITTO CIVILE, PENALE, AMMINISTRATIVO / Roberto Giovagnoli GUIDE RAGIONATE ALLA GIURISPRUDENZA GIURISPRUDENZA CIVILE / Roberto Giovagnoli GIURISPRUDENZA PENALE / Roberto Giovagnoli GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA / Roberto Chieppa - Vincenzo Lopilato - Stefano Tenca SPECIALI SPECIALE CONCORSO MAGISTRATURA / Vincenzo Lopilato - Marco Gambardella MANUALI BREVI DIRITTO COSTITUZIONALE / Luca Mezzetti DIRITTO CIVILE / Massimiliano Balloriani - Roberto De Rosa - Salvatore Mezzanotte DIRITTO PENALE / Salvatore Donato Messina - Giorgia Spinnato DIRITTO PROCESSUALE CIVILE / Dario Gramaglia DIRITTO PROCESSUALE PENALE / Paolo Tonini DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO / Bruno Barel - Stefano Armellini DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA / Antonio M. Calamia - Viviana Vigiak DIRITTO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE / Antonio Di Stasi DIRITTO AMMINISTRATIVO / Roberto Chieppa - Roberto Giovagnoli CONCORSO NOTAIO ATTI NOTARILI CASI DI DIRITTO CIVILE, COMMERCIALE E MORTIS CAUSA / Roberta de Paoli Ambrosi - Giuseppe Gorlani ATTI TRA VIVI DI DIRITTO CIVILE / Annamaria Ferrucci - Carmine Ferrentino - Amelia Amoresano ATTI TRA VIVI DI DIRITTO COMMERCIALE / Annamaria Ferrucci - Carmine Ferrentino ATTI MORTIS CAUSA / Annamaria Ferrucci - Carmine Ferrentino CLAUSOLE TESTAMENTARIE / Roberta De Paoli Ambrosi – Giuseppe Gorlani LEZIONI SUCCESSIONI A CAUSA DI MORTE / Ubaldo La Porta CONTRATTO E OBBLIGAZIONI IN GENERALE / Ubaldo La Porta DIRITTO SOCIETARIO / Ubaldo La Porta CONCORSO REFERENDARIO TAR TEMA E PROVA PRATICA / Alessandro Cacciari Il catalogo aggiornato è consultabile all’indirizzo www.percorsi.giuffre.it GIORGIO LATTANZI CODICE PENALE Aggiornamento normativo e giurisprudenziale ISBN 9788814213243 Redazione, editing e progetto Dott. A. Giuffrè Editore - Milano Concept e graphic design Carmi e Ubertis Milano Testo composto in LinoLetterTM Font Family (Linotype Design Studio, 1992) Finito di stampare nel mese di novembre 2016 da Tipografia «Mori & C. S.r.l.» 66, Via F. Guicciardini 21100 Varese © Copyright Dott. A. Giuffrè Editore, S.p.A. Milano - Chiuso in redazione il 10 novembre 2016 La traduzione, l’adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, i film, le fotocopie), nonché la memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i Paesi. CODICE PENALE 1 Reati e pene: disposizione espressa di legge. GIURISPRUDENZA 1 Legge penale: principi di legalità e di tassatività; norma penale in bianco (§ 1) 2 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. 1 – Legge penale: principi di legalità e di tassatività. Non configura un’ipotesi di pena illegale ab origine la sanzione che sia complessivamente legittima ma determinata secondo un percorso argomentativo viziato (nella specie: erroneo aumento della pena per le circostanze aggravanti, pur muovendo da una pena base corretta), sicché, in tal caso, la relativa questione non è rilevabile d’ufficio dalla Corte di cassazione in presenza di ricorso inammissibile. (In motivazione la S.C. ha precisato che rientra nella nozione di pena illegale “ab origine” quella che si risolve in una pena diversa, per specie, da quella stabilita dalla legge, ovvero quantificata in misura inferiore o superiore ai relativi limiti edittali). Cass., sez. V, 20 gennaio 2016 - 2 marzo 2016, n. 8639, CED 266080 2 – Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. I principi contenuti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, come definiti nella giurisprudenza consolidata della Corte EDU, pur non traducendosi in norme direttamente applicabili nell’ordinamento nazionale, costituiscono criteri di interpretazione - convenzionalmente orientata — ai quali il giudice nazionale è tenuto a ispirarsi nell’applicazione delle norme interne. Cass., S.U., 28 aprile 2016 6 luglio 2016, n. 27620, CED 267486 2 Successione di leggi penali. GIURISPRUDENZA 1 Fatto non costituente più reato: a) successione di norme integratrici (§ 3, c) 2 Successione di leggi penali diverse: a) legge più favorevole: aa) individuazione e applicazione (§ 6, b, ba); ab) casistica (§6, b, bb) 3 Interpretazione autentica e interpretazione giurisprudenziale (§ 12) 4 Questioni processuali (§ 13). 1 – Fatto non costituente più reato: a) successione di norme integratrici. In tema di successione di leggi penali nel tempo, il principio di retroattività della norma favorevole, affermato dall’art. 2, comma 4, c.p.c.p., non si applica in caso di successione nel tempo di norme extrapenali integratrici del precetto penale che non incidano sulla struttura essenziale del reato e quindi sulla fattispecie tipica, ma comportino esclusivamente una variazione del contenuto del precetto, delineando la portata del comando. (Fattispecie relativa all’incidenza sul reato di bancarotta fraudolenta mediante operazioni dolose della modifica dell’art. 2358 c.c. ad opera del d.lg. 4 agosto 2008, n. 142, relativa alla possibilità per la società di accordare prestiti o fornire garanzia per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni). Cass., sez. V, 16 novembre 2015 - 21 marzo 2016, n. 11905, CED 266474 2 – Successione di leggi penali diverse: a) legge più favorevole: aa) individuazione e applicazione. In tema di successione di leggi nel tempo, la norma incriminatrice più severa, ripristinata per effetto della pronuncia di incostituzionalità di una successiva norma penale di favore, non può essere applicata ai fatti commessi durante la vigenza di quest’ultima, ma opera per tutti quei fatti pregressi commessi nella vigenza della norma non ancora modificata in senso più favorevole dalla disciplina dichiarata incostituzionale. (Fattispecie in materia edilizia, relativa alla costruzione di un capanno in legno, in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica, in epoca antecedente all’entrata in vigore di una legge reg., che lo consentiva, ma successivamente dichiarata incostituzionale). Cass., sez. III, 3 marzo 2016 - 7 luglio 2016, n. 28233, CED 267410 ab) casistica. Il giudice deve procedere a rideterminare la pena inflitta secondo parametri edittali che non risultano proporzionati ed adeguati rispetto al trattamento più favorevole sopravvenuto, anche nel caso in cui essa rientri nella nuova cornice sanzionatoria. (Fattispecie in tema di reato previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, come modificato dal d.l. n. 36 del 2014, conv. in l. n. 79 del 2014). Cass., sez. VI, 10 febbraio 2016 - 11 marzo 2016, n. 10169, CED 266514 Non sussistono i presupposti per la sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di anni trenta di reclusione, in applicazione dei principi enunciati dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo nel caso Scoppola contro Italia, se il condannato, dopo aver formulato istanza di definizione del processo nella forma del rito abbreviato a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 30, comma 1, lett. b), della l, n. 479 del 1999, abbia poi revocato la richiesta di accesso al rito semplificato, avvalendosi del disposto di cui all’art. 8 del d.l. n. 341 del 24 novembre 2000. Cass., sez. I, 21 dicembre 2015 - 23 febbraio 2016, n. 7162, CED 266611 3 – Interpretazione autentica e interpretazione giurisprudenziale. Il giudice dell’esecuzione può revocare, ai sensi dell’art. 673 c.p.p.c.p.p., una sentenza di condanna pronunciata dopo l’entrata 1 Art. 2 - par. 3 CODICE PENALE in vigore della legge che ha abrogato la norma incriminatrice, allorché l’evenienza di abolitio criminis non sia stata rilevata dal giudice della cognizione. (In motivazione, la S.C. ha precisato che la revocabilità della sentenza deve invece essere esclusa nella diversa ipotesi in cui, in assenza di interventi del legislatore, si verifichi un mutamento dell’interpretazione giurisprudenziale di una disposizione rimasta invariata, in quanto tale mutamento anche se sancito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione - non determina alcun effetto abrogativo della disposizione interpretata). Cass., S.U., 29 ottobre 2015 - 23 giugno 2016, n. 26259, CED 266872 4 – Questioni processuali. La questione concernente la abolitio criminis è pregiudiziale rispetto alla questione — esaminabile in assenza di cause di inammissibilità del ricorso per cassazione — relativa all’estinzione del reato per prescrizione. Cass., sez. IV, 9 giugno 2016 - 1 luglio 2016, n. 27081, CED 267445 6 Reati commessi nel territorio dello stato. GIURISPRUDENZA 4). 1 Teoria dell’ubiquità. Concorso di persone (§ 1) 2 Reati consumati in acque internazionali (§ 1 – Teoria dell’ubiquità. Concorso di persone. In caso di concorso di persone nel reato, ai fini della sussistenza della giurisdizione penale dello Stato italiano e per la punibilità di tutti i concorrenti, è sufficiente che nel territorio dello Stato sia stata posta in essere una qualsiasi attività di partecipazione da parte di uno qualsiasi dei concorrenti. (Fattispecie in tema di tentata importazione in Italia di sostanze stupefacenti, sequestrate in Croazia durante le operazioni di trasporto, in cui l’ordine di acquisto era stato effettuato da soggetto che si trovava in Italia, e che avrebbe dovuto ricevere lo stupefacente a Milano). Cass., sez. III, 18 febbraio 2016 - 21 marzo 2016, n. 11664, CED 266320 2 – Reati consumati in acque internazionali. In tema di immigrazione clandestina, la giurisdizione nazionale è configurabile anche nel caso in cui il trasporto dei migranti — avvenuto in violazione dell’art. 12 del d.lg. n. 286 del 1998 a bordo di una imbarcazione priva di bandiera e, quindi, non appartenente ad alcuno Stato, secondo la previsione dell’art. 110 della Convenzione di Montego Bay delle Nazioni Unite sul diritto del mare — sia stato accertato in acque extraterritoriali, ma, successivamente, nelle acque interne e sul territorio nazionale si siano verificati, quale evento del reato, l’ingresso e lo sbarco dei cittadini extracomunitari per l’intervento dei soccorritori, quale esito causalmente collegato all’azione e previsto in considerazione delle condizioni del natante. (Fattispecie in cui si era verificata in acque extraterritoriali una avaria al motore del natante che aveva iniziato ad imbarcare acqua e, al sopraggiungere della nave irlandese, si era ribaltato a causa degli spostamenti dei passeggeri). Cass., sez. I, 22 dicembre 2015 - 16 marzo 2016, n. 11165, CED 266430 7 Reati commessi all’estero. GIURISPRUDENZA 1 Continuazione con reato commesso in Italia (§ 5). 1 – Continuazione con reato commesso in Italia. Il reato commesso all’estero non può rientrare nella giurisdizione del giudice italiano per il solo fatto che sia legato dal vincolo della continuazione con altro reato commesso in Italia, trattandosi di ipotesi non compresa tra quelle che, ai sensi degli artt. da 7 a 10 c.p.c.p., comportano deroga al principio di territorialità sul quale si basa la giurisdizione dello Stato italiano. Cass., sez. III, 10 dicembre 2015 - 22 gennaio 2016, n. 2986, CED 266087 9 Delitto comune del cittadino all’estero. GIURISPRUDENZA 1 Richiesta, istanza e querela (§ 2) 2 Il requisito della mancata estradizione (§ 3). 1 – Richiesta, istanza e querela. La richiesta di procedimento di cui all’art. 9, comma 3, c.p.c.p., anche se connotata da una larga discrezionalità, riveste natura giuridica di atto amministrativo e non di atto politico, in quanto non inerisce all’esercizio della direzione suprema degli affari dello Stato nè concerne la formulazione in via generale e al massimo livello dell’indirizzo politico e programmatico del Governo, conseguendo invece essa ad una scelta vincolata al perseguimento dei fini determinati di politica criminale; ne consegue che l’esercizio del potere di firma di tale provvedimento può essere delegato dal Ministro della giustizia ad un dirigente o ad altro funzionario dell’articolazione ministeriale competente in materia. Cass., sez. V, 10 marzo 2016 - 5 aprile 2016, n. 13525, CED 266671 2 – Il requisito della mancata estradizione. Non è configurabile alcuna improcedibilità, qualora il Ministero della giustizia non abbia richiesto la punizione del colpevole di un delitto comune commesso dal cittadino all’estero ai sensi dell’art. 9, comma 3, c.p.c.p., se lo Stato estero, nel cui territorio siano stati commessi i reati, non solo non si avvale della facoltà di richiedere l’estradizione, ma porta a conoscenza dello stato italiano, nel cui territorio si trovi il reo, l’esistenza dei delitti, collaborando alla raccolta delle prove e dimostrando così d’avere rinunciato a punire direttamente l’autore dei fatti. Cass., sez. II, 3 febbraio 2016 - 20 aprile 2016, n. 16353, CED 266667 12 Riconoscimento delle sentenze penali straniere. GIURISPRUDENZA 1 Casi di riconoscimento: a) n. 2. 1 – Casi di riconoscimento: a) n. 2. In tema di riconoscimento di una sentenza penale straniera, 2 ai fini dell’applicazione di una pena accessoria rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, è necessario che il fatto Art. 40 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO per il quale l’imputato è stato punito all’estero costituisca reato secondo la legge italiana del tempo in cui fu commesso. Cass., sez. VI, 27 aprile 2016 - 23 maggio 2016, n. 21348, CED 266932 13 Estradizione. GIURISPRUDENZA 1 Generalità. 1 – Generalità. Non sussistono le condizioni per concedere l’estradizione del cittadino italiano, quando la relativa domanda sia stata avanzata da uno Stato con il quale l’Italia non ha stipulato un’apposita Con- venzione di estradizione. (Fattispecie relativa ad una estradizione processuale richiesta dalle Autorità colombiane). Cass., sez. VI, 11 novembre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 3921, CED 266539 20 Pene principali e accessorie. GIURISPRUDENZA 1 Prescrizione (§ 2) 2 Erronea o omessa applicazione di pene accessorie (§ 5). 1 – Prescrizione. Le pene accessorie, in quanto conseguenti di diritto alla sentenza di condanna come effetti penali della stessa ai sensi dell’art. 20 c.p.c.p., possono essere eseguite in qualsiasi momento dalla formazione del giudicato e, diversamente dalle pene principali, non sono soggette a prescrizione. (In motivazione, la Corte ha escluso l’esistenza di un obbligo di immediata esecuzione delle pene accessorie dal cui inadempimento, mantenuto per un arco temporale pari alla durata delle stesse, discenda la loro estinzione). Cass., sez. I, 6 luglio 2016 - 1 agosto 2016, n. 33541, CED 267463 2 – Erronea o omessa applicazione di pene accessorie. L’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e la condanna al pagamento delle spese processuali e a quelle di custodia cautelare, in quanto obbligatorie per legge, possono essere disposte anche in sede di legittimità, a seguito di ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento che abbia omesso di provvedere al riguardo. Cass., sez. VI, 21 gennaio 2016 - 25 gennaio 2016, n. 3253, CED 266501 In tema di stupefacenti, il giudice dell’esecuzione che procede alla rideterminazione della pena in applicazione della disciplina più favorevole determinatasi per le c.d. “droghe leggere” per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, non può revocare la sanzione accessoria del ritiro della patente di guida inflitta ai sensi dell’art. 85 d.P.R. 309 del 1990, disposizione attualmente in vigore nella sua originaria formulazione, né può modificare la suddetta sanzione accessoria qualora nella sentenza di condanna il giudice della cognizione abbia adeguatamente motivato il proprio convincimento in ordine alla specie e alla durata della sanzione accessoria e questa sia, in relazione alla pena principale rideterminata, conforme al parametro legale. Cass., sez. I, 10 febbraio 2016 - 24 giugno 2016, n. 26557, CED 267254 23 Reclusione. GIURISPRUDENZA 1 Invalicabilità dei limiti di pena (§ 2). 1 – Invalicabilità dei limiti di pena. Il limite minimo di quindici giorni, stabilito per la durata della reclusione dall’art. 23 c.p.c.p., è inderogabile per il giudice e non può essere ridotto, in difetto di espressa previsione di legge, neppure in conseguenza della diminuzione operata per un rito speciale. (Fattispecie in cui la S.C. ha dichiariato inammissibile il ricorso di imputato che lamentava la mancata riduzione, oltre la soglia minima normativa, della pena irrogata all’esito di giudizio abbreviato). Cass., sez. VII, 15 marzo 2016 - 6 luglio 2016, n. 27674, CED 267536 36 Pubblicazione della sentenza penale di condanna. GIURISPRUDENZA 1 Modalità della pubblicazione (§ 4). 1 – Modalità della pubblicazione. In tema di pubblicazione della sentenza di condanna, le modifiche apportate all’art. 36 c.p. dall’art. 37, comma 18, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito nella l. 15 luglio 2011, n. 111, non hanno introdotto nel sistema penale una nuova sanzione accessoria, ma hanno diversamente modulato il contenuto di pena accessoria già prevista, sostituendo alla tradizionale forma di pubblicazione sulla stampa quella via “internet”, così determinando un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo regolato dall’art. 2, comma 4, c.p., con la conseguenza che non è applicabile ai fatti pregressi la nuova disciplina, in quanto maggiormente afflittiva. Cass., sez. II, 12 gennaio 2016 - 1 febbraio 2016, n. 4102, CED 267285 40 Rapporto di causalità. GIURISPRUDENZA 1 Rapporto di causalità: a) in genere (§ 1, a); b) causalità omissiva (§ 1, b) 2 Obbligo giuridico di impedire l’evento. Posizione di garanzia: a) in genere (§ 2, a); b) amministratori e funzionari pubblici(§ 2, b); c) infortuni sul lavoro (§ 2, d); d) manutenzione stradale (§ 2, e) 3 Pluralità di soggetti obbligati: a) infortuni sul lavoro (§ 3, b) 4 La posizione di garanzia nell’ambito dell’impresa e la delega di funzioni (§ 5). 1 – Rapporto di causalità: a) in genere. In tema di causalità, la dipendenza di un evento da una deter- minata condotta deve essere affermata anche quando le prove raccolte non chiariscano ogni passaggio della concatenazione cau3 Art. 40 - par. 1 sale e possano essere configurate sequenze alternative di produzione dell’evento, purché ciascuna tra esse sia riconducibile all’agente e possa essere esclusa l’incidenza di meccanismi eziologici indipendenti. (Fattispecie relativa al decesso di un lavoratore in conseguenza dell’abbattimento di un albero, in cui — nel dubbio sull’esatta dinamica del sinistro — è stata, comunque, assegnata rilevanza causale alla condotta del datore di lavoro che aveva omesso di fornire ai propri dipendenti le attrezzature necessarie per l’esecuzione in sicurezza dei tagli, di formarli ed informarli sui rischi connessi a quella lavorazione e di vigilare adeguatamente sul cantiere). Cass., sez. IV, 11 febbraio 2016 - 26 maggio 2016, n. 22147, CED 266858 In tema di omicidio colposo da incidente stradale, la violazione, da parte di uno dei conducenti dei veicoli coinvolti, di una specifica norma di legge dettata per la disciplina della circolazione stradale non può di per sé far presumere l’esistenza del nesso causale tra il suo comportamento e l’evento dannoso, che occorre sempre provare e che si deve escludere quando sia dimostrato che l’incidente si sarebbe ugualmente verificato anche qualora la condotta antigiuridica non fosse stata posta in essere. Cass., sez. IV, 5 aprile 2016 - 22 aprile 2016, n. 17000, CED 266645 b) causalità omissiva. Nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso il nesso causale tra la condotta omissiva addebitata all’ingegnere progettista e direttore dei lavori di realizzazione di un nuovo tetto di un fabbricato - individuata nella mancata effettuazione di una preliminare valutazione delle condizioni statiche dell’edificio, sia nello stato di fatto che in quello post-intervento - e la morte e le lesioni occorse agli abitanti del palazzo, interamente collassato in occasione del terremoto, non avendo il giudice di merito chiarito le ragioni in base alle quali ritenere che, informata sullo stato di fragilità del fabbricato e sulla sua scarsa capacità di resistenza alle azioni sismiche, l’assemblea condominiale avrebbe sicuramente deliberato l’effettuazione di non meglio precisati interventi di consolidamento strutturale dell’intero edificio, ovvero che, in mancanza di tale delibera, i singoli condomini avrebbero certamente abbandonato per mesi l’edificio, allertati dalle prime scosse simiche). Cass., sez. IV, 1 giugno 2016 - 8 luglio 2016, n. 28571, CED 266945 In tema di infortuni sul lavoro, in presenza di patologie riconducibili a più fattori causali, qualora la rilevanza causale della condotta omissiva sull’evento patologico sia caratterizzata da una mera probabilità statistica, la ricostruzione del nesso eziologico impone la sicura esclusione di fattori causali alternativi, potendosi solo così attribuire ad un fattore causale statisticamente poco incidente il rango di elevata probabilità logica. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata escludendo la possibilità di affermare con certezza, sulla base degli elementi acquisiti, la dipendenza eziologica della patologia riscontrata al lavoratore dalle condotte omissive attribuite al datore di lavoro). Cass., sez. IV, 9 marzo 2016 - 1 aprile 2016, n. 13138, CED 266362 In tema di omicidio imputabile a colpa medica, non è censurabile in sede di legittimità la decisione con cui il giudice di merito, nel contrasto tra opposte tesi scientifiche, all’esito di un accurato e completo esame delle diverse posizioni, ne privilegi una, purché dia congrua ragione della scelta e dimostri e essersi soffermato sulle tesi che ha ritenuto di non dover seguire. (In applicazione del 4 CODICE PENALE principio, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito che, pur ravvisando l’errore del pediatra, che aveva sottovalutato l’urgenza di un intervento sanitario da eseguirsi in ambiente ospedaliero, ha escluso la sussistenza di un nesso causale con il decesso della paziente, la cui rapida ed irreversibile compromissione dei parametri vitali era stata dovuta a plurimi e gravi errori dell’anestesista rianimatore). Cass., sez. IV, 10 marzo 2016 - 14 aprile 2016, n. 15493, CED 266787 In tema di responsabilità per colpa professionale del sanitario, nell’ipotesi di suicidio di un paziente affetto da turbe mentali, è da escludere la sussistenza di un’omissione penalmente rilevante a carico dello psichiatra che lo aveva in cura, quando risulti che il medico, nella specifica valutazione clinica del caso, si sia attenuto al dovere oggettivo di diligenza ricavato dalla regola cautelare, applicando la terapia più aderente alle condizioni del malato e alle regole dell’arte psichiatrica. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto immune da censure l’assoluzione del medico psichiatra e della psicologa, in servizio presso una casa circondariale, dall’imputazione di omicidio colposo per il decesso di un detenuto per impiccagione, sul rilievo che, alla luce dei dati clinici in loro possesso e ai parametri di valutazione individuabili nella letteratura scientifica, non poteva ravvisarsi un rischio suicidiario concreto ed imminente, dovendo per altro verso escludersi ogni loro responsabilità per le carenze organizzative della amministrazione penitenziaria, dovute alla presenza di una cella con finestra dotata di un appiglio per agganciare il lenzuolo utilizzato per il gesto autosoppressivo). Cass., sez. IV, 4 febbraio 2016 - 11 aprile 2016, n. 14766, CED 266831 Il medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente, anche se questi non sia sottoposto a ricovero coatto, ed ha, pertanto, l’obbligo — quando sussista il concreto rischio di condotte autolesive, anche suicidiarie — di apprestare specifiche cautele. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la pronuncia che aveva affermato la responsabilità di un medico del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per il suicidio di una paziente, ricoverata con diagnosi di disturbo bipolare in fase depressiva, nei confronti della quale aveva omesso di assicurare una stretta e continua sorveglianza, sebbene le notizie anamnestiche e la diagnosi di accettazione avessero reso evidente il rischio suicidiario). Cass., sez. IV, 14 giugno 2016 - 1 agosto 2016, n. 33609, CED 267446 2 – Obbligo giuridico di impedire l’evento. Posizione di garanzia: a) in genere. In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, purchè l’agente assuma la gestione del rischio mediante un comportamento concludente consistente nella effettiva presa in carico del bene protetto. (Fattispecie in tema di incidente aereo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità dell’imputato, a titolo di omicidio colposo, per aver consentito alla persona offesa — con la quale egli era salito a bordo di un deltaplano biposto, artigianalmente costruito, di cui erano comproprietari — di assumere il comando del velivolo, non potendosi ravvisare in capo allo stesso una posizione di garanzia rispetto all’altro occupante, nei confronti del quale egli, pur essendo più esperto, si trovava in una posizione sostanzialmente paritetica, non essendo istruttore di volo né proprietario esclusivo del mezzo ed essendosi, di contro, la vittima volontariamente auto esposta al pericolo, ponendosi alla guida in assenza di doppi comandi). Cass., sez. IV, 29 gennaio 2016 - 18 agosto 2016, n. 34975, CED 267539 In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, le responsabilità del dirigente e del preposto non trovano la propria origine ADDENDA DI AGGIORNAMENTO necessariamente nel conferimento di una delega da parte del datore di lavoro, potendo derivare, comunque, dall’investitura formale o dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garanti. Cass., sez. IV, 6 maggio 2016 - 10 giugno 2016, n. 24136, CED 266854 b) amministratori e funzionari pubblici. In tema di gestione della sicurezza degli edifici scolastici, ai fini della individuazione dei soggetti responsabili della stessa è necessario distinguere tra misure di tipo strutturale ed impiantistico, di competenza dell’ente locale proprietario dell’immobile e titolare del potere di spesa funzionale all’adozione delle misure necessarie e gli adempimenti di tipo amministrativo e gestionale spettanti, invece, alla amministrazione scolastica.(Fattispecie relativa alla responsabilità in ordine al reato di cui agli artt.46, comma secondo e 55, comma quinto lett.c), del d.lg.n.81 del 2008, del dirigente dell’area tecnica e manutentiva del Comune per la mancata sottoposizione a verifica periodica degli estintori di un edificio scolastico di proprietà del suddetto ente territoriale). Cass., sez. III, 14 aprile 2016 - 15 luglio 2016, n. 30143, CED 267331 c) infortuni sul lavoro. In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del d.lg. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Cass., sez. IV, 10 marzo 2016 - 16 maggio 2016, n. 20129, CED 267253 In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro per tutti i soggetti che prestano la loro opera nell’impresa, senza distinguere tra lavoratori subordinati e persone estranee all’ambito imprenditoriale. Cass., sez. VII, 19 febbraio 2016 - 18 marzo 2016, n. 11487, CED 266129 Nella nozione di “luogo di lavoro”, rilevante ai fini della sussistenza dell’obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità — sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro — della struttura in cui essa si svolge e dell’accesso ad essa da parte di terzi estranei all’attività lavorativa. (Fattispecie relativa ad un vano tecnico posto sul controsoffitto di un’aula scolastica ed il cui crollo, a causa anche del sovraccarico del materiale ivi depositato, aveva determinato il decesso di uno studente). Cass., sez. IV, 3 febbraio 2015 - 22 marzo 2016, n. 12223, CED 266385 In tema di sicurezza sul lavoro, il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza sul lavoro, tra cui rientra il dovere di segnalare situazioni di pericolo per l’incolumità dei lavoratori e di impedire prassi lavorative contra legem. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità del capo-cantiere in ordine al reato di omicidio colposo per non aver impedito che i lavoratori operassero quotidianamente all’interno di uno scavo privo delle idonee armature di sostegno). Cass., sez. IV, 24 novembre 2015 - 2 febbraio 2016, n. 4340, CED 265977 In tema di infortuni sul lavoro, la predisposizione da parte del datore di lavoro committente di misure di prevenzione finalizzate a gestire il rischio interferenziale, che ha origine per il coinvolgimento nella procedura di lavoro di diversi plessi organizzativi, non Art. 40 - par. 4 esclude la necessità di adottare le misure previste per i diversi rischi specifici a meno che queste non risultino inefficaci e dannose ai fini della sicurezza dell’ambiente di lavoro. Cass., sez. IV, 7 gennaio 2016 - 2 maggio 2016, n. 18200, CED 266640 L’appaltatore di lavori, in base al principio del neminem laedere, deve osservare tutte le cautele necessarie per evitare danni alle persone, non soltanto nel periodo di esecuzione delle opere appaltate, ma anche nella fase successiva, permanendo l’obbligo di non lasciare senza custodia le situazioni di grave pericolo che gli siano note. (Fattispecie nella quale la Corte ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo, pronunciata a carico del titolare della ditta appaltatrice che, dopo aver eseguito alcuni lavori nel vano ascensore di uno stabile, ancora privo della cabina elevatrice, aveva omesso di predisporre cautele idonee ad impedirvi l’accesso, determinando la caduta ed il decesso di un minore). Cass., sez. IV, 29 marzo 2016 - 14 giugno 2016, n. 24692, CED 267230 d) manutenzione stradale. In tema di responsabilità per colpa, sussiste in capo all’Ente proprietario di una strada destinata ad uso pubblico una posizione di garanzia da cui deriva l’obbligo di vigilare affinché quell’uso si svolga senza pericolo per gli utenti e che permane anche in caso di concessione di appalto per l’esecuzione di lavori di manutenzione stradale. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la pronuncia che aveva escluso la sussistenza di una posizione di garanzia in capo al direttore dei lavori dell’Ente proprietario della strada, in relazione ad un sinistro stradale verificatosi nel cantiere, limitandosi ad accertare che non risultavano sue ingerenze nell’organizzazione dei lavori né segnalazioni di pericolo o anomalie sul percorso). Cass., sez. IV, 29 marzo 2016 - 22 aprile 2016, n. 17010, CED 266548 3 – Pluralità di soggetti obbligati: a) infortuni sul lavoro. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica ditta appaltatrice (c.d. cantiere “sotto-soglia”), è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa - essendo tenuto agli obblighi di verifica imposti dall’art. 3, comma 8, d.lg.14 agosto 1996, n. 494 - sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata, che aveva riconosciuto la responsabilità a titolo di omicidio colposo del committente, il quale aveva omesso non solo di verificare l’idoneità tecnico professionale della ditta appaltatrice, in relazione alla entità e tipologia dell’opera, ma anche di attivare i propri poteri di inibizione dei lavori, a fronte della inadeguatezza dimensionale dell’impresa e delle evidenti irregolarità del cantiere). Cass., sez. IV, 9 febbraio 2016 - 1 giugno 2016, n. 23171, CED 266963 4 – La posizione di garanzia nell’ambito dell’impresa e la delega di funzioni. In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, destinatario delle normativa antinfortunistica in una impresa strutturata come persona giuridica è il suo legale rappresentante, quale persona fisica attraverso cui l’ente collettivo agisce nel campo delle relazioni intersoggettive; ne consegue che la responsabilità penale del predettto, ad eccezione delle ipotesi di valida delega, deriva dalla sua qualità di preposto alla gestione societaria ed è indipendente dallo svolgimento, o meno, di mansioni tecniche. Cass., sez. III, 10 marzo 2016 - 28 aprile 2016, n. 17426, CED 267026 In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse occor5 Art. 40 - par. 4 CODICE PENALE re fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa; a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo. (In motivazione la Corte ha precisato che deve ritenersi, comunque, responsabile il datore di lavoro, per il potere-dovere generale di vigilanza su di lui gravante, in tutte le ipotesi in cui l’organizzazione aziendale non presenta complessità tali da sollevare del tutto l’organo apicale dalle responsabilità connesse gestione del rischio). Cass., sez. IV, 6 maggio 2016 - 10 giugno 2016, n. 24136, CED 266853 In tema di infortuni sul lavoro, il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione del documento di valutazione dei rischi, non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di verificarne l’adeguatezza e l’efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi ai lavori in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni. Cass., sez. IV, 11 febbraio 2016 - 26 maggio 2016, n. 22147, CED 266859 In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il soggetto titolare dell’impresa che noleggia macchinari non ha l’obbligo di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione che l’appaltatore di lavori deve adottare in favore dei lavoratori alle sue dipendenze, e pertanto non assume, nei confronti di questi ultimi, una posizione di garanzia in relazione ai rischi specifici connessi all’ambiente di lavoro nel quale essi sono chiamati ad operare, non esercitando alcuna attività produttiva. Cass., sez. IV, 22 aprile 2016 - 30 maggio 2016, n. 22717, CED 266977 In tema di infortuni sul lavoro, la delega di funzioni - ora disciplinata precipuamente dall’art. 16 T.U. sulla sicurezza - non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite e, tuttavia, detta vigilanza non può avere per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni - che la legge affida al garante - concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato; ne consegue che l’obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo - e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni. Cass., sez. IV, 21 aprile 2016 - 31 maggio 2016, n. 22837, CED 267319 41 Concorso di cause. GIURISPRUDENZA 1 Cause sopravvenute (§ 2) 2 Fatto concorrente del terzo e del soggetto passivo (§ 5). 1 – Cause sopravvenute. È configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e del tutto eccentrico rispetto a quello originario attivato dalla prima condotta. (Nella fattispecie la S.C. ha escluso il nesso causale tra l’errore del pediatra, che aveva sottovalutato l’urgenza di un intervento sanitario da eseguirsi in ambiente ospedaliero, ed il decesso della paziente, giacché l’evento letale era stato determinato da un gravissimo errore dell’anestesista, qualificato dalla Corte “rischio nuovo e drammaticamente incommensurabile”, rispetto a quello innescato dalla prima condotta). Cass., sez. IV, 10 marzo 2016 - 14 aprile 2016, n. 15493, CED 266786 - In senso conforme: Cass., sez. IV, 3 maggio 2016 - 21 giugno 2016, n. 25689, CED 267374 (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva affermato la sussistenza del nesso causale tra l’errore chirurgico originario, che aveva ridotto la paziente in coma profondo, ed il decesso della medesima per setticemia contratta durante il lungo ricovero presso l’unità di terapia intensiva, rilevando come l’“infezione nosocomiale” sia uno dei rischi tipici e prevedibili da tener in conto nei casi di non breve permanenza nei raparti di terapia intensiva, ove lo sviluppo dei processi infettivi è tutt’altro che infrequente in ragione delle condizioni di grave defedazione fisica dei pazienti). Non sono cause da sole sufficienti a determinare l’evento quelle che operano in sinergia con la condotta dell’imputato, sì che, venendo a mancare una delle due, l’evento non si sarebbe verificato, non potendosi qualificare come del tutto indipendenti dalla condotta del soggetto agente. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva affermato la responsabilità, per il delitto di omicidio preterintenzionale, dell’imputato che, afferrando per il collo la vittima, affetta da lieve stenosi coronarica, aveva innescato nella stessa una alterazione del ritmo cardiaco cui era conseguito il decesso per arresto cardiocircolatorio). Cass., sez. V, 3 maggio 2016 - 18 agosto 2016, n. 35015, CED 267549 6 In tema di rapporto di causalità, non può ritenersi causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento il comportamento negligente di un soggetto che trovi la sua origine e spiegazione nella condotta colposa altrui. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la condanna per omicidio colposo plurimo del ricorrente perché, non provvedendo ad un’idonea manutenzione dell’impianto frenante di un autobus, aveva cooperato a cagionare la morte di alcuni dei passeggeri unitamente all’autista del veicolo che, ignorando il segnale acustico relativo al cattivo funzionamento dell’impianto frenante, aveva proseguito la marcia, perdendo successivamente il controllo del mezzo che era fuoriuscito dalla carreggiata ed era precipitato in un dirupo). Cass., sez. IV, 13 aprile 2016 - 5 maggio 2016, n. 18800, CED 267255 In tema di circolazione stradale, il principio dell’affidamento trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata ritenendo la responsabilità dell’imputato che, alla guida della propria vettura, aveva effettuato un repentino cambio dalla corsia di sorpasso a quella di destra senza segnalare per tempo la sua intenzione, andando così a collidere con un motociclo che sopraggiungendo dietro di lui aveva tentato, imprudentemente, di sorpassarlo a destra). Cass., sez. IV 2 febbraio 2016 - 11 febbraio 2016, n. 5691, CED 265981 2 – Fatto concorrente del terzo e del soggetto passivo. In tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro che, dopo avere effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività, ha fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore. (In motivazione la Corte di cassazione ha precisato che il sistema della normativa antinfortu- ADDENDA DI AGGIORNAMENTO nistica si è evoluto passando da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, quale soggetto garante investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui Art. 43 - par. 3 lavoratori, ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori). Cass., sez. IV, 10 febbraio 2016 - 3 marzo 2016, n. 8883, CED 266073 43 Elemento psicologico del reato. GIURISPRUDENZA 1 Colpa: a) nozione; accertamento (§ 7, a); b) inosservanza di leggi o regolamenti, ordini o discipline (§ 7, e) 2 Colpa professionale: a) attività sanitaria (§ 8, a) 3 La responsabilità nei reati colposi: a) imprenditori, dirigenti e preposti: delega di funzioni (§ 10, c). 1 – Colpa: a) nozione; accertamento. In tema di omicidio colposo, l’elemento soggettivo del reato richiede non soltanto che l’evento dannoso sia prevedibile, ma altresì che lo stesso sia evitabile dall’agente con l’adozione delle regole cautelari idonee a tal fine (cosiddetto comportamento alternativo lecito), non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con valutazione ex ante, non avrebbe potuto comunque essere evitato. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto immune da censure la pronuncia che aveva escluso la responsabilità del direttore generale di una struttura ospedaliera per il decesso di un paziente a seguito di una epidemia di legionellosi sviluppatasi nel nosocomio, non risultando ancora accertata l’esistenza di un sistema chimico o farmacologico in grado di eliminare completamente la presenza del batterio della legionella dal sistema idrico degli ospedali). Cass., sez. IV, 11 febbraio 2016 - 25 febbraio 2016, n. 7783, CED 266356 Ai fini dell’accertamento della responsabilità per fatto colposo, è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta, che ne indica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo di un medico per il decesso di un paziente a seguito di un intervento chirurgico, ritenendo imprudente e/o imperita la manovra chirurgica attuata senza, tuttavia, indicare le modalità di condotta che prudenza e perizia prescrivevano di adottare nella fattispecie). Cass., sez. IV, 14 aprile 2016 21 luglio 2016, n. 31490, CED 267387 In tema di colpa, nelle attività pericolose consentite, poiché la soglia della punibilità dell’evento dannoso è più alta di quanto non lo sia rispetto allo svolgimento di attività comuni, maggiori devono essere la diligenza e la perizia nel precostituire condizioni idonee a ridurre più possibile il rischio consentito; ne consegue che l’impossibilità di eliminazione del pericolo non può comportare una attenuazione dell’obbligo di garanzia, ma deve tradursi in un suo rafforzamento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità degli organizzatori di una attività di aviolancio per il decesso di una allieva, avendo omesso di adottare adeguate cautele nonostante la presenza di un forte vento e la inesperienza della vittima che doveva effettuare il suo primo lancio). Cass., sez. IV, 14 luglio 2016 - 22 agosto 2016, n. 35263, CED 267551 b) inosservanza di leggi o regolamenti, ordini o discipline. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle cave e nelle miniere, esiste un rapporto di integrazione, e non di esclusione, tra le specifiche norme antinfortunistiche contenute nel d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, e la disciplina generale contenuta nel d.lg.19 settembre 1994, n. 626, atteso che la peculiarità del lavoro svolto nelle cave e nelle miniere, che giustifica la previsione di specifiche norme antinfortunistiche relative alle modalità di svolgimento di quel particolare lavoro, non esclude l’applicazione della più generale disciplina antinfortunistica. (Fattispecie in cui la Corte, ritenendo immune da vizi la sentenza di condanna dell’imputato per omicidio colposo, ha affermato che il rispetto della disciplina speciale relativa alle operazioni di cd. disgaggio della parete di una cava, secondo quanto previsto dall’art. 129, d.P.R. 128 del 1959, non elimina l’obbligo di adottare le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori previsto dall’art. 4, comma 5, d.lg. 626 del 1994). Cass., sez. IV, 24 marzo 2016 - 21 aprile 2016, n. 16620, CED 266642 2 – Colpa professionale: a) attività sanitaria. La limitazione della responsabilità del medico in caso di colpa lieve, prevista dall’art. 3, comma 1, l. 8 novembre 2012, n.189, opera, in caso di condotta professionale conforme alle linee guida ed alle buone pratiche, anche nella ipotesi di errori connotati da profili di colpa generica diversi dall’imperizia. (In motivazione la Corte ha precisato che tale interpretazione è conforme al tenore letterale della norma, che non fa alcun richiamo al canone della perizia e risponde alle istanze di tassatività dello statuto della colpa generica delineato dall’art. 43 comma 3, c.p.). Cass., sez. IV, 11 maggio 2016 - 6 giugno 2016, n. 23283, CED 266903 L’intervenuta parziale abolitio criminis, realizzata dall’art. 3 l. n. 189 del 2012 in relazione alle ipotesi di omicidio e lesioni colpose connotate da colpa lieve, comporta che, nei procedimenti relativi a tali reati, pendenti in sede di merito alla data di entrata in vigore della novella, il giudice, in applicazione dell’art. 2, comma 2, c.p.c.p., deve procedere d’ufficio all’accertamento del grado della colpa, in particolare verificando se la condotta del sanitario poteva dirsi aderente ad accreditate linee guida. Cass., sez. IV, 11 maggio 2016 - 6 giugno 2016, n. 23283, CED 266904 In tema di responsabilità medica, grava sul capo dell’equipe medico-chirurgica il dovere, da valutarsi alla luce delle particolari condizioni operative, di controllare il conteggio dei ferri utilizzati nel corso dell’intervento e di verificare con attenzione il campo operatorio prima della sua chiusura, al fine di evitare l’abbandono in esso di oggetti facenti parte dello strumentario. (Fattispecie relativa alla omessa rimozione di una garza dall’addome del paziente). Cass., sez. IV, 25 maggio 2016 - 5 agosto 2016, n. 34503, CED 267548 3 – La responsabilità nei reati colposi: a) imprenditori, dirigenti e preposti: delega di funzioni. In tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l’adempimento degli obblighi di informazione e formazione dei dipendenti, gravante sul datore di lavoro, non è escluso nè è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro. Cass., sez. IV, 11 febbraio 2016 - 26 maggio 2016, n. 22147, CED 266860 7 Art. 49 - par. 1 CODICE PENALE 49 Reato supposto erroneamente e reato impossibile. GIURISPRUDENZA 1 Inidoneità dell’azione (§ 1) 1 – Inidoneità dell’azione. Ai fini della configurabilità del reato di coltivazione di piante stupefacenti, non è sufficiente l’accertamento della loro conformità al tipo botanico vietato, dovendosi invece accertare l’offensività in concreto della condotta, intesa come effettiva ed attuale capacità della sostanza ricavata o ricavabile a produrre un effetto drogante e come concreto pericolo di aumento di disponibilità dello stupefacente e di ulteriore diffusione dello stesso. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato senza rinvio la pronuncia di condanna relativa alla coltivazione di una pianta di cannabis indica, da cui sono risultati ricavabili gr. 0,345 di principio attivo). Cass., sez. VI, 17 febbraio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 8058, CED 266168 50 Consenso dell’avente diritto. GIURISPRUDENZA 1 Consenso. Condizioni di efficacia (§ 2). 1 – Consenso. Condizioni di efficacia. La cd. scriminante del rischio consentito è operativa nell’ambito delle competizioni sportive, che si svolgono secondo regole stabilite dagli organismi di categoria - se ed in quanto quelle regole vengono rispettate - e ricevono protezione statuale in considerazione dei benefici che la pratica sportiva è suscettibile di arrecare a coloro che la praticano; la scriminante non opera invece nell’ambito di manifestazioni, più o meno folkloristiche, imperniate su comportamenti violenti che mettono a rischio l’incolumità dei partecipanti e degli spettatori. (In applicazione del principio, la S.C. ha negato la sussistenza della scriminante in una fattispecie di “tradizionale” partita di calcio svolta in orario notturno, all’interno di piazza cittadina, sfornita di qualsiasi regola di gioco e di riguardo nei confronti dei giocatori e degli spettatori). Cass., sez. V, 15 febbraio 2016 - 12 aprile 2016, n. 15170, CED 266398 In tema di lesioni personali cagionate durante una competizione sportiva che implichi l’uso della forza fisica e il contrasto anche duro tra avversari, l’area del rischio consentito è delimitata dal rispetto delle regole tecniche del gioco, la violazione delle quali, peraltro, va valutata in concreto, con riferimento all’elemento psicologico dell’agente il cui comportamento può essere - pur nel travalicamento di quelle regole - la colposa, involontaria evoluzione dell’azione fisica legittimamente esplicata o, al contrario, la consapevole e dolosa intenzione di ledere l’avversario approfittando della circostanza del gioco. (Fattispecie nella quale la S.C., escludendo la configurabilità di un’aggressione fisica per ragioni avulse dalla dinamica sportiva, ha ritenuto applicabile la scriminante del rischio consentito nella condotta del giocatore che, in un incontro di calcio di particolare rilevanza agonistica, durante un’azione volta a interrompere il contropiede della squadra avversaria, aveva colpito uno degli avversari con un calcio, causandogli una frattura, pur intendendo intervenire sulla palla). Cass., sez. IV, 26 novembre 2015 - 8 marzo 2016, n. 9559, CED 266561 51 Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere. GIURISPRUDENZA c). 1 Esercizio di un diritto: a) diritto di cronaca e diritto di critica (§ 1, b); b) diritto di sciopero (§ 1, 1 – Esercizio di un diritto: a) diritto di cronaca e diritto di critica. Le scriminanti dell’esercizio del diritto di critica e del diritto di cronaca rilevano solo in relazione ai reati commessi con la pubblicazione della notizia, e non anche rispetto ad eventuali reati compiuti al fine di procacciarsi la notizia medesima. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’imputato del reato di cui all’art.650 c.p., il quale, nella sua qualità di giornalista, aveva violato il divieto prefettizio di stazionare e circolare in una determinata zona nella quale lo stesso si era introdotto al fine di acquisire notizie utili per la realizzazione di una trasmissione radiofonica, in differita, sulle manifestazioni del movimento “NO TAV”). Cass., sez. I, 7 aprile 2016 - 6 luglio 2016, n. 27984, CED 267053 b) diritto di sciopero. L’esercizio di diritti fondamentali, quale quelli di sciopero, riunione e manifestazione del pensiero, non può ritenersi legittimo quando trasmodi in lesione di altri interessi costituzionalmente garantiti, non potendo in tal caso ritenersi applicabile la scriminante di cui all’art. 51 c.p. (Fattispecie riferita ai reati di violenza privata ed interruzione di pubblico servizio accertati a carico di uno studente che, nell’ambito di uno “sciopero”, aveva impedito per alcune ore l’accesso alla scuola e lo svolgimento delle consuete attività didattiche ai docenti e ad altri studenti non manifestanti, con corrispondente lesione del diritto allo studio di questi ultimi). Cass., sez. V. 16 dicembre 2015 - 23 febbraio 2016, n. 7084, CED 266063 52 Difesa legittima. GIURISPRUDENZA 1 Legittima difesa putativa ed eccesso colposo (§ 7). 1 – Legittima difesa putativa ed eccesso colposo. L’accertamento della legittima difesa, anche putativa, deve essere effettuato valutando, con giudizio ex ante, le circostanze di fatto, in relazione al momento della reazione e al contesto delle specifiche e peculiari circostanze concrete, al fine di apprezzare solo in quel momento - e non ex post - l’esistenza dei canoni della proporzione e della necessità di difesa, costitutivi dell’esimente della legittima difesa. 8 (Fattispecie in tema di omicidio preterintenzionale, in cui la Corte ha censurato la decisione che aveva escluso l’esimente nei confronti dell’imputato, che aveva cagionato la morte della persona offesa colpendola con un pugno al volto e facendola cadere in terra, omettendo di considerare adeguatamente, e con giudizio ex ante, lo stato di estrema concitazione e di oggettiva paura nel quale egli versava a seguito delle plurime e precedenti aggressioni subite da parte della Art. 59 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO vittima che, seppure in evidente stato di ubriachezza, era risultata in grado di correre, senza mostrare difficoltà nell’incedere o perdita di equilibrio). Cass., sez. IV, 3 maggio 2016 - 1 agosto 2016, n. 33591, CED 267473 54 Stato di necessità. GIURISPRUDENZA 1 Attualità del pericolo (§ 2). 1 – Attualità del pericolo. Ai fini dell’integrazione dell’esimente dello stato di necessità (art. 54 c.p.) è necessario che il pericolo di un danno grave alla persona sia attuale ed imminente o, comunque, idoneo a fare sorgere nell’autore del fatto la ragionevole opinione di trovarsi in siffatto stato, non essendo all’uopo sufficiente un pericolo eventuale, futuro, meramente probabile o temuto; inoltre, si deve trattare di un pericolo non altrimenti evitabile ed al riguardo l’operatività della scriminante non può “scattare” sulla base di fatti sforniti di riscontri oggettivi e accertati in via presuntiva. Cass., sez. V, 30 aprile 2010 - 8 luglio 2010, n. 26159, CED 247894 In senso conforme: Cass., sez. V, 14 aprile 2015 - 6 luglio 2015, n. 28704, CED 264851 56 Delitto tentato. GIURISPRUDENZA 1 Determinazione della pena (§ 1) Tentativo e circostanze (§ 5). 1 – Determinazione della pena. In caso di riforma in appello della sentenza di primo grado, qualora sia ritenuto integrato il delitto tentato e non consumato, il giudice dell’impugnazione non è tenuto ad operare la diminuzione sulla pena stabilita dal primo giudice per la corrispondente ipotesi di delitto consumato, dovendo, invece, determinare la pena ex novo nell’ambito della diversa e minore forbice edittale prevista per il reato tentato, ferma la necessità di applicare comunque una riduzione rispetto alla pena originaria. Cass., sez. VI, 31 maggio 2016 - 6 luglio 2016, n. 27942, CED 267391 2 – Idoneità degli atti. Per la configurabilità del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto legittima la condanna per concorso nel tentativo di rapina di due soggetti — uno dei quali in possesso di un taglierino e di una sacca utilizzati per compiere altre rapine — che avevano lasciato l’auto nei pressi di un ufficio postale con le portiere aperte e la chiave nel quadro di accensione, avevano cercato di sottrarsi al controllo di P.G. fornendo spiegazioni contrastanti circa la loro presenza in loco, ed avevano intrattenuto tra loro conversazioni intercettate da cui emergeva il comune 2 Idoneità degli atti (§ 2) 3 Univocità degli atti (§ 3) 4 intento di dissimulare la ragione di tale loro presenza). Cass., sez. II, 10 marzo 2016 - 17 giugno 2016, n. 25264, CED 267006 3 – Univocità degli atti. In tema di tentativo, per affermare l’univocità degli atti, ancorché la prova del dolo sia stata desunta aliunde, è necessario effettuare una seconda verifica per accertare se gli atti posti in essere, valutati nella loro oggettività per il contesto nel quale si inseriscono, per la loro natura e la loro essenza, siano in grado di rivelare, secondo le norme di esperienza e secondo l’id quod plerumque accidit, il fine perseguito dall’agente. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza con cui il giudice di merito aveva affermato la responsabilità per tentato furto dell’imputato - introdottosi nel giardino di un convento a sua detta per trascorrervi la notte - limitandosi a valutare circostanze quali la fuga e la condizione di pregiudicato dell’agente, ritenuti inadeguati a fornire sostegno motivazionale alla condanna). Cass., sez. V, 24 novembre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 4033, CED 267563 4 – Tentativo e circostanze. È configurabile la figura del delitto circostanziato tentato anche alle ipotesi aggravate in cui la circostanza non si sia interamente realizzata solo per fattori estranei alla volontà dell’agente ma risulti dalle modalità del fatto che si sarebbe realizzata nel più grave esito preordinato. (Fattispecie in cui l’imputato è stato condannato per il reato di maltrattamenti e tentate lesioni gravissime nei confronti della moglie, alla quale durante l’azione delittuosa diceva “ti rovino la faccia così non ti guarda più nessuno”, facendo uso di un taglierino per unghie). Cass., sez. V, 14 ottobre 2015 - 17 febbraio 2016, n. 6460, CED 266418 59 Circostanze non conosciute o erroneamente supposte. GIURISPRUDENZA 1 Errore sulle circostanze attenuanti e aggravanti (§ 1). 1 – Errore sulle circostanze attenuanti e aggravanti. L’aggravante prevista dall’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 (conv. in l. n. 203 del 1991) può essere applicata ai concorrenti nel delitto, secondo il disposto dell’art. 59 c.p., anche quando essi non siano consapevoli della finalizzazione dell’azione delittuosa a vantaggio di un’associazione di stampo mafioso, ma versino in una situazione di ignoranza colpevole. (Nella specie, la S.C. ha reputato immune da censure l’ordinanza impugnata che aveva valorizzato, al predetto fine, la lunga durata del sodalizio criminoso e la conoscenza tra il ricorrente e il capo delle due organizzazioni criminali coinvolte). Cass., sez. II, 11 marzo 2016 - 6 aprile 2016, n. 13707, CED 266518 In tema di stupefacenti, la circostanza aggravante dell’ingente quantità, di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, può essere riconosciuta solo qualora si accerti, ai sensi dell’art. 59, comma 2, c.p., la colpevolezza del soggetto attivo anche in relazione alla predetta circostanza, dimostrando che la stessa sia da lui conosciuta, ovvero ignorata per colpa o ritenuta inesistente per errore dovuto a colpa. (Fattispecie di reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, nella quale la Corte ha annullato con rinvio, 9 Art. 59 - par. 1 limitatamente alla suddetta circostanza aggravante, la condanna di imputato per l’inconsapevolezza di questi della quantità di stupe- CODICE PENALE facente in arrivo dal paese di produzione). Cass., sez. III, 24 febbraio 2016 - 26 maggio 2016, n. 21968, CED 267076 61 Circostanze aggravanti comuni. GIURISPRUDENZA 1 Motivi abietti o futili (§ 1) 2 Connessione teleologica e consequenziale (§ 2) crudeltà (§ 4) 4 Minorata difesa (§ 5) 5 Danno patrimoniale di rilevante gravità (§ 7). 1 – Motivi abietti o futili. In tema di riconoscimento dell’aggravante prevista dall’art.61, n. 1, c.p., la futilità del motivo non è esclusa dall’appartenenza a gruppi o comunità connotati da peculiari valori e stili di vita, che siano espressione di un orientamento culturale in contrasto con i beni fondamentali riconosciuti dall’ordinamento costituzionale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto irrilevante, ai fini dell’esclusione dell’aggravante, la concezione dell’onore familiare propria degli appartenenti all’etnia rom, autori di un omicidio compiuto per punire un soggetto che aveva intrattenuto una relazione extraconiugale con una loro familiare). Cass., sez. I, 28 ottobre 2015 - 18 marzo 2016, n. 11591, CED 266559 2 – Connessione teleologica e consequenziale. Non è configurabile la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2 c.p. in relazione al reato di lesioni personali lievi commesso in attuazione della condotta propria del delitto di maltrattamenti in famiglia, atteso che il nesso teleologico necessario per la sussistenza della suddetta aggravante esige che le azioni esecutive dei due diversi reati che pone in relazione siano distinte. Cass., sez. VI, 19 gennaio 2016 - 11 febbraio 2016, n. 5738, CED 266122 Nel caso di reato di lesione personale, commesso in occasione del delitto di maltrattamenti, i due fatti non possono essere ritenuti automaticamente aggravati dalla circostanza del nesso teleologico, prevista dall’art. 61, n. 2 c.p., essendo necessario accertare sul piano oggettivo che le azioni costitutive dei due reati siano distinte e, su quello soggettivo, la volontà dell’agente di commettere il reato-mezzo in direzione della commissione del reato scopo. 3 Sevizie e Cass., sez. VI, 12 gennaio 2016 - 26 gennaio 2016, n. 3368, CED 266008 3 – Sevizie e crudeltà. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ( 23 giugno 2016 - 29 settembre 2016, n. 40516), risolvendo un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che la circostanza aggravante dell’aver agito con crudeltà, di cui all’art. 61, primo comma, n. 4, c. p., ha natura soggettiva e non è incompatibile con il dolo d’impeto. 4 – Minorata difesa. La valutazione della sussistenza della circostanza aggravante della minorata difesa per approfittamento delle condizioni del soggetto passivo va operata dal giudice valorizzando situazioni che, nel singolo caso, abbiano ridotto o comunque ostacolato la capacità di difesa della parte lesa, agevolando in concreto la commissione del reato. (Fattispecie in tema di truffe commesse ai danni di giovani disoccupati nella quale la S.C. ha ritenuto non sufficiente il riferimento, operato dai giudici di merito, alla generale crisi economica ed occupazionale che investe il settore giovanile, ed alla generica aspirazione di un posto di lavoro). Cass., sez. II, 11 maggio 2016 - 11 luglio 2016, n. 28795, CED 267496 5 – Danno patrimoniale di rilevante gravità. In tema di circostanze aggravanti comuni, ai fini della contestazione dell’ipotesi di cui all’art. 61 n. 7 c.p. (l’aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità) è sufficiente l’indicazione nel capo di imputazione del riferimento normativo e della somma sottratta alla persona offesa. Cass., sez. II, 23 marzo 2016 - 7 aprile 2016, n. 13913, CED 266354 — Giurisprudenza contrastante. 62 Circostanze attenuanti comuni. GIURISPRUDENZA 1 Provocazione: a) nesso di causalità (§ 2, d) 2 Danno patrimoniale di speciale tenuità (§ 4) 3 Le attenuanti dell’art. 62 n. 6 c.p.: a) elisione o attenuazione delle conseguenze del reato: aa) casistica (§ 6, c, cb); b) necessità che la riparazione o l’elisione avvengano prima del giudizio (§ 6, d). 1 – Provocazione: a) nesso di causalità. In tema di provocazione, qualora emergano due possibili fattori determinativi dell’azione delittuosa, il giudice è tenuto ad operare una ricognizione preliminare sull’effettiva incidenza causale degli stessi e, solo all’esito di tale verifica, affermare o escludere la ricorrenza dell’attenuante. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio, per vizio di motivazione, la sentenza di merito che, a fronte delle incertezze probatorie sulla causale dell’azione omicida, aveva omesso di accertare compiutamente se la condotta fosse riconducibile allo stato d’ira provocato dalle molestie sessuali poste in essere dalla vittima nei confronti della moglie dell’imputato ovvero a mere questioni di vicinato). Cass., sez. I, 4 maggio 2016 16 giugno 2016, n. 25173, CED 266971 2 – Danno patrimoniale di speciale tenuità. La circostanza attenuante del danno economico di speciale tenuità è applicabile ad ogni tipo di delitto, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, purchè il fatto risulti commesso per motivi di lucro - e cioè per acquisire, mediante l’azione delittuosa, un vantaggio patrimoniale - e purchè la speciale tenuità riguardi sia il lucro (prefigurato o conseguito) sia 10 l’evento dannoso o pericoloso. (Fattispecie relativa al reato di cui all’art. 455 c.p.). Cass., sez. V, 27 gennaio 2016 - 6 luglio 2016, n. 27874, CED 267357 — Giurisprudenza contrastante. In tema di diritto d’autore, in relazione al reato di abusiva duplicazione o riproduzione di supporti audiovisivi, previsto dall’art. 171-ter della l. 22 aprile 1941, n. 633, la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all’art. 62 n. 4 c.p., può ritenersi configurabile nel caso in cui la speciale tenuità riguardi solo il danno e il lucro prodotti, atteso che, qualora anche il fatto sia di particolare tenuità può trovare applicazione la sola circostanza attenuante speciale di cui al comma terzo del citato art. 171-ter, l. n. 633 del 1941, che comprende in sé la detta attenuante comune. Cass., sez. III, 11 novembre 2015 - 24 febbraio 2016, n. 7213, CED 266300 3 – Le attenuanti dell’art. 62 n. 6 c.p.: a) elisione o attenuazione delle conseguenze del reato: aa) casistica. La circostanza attenuante della avvenuta riparazione del danno è applicabile ai reati edilizi, allorquando l’abbattimento volontario dell’opera abusiva sia avvenuto in epoca anteriore al giudizio ed in Art. 69 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO assenza dell’ordinanza sindacale di demolizione. Cass., sez. III, 10 marzo 2016 - 15 aprile 2016, n. 15731, CED 266585 b) necessità che la riparazione o l’elisione avvengano prima del giudizio. Ai fini del riconoscimento dell’attenuante della integrale riparazione del danno, prevista dall’art. 62, n. 6, c.p., il risarcimento deve intervenire prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. (In motivazione, la Corte ha osservato che l’attenuante presuppone una dimostrazione di spontaneo ravvedimento, non condizionata dall’andamento del dibattimento). Cass., sez. III, 19 gennaio 2016 - 6 maggio 2016, n. 18937, CED 266579 62-bis Circostanze attenuanti generiche. GIURISPRUDENZA 1 Elementi valutabili: a) gravità del reato e gravità del fatto (§, 2, b); b) casistica dell’imputato e obbligo di motivazione (§ 5). 1 – Elementi valutabili: a) gravità del reato e gravità del fatto. La motivazione sul diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche, nel caso in cui la pena base venga determinata secondo il minimo edittale in ragione della ritenuta non gravità dei fatti, non può risolversi in un mero richiamo alle funzioni di prevenzione criminale della sanzione, ma deve dar conto specificamente dei motivi che portano ad utilizzare uno stesso elemento (la gravità della condotta) sia in chiave positiva, ai fini della determinazione della pena nel minimo, che negativa, per il riconoscimento delle attenuanti generiche. Cass., sez. V, 1 ottobre 2015 - 5 febbraio 2016, n. 4788, CED 266022 b) casistica. In tema di evasione, gli elementi posti a fondamento della concessione della circostanza attenuante della costituzione in carcere, o della spontanea presentazione alla polizia giudiziaria, non possono essere utilizzati una seconda volta per giu- 2 Richiesta stificare anche il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, poiché ciò condurrebbe a un’inammissibile ripetuta valorizzazione del medesimo elemento di giudizio. Cass., sez. VI, 21 gennaio 2016 - 24 febbraio 2016, n. 7514, CED 266103 2 – Richiesta dell’imputato e obbligo di motivazione. La concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddifsato con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio. Cass., sez. III, 17 novembre 2015 - 9 marzo 2016, n. 9836, CED 266460 63 Applicazione degli aumenti o delle diminuzioni di pena. GIURISPRUDENZA 1 Circostanze autonome e circostanze ad effetto speciale: a) concorso di circostanze aggravanti autonome e a effetto speciale (§ 3, c). 1 – Circostanze autonome e circostanze ad effetto speciale: a) concorso di circostanze aggravanti autonome e a effetto speciale. Nell’ipotesi di concorso tra più circostanze aggravanti ad effetto speciale, poichè l’aggravante di cui all’art. 7 del d.l. n. 152 del 1991 (convertito in l. n. 203 del 1991) è esclusa dal giudizio di bilanciamento, ai fini del calcolo degli aumenti di pena irrogabili, non si applica la regola generale prevista dall’art. 63, comma quarto, c.p., bensì l’autonoma disciplina derogatoria di cui al citato art. 7, che prevede l’inasprimento della sanzione da un terzo alla metà. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretto l’aumento di pena per la circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, operato sull’ipotesi di estorsione aggravata di cui all’art. 629, comma secondo, c.p.). Cass., sez. II, 8 marzo 2016 - 7 luglio 2016, n. 28276, CED 267220 69 Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti. GIURISPRUDENZA 1 Applicazione dell’istituto: a) unitarietà del bilanciamento (§ 3, c); b) criteri per operare il giudizio di bilanciamento ed elementi valutabili (§ 3, d); c) il bilanciamento nel giudizio d’appello (§3, f); d) motivazione e sindacato di legittimità (§ 3, g) 2 Circostanze inerenti alla persona del colpevole e circostanze ad effetto speciale: a) recidivi: aa) giurisprudenza successiva alla l. n. 251 del 2005 (§ 5, b, bb) 1 – Applicazione dell’istituto: a) unitarietà del bilanciamento. In tema di circostanze, è legittima la valutazione di equivalenza delle attenuanti generiche con le aggravanti relative solo ad alcuni dei reati contestati, senza necessità per il giudice di motivare analiticamente sulle ragioni della mancata incidenza di tali attenuanti anche sui reati “satelliti” non aggravati, atteso il carattere unitario ed inscindibile del giudizio di comparazione di cui all’art. 69 c.p. Cass., sez. III, 10 marzo 2016 - 9 maggio 2016, n. 19112, CED 266587 b) criteri per operare il giudizio di bilanciamento ed elementi valutabili. Ai fini del giudizio di comparazione tra circostanze concorrenti, non può costituire per il giudice valido criterio di valutazione il dato meramente algebrico della prevalenza di taluni profili circostanziali rispetto a quelli di segno opposto. Cass., sez. I, 15 dicembre 2015 - 18 marzo 2016, n. 11595, CED 266649 c) il bilanciamento nel giudizio d’appello. Non viola il divieto di reformatio in peius la sentenza di appello che, in caso di impugnazione proposta dal solo imputato, nell’applicare la norma più favorevole, sopravvenuta dopo la sentenza di primo grado, in relazione alla fattispecie prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, operi, nella rideterminazione della pena, l’aumento per la recidiva, ritenuta dal primo giudice soccombente 11 Art. 69 - par. 1 CODICE PENALE rispetto alla circostanza attenuante del fatto di lieve entità, divenuta ipotesi autonoma di reato. Cass., sez. III, 23 febbraaio 2016 -9 giugno 2016, n. 23882, CED 267064 d) motivazione e sindacato di legittimità. Non incorre nel vizio del difetto di motivazione la sentenza che ometta di indicare i motivi per i quali il giudice, nella specie d’appello, abbia confermato il giudizio di equivalenza fra circostanze, formulato dal giudice di primo grado, in quanto é sufficiente la sola enunciazione della eseguita valutazione delle circostanze concorrenti. Cass., sez. VII, 19 febbraio 2016 - 18 marzo 2016, n. 11571, CED 266148 2 – Circostanze inerenti alla persona del colpevole e circostanze ad effetto speciale: a) recidivi: aa) giurisprudenza successiva alla l. n. 251 del 2005. Nel giudizio di comparazione delle circostanze, in caso di recidiva reiterata di cui all’art. 99, comma quarto, c.p., il divieto di prevalenza delle attenuanti opera soltanto se il giudice, in concreto, ritenga di disporre l’aumento di pena per la recidiva, oltre che nel caso in cui la recidiva medesima sia obbligatoria per essere il nuovo delitto compreso nell’elencazione di cui all’art. 407, comma secondo, lett. a) c.p.p. Cass., sez. IV, 31 marzo 2016 - 21 aprile 2016, n. 16628, CED 266530 73 Concorso di reati che importano pene detentive temporanee o pene pecuniarie della stessa specie. GIURISPRUDENZA quattro anni. 1 Concorso di delitti per i quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a venti- 1 – Concorso di delitti per i quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni (§ 3). Nell’ipotesi di cumulo di più condanne alla pena di anni trenta di reclusione, così risultanti - per effetto delle vicende di diritto intertemporale oggetto della decisione emessa dalla CEDU nel caso Scoppola contro Italia - dalla commutazione di precedenti condanne alla pena dell’ergastolo inflitte all’esito di giudizi abbreviati, non trova applicazione il limite massimo di anni trenta di reclusione, previsto dall’art. 78 c.p. per il caso di concorso di reati che importano pene detentive temporanee, bensì il generale criterio regolatore di cui all’art. 73, comma secondo, c.p., con conseguente rideterminazione della pena finale da eseguire in quella dell’ergastolo. Cass., sez. I, 21 ottobre 2015 - 11 febbraio 2016, n. 5784, CED 266036 76 Pene concorrenti considerate come pena unica ovvero come pene distinte. GIURISPRUDENZA 1 Considerazione distinta delle pene concorrenti: a) benefici penitenziari (§ 3, e). 1 – Considerazione distinta delle pene concorrenti: a) benefici penitenziari La scissione del cumulo di pena irrogata per il reato continuato, che sia operata per la concessione dei benefici penitenziari, determina, ove il reato ostativo coincida con un reato satellite, la necessità di fare riferimento alla pena inflitta in concreto a titolo di continuazione, atteso che, formatosi il giudicato, la pena fissata per l’esecuzione è soltanto quella che il giudice della cognizione ha stabilito in ciascuna frazione. (Fattispecie in tema di liberazione anticipata c.d. speciale). Cass., sez. I, 14 marzo 2016 - 26 aprile 2016, n. 17143, CED 267215 78 Limiti degli aumenti delle pene principali. GIURISPRUDENZA 1 Criteri per l’applicazione del cumulo: a) rito abbreviato (§ 2, d). 1 – Criteri per l’applicazione del cumulo: a) rito abbreviato. In sede di esecuzione, riconosciuta, la continuazione tra più reati oggetto, alcuni, di condanna all’esito di giudizio abbreviato e, altri, di condanna all’esito di giudizio ordinario, la riduzione ex art. 442 c.p.p.c.p.p. va applicata, — qualora il reato più grave sia stato giudicato con il rito speciale - sulla pena finale determinata dopo l’aumento disposto per i reati satellite, anche se definiti con il rito ordinario; qualora invece il giudice procedente individui, quale reato più grave, quello giudicato con rito ordinario, la riduzione di pena dovrà essere disposta per i soli reati satellite giudicati con rito abbreviato. Cass., sez. V, 27 novembre 2015 - 13 maggio 2016, n. 20133, CED 267244 80 Concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi. GIURISPRUDENZA 1 Pene cumulabili ed effetti del cumulo (§ 1). 1 – Pene cumulabili ed effetto del cumulo. In tema di esecuzione di pene concorrenti, qualora durante l’espiazione di una pena determinata a seguito di un provvedimento di cumulo, venga emessa una sentenza di condanna, o di applicazione della pena, relativa ad un reato commesso anteriormente a quelli inclusi in tale provvedimento, la pena da eseguire va determinata detraendo il periodo di presofferto relativo alla nuova condanna dalla pena irrogata per quest’ultima, e sommando successivamente l’eventuale pena residua a quella complessiva indicata 12 nel primo provvedimento di cumulo; la pena totale da espiare dovrà, infine, essere calcolata in base agli ordinari criteri in materia di esecuzione (Nella fattispecie, la Corte di cassazione ha ritenuto la correttezza della successiva applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 c.p. e, infine, della detrazione dei periodi di presofferto o di fungibilità già considerati nel primo provvedimento di cumulo). Cass., sez. I, 12 novembre 2015 - 31 marzo 2016, n. 12937, CED 266181 Art. 81 - par. 3 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO In tema di esecuzione di pene concorrenti, il criterio moderatore previsto dall’art. 78 c.p. non opera nel caso disciplinato dal successivo art. 80 di concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi, se diversi sono anche i tempi di commissione dei reati e delle custodie cautelari, e, imponendosi in tal caso la formazione di cumuli differenti, il predetto criterio è applicabile, nell’ambito di ciascuna operazione di cumulo parziale, solo nel caso in cui la pena derivante dal cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati dalla norma predetta. Cass., sez. I, 27 gennaio 2015 - 1 febbraio 2016, n. 4135, CED 267302 81 Concorso formale. Reato continuato. GIURISPRUDENZA 1 Medesimo disegno criminoso (§ 4) 2 Interruzione del disegno criminoso (§ 5) 3 L’aumento di pena per la continuazione. Soggetti recidivi (§ 9) 4 Misura delle pene accessorie. Misure di sicurezza (§ 10) 5 Questioni processuali: a) continuazione tra fatti giudicati e fatti da giudicare (§ 12, c); b) la continuazione in appello (§ 12, d). 1 – Medesimo disegno criminoso. Ai fini della configurabilità della unicità del disegno criminoso è necessario che le singole violazioni costituiscano parte integrante di un unico programma deliberato fin dall’inizio per conseguire un determinato fine, con la conseguenza che tale unicità è da escludere quando la successione degli episodi criminosi, malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale riscontrabile tra i distinti reati, evidenzia l’occasionalità di uno di questi. (In applicazione del principio, la Corte, nel rigettare il ricorso dell’imputato, ha ritenuto corretto il mancato riconoscimento della continuazione tra il reato di cessione di sostanza stupefacente e quello successivo di resistenza a pubblico ufficiale, sul presupposto che l’imputato, al momento della consegna dello stupefacente, non poteva aver già deliberato di porre in essere la resistenza). Cass., sez. III, 17 gennaio 2015 - 13 gennaio 2016, n. 896, CED 266179 In tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, che caratterizza l’istituto disciplinato dall’art. 81, comma 2, c.p., postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione del reo a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, che, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, rivelando una generale propensione alla devianza, che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali. Cass., sez. I, 8 gennaio 2016 - 18 aprile 2016, n. 15955, CED 266615 In tema di continuazione, l’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti. Cass., sez. V, 6 luglio 2015 - 18 gennaio 2016, n. 1766, CED 266413 In tema di concorso anomalo nel reato, la diminuente ex art. 116 c.p. esclude il riconoscimento della continuazione tra i più reati commessi, in quanto si tratta di categorie concettualmente incompatibili, che postulano, l’una, la mera prevedibilità dell’evento ulteriore, l’altra la piena volizione anche di quest’ultimo nel quadro della programmazione unitaria del piano delittuoso. Cass., sez. I, 15 dicembre 2015 - 18 marzo 2016, n. 11595, CED 266648 In tema di riconoscimento della continuazione in fase esecutiva, non pur estendersi allo stato di alcooldipendenza la rilevanza attribuita, ai fini dell’unicità del disegno criminoso, allo stato di tossicodipendenza, poichh tale limitazione si fonda sull’intento del legislatore di attenuare le conseguenze punitive derivanti dalla commissione di reati da parte di soggetti indotti dalla ricorrente necessit` di assunzione di prodotti psicotropi a violare frequentemente la legge per procurarsi i mezzi per il loro acquisto, con una impellente frquenza che, secondo massime di esperienza, non ricorre nella patologica assunzione di alcoolici. Cass., sez. VII, 13 aprile 2016 - 5 maggio 2016, n. 18669, CED 266720 2 – Interruzione del disegno crminoso. Non esiste incompatibilità fra gli istituti della recidiva e della continuazione, potendo quest’ultima essere riconosciuta anche fra un reato già oggetto di condanna irrevocabile ed un altro commesso successivamente alla formazione di detto giudicato. Cass., sez. II, 20 aprile 2016 - 11 maggio 2016, n. 19477, CED 266522; Cass., sez. II, 22 aprile 2016 - 3 maggio 2016, n. 18317, CED 266695 — Giurisprudenza contrastante. 3 – L’aumento di pena per la continuazione. Soggetti recidivi. In tema di quantificazione della pena a seguito di riconoscimento della continuazione tra diversi reati, il giudice è tenuto a fornire una congrua motivazione non solo in ordine alla individuazione della pena base, ma anche all’entità dell’aumento ex art. 81, cpv., c.p., specie quando questo, pur contenuto nel limite massimo stabilito dalla legge, determini una sperequazione nel trattamento sanzionatorio per le medesime fattispecie di reato. (Fattispecie in materia di acquisto illegale di armi, nella quale la Corte ha annullato con rinvio la decisione, con cui il giudice aveva stabilito, per il reato più grave, avente ad oggetto quindici armi comuni da sparo, la pena di tre anni di reclusione, apportandovi a titolo di aumento per il reato satellite avente ad oggetto due armi comuni da sparo, la pena di cinque anni di reclusione). Cass., sez. I, 8 gennaio 2016 - 24 maggio 2016, n. 21641, CED 266885 — Giurisprudenza contrastante. Il limite minimo di aumento della pena che, in caso di più reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva reiterata prevista dall’art. 99, comma quarto, c.p., non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per la violazione più grave, va riferito all’aumento complessivo per la continuazione e non alla misura di ciascun aumento successivo al primo. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso che fosse incorsa nella violazione del divieto di reformatio in peius la pronuncia che aveva confermato la pena irrogata in primo grado, nonostante l’assoluzione per uno dei reati satellite che avevano comportato l’aumento di pena a titolo di continuazione). Cass., sez. II, 12 aprile 2016 - 2 maggio 2016, n. 18092, CED 266850 In tema di continuazione, l’aumento minimo di un terzo della pena ex art. 81, comma 4, c.p., nei confronti dei soggetti per i quali sia stata ritenuta la recidiva reiterata, opera anche quando il giudice abbia considerato la stessa equivalente alle riconosciute attenuanti. (In motivazione, la Corte ha precisato che tale situazione non è equiparabile alla mancata applicazione della recidiva reiterata, ipotesi nella quale è escluso l’innalzamento minimo della pena di cui alla disposizione citata). Cass., sez. III, 24 settembre 2015 - 11 maggio 2016, n. 19496, CED 266791 — Giurisprudenza contrastante. Il contrasto è stato risolto da Cass., S.U., 23 giugno 2016 - 21 luglio 2016, n. 31669, CED 267044, secondo cui il limite di aumento di pena non inferiore ad un terzo di quella stabilita per il 13 Art. 81 - par. 3 reato più grave, previsto dall’art. 81, comma 4, c.p. nei confronti dei soggetti ai quali è stata applicata la recidiva di cui all’art. 99, comma 4, c.p., opera anche quando il giudice consideri la recidiva stessa equivalente alle riconosciute attenuanti. 4 – Misura delle pene accessorie. Misure di sicurezza. In tema di circolazione stradale, il giudice, se pronuncia condanna per una pluralità di violazioni del codice della strada che comportano l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, deve determinarne la durata complessiva effettuando la somma dei vari periodi di sospensione previsti per ciascun illecito, dovendosi escludere l’applicabilità sia dell’art. 8 l. 24 novembre 1981 n. 689, che riguarda esclusivamente le sanzioni amministrative proprie e non quelle accessorie ad una sentenza penale di condanna, che delle discipline tipicamente penalistiche finalizzate a limitare l’inflizione di pene eccessive (come nel caso dell’art. 81 c.p.). Cass., sez. IV, 30 marzo 2016 - 19 maggio 2016, n. 20990, CED 266704 5 – Questioni processuali: a) continuazione tra fatti giudicati e fatti da giudicare. L’applicazione in sede esecutiva della continuazione tra reati giudicati con il rito ordinario e altri con il rito abbreviato, comporta che soltanto a questi ultimi - siano essi reati satellite o violazione più grave - deve essere applicata la riduzione di un terzo della pena, a norma dell’art. 442, comma secondo, c.p.p. Cass., sez. I, 21 ottobre 2015 - 28 gennaio 2016, n. 3764, CED 266002 CODICE PENALE b) la continuazione in appello. Non viola il divieto di “reformatio in peius” il giudice di appello che, su impugnazione del solo imputato, proceda ad un corretto calcolo della pena nel rispetto della previsione dell’art. 63, comma quarto, c.p. e, pur disponendo un aumento di pena pecuniaria a titolo di continuazione - non calcolata dal primo giudice - irroghi in concreto una pena non superiore a quella inflitta in primo grado. (Fattispecie in cui il giudice d’appello, applicando correttamente il predetto art. 63, aveva applicato una identica pena pecuniaria ed una pena detentiva inferiore a quella irrogata in primo grado). Cass., sez. II, 13 gennaio 2016 - 3 febbraio 2016, n. 4413, CED 266154 Non viola il divieto di “reformatio in peius” previsto dall’art. 597, comma terzo c.p.p., il giudice di appello che, in riforma della sentenza di primo grado, avendo escluso la continuazione criminosa e confermato la responsabilità dell’imputato per uno solo dei reati satellite, irroghi una pena inferiore a quella determinata dal primo giudice, sebbene tale pena sia superiore a quella che era stata applicata per la medesima violazione, a titolo di aumento per la continuazione, nel primo giudizio. Cass., sez. VI, 26 gennaio 2016 - 9 marzo 2016, n. 9871, CED 266504 È conforme all’effetto devolutivo dell’appello la sentenza che omette di pronunciare sulla richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione con altri reati oggetto di titoli pregressi formulata, anziché con l’atto introduttivo, solo in corso di procedimento unitamente alla produzione dei titoli stessi. Cass., sez. II, 12 febbraio 2016 - 14 marzo 2016, n. 10470, CED 266655 99 Recidiva. GIURISPRUDENZA 1 Le modifiche introdotte dalla l. n. 251 del 2005: a) determinazione della pena (§1, d) Motivazione (§ 5) 3 Recidiva infraquinquennale (§ 7). 1 – Le modifiche introdotte dalla l. n. 251 del 2005: a) determinazione della pena. In tema di recidiva, lo sbarramento quantitativo previsto dall’art. 99, ultimo comma, c.p. - per cui “l’aumento della pena non può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo” - si riferisce esclusivamente alle pregresse condanne per delitti dolosi e non anche a quelle per reati contravvenzionali. Cass., sez. II, 16 giugno 2016 - 18 luglio 2016, n. 30437, CED 267416 In tema di recidiva reiterata, prevista dall’art. 99 comma 5 c.p. in relazione alla commissione dei reati di cui all’art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p.c.p.p., l’aumento di pena deve ritenersi legittimamente disposto - anche se in data anteriore alla sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 2015, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del carattere obbligatorio dell’aumento stesso - qualora risulti adeguatamente motivato in relazione alla gravità della condotta, alla negativa personalità dell’imputato ed alla pericolosità sociale di quest’ultimo. Cass., sez. II, 26 aprile 2016 - 16 maggio 2016, n. 20205, CED 266679 Non è illegale la pena irrogata precedentemente alla sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 2015, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del carattere obbligatorio della recidiva di cui all’art. 99, comma 5, c.p., qualora il giudice abbia dato atto in sentenza, anche con motivazione implicita, delle ragioni per le quali si è ritenuto necessario l’aumento di pena in relazione alla particolare pericolosità dell’imputato. Cass., sez. II, 11 maggio 2016 - 4 luglio 2016, n. 27366, CED 267154 Non viola il divieto di reformatio in pejus il giudice d’appello che, accogliendo il gravame limitatamente al riconoscimento di una 14 2 circostanza ad effetto speciale, applichi - senza peraltro irrogare una pena complessiva maggiore di quella stabilita in prime cure un aumento per la recidiva reiterata nella misura “piena” di cui all’art. 99, comma 4, c.p., superiore a quella fissata in primo grado in base al meccanismo di contenimento previsto dall’art. 63, comma 4, c.p., non essendo tale meccanismo più applicabile dopo l’esclusione dell’aggravante ad effetto speciale. Cass., sez. II, 12 aprile 2016 - 2 maggio 2016, n. 18089, CED 266837 2 – Motivazione. L’applicazione della recidiva facoltativa contestata richiede uno specifico onere motivazionale da parte del giudice, che, tuttavia, può essere adempiuto anche implicitamente, ove si dia conto della ricorrenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto implicita la motivazione della ritenuta recidiva, desumendola dal richiamo operato nella sentenza alla negativa personalità dell’imputato, quale evincibile dall’altissima pericolosità sociale della condotta da costui posta in essere). Cass., sez. VI, 27 aprile 2016 - 16 maggio 2016, n. 20271, CED 267130 3 – Recidiva infraquienquennale. Ai fini del riconoscimento della recidiva aggravata infraquinquennale il calcolo dei cinque anni va effettuato considerando come dies a quo non già la data di commissione dell’ultimo delitto antecedente a quello espressivo della recidiva, bensì quella relativa al passaggio in giudicato della sentenza avente ad oggetto il medesimo reato presupposto. Cass., sez. VI, 17 marzo 2016 - 13 aprile 2016, n. 15441, CED 266547 Art. 113 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 101 Reati della stessa indole. GIURISPRUDENZA 1 Reati della stessa indole (§ 1). 1 – Reati della stessa indole. La definizione di reati “della stessa indole”, posta dall’art 101 c.p. e rilevante per l’applicazione delal recidiva ex art. 99, comma 2, n. 1, c.p., prescinde dalla identità della norma incriminatrice e fa riferimento ai criteri del bene giuridico violato o del movente delittuoso, che consentono di accertare, nei casi concreti, i caratteri fondamentali comuni fra i diversi reati. Cass., VI, 17 marzo 2016 - 13 aprile 2016, n. 15439, CED 266545 103 Abitualità ritenuta dal giudice. GIURISPRUDENZA 1 Condizioni per la dichiarazione (§ 1). 1 – Condizioni per dichiarazione. L’esistenza di precedenti penali e/o di carichi pendenti non è elemento per sé sufficiente a consentire la dichiarazione di abitualità nel reato, essendo necessaria una motivata specificazione degli elementi indicativi dell’attuale e concreta pericolosità sociale del soggetto, tali da evidenziarne il grado di radicamento della tendenza delittuosa e della capacità criminale manifestata nello specifico delitto commesso. Cass., sez. I, 12 novembre 2015 - 23 febbraio 2016, n. 7152, CED 266606 La declaratoria di abitualità nel delitto di cui all’art. 103 c.p., da cui deriva l’applicazione o la prosecuzione di una misura di sicurezza, può intervenire anche nei confronti di soggetti che si trovano in uno stato di espiazione di una pena detentiva, essendo, peraltro, necessaria una rigorosa verifica, da parte del Magistrato di sorveglianza, della pericolosità sociale del soggetto detenuto, anche tenendo conto della lontananza nel tempo della data di scadenza della pena detentiva. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di rigetto della richiesta di dichiarazione di delinquenza abituale, rilevando che la notevole lontananza nel tempo della scadenza del titolo esecutivo non consentiva - avuto riguardo alla personalità del condannato e alle emergenze concrete - di formulare un giudizio di attualità della pericolosità sociale). Cass., sez. I, 4 maggio 2016 - 16 giugno 2016, n. 25217, CED 266980 110 Pena per coloro che concorrono nel reato. GIURISPRUDENZA 1 Concorso morale (§ 3) 2 Reato proprio (§ 10). 1 – Concorso morale. Perché il concorrente morale risponda di un reato di evento (nelle specie: lesioni personali e danneggiamento) non è necessario, come per l’esecutore materiale, che l’evento sia stato da lui voluto con dolo diretto, ma è sufficiente che sia stato voluto con dolo eventuale e, pertanto, egli deve aver concorso all’azione dell’esecutore materiale non soltanto prevedendo in concreto l’evento come possibile conseguenza dell’azione concordata, ma addirittura accettandone il rischio di accadimento, pur di realizzare l’azione concordata e sempre che l’evento rientri, in modo diretto e conseguenziale, nello schema esecutivo di tale azione. Cass., sez. II, 15 aprile 2016 - 19 maggio 2016, n. 20793, CED 267038 2 – Reato proprio. Nei reati di bancarotta il concorso dei componenti del collegio sindacale nei reati commessi dall’amministratore della società può realizzarsi anche attraverso un comportamento omissivo del controllo sindacale che non si esaurisce in una mera verifica formale o in un riscontro contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma comprende il riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione. Cass., sez. V, 22 marzo 2016 - 7 aprile 2016, n. 14045, CED 266646; Cass., sez. V, 14 gennaio 2016 - 6 maggio 2016, n. 18985, CED 267009 112 Numero delle persone. GIURISPRUDENZA 1 Numero delle persone (§ 1). 1 – Numero delle persone. La circostanza aggravante dell’essere i correi in numero pari o superiore a cinque, prevista dall’art. 112, comma primo, cod. pen, può essere applicata cumulativamente all’aggravante speciale del reato di rapina delle più persone riunite, prevista dall’art. 628, comma 1, c.p. perchè non richiede, a differenza di quest’ultima, la presenza sulla scena criminosa di tutti i correi, sanzionando la maggiore pericolosità esplicata dalla dimostrata capacità di riunione ed organizzazione. Cass., sez. II, 6 maggio 2016 - 16 maggio 2016, n. 20217, CED 266893 - Giurisprudenza contrastante. 113 Cooperazione nel delitto colposo. GIURISPRUDENZA denti (§ 1). 1 Nozione e struttura; differenza dal concorso di persone e dal concorso di cause indipen- 1 – Nozione e struttura; differenza dal concorso di persone e dal concorso di cause indipendenti. Per aversi cooperazione nel delitto colposo, non è necessaria la consapevolezza della natura colposa dell’altrui condotta, nè la conoscenza dell’identità delle persone che cooperano, essendo sufficiente la coscienza dell’altrui partecipazione nello stesso reato, intesa come consapevolezza, da parte dell’agente, del fatto che altri soggetti - in virtù di un obbligo di legge, di esigenze organizzative correlate alla gestione del rischio, o anche solo in virtù di una contingenza oggettiva e pienamente condivisa - sono investiti di una determinata attività, con una conseguente interazione rilevante anche sul piano cautelare, nel senso che ciascuno è tenuto a 15 Art. 113 - par. 1 CODICE PENALE rapportare prudentemente la propria condotta a quella degli altri soggetti coinvolti. (Fattispecie relativa ad omicidio colposo conseguente allo scontro frontale tra due autovetture, causato dall’invasione dell’opposta corsia da parte di una di esse, il cui conducente era impegnato in una serie di sorpassi reciproci ed altre manovre gravemente imprudenti con altra vettura che procedeva nella sua stessa direzione. In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto configurabile la responsabilità, a titolo di cooperazione colposa, anche del conducente di tale ulteriore veicolo, che con la propria condotta aveva consapevolmente indotto e stimolato quella del soggetto direttamente coinvolto nel sinistro). Cass., sez. IV, 14 febbraio 2016 - 13 aprile 2016, n. 15324, CED 266665 114 Circostanze attenuanti. GIURISPRUDENZA 1 Minima importanza (§ 1) 2 Inapplicabilità dell’attenuante (§ 2) 3 Soggetti di cui all’art. 112, comma 1, nn. 3 e 4, e comma 3 (§ 3). 1 – Minima importanza. Ai fini del riconoscimento dell’attenuante della partecipazione di minima importanza al reato, la valutazione, anche implicita, delle condotte concorsuali non si traduce in una vera e propria comparazione fra di esse finalizzata a stabilire quale tra i correi abbia in misura maggiore o minore contribuito alla realizzazione dell’impresa criminosa, risolvendosi bensì in un esame volto a stabilire se il contributo dato dal compartecipe si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di efficacia causale così lieve rispetto all’evento, da risultare trascurabile nell’economia generale dell’iter criminoso. (Fattispecie in cui non è stato ritenuto minimo il contributo concorsuale nel traffico internazionale di sostanza stupefacente, consistito nel collaborare alla ricerca e al reperimento di uno dei corrieri indispensabili per l’importazione della droga). Cass., sez. III, 17 novembre 2015 - 9 marzo 2016, n. 9844, CED 266461 2 – Inapplicabilità dell’attenuante. In tema di concorso di persone nel reato, la disposizione del secondo comma dell’art. 114 c.p., secondo cui l’attenuante della minima partecipazione al fatto pluripersonale non si applica quando ricorra una delle circostanze aggravanti delineate all’art. 112 stesso codice, e, dunque, quando il numero dei concorrenti sia pari o superiore a cinque, si riferisce anche ai casi nei quali il numero delle persone concorrenti nel reato sia posto a base di un aggravamento della pena in forza di disposizioni specificamente riguardanti il reato stesso. (In applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che l’attenuante possa essere riconosciuta nel caso di estorsione aggravata ai sensi del secondo comma dell’art. 629 c.p., che richiama, tra l’altro, l’ultima parte della previsione posta al n. 1) del comma terzo dell’art. 628, secondo cui la pena è aumentata quando il fatto sia commesso da più persone riunite). Cass., sez. II, 19 aprile 2016 - 4 maggio 2016, n. 18540, CED 266852 3 – Soggetti di cui all’art. 112, comma 1, nn. 3 e 4, e comma 3. La circostanza attenuante prevista dall’art. 114, comma terzo, con riferimento all’art. 112, comma primo, n. 4, c.p., è compatibile con l’aggravante della premeditazione, in quanto presuppone un rapporto di supremazia, che non incide sulla capacità di intendere e di volere del soggetto debole e che, quindi, non esclude quella particolare intensità del dolo propria della premeditazione, a meno che non si verifichi in concreto l’assoluta estemporaneità dell’adesione al proposito criminoso del concorrente. Cass., sez. I, 15 settembre 2015 - 18 febbraio 2016, n. 6578, CED 266074 116 Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti. GIURISPRUDENZA 1 Reato diverso: a) nozione e condizioni per la responsabilità (§ 2, a). 1 – Reato diverso: a) nozione e condizioni per la responsabilità. In tema di concorso di persone nel reato, sussiste la responsabilità a titolo di concorso anomalo qualora l’evento ulteriore, benché prevedibile in quanto collegato da un nesso di pura eventualità rispetto al delitto base programmato, non sia stato dall’agente voluto neppure nella forma del dolo indiretto; ricorre, invece, l’ipotesi del concorso ex art. 110 c.p., ove l’agente abbia effettivamente previsto l’evento o comunque accettato il rischio del suo verificarsi. (In applicazione di questo principio la S.C. ha censurato la decisione con cui la Corte territoriale aveva affermato la responsabilità dell’imputata ai sensi dell’art. 116 c.p., in ordine al reato di cui all’art. 575 c.p., pur risultando che essa, nel programmare con il correo la rapina nei confronti di una anziana donna, aveva messo in conto, come poi effettivamente accaduto, il possibile ricorso ad una azione violenta per neutralizzare la reazione della vittima). Cass., sez. I, 15 dicembre 2015 - 18 marzo 2016, n. 11595, CED 266647 In tema di concorso anomalo, può essere ritenuto prevedibile sviluppo dell’azione inerente ad un furto l’uso eventuale di violenza o minaccia che, se realizzato, fa progredire la sottrazione della cosa mobile altrui in rapina, di cui è responsabile, ai sensi dell’art. 116 c.p., anche il concorrente, a meno che il diverso e più grave reato realizzato dai compartecipi costituisca un fatto anormale, eccezionale e, quindi, non prevedibile. (Il principio è stato ritenuto correttamente applicato dalla Corte con riferimento alla posizione di una coimputata che aveva partecipato alla programmazione di un furto, poi degenerato in rapina, descrivendo agli esecutori materiali del reato, nel corso di un sopralluogo eseguito pochi giorni prima, l’abitazione della vittima ed i luoghi in cui tale ultima custodiva i gioielli). Cass., sez. VI, 15 dicembre 2015 - 18 aprile 2016, n. 15958, CED 267363 118 Valutazione delle circostanze aggravanti o attenuanti. GIURISPRUDENZA 1 Generalità (§ 1). 1 – Generalità. In tema di circostanze, è estendibile ai concorrenti che siano a conoscenza o ignorino per colpa tale qualità, la circostanza aggravante dell’abuso di prestazione d’opera di cui all’art. 61 n. 11 c.p., non rientrando la stessa tra quelle circostanze soggettive da valu16 tarsi soltanto con riguardo alla persona cui si riferiscono. (Fattispecie in tema di furto commesso con abuso della qualità di custode, in cui la Corte ha ritenuto corretta la pronuncia di merito che aveva esteso l’aggravante al concorrente nel reato). Cass., sez. IV, 29 maggio 2016 - 13 maggio 2016, n. 20053, CED 266840 Art. 124 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 120 Diritto di querela. GIURISPRUDENZA 1 Contenuto e formalità (§ 3) personalità giuridica (§ 5). 1 – Contenuto e formalità. La dichiarazione con la quale la persona offesa, all’atto della denuncia, affermi di volersi immediatamente costituire parte civile deve essere qualificata come valida manifestazione del diritto di querela, considerato che la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari e può, pertanto, essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del favor querelae”. (Nella specie la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con la quale il giudice di merito ha ritenuto validamente integrata la sussistenza dell’istanza di punizione nella dichiarazione della persona offesa di volersi costituire parte civile e di volere ricevere l’avviso della richiesta di archiviazione, ex art. 408 cod. proc. pen). Cass., sez. V, 18 giugno 2015 - 20 gennaio 2016, n. 2293, CED 266258 Ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di punizione è desumibile dall’espressione, utilizzata dalla persona offesa dopo l’esposizione dei fatti, “sporgo formale querela” non potendosi, peraltro, considerare elemento in senso contrario la riserva di costituirsi parte civile nel procedimento penale non ancora aperto, che invece esprime proprio la volontà che quel procedimento sia instaurato. (In motivazione la S.C. ha affermato che sussiste in materia il principio del favor querelae, in base al quale qualsiasi situazione di incertezza va risolta in favore della volontà di querela). Cass., sez. V, 16 ottobre 2015 - 23 maggio 2016, n. 21359, CED 267138 Ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di perseguire l’autore del reato, nel caso di atto formato dalla polizia giudiziaria, deve emergere chiaramente dal suo contenuto, ancorchè senza la necessità di utilizzare formule sacramentali, non 2 Titolarità del diritto di querela (§ 4) 3 Enti con o senza potendo ritenersi sufficiente l’intestazione dell’atto come “querela” da parte degli agenti verbalizzanti. (In motivazione, la S.C. ha precisato che, viceversa, nel caso di atto proveniente direttamente dalla parte, assume rilievo decisivo l’espressa qualificazione della denuncia come “querela”). Cass., sez. V, 15 febbraio 2016 - 12 aprile 2016, n. 15166, CED 266722 2 – Titolarità del diritto di querela. La legittimazione alla proposizione della querela per il reato di infedeltà patrimoniale dell’amministratore spetta anche al socio receduto della società di persone, potendo la condotta infedele determinare un depauperamento del valore della quota alla cui liquidazione il socio ha diritto a norma dell’art. 2289 comma 1, c.c. Cass., sez. V, 14 giugno 2016 - 23 agosto 2016, n. 35384, CED 267540 3 – Enti con o senza personalità giuridica. Il condominio negli edifici non è un soggetto giuridico dotato di una personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, ma uno strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini, attraverso il quale deve esprimersi la volontà di sporgere querela; ne consegue che la presentazione di quest’ultima in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio condominiale presuppone uno specifico incarico conferito all’amministratore dall’assemblea dei condomini. Cass., sez. VI, 18 dicembre 2015 20 gennaio 2016, n. 2347, CED 266325 La procura speciale rilasciata per la proposizione della querela deve contenere, a pena di inammissibilità, il riferimento a specifici reati oppure l’indicazione delle situazioni in cui il mandatario deve attivarsi, non essendo sufficiente un generico mandato a proporre querela. Cass., sez. VI, 5 aprile 2016 - 11 luglio 2016, n. 28807, CED 267432 122 Querela di uno fra più offesi. GIURISPRUDENZA 1 Reato commesso in danno di più persone: nozione. 1 – Reato commesso in danno di più persone: nozione. In tema di querela, la disposizione di cui all’art. 122 c.p. - per la quale il reato commesso in danno di più persone è punibile anche se la querela è proposta da una soltanto di esse - non è applicabile nell’ipotesi in cui una sola azione comporti più lesioni della stessa disposizione penale, ledendo distinti soggetti, in quanto tale situazione integra un concorso formale di reati in danno di più persone, in cui la “reductio ad unum” è preordinata solo ad un più benevolo regime sanzionatorio che non incide sulla autonomia dei singoli reati, di guisa che, in tal caso, la procedibilità di ciascun reato è condizionata alla querela della rispettiva persona offesa. (Principio affermato con riferimento ad un’ipotesi di atti persecutori commessi in danno di più persone offese, una sola delle quali aveva proposto querela). Cass., sez. V, 11 giugno 2015 - 3 novembre 2015, n. 44392, CED 266402 124 Termine per proporre la querela. Rinuncia. GIURISPRUDENZA 1 Notizia del fatto (§ 3). 1 – Notizia del fatto. Il termine per proporre querela comincia a decorrere dalla data di piena cognizione dei fatti da parte dell’interessato. (Nella specie, relativa al reato di cui all’art. 388, comma 4, c.p., la Corte ha confermato la decisione del giudice di merito che aveva fissato la decorrenza del predetto termine dall’accertamento, disposto a mezzo di ufficiale giudiziario, dell’avvenuta sottrazione dei beni pignorati, di cui l’interessato aveva avuto in precedenza solo il sospetto). Cass., sez. VI, 24 novembre 2015 - 27 gennaio 2016, n. 3719, CED 266954 17 Art. 131-bis - par. 1 CODICE PENALE 131-bis Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. GIURISPRUDENZA 1 Efficacia della norma nel tempo. Aspetti processuali. Giudizio di cassazione (§ 1) 2 Fatto di particolare tenuità; generalità e fattispecie (§ 2) 3 Rapporti con la prescrizione (§ 4). 1 – Efficacia della norma nel tempo. Aspetti processuali. Giudizio di cassazione. L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis c.p., avendo natura sostanziale, è applicabile, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del d.lg.d.g. 16 marzo 2015, n. 28, anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione e per solo questi ultimi la relativa questione,in applicazione degli artt. 2, comma 4, c.p. e 129 c.p.p., è deducibile e rilevabile d’ufficio ex art. 609, comma 2, c.p.p. anche nel caso di ricorso inammissibile (In motivazione la Corte ha specificato che, quando, invece, non si discute dell’applicazione della sopravvenuta legge più favorevole, la inammissibilità del ricorso preclude la deducibilità e la rilevabilità d’ufficio della questione). Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n. 13681, CED 266593 L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. non può essere dichiarata, dal giudice dell’impugnazione, in presenza di una sentenza di condanna che si sia limitata ad operare una valutazione di lieve entità del reato, nemmeno se valorizzata dal giudice per quantificare la pena in modo da avvicinarla più ai valori minimi che a quelli massimi. (In motivazione, la Corte ha precisato che la natura esigua del danno, o del pericolo, concorre, ai sensi dell’art. 131-bis c.p., a rendere non punibile un fatto, sicchè non può essere confusa con le ipotesi di “speciale” o “particolare” o “lieve” entità del fatto che attenuano il reato, senza escluderne l’offensività). Cass., sez. III, 14 ottobre 2015 - 27 aprile 2016, n. 17184, CED 266754 In tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis c.p.,quando la sentenza impugnata è anteriore alla entrata in vigore del d.lg. 16 marzo 2015, n. 28, l’applicazione dell’istituto nel giudizio di legittimità va ritenuta o esclusa senza rinvio del processo nella sede di merito e se la Corte di cassazione, sulla base del fatto accertato e valutato nella decisione, riconosce la sussistenza della causa di non punibilità, la dichiara d’ufficio, ex art. 129 c.p.p., annullando senza rinvio la sentenza impugnata, a norma dell’art. 620, comma 1 lett. l), c.p.p. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n. 13681, CED 266594 Il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 673 c.p.p., non può revocare la sentenza di condanna pronunciata prima dell’entrata in vigore della disposizione di cui all’art. 131-bis c.p. per consentire l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, perché essa presuppone l’accertamento del reato e la sua riferibilità soggettiva all’imputato, incidendo solo sulla possibilità di irrogare la sanzione, mentre l’abrogazione comporta il venir meno della rilevanza penale della condotta incriminata. Cass., sez. VII, 26 febbraio 2016 - 21 marzo 2016, n. 11833, CED 266169 In tema di opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, ove la persona offesa indichi le ragioni del dissenso, il giudice non può decidere de plano ma deve necessariamente fissare l’udienza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 409, comma 2, c.p.p., essendo ciò funzionale alla instaurazione del contraddittorio tra le parti e all’esercizio del diritto di difesa, riconosciuto alla persona offesa dal reato dall’art. 411, comma 1bis c.p.p., la cui inosservanza, pertanto, determina la nullità dell’eventuale provvedimento adottato. Cass., sez. V, 10 febbraio 2016 - 28 giugno 2016, n. 26876, CED 267261 È affetta da nullità di ordine generale a regime intermedio la sentenza predibattimentale di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p., pronunciata senza 18 dare avviso alla persona offesa dell’udienza camerale. Cass., sez. II, 11 novembre 2015 - 16 febbraio 2016, n. 6310, CED 266207 La non punibilità dell’imputato per particolare tenuità del fatto può essere pronunciata con sentenza di proscioglimento predibattimentale ai sensi dell’art. 469, comma 1-bis, c.p.p., purchè l’imputato medesimo ed il pubblico ministero siano messi in condizione di esprimere le loro osservazioni e non si oppongano. (Nella specie, la Corte ha dichiarato la nullità della sentenza che, ritenendo erroneamente applicabile l’art. 129 c.p.p., aveva pronunciato il proscioglimento in presenza dell’opposizione del pubblico ministero). Cass., sez. V, 4 febbraio 2016 - 8 luglio 2016, n. 28660, CED 267360 In tema di opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, la persona offesa è tenuta ad indicare, a pena di inammissibilità, le “ragioni del dissenso” rispetto alla sussumibilità della condotta nell’ipotesi di cui all’art. 131-bis, c.p. e non necessariamente, come invece richiesto dall’art. 410, comma primo c.p.p. per l’opposizione alla richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, le indagini suppletive e i relativi mezzi di prova, stante la diversità tra le due ipotesi di archiviazione e le ragioni poste a sostegno delle stesse. Cass., sez. IV, 22 dicembre 2015 - 1 marzo 2016, n. 8384, CED 266227 In tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 609, comma 3, c.p.p., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza d’appello. (In motivazione, la S.C. ha precisato che la questione postula un apprezzamento di merito precluso in sede di legittimità, ma che poteva essere proposto al giudice procedente al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione, come motivo di appello ovvero almeno come sollecitazione in sede di conclusioni del giudizio di secondo grado). Cass., sez. VI, 27 aprile 2016 - 16 maggio 2016, n. 20270, CED 266678 L’applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis c.p., può essere sollecitata, in sede di merito o di legittimità, dal difensore dell’imputato munito di un ordinario mandato “ad litem” e non anche di procura speciale. Cass., sez. VI, 11 febbraio 2016 - 24 marzo 2016, n. 12541, CED 266918 La sussistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. può essere pronunciata anche con sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che la disposizione processuale richiamata contiene in sé la previsione di applicabilità del nuovo istituto posto che preveda la possibilità di emettere la pronuncia di non doversi procedere anche quando l’imputato è persona “non punibile per qualsiasi causa”). Cass., sez. V, 11 febbraio 2016 - 23 maggio 2016, n. 21409, CED 267145 2 – Fatto di particolare tenuità; generalità e fattispecie. Il riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto non è precluso dall’esistenza di un precedente penale gravante sull’imputato, pur quando sulla base di esso si sia negata la sospensione condizionale della pena, dovendosi tenere distinti, anche sul piano motivazionale, i rispettivi giudizi. Cass., sez. IV, 7 gennaio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 7905, CED 266065 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, c.p., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n. 13681, CED 266590 La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. non può essere applicata, ai sensi del comma 3 del predetto articolo, qualora l’imputato abbia commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima ratio punendi), poiché è la stessa previsione normativa a considerare il “fatto” nella sua dimensione “plurima”, secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui esso si articola. Cass., sez. V, 10 febbraio 2016 - 28 giugno 2016, n. 26813, CED 267262 Ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p., il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. (In motivazione, la Corte ha chiarito che, ai fini della valutazione del presupposto indicato, il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili ed agli illeciti sottoposti alla sua cognizione - nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui- ma anche ai reati in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131-bis c.p.). Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n. 13681, CED 266591 La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. non può essere dichiarata qualora venga reiteratamete omessa la condotta di omessa corresponsione dell’assegno divorzile, configurandosi un’ipotesi di “comportamento abituale” ostativa al riconoscimento del beneficio. (Fattispecie in tema di assegno stabilito anche per il mantenimento di figli minori). Cass., sez. II, 10 maggio 2016 - 31 maggio 2016, n. 23020, CED 267040 In tema di reati tributari, non è applicabile la causa di non punibilità della “particolare tenuità del fatto” alla condotta di omesso versamento di IVA per un importo di poco superiore alla soglia di punibilità, fissata a 250.000 euro dall’art. 8 del d.lg. n. 158 del 2015, atteso che l’eventuale particolare tenuità dell’offesa non deve essere valutata con riferimento alla sola eccedenza rispetto alla soglia di punibilità prevista dal legislatore, bensì in rapporto alla condotta nella sua interezza, avendo, dunque, riguardo all’ammontare complessivo dell’imposta non versata. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 131-bis c.p. per insussistenza dei presupposti sul piano oggettivo, con riferimento ad un omesso versamento quantificato nella somma complessiva di 255.486,00 euro). Cass., sez. III, 11 novembre 2015 - 29 dicembre 2015, n. 51020, CED 265982 In tema omesso versamento di IVA, la causa di non punibilità della “particolare tenuità del fatto”, prevista dall’art. 131-bis c.p., è applicabile soltanto alla omissione per un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità, fissata a 250.000 euro dall’art. 10-ter d.lg. n. 74 del 2000, in considerazione del fatto che il grado di offensività che dà luogo a reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non particolarmente tenue, sul piano oggettivo, l’omesso versamento di 270.703 euro). Cass., sez. III, 20 novembre 2015 - 1 aprile 2016, n. 13218, CED 266570 L’esclusione della particolare tenuità del fatto nel reato di diffamazione a mezzo stampa non è di per sé in contraddizione con l’applicazione della sola pena pecuniaria poiché, in tale ipotesi delittuosa, la scelta di non irrogare la pena detentiva è dettata dalla con- Art. 131-bis - par. 3 siderazione che quest’ultima esige la ricorrenza di circostanze eccezionali - secondo l’interpretazione della Corte EDU (cfr. sentenze 24 settembre 2013, Belpietro c. Italia; 22 aprile 2010, Fatallayev c. Azerbaigian e 6 dicembre 2007, Katrami c. Grecia) - sicché tale scelta denota non già un indice di tenuità del fatto, bensì solo la sua non particolare gravità. (Fattispecie in cui la S.C. ha confermato l’esclusione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., evidenziando la misura largamente superiore al minimo della sanzione pecuniaria inflitta e la sottolineatura, da parte delle sentenze di merito, del complessivo giudizio di insidiosità della condotta). Cass., sez. V, 19 novembre 2015 - 2 febbraio 2016, n. 4298, CED 266027 Ai fini della applicabilità dell’art. 131-bis c.p. nelle ipotesi di violazioni urbanistiche e paesaggistiche, la consistenza dell’intervento abusivo - data da tipologia, dimensioni e caratteristiche costruttive - costituisce solo uno dei parametri di valutazione, assumendo rilievo anche altri elementi quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l’impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli e la conseguente violazione di più disposizioni, l’eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti, la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente, le modalità di esecuzione dell’intervento. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso la ricorrenza della speciale causa di non punibilità nel caso di concorrente violazione di legge urbanistica, antisismica e in materia di conglomerato in cemento armato). Cass., sez. III, 10 marzo 2016 - 9 maggio 2016, n. 19111, CED 266586 La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p., in quanto configurabile - in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma - ad ogni fattispecie criminosa, è configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile, con il giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di punibilità all’interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati, anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un illecito amministrativo. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n. 13681, CED 266589 In tema di guida in stato di ebbrezza, alla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, consegue l’applicazione, demandata al Prefetto, delle sanzioni amministrative accessorie stabilite dalla legge. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n. 13681, CED 266592 La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p., applicabile ad ogni fattispecie criminosa, è compatibile con il reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcoolimetrico, previsto dall’art. 186, comma 7, cod. strada, posto che, accertata la situazione pericolosa e dunque l’offesa, resta pur sempre uno spazio per apprezzare in concreto, alla stregua della manifestazione del reato, ed al solo fine della valutazione della gravità dell’illecito, quale sia lo sfondo fattuale in cui la condotta si iscrive e quale sia, in conseguenza, il possibile impatto pregiudizievole per il bene tutelato. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n. 13682, CED 266595 3 – Rapporti con la prescrizione. La declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sulla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p., in quanto essa, estinguendo il reato, rappresenta un esito più favorevole per l’imputato, mentre la seconda lascia inalterato l’illecito penale nella sua materialità storica e giuridica. Cass., sez. VI, 27 gennaio 2016 - 16 marzo 2016, n. 11040, CED 266505 19 Art. 133 - par. 1 CODICE PENALE 133 Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena. GIURISPRUDENZA 1 Criteri per la determinazione della pena: a) precedenti penali e giudiziari (§ 2, c) 2 Pena detentiva e pena pecuniaria: a) cumulative (§ 3, a) 3 Criteri di determinazione nei rapporti tra coimputati (§ 4). 1 – Criteri per la determinazione della pena: a) precedenti penali e giudiziari. Ai fini della determinazione della pena, il giudice può trarre elementi di valutazione non solo dalle condanne penali ma anche dai reati amnistiati o prescritti in quanto espressione della condotta del reo antecedente al reato e significativi della sua personalità. Cass., sez. IV, 7 aprile 2016 - 5 maggio 2016, n. 18795, CED 266705 2 – Pena detentiva e pena pecuniaria: a) cumulative. In tema di determinazione della pena pecuniaria, non vi è alcun obbligo di stretta proporzionalità tra la stessa e la pena detentiva congiuntamente prevista dal legislatore, sussistendo, al contrario, una indipendenza nella determinazione delle stesse, poichè, mentre la pena detentiva è ugualmente afflittiva per qualsiasi soggetto, quella pecuniaria ha un’efficacia sanzionatoria proporzionata alla capacità economica dell’imputato. Cass., sez. III, 28 gennaio 2016 - 6 luglio 2016, n. 27779, CED 267051 3 – Criteri di determinazione nei rapporti tra coimputati. In tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito, nell’ipotesi di più soggetti imputati in concorso tra loro dello stesso reato, non è gravato dell’onere di procedere alla valutazione comparativa delle singole posizioni e di motivare in ordine alla eventuale differenziazione delle pene inflitte. Cass., sez. II, 20 gennaio 2016 - 24 febbraio 2016, n. 7191, CED 266446 150 Morte del reo prima della condanna. GIURISPRUDENZA 1 Morte del reo ed effetti sul giudizio di responsabilità penale (§ 2). 1 – Morte del reo ed effetti sul giudizio di responsabilità penale. La morte dell’imputato, intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione, impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con l’enunciazione della relativa causa nel dispositivo, risultando esaurito il sottostante rapporto processuale ed essendo preclusa ogni eventuale pronuncia di proscioglimento nel merito ai sensi dell’art. 129, comma 2, c.p.p. Cass., sez. III, 12 maggio 2016 - 9 giugno 2016, n. 23906, CED 267384 152 Remissione della querela. GIURISPRUDENZA 1 Titolare del diritto 2 Remissione tacita (§ 2) 3 Revoca della remissione. 1 – Titolare del diritto. Il diritto di rimessione della querela compete esclusivamente alla persona offesa che l’ha proposta e non è trasmissibile “inter vivos”, anche nel caso in cui venga alienato il diritto leso dalla condotta antigiuridica altrui, posto che non è trasferibile la qualità di persona offesa, che si cristallizza al momento in cui il soggetto titolare del bene giuridico tutelato subisce l’offesa da reato. (Fattispecie in tema di infedeltà patrimoniale ex art. 2634 c.c., in cui la S.C. ha ritenuto irrilevante la remissione di querela da parte del soggetto aggiudicatario della quota sociale del querelante). Cass., sez. V, 18 novembre 2015 - 27 maggio 2016, n. 22495, CED 267139 2 – Remissione tacita. La revoca della costituzione di parte civile effettuata dalla persona offesa non costituisce una remissione tacita di querela. Cass., sez., V, 1 febbraio 2016 - 16 maggio 2016, n. 20260, CED 267149 Nel procedimento dinanzi al giudice di pace, la mancata comparizione della persona offesa - previamente e chiaramente avvisata del fatto che l’eventuale successiva assenza possa essere interpretata come volontà di non insistere nell’istanza di punizione - integra gli estremi della remissione tacita della querela, a condizione che la persona offesa sia stata avvisata del fatto che l’eventuale sua successiva assenza poteva essere interpretata come volontà di non insistere nell’istanza punitiva e che non sussistano manifestazioni di segno opposto e nulla induca a dubitare che si tratti di perdurante assenza dovuta a libera e consapevole scelta. (La Corte in motivazione ha precisato che il principio affermato è coerente al favor conciliationis, cui è improntato il sistema normativo che regola il procedimento penale dinanzi al giudice di pace). Cass., sez. V, 22 20 dicembre 2015 - 2 marzo 2016, n. 8638, CED 265972 - Giurisprudenza non univoca Nel procedimento davanti al giudice di pace instaurato a seguito di citazione disposta dal P.M., ex art. 20, d.lg.d.lg.28 agosto 2000, n. 274, la mancata comparizione del querelante - pur previamente avvisato che la sua assenza sarebbe stata ritenuta concludente nel senso della remissione tacita della querela - non costituisce fatto incompatibile con la volontà di persistere nella stessa, sì da integrare la remissione tacita, ai sensi dell’art. 152, comma secondo, c.p. (La S.C., in affermazione del principio di diritto, ha affermato che non contrasta con la suddetta interpretazione il principio di ragionevole durata del processo, il quale non può tradursi nelle previsione di oneri processuali, a carico delle parti, non ancorati a specifiche disposizioni di legge). Cass., sez. V, 11 febbraio 2016 2 maggio 2016, n. 18280, CED 266440 - Giurisprudenza non univoca Nel procedimento dinanzi al giudice di pace, instaurato a seguito di citazione disposta dal P.M., la mancata comparizione al processo del querelante, pur se previamente e chiaramente avvisato del fatto che l’eventuale successiva assenza possa essere interpretata come volontà di non insistere nell’istanza di punizione, non può integrare gli estremi della remissione tacita della querela, per assenza di una manifestazione inequivoca di volontà in tal senso, desumibile da tale comportamento. (La S.C., in motivazione, ha precisato che solo la remissione extraprocessuale può essere, oltre che espressa, anche tacita, mentre la mancata comparizione nel processo può essere valorizzata in chiave di remissione solo come conferma di condotte extraprocessuali assolutamente incompatibili con la volontà di persistere nell’istanza punitiva). Cass., sez. V, 8 Art. 159 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO marzo 2016 - 22 marzo 2016, n. 12187, CED 266331 - Giurisprudenza non univoca La mancata comparizione del querelante - previamente ed espressamente avvisato che l’eventuale successiva assenza sarà interpretata come abbandono dell’istanza di punizione - integra una remissione di querela tacita extraprocessuale, a condizione che sia verificato con certezza che la persona offesa-querelante abbia personalmente ricevuto detto avviso, che non sussistano manifestazioni di segno opposto e che non vi siano elementi dai quali potersi dubitare che si tratti di perdurante assenza dovuta a libera e consapevole scelta. Cass., sez. V, 22 dicembre 2015 - 22 marzo 2016, n. 12186, CED 266374 -Giurisprudenza non univoca Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite, secondo cui integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale (nella specie davanti al Giudice di pace) del querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela. Cass., S.U., 23 giugno 2016 - 21 luglio 2016, n. 31668, CED 267239 3 – Revoca della remissione. Non è ammissibile la revoca della remissione di querela, trattandosi di atto giuridico unilaterale che si perfeziona con la sua manifestazione e non necessita di accettazione da parte del querelato. (In applicazione di tale principio, la Corte ha affermato la correttezza della decisione del giudice di pace che aveva ritenuto priva di effetto la revoca della remissione di querela, anche se intervenuta in epoca antecedente all’accettazione da parte dell’imputato). Cass., sez. V, 16 ottobre 2015 - 31 maggio 2016, n. 23030, CED 266959 157 Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere. GIURISPRUDENZA 1 Nuova disciplina della prescrizione (l. n. 251 del 2005): a) entità della pena: aa) recidiva (§ 2, a, ab); ab) reati puniti con l’ergastolo (§ 2, a, ae) b) contravvenzioni (§ 2, e) 2 Dichiarazione della prescrizione (§ 4). 1 – Nuova disciplina della prescrizione (l. n. 251 del 2005): a) entità della pena: aa) recidiva. In tema di prescrizione del reato, quando il giudice abbia escluso la circostanza aggravante facoltativa della recidiva qualificata ai sensi dell’art. 99, comma 4 e (a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 2015) quinto, c.p., non ritenendola in concreto espressione di una maggiore colpevolezza o pericolosità sociale dell’imputato, la predetta circostanza deve ritenersi ininfluente anche ai fini del computo del tempo necessario a prescrivere il reato. Cass., sez. III, 17 novembre 2015 - 9 marzo 2016, n. 9834, CED 266459 La recidiva reiterata, quale circostanza ad effetto speciale, incide sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, ai sensi dell’art. 157, comma 2, c.p. e, in presenza di atti interuttivi, anche su quello del termine massimo, in ragione della entita della proroga, ex art. 161, comma 2, c.p. Cass., sez- II, 18 febbraio 2016 - 5 aprile 2016, n. 13463, CED 266532 - Giurisprudenza contrastante ab) reati puniti con l’ergastolo. La disposizione di cui all’art. 7, comma 2, Cedu, secondo cui il principio di irretroattività della legge incriminatrice non opera per i crimini contro l’umanità che offendono interessi transnazionali, impone di ritenere non applicabile al delitto di strage la regola della adozione della norma più favorevole sulla prescrizione in caso di successione di norme nel tempo; ne consegue che, avuto riguardo alla attuale disciplina in tema di reati puniti con la pena astratta dell’ergastolo dall’art. 157 c.p., la regola della imprescrittibilità va applicata anche ai fatti di strage commessi anteriormente alla modifica intervenuta con la legge 5 dicembre 2005, n. 251. Cass., sez. II, 11 febbraio 2016 - 12 aprile 2016, n. 15107, CED 266396 b) contravvenzioni. In tema di prescrizione del reato, nell’ipotesi di pluralità di imputazioni, il principio che impone l’applicazione integrale della disciplina più favorevole tra quella introdotta dalla l. 5 dicembre 2005, n. 251 e quella precedente trova applicazione con riferimento ad ogni singolo fatto di reato, ben potendo darsi il caso che per un reato sia più favorevole il vecchio regime prescrizionale e per un altro, pur contestualmente conte- stato, sia più favorevole il nuovo. Cass., sez. V, 25 maggio 2016 13 luglio 2016, n. 29698, CED 267386 2 – Dichiarazione della prescrizione. L’obbligo di dichiarazione immediata di una causa di non punibilità determina l’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna, ove sia nel frattempo maturato il termine di prescrizione del reato, pur quando con il ricorso per cassazione siano stati proposti esclusivamente motivi inerenti al trattamento sanzionatorio. Cass., sez. V, 18 novembre 2015 - 20 gennaio 2016, n. 2334, CED 266414 Sussistendo la causa di estinzione del reato della prescrizione, non è consentito al giudice esaminare il motivo di ricorso concernente la pretesa violazione del divieto di bis in idem, ex art. 649 c.p.p., ai sensi e per gli effetti dell’art. 129, comma 2, c.p.p., in quanto quest’ultima previsione concerne solo le ipotesi di assoluzione con formula piena dell’imputato. Cass., sez. II, 16 dicembre 2015 - 5 aprile 2016, n. 13448, CED 266439 L’estensione al coimputato non appellante della prescrizione del reato per effetto della disposizione di cui all’art. 587 c.p.p. si produce soltanto nel caso in cui detta causa estintiva sia maturata precedentemente al passaggio in giudicato della sentenza nei suoi confronti e non anche quando, invece, essa sia maturata in epoca successiva a tale passaggio in giudicato. Cass., sez. V, 27 gennaio 2016 - 14 aprile 2016, n. 15623, CED 266551 — Giurisprudenza contrastante. Non rientra nei poteri del giudice dell’esecuzione la dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato oggetto della sentenza definitiva di condanna, maturata nella pendenza del procedimento di cognizione, in quanto le cause di estinzione del reato che possono essere dichiarate in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 676 c.p.p., sono esclusivamente quelle che operano dopo il passaggio in giudicato della condanna. Cass., sez. I, 21 dicembre 2015 - 23 febbraio 2016, n. 7164, CED 266612 Nell’ipotesi di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, l’imputato può comunque essere condannato al pagamento delle spese in favore della parte civile, non essendo la prescrizione indice di soccombenza. Cass., sez. VI, 31 marzo 2016 - 14 giugno 2016, n. 24768, CED 267317 159 Sospensione del corso della prescrizione. GIURISPRUDENZA 1 Reati edilizi (§ 5) 2 Astensione dalle udienze del difensore o impedimento dello stesso (§ 6) 3 Cause di sospensione della prescrizione (§ 7). 21 Art. 159 - par. 1 CODICE PENALE 1 – Reati edilizi. Il periodo di sospensione del processo, previsto nel caso di presentazione di istanza di “accertamento di conformità” ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 (già art. 13 della l. n. 47 del 1985), deve essere considerato ai fini del computo dei termini di prescrizione del reato edilizio. Cass., S.U., 31 marzo 2016 - 13 aprile 2016, n. 15427, CED 267041 In caso di sospensione del processo su richiesta dell’imputato o del suo difensore, disposta oltre il termine previsto per la formazione del silenzio-rifiuto ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, opera la sospensione del corso della prescrizione a norma dell’art. 159, comma 1, n. 3, c.p. Cass., S.U., 31 marzo 2016 - 13 aprile 2016, n. 15427, CED 267042 2 – Astensione dalle udienze del difensore o impedimento dello stesso. Il provvedimento di rinvio del processo disposto dal giudice su istanza e per esigenze della parte richiedente, dà sempre luogo alla sospensione dei termini di prescrizione per l’intera durata del rinvio, a prescindere dalle ragioni poste a fondamento della richiesta, salvo che esse consistano in un legittimo impedimento della parte o del suo difensore, poichè, in tal caso, la sospensione ha una durata massima di sessanta giorni. (Fattispecie relativa a richiesta di rinvio per concessione di termini a difesa per discussione). Cass., sez. VII, 25 gennaio 2016 - 29 febbraio 2016, n. 8124, CED 266469 3 – Cause di sospensione della prescrizione. In tema di prescrizione del reato, il rinvio del dibattimento riferibile ad esigenze di acquisizione della prova non determina la sospensione nel corso della prescrizione. Cass., sez. III, 1 marzo 2016 - 24 giugno 2016, n. 26429, CED 267101 Il rinvio del dibattimento per legittimo impedimento riguardante la parte civile dà luogo a sospensione dei termini di prescrizione del reato, quando la difesa dell’imputato abbia aderito, anche solo tacitamente o implicitamente, alla relativa richiesta, non opponendosi all’istanza di rinvio. Cass., sez. VI, 7 aprile 2016 - 28 aprile 2016, n. 17683, CED 267188 160 Interruzione del corso della prescrizione. GIURISPRUDENZA 1 Reati tributari. 1 – Reati tributari. In materia di reati tributari, nelle ipotesi consistenti in condotte fraudolente che comportino, in concreto, l’evasione in misura “grave” di tributi IVA devono essere disapplicate - in quanto in contrasto con gli obblighi comunitari imposti agli Stati membri dall’art. 325, paragrafi 1 e 2, del TFUE, in considerazione di quanto affermato nella sentenza della Corte di giustizia, Grande Sezione, 8 settembre 2015, C-105/14, Taricco - le disposizioni in materia di prescrizione di cui agli artt. 160, terzo comma, ultima parte, e 161, comma 2, c.p., trovando invece applicazione, in tali casi, la più rigorosa disciplina già prevista nell’ordinamento per i delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis e 3-quater, c.p.p., secondo cui il termine ordinario di prescrizione ricomincia a decorrere dopo ogni atto interruttivo. Cass., sez. III, 17 settembre 2015 - 20 gennaio 2016, n. 2210, CED 266121 Non è manifestatamente infondata la questione di legittimità co- stituzionale - in relazione agli artt. 3,11, 25 comma secondo, 27, comma terzo, 101, comma secondo, Cost. - dell’art. 2 della l. 2 agosto 2008, n.130, che ordina l’esecuzione del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, come modificato dall’art. 2 del trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 (TFUE), nella parte che impone di applicare l’art. 325, par.1 e 2 TFUE, come interpretato dalla Corte di Giustizia, Grande Sezione con la sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco, da cui discende l’obbligo per il giudice nazionale - in presenza delle circostanze indicate nella sentenza, allorquando ne derivi la sistematica impunità delle gravi frodi in materia di IVA - di disapplicare le disposizioni in materia di prescrizione di cui agli artt. 160, comma 3 e 16, comma 2 c.p. “anche quando dalla disapplicazione e dal conseguente prolungamento della prescrizione, discendano effetti sfavorevoli per l’imputato”. Cass., sez. III, 30 marzo 2016 - 8 luglio 2016, n. 28346, CED 267259 161 Effetti della sospensione e della interruzione. GIURISPRUDENZA 1 Estensione degli effetti agli altri imputati (§ 2). 1 – Estensione degli effetti agli altri imputati. L’interruzione della prescrizione verificatasi nei confronti di un imputato ha effetto, ai sensi dell’art. 161, comma 1, c.p., per tutti coloro che hanno commesso il reato, e quindi anche per il partecipe nei cui confronti l’imputazione sia stata elevata in un momento successivo e formi oggetto di un separato giudizio. Cass., sez. IV, 21 aprile 2016 - 26 maggio 2016, n. 22229, CED 266973 162 Oblazione nelle contravvenzioni. GIURISPRUDENZA 1 Termine (§ 3). 1 – Termine. È legittima la domanda di oblazione proposta nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto penale di condanna, ancorché non contenuta nell’atto di opposizione, in quanto la contestualità di cui all’art. 464, comma 2, c.p.p. è da intendersi non come contestualità di contenuti dell’atto processuale, ma come contestualità temporale, riferita al termine di decadenza per la ammissibilità dell’opposizione alla condanna per decreto. Cass., sez. I, 17 novembre 2015 - 15 aprile 2016, n. 15785, CED 266607 È ammissibile la domanda di oblazione presentata, in sede di opposizione a decreto penale di condanna, in via subordinata rispetto alla richiesta di applicazione dell’art. 129 c.p.p., in quanto 22 il Giudice per le indagini preliminari può essere legittimamente adito, con l’atto di opposizione, non solo per accertare la sussistenza dei presupposti per l’ammissione all’oblazione, ma anche per una preliminare verifica circa la possibilità di definire il procedimento con la più favorevole pronuncia ex art. 129, sia pure nei limiti della prospettazione offerta dall’opponente in ordine alla sussistenza di una delle cause di non punibilità previste dal predetto articolo, e ferma restando l’irrevocabilità della domanda di oblazione, anche qualora il G.i.p. disattenda la richiesta preliminare. Cass., sez. I, 15 gennaio 2016 - 8 giugno 2016, n. 23856, CED 267079 - Giurisprudenza contrastante. Art. 165 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 162-bis Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative. GIURISPRUDENZA 1 Estinzione del reato (§ 7). 1 – Estinzione del reato. È illegittima la revoca del provvedimento di ammissione all’oblazione in ragione della mancata documentazione del pagamento della somma determinata, nel termine fissato dal giudice, trat- tandosi di un onere che la legge non impone ed al quale non è condizionato l’effetto estintivo del reato che, invece, discende dall’adempimento dell’obbligo pecuniario. Cass., sez. V, 21 aprile 2016 - 18 maggio 2016, n. 20719, CED 267288 163 Sospensione condizionale della pena. GIURISPRUDENZA 1 Concessione e diniego del beneficio, in generale (§ 2) sanzioni sostitutive (§ 4). 1 – Concessione e diniego del beneficio, in generale. In tema di patteggiamento, anche se l’imputato non ha subordinato l’efficacia della richiesta di definizione del giudizio con il rito speciale alla concessione della sospensione condizionale della pena, il giudice deve comunque pronunciarsi sulla concedibilità del beneficio, qualora tale questione sia stata devoluta anche da una sola delle parti, tanto più qualora l’altra, con il proprio silenzio, 2 Sospensione condizionale delle abbia apprestato sostanziale acquiescenza alla richiesta. Cass., sez. II, 15 aprile 2016 - 20 maggio 2016, n. 21071, CED 266694 2 – Sospensione condizionale delle sanzioni sostitutive. La sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria è compatibile sia con il beneficio della sospensione condizionale della pena che con l’indulto. Cass., sez. II, 3 maggio 2016 - 6 giugno 2016, n. 23346, CED 266910 164 Limiti entro i quali è ammessa la sospensione condizionale della pena. GIURISPRUDENZA 1 Motivazione: a) in generale (§ 3, a). 1 – Motivazione: a) in generale. Il giudice di appello non è tenuto a motivare in ordine al mancato esercizio del potere discrezionale di concedere d’ufficio la sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’art. 597, comma 3, c.p.p., quando l’interessato non abbia formulato al riguardo alcuna richiesta; ne deriva che il mancato riconoscimento del beneficio non costituisce violazione di legge e non configura mancanza di motivazione suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. Cass., sez. II, 19 febbraio 2016 - 18 aprile 2016, n. 15930, CED 266563 165 Obblighi del condannato. GIURISPRUDENZA 1 Restituzioni, risarcimento del danno e provvisionale (§ 2) 2 Eliminazione delle conseguenze dannose: a) demolizione della costruzione abusiva (§ 3, b) 3 Tassatività degli obblighi (§ 4) 4 Termine per l’adempimento: a) decorrenza (§ 6, a); b) omessa fissazione (§ 6, b). 1 – Restituzioni, risarcimento del danno e provvisionale. In tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui il beneficio venga subordinato all’adempimento dell’obbligo risarcitorio, il giudice della cognizione non è tenuto a svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dell’imputato, rientrando nella competenza del giudice dell’esecuzione la verifica dell’eventuale impossibilità di adempiere da parte del condannato. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che tale principio è utile al fine di impedire che l’accertamento venga svolto due volte, dal momento che in sede di esecuzione è comunque consentito al reo dimostrare l’eventuale modifica peggiorativa della sua situazione economica). Cass., sez. V, 17 novembre 2015 - 15 aprile 2016, n. 15800, CED 266690; Cass., sez. V, 9 dicembre 2015 - 25 marzo 2016, n. 12614, CED 266873 — Giurisprudenza contrastante. In tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui il beneficio venga subordinato all’adempimento dell’obbligo di risarcimento del danno, il giudice della cognizione non è tenuto a svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dell’imputato, salva l’ipotesi in cui emergano situazioni che ne facciano dubitare della capacità economica di adempiere. (In motivazione, la Corte ha osservato che l’interessato non subisce alcun pregiudizio grave ed irreparabile dalla decisione così adottata, potendo sempre allegare, in sede esecutiva, le circostanze che rendono impossibile o grandemente difficoltoso l’adempimento). Cass., sez. III, 17 maggio 2016 - 14 luglio 2016, n. 29996, CED 267352 — V. la massima precedente. In tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell’imputato, deve tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse, qualora l’imputato abbia diligentemente allegato specifiche circostanze dirette a dimostrare l’assoluta incapacità a soddisfare la condizione imposta. Cass., sez. IV, 5 aprile 2016 - 21 giugno 2016, n. 25685, CED 267372 — V. le massime precedenti. In tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell’imputato, deve tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse se dagli atti emergano elementi che consentono di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata per consentire al giudice di merito di verificare se l’imputato, dichiarato fallito dopo la sentenza di condanna di primo grado, avesse perduto l’amministrazione del proprio patrimonio con conseguente impossibilità di adempiere personalmente al pagamento della provvisionale). Cass., sez. VI, 13 23 Art. 165 - par. 1 maggio 2016 - 17 giugno 2016, n. 25413, CED 267134 — V. le massime precedenti. 2 – Eliminazione delle conseguenze dannose: a) demolizione della costruzione abusiva. Il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena previsto dall’art. 168, comma 1, c.p., ha natura dichiarativa e richiede al giudice una attività ricognitiva del mancato assolvimento della condizione che, tuttavia, non impedisce di prendere in considerazione l’assoluta impossibilità, dedotta dal condannato in sede esecutiva, di adempiere agli obblighi imposti nei termini stabiliti dal provvedimento di concessione del beneficio. (Fattispecie di condanna per reato edilizio, nella quale la Corte ha ritenuto non assolto l’onere di allegazione dei fatti che avrebbero reso oggettivamente impossibile adempiere alla condizione di demolire le opere abusive entro due mesi dal passaggio in giudicato della sentenza). Cass., sez. III, 21 gennaio 2016 - 9 marzo 2016, n. 9859, CED 266466 In tema di reati edilizi, qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione del manufatto abusivo, all’inutile scadere del termine previsto per adempiere, cui sia seguito il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, il giudice dell’esecuzione revoca di diritto il beneficio, e, su istanza di parte, la sanzione amministativa dell’ordine di demolizione. (In motivazione, la Corte ha ribadito che in mancanza di indicazione da parte del giudice, il termine per adempiere all’obbligo di demolizione è di novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza). Cass., sez. III, 8 marzo 2016 - 6 aprile 2016, n. 13745, CED 266783 In tema di reati edilizi, il giudice, nella sentenza di condanna, può legittimamente subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva, in quanto tale ordine ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, dovendo tuttavia spiegare perchè, nel formulare il giudizio prognostico di cui all’art. 164, comma primo, c.p., ritenga necessario porre l’esecuzione di tale ordine come condizione per la fruizione del beneficio. Cass., sez. III, 10 marzo 2016 - 29 aprile 2016, n. 17729, CED 267027 L’impossibilità tecnica di demolire un manufatto abusivo, nel caso in cui la sospensione condizionale della pena sia subordinata alla sua demolizione, non rileva come causa di revoca del beneficio solo se non dipenda da causa imputabile al condannato. (In motivazione la Corte, in una fattispecie nella quale il condannato aveva giustificato la mancata demolizione del manufatto per il pregiudizio che, eseguendo l’ordinanza di demolizione, sarebbe derivato ai sottostanti immobili non abusivi, ha precisato che la dedotta impossibilità fosse imputabile al condannato per aver realizzato l’opera in violazione della normativa urbanistica). Cass., sez. III, 27 aprile 2016 - 10 maggio 2016, n. 19387, CED 267108 In tema di sospensione condizionale della pena subordinata all’adempimento di determinati obblighi, l’inadempimento di questi ultimi determina la revoca del beneficio, salvo i casi di impossibilità di adempiere dovuta a causa non imputabile al condannato, non potendo rilevare, invece, fatti propri e volontari dello stesso, anche se antecedenti o concomitanti alla concessione del beneficio. (In applicazione del principio, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento del giudice di esecuzione di CODICE PENALE revoca del beneficio per inadempimento parziale degli obblighi cui era subordinata la sospensione condizionale della pena, in particolare per non aver il condannato adempiuto alla rimessione in pristino di uno dei fondi interessati dall’ordinanza, che lo stesso aveva alienato a terzi prima della concessione del beneficio). Cass., sez. III, 8 aprile 2016 - 18 luglio 2016, n. 30402, CED 267330 Il sopravvenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria non osta alla revoca della sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione del manufatto abusivo, in quanto la revoca opera di diritto all’inutile scadenza del termine per la demolizione stabilito dal giudice. Cass., sez. III, 27 aprile 2016 - 10 maggio 2016, n. 19387, CED 267109 In tema di reati edilizi, nel caso in cui il giudice fissi il termine per adempiere all’obbligo di demolizione del manufatto abusivo, cui é subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena, non trova applicazione quello di novanta giorni, richiamato dall’art. 31 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, che invece opera nel caso in cui in sentenza non sia stato fissato alcun termine. Cass., sez. III, 28 aprile 2016 - 27 maggio 2016, CED 22258, CED 267358 3 – Tassatività degli obblighi. È illegittima, in applicazione dei principi di legalità e tassatività - che escludono la sottoposizione del beneficio ad obblighi diversi da quelli previsti dall’art. 165 c.p. - la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’obbligo del risarcimento dei danni entro un termine predefinito nella sentenza, nel caso in cui il giudice penale abbia pronunciato condanna generica e demandato al giudice civile la liquidazione del predetto danno, giacché la disposizione di cui all’art. 165 c.p. attribuisce al giudice di merito l’esercizio di tale facoltà solo ove abbia proceduto direttamente alla quantificazione dell’obbligo risarcitorio del condannato, ovvero abbia assegnato una provvisionale. Cass., sez. VI, 9 giugno 2016 12 luglio 2016, n. 29163, CED 267526 4 – Termine per l’adempimento: a) decorrenza. In tema di sospensione condizionale della pena subordinata al versamento di una provvisionale, il giudice può fissare un termine per il pagamento anteriore alla data di passaggio in giudicato della sentenza, trattandosi di obbligo immediatamente esecutivo ex art 540, comma 2 c.p.p.. È, pertanto, illegittimo il provvedimento con cui il giudice di appello escluda il beneficio concesso in primo grado, in assenza di appello del P.M. in ordine al riconoscimento di detto beneficio oppure dell’inosservanza da parte del condannato, senza giustificato motivo, degli obblighi cui la sospensione condizionale della pena era stata subordinata. Cass., sez. V, 27 ottobre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 4014, CED 267557 — Giurisprudenza contrastante. b) omessa fissazione. In caso di sospensione condizionale della pena subordinata all’adempimento di obblighi, il termine entro il quale l’imputato deve provvedere, qualora non sia stato fissato in sentenza, coincide con quello previsto dall’art. 163 c.p., ossia con quello durante il quale è sospesa l’esecuzione della sanzione irrogata, dopo il passaggio in giudicato della decisione. (Fattispecie relativa a sentenza di condanna con sospensione condizionale della pena subordinata allo svolgimento di lavori di pubblica utilità). Cass., sez. IV, 6 maggio 2016 - 24 maggio 2016, n. 21583, CED 267280 — Giurisprudenza contrastante. 168 Revoca della sospensione. GIURISPRUDENZA 1 Termini (§ 1) 2 Inadempimento degli obblighi (§ 3) 3 Reato continuato (§ § 11) 4 Revoca per difetto delle condizioni per la sospensione: inammissibilità (§ 13) 5 Natura del provvedimento di revoca e decorrenza degli effetti (§ 14) 6 Questioni processuali. 24 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 1 – Termini. Ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena, il termine (quinquennale o biennale) previsto dall’art. 163, comma primo, c.p., anche nel caso previsto dall’art. 168, comma primo, stesso codice, va computato a partire dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza con la quale è stato concesso il beneficio. Cass., sez. IV, 10 maggio 2016 - 1 giugno 2016, n. 23192, CED 267095 Art. 168-bis - par. 3 seguito dell’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale, cui il condannato medesimo era stato ammesso.(In motivazione la suprema Corte ha precisato che la declaratoria di estinzione di ogni “effetto penale” della condanna non può eliminare il vizio genetico che ha determinato la concessione del beneficio). Cass., sez. I, 4 maggio 2016 - 26 luglio 2016, n. 32428, CED 267479 3 – Reato continuato. Non è revocabile la sospensione condizionale della pena a causa di una terza condanna, allorché le due precedenti siano state ritenute dal giudice dell’esecuzione riferibili ad un unico reato continuato e non risultino superati i limiti di pena di cui all’art. 163 c.p.. Cass., sez. I, 28 ottobre 2015 - 28 gennaio 2016, n. 3775, CED 266004 5 – Natura del provvedimento di revoca e decorrenza degli effetti. La revoca della condizionale della pena concessa in primo grado può essere disposta dal giudice d’appello solo se la statuizione sia stata oggetto di espressa impugnazione da parte dell’imputato e non anche di ufficio, anche quanto in secondo grado la condanna a pena detentiva è sostituita con condanna alla sola pena pecuniaria, in quanto la concessione del beneficio, dando luogo ad una causa di estinzione del reato, è sempre una previsione di favore per l’imputato, rispetto alla quale opera il divieto di “reformatio in peius”. (In motivazione, la Corte ha escluso che la domanda di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria comportasse l’implicita richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena, disposta dal giudice di primo grado con riferimento alla pena detentiva). Cass., sez. V, 11 giugno 2015 - 22 ottobre 2015, n. 42583, CED 266412 4 – Revoca per difetto delle condizioni per la sospensione: inammissibilità. Il giudice dell’esecuzione può revocare, ai sensi dell’art.168, comma quarto, c.p., il beneficio della sospensione condizionale della pena concessa, in violazione dell’art.164, comma secondo,n.1, c.p., in favore dell’imputato che aveva riportato precedente condanna per un delitto a pena detentiva , anche ove, in relazione a tale condanna, sia intervenuta declaratoria di “estinzione della pena e di ogni altro effetto penale” ai sensi dell’art. 47 dell’Ord. pen., a 6 – Questioni processuali. È legittima la sentenza con la quale il giudice di appello, nel rivalutare i criteri di determinazione della sanzione e nel rideterminare la pena in pecuniaria al posto di quella detentiva, accolga la richiesta dell’imputato, unico appellante, di revocare la sospensione condizionale della pena disposta dal giudice di primo grado, in quanto tale provvedimento non viola il “divieto di reformatio in peius”. Cass., sez. III, 11 febbraio 2016 - 11 aprile 2016, n. 14739, CED 266756 2 – Inadempimento degli obblighi. In tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, in assenza della determinazione da parte del giudice del “quantum debeatur”, l’inadempimento da parte del condannato dell’obbligo impostogli non comporta la revoca del beneficio, essendo la prestazione inesigibile, per oggettiva indeterminatezza. Cass., sez. I, 25 gennaio 2016 - 15 luglio 2016, n. 30242, CED 267431 168-bis Sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato. GIURISPRUDENZA 1 Reati per i quali è consentita la messa alla prova (§ 2) 2 Condizioni per la concessione della sospensione e motivazione del provvedimento 3 Questioni processuali (§ 3). 1 – Reati per i quali è consentita la messa alla prova. Ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, il richiamo contenuto all’art. 168-bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispeciebase, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese quelle ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato. Cass., S.U., 31 marzo 2016 - 1 settembre 2016, n. 36272, CED 267238 — Risoluzione di contrasto. negativo nella stima della prognosi). Cass., sez. IV - 26 novembre 2015 - 8 marzo 2016, n. 9581, CED 266299 È legittimo il rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova contenente solo una generica dichiarazione dell’imputato di voler risarcire il danno, essendo egli tenuto a comprovare, con idonee allegazioni, il suo intento di porre in essere condotte riparative. (Fattispecie relativa ad omesso versamento di contributi previdenziali, in cui l’imputato si era limitato a rappresentare all’INPS la sua intenzione, senza che a ciò fosse seguito il versamento né altra condotta indicativa di un’effettiva intenzione di espletare condotte riparatorie). Cass., sez. III, 2 marzo 2016 - 1 aprile 2016, n. 13235, CED 266322 2 – Condizioni per la concessione della sospensione e motivazione del provvedimento. La concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell’art. 168 bis cod. pen, è rimessa al potere discrezionale del giudice e postula un giudizio volto a formulare una prognosi positiva riguardo all’efficacia riabilitativa e dissuasiva del programma di trattamento proposto e alla gravità delle ricadute negative sullo stesso imputato in caso di esito negativo. (In motivazione la Corte ha precisato che anche la presenza di un precedente penale specifico può essere discrezionalmente considerata dal giudice circostanza valorizzabile in senso 3 – Questioni processuali. L’ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova non è immediatamente impugnabile, ma è appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 586 c.p.p., in quanto l’art. 464-quater, comma 7, c.p.p., nel prevedere il ricorso per cassazione, si riferisce unicamente al provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta dell’imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con la messa alla prova. Cass., S.U., 31 marzo 2016 - 29 luglio 2016,n. 33216, CED 267237 — Risoluzione di contrasto. 25 Art. 169 - par. 1 CODICE PENALE 169 Perdono giudiziale per i minori degli anni diciotto. GIURISPRUDENZA 1 Concessione e diniego (§ 4). 1 – Concessione e diniego. In tema di sospensione del processo con messa alla prova, il comportamento dell’imputato minorenne ammesso al programma di trattamento, oltre che condizionare il buon esito della prova, può essere rilevante ai fini della concedibilità del perdono giudiziale, essendo indicativo della eventuale propensione commettere ulteriori reati. Cass., sez. II, 16 giugno 2016 - 18 luglio 2016, n. 30435, CED 267381 171 Morte del reo dopo la condanna. GIURISPRUDENZA 1 Effetti (§ 2). 1 – Effetti. L’ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto con la sentenza di condanna per reato edilizio, non è estinto dalla morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza, non avendo natura penale ma di sanzione amministrativa accessoria. Cass., sez. III, 8 aprile 2016 - 18 luglio 2016, n. 30406, CED 267333 172 Estinzione delle pene della reclusione e della multa per decorso del tempo. GIURISPRUDENZA 1 Decorrenza della prescrizione (§ 3). 1 – Decorrenza della prescrizione. Il termine di decorrenza della prescrizione della pena, per sopravvenuta eseguibilità in ragione del verificarsi delle condizioni per la revoca del beneficio della sospensione condizionale, ha inizio nel momento in cui diviene definitiva la decisione di accertamento della causa della revoca e non in quello in cui sia adottato dal giudice dell’esecuzione il provvedimento di revoca. Cass., sez. I, 2 dicembre 2015 - 16 marzo 2016, n. 11156, CED 266343 — Giurisprudenza contrastante. 175 Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. GIURISPRUDENZA 1 Generalità (§ 2) 2 Condanne precedenti (§ 4). 1 – Generalità. Il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale ha lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante l’eliminazione della pubblicità della sentenza, di talchè, ai fini della sua concessione o del suo diniego, non può attribuirsi rilevanza esclusiva alla gravità del danno arrecato, dovendosi valutare tale elemento unitamente agli altri in grado di esprimere l’idoneità del beneficio a concorrere al recupero del reo. Cass., sez. IV, 16 giugno 2016 - 20 luglio 2016, n. 31217, CED 267523 2 – Condanne precedenti. La non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale può essere concessa a chi abbia riportato una precedente condanna per la quale sia intervenuta pronuncia di riabilitazione, atteso che l’art.178 c.p. stabilisce che la riabilitazione, oltre alle pene accessorie, estingue ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti, e l’art.175, primo comma, c.p., non introduce alcuna deroga al riguardo. Cass., sez. III, 28 dicembre 2015 - 18 gennaio 2016, n. 1623, CED 266348 185 Restituzioni e risarcimento del danno. GIURISPRUDENZA 1 Danno risarcibile (§ 4) Pubblica amministrazione (§ 8). 2 Danneggiato (§ 5) 1 – Danno risarcibile. Il diritto del danneggiato dal reato al risarcimento del danno permane anche a seguito di abolitio criminis, a nulla rilevando l’assenza di specifiche previsioni normative sui diritti quesiti, poiché in tal caso non si applicano i principi attinenti la successione nel tempo delle leggi penali, fissati dall’art. 2 c.p., ma il principio stabilito dall’art. 11 delle preleggi. Cass., sez. V, 15 febbraio 2016 - 7 aprile 2016, n. 14041, CED 266318 2 – Danneggiato. La legittimazione all’azione civile nel processo penale va verificata esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dalla parte a fondamento dell’azione, in relazione al rapporto sostanziale dedotto in giudizio ed indipendentemente dalla effettiva titolarità del vantato diritto al risarcimento dei danni, il cui 26 3 Estensione della responsabilità (§ 6) 4 accertamento riguarda il merito della causa, investendo i concreti requisiti di accoglibilità della domanda e, perciò, la sua fondatezza, ed è collegato all’adempimento dell’onere deduttivo e probatorio incombente sull’attore. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione che, dopo aver ammesso la costituzione delle parti civili che asserivano di aver subito un danno per effetto della morte del loro congiunto in conseguenza del sinistro stradale, ne rigettava la domanda di risarcimento per non aver fornito adeguata evidenza della loro qualità di congiunti e aventi diritto a seguito della morte della parte offesa). Cass., sez. IV, 18 febbraio 2016 . 11 aprile 2016, n. 14768, CED 266899 Nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie, il privato confinante è legittimato a costituirsi parte civile, quando la realizzazione dell’abuso edilizio violi non solo le norme poste a tutela del regolare assetto del territorio, ma anche le norme civilistiche, quali i limiti al Art. 235 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO diritto di proprietà in tema di distanze, volumetria ed altezza delle costruzioni, essendo solo in tal caso ipotizzabile un danno patrimoniale che dà luogo all’azione di risarcimento del medesimo. Cass., sez. III, 21 gennaio 2016 - 11 marzo 2016, n. 10106, CED 266290 3 – Estensione della responsabilità. In tema di responsabilità civile da reato, specificamente fondata sull’art. 2049 c.c., ovvero responsabilità solidale per il fatto altrui, sussiste la responsabilità del committente per l’attività illecita posta in essere dall’agente anche privo del potere di rappresentanza, quando la commissione dell’illecito sia stato agevolato o reso possibile dalle incombenze demandate a quest’ultimo e il committente abbia avuto la possibilità di esercitare poteri di direttiva e di vigilianza. (Fattispecie di mandato senza rappresentanza in cui l’agente operava nell’ambito delle direttive impartite dal committente, senza il potere di intervenire sul contenuto dei rapporti con la clientela, ed era inserito nell’organizzazione dell’impresa del committente per quanto concerneva la riscossione dei canoni anticipati). Cass., sez. V, 9 febbraio 2016 - 23 febbraio 2016, n. 7124, CED 267569 4 – Pubblica amministrazione. La giurisdizione penale e la giurisdizione contabile sono reciprocamente autonome anche in caso di azione di responsabilità derivante da un medesimo fatto di reato commesso da un pubblico dipendente e l’eventuale interferenza che può determinarsi tra i relativi giudizi incide solo sulla proponibilità dell’azione di responsabilità e sulla eventuale preclusione derivante dal giudicato, ma non sulla giurisdizione, nel senso che l’azione di danno può essere esercitata in sede civile o penale, ovvero davanti alla Corte dei Conti, solo a condizione che l’ente danneggiato non abbia già ottenuto un precedente titolo per il risarcimento di tutti i danni. (Fattispecie in tema di peculato, in cui la Corte ha ritenuto legittima la liquidazione in favore della P.A. del danno morale derivante dal reato commesso da un suo pubblico dipendente). Cass., sez. VI, 13 novembre 2015 29 gennaio 2016, n. 3907, CED 266110 206 Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza. GIURISPRUDENZA 1 Revoca. 1 – Revoca. La competenza a decidere in ordine alla revoca o alla modifica della misura di sicurezza applicata in via provvisoria spetta, nel corso del giudizio o comunque prima dell’irrevocabilità della sen- tenza, al giudice della cognizione che procede e non al Magistrato di sorveglianza. Cass., sez. I, 5 novembre 2015 - 26 maggio 2016, n. 22122, CED 266884 208 Riesame della pericolosità. GIURISPRUDENZA 1 Competenza. 1 – Competenza. In tema di misura di sicurezza personale del ricovero in O.P.G., nella ipotesi in cui l’internato sia stato trasferito altrove, per l’esecuzione di un periodo di licenza finale di esperimento, il magistrato di sorveglianza competente per i provvedimenti di cui all’art.208 c.p. è, secondo la regola generale di cui all’art. 677 c.p.p., quello nel cui ambito territoriale insiste l’ospedale psichia- trico dal quale il predetto è stato trasferito e non quello del luogo ove si è svolto l’esperimento finale.(In motivazione la Suprema Corte ha precisato che la licenza finale di esperimento costituisce non un provvedimento giudiziale, ma una mera modalità esecutiva della misura di sicurezza, risultando quindi irrilevante l’eventuale chiusura medio tempore, dell’O.P.G. di provenienza). Cass., sez. I, 27 giugno 2016 - 27 luglio 2016, n. 32766, CED 267484 219 Assegnazione a una casa di cura e di custodia. GIURISPRUDENZA 1 Infermità psichica (§ 2) 2 Sostituzione del ricovero con la misura della libertà vigilata (§ 6). 1 – Infermità psichica. La misura di sicurezza del ricovero in una casa di cura e custodia, di cui all’art. 219 c.p., non è limitata alla sola ipotesi nella quale la circostanza del vizio parziale di mente determina una riduzione effettiva della pena, ma si applica anche qualora la parziale infermità sia reputata equivalente rispetto agli altri elementi circostanziali. (In motivazione, la S.C. ha osservato che in tali casi la circostanza di cui all’art. 89 c.p. implica comunque una “riduzione” della pena, paralizzando gli aumenti che in astratto deriverebbero dalle aggravanti). Cass., sez. I, 12 aprile 2016 - 3 agosto 2016, n. 34203, CED 267460 2 – Sostituzione del ricovero con la misura della libertà vigilata. La misura di sicurezza della libertà vigilata può essere applicata, in luogo della misura dell’assegnazione ad una casa di cura e di custodia, anche nei confronti del condannato affetto da vizio parziale di mente, se in concreto detta misura sia capace di soddisfare le esigenze di cura e tutela della persona e di controllo della sua pericolosità sociale. Cass., sez. III, 28 gennaio 2016 - 8 aprile 2016, n. 14260, CED 266347 235 Espulsione od allontanamento dello straniero dallo stato. GIURISPRUDENZA 1 Stranieri assoggettabili all’espulsione (§ 3). 1 – Stranieri assoggettabili all’espulsione. L’espulsione prevista dagli artt. 235 c.p. e 15 d.lg. 25 luglio 1998 n. 286 può essere disposta, ricorrendone le condizioni, anche nei confronti dello straniero munito di permesso di soggiorno e convivente con prossimi congiunti di nazionalità italiana, atteso il preminente interesse dello Stato all’allontanamento di una persona che, commettendo reati di una certa gravità, si è rivelata incline a delinquere e, dunque, socialmente pericolosa. Cass., sez. III, 12 gennaio 2016 - 19 febbraio 2016, n. 6707, CED 266276 27 Art. 240 - par. 1 CODICE PENALE 240 Confisca (1). [I] Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto. [II] È sempre ordinata la confisca [416-bis7, 446, 722]: 1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato; 1-bis) dei beni e degli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in tutto o in parte utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies, 640-ter e 640-quinquies nonché dei beni che ne costituiscono il profitto o il prodotto ovvero di somme di denaro, beni o altre utilità di cui il colpevole ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto, se non è possibile eseguire la confisca del profitto o del prodotto diretti (2); 2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna. [III] Le disposizioni della prima parte e dei numeri 1 e 1-bis del capoverso precedente non si applicano se la cosa o il bene o lo strumento informatico o telematico appartiene a persona estranea al reato. La disposizione del numero 1-bis del capoverso precedente si applica anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale (3). [IV] La disposizione del numero 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa. (1) V., in tema di responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato, art. 19 d.lg. 8 giugno 2001, n. 231, in App. 6.1. (2) Numero inserito dall’art. 1 comma 1 lett. a) l. 15 febbraio 2012, n. 12, Norme in materia di misure per il contrasto ai fenomeni di criminalità informatica, e così modificato dall’art. 2 comma 1 lett. a) d.lg. 29 ottobre 2016, n. 202, che ha aggiunto le parole da « nonché » alla fine del numero. (3) Comma così sostituito dall’art. 1 comma 1 lett. b) l. n. 12 del 2012, cit. Il testo del comma era il seguente: « Le disposizioni della prima parte e del numero 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato ». Norme att. c.p.p.: Art. 86-bis. (1) (Destinazione dei beni informatici o telematici sequestrati o confiscati in quanto utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli 473, 474, 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies, 640-ter e 640-quinquies del codice penale). — 1. I beni e gli strumenti informatici o telematici oggetto di sequestro che, a seguito di analisi tecnica forense, risultino essere stati in tutto o in parte utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli 473, 474, 615-ter, 615-quater, 615quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies, 640ter e 640-quinquies del codice penale sono affidati dall’autorità giudiziaria in custodia giudiziale con facoltà d’uso, salvo che vi ostino esigenze processuali, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego in attività di contrasto ai crimini informatici, ovvero ad altri organi dello Stato per finalità di giustizia. 2. I beni e gli strumenti di cui al comma 1, ove acquisiti dallo Stato a seguito di procedimento definitivo di confisca, sono assegnati alle amministrazioni che ne facciano richiesta e che ne abbiano avuto l’uso ovvero, ove non vi sia stato un precedente affidamento in custodia giudiziale, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego in attività di contrasto ai crimini informatici ovvero ad altri organi dello Stato per finalità di giustizia.(1) Articolo inserito dall’art. 2 l. n. 12 del 2012, cit. GIURISPRUDENZA 1 Confisca obbligatoria: a) cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione, costituisce reato: aa) armi (§ 7, c, cb) 2 Cose appartenenti a persona estranea al reato: a) nozione di persona estranea al reato; casistica (§ 8, b) 3 Altre ipotesi di confisca: a) edilizia e urbanistica (§ 14, c). 1 – Confisca obbligatoria: a) cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione, costituisce reato: aa) armi. La misura di sicurezza patrimoniale della confisca è imposta per tutti i reati concernenti le armi ed è obbligatoria anche in caso di archiviazione del procedimento, ove non venga ritenuta l’insussistenza del fatto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimamente confiscate dal G.i.p., con il decreto di archiviazione, le armi e munizioni in sequestro, detenute da persone rimaste diverse dall’indagato rimaste ignote). Cass., sez. I, 12 aprile 2016 - 17 maggio 2016, n. 20508, CED 266894 La confisca prevista dall’art. 6, l. 22 maggio 1975, n. 152, è obbligatoria per tutti i delitti e le contravvenzioni concernenti le 28 armi anche in caso di declaratoria di estinzione del reato per oblazione, restando esclusa solo nelle ipotesi di assoluzione nel merito o di appartenenza dell’arma a persona estranea al reato medesimo. (In motivazione, la Corte ha osservato che, ai fini della applicabilità della predetta confisca, non rilevano i principi affermati dalla Corte EDU nella sentenza del 29 ottobre 2013, Varvara c. Italia, trattandosi di ablazione obbligatoria avente finalità essenzialmente preventiva e non sanzionatoria, posto che la circolazione non autorizzata delle armi è, in sè, vietata in ragione delle intrinseche caratteristiche di pericolosità della cosa). Cass., sez. I, 6 aprile 2016 - 2 agosto 2016, n. 33982, CED 267458 Art. 270-septies ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 2 – Cose appartenenti a persona estranea al reato: a) nozione di persona estranea al reato; casistica. In tema di trasporto illecito di rifiuti, il terzo estraneo al reato che, qualificandosi come proprietario o titolare di altro diritto reale sul mezzo sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, ne invochi la restituzione in suo favore, ha l’onere di provare la propria buona fede, ovvero che l’uso illecito della “res” gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento colpevole o negligente. (In motivazione, la Corte ha specificato che il soggetto, che dà in noleggio un veicolo adibito al trasporto di rifiuti, può adeguatamente fondare una sua condizione di buona fede solo ove abbia preventivamente verificato l’esistenza del titolo abilitativo per l’esercizio di tale attività specificamente riferito al veicolo in questione). Cass., sez. III, 2 dicembre 2015 - 24 marzo 2016, n. 12473, CED 266482 3 – Altre ipotesi di confisca: a) edilizia e urbanistica. Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei terreni oggetto di ipotizzata lottizzazione abusiva non può essere legittimamente adottato quando l’esercizio dell’azione penale risulti precluso, essendo già maturata la prescrizione del reato, poichè in tal caso è impedito al giudice di compiere, nell’ambito di un giudizio che assicuri il contraddittorio e la piena partecipazione degli interessati, l’accertamento del reato (nei suoi estremi oggettivi e soggettivi) e della sussistenza di profili quanto meno di colpa nei soggetti incisi dalla misura, presupposto necessario per disporre la confisca anche in presenza di una causa estintiva del reato. Cass., sez. III, 19 maggio 2016 - 23 agosto 2016, n. 35313, CED 267534 270-bis Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico. GIURISPRUDENZA 1 Natura giuridica del reato (§ 3). 1 – Natura giuridica del reato. Il compimento di atti di violenza di matrice anarchica non consente di ritenere integrato il reato associativo di cui all’art. 270-bis c.p., qualora sia supportato da una mera adesione individuale al programma di un’associazione ispirata a tale ideologia, essendo invece necessario che i soggetti agenti abbiano costituito una “cellula” della predetta associazione, o un “gruppo di affinità“ alla stessa, alla quale risultino riconducibili le azioni delittuose poste in essere. Cass., sez. II, 1 aprile 2016 - 11 luglio 2016, n. 28753, CED 267512 270-quinquies.1 Finanziamento di condotte con finalità di terrorismo . (1) [I] Chiunque, al di fuori dei casi di cui agli articoli 270-bis e 270-quater.1, raccoglie, eroga o mette a disposizione beni o denaro, in qualunque modo realizzati, destinati a essere in tutto o in parte utilizzati per il compimento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all’articolo 270-sexies è punito con la reclusione da sette a quindici anni, indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi per la commissione delle citate condotte. [II] Chiunque deposita o custodisce i beni o il denaro indicati al primo comma è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. (1) Articolo inserito dall’art. 4 comma 1 lett. a) l. 28 luglio 2016, n. 153. competenza: Corte d’Assise arresto: obbligatorio fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 2753 c.p.p.) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d’ufficio 270-quinquies.2 Sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro . (1) [I] Chiunque sottrae, distrugge, disperde, sopprime o deteriora beni o denaro, sottoposti a sequestro per prevenire il finanziamento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all’articolo 270-sexies, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000. (1) Articolo inserito dall’art. 4 comma 1 lett. a) l. 28 luglio 2016, n. 153. competenza: Trib. monocratico arresto: facoltativo fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 2753 c.p.p.) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d’ufficio 270-septies Confisca . (1) [I] Nel caso di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale per taluno dei delitti commessi con finalità di terrorismo di cui all’articolo 270-sexies è sempre 29 Art. 270-septies CODICE PENALE disposta la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo, prodotto o profitto. (1) Articolo inserito dall’art. 4 comma 1 lett. b) l. 28 luglio 2016, n. 153. 280-ter Atti di terrorismo nucleare . (1) [I] È punito con la reclusione non inferiore ad anni quindici chiunque, con le finalità di terrorismo di cui all’articolo 270-sexies: 1) procura a sé o ad altri materia radioattiva; 2) crea un ordigno nucleare o ne viene altrimenti in possesso. [II] È punito con la reclusione non inferiore ad anni venti chiunque, con le finalità di terrorismo di cui all’articolo 270-sexies: 1) utilizza materia radioattiva o un ordigno nucleare; 2) utilizza o danneggia un impianto nucleare in modo tale da rilasciare o con il concreto pericolo che rilasci materia radioattiva. [III] Le pene di cui al primo e al secondo comma si applicano altresì quando la condotta ivi descritta abbia ad oggetto materiali o aggressivi chimici o batteriologici. (1) Articolo inserito dall’art. 4 comma 1 lett. c) l. 28 luglio 2016, n. 153. competenza: Corte d’Assise arresto: obbligatorio fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d’ufficio. 314 Peculato. GIURISPRUDENZA 1 Soggetti attivi: a) la qualifica pubblicistica (§ 2, a) 2 La ragione di ufficio o servizio (§ 3) 3 Possesso o disponibilità (§ 4) 4 Casistica (§ 7) 5 Elemento soggettivo (§ 10) 6 Peculato d’uso (§ 11) 7 Rapporti con altri reati: a) abuso di ufficio (§ 13, a); b) truffa (§ 13, h). 1 – Soggetti attivi: a) la qualifica pubblicistica. Ai fini della configurazione del reato di peculato, i soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, allorquando la ragione d’essere della società medesima risieda nel generale perseguimento di finalità connesse a servizi di interesse pubblico, a nulla rilevando che dette finalità siano realizzate con meri strumenti privatistici. (Fattispecie nella quale la Corte ha riconosciuto la qualifica di incaricato di pubblico servizio al presidente di una società per azioni, operante secondo le regole privatistiche ma partecipata interamente da un comune, avente ad oggetto la gestione di servizi di manutenzione del verde pubblico e dell’arredo urbano). Cass., sez. VI, 7 luglio 2015 - 14 gennaio 2016, n. 1327, CED 266265 2 – La ragione di ufficio o servizio. In tema di peculato, il possesso qualificato dalla ragione dell’ufficio o del servizio non è solo quello che rientra nella competenza funzionale specifica del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ma anche quello che si basa su un rapporto che consenta al soggetto di inserirsi di fatto nel maneggio o nella disponibilità della cosa o del denaro altrui, rinvenendo nella pubblica funzione o nel servizio anche la sola occasione per un tale comportamento. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la sentenza impugnata che aveva ravvisato la configurabilità del peculato nella condotta del presidente di una società già concessionaria per la gestione di immobili dell’INPDAP, il quale, 30 dopo la fine della convenzione, si era appropriato di fondi depositati sul conto corrente relativo alla gestione degli immobili attraverso la liquidazione di alcune fatture in favore della società, eludendo la procedura di controllo e pagamento di competenza dell’ente pubblico). Cass., sez. VI, 19 maggio 2016 - 29 luglio 2016, n. 33254, CED 267525 3 – Possesso o disponibilità. È configurabile il delitto di peculato quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio eroga denaro pubblico di cui possa disporre attraverso l’adozione di atti amministrativi di sua competenza non sottoposti a controllo di altre componenti dell’ufficio per effetto di consolidate prassi illecite o sistematicamente neghittose, anche nel caso in cui sia stata predisposta documentazione fittizia, ove tale artifizio non sia necessario all’acquisizione della suddetta disponibilità. (Fattispecie relativa alla sistematica appropriazione, da parte di un dirigente della Provincia cui era attribuita la gestione dei contributi da assegnare a seguito di eventi calamitosi, posta in essere riconoscendo, con apposite delibere adottate all’esito di istruttorie fittizie o inesistenti, il diritto al contributo in favore di compiacenti beneficiari, ed emettendo poi i relativi decreti di liquidazione, cui faceva seguito il mandato di pagamento dell’ufficio finanziario della Provincia). Cass., sez. VI, 11 dicembre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 3913, CED 267168 4 – Casistica. Integra il delitto di peculato la condotta del funzionario doganale che si appropria di merci prelevate da “containers” per Art. 317 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO l’effettuazione di controlli a campione, in quanto ha di esse la disponibilità giuridica per ragioni del suo ufficio. Cass., sez. VI, 4 febbraio 2016 - 19 maggio 2016, n. 20972, CED 267088 Integra il delitto di peculato la condotta del titolare di un impianto di cattura ed inanellamento di specie aviarie a scopo scientifico che si impossessa a fini privati di esemplari di volatili catturati, in occasione dell’esercizio dell’attività scientifica autorizzata. Cass., sez. VI, 22 marzo 2016 - 28 aprile 2016, n. 17677, CED 267312 5 – Elemento soggettivo. In tema di peculato, l’errore del pubblico ufficiale circa la propria facoltà di disposizione di un bene pubblico per fini diversi da quelli istituzionali non configura un errore di fatto su legge diversa da quella penale, atto ad escludere il dolo, ma costituisce errore o ignoranza della legge penale il cui contenuto è integrato dalla norma amministrativa che disciplina la destinazione del bene pubblico. (Fattispecie in tema di uso indebito dell’autovettura di servizio). Cass., sez. VI, 10 marzo 2016 - 31 marzo 2016, n. 13038, CED 266192 6 – Peculato d’uso. Il peculato d’uso è configurabile solo in relazione a cose di specie e non al denaro, menzionato in modo alternativo solo nel primo comma dell’art. 314 c.p., in quanto la sua natura fungibile non consente - dopo l’uso - la restituzione della stessa cosa, ma solo del “tantundem”, irrilevante ai fini dell’integrazione dell’ipotesi attenuata. Cass., sez. VI, 4 dicembre 2015 - 15 dicembre 2015, n. 49474, CED 266242 Integra il reato di peculato, e non già quello di peculato d’uso, la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che utilizza reiteratamente l’autovettura di servizio per finalità attinenti alla vita privata, atteso che tale condotta si risolve nell’appropriazione di un bene della pubblica amministrazione. (In motivazione la Corte di cassazione ha precisato che si configura una condotta appropriativa ogni qual volta l’agente esercita sul bene un potere uti dominus tale da sottrarlo alla disponibilità dell’ente). Cass., sez. VI, 10 marzo 2016 - 31 marzo 2016, n. 13038, CED 266191 — Giurisprudenza contrastante. 7 – Rapporti con altri reati: a) abuso di ufficio. Mentre nel reato di peculato la condotta consiste nell’appropriazione del bene per fine esclusivamente personale, incompatibile con il titolo per cui si possiede e con conseguente sottrazione al patrimonio dell’avente diritto del bene ad opera dell’agente, quella di abuso di ufficio, invece, si realizza con l’uso indebito del bene a proprio vantaggio, senza, tuttavia, che ciò comporti la perdita dello stesso e la conseguente lesione patrimoniale dell’avente diritto. Cass., sez. VI, 2 marzo 2016 - 25 marzo 2016, n. 12658, CED 266871 b) truffa. Integra il reato di peculato e non quello di truffa aggravata la condotta dell’ufficiale giudiziario che si fa consegnare dalla cassa dell’ufficio UNEP somme maggiori rispetto a quelle necessarie per lo svolgimento delle attività d’ufficio, successivamente alterando la documentazione volta a dimostrarne l’impiego in sede di rendiconto mensile, al fine di occultare l’appropriazione del denaro. (In motivazione, la Corte ha precisato che sussiste il delitto di peculato quando l’agente fa proprio il bene altrui del quale abbia già il possesso per ragione del suo ufficio, ricorrendo all’artificio o al raggiro esclusivamente per occultare la commissione dell’illecito). Cass., sez. VI, 3 marzo 2016 - 2 maggio 2016, n. 18177, CED 266985 316-bis Malversazione a danno dello Stato. GIURISPRUDENZA 1 Momento consumativo (§ 5). 1 – Momento consumativo. Il delitto di malversazione ai danni dello Stato è reato istantaneo che si consuma nel momento in cui le sovvenzioni, i finanziamenti o i contributi pubblici vengono distratti dalla destinazione per cui sono erogati. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva considerato irrilevanti, ai fini della configurazione del reato, le circostanze che l’imputato avesse fornito garanzie ipotecarie e fideiussorie in relazione alla restituzione della somma di denaro distratta dalle finalità di pubblico interesse e che, al momento in cui la distrazione era stata commessa, la realizzazione dell’opera finanziata avesse trovato ostacoli in ordne al rilascio dei necessari titoli abilitativi). Cass., sez. VI, 9 febbraio 2016 - 25 marzo 2016, n. 12653, CED 267205 316-ter Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. GIURISPRUDENZA 1 I rapporti con il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (§ 3). 1 – I rapporti con il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni si differenzia da quello di truffa aggravata, finalizzata al conseguimento delle stesse, per la mancata inclusione, tra gli elementi costitutivi, della induzione in errore dell’ente erogatore, essendo quest’ultimo chiamato solo a prendere atto dell’esistenza dei requisiti autocertificati e non a compiere una autonoma attività di accertamento. (Fattispecie in tema di aiuti comunitari all’agricoltura in cui la Corte ha ritenuto configurabile il reato di truffa e non quello di cui all’art. 316-ter c.p., atteso che, ai sensi del regolamento CE 1122/ 2009, l’accoglimento delle domande non si fondava su semplici dichiarazioni autocertificate ma implicava articolati controlli da parte dell’autorità competente per l’accertamento dell’ammissibilità dei contributi). Cass., sez. II, 12 aprile 2016 - 1 giugno 2016, n. 23163, CED 266979 317 Concussione. GIURISPRUDENZA 1 Tentativo (§ 20). 1 – Tentativo. In tema di concussione, non è configurabile l’ipotesi del reato impossibile, di cui all’art. 49 c.p., bensì quella del tentativo punibile, in relazione alle richieste e pressioni illecite del pubblico ufficiale intervenute successivamente alla presentazione di denuncia all’Autorità giudiziaria da parte del soggetto passivo. Cass., sez. VI, 16 marzo 2016 - 20 giugno 2016, n. 25677, CED 266966 31 Art. 318 - par. 1 CODICE PENALE 318 Corruzione per l’esercizio della funzione. GIURISPRUDENZA 1 Competenza del pubblico ufficiale (§ 3) 2 Atto d’ufficio (§ 10). 1 – Competenza del pubblico ufficiale. Ai fini della configurabilità del reato di corruzione propria, non è determinante il fatto che l’atto d’ufficio o contrario ai doveri d’ufficio sia ricompreso nell’ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ma è necessario e sufficiente che si tratti di un atto rientrante nelle competenze dell’ufficio cui il soggetto appartiene ed in relazione al quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, sia pure di mero fatto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata la motivazione della sentenza che aveva ricondotto al reato di corruzione la condotta dell’imputato il quale, nella qualità di parlamentare della Repubblica e di leader di partito in sede locale, dietro la promessa di un compenso in denaro, aveva fornito informazioni privilegiate relative a tre gare di appalto, in relazione alle quali non svolgeva alcun ruolo, e si era impegnato ad esercitare pressioni al fine di assicurarne l’aggiudicazione alle società riconducibili al proprio dante causa). Cass., sez. VI, 26 febbraio 2016 6 giugno 2016, n. 23355, CED 267060 2 – Atto d’ufficio. In tema di corruzione, non configura “atto di ufficio” la condotta commessa “in occasione” dell’ufficio che non concreta l’uso di poteri funzionali connessi alla qualifica soggettiva dell’agente. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza di condanna emessa nei confronti di un amministratore comunale che aveva redatto ricorsi amministrativi, nell’interesse di privati, finalizzati all’annullamento di sanzioni irrogate da altri funzionari comunali, ritenendo tale attività del tutto estranea alle competenze funzionali del suo ufficio). Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 25 febbraio 2016, n. 7731, CED 266543 Integra il delitto di corruzione propria la condotta del pubblico ufficiale che, dietro elargizione di un indebito compenso, esercita i poteri discrezionali spettantigli rinunciando ad una imparziale comparazione degli interessi in gioco, al fine di raggiungere un esito predeterminato, anche quando questo risulta coincidere, “ex post”, con l’interesse pubblico, e salvo il caso di atto sicuramente identico a quello che sarebbe stato comunque adottato in caso di corretto adempimento delle funzioni, in quanto, ai fini della sussistenza del reato in questione e non di quello di corruzione impropria, l’elemento decisivo è costituito dalla “vendita” della discrezionalità accordata dalla legge. (Fattispecie in cui l’indagato, in qualità di Presidente della Commissione medica di verifica presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, aveva ricevuto somme di denaro da un medico legale per far ottenere benefici pensionistici ai suoi pazienti. In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto irrilevante, per escludere il reato, la circostanza che, trattandosi di persone affette da gravi patologie, sarebbero stati comunque riconosciuti loro i benefici richiesti). Cass., sez. VI, 3 febbraio 2016 - 18 febbraio 2016, n. 6677, CED 267187 319 Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio. GIURISPRUDENZA (§ 5). 1 Atto contrario ai doveri di ufficio (§ 3) 2 Denaro od altra utilità (§ 4) 3 Rapporti con altri reati 1 – Atto contrario ai doveri d’ufficio. Il delitto di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio può essere integrato anche mediante il rilascio di un parere non vincolante, allorché esso assuma rilevanza decisiva nella concatenazione degli atti che compongono la complessiva procedura amministrativa e, quindi, incida sul contenuto dell’atto finale. Cass., sez. VI, 1 marzo 2016 - 24 maggio 2016, n. 21740, CED 266923 2 – Denaro o altra utilità. In tema di corruzione, la nozione di “altra utilità”, quale oggetto della dazione o promessa, ricomprende qualsiasi vantaggio materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, che abbia valore per il pubblico agente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto alla nozione di “altre utilità”, la “raccomandazione” dell’imputato, data in cambio del sistematico asservimento della pubblica funzione ad interessi privati, ad un parlamentare - che, a sua volta, aveva interceduto presso un ministro - per il conferimento di un importante incarico di dirigenza pubblica, poi effettivamente conseguito). Cass., sez. VI, 9 febbraio 2016 - 5 maggio 2016, n. 18707, CED 266991 3 – Rapporti con altri reati. In tema di corruzione, lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi, attraverso il sistematico ricorso ad atti contrari ai doveri di ufficio, ancorché non predefiniti, né specificamente individuabili ex post, ovvero mediante 32 l’omissione o il ritardo di atti dovuti, integra il reato di cui all’art. 319 c.p. e non il più lieve reato di corruzione per l’esercizio della funzione di cui all’art. 318 c.p., il quale ricorre, invece, quando l’oggetto del mercimonio sia costituito dal compimento di atti dell’ufficio. Cass., sez. VI, 11 febbraio 2016 - 29 febbraio 2016, n. 8211, CED 266510, CED 266510; Cass., sez. VI, 23 febbraio 2016 18 aprile 2016, n. 15959, CED 266735 — Giurisprudenza non univoca. I reati di corruzione e di truffa aggravata commessi da pubblico ufficiale, pur avendo in comune la qualità del soggetto passivo e l’abuso da parte di questi della pubblica funzione al fine di conseguire un indebito profitto, si differenziano per il fatto che nella corruzione colui che dà o promette non è vittima di un errore ed agisce su di un piano di parità con il pubblico ufficiale nel concludere un negozio giuridico illecito in danno della P.A., laddove, invece, nella truffa il pubblico ufficiale si procura un ingiusto profitto sorprendendo la buona fede del soggetto passivo mediante artifici o raggiri ai quali la qualità di pubblico ufficiale conferisce maggiore efficacia. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva qualificato come corruttiva la condotta dell’imputato che aveva accettato denaro per concorrere ad affidare un nascituro a terzi, facendo ricoverare la donna in una clinica convenzionata con la presenza della coppia destinataria del neonato). Cass., sez. VI, 5 aprile 2016 - 6 maggio 2016, n. 19002, CED 266933 Art. 322 - par. 2 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 319-bis Circostanze aggravanti. GIURISPRUDENZA 1 Stipulazione di contratti (§ 4). 1 – Stipulazione di contratti. La circostanza aggravante prevista dall’art. 319-bis c.p., relativa all’ipotesi in cui la corruzione abbia ad oggetto la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene, ricorre quando la P.A. è direttamente parte del contratto ovvero quando vi è un suo interesse per un contratto che, pur stipulato da terzi, attiene alla tutela di beni cui l’amministrazione è preposta, sempre che il fatto corruttivo incida sulla scelta di concludere il negozio, sul tipo di contratto perfezionato, sul contenuto delle pattuizioni, sulla scelta del contraente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva configurato l’aggravante in relazione ad un fatto corruttivo che aveva prodotto un assetto contrattuale, cui l’amministrazione era interessata, con riguardo al rinnovo di un contratto di appalto e alla stipula di un nuovo subappalto). Cass., sez. VI, 21 gennaio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 8044, CED 266116 In tema di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, la circostanza aggravante prevista dall’art. 319 bis c.p., relativa alla stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione a cui il pubblico ufficiale appartiene, è configurabile anche nel caso in cui la stipula dell’atto negoziale non si verifichi, essendo necessario solo il collegamento finalistico tra il fatto di corruzione e la futura, possibile, conclusione del contratto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva configurato la circostanza aggravante in relazione ad un accordo corruttivo avente come obiettivo la stipula di un contratto, poi non stipulato, che avrebbe dovuto riprodurre un precedente negozio, nel frattempo caducato per decisione dell’autorità amministrativa). Cass., sez. VI, 9 febbraio 2016 - 5 maggio 2016, n. 18707, CED 266992 319-quater Induzione indebita a dare o promettere utilità. GIURISPRUDENZA 1 Induzione. Differenze dalla costrizione (§ 2). 1 – Induzione. Differenze dalla costrizione. Il delitto di concussione, di cui all’art. 317 c.p. nel testo modificato dalla l. n. 190 del 2012, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita e si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall’art. 319 quater c.p. introdotto dalla medesima l. n. 190, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno, pressione mo- rale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico. (In applicazione del principio, la Corte ha qualificato come concussione la condotta di un militare della Guardia di Finanza, il quale aveva sistematicamente omesso di pagare consumazioni per sè e per familiari ed amici in alcuni esercizi commerciali, rimarcando la propria qualifica professionale ed alludendo a possibili controlli). Cass., sez. VI, 2 marzo 2016 - 7 marzo 2016, n. 9429, CED 267277 322 Istigazione alla corruzione. GIURISPRUDENZA 1 Offerta o promessa di denaro o di altra utilità (§ 4) 2 Confisca (§ 10). 1 – Offerta o promessa di denaro o di altra utilità. Ai fini della configurabilità del delitto di istigazione alla corruzione, la promessa di un posto di consigliere di amministrazione effettuata nei confronti di un consigliere comunale per condizionarne il voto rientra nella nozione di “altra utilità”, trattandosi di un’offerta volta ad incidere illecitamente sulla libertà di coscienza del destinatario, indotto ad orientare la propria scelta discrezionale alla luce dei propri interessi personali piuttosto che di quelli della collettività. Cass., sez. VI, 27 gennaio 2016 - 29 febbraio 2016, n. 8203, CED 266185 L’offerta o la promessa di donativi di modesta entità integrano il delitto di istigazione alla corruzione solo qualora la condotta sia caratterizzata da un’adeguata serietà, da valutare alla stregua delle condizioni dell’offerente nonché delle circostanze di tempo e di luogo in cui l’episodio si colloca, e sia in grado di turbare psicologicamente il pubblico ufficiale. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto non seria e potenzialmente corruttiva, e dunque inidonea a configurare il reato, l’offerta di 100 euro fatta dall’imputato, visibilmente ubriaco, ad un agente di polizia che lo aveva fermato alla guida di un’autovettura in stato di ebbrezza). Cass., sez. VI, 4 novembre 2015 - 19 gennaio 2016, n. 1935, CED 266498 — Giurisprudenza non univoca. Integra il delitto di istigazione alla corruzione, di cui all’art. 322, comma 2, c.p., l’offerta di beni immediatamente utilizzabili, e di significativo valore economico (nella specie: buoni benzina di valore pari a 4.000 euro), fatta in assenza di serie giustificazioni a militari della Guardia di finanza durante lo svolgimento di una verifica fiscale. Cass., sez. VI, 9 febbraio 2016 - 22 febbraio 2016, n. 6849, CED 267017 2 – Confisca. In caso di istigazione alla corruzione, il denaro offerto o promesso al pubblico ufficiale, non costituendo il prezzo o il profitto del reato, ma il mezzo di esecuzione di esso, può essere oggetto di confisca facoltativa ai sensi dell’art. 240, comma 1, c.p., in ragione dello stresso nesso strumentale esistente tra proposta corruttiva e danaro offerto. (Nella specie, la Corte ha ritenuto corretta la decisione di merito che, per l’entità della somma rinvenuta in possesso dell’imputato e le modalità dell’azione delittuosa, aveva affermato vi fosse pericolo che essa potesse costituire l’occasione per la commissione di ulteriori condotte illecite). Cass., sez. V, 26 gennaio 2016 - 7 aprile 2016, n. 14029, CED 267356 33 Art. 322-ter - par. 1 CODICE PENALE 322-ter Confisca. GIURISPRUDENZA 1 Confisca (e sequestro preventivo) di beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato (§ 5) 2 Confisca (e sequestro preventivo) di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente al prezzo del reato o profitto (confisca per equivalente) (§ 6). 1 – Confisca (e sequestro preventivo) di beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato. In tema di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, la confisca per equivalente può essere disposta, nei confronti del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, solo nei limiti del valore corrispondente al prezzo da questi concretamente conseguito, e non anche in relazione al prezzo promesso ma non materialmente percepito. Cass., sez. VI, 21 gennaio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 8044, CED 266117 — Giurisprudenza contrastante. 2 – Confisca (e sequestro preventivo) di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente al prezzo del reato o profitto (confisca per equivalente). In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, la comunione legale dei beni con il coniuge, estraneo al reato, non è di ostacolo di per sé alla confisca pro-quota dell’immobile che ne costituisca oggetto. (In motivazione la Corte ha, altresì, precisato che la misura ablatoria funzionale alla confisca può riguardare i beni in comproprietà anche nella loro interezza, qualora siano indivisibili o sussistano inderogabili esigenze per impedirne la dispersione o il deprezzamento). Cass., sez. III, 6 ottobre 2015 - 27 gennaio 2016, n. 3535, CED 266246 È legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni conferiti in un “trust” dall’indagato, ove sussistano elementi presuntivi tali da far ritenere che questo sia stato costituito a fini meramente simulatori. (Fattispecie di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni, conferiti in trust, individuati come profitto di reati tributari, nella quale la Corte ha censurato l’ordinanza del Tribunale che aveva accolto l’istanza di riesame non adeguatamente valutando, sulla base della struttura e dei concreti effetti del negozio giuridico posto in essere, le reali finalità elusive del programma di segregazione). Cass., sez. III, 30 giugno 2015 - 7 marzo 2016, n. 9229, CED 266450 Non può essere disposto il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente di somme di denaro depositate su conto corrente costituite in pegno irregolare a garanzia di una obbligazione dell’imputato, attesa la immediata acquisizione della proprietà delle stesse da parte del creditore. (In motivazione, la S.C. ha precisato che, ai fini della individuazione e differenziazione del pegno irregolare rispetto a quello regolare, non rilevano né il “nomen” contrattualmente attribuito al rapporto e nemmeno il fatto che la somma di denaro rimanga depositata su un conto corrente bancario intestato al debitore e continui a maturare interessi, ma è decisiva la circostanza che, nel caso di inadempimento del debitore, il creditore abbia la facoltà di soddisfarsi immediatamente e direttamente sulla cosa o sulle cose date a pegno, secondo la previsione di cui all’art. 1851 cod. civ., ovvero debba attivare una forma di vendita pubblica, ai sensi degli artt. 2796 e 2797 cod. civ.). Cass., sez. III, 16 settembre 2015 - 11 maggio 2016, n. 19500. CED 267008 Nel sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, ai fini della quantificazione del profitto del reato di omessa dichiarazione, previsto dall’art. 5 d.lg. n. 74 del 2000, è irrilevante l’evasione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), non trattandosi di un’imposta sui redditi in senso tecnico. Cass., sez. III, 26 gennaio 2016 - 30 marzo 2016, n. 12810, CED 266486 Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto dei reati fiscali non è impedito dalla circostanza che sugli stessi beni gravi un sequestro conservativo autorizzato dal giudice tributario. (Fattispecie relativa ai reati di omessa dichiarazione reddituale e omessa tenuta e distruzione di scritture contabili). Cass., sez. III, 14 ottobre 2015 - 4 marzo 2016, n. 9146, CED 266452 In tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti, non può essere disposta la confisca per equivalente sui beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall’art. 9 d.lg. n. 74 del 2000 - escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale - impedisce l’applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo. Cass., sez. III, 4 febbraio 2016 - 14 aprile 2016, n. 15458, CED 266832 In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, il valore dei beni da sottoporre a vincolo deve essere adeguato e proporzionato al prezzo o al profitto del reato e il giudice, nel compiere tale verifica, deve fare riferimento alle valutazioni di mercato degli stessi, avendo riguardo al momento in cui il sequestro viene disposto. (Fattispecie di sequestro di immobile finalizzato alla confisca e alla acquisizione al patrimonio comunale, in cui la Corte ha ritenuto illegittimo il ricorso al valore catastale del bene, che la difesa aveva evidenziato essere sensibilmente sproporzionato rispetto al valore iscritto nel bilancio del comune beneficiario). Cass., sez. III, 14 ottobre 2015 - 4 marzo 2016, n. 9146, CED 266453 In tema di misure cautelari reali, incorre nel vizio di ultrapetizione il decreto di sequestro preventivo di beni, ai fini della confisca “per equivalente” del profitto del reato conseguito dall’indagato, disposto sino ad una concorrenza maggiore rispetto a quella indicata dalla pubblica accusa nella propria richiesta. Cass., sez. III, 14 ottobre 2015 - 20 giugno 2016, n. 25453, CED 267447 Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, prevista dall’art. 322ter c.p., prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto della dichiarazione di fallimento, attesa la obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro. Cass., sez. III, 1 marzo 2016 - 9 giugno 2016, n. 23907, CED 266940 323 Abuso d’ufficio. GIURISPRUDENZA 1 Interesse tutelato. Persona offesa (§ 2) 2 Violazione di norme di legge: a) casistica (§ 4, e) 3 Evento: a) l’evento del danno (§ 8, c); b) ingiustizia del vantaggio o del danno (§ 8, d) 4 Rapporti con altri reati (§ 12). 1 – Interesse tutelato. Persona offesa. Il reato di abuso di ufficio finalizzato ad arrecare ad altri un 34 danno ingiusto ha natura plurioffensiva, in quanto è idoneo a ledere, oltre all’interesse pubblico al buon andamento e alla tra- Art. 326 - par. 2 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO sparenza della P.A., il concorrente interesse del privato a non essere turbato nei suoi diritti dal comportamento illegittimo e ingiusto del pubblico ufficiale. Ne consegue che il privato danneggiato riveste la qualità di persona offesa dal reato ed è legittimato a proporre opposizione avverso la richiesta di archiviazione del p.m. Cass., sez. VI, 19 gennaio 2016 - 11 febbraio 2016, n. 5746, CED 266174 — Giurisprudenza contrastante richi e consulenze a persone fisiche e giuridiche estranee ad una ASL, in violazione delle norme di riferimento, in cui la S.C. ha annullato la sentenza di condanna, non essendo stata accertata l’effettiva necessità degli incarichi esterni, né la sussistenza di professionalità interne adeguate alle esigenze da fronteggiare). Cass., sez. VI, 18 marzo 2016 - 28 aprile 2016, n. 17676, CED 267171 — Giurisprudenza non univoca. 2 – Violazione di norme di legge: a) casistica. Ai fini della configurabilità del delitto di abuso d’ufficio, deve escludersi che possa costituire violazione di norme di legge o di regolamento l’inosservanza delle disposizioni inserite in un bando di concorso, trattandosi di atto amministrativo e quindi di fonte normativa non riconducibile a quelle tassativamente indicate nell’art. 323 c.p. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la pronuncia di non luogo a procedere nei confronti del dirigente di un Comune che, a seguito dello svolgimento di un concorso per due posti di funzionario dell’ente, e dopo che uno di questi era stato lasciato libero dal vincitore per motivi di mobilità interna, aveva disposto lo “scorrimento” della graduatoria degli idonei, in violazione delle disposizioni contenute nel bando, le quali prescrivevano di utilizzare la graduatoria una sola volta, per l’assunzione dei vincitori). Cass., sez. VI, 17 giugno 2015 - 1 luglio 2015, n. 27823, CED 264088 b) ingiustizia del vantaggio o del danno. L’integrazione del reato di abuso d’ufficio richiede una duplice distinta valutazione di ingiustizia, sia della condotta (che deve essere connotata da violazione di norme di legge o di regolamento), sia dell’evento di vantaggio patrimoniale (che deve risultare non spettante in base al diritto oggettivo); non è peraltro necessario, ai fini predetti, che l’ingiustizia del vantaggio patrimoniale derivi da una violazione di norme diversa ed autonoma da quella che ha caratterizzato l’illegittimità della condotta, qualora - all’esito della predetta distinta valutazione - l’accrescimento della sfera patrimoniale del privato debba considerarsi “contra ius”. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il delitto di abuso di ufficio nella condotta del dirigente comunale che, in assenza di deliberazione autorizzativa e di copertura economica, aveva disposto la prosecuzione di un progetto in convenzione, affidando incarichi di collaborazione e prorogando incarichi in scadenza, in violazione delle disposizioni di legge del testo unico sugli enti locali in tema di ripartizione di competenze tra gli organi comunali). Cass., sez. VI, 10 marzo 2016 - 4 aprile 2016, n. 13426, CED 267271 3 – Evento: a) l’evento di danno. Il delitto di abuso d’ufficio è integrato dalla doppia e autonoma ingiustizia, sia della condotta (che deve essere connotata da violazione di norme di legge o di regolamento), che dell’evento di vantaggio patrimoniale (che deve risultare non spettante in base al diritto oggettivo); ne deriva che il reato non è configurabile qualora l’accrescimento “contra ius” della sfera patrimoniale di un privato non derivi dalla deliberata strumentalizzazione della funzione da parte del pubblico agente che, abusando della sua funzione per finalità di carattere privatistico, abbia violato specifici parametri normativi al fine di favorire o danneggiare qualcuno. (Fattispecie relativa ad affidamento, da parte del Direttore Generale, di inca- 3 – Rapporti con altri reati. Integra il delitto di abuso d’ufficio, e non quello di peculato, la condotta dell’agente della Polizia di Stato che, utilizzando il “fax” in dotazione dell’ufficio (nella specie il posto fisso presso un ospedale), riceva e trasmetta alla società privata con la quale collabora gli atti relativi alle pratiche infortunistiche dei propri clienti, destinando, di fatto, l’ufficio a succursale di detta società. Cass., sez. VI, 26 aprile 2016 - 30 maggio 2016, n. 22800, CED 267070 326 Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo: a) notizie d’ufficio (§ 2, a); b) segretezza (§ 2, b); c) differenze tra le fattispecie previste dal primo e terzo comma (§ 2 c) 2 Casistica (§ 3). 1 – Elemento oggettivo: a) notizie d’ufficio. Il delitto di rivelazione di segreti di ufficio è integrato anche nell’ipotesi in cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio diffondano una notizia non appresa per ragioni dell’ufficio o del servizio, bastando che tale notizia dovesse rimanere segreta e che l’interessato, per le funzioni esercitate, avesse l’obbligo di impedirne l’ulteriore diffusione. (Fattispecie relativa alla comunicazione ad un indagato dell’esistenza di indagini a suo carico, ad opera di un’impiegata presso la cancelleria del tribunale). Cass., sez. III, 18 febbraio 2016 - 21 marzo 2016, n. 11664, CED 266321 b) segretezza. In tema di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, per notizie di ufficio che devono rimanere segrete si intendono non solo le informazioni sottratte alla divulgazione in ogni tempo e nei confronti di chiunque, ma anche quelle la cui diffusione sia vietata dalle norme sul diritto di accesso, perchè effettuate senza il rispetto delle modalità previste ovvero nei confronti di soggetti non titolari del relativo diritto. (Fattispecie in cui la Corte ritenuto configurabile il reato in relazione alla rivelazione di notizie concernenti l’individuazione dei parenti di soggetti deceduti da parte di operatori obitoriali in favore di imprenditori di pompe funebri). Cass., sez. VI, 9 dicembre 2015 - 7 marzo 2016, n. 9409, CED 267274 c) differenze tra le fattispecie previste dal primo e terzo comma. La rivelazione da parte del pubblico ufficiale di un segreto di ufficio, anche laddove sia compiuta per fini di utilità patrimoniale e in adempimento di una promessa corruttiva, integra il reato previsto dal primo comma dell’art. 326 c.p., concorrendo con il delitto di corruzione, mentre ricorre la diversa fattispecie prevista dal terzo comma della stessa disposizione quando il pubblico ufficiale sfrutta, per profitto patrimoniale o non patrimoniale, lo specifico contenuto economico e morale, in sé considerato, delle informazioni destinate a rimanere segrete e non il valore economico eventualmente derivante dalla rivelazione del segreto. Cass., sez. VI, 9 dicembre 2015 - 7 marzo 2016, n. 9409, CED 267273 2 – Casistica. Integra il delitto di rivelazione di segreti d’ufficio la condotta del collaboratore di cancelleria che fornisca a terzi non autorizzati a riceverla, e senza rispettare la procedura prevista dall’art. 110-bis disp. att. c.p.p., la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati 35 Art. 326 - par. 2 CODICE PENALE di una determinata persona. Cass., sez. V, 26 giugno 2015 - 3 novembre 2015, n. 44403, CED 266089 Integra il reato di rivelazione di segreti d’ufficio, previsto dall’art. 326 c.p., la comunicazione anticipata ad una delle imprese concorrenti, da parte del direttore amministrativo di un Azienda Ospedaliera, del contenuto di un bando relativo ad una gara d’appalto per l’affidamento dei servizi di competenza aziendale. Cass., sez. VI, 4 dicembre 2015 - 5 febbraio 2016, n. 4896, CED 266310 Integra il reato di rivelazione di segreti di ufficio la condotta del pubblico ufficiale che, al fine di avvalorare una propria richiesta concussiva, alimentando il timore e la soggezione delle persone offese, riveli alle stesse, pur consapevoli della pendenza del procedimento penale, informazioni sugli esiti delle indagini in corso. Cass., sez. VI, 16 marzo 2016 - 20 giugno 2016, n. 25677, CED 266967 328 Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione. GIURISPRUDENZA 1 Il rifiuto di atti d’ufficio (comma 1): a) l’atto d’ufficio; le ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità (§ 3, b). 1 – Il rifiuto di atti d’ufficio (comma 1): a) l’atto d’ufficio; le ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità. Integra il reato di rifiuto atti d’ufficio da compiere senza ritardo per ragioni di igiene, il rifiuto dell’ausiliario scolastico di provvedere alla cura dell’igiene personale dell’alunno minore affetto di disabilità (art. 47 del CCNL 2002/2005). Cass., sez. VI, 19 febbraio 2016 - 30 maggio 2016, n. 22786, CED 266824 334 Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa. GIURISPRUDENZA 1 Rapporti con altri reati: a) in genere (§ 6, a). 1 – Rapporti con altri reati: a) in genere. La condotta violenta posta in essere dal proprietario di un bene appena sottoposto a sequestro integra il reato di cui all’art. 334, comma 3, c.p., e non quello di resistenza a pubblico ufficiale, a meno che la violenza non sia indirettamente volta a condizionare l’operato del pubblico ufficiale, per impedirgli di completare le operazioni. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la configurabilità del reato di resistenza a un pubblico ufficiale, e ritenuto quella del reato di sottrazione di cose sottoposte a sequestro, in un’ipotesi di violenza esercitata dall’imputato sul proprio ciclomotore mentre i Carabinieri procedevano al sequestro amministrativo dello stesso). Cass., sez. VI, 18 novembre 2015 - 15 dicembre 2015, n. 49468, CED 266241 335 Violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 2). 1 – Elemento oggettivo. La condotta del custode di un’autovettura sottoposta a sequestro e contestuale fermo amministrativo che, per colpa, agevola la circolazione abusiva del veicolo ad opera di terzi, integra non il reato di cui all’art. 335 c.p., ma un’ipotesi di concorso nell’illecito amministrativo di cui all’art. 213, comma quarto, C.d.S., ai sensi dell’art. 5 l. 24 novembre 1981, n. 689. (La S.C., in motivazione, ha richiamato la sentenza n. 58 del 2012 e l’ordinanza n. 175 del 2012 della Corte costituzionale, sottolineando, altresì, la necessità di privilegiare un’interpretazione più consona ai principi di specialità e di ragionevolezza, anche perchè l’ordinamento sottopone alla sola sanzione amministrativa la condotta, non meno grave, di colui che sottrae e circola abusivamente con veicolo sottoposto a fermo amministrativo). Cass., sez. VI, 10 febbraio 2016 - 11 marzo 2016, n. 10164, CED 266725 337 Resistenza a un pubblico ufficiale. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 3). 1 – Elemento oggettivo. Integra il delitto di resistenza a pubblico ufficiale la condotta di chi aggredisce con violenza e minaccia gli appartenenti alle forze dell’ordine mentre agiscono per assicurare il rispetto dei limiti territoriali fissati, per ragioni di ordine pubblico, allo svolgimento di un corteo. Cass., sez. VI, 3 dicembre 2015 - 19 gennaio 2016, n. 1940, CED 266685 341-bis Oltraggio a pubblico ufficiale. GIURISPRUDENZA 36 1 Elemento oggettivo (§ 2). Art. 353 - par. 2 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 1 – Elemento oggettivo. Ai fini della configurabilità del reato di oltraggio di cui all’art. 341-bis c.p. è sufficiente che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale possano essere udite dai presenti, poichè già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per la pubblica amministrazioen di cui fa parte, e ulteriori rispetto a quelle ordinarie. Cass., sez. VI, 17 marzo 2016 - 13 aprile 2016, n. 15440, CED 266546 Ai fini della esclusione del reato di oltraggio, di cui all’art. 341-bis c.p., non integra la scriminante dell’esercizio del diritto di difesa la condotta consistita nel rivolgere nei confronti del pubblico ufficiale chiamato a deporre quale testimone, espressioni obiettivamente ingiuriose non concernenti in modo diretto ed immediato l’oggetto della controversia, né funzionali rispetto alle argomentazioni poste a sostegno della tesi difensiva sostenuta dal soggetto che le ha pronunciate. (Fattispecie nella quale l’imputato, assistendo alla testimonianza del pubblico ufficiale, proferiva le frasi “è un bugiardo, è un falso”). Cass., sez. VI, 24 febbraio 2016 - 4 aprile 2016, n. 13414, CED 267268 348 Abusivo esercizio di una professione. GIURISPRUDENZA 1 Unità o pluralità di atti (§ 5) 2 Casistica: a) professione medica in genere (§ 14, b). 1 – Unità o pluralità di atti. Nell’esercizio abusivo della professione - reato solo eventualmente abituale - la reiterazione degli atti tipici dà luogo ad un unico reato, il cui momento consumativo coincide con l’ultimo di essi, vale a dire con la cessazione della condotta. Cass., sez. VI, 19 aprile 2016 - 13 maggio 2016, n. 20099, CED 266746 2 – Casistica: a) professione medica in genere. Risponde del reato di esercizio abusivo della professione, previsto dall’art. 348 c.p., colui che, senza aver conseguito la laurea in medicina e la relativa abilitazione professionale, eserciti l’attività di massaggiatore a scopo curativo, posto che la professione sanitaria di massaggiatore abilita solo a compiere trattamenti finalizzati a migliorare il benessere personale su un soggetto sano e integro e non il compimento di attività che presuppongono competenze mediche, teraupetiche o fisioterapiche. (Nella specie, i massaggi eseguiti dall’imputata - cui i malati si rivolgevano ottenendone promessa di guarigione - erano preceduti da un colloquio con finalità anamnestico- diagnostiche, e seguiti da una benedizione con imposizione delle mani). Cass., sez. VI, 15 marzo 2016 - 1 aprile 2016, n. 13213, CED 266776 349 Violazione di sigilli. GIURISPRUDENZA 1 Consumazione (§ 4). 1 – Consumazione. Il reato di violazione di sigilli ha natura istantanea e si perfeziona sia con la materiale violazione dei sigilli, sia con qualsiasi condotta idonea a frustrare il vincolo di immodificabilità imposto sul bene per disposizione di legge o per ordine dell’autorità; ne consegue che lo stato di flagranza per tale reato, può essere ritenuto sussi- stente dal giudice della convalida con riferimento, non solo al momento della materiale rottura dei sigilli, ma anche a quello in cui l’indagato si sia introdotto o stia facendo uso dell’immobile in violazione del vincolo di indisponibilità sullo stesso. Cass., sez. III, 13 gennaio 2016 - 27 gennaio 2016, n. 3545, CED 266139 353 Turbata libertà degli incanti. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 2) 2 Consumazione. Tentativo (§ 3). 1 – Elemento oggettivo. Il reato di turbata libertà degli incanti è configurabile in ogni situazione in cui vi è una procedura di gara, anche informale e atipica, mediante la quale la P.A. proceda all’individuazione del contraente, a condizione, tuttavia, che l’avviso informale di gara o il bando, o comunque l’atto equipollente, pongano i potenziali partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al confronto e i criteri in base ai quali formulare le proprie offerte, sicché deve escludersi la esistenza di una gara allorché, a prescindere dalla legittimità del meccanismo adottato, sia prevista solo una comparazione di offerte che la P.A. è libera di valutare, in mancanza di precisi criteri di selezione. Cass., sez. VI, 21 gennaio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 8044, CED 266118 Nel reato di turbata libertà degli incanti, il “mezzo fraudolento”consiste in una attività ingannatoria idonea ad alterare il regolare funzionamento e pregiudicare la libera partecipazione alla gara. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha escluso che la presentazione, ai sensi dell’art. 584 cod. proc. civ., di offerte in aumento del sesto successive alla aggiudicazione del bene, non seguite dal versamento della somma nel termine, con l’effetto di far prolungare la gara e l’intento di aggiudicarsi il bene messo all’asta, possa qualificarsi come “mezzo fraudolento”, ove tale facoltà non ridondi in abuso). Cass., sez. VI, 11 novembre 2015 - 26 febbraio 2016, n. 8020, CED 266332 2 – Consumazione. Tentativo. Configura il tentativo del reato di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.) la presentazione, in occasione di una gara d’appalto, di offerte riconducibili ad un unico centro decisionale da parte di imprese formalmente o sostanzialmente collegate tra loro, successivamente escluse dalla competizione, in quanto l’esclusione impedisce che la condotta collusiva influenzi positivamente l’esito finale della gara e causi la verificazione dell’evento tipico del reato. Cass., sez. VI, 11 novembre 2015 - 26 febbraio 2016, n. 8021, CED 266682 Il reato di turbata libertà degli incanti di cui all’art. 353 c.p. - a differenza della fattispecie prevista dall’art. 353-bis c.p. - non è configurabile, neanche nella forma del tentativo, prima che la procedura di gara abbia avuto inizio (e cioè prima della pubblicazione del relativo bando), dovendosi ritenere carente in tale situazione il presupposto oggettivo per la realizzazione delle condotte previste dalla norma incriminatrice. Cass., sez. V, 11 maggio 2016 - 16 giugno 2016, n. 25091, CED 267324 37 Art. 353-bis - par. 1 CODICE PENALE 353-bis Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 2). 1 – Elemento oggettivo. In tema di turbata libertà degli incanti, integrano il reato previsto dall’art. 353 c.p. i comportamenti manipolatori che incidono sulla formazione di un bando di gara poi adottato, non rilevando che essi siano stati commessi prima dell’art. 353-bis c.p., atteso che in quest’ultima fattispecie incriminarice rientrano, invece, le condotte manipolatorie del procedimento non seguite dalla emissione del bando e quelle di manipolazione dell’“iter” procedurale che non abbiano, tuttavia, influenzato la legittimità del bando poi adottato. (In motivazione, la Corte ha chiarito che le condotte da ultimo indicate erano penalmente rilevanti, ai sensi degli artt. 56 e 353 c.p., anche prima della entrata in vigore dell’art. 353 bis c.p.). Cass., sez. VI, 27 gennaio 2016 - 15 febbraio 2016, n. 6259, CED 266313 Nel delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, previsto dall’art. 353 bis c.p., la condotta di collusione consiste nell’accordo clandestino diretto ad influire sul normale svolgimento delle offerte, concretamente idoneo a conseguire l’evento del reato, che si configura non soltanto in un danno immediato ed effettivo, ma anche in un danno mediato e potenziale, attesa la natura di reato di pericolo della fattispecie. Cass., sez. VI, 4 maggio 2016 - 13 giugno 2016, n. 24477, CED 267092 357 Nozione del pubblico ufficiale. GIURISPRUDENZA 1 Nozione di pubblico ufficiale (§ 1) 2 Funzione giudiziaria (§ 3) 3 Privati esercenti funzioni pubbliche (§ 10) 4 La privatizzazione degli enti pubblici economici. Le Ferrovie dello Stato, l’Ente Poste, ecc. (§ 11). 1 – Nozione di pubblico ufficiale. Il responsabile di un’associazione privata avente la finalità di promuovere servizi culturali ed iniziative per il tempo libero in favore dei dipendenti della Polizia di Stato e dei loro familiari, non riveste la qualifica di pubblico ufficiale - non essendo configurabile un’attività di formazione o di manifestazione della volontà della P.A. ovvero di esercizio di poteri autoritativi o certificativi - né quella di incaricato di pubblico servizio, dovendosi escludere che tale attività sia oggettivamente di pubblico interesse o che tale natura possa derivare dall’art. 16 d.P.R. 147 del 1990. Cass., sez. VI, 14 giugno 2016 - 15 luglio 2016, n. 30323, CED 267522 2 – Funzione giudiziaria. L’Ufficiale giudiziario, pur al di fuori della sua attività per conto del Ministero della Giustizia, riveste la qualità di pubblico ufficiale, potendo egli espletare altre attività involgenti il suo tipico ruolo di ufficiale fidefaciente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di un ufficiale giudiziario per il reato di peculato in relazione a somme di cui aveva il possesso in ragione del servizio protesti e attività di incasso dei crediti cambiari). Cass., sez. VI, 31 maggio 2016 - 6 luglio 2016, n. 27945, CED 267392 Il cappellano del carcere riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio, avuto riguardo ai compiti assegnatigli per legge, funzionali all’interesse pubblico perseguito dallo Stato nel trattamento delle persone condannate o internate. (In motivazione, la S.C. ha precisato che l’attività svolta dal cappellano del carcere trova il suo fondamento nell’art. 15 dell’ord. pen. che prevede che il trattamento del condannato e dell’internato sia svolto avvalendosi anche della religione e, a tal fine, contempla il servizio di assistenza cattolica all’interno della struttura penitenziaria con compito di organizzare e presiedere alle pratiche di culto, istruzione e assistenza dei detenuti). Cass., sez. III, 17 maggio 2016 - 28 luglio 2016, n. 33049, CED 267401 — Giurisprudenza contrastante Non riveste la qualifica di pubblico ufficiale il commissario, designato, ex art. 161, comma 3, l. fall., per la stesura della relazione sul piano di fattibilità del concordato preventivo , poiché ad esso, a differenza di altre figure soggettive, quali quelle del curatore, del commissario giudiziale e del commissario liquidatore, la legislazione fallimentare non attribuisce espressamente tale qualifica. Cass., sez. V, 2 dicembre 2015 - 8 marzo 2016, n. 9542, CED 267554 3 – Privati esercenti funzioni pubbliche. L’ENASARCO è un ente che, pur avendo la forma giuridica di fondazione di diritto privato, persegue finalità di pubblico interesse, posto che si occupa di previdenza integrativa a contribuzione obbligatoria degli associati, cui eroga un servizio pubblico sotto la vigilanza ministeriale e della Corte dei Conti; ne deriva che deve essere riconosciuta la qualifica di pubblico ufficiale e non quella di incaricato di pubblico servizio a colui che determina la scelte degli investimenti immobiliari di detto soggetto giuridico. (Fattispecie in tema di corruzione in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva attribuito tale qualifica al Presidente della Fondazione). Cass., sez. VI, 17 febbraio 2016 - 1 giugno 2016, n. 23236, CED 267252 4 – La privatizzazione degli enti pubblici economici. Le Ferrovie dello Stato, l’Ente Poste, ecc. Il personale di Trenitalia s.p.a. incaricato del controllo dei biglietti di linea riveste la qualifica di pubblico ufficiale, essendo tenuto a provvedere alla constatazione dei fatti ed alle relative verbalizzazioni nell’ambito delle attività di prevenzione e di accertamento delle infrazioni relative ai trasporti. Cass., sez. VI, 17 marzo 2016 - 12 aprile 2016, n. 15113, CED 267311 358 Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio. GIURISPRUDENZA 1 Casistica (§ 2). 1 – Casistica. Il direttore generale di una fondazione, cui la legge reg. istitutiva ha attribuito compiti di valorizzazione del patrimonio culturale della Sicilia e di conservazione e ordinamento dell’archivio storico dell’autonomia e dell’attività dell’Assemblea Parlamentare Regio38 nale, riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio, attesa la natura pubblica delle funzioni e dei servizi affidati alla fondazione. (Fattispecie in tema di peculato). Cass., sez. VI, 12 novembre 2015 - 1 febbraio 2016, n. 4126, CED 266309 Non può essere riconosciuta la qualifica di incaricato di pubbli- Art. 368 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO co servizio al commesso di tribunale, in quanto questi espleta normalmente mansioni meramente esecutive. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del delitto di corruzione nei confronti di alcuni commessi che, senza essere concretamente inseriti - anche solo di fatto - nell’assetto organizzativo dell’ufficio, avevano svolto, in cambio di somme di denaro, attività in favore di alcuni difensori, rilasciando copie informali e comunicando il contenuto di atti e provvedimenti del giudice, anche prima del loro deposito). Cass., sez. VI, 2 febbraio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 8070, CED 266314 Riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio l’amministratore di un Istituto di vigilanza privata avente il compito di trasportare, contare, custodire e versare denaro per conto di terzi, in quanto tali mansioni - volte allo svolgimento in forma garantita di attività proprie di un servizio di pubblico interesse - implicano un complesso di obblighi di rendiconto e di tenuta della documentazione contabile che necessariamente esula dallo svolgimento di incombenti solo materiali o di ordine. (Fattispecie relativa a peculato commesso dal legale rappresentante di un Istituto di vigilanza che si era appropriato di una somma di denaro che aveva il compito di custodire in un proprio “caveau”, dopo averlo prelevato da alcuni punti vendita della Società committente e prima di versarlo presso un Istituto di credito). Cass., sez. VI, 26 gennaio 2016 - 22 febbraio 2016, n. 6847, CED 267015 I funzionari dipendenti di società operanti nei c.d.settori speciali (nella fattispecie quello dell’energia), sono incaricati di pubblico servizio ai sensi dell’art. 358 c.p., atteso il rilievo pubblicistico dell’attività svolta da dette società, obbligate ad adottare la procedura di evidenza pubblica nella gestione degli appalti. (In motivazione la Corte ha chiarito che l’obbligatorietà della procedura di evidenza pubblica è indice sintomatico del rilievo pubblicistico dell’attività svolta dalla società, in quanto la sua previsione presuppone la necessità ed il riconoscimento che una determinata attività, relativa a settori strategici per gli interessi pubblici di uno stato, sia sottoposta ad un regime amministrativo che assicuri la tutela della concorrenza assieme all’imparzialità della scelta del soggetto aggiudicatario). Cass., sez. VI, 10 novembre 2015 - 7 luglio 2016, n. 28299, CED 267045 360 Cessazione della qualità di pubblico ufficiale. GIURISPRUDENZA 1 Ambito di applicazione e casistica. 1 – Ambito di applicazione e casistica. In tema di reati contro la P.A., la disposizione di cui all’art. 360 c.p., che prevede la configurabilità del reato anche nelle ipotesi in cui il soggetto investito del pubblico ufficio abbia perduto la qualifica soggettiva pubblicistica, costituisce una eccezione alla regola generale secondo cui tale qualifica deve sussistere al mo- mento della commissione del reato, ne consegue che tale disposizione non è applicabile nei casi in cui il fatto commesso si riferisca ad un ufficio o servizio che l’agente inizi ad esercitare in un momento successivo. Cass., sez. VI, 19 maggio 2016 - 4 luglio 2016, n. 27392, CED 267234 361 Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale. GIURISPRUDENZA 1 Casistica (§ 4). 1 – Casistica. Non integra il reato di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, previsto dall’art. 361 c.p., la condotta del commissario giudiziale, nominato nella procedura di concordato preventivo che ha preceduto il fallimento, che abbia esaustivamente redatto la relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, pre- vista dall’art. 172 l. fall., allorchè il carattere distrattivo di un contratto stipulato dalla società prima dell’ammissione alla procedura e di cui siano stati segnalati tutti i rischi, emerga successivamente al deposito di quest’ultima in cancelleria ed alla sua trasmissione al Pubblico Ministero. Cass., sez. V, 2 dicembre 2015 - 21 marzo 2016, n. 11921, CED 266806 368 Calunnia. GIURISPRUDENZA 1 Incolpazione e simulazione delle tracce di un reato (§ 1) 2 Reato attribuito (§ 2) 3 Pluralità di reati denunciati e pluralità di denunce (§ 10). 1 – Incolpazione e simulazione delle tracce di un reato. La falsa denuncia di smarrimento di assegni bancari, presentata da un soggetto dopo averli consegnati ad altra persona in pagamento di un’obbligazione, integra il delitto di calunnia in quanto, pur non essendo formulata direttamente un’accusa concernente uno specifico reato, tuttavia, configurando la calunnia un reato di pericolo, è sufficiente che i fatti falsamente rappresentati all’Autorità Giudiziaria, pur se non univocamente indicativi di una fattispecie specifica di reato, siano tali da rendere ragionevolmente prevedibile l’apertura di un procedimento penale, per un fatto procedibile d’ufficio, a carico di persona determinata. Cass., sez. VI - 27 gennaio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 8045, CED 266153 La falsa denuncia di smarrimento di assegni bancari, presentata da un soggetto dopo averli consegnati ad altra persona in pagamento di un’obbligazione, integra il delitto di calunnia anche dopo la depenalizzazione, ad opera del d.lg. 15 gennaio 2016, n. 7, del reato di appropriazione di cosa smarrita, atteso che tra i reati in astratto configurabili come presupposto rispetto al reato previsto dall’art. 368 c.p. vi sono, oltre a quello di cui all’art. 647 c.p., anche il furto e la ricettazione). Cass., sez. VI, 8 marzo 2016 - 18 aprile 2016, n. 15964, CED 266534 Per la sussistenza dell’elemento materiale del delitto di calunnia, nella forma della incolpazione c.d. reale o indiretta, è sufficiente che siano portate a conoscenza dell’autorità giudiziaria - sia con scritti che con informazioni o anche testimonianze rese nello svolgimento di un processo - circostanze idonee ad indicare taluno come responsabile di un fatto costituente reato che non ha commesso. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto sussistente l’elemento materiale del reato nella produzione, in un processo per i reati di minaccia ed ingiuria, di un falso verbale di contravvenzione per violazione del codice della strada, finalizzata a dimostrare che l’imputato si trovava altrove al momento dei fatti ascrittigli e, quindi, ad incolpare inequivocabilmente il querelante di averlo 39 Art. 368 - par. 1 CODICE PENALE falsamente accusato). Cass., sez. VI, 29 gennaio 2016 - 11 marzo 2016, n. 10160, CED 266956 2 – Reato attribuito. Il delitto di calunnia si configura anche nel caso di successiva abrogazione del reato oggetto della falsa incolpazione. Cass., sez. VI, 10 febbraio 2016 - 25 febbraio 2016, n. 7729, CED 266653 In tema di calunnia, quando, per effetto di una riforma legislativa, il trattamento sanzionatorio del reato presupposto è mitigato ed è ricondotto ad una pena inferiore al limite che determina l’applicazione della circostanza aggravante prevista dall’art. 368, comma 2, c.p., non viene meno la configurabilità di quest’ultima, poichè ciò che rileva è che la falsa accusa, nel momento in cui la condotta è commessa, abbia esposto la persona ingiustamente accusata al rischio di essere sottoposta ad un reato punito con una pena tale da configurare la suddetta aggravante. (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto che si configura l’aggravante nel caso di falsa accusa di concussione anche qualora la condotta oggetto della stessa sia ipoteticamente riconducibile alla nuova fattispecie di induzione indebita a dare o promettere utilità, di cui all’art. 319-quater c.p., introdotta successivamente ai fatti di causa e punita con pena inferiore a quella prevista dall’art. 368 comma secondo, c.p., per la configurabilità dell’aggravante). Cass., sez. VI, 26 febbraio 2016 - 25 marzo 2016, n. 12655, CED 266951 Sussiste il reato di calunnia anche quando il fatto, oggetto della falsa incolpazione, sia diverso e più grave di quello effettivamente commesso dalla persona incolpata, condizione che si verifica allorché la diversità, incidendo sull’essenza del fatto, riguardi modalità essenziali della sua realizzazione, che ne modifichino l’aspetto strutturale e incidano sulla sua maggiore gravità ovvero sulla sua identificazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto sussistente il delitto di calunnia nella condotta di un denunciante che, descrivendo un’aggressione realmente subita dagli imputati, aveva falsamente dedotto di aver subito conseguenze lesive tali da determinare la contestazione, nei loro confronti, dell’aggravante dello sfregio permanente del viso di cui all’art. 583, comma primo, n. 4, c.p.). Cass., sez. VI, 26 gennaio 2016 - 9 marzo 2016, n. 9874, CED 266730 3 – Pluralità di reati denunciati e pluralità di denunce. In tema di calunnia, la proposizione di plurime denunce contenenti false accuse depositate presso più autorità ed in luoghi distinti dà luogo ad una pluralità di reati, dovendosi escludere l’identità del fatto nel caso in cui la reiterazione della condotta avvenga con modalità spazio-temporali diverse. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza con la quale il giudice aveva assolto l’imputato e restituito gli atti al pubblico ministero ex art. 521 c.p.p., ritenendo che il reato di calunnia si era consumato con la proposizione della prima denuncia, rispetto alla quale quella proposta in un secondo momento, dinanzi ad altra autorità, costituiva un mero post factum non punibile). Cass., sez. VI, 8 marzo 2016 - 4 aprile 2016, n. 13416, CED 267269 371-bis False informazioni al pubblico ministero o al procuratore della Corte penale internazionale. GIURISPRUDENZA 1 Questioni processuali (§ 8). 1 – Questioni processuali. In tema di false dichiarazioni al pubblico ministero, ai fini della immediata procedibilità prevista dall’art. 371-bis, comma 2, c.p., integra il rifiuto di fornire informazioni non soltanto il silenzio o una esplicita dichiarazione con la quale il soggetto escusso rappresenti la propria volontà di non rispondere alle domande rivoltegli dal pubblico ministero, ma ogni comportamento che si risolva in un diniego delle informazioni richieste. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ravvisato la condotta di rifiuto nella opposizione di una serie di “non ricordo” alle domande del pubblico ministero). Cass., sez. VI, 19 febbraio 2016 - 16 giugno 2016, n. 24374, CED 267394 373 Falsa perizia o interpretazione. GIURISPRUDENZA 1 Elemento soggettivo (§ 3). 1 – Elemento soggettivo. Il reato di falsa perizia sussiste, nel contesto di accertamenti valutativi, in presenza di un enunciato mendace riconducibile, sotto il profilo oggettivo, a canoni di certezza, in quanto non d’ufficio controvertibile, e, sotto il profilo soggettivo, ad una divergenza intenzionale tra il convincimento reale del consulente o del perito e quello manifestato nell’elaborato tecnico. Cass., sez. VI, 26 febbraio 2016 - 25 marzo 2016, n. 12654, CED 266869 374 Frode processuale. GIURISPRUDENZA 1 Interesse tutelato. Elemento oggettivo (§ 1). 1 – Interesse tutelato. Elemento oggettivo. L’immutazione dei luoghi integra il delitto di frode processuale ogni qual volta sia percepibile soltanto grazie ad un esame non superficiale e possa sfuggire, pertanto, al controllo di una persona non particolarmente esperta, risultando invece irrilevante solo quando la stessa sia talmente grossolana e così agevolmente percepibile a prima vista, da escludere qualsiasi potenzialità ingannato40 ria. (Fattispecie relativa ad immutazione dei luoghi, consistita nell’abbattimento e nella ricostruzione di alcuni muri portanti, finalizzata a trarre in inganno il consulente tecnico di ufficio nominato dal giudice civile in un procedimento per accertamento tecnico preventivo, introdotto per lamentate lesioni strutturali della proprietà). Cass.s, sez. VI, 4 febbraio 2016 - 10 marzo 2016, n. 9956, CED 266732 Art. 377 - par. 2 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 374-bis False dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 2) 2 Rapporti con altri reati (§ 3). 1 – Elemento oggettivo. Per la configurabilità del reato di cui all’art. 374-bis c.p. (false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati alla autorità giudiziaria), assume rilievo la idoneità degli atti o dei documenti ad adempiere alla funzione probatoria da essi concretamente svolta e non la loro provenienza da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, né il fatto che i documenti siano costituiti da atti pubblici, certificati, scritture private o altro. Cass., sez. VI, 23 febbraio 2016 - 14 marzo 2016, n. 10710, CED 266315 L’immutazione dei luoghi integra il delitto di frode processuale ogni qual volta sia percepibile soltanto grazie ad un esame non superficiale e possa sfuggire, pertanto, al controllo di una persona non particolarmente esperta, risultando invece irrilevante solo quando la stessa sia talmente grossolana e così agevolmente percepibile a prima vista, da escludere qualsiasi potenzialità ingannatoria. (Fattispecie relativa ad immutazione dei luoghi, consistita nell’abbattimento e nella ricostruzione di alcuni muri portanti, finalizzata a trarre in inganno il consulente tecnico di ufficio nominato dal giudice civile in un procedimento per accertamento tecnico preventivo, introdotto per lamentate lesioni strutturali della proprietà). Cass., sez. VI, 11 novembre 2015 - 26 febbraio 2016, n. 8024, CED 266683 Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 374bis c.p. (false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati alla autorità giudiziaria), deve aversi riguardo non all’autenticità materiale dell’atto ma all’inveridicità dei suoi contenuti e all’idoneità dello stesso ad adempiere alla funzione probatoria cui è preordinato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto al reato previsto dall’art. 374bis c.p. la condotta dell’imputato che, già in stato di detenzione domiciliare, aveva prodotto al magistrato di sorveglianza una dichiarazione materialmente falsa, apparentemente proveniente dal proprio datore di lavoro, relativa ai propri orari lavorativi, al fine di ottenere una estensione del periodo di autorizzazione ad assentarsi dal domicilio). Cass., sez. VI, 26 aprile 2016 - 7 giugno 2016, n. 23547, CED 267395 2 – Rapporti con altri reati. Il reato di cui all’art. 374-bis c.p., se aggravato dal fatto di essere stato commesso da un pubblico ufficiale, si pone in rapporto di specialità rispetto al delitto di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici, in quanto si differenzia da questo per la destinazione dell’atto all’autorità giudiziaria. Cass., sez. VI, 10 marzo 2016 - 4 aprile 2016, n. 13425, CED 267089 376 Ritrattazione. GIURISPRUDENZA personale (§ 5). 1 Nozione e natura della ritrattazione (§ 2) 1 – Nozione e natura della ritrattazione. La ritrattazione, quale causa che elimina la punibilità del delitto di falsa testimonianza, deve consistere in una smentita non equivoca del fatto deposto e nella manifestazione del vero, non essendo sufficiente una dichiarazione che, pur volta a minimizzare le conseguenze processuali della testimonianza, sostanzialmente confermi il precedente racconto. Cass., sez. VI, 4 febbraio 2016 - 10 marzo 2016, n. 9955, CED 266472 2 – La ritrattazione nel delitto di favoreggiamento personale. In tema di favoreggiamento personale, la ritrattazione opera come causa di non punibilità del reato solo allorquando essa 2 La ritrattazione nel delitto di favoreggiamento avvenga nello stesso processo penale in cui il responsabile ha posto in essere la condotta di favoreggiamento, a nulla rilevando che essa sia venuta a conoscenza dell’ autorità davanti alla quale è stata consumata la falsità e che essa l’abbia utilizzata insieme con altri elementi processuali. (Fattispecie in cui la Corte, ha ritenuto applicabile la causa di non punibilità avendo l’imputato effettuato la ritrattazione nel corso del giudizio abbreviato celebrato nei suoi confronti a seguito di separazione del processo ai sensi dell’art. 18 c.p.p., e dunque sempre nell’ambito dell’unitario procedimento originario iscritto anche nei confronti degli autori del reatopresupposto). Cass., sez. VI, 4 maggio 2016 - 6 luglio 2016, n. 27933, CED 267389 377 Intralcio alla giustizia. GIURISPRUDENZA 1 Qualità di testimone (§ 2) 2 Consulente tecnico (§ 3) 3 Rapporti con altri reati (§ 7) 1 – Qualità di testimone. È configurabile il delitto di intralcio alla giustizia anche con riferimento alle pressioni e alle minacce esercitate su colui che abbia reso dichiarazioni accusatorie nella fase delle indagini preliminari al fine di indurlo alla ritrattazione in vista dell’acquisizione, da parte sua, della qualità di testimone nel celebrando dibattimento. (Fattispecie relativa a condotta intimidatrice posta in essere da un ispettore della Polizia di Stato nei confronti di persona informata sui fatti al fine di indurla a ritrattare le accuse di estorsione mosse nei confronti di appartenenti ad un’associazione camorristica). Cass., sez. VI, 20 ottobre 2015 - 18 dicembre 2015, n. 50008, CED 266040 — Nello stesso senso: Cass., sez. VI, 17 febbraio 2016 - 28 aprile 2016, n. 17665, CED 266796 2 – Consulente tecnico. Integra il delitto di intralcio alla giustizia previsto dall’art. 377 c.p. in relazione alle ipotesi di cui agli artt. 371-bis o 372 c.p., secondo la fase procedimentale o processuale in cui viene posta in essere, la condotta di chi offre o promette denaro o altra utilità al consulente tecnico del p.m. al fine di influire sul contenuto della consulenza, anche quando l’incarico a questi affidato implica la formulazione di giudizi di natura tecnico-scientifica. Cass., S.U., 25 settembre 2014 - 12 dicembre 2014, n. 51824, Guidi, CED 261187 41 Art. 377 - par. 3 CODICE PENALE 3 – Rapporti con altri reati Riguardo al rapporto con il reato di istigazione alla corruzione propria (art. 322, comma 2, c.p.), v. Cass., S.U., 27 giugno 2013 - 23 ottobre 2013, n. 43384, CED 256408 e poi la sentenza della C. cost., n. 163 del 2014, sub art. 322 § 1 del volume. 378 Favoreggiamento personale. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo: a) natura dell’aiuto; interesse tutelato (§ 2, a); b) casistica (§ 2, c). 1 – Elemento oggettivo: a) natura dell’aiuto; interesse tutelato. Il reato di favoreggiamento personale è integrato da qualunque condotta, attiva o omissiva, che provochi una negativa alterazione del contesto fattuale all’interno del quale le investigazioni e le ricerche sono già in corso o si potrebbero iniziare, non essendo necessaria la dimostrazione dell’effettivo vantaggio conseguito dal soggetto favorito. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di condanna della vittima di un’aggressione armata che, sia nell’immediatezza del fatto, sia in un secondo momento, si era rifiutata di fornire informazioni alle Forze dell’ordine sul luogo, sull’autore e sulle ragioni del ferimento). Cass., sez. VI, 16 febbraio 2016 - 7 marzo 2016, n. 9415, CED 267276 b) casistica. Integra il reato di favoreggiamento personale la condotta del medico che non si limiti ad assistere un latitante, ma ponga in essere condotte di altra natura che, travalicando il dovere professionale del sanitario di tutelare la salute, contribuiscano a che la persona assistita eluda le investigazioni o le ricerche dell’autorità. (Nella specie, il medico, avvalendosi del ruolo direttivo esercitato all’interno di un laboratorio di analisi, aveva fatto sì che il latitante fruisse in maniera sistematica, in un significativo arco temporale, delle prestazioni della struttura sanitaria senza correre il rischio di essere individuato dagli inquirenti, dal momento che gli accertamenti diagnostici venivano effettuati a nome dello stesso sanitario). Cass., sez. VI, 1 marzo 2016 - 22 marzo 2016, n. 12281, CED 267420 380 Patrocinio o consulenza infedele. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo: a) la pendenza di un procedimento (§ 2, a). 1 – Elemento oggettivo: a) la pendenza di un procedimento. La disposizione dell’art. 380 c.p. sanziona la condotta del patrocinatore, infedele ai suoi doveri professionali, che arrechi nocumento agli interessi della parte da lui difesa (assistita o rappresentata) dinanzi all’autorità giudiziaria, per cui essa non può trovare applicazione nel caso in cui la condotta si riferisca al procedimento di esecuzione esattoriale, di cui al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 46, come modificato dal d.lg. 26 febbraio 1999, n. 46, costituendo tale ultimo un’attività esecutiva svolta dalla P.A. improntato al regime di autotutela. Cass., sez. VI, 17 giugno 2016 - 7 luglio 2016, n. 28309, CED 267096 384 Casi di non punibilità. GIURISPRUDENZA 1 Onere della prova (§ 3). 1 – Onere della prova. In tema di scriminante di cui all’art. 384 c.p., il soggetto chiamato a deporre in qualità di parte offesa o di persona informata sui fatti di un reato non può violare l’obbligo su di lui gravante di riferire quanto a sua conoscenza, salvo che non espliciti, in maniera inequivocabile, seppur non espressamente, di essere oggetto, direttamente o indirettamente attraverso un prossimo congiunto, di attuale minaccia o violenza ovvero dell’avvio di un procedimento penale a suo carico. (Fattispecie, in tema di favoreggiamento, relativa alla condotta di un acquirente-consumatore di sostanza stupefacente, che, dopo essere stato sentito dalla polizia giudiziaria come persona informata sui fatti, aveva telefonicamente contattato il proprio fornitore invitandolo a dismettere le utenze telefoniche da questi usate). Cass., sez. VI, 18 marzo 2016 - 5 luglio 2016, n. 27604, CED 267405 385 Evasione. GIURISPRUDENZA 1 Presupposto del delitto (§ 1) 2 Consumazione (§ 4) 3 Aggravanti e attenuanti(§ 5) Imputato agli arresti domiciliari e condannato ammesso a lavorare all’esterno (§ 6). 4 1 – Presupposto del delitto. Integra il delitto di evasione la condotta di colui che si allontani dal luogo ove si trovi in stato di coercizione personale e vigilato dagli organi di polizia che hanno operato l’arresto, anche se non sia stato ancora redatto il relativo verbale, giacché la qualità di arrestato consegue all’attività di privazione della libertà personale e non alla redazione del verbale di arresto, che rappresenta solo la forma di documentazione dell’attività compiuta. Cass., sez. II, 8 aprile 2016 - 20 maggio 2016, n. 21044, CED 266801 c.p.p., nel caso di pluralità di condanne per il delitto di evasione relative a fatti commessi nello stesso arco temporale in cui si è protratto l’allontanamento, in quanto si tratta di un reato istantaneo con effetti permanenti, che si consuma nel momento dell’allontanamento del soggetto agente dal luogo della detenzione, anche domiciliare, mentre l’effetto permanente cessa quando l’evaso torna nel luogo che non avrebbe dovuto lasciare, interrompendo in tal modo l’elusione del controllo da parte dell’autorità vigilante. Cass., sez. VI, 9 marzo 2016 - 25 marzo 2016, n. 12664, CED 266785 2 – Consumazione. È violato il divieto di un secondo giudizio, di cui all’art. 649 3 – Aggravanti e attenuanti. Non integra la circostanza attenuante prevista dall’art. 385, 42 Art. 392 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO comma quarto, c.p., la condotta dell’evaso che, trovandosi nei pressi di una caserma dei carabinieri, manifesta ad una terza persona l’intenzione di costituirsi e chiede di chiamare l’ autorità di polizia. Cass., sez. VI, 24 febbraio 2016 - 18 aprile 2016, n. 15960, 266920 4 – Imputato agli arresti domiciliari e condannato ammesso a lavorare all’esterno. Integra il reato di evasione la condotta di volontario allontana- mento dal luogo di restrizione domiciliare e di presentazione presso la stazione dei Carabinieri ancorché per chiedere di essere ricondotto in carcere. (Nel caso di specie l’imputato aveva giustificato il proprio comportamento - peraltro tenuto senza avere prima avvisato le Forze dell’Ordine - in ragione della insostenibilità della convivenza con la sorella ed il di lei marito). Cass., sez. VI, 25 febbraio 2016 - 2 marzo 2016, n. 8614, CED 266508 — Giurisprudenza contrastante. 388 Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. GIURISPRUDENZA 1 Le fattispecie disciplinate dai primi due commi: a) elusione di un provvedimento di affidamento o cautelare: aa) in genere (§ 1, f, fa); b) consumazione (§ 1, h) 2 Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a pignoramento o a sequestro: a) in genere (§ 2, a); b) elemento oggettivo (§ 2, f). 1 – Le fattispecie disciplinate dai primi due commi: a) elusione di un provvedimento di affidamento o cautelare: aa) in genere. Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 388, comma secondo, c.p., la condotta di elusione del provvedimento del giudice può consistere in una condotta che ostacola dall’esterno un’attività esecutiva integralmente affidata ad altri ovvero in una condotta di inottemperanza di un obbligo coattivamente ineseguibile, per la cui esecuzione è necessaria la collaborazione dell’obbligato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata la sentenza che aveva considerato lecita la condotta dell’imputato che non si era limitato a non ottemperare all’ordine del giudice, ma aveva ostacolato l’esecuzione del provvedimento, sostituendo un lucchetto di un cancello che avrebbe consentito ad altri di accedere e di esercitare un diritto di passaggio sul suo fondo). Cass., sez. VI, 22 marzo 2016 - 20 aprile 2016, n. 16398, CED 266797 Integra una condotta elusiva dell’esecuzione di un provvedimento del giudice civile concernente l’affidamento di minori, rilevante ai sensi dell’art. 388, secondo comma, c.p., anche il mero rifiuto di ottemperarvi da parte del genitore affidatario, salva la sussistenza di contrarie indicazioni di particolare gravità, quando l’attuazione del provvedimento richieda la sua necessaria collaborazione. (Fattispecie relativa ad elusione del provvedimento relativo al diritto di visita del minore da parte del genitore non affidatario, emanato dal giudice civile in sede di separazione personale). Cass., sez. VI, 18 marzo 2016 - 23 marzo 2016, n. 12391, CED 266675 b) consumazione. Integra il delitto di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice il compimento di un atto fraudolento o simulato che ostacoli o ritardi nell’azione l’avente diritto, a prescindere dalla effettiva realizzazione dello scopo perseguito (Fattispecie relativa al conferimento in un fondo patrimo- niale dell’unico bene immobile suscettibile di pignoramento da parte dell’imputato che era stato condannato al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile). Cass., sez. VI, 10 febbraio 2016 - 24 febbraio 2016, n. 7525, CED 266186 2 – Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a pignoramento o a sequestro: a) in genere. L’errore su legge diversa da quella penale di cui all’art. 47, comma 3, c.p., non rileva nel caso di norme da ritenersi incorporate nel precetto penale, fra le quali rientrano quelle che attribuiscono ad un bene il carattere della pignorabilità, trattandosi di disposizioni che, in quanto espressamente richiamate dall’art. 388, comma 6, c.p., attraverso lo specifico riferimento alle cose o ai crediti “pignorabili”, ne costituiscono parte integrante. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna emessa in ordine al delitto di cui all’art. 388, comma 6, c.p. per avere l’imputato, in qualità di debitore sottoposto a pignoramento mobiliare, dichiarato falsamente di non possedere beni pignorabili, ritenendo erroneamente che la propria pensione fosse impignorabile). Cass., sez. VI, 31 maggio 2016 - 6 luglio 2016, n. 27941, CED 267390 b) elemento oggettivo. Integra il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, previsto dall’art. 388 c.p., la condotta del debitore esecutato che, divenuto custode - ai sensi dell’art. 521-bis c.p.c - dopo la notifica del pignoramento di un bene mobile registrato, omette di consegnare la cosa entro il termine di dieci giorni all’istituto vendite giudiziarie, continuando a trattenerla ed ad utilizzarla. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi l’ordinanza del tribunale del riesame di conferma del sequestro preventivo di un’autovettura). Cass., sez. VI, 22 aprile 2016 - 10 maggio 2016, n. 19412, CED 266997 390 Procurata inosservanza di pena. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo. Elemento soggettivo (§ 1). 1 – Elemento oggettivo. Elemento soggettivo. Per l’integrazione del reato di procurata inosservanza di pena, che ha forma libera, è necessario che l’aiuto prestato al condannato sia idoneo a conseguire l’effetto di sottrarlo all’esecuzione della pena e si leghi funzionalmente all’intenzione dello stesso di sottrarsi all’esecuzione. Cass., sez. VI, 9 febbraio 2016 - 23 marzo 2016, n. 12374, CED 266657 392 Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose. GIURISPRUDENZA 1 Soggetto attivo. Possessore (§ 1). 1 – Soggetto attivo. Possessore. Il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza sulle cose è configurabile in relazione a beni posseduti dall’autore della condotta qualora questi non agisca a tutela del 43 Art. 392 - par. 1 CODICE PENALE proprio possesso, ma incida radicalmente sul diritto in contesa, cosl procurandosi direttamente l’utilità sottostante all’accertamento di spettanza dell’autorità giudiziaria. (Fattispecie relativa ad un chiosco prefabbricato, realizzato dalla conduttrice sul fondo concessole in locazione, che le figlie di quest’ultima avevano smontato e trasportato altrove, pochi giorni dopo che il locatore aveva agito in giudizio per la risoluzione del contratto di locazione e la rivendicazione della proprietà del chiosco). Cass., sez. VI, 26 febbraio 2016 - 23 marzo 2016, n. 12377, CED 266666 393 Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone. GIURISPRUDENZA 1 Preteso diritto e possibilità di ricorrere al giudice (§ 2). 1 – Preteso diritto e possibilità di ricorrere al giudice. L’esercizio di un preteso diritto - anche se oggetto di contestazione - integra il reato di cui all’art. 393 c.p. soltanto qualora la pretesa esecitata violentemente non appaia del tutto esorbitante e pretestuosa rispetto a quella vantata nella realtà, configurandosi, in tal caso, il delitto di estorsione. (Fattispecie in tema di richiesta di compenso per attività di intermediazione mediante fatturazione di somme artatamente e manifestamente maggiorate, nella quale, la S.C. ha precisato che, sebbene il requisito distintivo fra le due fattispecie criminose consista nell’elemento psicologico, non ogni pretesa azionabile civilmente è sufficiente per qualificare il fatto come esercizio arbitrario, in quanto la sola pretesa rilevante è quella oggettivamente credibile, rendendo incerto l’esito di un eventuale giudizio civile). Cass., sez. II, 4 febbraio 2016 - 29 febbraio 2016, n. 8096, CED 266203 393-bis Causa di non punibilità. GIURISPRUDENZA 1 Nozione di atto arbitrario (§ 3). 1 – Nozione di atto arbitrario. Presupposto necessario per l’applicazione della causa di giustificazione prevista dall’art. 4 del d.lgt. 14 settembre 1944, n. 288, è un’attività ingiustamente persecutoria del pubblico ufficiale, il cui comportamento fuoriesca del tutto dalle ordinarie modalità di esplicazione dell’azione di controllo e prevenzione demandatagli nei confronti del privato destinatario. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la scriminante in relazione ad un caso di resistenza ai danni di alcuni carabinieri che avevano eseguito la rimozione forzosa di un ’autovettura sulla base di una ordinanza del Sindaco, poi rivelatasi illegittima). Cass., sez. VI, 18 marzo 2016 - 19 aprile 2016, n. 16101, CED 266535 416 Associazione per delinquere. GIURISPRUDENZA 1 Elementi costitutivi (§ 2) 2 Promotori, organizzatori e capi (§ 5) 3 Partecipazione all’associazione e concorso esterno. Prova della partecipazione alla associazione dalla partecipazione alla commissione di dei reati-scopo (§ 6) 4 Circostanze aggravanti (§ 9) 5 Questioni processuali (§ 13). 1 – Elementi costitutivi. In tema di associazione per delinquere (nella specie, di stampo mafioso) è consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato mezzo rispetto ai reati fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima. Cass., sez. II, 31 marzo 2016 - 10 maggio 2016, n. 19435, CED 266670 2 – Promotori, organizzatori e capi. Nel reato di associazione per delinquere “capo” è non solo il vertice dell’organizzazione, quando questo esista, ma anche colui che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi delinquenziali realizzati. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la decisione impugnata che aveva riconosciuto l’aggravante nei confronti dell’imputato che, pur in presenza di altri soggetti al vertice dell’associazione, era risultato essere uno dei maggiorenti del gruppo criminale, sempre al corrente dei profili organizzativi delle singole operazioni illecite e tale da suscitare timore nei compartecipi). Cass., sez. IV, 21 giugno 2016 - 13 luglio 2016, n. 29628, CED 267464 44 3 – Partecipazione all’associazione e concorso esterno. Prova della partecipazione alla associazione dalla partecipazione alla commissione di dei reatiscopo. In tema di continuazione, qualora sia riconosciuta l’appartenenza di un soggetto a diversi sodalizi criminosi, è possibile ravvisare il vincolo della continuazione tra i reati associativi solo a seguito di una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, avuto riguardo ai profili della contiguità temporale, dei programmi operativi perseguiti e del tipo di compagine che concorre alla loro formazione, non essendo a tal fine sufficiente la valutazione della natura permanente del reato associativo e dell’omogeneità del titolo di reato e delle condotte criminose. Cass., sez. VI, 9 febbraio 2016 22 febbraio 2016, n. 6851, CED 266106 In materia di reati associativi, la commissione dei “reati-fine” dell’associazione, di qualunque tipo essa sia, non è necessaria, né ai fini della configurabilità e nemmeno ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione. Cass., sez. III, 6 novembre 2015 - 8 marzo 2016, n. 9459, CED 266710 4 – Circostanze aggravanti. La circostanza aggravante prevista dall’art. 7, d.l. 13 Maggio 1991 n. 152, convertito dalla l. 12 luglio 1991, n. 203, è configurabile con riferimento alla condotta del partecipe di un’associazione per delinquere “semplice” che svolga una funzione strumentale ed agevolatrice a vantaggio di un’associazione per delinquere di tipo mafioso. (Fattispecie in cui la circostanza aggravante è stata Art. 416-bis - par. 2 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO applicata al partecipe di un gruppo organizzato, che, in esecuzione di un condiviso programma criminoso finalizzato alla commissione di una pluralità di delitti connessi all’esercizio abusivo di attività di giochi e scommesse, agendo sotto le direttive di personaggio di vertice di un’associazione mafiosa ed avvalendosi della forza intimidatrice scaturente dal sodalizio criminoso collegato, perseguiva lo scopo di consentire alla cosca di infiltrarsi in maniera determinate nel settore dei giochi e delle scommesse on line). Cass., sez. II, 18 febbraio 2016 - 22 marzo 2016, n. 11987, CED 266681 In relazione al reato di associazione per delinquere “comune” di cui all’art. 416 c.p., l’aggravante di cui all’art. 7 del d.l. 13 maggio 1991, n. 159 è ipotizzabile esclusivamente sotto lo specifico profilo della finalità di agevolare l’attività di un’associazione mafiosa e non dell’utilizzo del metodo mafioso, dovendosi necessariamente configurare, nella seconda ipotesi, il diverso reato di cui all’art. 416 bis c.p. Cass., sez. II, 19 maggio 2016 - 15 giugno 2016, n. 24802, CED 267235 Ai fini della configurabilità dell’aggravante della transnazionalità, prevista dall’art. 4 della l. n. 146 del 2006, è necessario che alla consumazione del reato transnazionale contribuisca consapevolmente un gruppo criminale organizzato, che sussiste in presenza della stabilità dei rapporti fra gli adepti, di una organizzazione seppur minimale, della non occasionalità o estemporaneità della stessa, e della finalizzazione alla realizzazione anche di un solo reato e al conseguimento di un vantaggio finanziario o comunque materiale. (Fattispecie in tema di traffico internazionale di stupefacenti in cui la S.C. ha riconosciuto l’aggravante nel fatto che il trasporto aereo della droga dal Sudamerica era stabilmente pianificato dallo stesso gruppo di soggetti in contatto costante con l’imputato, i quali avevano il compito di farla transitare, prima dell’arrivo in Italia, presso Paesi terzi al fine di vanificare le attività investigative). Cass., sez. III, 19 aprile 2016 - 9 giugno 2016, n. 23896, CED 267440 5 – Questioni processuali. In tema di reati associativi, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio, assumendo rilievo non tanto il luogo in cui si è radicato il pactum sceleris, quanto quello in cui si è effettivamente manifestata e realizzata l’operatività della struttura. Cass., sez. IV, 31 marzo 2016 - 21 aprile 2016, n. 16666, CED 266744 416-bis Associazioni di tipo mafioso anche straniere. GIURISPRUDENZA associativo (§ 6). 1 La condotta di partecipazione all’associazione (§ 4) 2 Il concorso esterno o eventuale nel reato 1 – La condotta di partecipazione all’associazione. In tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che non sia necessario catalogare in un ruolo stabile e predefinito la condotta del singolo associato, poichè il sodalizio mafioso è una realtà dinamica, che si adegua continuamente alle modificazioni del corpo sociale ed all’evoluzione dei rapporti interni tra gli aderenti, sicché le forme di “partecipazione” possono essere le più diverse e addirittura assumere caratteri coincidenti con normali esplicazioni di vita quotidiana o lavorativa). Cass., sez. V, 6 novembre 2015 - 22 febbraio 2016, n. 6882, CED 266064 Integra il reato di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso la condotta di chi si fa intestare fittiziamente, in ripetute occasioni, beni immobili riconducibili alla compagine criminale. Cass., sez. VI, 10 marzo 2016 - 4 aprile 2016, n. 13444, CED 266925 In tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto insufficiente, al fine di dimostrare l’adesione dell’indagato al sodalizio criminale e, quindi, la sua permanente e stabile messa a disposizione per il perseguimento dello scopo sociale, l’esistenza di un’unica conversazione oggetto di intercettazione ambientale, rimasta priva di riscontri, nel corso della quale l’indagato si era impegnato, nei confronti di uno dei promotori ed organizzatori del sodalizio criminale, a sollecitare l’intervento di un ex parlamentare, con cui lo stesso indagato era in rapporti di affari, allo scopo di influire sui giudici di appello per ottenere il ridimensionamento della pena inflitta in primo grado ad un esponente di spicco dell’organizzazione). Cass., sez. VI, 1 marzo 2016 - 24 marzo 2016, n. 12554, CED 267418 2 – Il concorso esterno o eventuale nel reato associativo. È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 110 e 416-bis c.p., sollevata per asserito contrasto con gli artt. 25, comma secondo, e 117 della Costituzione, quest’ultimo in riferimento all’art. 7 della CEDU, per violazione del principio di legalità, nella parte in cui le due disposizioni di legge ordinarie attribuiscono rilevanza penale alla fattispecie di “concorso esterno” in associazioni di tipo mafioso, poichè quest’ultima non costituisce un istituto di creazione giurisprudenziale, bensì conseguenza della generale funzione incriminatrice dell’art. 110 c.p., e la sua configurabilità trova una conferma testuale nella disposizione di cui all’art. 418, comma 1, c.p. Cass., sez. II, 13 aprile 2016 - 2 maggio 2016, n. 18132, CED 266908 In tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, non può ritenersi sussistente il dolo diretto di conservazione e rafforzamento del sodalizio criminale, necessario ad integrare la fattispecie, nella condotta di colui il quale, partecipe di altra organizzazione mafiosa, agisca con l’unica finalità di recare vantaggio a quest’ultima, anche se dalla sua attività possano derivare vantaggi comuni ai due organismi criminali. (Fattispecie relativa a due sodalizi operanti in territori confinanti e riferita alla condotta di soggetto associato ad uno di essi, avente compiti di regolamentazione degli interessi reciproci per il coordinamento delle attività estorsive, il quale svolgeva tale ruolo in rappresentanza e nell’interesse esclusivo del gruppo criminale di appartenenza, con beneficio solo “indiretto” dell’altra organizzazione criminale). Cass., sez. I, 14 gennaio 2016 - 1 marzo 2016, n. 8316, CED 266146 Risponde del reato di concorso esterno nel reato associativo e non di procurata inosservanza di pena, colui che, esterno al sodalizio, agisce con la finalità di fornire non un aiuto episodico al 45 Art. 416-bis - par. 2 CODICE PENALE singolo associato per sottrarsi all’esecuzione della pena, ma un contributo causalmente diretto alla conservazione o al rafforzamento del sodalizio. (Fattispecie nella quale la Corte ha configurato il delitto di cui agli artt. 110, 416-bis c.p. nella condotta dell’imputato, che aveva messo a disposizione dell’associazione mafiosa la propria abitazione, affinché ivi potessero trovare rifugio latitanti di spicco e svolgersi riunioni di vertice dell’organizzazione, finalizzate ad elaborare le strategie criminali e a gestire gli affari illeciti della consorteria). Cass., sez. I, 8 gennaio 2016 - 24 maggio 2016, n. 21642, CED 266886 In tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, ai fini della configurabilità del dolo diretto occorre che l’agente, pur in assenza dell’affectio societatis e, cioè, della volontà di far parte dell’associazione, sia consapevole dei metodi e dei fini della stessa nonchè dell’efficacia causale della propria attività di sostegno per la conservazione o il rafforzamento della struttura organizzativa, essendo a tal fine sufficiente che egli abbia previsto ed accettato tale effetto come risultato non solo possibile, bensì certo, o comunque altamente probabile, della propria condotta. (In motivazione, la Corte ha affermato che, ai predetti fini valutativi, si deve tener conto anche delle massime di esperienza desumibili, fra l’altro, dai rapporti intrattenuti con i membri del sodalizio a fini elettorali, dalla sua conoscenza del ruolo che i suddetti membri ricoprivano nell’ambito della cosca, nonchè dalle connotazioni qualitative e quantitative dell’attività prestata in favore dei singoli sodali o del sodalizio). Cass., sez. II, 13 aprile 2016 - 2 maggio 2016, n. 18132, CED 266907 416-ter Scambio elettorale politico-mafioso. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 1) 2 Rapporti con altri reati (§ 3). 1 – Elemento oggettivo. Ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, previsto dall’art. 416ter c.p. nel testo vigente dopo le modifiche introdotte dalla l. n. 62 del 2014, solo quando il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi è persona intranea ad una consorteria di tipo mafioso, ed agisce per conto e nell’interesse di quest’ultima, non è necessario che l’accordo concernente lo scambio tra voto e denaro o altra utilità contempli l’attuazione, o l’esplicita programmazione, di una campagna elettorale mediante intimidazioni, poiché esclusivamente in tal caso il ricorso alle modalità di acquisizione del consenso tramite la modalità di cui all’art. 416bis, comma 3, c.p. può dirsi immanente all’illecita pattuizione. Cass., sez. VI, 3 marzo 2016 - 20 aprile 2016, n. 16397, CED 266738 Ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, previsto dall’art. 416ter c.p., qualora il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi sia una persona estranea alla consorteria di tipo mafioso, ovvero un soggetto intraneo che agisca uti singulus, è necessaria la prova della pattuizione delle modalità di procacciamento del consenso con metodo mafioso (In motivazione la Corte ha precisato che, diversamente, detta prova può ritenersi manifesta nel caso in cui il promittente sia un intraneo che agisce in rappresentanza e nell’interesse dell’associazione, atteso che la logica causale della scelta di quello specifico interlocutore, da parte del candidato, è determinata proprio dalla sua fama criminale e dalle modalità con cui sarà attuato il reclutamento elettorale). Cass., sez. I, 30 novembre 2015 - 9 maggio 2016, n. 19230, CED 266794 2 – Rapporti con altri reati. È configurabile il concorso formale tra il delitto di di scambio elettorale politico-mafioso, previsto dall’art. 416-ter c.p., e quello previsto dall’art. 86 d.P.R. 15 maggio 1960 n. 570 (c.d. corruzione elettorale), in quanto le due fattispecie sono in rapporto di specialità reciproca tra loro. Cass., sez. I, 30 novembre 2015 - 9 maggio 2016, n. 19230, CED 266795 422 Strage. GIURISPRUDENZA 1 Concorso nel reato. 1 – Concorso nel reato. Ai fini del concorso nel delitto di strage, è sufficiente un contributo limitato alla sola fase preparatoria e di organizzazione logistica del reato materialmente commesso da altri concorrenti, non essendo necessario essere informati sull’identità di chi agirà, sulle modalità esecutive della condotta e sull’identità della vittima, purché vi sia la consapevolezza che la propria azione si iscriva in una più ampia progettazione delittuosa, finalizzata alla realizzazio- ne di un omicidio di rilevante impatto sul territorio. (Nella fattispecie, relativa a strage mafiosa, la S.C. ha ritenuto la responsabilità dell’imputato in concorso, per aver svolto il ruolo di autista del caposcosca, organizzatore della strage, per averlo accompagnato in due sopralluoghi sul posto del delitto e per avergli offerto ospitalità, nella consapevolezza che stava preparandosi un attentato eclatante). Cass., sez. I, 30 novembre 2015 - 22 giugno 2016, n. 25846, CED 267297 437 Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo: a) collettività lavorativa; dimensioni dell’impresa § 3, d). 1 – Elemento oggettivo: a) collettività lavorativa; dimensioni dell’impresa. Ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa descritta dall’art. 437 c.p., è necessario che l’omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l’inefficienza di quei 46 presidi antinfortunistici abbia l’attitudine, almeno astratta, anche se non abbisognevole di concreta verifica, a pregiudicare l’integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di persone gravitanti attorno all’ambiente di lavoro. Cass., sez. I, 20 gennaio 2016 - 2 maggio 2016, n. 18168, CED 266881 — Giurisprudenza non univoca Art. 474 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 453 Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate. GIURISPRUDENZA 1 Falsificazione: grossolanità (§ 2). 1 – Falsificazione: grossolanità. In tema di falso nummario, la grossolanità della contraffazione, che dà luogo al reato impossibile, si apprezza solo quando il falso sia ictu oculi riconoscibile da qualsiasi persona di comune discernimento ed avvedutezza e non si debba far riferimento né alle particolari cognizioni ed alla competenza specifica di soggetti qualificati, né alla straordinaria diligenza di cui alcune persone possono esser dotate. Cass., sez. V, 6 ottobre 2015 - 22 febbraio 2016, n. 6873, CED 266417 466-bis Confisca (1). [I] Nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui agli articoli 453, 454, 455, 460 e 461 è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto, il prezzo o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile dei beni di cui il condannato ha comunque la disponibilità, per un valore corrispondente al profitto, al prodotto o al prezzo del reato. Si applica il terzo comma dell’articolo 322-ter. (1) Articolo inserito dall’art. 2 comma 1 lett. b) d.lg. 29 ottobre 2016, n. 202. 473 Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 1) 2 Rapporti con altri reati (§ 4). 1 – Elemento oggettivo. Ai fini della configurabilità dell’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 473 c.p., non è sufficiente la mera confondibilità tra due marchi regolarmente registrati, ma è necessario un quid pluris rappresentato dalla materiale contraffazione o alterazione dell’altrui marchio. Cass., sez. I, 9 settembre 2015 - 19 luglio 2016, n. 30774, CED 267509 Integra il reato di cui all’art. 473 c.p. la condotta di contraffazione o alterazione dei c.d. modelli ornamentali, consistente nel riprodurre gli elementi emblematici e di maggior risalto del modello brevettato, in modo tale da causare la confondibilità dell’oggetto contraffatto con il prodotto originario, o comunque da ingenerare una falsa rappresentazione della provenienza del prodotto, anche laddove vi siano eventuali indicazioni di marchi validi e legittimi con i quali venga contrassegnato. (Fattispecie in tema di brevetti per modello ornamentale riferiti ad elettropompe, in cui la S.C. ha annullato la sentenza di merito che non aveva operato una completa considerazione dell’insieme delle caratteristiche costruttive ed estetiche dei prodotti confrontati, ma aveva ritenuto insussistente il reato sul presupposto che fosse sufficiente che essi differissero tra loro per il colore e, in parte, per le sigle). Cass., sez. V, 5 febbraio 2016 - 21 aprile 2016, n. 16709, CED 266698 I reati previsti dagli artt. 473 e 474 c.p. tutelano la pubblica fede con riferimento ai segni distintivi di un determinato prodotto ed hanno come presupposto l’attività fraudolenta del soggetto, esplicatasi mediante alterazione o contraffazione di marchi, etichette o sigilli originali, sicchè, in tale contesto normativo, il riutilizzo, dopo la scadenza della relativa licenza, di un’etichetta o di un marchio vero su un prodotto non originale rientra nel concetto di contraf- fazione. Cass., sez. V, 7 gennaio 2016 - 27 maggio 2016, n. 22503, CED 266857 2 – Rapporti con altri reati. Integra il reato di cui all’art. 473 c.p. la contraffazione o l’alterazione di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali che siano tali da ingenerare confusione nei consumatori e da nuocere al generale affidamento, mentre ricorre il reato previsto dall’art. 127, comma 1, d.lg.10 febbraio 2005, n. 30 nel caso in cui l’abusiva utilizzazione di un prodotto leda solo lo specifico interesse patrimoniale di chi lo ha brevettato, in quanto il bene protetto dal primo reato è la fede pubblica laddove quello tutelato dal secondo è il patrimonio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto alla fattispecie prevista dall’art. 473 c.p. l’uso illegittimo di un marchio successivamente alla scadenza della licenza). Cass., sez. V, 7 gennaio 2016 - 27 maggio 2016, n. 22503, CED 266856 Il delitto di cui all’art. 473 c.p., essendo finalizzato a tutelare il collegamento tra il marchio contraffatto ed un determinato prodotto, precede l’immissione in circolazione dell’oggetto falsamente contrassegnato e ne prescinde, in quanto il bene oggetto della falsificazione, una volta registrato, è per sua natura destinato alla circolazione nel mercato, anche se non ancora inserito nel circuito commerciale. (Fattispecie relativa a prodotti falsi riproducenti un modello di borse registrato ma non ancora commercializzato dal reale produttore, in cui la S.C. ha affermato la natura plurioffensiva del reato di contraffazione o alterazione di marchi o segni distintivi di prodotti industriali). Cass., sez. V, 27 gennaio 2016 - 2 maggio 2016, n. 18289, CED 267119 474 Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi. GIURISPRUDENZA 1 Rapporti con altri reati (§ 3). 47 Art. 474 - par. 1 CODICE PENALE 1 – Rapporti con altri reati. In tema di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, il delitto di cui all’art. 474, c.p., concorre con l’illecito amministrativo previsto dall’art. 1, comma 7, della l. n. 80 del 2005, che punisce l’acquirente finale di un prodotto con marchio con- traffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata, atteso che le fattispecie riguardano condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non si configura un rapporto di specialità. Cass., sez. V, 9 febbraio 2016 - 16 febbraio 2016, n. 6354, CED 266010 476 Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. GIURISPRUDENZA 1 Distinzione e tipi di atti pubblici: a) interni e preparatori (§ 2, a); b) documenti di fede privilegiata (§ 2, c) 2 Rapporti con altri reati (§ 11). 1 – Distinzione e tipi di atti pubblici: a) interni e preparatori. Il verbale di seduta di una commissione esaminatrice costituisce atto pubblico fidefacente, in quanto destinato a provare il rapporto intersoggettivo tra i pubblici ufficiali-esaminatori e gli esaminati, sicchè la mancata annotazione in esso dell’allontanamento, anche solo per un periodo di tempo parziale, di uno dei componenti della commissione, durante lo svolgimento delle prove d’esame, integra il reato di falso ideologico in atto pubblico, vulnerando il valore probatorio del verbale, destinato a provare il regolare espletamento delle operazioni di esame che presuppongono la contestuale presenza di tutti i componenti della commissione. Cass., sez. V, 15 ottobre 2015 - 12 febbraio 2016, n. 6062, CED 266024 b) documenti di fede privilegiata. In tema di falso materiale in atto pubblico commesso dal privato ed aggravato ex art. 476, comma secondo, c.p., sono documenti dotati di fede privilegiata solo quelli che, emessi da pubblico ufficiale autorizzato dalla legge, da regolamenti oppure dall’ordinamento interno della P.A. ad attribuire all’atto pubblica fede, attestino quanto da lui fatto e rilevato o avvenuto in sua presenza, ovvero quanto da lui attestato in relazione a constatazioni o accertamenti che era in sua facoltà e nella sua discrezionalità eseguire. (Fattispecie relativa a documento di sgravio fiscale, attestante il fatto che il debito del contribuente verso l’Erario era inferiore alla somma iscritta a ruolo). Cass., sez. V, 5 febbraio 2016 - 1 marzo 2016, n. 8358, CED 266068 In tema di falso ideologico in atto pubblico aggravato ex art. 476, comma 2, c.p., la forza probante privilegiata degli atti pubblici originali è limitata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato e a quei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti ma non anche alla valutazione di tali fatti, a meno che la legge non attribuisca al pubblico ufficiale tale potere con valore legale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva escluso la natura fidefaciente di atti istruttori predisposti da pubblici funzionari, in relazione a pratiche di finanziamento, contenenti giudizi e valutazioni sui progetti presentati dalle imprese). Cass, sez. VI, 31 marzo 2016 - 14 giugno 2016, n. 24768, CED 267316 2 – Rapporti con altri reati. In tema di falsità in atti, deve escludersi il concorso formale tra falso materiale e falso ideologico se la falsità riguarda il medesimo documento atteso che, trattandosi di un atto alterato o contraffatto, è irrilevante che lo stesso sia veridico o meno. Cass., sez. V, 13 novembre 2015 - 23 marzo 2016, n. 12400, CED 266700 479 Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 3). 1 – Elemento oggettivo. Nella nozione di atto pubblico oggetto del delitto di falso ideologico ex art. 479 c.p. è ricompreso ogni atto redatto dal pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, giacché ciò che rileva è la provenienza dell’atto dal medesimo ed il contributo dallo stesso fornito, in termini di conoscenza o di determinazione, ad un procedimento della pubblica amministrazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il predetto reato nella condotta di un Presidente di tribunale che aveva falsamente attestato, in una dichiarazione scritta, che un addetto alla sezione di polizia giudiziaria della locale Procura era stato convocato di urgenza in Tribunale per il disbrigo di improcrastinabili attività giudiziarie). Cass., sez. V, 29 maggio 2015 - 3 novembre 2015, n. 44383, CED 266401 482 Falsità materiale commessa dal privato. GIURISPRUDENZA 1 Soggetto attivo (§ 2) 2 Elemento oggettivo (§ 3). 1 – Soggetto attivo. L’amministratore formale di società non risponde automaticamente, per il solo fatto della carica rivestita, del reato di falso documentale commesso da altro soggetto delegato alla gestione della compagine sociale, dovendosi verificare la sua compartecipazione materiale e morale al fatto che, in quanto posto in essere in unità di tempo e di luogo, può sfuggire alla sua cognizione. (In motivazione, la Corte ha osservato che una responsabilità morale dell’amministratore di diritto può ravvisarsi, pressoché de plano, solo per l’inosservanza di taluni obblighi connessi alla carica, come quelli relativi alla tenuta della contabilità, in considerazione della posizione di garanzia rivestita). Cass., sez. V, 13 giugno 2016 - 27 luglio 2016, n. 32793, CED 267462 48 2 – Elemento oggettivo. In tema di falso materiale commesso dal privato in atto pubblico, l’alterazione di elementi accessori dell’atto, diversi da quelli che attengono al contenuto tipico dell’attestazione, non configura un falso innocuo o irrilevante, in quanto tutte le componenti inserite nel documento ripetono da questo la loro idoneità funzionale ad asseverare l’esistenza di quanto indicato, in particolare laddove tali componenti accessorie siano inserite proprio per provare i fatti da esse rappresentati. Cass., sez. VI, 3 giugno 2016 - 7 luglio 2016, n. 28303, CED 267094 Art. 495 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 483 Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. GIURISPRUDENZA 1 Casistica (§ 2). 1 – Casistica. Non integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la condotta di colui che, fermato per un controllo dalla Polizia alla guida della propria autovettura, dichiara falsamente che il proprio mezzo è munito di regolare copertura assicurativa. Cass., sez. V, 19 gennaio 2016 - 4 marzo 2016, n. 9195, CED 266345 Integra il delitto di cui all’art. 483 c.p. la dichiarazione di successione non veritiera formata dal privato e presentata al pubblico ufficiale, tenuto, sulla base di essa, a determinare e certificare l’ammontare della relativa imposta successoria, sussistendo tale reato qualora l’atto pubblico, nel quale la dichiarazione è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti ivi attestati. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che, avuto riguardo alla natura composita ed alla funzione svolta dalla denuncia di successione - formata dalla dichiarazione del denunciante in ordine agli elementi da cui trae origine l’obbligo tributario e dal conseguente atto del pubblico ufficiale che quantifica l’imposta dovuta - il reato è configurabile anche quando la condotta, nella specie costituita dalla falsa dichiarazione della qualità di erede, sia intervenuta prima della presentazione dell’istanza al pubblico ufficiale). Cass., sez. V, 11 novembre 2015 - 27 aprile 2016, n. 17206, CED 266696 Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la falsa denuncia di smarrimento della patente di guida, recante l’attestazione di ricezione da parte dell’organo di polizia, perché l’attestazione stessa è dichiarativa di attività svolta dal pubblico ufficiale ed ha una indubbia efficacia probatoria, in quanto presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato della patente. Cass., sez. VI, 8 marzo 2016 - 27 aprile 2016, n. 17381, CED 266740 485 [Falsità in scrittura privata]. (abrogato) GIURISPRUDENZA 1 Rapporti con altri reati (§ 10). 1 – Rapporti con altri reati. La falsificazione materiale del contrassegno assicurativo relativo alla responsabilità civile degli autoveicoli commessa da un soggetto privato che ne faccia uso mediante esibizione sull’autovettura, integra gli estremi del reato di falsità in scrittura privata, ma non quello di ricettazione, a meno che il modulo contrattuale e il relativo contrassegno non provengano a loro volta da reato. Cass., sez. II, 2 marzo 2016 - 16 marzo 2016, n. 11013, CED 266351 491 Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito. GIURISPRUDENZA 1 Giurisprudenza relativa alla nuova formulazione dell’art. 491 (ex d.lg. n. 7 del 2016). 1 – Giurisprudenza relativa alla nuova formulazione dell’art. 491 (ex d.lg. n. 7 del 2016). In tema di falso in scrittura privata, a seguito dell’abrogazione dell’art. 485 c.p. e della nuova formulazione dell’art. 491 c.p., da parte del d.lg. n. 7 del 2016, la rilevanza penale dell’attività di falsificazione (ovvero utilizzazione dell’atto falso), realizzata secondo le modalità previste dagli articoli che precedono il predetto art. 491, è circoscritta alle scritture private indicate da quest’ultimo (testamento olografo, cambiale e titoli di credito trasmissibili per girata o al portatore), sempre che il fine avuto di mira dall’agente sia quello di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno. (Fattispecie in tema di cambiali). Cass., sez. V, 10 febbraio 2016 - 28 giugno 2016, n. 26812, CED 267291 494 Sostituzione di persona. GIURISPRUDENZA 1 Elementi costitutivi del reato; casistica; inidoneità dell’azione (§ 2). 1 – Elementi costitutivi del reato; casistica. Non integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di chi si attribuisce una falsa qualità personale cui la legge non ricollega alcuno specifico effetto giuridico. (Fattispecie in cui l’imputato si era presentato come agente dell’UCIGOS, ufficio che, già all’epoca dei fatti, non rappresenta più un’articolazione della pubblica sicurezza, per essere stato sostituito dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione). Cass., sez. V, 21 ottobre 2015 - 21 aprile 2016, n. 16673, CED 266721 Integra il reato di sostituzione di persona la falsa attribuzione della qualità di incaricata di una associazione di quartiere per la redazione di un questionario, trattandosi di qualifica che produce l’effetto giuridico di attribuire la facoltà di contattare i cittadini, anche mediante accesso alle private abitazioni, per acquisire informazioni. Cass., sez. V, 17 maggio 2016 - 18 agosto 2016, n. 35027, CED 267550 495 Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri. GIURISPRUDENZA 1 Identità, stato e qualità personali (§ 2) 2 Elemento soggettivo (§ 7). 1 – Identità, stato e qualità personali. In tema di falsità personali, la nozione di “altra qualità della propria o altrui persona”, di cui all’art. 495 c.p., comprende soltanto le dichiarazioni o attestazioni che si riferiscono alle condizioni della persona e che concorrono ad individuare il soggetto e a consentire la sua identificazione. (In applicazione del principio, la 49 Art. 495 - par. 1 CODICE PENALE Corte ha escluso che integrasse il reato in questione la falsa affermazione relativa alla regolare copertura assicurativa del proprio mezzo, resa dall’imputato alla polizia stradale) Cass., sez. V, 19 gennaio 2016 - 4 marzo 2016, n. 9195, CED 266344 2 – Elemento soggettivo. Nel delitto di falsa attestazione inerente ad una qualità personale del dichiarante non si richiede il dolo specifico, non essendo rilevante il fine perseguito dall’autore della falsità, ma è sufficiente la coscienza e volontà della condotta delittuosa. (Fattispecie in cui l’imputato, nel corso di un controllo stradale, richiesto, tra l’altro, di riferire sull’esistenza di precedenti a suo carico, sebbene non obbligato a rispondere ma ammonito circa le conseguenze penali in caso di false dichiarazioni, aveva consapevolmente dichiarato non avere precedenti penali). Cass., sez. V, 26 febbraio 2016 - 3 maggio 2016, n. 18476, CED 266549 496 False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo e casistica (§ 1). 1 – Elemento oggettivo e casistica. Ai fini della sussistenza del delitto di false dichiarazioni sull’identità o su qualità personali proprie o altrui (art. 496 c.p.), è necessario che la dichiarazione del privato sia rilevante in relazione alla funzione o al servizio esercitato dal destinatario dell’informazione falsa (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata la motivazione della sentenza che, senza descrivere la rilevanza dell’informazione rispetto all’atto da compiere, aveva attribuito rilievo, ai fini della condanna, alla condotta dell’imputato che, in occasione di un controllo di polizia, aveva affermato, contrariamente al vero, di essere sposato con prole). Cass., sez. V, 30 marzo 2016 - 21 aprile 2016, n. 16725, CED 266707 497-bis Possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 1). 1 – Elemento oggettivo. Per l’integrazione del delitto di cui all’art. 497 bis, comma 1, c.p., non è necessaria una contiguità fisica, attuale e costante, tra il documento falso ed il soggetto agente, essendo sufficiente che questi detenga o abbia detenuto, anche prima dell’accertamento del fatto da parte della polizia giudiziaria, l’atto certificativo in un luogo e con modalità tali da assicurarsene l’immediata disponibilità. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso dell’imputato, ritenendo irrilevante che il documento non fosse stato rinvenuto sulla sua persona, ma in un mobile della sua abitazione). Cass., sez. V, 26 gennaio 2016 - 7 aprile 2016, n. 14029, CED 267355 Integra il reato di cui all’art. 497-bis, comma 2, c.p., e non quello meno grave di cui al comma primo della stessa norma, il possesso di una carta d’identità recante la foto del possessore con false generalità, essendo evidente, in tal caso, la partecipazione di quest’ultimo alla contraffazione del documento. (In motivazione la S.C. ha chiarito che le due ipotesi di reato si presentano alternative tra loro). Cass., sez. II, 22 marzo 2016 - 14 aprile 2016, n. 15681, CED 266554 513-bis Illecita concorrenza con minaccia o violenza. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 2). 1 – Elemento oggettivo. La condotta materiale del delitto previsto dall’art. 513-bis c.p. può essere integrata da tutti gli atti di concorrenza sleale di cui all’art. 2598 c.c., tra i quali vi rientrano quelli diretti non solo a distruggere l’attività del concorrente, ma anche ad impedire che possa essere esercitato un atto di libera concorrenza, come quello della ricerca di acquisizione di nuove fette di mercato. (In motivazione, la Corte ha affermato che l’art. 2598 c.c., da interpretarsi alla luce della normativa comunitaria e della l. n. 287 del 1990, prevede ai numeri 1) e 2) i casi tipici di concorrenza sleale parassitaria, ovvero attiva, mentre al n. 3) una norma di chiusura secondo cui sono atti di concorrenza sleale tutti i comportamentio contrari ai prinicìpi della correttezza professionale idonei a danneggiare l’altrui azienda). Cass., sez. III, 10 dicembre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 3868, CED 266180 Ai fini della configurazione del delitto previsto dall’art. 513-bis c.p., sono da qualificare atti di concorrenza illecita tutti quei comportamenti sia “attivi” che “impeditivi” dell’altrui concorrenza, che, commessi da un imprenditore con violenza o minaccia, sono idonei a falsare il mercato e a consentirgli di acquisire, in danno dell’imprenditore minacciato, illegittime posizioni di vantaggio sul libero mercato, senza alcun merito derivante dalla propria capacità operativa. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata che aveva escluso la configurabilità del reato nella condotta dell’imprenditore che aveva costretto un concorrente ad interrompere i lavori affidatigli dal Comune, rivendicandoli come propri). Cass., sez. II, 13 aprile 2016 - 2 maggio 2016, n. 18122, CED 266847 517-ter Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo. 1 – Elemento oggettivo. In materia di delitto di fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale, la condotta di 50 “violazione” del titolo di privativa è integrata non soltanto con la fabbricazione di merci realizzata carpendo l’idea originale insita nel titolo, ma, altresì, con l’imitazione dei prodotti protetti dalla pri- Art. 570 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO vativa, anche utilizzando segni distintivi autentici. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione giuridica, ai sensi dell’art. 517-ter c.p., della condotta consistita nella esposizione per la vendita da parte dell’imputato di un veicolo avente le stesse caratteristiche di forma e linee stilistiche dell’auto Ferrari mod. 250 GTO sul quale era stato apposto il marchio Ferrari). Cass., sez. III, 19 novembre 2015 - 3 marzo 2016, n. 8653, CED 266219 Il reato di messa in circolazione di beni prodotti in violazione di un titolo di proprietà industriale, previsto dal secondo comma dell’art. 517ter c.p., ha natura di reato di pericolo, per la cui sussistenza è sufficiente l’astratta confondibilità del prodotto imitato, a prescindere dalla concreta induzione in errore dei consumatori circa la provenienza del prodotto dal titolare della privativa. Cass., sez. III, 19 novembre 2015 - 3 marzo 2016, n. 8653, CED 266220 517-quater Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari. GIURISPRUDENZA 1 Rapporti con altri reati. 1 – Rapporti con altri reati. Il delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, di cui all’art. 517quater c.p., non richiede che le indicazioni fallaci siano idonee ad ingannare il pubblico dei consumatori, essendo finalizzato a proteggere l’interesse dei produttori titolati ad utilizzare le predette indicazioni o denominazioni; nè esige che l’origine del prodotto sia tutelata, ai sensi dell’art. 11 d.lg. n. 30 del 2005, attraverso la registrazione di un marchio collettivo, la cui contraffazione può pertanto integrare, attesa la mancata previsione di clausole di riserva, anche i reati di cui agli artt. 473 o 474 c.p. Cass., sez. III, 23 marzo 2016 - 8 luglio 2016, n. 28354, CED 267455 567 Alterazione di stato. [I] Chiunque, mediante la sostituzione di un neonato [c.c. 239], ne altera lo stato civile è punito con la reclusione da tre a dieci anni. [II] Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità [569] (1). (1) La C cost., con sentenza 10 novembre 2016, n. 236, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 567, secondo comma, « nella parte in cui prevede la pena edittale della reclusione da un minimo di cinque a un massimo di quindici anni, anziché la pena edittale della reclusione da un minimo di tre a un massimo di dieci anni ». competenza: Trib. monocratico (udienza prelim.) (1o comma); Trib. collegiale (2o comma) arresto: facoltativo fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d’ufficio GIURISPRUDENZA 1, c). 1 Le differenti fattispecie del primo e del secondo comma: a) la fattispecie del secondo comma (§ 1 – Le differenti fattispecie del primo e del secondo comma: a) la fattispecie del secondo comma. Perché possa configurarsi il delitto di cui all’art. 567, comma 2, c.p. la condotta deve comportare una alterazione destinata a riflettersi sulla formazione dell’atto e, pertanto, deve escludersi l’ipotesi delittuosa nel caso di dichiarazioni di nascita effettuate ai sensi dell’art. 15 del d.P.R. n. 396 del 2000, in ordine a cittadini italiani nati all’estero e rese all’autorità consolare secondo le norme stabilite dalla legge del luogo. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la configurabilità del reato nella condotta dei coniugi che avevano richiesto la trascrizione in Italia dell’atto di nascita del proprio minore, nato in Ucraina a seguito di tecniche di maternità surrogata, esibendo in ambasciata il certificato redatto dalle autorità ucraine che li indicava come genitori, a seguito dell’autorizzazione della madre naturale e della “informazione di relazione genetica”). Cass., sez. V, 10 marzo 2016 - 5 aprile 2016, n. 13525, CED 266672 Non integra il reato di alterazione di stato, non ravvisandosi l’induzione in errore dell’ufficiale di stato civile, la trascrizione in Italia di un falso atto di nascita formato all’estero in forza di una richiesta presentata da parte del solo padre biologico del neonato, corredata da documenti che dimostravano che la madre effettiva del neonato era diversa da quella indicata nell’atto. (Nella fattispecie, dopo la formazione in Ucraina di un falso atto di nascita, alla prima richiesta di trascrizione presentata dagli imputati, coniugi che si dichiaravano genitori del bambino, è seguita una seconda istanza da parte solo del solo padre biologico, con la produzione di documenti che dimostravano chi era la madre effettiva del neonato). Cass., sez. VI, 11 novembre 2015 - 26 febbraio 2016, n. 8060, CED 266167 570 Violazione degli obblighi di assistenza familiare. GIURISPRUDENZA 1 Consumazione; reato permanente (§ 8). 1 – Consumazione; reato permanente. In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’imputazione che fa riferimento, quanto al tempus commissi delicti, alla data di presentazione di più querele, individua la sola data 51 Art. 570 - par. 1 CODICE PENALE d’inizio della condotta e i fatti nella loro dimensione oggettiva e non anche la data finale dell’attività delittuosa; ne deriva che il termine di prescrizione del reato permanente in questione decorre dalla data della sentenza di condanna di primo grado e non da quella di emissione del decreto di citazione, qualora sia emerso, nel corso del giudizio, che la condotta omissiva si è protratta anche dopo l’esercizio dell’azione penale. Cass., sez. VI, 15 marzo 2016 - 21 aprile 2016, n. 16561, CED 266927 571 Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 2). 1 – Elemento oggettivo. Integra il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina il comportamento dell’insegnante che faccia ricorso a qualunque forma di violenza, fisica o morale, ancorchè minima ed orientata a scopi educativi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto al predetto reato la condotta di una insegnante che aveva sottoposto i bambini a lei affidati a violenze fisiche, consistite in schiaffi o nel tirare loro i capelli con forza, ovvero a violenza psicologica e, ancora, a condotte umilianti, come il minacciarli dell’arrivo di un diavoletto, nel costringerli a cantare o a mangiare, nel farli tenere la lingua fuori dalla bocca). Cass., sez. VI, 3 febbraio 2016 - 10 marzo 2016, n. 9954, CED 266434 La nozione di malattia ai fini del reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina è più ampia di quelle concernenti l’imputabilità o il reato di lesione personale, comprendendo ogni conseguenza rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo, dallo stato d’ansia, all’insonnia, dalla depressione, ai disturbi del carattere e del comportamento. Cass., sez. VI, 13 aprile 2016 - 12 maggio 2016, n. 19850. CED 267000 572 Maltrattamenti contro familiari e conviventi. GIURISPRUDENZA 1 Soggetto attivo 2 Interesse tutelato. Elemento oggettivo (§ 3) 3 Elemento soggettivo (§ 4) 4 Pluralità di soggetti passivi (§ 6). 5 Rapporti con altri reati (§ 7). 1 – Soggetto attivo. Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 572 c.p., l’esistenza, in una casa di cura e ricovero per anziani, di un generalizzato clima di sopraffazione e violenza nei confronti degli assistiti non esime dalla rigorosa individuazione dei distinti autori delle varie condotte, in quanto il carattere personale della responsabilità penale impedisce che il singolo addetto, in mancanza di addebiti puntuali che lo riguardano, possa essere chiamato a rispondere, sia pure in forma concorsuale, del contesto in sé considerato, anche nel caso in cui da tale contesto egli tragga vantaggio. Cass., sez. VI, 10 dicembre 2015 - 25 febbraio 2016, n. 7760, CED 266684 2 – Interesse tutelato. Elemento oggettivo. Il delitto di maltrattamenti in famiglia può essre integrato anche mediante il compimento di atti che, di per sè, non costituiscono reato. (In motivazione, la Corte ha precisato come il termine “maltrattare” non evoca in sè la necessità del compimento di singole condotte riconducibili a fattispecie tipiche ulteriori rispetto a quella di cui all’art. 572 c.p.). Cass., sez. VI, 10 marzo 2016 - 4 aprile 2016, n. 13422, CED 267270 3 – Elemento soggettivo. Lo stato di nervosismo e di risentimento non esclude l’elemento psicologico del reato di maltrattamenti in famiglia, costituendo, al contrario, uno dei possibili moventi dell’ipotesi delittuosa. (La S.C. ha applicato il suddetto principio di diritto in fattispecie relativa allo stato di risentimento dell’imputato, determinato dal rifiuto del coniuge a congiungersi carnalmente). Cass., sez. III, 11 febbraio 2016 - 11 aprile 2016, n. 14742, CED 266634 4 – Pluralità di soggetti passivi. Poiché l’interesse protetto dal reato di cui all’art. 572 c.p. è la personalità del singolo in relazione al rapporto che lo unisce al soggetto attivo, è configurabile una pluralità di reati, eventualmente unificati dalla continuazione, nel caso di maltrattamenti posti in essere nei confronti di più familiari. Cass., sez. VI, 12 gennaio 2016 - 21 gennaio 2016, n. 2625, CED 266243 5 – Rapporti con altri reati. Il reato di lesioni personali lievi non è assorbito in quello di maltrattamenti in famiglia se l’agente ha avuto non solo l’intenzione di maltrattare ma anche di ledere l’integrità fisica del soggetto passivo. Cass., sez. III, 29 aprile 2015 - 22 dicembre 2015, n. 50208, CED 267283 574-bis Sottrazione e trattenimento di minore all’estero. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo. 1 – Elemento oggettivo. Integrano il delitto di sottrazione e trattenimento di minore all’estero, di cui all’art. 574-bis c.p., le condotte di abductio o di trattenimento del minore al di fuori del territorio dello Stato, cui consegue l’impedimento dell’esercizio della potestà genitoriale da parte del soggetto legittimato, atteso che detto reato si connota, rispetto al delitto di sottrazione di persone incapaci, dall’elemento specializzante del trasferimento o trattenimento all’estero. Cass., sez. VI, 31 marzo 2016 - 28 aprile 2016, n. 17679, CED 267315 575 Omicidio. GIURISPRUDENZA 52 1 Elemento soggettivo. Accertamento della volontà omicida (§ 3). Art. 582 - par. 2 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 1 – Elemento soggettivo. Accertamento della volontà omicida. Quando la condotta dell’agente sia consapevolmente diretta ad uccidere, ma l’evento si verifica non per effetto di quella condotta, ma di altra, successiva, posta in essere dallo stesso agente nella erronea convinzione che la vittima sia già deceduta, l’omicidio non può essere imputato a titolo di dolo, se non sotto il profilo del delitto tentato, mentre l’ulteriore frammento della condotta può essere ascritto solo a titolo di colpa. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione del fatto come omicidio volontario, escludendo una condizione di errore in capo all’imputato, che, dopo aver colpito con calci e pugni una donna facendole perdere conoscenza, la aveva spogliata e rinchiusa nel bagagliaio dell’auto, per cui lo stretto contatto in questa fase con il corpo della vittima gli aveva consentito di percepirne la vitalità, prima di ucciderla dando fuoco all’auto). Cass., sez. I, 17 novembre 2015 15 aprile 2016, n. 15774, CED 266600 Nel delitto di tentato omicidio, ai fini della sussistenza del reato è sufficiente il dolo diretto rappresentato dalla cosciente volontà di porre in essere una condotta idonea a provocare, con certezza o alto grado di probabilità in base alle regole di comune esperienza, la morte della persona verso cui la condotta stessa si dirige, non occorrendo, invece, la specifica finalità di uccidere, e quindi il dolo intenzionale inteso quale perseguimento dell’evento come scopo finale dell’azione. (nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione di merito che aveva ritenuto sussistente il tentativo, avendo ravvisato - per la modalità concreta con cui fu vibrato il colpo di coltello, per la precisione e freddezza dell’imputato e per la zona del corpo attinta - gli elementi oggettivi che permettevano di desumere il dolo diretto, senza ritenere necessario il dolo intenzionale). Cass., sez. V, 11 aprile 2016 - 7 giugno 2016, n. 23618, CED 266915 576 Circostanze aggravanti. ergastolo. GIURISPRUDENZA 1 Fatto commesso in occasione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater e 609-octies 2 Fatto commesso dall’autore del delitto previsto dall’articolo 612-bis nei confronti della stessa persona offesa (§ 5). 1 – Fatto commesso in occasione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater e 609-octies. In materia di lesioni personali, ai fini della configurazione dell’aggravante di cui all’art. 576, comma 1, n. 5, è sufficiente accertare che il fatto lesivo abbia costituito uno degli episodi attraverso cui è stato consumato il reato di maltrattamenti. Cass., sez. VI, 12 gennaio 2016 - 26 gennaio 2016, n. 3368, CED 266009 Il reato di lesioni personali, quando aggravato ai sensi dell’art. 576, comma 1, n. 5, c.p., perché commesso in occasione del delitto di maltrattamenti, è procedibile d’ufficio, anche nell’ipotesi di lesioni lievissime, per effetto del richiamo operato dall’art. 582, comma 2, c.p. all’art. 585 e di questo al citato art. 576. Cass., sez. VI, 12 gennaio 2016 - 26 gennaio 2016, n. 3368, CED 266007 2 – Fatto commesso dall’autore del delitto previsto dall’articolo 612-bis nei confronti della stessa persona offesa. In tema di omicidio, l’aggravante di cui all’art. 576, comma 1, n. 5.1) c.p. - e cioè l’aver commesso il fatto da parte di chi sia l’autore del delitto di cui all’art. 612-bis c.p. nei confronti della stessa persona offesa - è configurabile nel caso di improcedibilità del reato di atti persecutori per mancanza di querela ed anche in assenza di una precedente condanna dell’imputato per detto reato. Cass., sez. I, 15 dicembre 2015 - 1 febbraio 2016, n. 4133, CED 267430 577 Altre circostanze aggravanti. Ergastolo. GIURISPRUDENZA 1 Premeditazione (§ 3). 1 – Premeditazione. In tema di omicidio, la mera preordinazione del delitto - intesa come apprestamento dei mezzi minimi necessari all’esecuzione, nella fase a questa ultima immediatamente precedente - non è sufficiente ad integrare l’aggravante della premeditazione, che postula invece il radicamento e la persistenza costante, per apprezzabile lasso di tempo, nella psiche del reo del proposito omicida, del quale sono sintomi il previo studio delle occasioni ed opportunità per l’attuazione, un’adeguata organizzazione di mezzi e la predisposizione delle modalità esecutive. Cass., sez. I, 14 luglio 2015 9 febbraio 2016, n. 5147, CED 266205 In tema di premeditazione, il movente del delitto può costituire un elemento indiziante per ritenere sussistente l’aggravante, ma non sufficiente, da solo, ad integrarla. Cass., sez. I, 14 luglio 2015 - 9 febbraio 2016, n. 5147, CED 266206 582 Lesione personale. GIURISPRUDENZA 1 Malattia; durata (§ 2) 2 Elemento soggettivo (§ 6) 3 Querela (§ 7). 1 – Malattia; durata. Ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali, la nozione di malattia non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono anche mancare, bensì solo quelle da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l’aggravamento di esso ovvero una compromissione delle funzioni dell’organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure il giudizio di colpevolezza di un medico radiologo che, a causa di una lettura errata delle lastre, non aveva permesso la tempestiva diagnosi di una patologia, determinando il protrarsi della malattia). Cass., sez. IV, 19 aprile 2016 - 26 maggio 2016, n. 22156, CED 267306 2 – Elemento soggettivo. Ai fini della configurazione del delitto previsto dall’art. 513-bis 53 Art. 582 - par. 2 CODICE PENALE c.p., sono da qualificare atti di concorrenza illecita tutti quei comportamenti sia “attivi” che “impeditivi” dell’altrui concorrenza, che, commessi da un imprenditore con violenza o minaccia, sono idonei a falsare il mercato e a consentirgli di acquisire, in danno dell’imprenditore minacciato, illegittime posizioni di vantaggio sul libero mercato, senza alcun merito derivante dalla propria capacità operativa. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata che aveva escluso la configurabilità del reato nella condotta dell’imprenditore che aveva costretto un concorrente ad interrompere i lavori affidatigli dal Comune, rivendicandoli come propri). Cass., sez. V, 24 novembre 2015 - 21 aprile 2016, n. 16678, CED 266864 3 – Querela. Nel vigore della disciplina anteriore all’entrata in vigore della l. n. 172 del 2012, il reato di lesioni lievissime commesso contro uno dei soggetti di cui all’art. 577, comma 2, c.p., anche in occasione del reato di maltrattamenti, è procedibile a querela, poichè l’art. 582, comma 2, c.p. che prevede la procedibilità di ufficio se ricorrono le aggravanti di cui all’art. 585 c.p., fa espressamente salvi i casi di cui all’ultima parte dell’art. 577 c.p. Cass., sez. VI, 19 gennaio 2016 11 febbraio 2016, n, 5738, CED 266123 583 Circostanze aggravanti. GIURISPRUDENZA 1 Malattia: durata e incapacità alle ordinarie occupazioni (§ 4). 1 – Malattia: durata e incapacità alle ordinarie occupazioni. La lesione personale deve considerarsi grave se l’incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni perduri oltre il quarantesimo giorno, ivi compreso il periodo di convalescenza o quello di riposo dipendente dalla malattia. Cass., 27 ottobre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 4014, CED 267556 584 Omicidio preterintenzionale. GIURISPRUDENZA 1 Nozione ed elemento oggettivo (§ 2). 1 – Nozione ed elemento oggettivo. Ai fini dell’integrazione dell’omicidio preterintenzionale è necessario che l’autore dell’aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o ledere la vittima, che esista un rapporto di causa ed effetto tra gli atti predetti e l’evento letale e che eventuali cause sopravvenute non siano da sole sufficienti a determinare l’evento, ma lo abbiano causato in sinergia con la condotta dell’imputato, per cui, venendo a mancare una delle due, l’evento non si sarebbe verificato. (Fattispecie nella quale è stato configurato l’omicidio preterintenzionale, con riferimento alla morte di una persona, che, nel disperato tentativo di sottrarsi all’azione lesiva in atto nei suoi confronti, fuggiva correndo sulla strada, dove veniva travolta da un’autovettura che sopraggiungeva in corsa). Cass., sez. V, 8 gennaio 2016 - 22 febbraio 2016, n. 6918, CED 266614 586 Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto. GIURISPRUDENZA 1 Concorso di persone (§ 4). 1 – Concorso di persone. La disciplina di cui all’art. 586 c.p. è incompatibile con il riconoscimento della responsabilità a titolo di concorso anomalo ai sensi dell’art. 116 c.p., in quanto la morte della vittima, nel primo caso, non è voluta da alcuno dei compartecipi all’azione delittuosa principale, nel secondo è invece voluta, con dolo diretto o indiretto, da taluno dei concorrenti ed è causalmente legata al delitto base programmato da tutti i correi. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso l’ipotesi di cui all’art. 586 c.p. e ritenuto sussistenti i presupposti del concorso anomalo nei confronti di taluni degli imputati, che avevano partecipato ad una azione intimidatoria e violenta in danno della persona offesa, nel corso della quale altro imputato aveva fatto fuoco e ucciso la vittima, utilizzando un’arma che deteneva all’insaputa dei correi). Cass., sez. I, 17 novembre 2015 - 31 marzo 2016, n. 12929, CED 266599 588 Rissa. GIURISPRUDENZA 1 Rapporti con altri reati (§ 7). 1 – Rapporti con altri reati. Con l’ipotesi delittuosa di rissa aggravata a norma dell’art. 588, comma 2, c.p. concorrono, con riguardo al solo corissante autore degli ulteriori fatti, i reati di lesioni personali e omicidio da costui commessi nel corso della contesa, non avendo detti reati valore assorbente della rissa, in quanto non sono configurabili come progressivi rispetto ad essa, né essendo quest’ultima, rispetto ai primi, “reato complesso”. Cass., sez. I, 7 aprile 2016 - 15 luglio 2016, n. 30215, CED 267224 589 Omicidio colposo. GIURISPRUDENZA 1 Violazione di norme sulla circolazione stradale (§ 6) 2 Rapporti con altri reati (§ 10). 1 – Violazione di norme sulla circolazione stradale. Ai fini della sussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 589, 54 comma 2, c.p., è sufficiente la violazione della regola generale di cautela di cui all’art. 140 cod. strada (secondo la quale gli utenti della strada debbono comportarsi in modo da non costituire Art. 595 - par. 4 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale) che, ponendo un principio informatore della circolazione, è implicitamente richiamata in ogni contestazione di colpa generica. Cass., sez. IV, 15 marzo 2016 - 2 maggio 2016, n. 18204, CED 266641 2 – Rapporti con altri reati. In tema di circolazione stradale, il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale non può ritenersi assorbito in quello di partecipazione ad una gara automobilistica non autorizzata cui consegua la morte di una o più persone di cui all’art. 9-ter, comma 2, C.d.S, in tutti i casi in cui risulti che la morte sia conseguenza diretta ed immediata di un’infrazione diversa ed ulteriore rispetto alla violazione del divieto di gareggiare in velocità. (Fattispecie relativa ad una gara non autorizzata nel corso della quale una delle auto, omettendo di rallentare all’ingresso in galleria, aveva tamponato una vettura estranea alla competizione, cagionando il decesso di uno dei passeggeri, in cui la Corte, in applicazione del suddetto principio, riqualificato il reato di cui all’art. 9-ter, comma 2, C.d.S. in quello di cui al comma primo del medesimo articolo, ha ritenuto configurabile il concorso con il reato di omicidio colposo di cui all’art. 589 comma 4, c.p.). Cass., sez. IV, 14 gennaio 2016 - 21 aprile 2016, n. 16610, CED 266961 591 Abbandono di persone minori o incapaci. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 2) 2 Rapporti con altri reati (§ 5). 1 – Elemento oggettivo. In tema di abbandono di persone minori o incapaci (art. 591 c.p.), il dovere di custodia implica una relazione tra l’agente e la persona offesa che può sorgere non solo da obblighi giuridici formali, ma anche da una sua spontanea assunzione da parte del soggetto attivo nonché dall’esistenza di una mera situazione di fatto, tale per cui il soggetto passivo sia entrato nella sfera di disponibilità e di controllo dell’agente, in ciò differenziandosi dal dovere di cura, che ha invece unicamente ad oggetto relazioni scaturenti da valide fonti giuridiche formali. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza con la quale era stata affermata la responsabilità di due agenti di P.S. che, dopo averne temporaneamente assunto la custodia, avevano abbandonato presso una stazione di servizio una donna in evidente stato confusionale, mesi dopo rinvenuta morta). Cass., sez. V, 12 gennaio 2016 - 10 maggio 2016, n. 19448, CED 267126 2 – Rapporti con altri reati. Il reato di abbandono di persone minori o incapaci è in rapporto di specialità rispetto a quello di omissione di soccorso, in quanto, a differenza di quest’ultimo che punisce chiunque si trovi occasionalmente a contatto diretto con una persona in stato di pericolo, sanziona la violazione di uno specifico dovere giuridico di cura o di custodia, che incombe su determinate persone o categorie di persone, da cui derivi una situazione di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l’incolumità del soggetto passivo. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata con la quale i giudici avevano qualificato come “omissione di soccorso”, anziché “abbandono di persona incapace”, la condotta dell’imputato che, rientrato a casa e trovata la moglie in gravissime condizioni di salute, aveva omesso di prestarle assistenza e di chiedere soccorso). Cass., sez. V, 14 gennaio 2016 - 25 marzo 2016, n. 12644, CED 266874 595 Diffamazione. GIURISPRUDENZA 1 Offesa della reputazione: a) in genere (§ 2, a); b) altro mezzo di pubblicità 2 Soggetto passivo (§ 3) 3 Comunicazione con più persone (§ 4) 4 Diritto di cronaca e di critica: a) diritto di cronaca: aa) interpellanze parlamentari e interviste (§ 7, c, cc); b) diritto di critica: ba) in genere (§ 7, d, da). 1 – Offesa alla reputazione: a) in genere. Integra il reato di diffamazione il riferirsi ad una persona con una espressione che, pur richiamando un handicap motorio effettivo, contenga una carica dispregiativa che, per il comune sentire, rappresenti una aggressione alla reputazione della persona, messa alla berlina per le sue caratteristiche fisiche. (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di condanna nei confronti del soggetto che, comunicando con più persone, qualificava la persona offesa nel contesto di una discussione come “la zoppetta”). Cass., sez. V, 13 maggio 2016 - 27 luglio 2016, n. 32789, CED 267399 b) altro mezzo di pubblicità. Integra il reato di diffamazione aggravata dall’aver recato l’offesa con “altro mezzo di pubblicità” diverso dalla stampa la condotta di chi invii documenti dal contenuto diffamatorio via fax. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso che il reato rientrasse nella competenza per materia del giudice di pace). Cass., sez. V, 9 dicembre 2015 - 12 febbraio 2016, n. 6081, CED 266028 2 – Soggetto passivo. Il reato di diffamazione è costituito dall’offesa alla reputazione di una persona determinata e non può essere, quindi, ravvisato nel caso in cui vengano pronunciate o scritte frasi offensive nei con- fronti di una o più persone appartenenti ad una categoria anche limitata se le persone cui le frasi si riferiscono non sono individuabili. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del reato in relazione a delle generiche affermazioni offensive, pronunciate nel corso di una trasmissione radiofonica, caratterizzate da preconcetti e luoghi comuni riferiti ad asserite caratteristiche degli abitanti di una zona del territorio nazionale). Cass., sez. V, 23 febbraio 2016 - 9 giugno 2016, n. 24065, CED 266861 3 – Comunicazione con più persone. La missiva a contenuto diffamatorio diretta a una pluralità di destinatari, oltre l’offeso, non integra il reato di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, bensì quello di diffamazione, stante la non contestualità del recepimento delle offese medesime e la conseguente maggiore diffusione della stessa. (Fattispecie, in cui la missiva offensiva era indirizzata impersonalmente anche “all’amministratore del condominio” nella quale la S.C. ha escluso la configurabilità del reato di ingiuria in quanto l’imputato non poteva essere certo che il legale rappresentante del condominio si identificasse ancora con la persona che stava offendendo). Cass., sez. V, 15 marzo 2016 - 5 maggio 2016, n. 18919, CED 266827 4 – Diritto di cronaca e di critica: a) diritto di cronaca: aa) interpellanze parlamentari e interviste. In tema di diffamazione, non sussiste la responsabilità del 55 Art. 595 - par. 4 CODICE PENALE giornalista - che abbia assunto la posizione di terzo osservatore dei fatti - il quale trasmetta, nel corso di un programma televisivo, le dichiarazioni, oggettivamente lesive dell’altrui reputazione, rilasciate in sede di intervista, da un personaggio pubblico ai danni di altri soggetti pure con ruolo pubblico, quando vi sia l’interesse pubblico a rendere noto il pensiero dell’intervistato in relazione alla sua notorietà, giacché, in tal caso, la dichiarazione di quest’ultimo crea di per sé la notizia, che merita di essere pubblicata perché soddisfa l’interesse della collettività all’informazione indirettamente protetto dall’art. 21 Cost., indipendentemente dalla sua veridicità e dalla continenza delle espressioni utilizzate; né il giornalista può esercitare in tal caso il ruolo di censore nei confronti delle espressioni offensive perché la notizia verrebbe svuotata del suo reale significato, a detrimento del diritto-dovere di informare la pubblica opinione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente la scriminante del diritto di cronaca nei confronti di un giornalista che aveva intervistato la sorella di un soggetto deceduto dopo il suo arresto, pubblicamente impegnata nella richiesta di accertamenti in ordine alle cause che avevano determinato la morte del fratello e, quindi, oggetto di un noto caso giudiziario, nel quale erano stati coinvolti alcuni appartenenti alle forze di polizia che avevano proceduto all’arresto). Cass., sez. V, 6 ottobre 2015 - 22 febbraio 2016, n. 6911, CED 266255 b) diritto di critica: ba) in genere. Integra il reato di diffamazione a mezzo stampa la condotta del giornalista che, in un articolo pubblicato, utilizzando insinuazioni generiche, attribuisce alla persona offesa la commissione di fatti illeciti non meglio specificati e privi di qualsiasi riferimento determinato, in maniera idonea ad ingenerare nel lettore medio la convinzione che il soggetto diffamato si sia reso autore di una qualsiasi condotta connotata da illiceità. (In motivazione la S.C. ha escluso che nel caso di specie potesse configurarsi la scriminante del diritto di critica, invocata dal ricorrente per avere, successivamente alla pubblicazione della notizia, presentato una denuncia alla Corte dei conti contro la persona offesa - un sindaco - in relazione ad alcune specifiche vicende). Cass., sez. V, 19 novembre 2015 - 2 febbraio 2016, n. 4298, CED 266026 598 Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative. GIURISPRUDENZA 1 Ambito di applicazione soggettivo dell’esimente (§ 3). 1 – Ambito di applicazione soggettivo dell’esimente. L’esimente prevista dall’art. 598 c.p. che prevede la non punibilità delle offese contenute negli scritti presentati dinanzi all’autorità giudiziaria quando le offese concernono l’oggetto della causa, non si applica al consulente tecnico nominato nel procedimento penale, in quanto lo stesso non è equiparabile né alle parti, né ai loro patrocinatori, ai quali espressamente ed esclusivamente si riferisce la citata disposizione. Cass., sez. V, 16 settembre 2015 - 12 febbraio 2016, n. 6051, CED 266604 599 Provocazione. GIURISPRUDENZA 1 Provocazione (§ 2). 1 – Provocazione. Ai fini del riconoscimento dell’esimente della provocazione nei delitti contro l’onore, sebbene sia sufficiente che la reazione abbia luogo finchè duri lo stato d’ira suscitato dal fatto provocatorio, non essendo necessaria una reazione istantanea, è richiesta tuttavia l’immediatezza della reazione, intesa come legame di interdipendenza tra reazione irata e fatto ingiusto subito, sicchè il passaggio di un lasso di tempo considerevole può assumere rilevanza al fine di escludere il rapporto causale e riferire la reazione ad un senti- mento differente, quale l’odio o il rancore. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto sussistente lo stato d’ira per le offese pronunciate all’indirizzo della persona offesa lo stesso giorno della condotta provocatoria, a seguito di un incontro casuale in strada, ma non per le dichiarazioni diffamatorie rese ai giornali il giorno dopo, le quali, persa la natura di sfogo immediato per l’ingiustizia subita, avevano assunto la veste di mera ritorsione vendicativa). Cass., sez. V, 6 luglio 2015 - 24 febbraio 2016, n. 7244, CED 267137 600 Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 4). 1 – Elemento oggettivo. Ai fini della configurabilità del reato di riduzione in schiavitù non incidono, sulla rilevanza penale della condotta, nelle sue oggettive connotazioni, le particolari motivazioni culturali o di costume che abbiano mosso il soggetto agente. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la sentenza che aveva assolto gli imputati dal reato di riduzione in schiavitù e riqualificato il reato di tratta nel reato di introduzione illegale nel territorio dello Stato, commessi nei confronti di una minore kosovara che, acquistata dalla famiglia di origine per la somma di 20.000 euro, veniva irregolarmente introdotta nello Stato italiano per essere condotta in un campo nomadi e forzatamente unita in un matrimonio concordato con i genitori della giovane e contratto secondo le consuetudini della comunità di appartenenza). Cass., sez. V, 5 maggio 2016 - 31 maggio 2016, n. 23052, CED 267014 600-ter Pornografia minorile. GIURISPRUDENZA 56 1 Il primo comma (§ 2) 2 Il comma 4 (§ 5) 3 Risarcimento del danno. Art. 603-bis ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 1 – Il primo comma. Ai fini dell’integrazione del reato di pornografia minorile, di cui al comma 1 dell’art. 600-ter c.p., è necessario che la condotta del soggetto agente abbia una consistenza tale da implicare il concreto pericolo di diffusione del materiale pornografico prodotto, sicchè esulano dall’area applicativa della norma solo quelle ipotesi in cui la produzione pornografica sia destinata a restare nella sfera strettamente privata dell’autore. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva desunto il pericolo di diffusione dal fatto che la videoripresa, coinvolgente una minore, era stata conservata dall’imputato nella memoria del telefono cellulare e successivamente sottoposta in visione a terzi). Cass., sez. III, 12 aprile 2016 - 23 agosto 2016, n. 35295, CED 267546 2 – Il comma 4. Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 600-ter, comma 4, c.p. (offerta o cessione ad altri di materiale pornografico realizzato ai sensi del primo comma dello stesso articolo, ovvero utilizzando minori di anni diciotto), è necessario che il produttore del materiale sia persona diversa dal minore raffigurato, in quanto, nella diversa ipotesi in cui sia quest’ultimo - di propria iniziativa e senza intervento di altri - a realizzare il materiale, difetta l’elemento costitutivo dell’utilizzo del minore da parte di un soggetto terzo, di cui al predetto comma 1 dell’art. 600-ter c.p. Cass., sez. III, 18 febbraio 2016 - 21 marzo 2016, n. 11675, CED 266319 3 – Risarcimento del danno. In tema di risarcimento del danno da reato, l’esposizione volontaria ad un rischio da parte del danneggiato o, comunque, la consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegua la probabilità che si produca a proprio danno un evento pregiudizievole, costituendo un antecedente causale necessario del verificarsi dell’evento ai sensi dell’art. 1227 c.c., è idonea ad integrare una corresponsabilità di quest’ultimo con conseguente, proporzionale, riduzione della responsabilità del danneggiante. (In applicazione del principio, la Corte nel rigettare il ricorso della parte civile in relazione al reato di pornografia minorile, previsto dall’art. 600-ter, comma 3, c.p., ha ritenuto corretta la riduzione della liquidazione del danno operata dalla Corte d’appello, in considerazione del ruolo avuto dalla parte offesa nel fatto che, volontariamente, aveva realizzato ed inviato all’imputato un video di contenuto pornografico, esponendosi al rischio della sua diffusione). Cass., sez. III, 20 gennaio 2016 - 15 febbraio 2016, n. 6119, CED 266221 600-quater Detenzione di materiale pornografico. GIURISPRUDENZA 1 Consumazione; reato permanente (§ 3). 1 – Consumazione; reato permanente. Il reato di detenzione di materiale pedopornografico di cui all’art. 600quater, c.p., ha natura permanente, iniziando la sua consumazione nel momento in cui il reo si procura il materiale e cessando nel momento in cui quest’ultimo ne perde la disponibi- lità. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto legittima l’individuazione, in sentenza, della data di commissione del reato in quella del suo accertamento, coinciso con il sequestro del materiale). Cass., sez. III, 23 febbraio 2016 - 15 aprile 2016, n. 15719, CED 266581 602-quater Ignoranza dell’età della persona offesa. GIURISPRUDENZA 1 Ignoranza inevitabile. 1 – Ignoranza inevitabile. In tema di prostituzione minorile, il fatto tipico scusante previsto dall’art. 602-quater c.p. in relazione all’ignoranza inevitabile circa l’età della persona offesa è configurabile solo se l’agente, pur avendo diligentemente proceduto ai dovuti accertamenti, sia stato indotto a ritenere, sulla base di elementi univoci, che il minorenne fosse maggiorenne; ne consegue che non sono sufficienti, al fine di ritenere fondata la causa di non punibilità, elementi quali la presenza nel soggetto di tratti fisici di sviluppo tipici di maggiorenni o rassicurazioni verbali circa l’età, provenienti dal minore o da terzi, nemmeno se contemporaneamente sussistenti. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’imputato ha l’onere di provare non solo la non conoscenza dell’età della persona offesa, ma anche di aver fatto tutto il possibile al fine di uniformarsi ai suoi doveri di attenzione, di conoscenza, di informazione e di controllo, attenendosi a uno standard di diligenza direttamente proporzionale alla rilevanza dell’interesse per il libero sviluppo psicofisico dei minori). Cass., sez. III, 18 dicembre 2015 - 24 marzo 2016, n. 12475, CED 266484 603-bis Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (1). [I] Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque: 1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori; 2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno. [II] Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. [III] Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni: 1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi 57 Art. 603-bis CODICE PENALE nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; 3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; 4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti. [IV] Costituiscono aggravante specifica e comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà: 1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre; 2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa; 3) l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro. (1) Articolo inserito dall’art. 12 d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv., con modif., nella l. 14 settembre 2011, n. 148, e così sostituito dall’art. 1 l. 29 ottobre 2016, n. 199, a far data dal 4 novembre 2016 (art. 12). Il testo dell’articolo era il seguente: « Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga un’attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l’attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. ― Ai fini del primo comma, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti circostanze: 1) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) la sistematica violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; 3) la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l’incolumità personale; 4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti. ― Costituiscono aggravante specifica e comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà: 1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre; 2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa; 3) l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro ». competenza: Trib. monocratico (udienza prelim. 1° e 2° comma); Trib. collegiale (4° comma) arresto: facoltativo (1° comma); obbligatorio (2° comma) fermo: non consentito (1° comma); non consentito (2° e 4° comma) custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d’ufficio 603-bis.1 Circostanza attenuante (1). [I] Per i delitti previsti dall’articolo 603-bis, la pena è diminuita da un terzo a due terzi nei confronti di chi, nel rendere dichiarazioni su quanto a sua conoscenza, si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l’individuazione o la cattura dei concorrenti o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite. [II] Nel caso di dichiarazioni false o reticenti si applicano le disposizioni dell’articolo 16-septies del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82. [III] Non si applicano le disposizioni dell’articolo 600-septies.1. (1) Articolo inserito dall’art. 2 l. 29 ottobre 2016, n. 199, a far data dal 4 novembre 2016 (art. 12). 603-bis.2 Confisca obbligatoria (1). [I] In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti previsti dall’articolo 603-bis, è sempre obbligatoria, salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno, la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato. Ove essa non sia possibile è disposta la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona, per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto del reato. (1) 58 Articolo inserito dall’art. 2 l. 29 ottobre 2016, n. 199, a far data dal 4 novembre 2016 (art. 12). ADDENDA DI AGGIORNAMENTO Art. 609-bis - par. 5 609-bis Violenza sessuale. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo: a) abuso di autorità (§ 2, d) 2 Circostanze: a) casi di minore gravità (§ 6, b) 3 Tentativo (§ 7) 4 Rapporti con altri reati: a) induzione indebita a dare a promettere utilità 5 Questioni processuali (§ 12). 1 – Elemento oggettivo: a) abuso di autorità. In tema di violenza sessuale, l’espressione “abuso di autorità” che costituisce, unitamente alla “violenza” o alla “minaccia“, una delle modalità di consumazione del reato previsto dall’art. 609-bis c.p., ricomprende non solo le posizioni autoritative di tipo formale e pubblicistico - coincidenti con la qualifica di pubblico ufficiale ma anche ogni potere di supremazia di natura privata, di cui l’agente abusi per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali. (Fattispecie relativa a violenza sessuale commessa dal cappellano del carcere - incaricato di pubblico servizio nei confronti dei detenuti). Cass., sez. III, 17 maggio 2016 - 28 luglio 2016, n. 33049, CED 267402 — Giurisprudenza non univoca. In tema di violenza sessuale, l’espressione “abuso di autorità” che costituisce, unitamente alla “violenza” o alla “minaccia”, una delle modalità di consumazione del reato previsto dall’art. 609-bis c.p., ricomprende qualsiasi forma di “supremazia”, sia essa pubblica o privata, di cui l’agente abusi per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali. (Fattispecie relativa a violenza sessuale commessa, all’interno di edificio scolastico, da un insegnante nei confronti di una ex alunna, nella quale la Corte ha osservato che l’autorità esercitabile con modalità abusive - e perciò costrittive - non è solo quella derivante da un potere legale, ma anche quella proveniente da una posizione soggettiva di preminenza). Cass., sez. III, 8 marzo 2016 - 28 luglio 2016, n. 33042, CED 267453 — V. la massima precedente. 2 – Circostanze: a) casi di minore gravità. In tema di violenza sessuale, ai fini del riconoscimento della diminuente per i casi di minore gravità di cui all’art. 609-bis, ultimo comma, c.p., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest’ultima, anche in relazione all’età, mentre ai fini del diniego della stessa attenuante è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso che la reiterazione degli abusi nel tempo, in quanto approfondisce il tipo di illecito e compromette maggiormente l’interesse giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, possa essere compatibile con la “minore gravità” del fatto). Cass., sez. III, 18 novembre 2015 - 22 febbraio 2016, n. 6784, CED 266272 In tema di violenza sessuale, il riconoscimento della circostanza attenuante della minore gravità del fatto non è impedito dalla commissione di una pluralità di episodi illeciti in danno di diverse persone offese, la cui libertà sessuale sia stata compressa in maniera non grave. (In applicazione del principio, la S.C. ha censurato la decisione di merito che aveva automaticamente escluso la diminuente in una fattispecie di “palpeggiamenti” di più alunne minorenni, osservando che il naturale aggravamento della intensità della lesione al bene protetto, connesso alla reiterazione di una singola condotta di modesta gravità, non si verifica quando i soggetti passivi della condotta siano sempre fra loro diversi e ciascuno indipendente dall’altro, dovendosi in tal caso valutare la gravità di ogni singolo episodio). Cass., sez. III, 22 settembre 2015 - 20 giugno 2016, n. 25434, CED 267451 3 – Tentativo. In tema di violenza sessuale, è configurabile il tentativo del reato, previsto dall’art. 609-bis c.p., in tutte le ipotesi in cui la condotta violenta o minacciosa non abbia determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, poiché l’agente non ha raggiunto le zone intime (genitali o erogene) della vittima ovvero non ha provocato un contatto di quest’ultima con le proprie parti intime. (Nella fattispecie, la Corte ha accolto il ricorso dell’imputato, ritenendo integrata l’ipotesi di violenza sessuale nella forma tentata e non consumata nella condotta consistita nell’abbassarsi i pantaloni, scoprire il pene, afferrare la nuca della vittima, e cercare con forza di avvicinare la testa della medesima per costringerla ad un rapporto orale, non conseguito in quanto la donna riusciva a divincolarsi prima dell’arrivo delle forze dell’ordine). Cass., sez. III, 18 febbraio 2016 - 28 aprile 2016, n. 17414, CED 266900 4 – Rapporti con altri reati: a) induzione indebita a dare a promettere utilità. Il reato di violenza sessuale commesso mediante abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto può concorrere con il delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità, trattandosi di reati diversi sia nei beni giuridici tutelati, sia nella struttura delle condotte costitutive, poichè mentre l’abuso insito nella induzione indebita va riferito al soggetto agente, quello insito nel delitto di violenza sessuale va correlato alla vittima, ferma restando quale elemento comune una condotta induttiva di tipo approfittatrice tale da condizionare - seppure al di fuori di condotte violente, minacciose o costrittive - la volontà del soggetto passivo. (In applicazione del principio, la S.C. ha ravvisato il concorso di reati in una fattispecie di induzione di cittadina extracomunitaria a prestazioni sessuali, perpetrata da Carabiniere mediante abuso della situazione di metus determinatasi anche per effetto della prospettazione della possibilità di rilevare l’irregolare posizione della vittima sul territorio nazionale). Cass., sez. III, 18 marzo 2015 - 8 marzo 2016, n. 9442, CED 266451 Non è configurabile il concorso del reato di violenza sessuale commesso mediante costrizione della vittima, previsto dal comma 1 dell’art. 609-bis c.p., con quello di induzione indebita, previsto dall’art. 319 quater c.p., essendo logicamente incompatibile la condotta di “costrizione”, di cui alla prima fattispecie, con quella di “induzione”, prevista nella seconda. (Fattispecie di atti sessuali commessi dal cappellano del carcere con costrizione consistita in condotte repentine di toccamenti dei genitali e sfregamento del pene sul corpo dei detenuti e con abuso di autorità derivante dalla sua posizione). Cass,, sez. III, 17 maggio 2016 - 28 luglio 2016, n. 33049, CED 267400 5 – Questioni processuali. In tema di violenza sessuale nei confronti di minori, il mancato espletamento della perizia in ordine alla capacità a testimoniare non determina l’inattendibilità della testimonianza della persona offesa, poichè tale accertamento non costituisce un presupposto indispensabile per la valutazione di attendibilità, ove non emergano elementi patologici che possano far dubitare della predetta capacità. (Nella specie, la Corte ha evidenziato che la motivazione del giudice di merito dava pienamente conto delle ragioni sulla base delle quali era stata dedotta l’attendibilità del racconto della vittima). Cass., sez. III, 1 luglio 2015 - 22 giugno 2016, n. 25800, CED 267323 59 Art. 609-quater - par. 1 CODICE PENALE 609-quater Atti sessuali con minorenne. GIURISPRUDENZA 1 Soggetto passivo minore degli anni 16. Particolari rapporti con il soggetto attivo (§ 2). 1 – Soggetto passivo minore degli anni sedici. particolari rapporti con il soggetto attivo. Integra la fattispecie di cui all’art. 609-quater, comma 1, n. 2, c.p., il compimento di atti sessuali con minorenne, di età compresa tra i quattordici ed i sedici anni, in assenza di costrizione, da parte del datore di lavoro nell’ambito di un rapporto di apprendistato, ancorchè di fatto, dovendosi annoverare tale rapporto, pur temporaneo, tra quelli di tipo fiduciario, volti a favorire l’educazione, l’istruzione e la formazione del minore. Cass., sez. III, 4 febbraio 2016 - 28 aprile 2016, n. 17411, CED 266813 609-quinquies Corruzione di minorenne. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 3). 1 – Elemento oggettivo. Nella nozione di atto sessuale rilevante ai fini della configurabilità del reato di corruzione di minorenne rientra qualsiasi comportamento, anche di mero intenzionale esibizionismo, collegabile alle manifestazioni della vita sessuale. (Fattispecie, nella quale la con- dotta incriminata era consistita in ripetuti toccamenti dell’organo genitale alla presenza di minori, che l’imputato guardava con insistenza allo scopo di farle assistere al gesto). Cass., sez. III, 9 marzo 2016 - 13 giugno 2016, n. 24417, CED 267104 609-septies Querela di parte. GIURISPRUDENZA 1 Pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio (§ 4). 1 – Pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio. In tema di reati contro la libertà sessuale, ai fini della procedibilità d’ufficio prevista dall’art. 609-septies, comma 4, n. 3, c.p., assume la qualifica di incaricato di pubblico servizio l’ausiliario socio assistenziale di una casa di riposo, attese le mansioni di assistenza diretta alla persona cui è tenuto, coinvolgenti compiti di carattere intellettivo e non meramente esecutivo e materiale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva considerato procedibile d’ufficio il reato previsto dall’art. 609-bis c.p., valutata la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 9 c.p.). Cass., sez. III, 25 febbraio 2016 - 24 giugno 2016, n. 26427, CED 267298 609-nonies Pene accessorie ed altri effetti penali. GIURISPRUDENZA 1 Obbligatorietà della sanzione (§ 2). 1 – Obbligatorietà della sanzione. L’art. 609-nonies c.p. deroga alla regola generale di cui all’art. 445 c.p.p., rendendo obbligatoria per i reati di violenza sessuale, anche in caso di applicazione della pena inferiore ai due anni, l’irrogazione delle pene accessorie ivi indicate. Cass., sez. III, 2 marzo 2016 - 27 aprile 2016, n. 17189, CED 266635 610 Violenza privata. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo: a) violenza (§ 1, b); b) minaccia (§ 1, c); c) illegittimità della costrizione (§ 1, d) 2 Rapporto con altri reati: a) estorsione (§ 6, e). 1 – Elemento oggettivo: a) violenza. L’elemento della violenza nel reato di cui all’art. 610 c.p. si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza “impropria”, che si attua attraverso l’uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha stabilito che integra il reato di violenza privata la condotta di chi - il marito nei confronti della moglie, nella specie impedisce l’esercizio dell’altrui diritto di accedere ad un locale o ad una delle stanze di un’abitazione, chiudendone a chiave la serratura). Cass., sez. V, 29 settembre 2015 - 2 febbraio 2016, n. 4284, CED 266020 bruciare tutto se non fosse stato ricevuto dal Prefetto per ottenere un posto di lavoro). Cass., sez. V, 12 aprile 2016 - 18 agosto 2016, n. 35003, CED 267547 b) minaccia. Il delitto di violenza privata può essere integrato anche dalla prospettazione di una condotta autolesionistica dell’agente, quando la stessa sia idonea a coartare l’altrui autodeterminazione. (Fattispecie nella quale l’imputato, dopo aver sparso della benzina sulle scale degli uffici comunali, aveva minacciato di 2 – Rapporto con altri reati: a) estorsione. Integra il reato di estorsione, e non già quello di violenza privata, la condotta consistita nel costringere, mediante violenza o minaccia, un imprenditore ad effettuare un’assunzione non necessaria, sussistendo sia il requisito dell’ingiusto profitto, conseguito dalla 60 c) illegittimità della costrizione. Non integra gli estremi del reato di violenza privata la condotta preordinata a far desistere altri da un’azione illecita, in quanto la condotta che si assume impedita con violenza o minaccia, ad opera di un terzo, deve esprimere una lecita modalità di esplicazione della personalità.(Fattispecie in cui l’imputato, fermato in un supermercato in attesa della polizia, per avere rotto una bottiglia, aveva cercato di opporsi alla restrizione della propria libertà di movimento). Cass., sez. V, 21 gennaio 2016 - 29 febbraio 2016, n. 8310, CED 266419 Art. 614 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO persona assunta e connesso ad un’azione intimidatoria, sia quello del danno per la vittima, costretta a versare la relativa retribuzione. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato con rinvio la decisione d’appello che aveva omesso di motivare in relazione alla “non necessità” dell’assunzione e, di conseguenza, in ordine al suo aver arrecato danno patrimoniale alla persona offesa). Cass., sez. V, 20 gennaio 2016 - 2 marzo 2016, n. 8639, CED 266079 612 Minaccia. GIURISPRUDENZA 1 Aggravanti (§ 5). 1 – Aggravanti. Ai fini della configurabilità del reato di minaccia grave, ex art 612, comma 2, c.p., rileva l’entità del turbamento psichico che l’atto intimidatorio può determinare sul soggetto passivo; pertanto, non è necessario che la minaccia di morte sia circostanziata, potendo benissimo, ancorché pronunciata in modo generico, pro- durre un grave turbamento psichico, avuto riguardo alle personalità dei soggetti (attivo e passivo) del reato. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto integrato il reato di cui all’art. 612, comma 2, c.p. in relazione a minaccia di morte proferita da un pluripregiudicato nei confronti di due militari). Cass., sez. V, 29 maggio 2015 - 3 novembre 2015, n. 44382, CED 266055 612-bis Atti persecutori. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 3) 2 Rapporti con altri reati (§ 5) 3 Questioni processuali (§ 6). 1 – Elemento oggettivo. Ai fini della configurazione del delitto di atti persecutori, le reiterate molestie non devono essere commesse necessariamente in luogo pubblico, aperto al pubblico, ovvero con il mezzo del telefono, come invece previsto per la contravvenzione di cui all’art. 660 c.p. (Fattispecie nella quale la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, con la quale l’imputato era stato assolto dal reato di cui all’art. 612-bis c.p., per avere molestato la moglie con condotte commesse in luoghi e con modalità diverse da quelle previste dal citato art. 660). Cass., sez. V, 14 gennaio 2016 - 24 marzo 2016, n. 12528, CED 266875 2 – Rapporti con altri reati. Il delitto di atti persecutori, avendo oggetto giuridico diverso, può concorrere con quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in cui restano assorbiti solo quei fatti che, pur costituendo astrattamente di per sè reato, rappresentino elementi costitutivi o circostanze aggravanti di esso e non anche quelli che eccedano tali limiti, dando vita a responsabilità autonoma e concorrente. Cass., V, 29 gennaio 2016 - 18 maggio 2016, n. 20696, CED 267148 3 – Questioni processuali. Il reato di atti persecutori, configurando un’ipotesi di reato abituale, si caratterizza per il compimento di più atti realizzati in momenti successivi, rappresentando ciascuna delle singole azioni un elemento della serie, al realizzarsi della quale sorge la condotta tipica rilevante anche ai fini della procedibilità. (Fattispecie in cui la Corte ha individuato il dies a quo per la proposizione della querela nella richiesta di ammonimento del Questore, avanzata dalla persona offesa a seguito di una serie di atti delittuosi, ritenendo, conseguentemente, tardiva la querela presentata oltre sei mesi dopo, ancorchè in epoca successiva ad un ulteriore episodio che, in quanto intervenuto a notevole distanza di tempo dalla precedente serie integrante il reato, doveva considerarsi come un nuovo fatto isolato privo di rilevanza penale). Cass., sez. V, 17 novembre 2015 - 24 marzo 2016, n. 12509, CED 266839 In tema di atti persecutori, il regime di irrevocabilità della querela previsto dall’art. 612-bis, comma 4, ult. parte, introdotto dal d.l. 14 agosto 2013, n. 93, conv. con mod. dalla l. 15 ottobre 2013 n. 119, non si applica ai fatti preesistenti, la cui perseguibilità e punibilità erano rimesse alla volontà della persona offesa dal reato. (In motivazione la Corte ha affermato che il mutamento nel tempo del regime di procedibilità va positivamente risolto, ai sensi dell’art. 2 c.p., alla luce della natura mista, sostanziale e processuale, dell’istituto della querela, che costituisce nel contempo condizione di procedibilità e di punibilità. Cass., sez. V, 8 giugno 2015 - 3 novembre 2015, n. 44390, CED 265999 È irrevocabile la querela presentata per il reato di atti persecutori quando la condotta sia stata realizzata con minacce reiterate e gravi. Cass., sez. V, 17 settembre 2015 - 20 gennaio 2016, n. 2299, CED 266043 È procedibile d’ufficio ai sensi dell’art. 612-bis, ultimo comma, c.p., il reato di atti persecutori connesso con il delitto di lesioni, anche nel caso in cui la procedibilità d’ufficio di quest’ultimo sia determinata dall’aggravante di cui all’art. 576, comma 1, n. 5.1, c.p. per essere stato commesso il fatto da parte dell’autore del reato di atti persecutori nei confronti della medesima persona offesa. Cass., sez. V, 8 ottobre 2015 - 17 marzo 2016, n. 11409, 266341 In tema di delitto di atti persecutori, è idonea ad estinguere il reato non solo la remissione di querela ricevuta dall’autorità giudiziaria ma anche quella effettuata davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria, atteso che l’art. 612-bis, comma 4, c.p., facendo riferimento alla remissione “processuale”, evoca la disciplina risultante dal combinato disposto dagli artt. 152 c.p. e 340 c.p.p., che prevede la possibilità effettuare la remissione anche con tali modalità. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, dichiarando l’estinzione del reato per remissione di querela, effettuata, in pendenza del ricorso per cassazione, davanti alla polizia giudiziaria, con accettazione dell’imputato) Cass., sez. V, 26 febbraio 2016 - 3 maggio 2016, n. 18477, CED 266528 — In senso conforme: Cass., sez. IV, 8 aprile 2016 - 21 aprile 2016, n. 16669, CED 266643 614 Violazione di domicilio. GIURISPRUDENZA 1 Titolare del diritto di esclusione e del diritto di querela (§ 4). 1 – Titolare del diritto di esclusione e del diritto di querela. In tema di violazione di domicilio, è ravvisabile in capo al presidente di un’associazione privata la titolarità dello “ius excludendi”, esercitabile sia nei confronti dei terzi estranei all’associazione che nei confronti dei soci, qualora questi ultimi assumano un 61 Art. 614 - par. 1 CODICE PENALE comportamento in contrasto con le regole dell’associazione medesima,manifestando una volontà incompatibile con l’adesione alle stesse. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la pronuncia che aveva ravvisato la responsabilità del socio di un circolo culturale che, dopo essere stato accompagnato fuori dal locale per la sua condotta violenta e molesta nei confronti degli altri soci, aveva tentato di farvi nuovamente accesso contro la volotà espressa del presidente). Cass., sez. V, 29 gennaio 2016 - 2 maggio 2016, n. 18275, CED 266253 615-ter Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 1). 1 – Elemento oggettivo. Integra il delitto previsto dall’art. 615-ter c.p., la condotta di accesso o di mantenimento nel sistema informatico da parte di un soggetto, che, pure essendo abilitato, violi le condizioni ed i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurasi il reato nei confronti di un cancelliere del tribunale, che, utilizzando un codice di accesso ad efficacia limitata nel tempo, fornitogli anni addietro per la trasmigrazione di dati informatici, si era abusivamente introdotto nel sistema informatico RE.GE. in dotazione alla Procura della Repubblica, al diverso fine di visionare l’iscrizione di un procedimento penale a carico di un suo conoscente). Cass., sez. V, 26 giugno 2015 - 3 novembre 2015, n. 44403, CED 266088 — In senso conforme: Cass., sez. V, 13 giugno 2016 - 29 luglio 2016, n. 33311, CED 267403 Integra il reato di cui all’art. 615ter c.p. la condotta di colui che accede abusivamente all’altrui casella di posta elettronica trattandosi di una spazio di memoria, protetto da una password perso- nalizzata, di un sistema informatico destinato alla memorizzazione di messaggi, o di informazioni di altra natura, nell’esclusiva disponibilità del suo titolare, identificato da un account registrato presso il provider del servizio (In motivazione la Corte di cassazione ha precisato che anche nell’ambito del sistema informatico pubblico, la casella di posta elettronica del dipendente, purché protetta da una password personalizzata, rappresenta il suo domicilio informatico sicché è illecito l’accesso alla stessa da parte di chiunque, ivi compreso il superiore gerarchico). Cass., sez. V, 28 ottobre 2015 31 marzo 2016, n. 13057, CED 266182 Integra il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, aggravato, ex art. 615-ter, comma 3, c.p., dall’essere il sistema di interesse pubblico, la condotta di colui che, essendosi procurato le credenziali relative alla carta Postepay della persona offesa, acceda all’area riservata alla gestione della carta della persona offesa, la quale costituisce una componente del sistema informatico Poste Italiane, ente conferente le credenziali per l’accesso alle diverse aree personali e gestore delle stesse. Cass., sez. V, 13 gennaio 2016 - 22 febbraio 2016, n. 6906, CED 266261 616 Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 2). 1 – Elemento oggettivo. In tema di violazione dell’art. 616 (violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza), per “contenuto di corrispondenza” deve intendersi non soltanto ciò che è manifestato mediante espressioni grafiche, ma tutto ciò che, affidato alla protezione della busta, è destinato a significare al destinatario un pensiero o un’azione del mittente, ogni cosa (danaro o fotografie), cioé, concernente i rapporti personali fra persone lontane. Pertanto, il “prender conoscenza” del contenuto di una corrispondenza non implica necessariamente la lettura di una missiva. (Fattispecie in cui l’imputato aveva aperto la busta di una raccomandata indirizzata all’ex convivente, asserendo di non averne letto il contenuto). Cass., sez. V, 4 giugno 2015 - 20 agosto 2015, n. 34993, CED 266416 617-quater Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche. GIURISPRUDENZA 1 Persona offesa. 1 – Persona offesa. Nel reato previsto dall’art. 617-quater c.p., il privato che assume di aver subito una fraudolenta intercettazione delle proprie comunicazioni mediante un sistema informatico o telematico, in quanto persona offesa dal reato, è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione. Cass., sez. VI, 31 marzo 2016 - 5 maggio 2016, n. 18713, CED 267208 617-quinquies Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche. GIURISPRUDENZA 1 Rapporti con altri reati. 1 – Rapporti con altri reati. Il reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quinquies c.p.) è assorbito dal reato di intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche, ex art. 617-quater c.p., considerato che l’attività di 62 fraudolenta intercettazione di comunicazioni informatiche presuppone necessariamente la previa installazione delle apparecchiature atte a realizzare tale intercettazione, configurandosi un’ipotesi di progressione criminosa. Cass., sez. V, 18 dicembre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 4059, CED 266061 Art. 625 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 624 Furto. GIURISPRUDENZA 1 Impossessamento e sottrazione. Altruità della cosa (§ 3) 2 Rapporti con altri reati (§ 11). 1 – Impossessamento e sottrazione. Altruità della cosa. Integra il reato di furto la condotta del croupier che si impossessa del denaro o dei gettoni maneggiati nel corso del suo lavoro, avendo egli la mera detenzione di detti valori e non il possesso che spetta soltanto al capo tavolo che, coadiuvato dai sorveglianti a lui subordinati, controlla in modo diretto e continuo lo svolgimento del gioco. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto sussistere l’impossessamento, in danno della società di gestione della casa da gioco, nella condotta dell’imputato che aveva in più occasioni consegnato ad un giocatore abituale “fiches” di importo maggiore a quello del denaro corrisposto). Cass., sez. V, 17 marzo 2016 - 5 maggio 2016, n. 18928, CED 266978 2 – Rapporti con altri reati. Risponde del reato di furto aggravato, il dipendente della banca che si impossessa, mediante movimentazioni effettuate con i terminali dell’ufficio, di somme di danaro di clienti depositate in conti correnti. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha precisato che si configura, invece, il reato di cui all’art. 646 c.p., nel caso in cui il cassiere si appropria del denaro versato dal cliente della banca prima che esso venga accreditato sul conto corrente). Cass., sez. V, 21 dicembre 2015 - 14 marzo 2016, n. 10758, CED 266334 624-bis Furto in abitazione e furto con strappo. GIURISPRUDENZA 1 Abitazione. 1 – Abitazione. In tema di furto in abitazione, la nozione di privata dimora comprende qualsiasi luogo nel quale le persone si trattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata, ivi compresa l’attività lavorativa, purché nel luogo e al momento della commissione del furto possa essere concretamente prefigurata la presenza di qualcuno intento, anche in via occasionale, alle predette attività (Nella fattispecie la Corte ha censurato la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto integrato il delitto di cui agli artt. 56 e 624bis c.p. commesso in orario notturno all’interno di un capannone industriale senza alcun accertamento sulla natura dell’attività che si svolgeva al suo interno e sulla concreta possibilità che vi si trattenesse qualcuno anche in quell’orario, avuto riguardo alla frequenza e agli orari di presenza dei dipendenti e di altri soggetti). Cass., sez. IV, 26 gennaio 2016 - 22 marzo 2016, n. 12256, CED 266701 Il furto commesso in orario notturno all’interno di una struttura commerciale o aperta al pubblico integra la fattispecie prevista dall’art. 624bis c.p. a condizione che il luogo presenti locali o strutture funzionali allo svolgimento di atti della vita privata da parte di coloro che, in via continuativa o contingente, vi si trattengono e che sia accertata la presenza di persone intente all’attività lavorativa durante l’orario notturno. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata la sentenza che aveva ricondotto all’art. 624-bis c.p. il furto commesso di notte in un piccolo esercizio commerciale senza preventivamente verificare se all’interno vi fossero locali destinati allo svolgimento di attività privata). Cass., sez. V, 21 dicembre 2015 - 11 marzo 2016, n. 10440, CED 266807 Non integra il delitto di furto in luogo di privata dimora, ex art. 624-bis c.p., la condotta di colui che sottragga del danaro dalla cassetta delle elemosine custodita non all’interno della sagrestia, ma nella zona della chiesa destinata al culto, atteso che quest’ultima non può considerarsi in alcun modo una privata dimora, trattandosi di luogo frequentato da un numero indeterminato di persone e non destinato allo svoglimento di atti della vita privata. Cass., sez. V, 29 gennaio 2016 - 7 giugno 2016, n. 23641, CED 266913 La previsione di cui all’art. 624-bis tutela i luoghi in cui si svolgono atti afferenti alla vita privata - ivi compresa quella lavorativa - delle persone; ai fini della sua operatività è, però, necessario che nel luogo di commissione del furto possa essere concretamente prefigurata la presenza di qualcuno intento, anche in via occasionale, alle predette attività. (In applicazione del principio la S.C. ha censurato la decisione del giudice di merito che ha ritenuto integrato il delitto di cui all’art. 624-bis c.p. nei confronti dell’imputato per avere commesso un furto all’interno di uno stabilimento industriale, durante la chiusura notturna, senza accertare concretamente che le caratteristiche dell’attività ivi normalmente svolta o, comunque, la consuetudine o le esigenze del ciclo produttivo richiedessero che taluno si trattenesse durante la chiusura notturna). Cass., sez. V, 17 novembre 2015 - 14 marzo 2016, n. 10747, CED 267560 625 Circostanze aggravanti. GIURISPRUDENZA 1 Destrezza (§ 3) 2 a) esposizione alla pubblica fede (§ 6, c); b) destinazione a pubblico servizio, utilità, difesa o reverenza (§ 6, d). 1 – Destrezza. In tema di furto, ai fini della configurabilità dell’aggravante della destrezza, è sufficiente che l’agente approfitti di una situazione favorevole, tale da consentirgli di eludere la vigilanza della persona offesa adottando accorgimenti idonei a non destare la sua attenzione. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto configurabile l’aggravante in relazione all’impossessamento di una borsa presente all’interno di un autoveicolo lasciato momentaneamente aperto ed incustodito dalla persona offesa). Cass., sez. V, 24 novembre 2015 - 15 febbraio 2016, n. 6213, CED 266096 - Giurisprudenza contrastante. In tema di furto, non sussiste l’aggravante della destrezza quan- do l’agente approfitti di una situazione di temporanea distrazione della persona offesa o di una frazione di tempo in cui questa ha momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene, allontanandosi dalla cosa di poco e per poco tempo, in quanto in tal caso la condotta non è caratterizzata da una particolare abilità nell’eludere il controllo della vittima, ma dalla semplice capacità di cogliere un’opportunità in assenza di controllo da parte di quest’ultima. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto con configurabile l’aggravante in relazione alla condotta dell’imputato che aveva sottratto una vettura, approfittando del momentaneo allontanamento del conducente, sceso dal veicolo per chiudere un cancello). Cass., 63 Art. 625 - par. 1 CODICE PENALE sez. IV, 22 aprile 2016 - 26 maggio 2016, n. 22164, CED 267308 — Giurisprudenza contrastante. Integra il reato di furto con destrezza nella forma consumata la condotta di colui che, subito dopo essersi impossessato di una borsa, approfittando della disattenzione della persona offesa, venga inseguito e bloccato dalla polizia giudiziaria che lo aveva osservato a distanza, in quanto il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l’imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva. (In motivazione la S.C. ha precisato che l’osservazione a distanza da parte degli agenti non aveva rilevanza ai fini della configurabilità del reato nella forma tentata, in quanto tale “studio” non solo non era avvenuto ad opera della persona offesa - che di nulla si era accorta, allontanandosi dal posto - ma, neppure, gli aveva impedito di far sua la borsa della vittima, prima di essere arrestato). Cass., sez. V, 11 aprile 2016 - 27 giugno 2016, n. 26749, CED 267266 2 – a) esposizione alla pubblica fede. In tema di furto aggravato ai sensi dell’art. 625, n. 7, c.p., la necessità dell’esposizione va intesa in senso relativo e non assoluto e, dunque, va riferita non all’impossibilità della custodia ma alle particolari circostanze che possano indurre a lasciare le proprie cose incustodite; ne deriva che la configurabilità dell’aggravante non è incisa dall’adozione di cautele da parte del proprietario della res, inidonee ad eliminare il pubblico affidamento poichè consistenti in congegni di chiusura (lucchetti, serrature con chiave, antifurto) che non realizzano un ostacolo tale da costituire impedimento assoluto alla sottrazione del bene, in ragione della loro limitata efficacia. Cass., sez. V, 13 luglio 2015 - 1 marzo 2016, n. 8331, CED 266143 Il furto di oggetti che si trovano all’interno di un’autovettura lasciata incustodita sulla pubblica via deve considerarsi aggravato per la esposizione alla pubblica fede, ai sensi dell’art. 625, comma 1, n. 7, c.p., quando si tratta di oggetti costituenti parte integrante del veicolo o destinati, in modo durevole, al servizio o all’ornamento dello stesso o che, per necessità o per consuetudine, non sono portati via al momento in cui l’autovettura viene lasciata incustodita. (Fattispecie in cui è stata esclusa l’aggravante in relazione ad un furto avente ad oggetto generi alimentari lasciati nell’abitacolo di un automezzo in sosta sulla pubblica via). Cass., sez. V, 21 giugno 2016 - 15 luglio 2016, n. 30358, CED 267466 In tema di aggravanti del reato di furto, la nozione di “necessità” dell’esposizione alla pubblica fede, non ricomprende soltanto i beni esposti per destinazione o consuetudine, ma anche quei beni che in tale condizione si trovino in ragione di impellenti bisogni della vita quotidiana ai quali l’offeso è chiamato a far fronte. (Fattispecie riguardante il furto di un portafogli lasciato in un furgone con la portiera aperta, parcheggiato al fianco di una barca nella quale la persona offesa effettuava le pulizie, al fine di permettere il diretto collegamento delle apparecchiature necessarie, all’imbarcazione medesima). Cass., sez. II, 22 giugno 2016 - 1 agosto 2016, n. 33557, CED 267504 Integra il reato di furto aggravato dall’esposizione della cosa alla pubblica fede la sottrazione, all’interno di un esercizio commerciale, di prodotti dotati di placca antitaccheggio, in quanto tale dispositivo, consistendo nella mera rilevazione acustica della merce occultata al passaggio alle casse, non ne consente il controllo a distanza che esclude l’esposizione della merce alla pubblica fede. Cass., sez. V, 16 ottobre 2015 - 15 febbraio 2016, n. 6168, CED 266071; Cass., sez. V, 26 novembre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 4036, CED 267564 Giurisprudenza contrastante. b) destinazione a pubblico servizio, utilità, difesa o reverenza. In caso di furto commesso all’interno di una banca deve escludersi la sussistenza della circostanza aggravante prevista dall’art. 625 n. 7 c.p. atteso che, ai fini della qualificazione di un ufficio come “pubblico”, rileva esclusivamente la sua destinazione allo svolgimento di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità perseguita, direttamente o indirettamente, dallo Stato o da altro ente pubblico. (In motivazione la Corte di cassazione ha escluso che la banca possa considerarsi quale stabilimento pubblico, trattandosi di un ente privato che esercita un’attività commerciale destinata alla produzione di un servizio). Cass., sez. V, 28 ottobre 2015 - 31 marzo 2016, n. 13067, CED 266183 In tema di furto, è configurabile l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7 c.p., in caso di sottrazione di energia elettrica mediante allacciamento abusivo e diretto alla rete esterna, indipendentemente dal fatto che tale condotta abbia arrecato effettivo nocumento alla fornitura di energia di altri utenti. Cass., sez. IV, 7 gennaio 2016 - 18 gennaio 2016, n. 1850, CED 266229 626 Furti punibili a querela dell’offeso. GIURISPRUDENZA 1 Inapplicabilità in presenza di talune aggravanti del furto (§ 4). 1 – Inapplicabilità in presenza di talune aggravanti del furto. È inapplicabile la disciplina del furto d’uso prevista dall’art. 626, comma 1, n. 1 c.p. nell’ipotesi di furto con strappo di cui all’art. 624 bis, comma 2, c.p., alla luce del divieto posto dal comma secondo del citato art. 626, che, pur richiamando la “circostanza aggravante” di cui all’art. 625 n.1 c.p., abrogata e sostituita dalla disposizione di cui all’art. 624 bis, deve ritenersi riferito anche alla nuova fattispecie autonoma di furto con strappo, in considerazione della assoluta sovrapponibilità di tali due ultime norme, tra loro legate da un rapporto di continuità. Cass., sez. V, 13 luglio 2015 1 marzo 2016, n. 8333, CED 266144 628 Rapina. GIURISPRUDENZA all’art. 624-bis (7, f). 1 Violenza o minaccia (§ 2) 2 Aggravanti: a) armi (§ 7. a); b) fatto commesso nei luoghi di cui 1 – Violenza o minaccia. In tema di rapina, l’elemento oggettivo del reato può essere costituito anche dal compimento di un’azione violenta nei confronti di una cosa qualora questa forma di violenza sia tale da esprimere un messaggio minatorio nei confronti della persona al fine di annnullarne o limitarne la capacità di autodeterminazione. (Fattispecie in cui l’azione violenta era consistita nella rottura della 64 vetrata di una agenzia bancaria con un’autovettura). Cass., sez. II, 16 febbraio 2016 - 4 marzo 2016, n. 8691, CED 266101 Integra la minaccia costitutiva del reato di rapina la condotta del soggetto che, falsamente presentandosi come operatore di polizia, effettui una fittizia perquisizione - con ciò comprimendo la libertà psichica della vittima - per impossessarsi dei beni di questa, perché la minaccia può essere esercitata mediante qualsiasi comportamen- ADDENDA DI AGGIORNAMENTO to che, prospettando un male, limiti la libertà di autodeterminazione. (Fattispecie in cui gli imputati, agendo in autostrada con la tecnica dei c.d. falsi poliziotti, avevano effettuato perquisizioni finalizzate alla ricerca di beni da sottrarre alle vittime, avvalendosi di uno strumento tipo metal detector). Cass., sez. II, 6 maggio 2016 - 16 maggio 2016, n. 20216, CED 266751 2 – Aggravanti: a) armi. In tema di rapina, è configurabile l’aggravante della minaccia commessa con armi, prevista dall’art. 628, comma 3, n. 1, c.p., nel caso in cui venga utilizzata una siringa con ago innestato per minacciare la vittima. (In motivazione la Corte ha affermato la natura di arma impropria di una siringa completa di ago, presentando essa evidenti caratteristiche che, in un contesto aggressivo, la rendono utilizzabile per l’offesa alla persona). Cass., sez. II, 22 marzo 2016 - 5 luglio 2016, n. 27619, CED 267423 b) fatto commesso nei luoghi di cui all’art. 624-bis. È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 628, comma 3, n. 3-bis c.p., in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., in quanto l’esclusione dal bilanciamento tra attenuanti ed aggravanti ivi prevista si fonda sul legittimo esercizio della discrezionalità del legislatore, estrinsecantesi in una tutela rafforzata dell’inviolabilità del domicilio, non potendo altresì ritenersi integrata la violazione del principio rieducativo della sanzione penale, essendo previste pene non irragionevolmente differenti e, comunque, proporzionate alla maggiore gravità dei fatti commessi all’interno del domicilio. Cass., sez. II, 27 aprile 2016 - 16 maggio 2016, n. 20208, CED 266750 Ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3-bis, c.p., costituisce “luogo di privata dimora” ogni ambiente in cui le persone autorizzate a soggiornarvi siano titolari di uno ius exludendi alios e che sia in concreto idoneo a proteggere il diritto alla riservatezza, consentendo lo svolgimento di atti di vita privata. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso che, all’interno dell’ufficio postale, possa considerarsi luogo di privata dimora lo spazio di fronte agli sportelli, dove chiunque pur accedere liberamente a differenza dell’area degli uffici in cui il pubblico non pur accedere senza autorizzazione, in quanto il divieto di accesso consente di attribuire all’ambiente le caratteristiche di privata dimora). Cass., sez. II, 21 aprile 2016 - 16 maggio 2016, n. 20200, CED 266759 Art. 629 - par. 2 Non è configurabile il reato complesso di cui all’art. 628 comma 3-bis c.p., ma il concorso materiale fra il reato di rapina e quello di cui all’art. 614 c.p., qualora, in caso di rapina commessa in edificio o altro luogo destinato a privata dimora, l’agente abbia posto in essere la violazione di domicilio per una diversa finalità - quale il danneggiamento dell’abitazione della vittima - e, nel corso dell’attività illecita, abbia profittato delle circostanze di tempo e di luogo per appropriarsi di beni della persona offesa. Cass., sez. II, 18 dicembre 2015 - 19 gennaio 2016, n. 1925, CED 265990 In tema di rapina impropria, sussiste l’aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3-bis, c.p. nel caso in cui la condotta di impossessamento di beni altrui sia compiuta in un luogo di privata dimora, e la violenza e la minaccia siano commesse, successivamente, all’esterno, in un luogo pubblico posto che le ragioni dell’aggravante risiedono nella tutela del domicilio. (Fattispecie in cui l’imputato, dopo essersi introdotto all’interno dell’abitazione delle persone offese ed essersi impossessato di denaro ed oggetti di valore, aveva spintonato nel corso della fuga, lungo una strada pubblica, altro soggetto che aveva tentato di fermarlo). Cass., sez. II, 24 maggio 2016 - 23 giugno 2016, n. 26262, CED 267155 Il concetto di “privata dimora”, ai fini della sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3-bis, c.p., ricomprende tutti i luoghi non pubblici nei quali le persone si trattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata, ma deve essere inteso in maniera restrittiva e, pertanto, limitato ai soli luoghi destinati funzionalmente al compimento di attività che appartengono alla sfera privata di un soggetto. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso l’aggravante in relazione ad una rapina commessa all’interno di un supermercato durante l’orario di chiusura, nel quale, al momento del fatto, si trovavano due commessi ed un cliente). Cass., sez. II, 20 maggio 2016 - 9 giugno 2016, n. 23981, CED 267204 Ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3-bis, c.p., costituisce “luogo di privata dimora” ogni ambiente in cui la persona autorizzata a soggiornarvi sia titolare di uno ius exludendi alios e che sia in concreto idoneo a sottrarre il soggetto da ingerenze esterne e a proteggere il diritto alla riservatezza. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso l’aggravante con riferimento a rapine in banca consumate all’interno dei locali di ricezione della clientela in orari di apertura al pubblico). Cass., sez. II, 16 marzo 2016 - 18 luglio 2016, n. 30419, CED 267411 — Giurisprudenza contrastante (v. le massime precedenti, nonché nel volume sub art. 624-bis § 2, a). 629 Estorsione. GIURISPRUDENZA 1 Consumazione. Tentativo (§ 4) 2 Aggravanti: a) in genere (§ 7, a); b) aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 (§ 7, e) 3 Rapporti con altri reati: a) esercizio arbitrario delle proprie ragioni (§ 8, c); b) truffa (§ 8, g). 1 – Consumazione. Tentativo. La consegna di un titolo di credito trasferisce, al momento stesso della sua dazione, al prenditore il diritto di ottenere il pagamento della somma in esso rappresentata; ne consegue che configura il delitto di estorsione consumata - e non, quindi, tentata - la consegna di un assegno, poichè in tale momento si verifica il danno per il cedente ed il vantaggio per il ricevente, essendo, per contro, indifferente il successivo uso che viene fatto dello stesso. Cass., sez. II, 17 febbraio 2016 - 1 giugno 2016, n. 23162, CED 266914 2 – Aggravanti: a) in genere. Il rinvio operato dal secondo comma dell’art. 629 c.p. all’ultimo capoverso dell’art. 628 c.p., quanto alle circostanze aggravanti applicabili al delitto di estorsione, deve intendersi riferito, dopo le modifiche apportate dalla l. n. 94 del 15 luglio 2009, all’attuale terzo comma del predetto art. 628, e non al comma quarto concernente il concorso fra circostanze attenuanti ed aggravanti. (In motivazione, la S.C. ha precisato come la ratio legis consista nell’esigenza di creare nuove ipotesi aggravate, ferme restando le aggravanti già codificate in precedenza e non in quella di “abrogare” la fattispecie aggravata di cui all’art. 629). Cass., sez. II, 23 marzo 2016 - 4 aprile 2016, n. 13239, CED 266662 b) aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991. In tema di estorsione, integra la circostanza aggravante del c.d. metodo mafioso, prevista dall’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, conv. nella l. n. 203 del 1991, la condotta di chi, senza spendere la propria appartenenza ad una “famiglia” mafiosa, ma avvalendosi della propria fama criminale, costringa l’aggiudicatario di una gara 65 Art. 629 - par. 2 CODICE PENALE d’appalto a rinunciarvi. Cass., sez. II, 10 febbraio 2016 - 14 marzo 2016, n. 10467, CED 266654 3 – Rapporti con altri reati: a) esercizio arbitrario delle proprie ragioni. È configurabile il delitto di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone, in presenza di una delle seguenti condizioni relative alla condotta di esazione violenta o minacciosa di un credito: a) la sussistenza di una finalità costrittiva dell’agente, volta non già a persuadere ma a costringere la vittima, annullandone le capacità volitive; b) l’estraneità al rapporto contrattuale di colui che esige il credito, il quale agisca anche solo al fine di confermare ed accrescere il proprio prestigio criminale attraverso l’esazione con violenza e minaccia del credito altrui; c) la condotta minacciosa e violenta finalizzata al recupero del credito sia diretta nei confronti non soltanto del debitore ma anche di persone estranee al sinallagma contrattuale. Cass., sez. II, 17 febbraio 2016 - 18 marzo 2016, n. 11453, CED 267123 b) truffa. Il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, è rappresentato dalla concreta efficacia coercitiva, e non meramente manipolativa, della condotta minacciosa rispetto alla volontà della vittima, da valutarsi con verifica ex ante, che prescinde dalla effettiva realizzabilità del male prospettato. Cass., sez. II, 17 febbraio 2016 - 18 marzo 2016, n. 11453, CED 267124 630 Sequestro di persona a scopo di estorsione. GIURISPRUDENZA 1 Elemento soggettivo (§ 3). 1 – Elemento soggettivo. Nel delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, l’ingiusto profitto cui deve essere finalizzata la condotta dell’agente si identifica in qualsiasi utilità, anche di natura non patrimoniale, che costituisca un vantaggio per il soggetto attivo del reato o per il terzo nel cui interesse egli abbia agito, rimanendo irrilevante, nel caso di concorso di persone nel reato, che lo scopo perseguito, ancorché comunque tipico, non sia identico per tutti i correi. Cass., sez. V, 13 gennaio 2016 - 1 marzo 2016, n. 8352, CED 266066 635 Danneggiamento. GIURISPRUDENZA 1 Aggravanti (§ 8) 2 Rapporti con altri reati (§ 9). 1 – Aggravanti. Il reato di danneggiamento commesso con violenza alla persona o con minaccia, nel testo riformulato dall’art. 2, lett. l), d.lg.15 gennaio 2016, n. 7, è configurabile anche nel caso in cui non sussiste un nesso di strumentalità tra la condotta violenta o minacciosa e l’azione di danneggiamento, posto che la ragione della incriminazione deve essere ravvisata nella maggiore pericolosità manifestata dall’agente nella esecuzione del reato. Cass., sez. VI, 15 marzo 2016 - 21 aprile 2016, n. 16563, CED 266996 2 – Rapporti con altri reati. Il delitto di danneggiamento aggravato dall’essere il fatto com- messo con violenza alla persona è assorbito in quello di lesioni personali aggravate quando il danneggiamento costituisce parte della progressione degli atti finalizzati a provocare le lesioni alla persona offesa. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto assorbito il delitto di cui all’art. 635, comma 2 n. 1, c.p. in quello di tentate lesioni personali, aggravate dall’uso di un oggetto atto ad offendere, in relazione alla condotta di un’imputata che, gettando una torcia illuminata accesa in direzione della persona offesa, era riuscita a colpire la vittima sul petto, danneggiandole la giacca). Cass., sez. V, 3 novembre 2015 - 10 maggio 2016, n. 19447, CED 267125 640 Truffa. GIURISPRUDENZA 1 Artifici o raggiri: a) nozione (§ 3, a) 2 Differenze da altri reati (§ 10) 3 Concorso di reati (§ 11). 1 – Artifici o raggiri: a) nozione. Ai fini della configurabilità del reato di truffa, il giudizio sulla idoneità della condotta a trarre in inganno la vittima deve essere effettuato ex post ed in concreto, con la conseguenza che la non particolare raffinatezza degli artifizi utilizzati, ovvero la stato di vulnerabilità della vittima, non escludono l’offensività della condotta. (In motivazione, la S.C. ha precisato che l’inquadramento delle condotte manipolative, anche grossolane, nel reato di truffa trova il solo limite della incapacità della vittima, condizione patologica che impone il diverso inquadramento della condotta nella fattispecie di circonvenzione di persona incapace). Cass., sez. II, 15 giugno 2016 - 20 luglio 2016, n. 30952, CED 267380 2 – Differenze da altri reati. Non è configurabile il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art. 316-ter c.p., bensì quello di appropriazione indebita, nella condotta del datore di lavoro che, esponendo falsamente di aver corrisposto al lavoratore somme a titolo di indennità per malattia, maternità o assegni familiari, quale anticipazione ef66 fettuata per conto dell’I.N.P.S., ottiene dall’ente pubblico il conguaglio degli importi fittiziamente indicati con quelli da lui dovuti al medesimo istituto a titolo di contributi previdenziali e assistenziali. (In motivazione, la S.C. ha escluso la possibilità di attribuire al fatto contestato una diversa qualificazione giuridica, trattandosi di reato commesso in danno di una diversa persona offesa). Cass., sez. II, 5 novembre 2015 - 10 febbraio 2016, n. 5486, CED 266367 Integra il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art. 316-ter c.p., e non quelli di truffa o di appropriazione indebita o di indebita compensazione ex art. 10-quater d.lg.10 marzo 2000, n. 74, la condotta del datore di lavoro che, esponendo falsamente di aver corrisposto al lavoratore somme a titolo di indennità per malattia, assegni familiari e cassa integrazione guadagni, ottiene dall’I.N.P.S. il conguaglio di tali somme, in realtà non corrisposte, con quelle da lui dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, così percependo indebitamente dallo stesso istituto le corrispondenti erogazioni. (In motivazione, la S.C. ha precisato che queste ultime possono consistere anche Art. 643 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO nell’esenzione dal pagamento di una somma altrimenti dovuta, non essendo necessario l’ottenimento di una somma di denaro). Cass., sez. II, 16 marzo 2016 - 19 aprile 2016, n. 15989, CED 266520 — Giurisprudenza contrastante In tema di controllo della produzione lattiero-casearia, il principio di preclusione del ne bis in idem non opera, per diversità del fatto, tra il delitto di truffa e l’avvenuta irrogazione della sanzione amministrativa conseguente alla violazione dell’art. 5, comma 5, d.l. 28 marzo 2003 n. 49, convertito in l. n. 119 del 2003, avente ad oggetto l’inosservanza, da parte degli acquirenti, degli obblighi e dei termini previsti dalla stessa norma in tema di prelievi supple- mentari dovuti sull’eccedenza delle quote latte (In motivazione la Corte ha chiarito che la diversità del fatto attiene alla presenza nel solo reato di truffa del requisito dell’elemento dell’artificio o del raggiro, assente invece nell’illecito amministrativo). Cass., sez. VI, 8 gennaio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11441, CED 266432 3 – Concorso di reati. Il reato di omesso versamento dell’Iva, previsto dall’art. 10-ter d.lg.n. 74 del 2000, non si pone in rapporto di specialità con il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, con la conseguenza che è configurabile il concorso tra i suddetti reati. Cass., sez. III, 17 novembre 2015 - 18 aprile 2016, n. 15922, CED 266828 640-ter Frode informatica. GIURISPRUDENZA 1 Rapporti con altri reati (§ 3). 1 – Rapporti con altri reati. Integra il reato di indebita utilizzazione di carte di credito di cui all’art. 55, comma 9, d.lg. 21 novembre 2007, n. 231 e non quello di frode informatica di cui all’art. 640-ter c.p., il reiterato prelievo di denaro contante presso lo sportello bancomat di un istituto bancario mediante utilizzazione di un supporto magnetico clonato, in quanto il ripetuto ritiro di somme per mezzo di una carta bancomat illecitamente duplicata configura l’utilizzo indebito di uno strumento di prelievo sanzionato dal predetto art. 55. Cass., sez. VI, 4 novembre 2015 - 14 gennaio 2016, n. 1333, CED 266233 641 Insolvenza fraudolenta. GIURISPRUDENZA 1 Dissimulazione e stato d’insolvenza (§ 1) 2 Estinzione del reato (§ 6). 1 – Dissimulazione dello stato d’insolvenza. Integra il reato di insolvenza fraudolenta la condotta di chi, al termine di un viaggio in autostrada, non provveda al pagamento del pedaggio, dichiarandosi impossibilitato ad adempiere, essendo sufficiente, quanto alla dissimulazione dello stato di insolvenza, anche il silenzio serbato al momento della ricezione del talloncino all’ingresso in autostrada. Cass., sez. II, 8 marzo 2016 - 21 marzo 2016, n. 11686, CED 266406 mento dell’obbligazione che estingue il reato, previsto dall’art. 641, comma 2, c.p., deve avvenire “prima della condanna” e può, pertanto, attuarsi anche dopo la sentenza di primo o secondo grado e fino a che non sia stato deciso il ricorso per cassazione, a differenza del risarcimento del danno idoneo ad integrare la circostanza attenuante di cui all’art.62, comma 6 c.p.che deve avvenire “prima del giudizio”. Cass., sez. II, 31 marzo 2016 - 31 maggio 2016, n. 23017, CED 266901 2 – Estinzione del reato. In tema di reato di insolvenza fraudolenta, l’integrale adempi- 642 Fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona. GIURISPRUDENZA 1 Consumazione (§ 3) 2 Rapporti con altri reati (§ 4). 1 – Consumazione. Il reato previsto dall’art. 642 c.p. è a consumazione anticipata e, pertanto, non richiede il conseguimento effettivo di un vantaggio che non si identifica necessariamente nell’indennizzo ma può consistere in qualsiasi beneficio connesso al contratto di assicurazione - ma soltanto che la condotta fraudolenta sia diretta ad ottenerlo ed idonea a raggiungere lo scopo. (Fattispecie relativa ad una falsa denuncia di furto di un mezzo detenuto in leasing, in cui il vantaggio è stato ritenuto configurabile in considerazione della finalità di appropriazione dello stesso senza la corresponsione delle rate del leasing, il cui onere veniva, pertanto, trasferito alla società assicuratrice). Cass., sez. II, 21 gennaio 2016 - 29 febbraio 2016, n. 8105, CED 266235 2 – Rapporti con altri reati. Integra il reato di cui all’art. 642 c.p., e non quello di truffa aggravata, la richiesta di risarcimento del danno avanzata mediante presentazione di false denunce di sinistro stradale e falsa documentazione medica, ad una società assicuratrice in liquidazione ed evasa dal Fondo di garanzia per le vittime della strada. Cass., sez. II, 14 aprile 2016 - 16 giugno 2016, n. 25128, CED 267231 643 Circonvenzione di persone incapaci. GIURISPRUDENZA 1 Consumazione (§ 5) 2 Querela (§ 7). 1 – Consumazione. Il reato di circonvenzione di incapace ha natura di reato di pericolo e si consuma nel momento in cui viene compiuto l’atto idoneo a procurare un qualsiasi effetto giuridico dannoso per la persona offesa o per altri. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto che l’apertura di un conto corrente da parte della persona offesa, con la conseguente insorgenza di obbligazioni tra quest’ultima e l’istituto di credito, costituisse azione pregiudizievole per la 67 Art. 643 - par. 1 CODICE PENALE vittima, sufficiente ai fini dell’integrazione del reato in questione). Cass., sez. II, 10 febbraio 2016 - 29 febbraio 2016, n. 8103, CED 266366 2 – Querela. In tema di delitto di circonvenzione di persone incapaci il terzo eventualmente danneggiato in conseguenza degli atti dispositivi compiuti dall’incapace medesimo non assume la veste di persona offesa, che spetta soltanto all’incapace circonvenuto e, pertanto, non ha diritto di avere avviso della proposizione della richiesta di archiviazione. Cass., sez. II, 20 aprile 2016 - 19 maggio 2016, n. 20809, CED 267036 644 Usura. GIURISPRUDENZA 1 La giurisprudenza sul testo vigente: a) aggravanti specifiche (§ 1, g). 1 – La giurisprudenza sul testo vigente: a) aggravanti specifiche. In tema di usura, lo stato di bisogno va inteso non come uno stato di necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma come un impellente assillo che, limitando la volontà del soggetto, lo induca a ricorrere al credito a condizioni usurarie, non assumendo alcuna rilevanza né la causa di esso, né l’utilizzazione del prestito usurario. (Fattispecie in cui lo stato di bisogno era dovuto a problemi di salute di una figlia, a difficoltà economiche connesse alla attività professionale o imprenditoriale, alla necessità di far fronte alle spese derivanti da danni causati da una alluvione). Cass., sez. II, 16 dicembre 2015 - 15 marzo 2016, n. 10795, CED 266162 La circostanza aggravante speciale di cui all’art. 644, comma 5, n. 4, c.p. è configurabile in tutti i casi in cui la somma presa in prestito ad usura sia destinata ad essere impiegata in un’attività imprenditoriale, anche se non direttamente svolta dal soggetto cui il prestito viene materialmente erogato, senza che possa rilevare il dato meramente formale del riconoscimento dello status di imprenditore. Cass., sez. II, 16 dicembre 2015 - 15 marzo 2016, n. 10795, CED 266163 646 Appropriazione indebita. GIURISPRUDENZA 1 Possesso (§ 1) 2 Appropriazione; casistica (§ 2) 3 Oggetto: cosa immobile. Altruità della cosa (§ 3) 4 Querela (§ 8) 5 Rapporti con altri reati (§ 10). 1 – Possesso. In tema di appropriazione indebita, se la detenzione del bene sia qualificata in forza di un contratto di leasing, il mero inadempimento dei canoni, cui consegue la risoluzione di diritto del contratto, non integra, di per sé, il reato di cui all’art. 646 c.p. che, invece, si perfeziona solo nel momento in cui il detentore manifesta la sua volontà di detenere il bene “uti dominus”, non restituendo, senza alcuna giustificazione, il bene che gli viene richiesto e sul quale non ha più alcun diritto. Cass., sez. II, 31 maggio 2016 - 17 giugno 2016, n. 25282, CED 267072 Il reato di appropriazione indebita di un bene in “leasing” è integrato dalla mera interversione del possesso, che si manifesta quando l’autore si comporta “uti dominus” non restituendolo senza giustificazione, così da evidenziare in maniera incontrovertibile anche l’elemento soggettivo del reato, e non da quando il contratto deve intendersi risolto a causa dell’inadempimento nel pagamento dei canoni. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di condanna dell’imputato, al quale era stato notificato l’avviso di risoluzione del contratto e la conseguente intimazione a restituire il veicolo oggetto della locazione finanziaria). Cass., sez. II, 31 maggio 2016 - 17 giugno 2016, n. 25288, CED 267114 2 – Appropriazione; casistica. Commette il delitto di appropriazione indebita lo spedizioniere che, ricevuto il denaro dal cliente per il pagamento dei diritti doganali, potendo beneficiare per l’adempimento della dilazione di 180 giorni conseguente al sistema del c.d.“differito doganale”, previsto per il territorio di Trieste, non provveda al pagamento a causa della sopraggiunta insolvibilità dell’impresa nel cui patrimonio aveva fatto confluire le predette somme. Cass., sez. II, 31 maggio 2016 - 17 giugno 2016, n. 25281, CED 267013 Commette il delitto di appropriazione indebita il mandatario che, violando le disposizioni impartitegli dal mandante, si appropri del denaro ricevuto utilizzandolo per propri fini e, quindi, per scopi diversi ed estranei agli interessi del mandante. (Fattispecie in 68 cui uno spedizioniere aveva utilizzato, per il pagamento di diritti doganali dovuti da un cliente, le somme ricevute al medesimo scopo da altro cliente, facendo affidamento nel sistema del c.d. “differito doganale”, che consentiva di pagare in ritardo i diritti doganali in seguito all’autorizzazione dell’Agenzia delle Entrate. Nell’affermare il principio, la S.C. ha annullato la sentenza di assoluzione per difetto dell’elemento soggettivo, osservando che il “differito doganale” costituiva solo un sistema di agevolazione contabile che consentiva allo spedizioniere di adempiere ai mandati senza anticipare denaro, ma non lo legittimava alla distrazione delle somme per fini diversi da quelli concordati). Cass., sez. II, 3 maggio 2016 - 6 giugno 2016, n. 23347, CED 267086 3 – Oggetto: cosa immobile. Altruità della cosa. In tema di appropriazione indebita, il fondamento del reato di cui all’art. 646 c.p. deve essere individuato nella volontà del legislatore di sanzionare penalmente il fatto di chi, avendo l’autonoma disponibilità della “res”, dia alla stessa una destinazione incompatibile con il titolo e le ragioni che ne giustificano il possesso, anche nel caso in cui si tratti di una somma di danaro. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto configurabile il reato nella condotta del depositario di assegni destinati alla purgazione delle ipoteche gravanti su un bene immobile oggetto di preliminare di vendita che, invece di destinarli al predetto utilizzo, li consegni, contro la volontà del promissario acquirente, al promittente venditore il quali li incassi utilizzando il denaro per propri fini personali, così rendendosi concorrente nel medesimo reato. Cass., sez. II, 8 marzo 2016 - 30 marzo 2016, n. 12869, CED 266370 4 – Querela. Il diritto di querela per il reato di appropriazione indebita spetta anche al soggetto, diverso dal proprietario, che, detenendo legittimamente ed autonomamente la cosa, ne abbia fatto consegna a colui che se ne sia appropriato illegittimamente. (Nella specie, relativa all’appropriazione indebita di un’autovettura in leasing, la querela era stata sporta dalla società concedente). Cass., sez. II, 8 aprile 2016 - 19 maggio 2016, n. 20776, CED 267037 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 5 – Rapporti con altri reati. Il reato di bancarotta fraudolenta integra una figura di reato complesso ex art. 84 c.p. rispetto a quello di appropriazione indebita, con assorbimento di quest’ultimo in quello di bancarotta, sicchè gli stessi fatti, già contestati ex art. 646 c.p., possono essere ricondotti, dopo la pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento, alla fattispecie di bancarotta. (La S.C. ha affermato tale principio ritenendo legittima un’ipotesi di modifica dell’imputazione ex art. 516 c.p.p., operata in dibattimento dal pubblico ministero una volta intervenuta la sentenza di fallimento). Cass., sez. V, 3 luglio 2015 - 20 gennaio 2016, n. 2295, CED 266018 Non costituisce contestazione di un “fatto nuovo” ex art. 518 Art. 648 - par. 7 c.p.p., bensì di un “fatto diverso” ai sensi dell’art. 516 c.p.p., la modifica dell’imputazione da appropriazione indebita a bancarotta fraudolenta - reato complesso in cui sono assorbiti gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 646 c.p. - dovendosi ricomprendere nella nozione di “fatto diverso” non solo un fatto che, pur integrando una diversa imputazione, resti esso invariato, ma anche un fatto che presenti connotati materiali parzialmente difformi da quelli descritti nella contestazione originaria. (In motivazione la S.C. ha chiarito che la nozione di “fatto nuovo” attiene, invece, ad un accadimento del tutto difforme ed autonomo rispetto a quello contestato). Cass., sez. V, 3 luglio 2015 - 20 gennaio 2016, n. 2295, CED 266019 648 Ricettazione. GIURISPRUDENZA 1 Reato presupposto (§ 2) 2 Elemento oggettivo (§ 3) 3 Profitto (§ 4) 4 Consumazione (§ 5) 5 Elemento soggettivo 6 Fatto di particolare tenuità 7 Rapporti con altri reati (§ 9) 8 Questioni processuali (§ 10). 1 – Reato presupposto. La ricettazione può avere come reato presupposto anche una precedente ricettazione, sempre che sussista il relativo elemento psicologico e si stabilisca una relazione di fatto con la cosa che ne comporti la disponibilità. (Nella specie, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto insussistente il reato di cui all’art. 648 c.p., nell’ipotesi di utilizzazione di un modulo provento del reato di furto per la formazione di un falso documento d’identità). Cass., sez. II, 22 marzo 2016 - 14 aprile 2016, n. 15681, CED 266555 In tema di ricettazione, la provenienza da delitto dell’oggetto materiale del reato è elemento definito da norma esterna alla fattispecie incriminatrice, di talché l’eventuale abrogazione, le successive modifiche o la sopravvenuta incompatibilità di tale norma con il diritto comunitario non assumono rilievo ai sensi dell’art. 2 c.p., e la rilevanza del fatto, sotto il profilo in questione, deve essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui è intervenuta la condotta tipica di ricezione della cosa od intromissione affinché altri la ricevano. (Fattispecie in tema di ricettazione di un assegno proveniente da un carnet denunciato smarrito, nella quale la S.C. ha evidenziato l’irrilevanza dell’intervenuta depenalizzazione del reato di cui all’art. 627 c.p. per effetto del d.lg. n. 7 del 15 gennaio 2016). Cass., sez. II, 4 febbraio 2016 - 19 maggio 2016, n. 20772, CED 267034 La ricettazione di bene proveniente dal reato presupposto di cui all’art. 647 c.p. conserva rilevanza penale anche dopo la depenalizzazione, ad opera del d.lg.15 gennaio 2016, n. 7, del reato di appropriazione di cosa smarrita, atteso che nella ricettazione la provenienza da delitto dell’oggetto materiale del reato è elemento definito da norma esterna alla fattispecie incriminatrice, per cui l’eventuale abrogazione di tale norma non assume rilievo ai sensi dell’art. 2 c.p., dovendo la rilevanza penale del fatto essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui ha avuto luogo la condotta tipica di ricezione della cosa. Cass., sez. VII, 16 febbraio 2016 - 18 maggio 2016, n. 20644, CED 267132 I delitti di ricettazione e riciclaggio riguardanti il provento del reato di bancarotta fraudolenta sono configurabili anche nell’ipotesi di distrazioni fallimentari compiute prima della dichiarazione di fallimento, in tutti i casi in cui tali distrazioni erano “ab origine” qualificabili come appropriazione indebita, ai sensi dell’art. 646 c.p. Cass., sez. II, 19 aprile 2016 - 2 agosto 2016, n. 33725, CED 267497 2 – Elemento oggettivo. Ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, costituisce “cosa” mobile, proveniente da delitto, il supporto fisico sul quale siano trasferiti dati indebitamente carpiti mediante accesso abusivo in sistema informatico. Cass., sez. II, 18 febbraio 2016 - 24 maggio 2016, n. 21596, CED 267162 3 – Profitto. Il profitto, il cui conseguimento integra il dolo specifico del reato di ricettazione, può avere anche natura non patrimoniale. (Fattispecie in tema di acquisto di farmaci anabolizzanti provento del delitto previsto dall’art. 9 della l. 14 dicembre 2000 n. 376, al fine di farne uso personale per la modifica della struttura muscolare). Cass., sez. II, 22 marzo 2016 - 14 aprile 2016, n. 15680, 266516 4 – Consumazione. Ai fini del calcolo del termine di prescrizione relativo al reato di ricettazione, nell’ipotesi in cui manchi prova certa della data di acquisizione del bene da parte dell’imputato, il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del principio del “favor rei” in prossimità della data di commissione del reato presupposto. Cass., sez. II, 9 giugno 2016 - 25 luglio 2016, n. 31946, CED 267480 Il delitto di ricettazione, nell’ipotesi della mediazione, si perfeziona per il solo fatto che l’agente si intromette nel far acquistare, ricevere od occultare un bene di provenienza delittuosa, non occorrendo, perché possa dirsi consumato, né che l’agente metta in rapporto diretto le parti né che la refurtiva venga effettivamente acquistata o ricevuta. (Fattispecie nella quale l’imputato si era attivato per ricercare un acquirente di confezioni di vino compendio di rapina). Cass., sez. II, 15 gennaio 2016 - 25 febbraio 2016, n. 7683, CED 266215 5 – Elemento soggettivo. Ai fini della configurabilità del dolo specifico che connota il delitto di ricettazione, non è necessaria l’ingiustizia del profitto perseguito dall’agente. Cass., sez. II, 18 febbraio 2016 - 24 maggio 2016, n. 21596, CED 267165 6 – Fatto di particolare tenuità. In tema di ricettazione, la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità è compatibile con la forma attenuata del delitto nel solo caso in cui la valutazione del danno patrimoniale sia rimasta estranea al giudizio sulla particolare tenuità del fatto. Cass., sez. VII, 26 gennaio 2016 - 12 maggio 2016, n. 19744, CED 266673 7 – Rapporti con altri reati. Il delitto di ricettazione e quello di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi possono concorrere in caso di falsificazione di documento in bianco, già oggetto di furto, succes69 Art. 648 - par. 7 CODICE PENALE siva alla ricezione dello stesso, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità. (Fattispecie relativa alla falsificazione di un modulo di carta di identità precedentemente rubato). Cass., sez. II, 22 marzo 2016 - 14 aprile 2016, n. 15681, CED 266556 Risponde non di ricettazione, ma dell’illecito amministrativo di cui all’art. 1, comma 7, del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in l. 14 maggio 2005, n. 80, nella versione modificata dalla l. 23 luglio 2009, n. 99, l’acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata, cioh colui che non partecipa in alcun modo alla catena di produzione o di distribuzione e diffusione dei prodotti contraffatti, ma si limita ad acquistarli per uso strettamente personale. (Fattispecie relativa al rinvenimento, a bordo dell’auto guidata dall’imputato, di numerosi capi di abbigliamento di note marche, riportanti chiari segni di contraffazione, nella quale la corte territoriale aveva assolto l’imputato per il delitto di cui all’art. 474 c.p., in assenza di prova in ordine alla successiva destinazione alla vendita dei beni contraffatti, condannandolo invece per il delitto di ricettazione. In applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha annullato tale condanna, difettando uno specifico accertamento sul titolo della detenzione). Cass., sez. II, 9 marzo 2016 - 30 marzo 2016, n. 12870, CED 266659 8 – Questioni processuali. Nel caso in cui nel capo di imputazione siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l’imputato in condizioni di difendersi dal fatto poi ritenuto in sentenza, non sussiste violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza e ciò tanto nell’ipotesi di riqualificazione del furto in ricettazione, quanto in quella opposta di riqualificazione della ricettazione come furto. Cass., sez. II, 14 aprile 2016 - 5 maggio 2016, n. 18729, CED 266758 648-bis Riciclaggio. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 2) 2 Consumazione (§ 4). 1 – Elemento oggettivo. Integra il delitto di riciclaggio la condotta di colui che riceva, dall’autore di un delitto, degli assegni costituenti provento di quest’ultimo, e li versi su conti correnti intestati a persone diverse dal predetto autore, procedendo, poi, alla monetizzazione dei titoli. Cass., sez. II, 18 dicembre 2015 - 19 gennaio 2016, n. 1924, CED 265988 Integra il delitto di riciclaggio la condotta di chi, senza aver concorso nel delitto presupposto, metta a disposizione la propria carta prepagata per ostacolare la provenienza delittuosa delle somme da altri ricavate dall’illecito utilizzo di una carta clonata, consentendo il versamento del denaro in precedenza prelevato al bancomat dal possessore di quest’ultima (resosi perciò responsabile del delitto di frode informatica), ovvero consentendo il diretto trasferimento, sulla predetta carta prepagata, delle somme ottenute dal possessore della carta clonata con un’operazione di “ricarica” presso lo sportello automatico (assumendo comunque rilievo, in tale seconda ipotesi, il delitto presupposto di falsificazione o alterazione della carta originaria, di cui all’art. 55, comma 9, d.lg. n. 231 del 2007). Cass., sez. II, 21 aprile 2016 - 6 maggio 2016, n. 18965, CED 266947 2 – Consumazione. Il reato di riciclaggio, pur essendo a consumazione istantanea, è reato a forma libera e può anche atteggiarsi a reato eventualmente permanente quando il suo autore lo progetti e lo esegua con modalità frammentarie e progressive. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto configurabile la flagranza del delitto di riciclaggio con riferimento al rinvenimento presso un deposito di diverse autovetture provento di furto, private della targa ed occultate in un container, in quanto condotte tese ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei mezzi, prodromiche al successivo trasporto degli stessi presso il porto e la definitiva loro destinazione in paese extracomunitario). Cass., sez. II, 27 aprile 2016 - 13 luglio 2016, n. 29611, CED 267511 648-ter.1 Autoriciclaggio. GIURISPRUDENZA 1 Elemento oggettivo (§ 1). 1 – Elemento oggettivo. Non integra il delitto di autoriciclaggio il versamento del profitto di furto su conto corrente o su carta di credito prepagata, intestati allo stesso autore del reato presupposto. (In motivazione, la Corte ha osservato che tale deposito non può considerarsi, secondo le indicazioni rispettivamente fornite dall’art. 2082 c.c.. e dall’art. 106 del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, come attività “economica” o “finanziaria”, e non costituisce comunque, a mente dell’art. 648-ter.1 c.p., attività idonea ad occultare la provenienza delittuosa del denaro oggetto di profitto). Cass., sez.II, 14 luglio 2016 - 28 luglio 2016, n. 33074, CED 267459 649 Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti. GIURISPRUDENZA 1 Convivenza (§ 2). 1 – Convivenza. La causa soggettiva di esclusione della punibilità prevista per il coniuge dall’art. 649 c.p. non si estende al convivente more uxorio. (Fattispecie di appropriazione indebita di oggetti personali e di 70 valore di proprietà della convivente more uxorio all’epoca dei fatti dell’imputato). Cass., sez. V, 21 settembre 2015 - 8 luglio 2016, n. 28638, CED 267467 Art. 707 - par. 1 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 650 Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. GIURISPRUDENZA 1 Ragioni di giustizia (§ 5). 1 – Ragioni di giustizia. Integra la contravvenzione di cui all’art. 650 c.p. l’inottemperanza, senza giustificato motivo, della persona informata sui fatti all’invito a presentarsi alla polizia giudiziaria, delegata dal pubblico ministero all’assunzione di sommarie informazioni, non potendo in questi casi la polizia giudiziaria procedere all’accompagnamento coattivo dell’interessato. Cass., sez. I, 7 gennaio 2016 - 18 febbraio 2016, n. 6595, CED 266213 659 Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. GIURISPRUDENZA 1 Mestieri rumorosi (comma 2) (§ 3). 1 – Mestieri rumorosi (comma 2). Il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991 può integrare la fattispecie di reato prevista dall’art. 659, comma 2, c.p., allorquando l’inquinamento acustico è concretamente idoneo a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminata di persone, non essendo in tal caso applicabile il principio di specialità di cui all’art. 9 della l. n. 689 del 1981 in relazione all’illecito amministrativo previsto dall’art. 10, comma 2, della l. n. 447 del 1995. Cass., sez. III, 8 aprile 2015 - 18 aprile 2016, n. 15919, CED 266627 660 Molestia o disturbo alle persone. GIURISPRUDENZA 1 Interesse tutelato. Elemento oggettivo (§ 2). 1 – Interesse tutelato. Elemento oggettivo. La persona offesa, cui deve essere comunicata la richiesta di archiviazione della notitia criminis, è, nel reato plurioffensivo anche la persona fisica sulla quale cade l’azione del colpevole, pur se l’incriminazione sia prevista a tutela di un interesse pubblico generale. (In applicazione di tale principio, la Corte, relativamente al reato di disturbo e molestia alle persone (art. 660 c.p.), ha accolto il ricorso del privato al quale era stato omesso l’avviso di cui all’art. 408 cpv. c.p.p., rilevando che il suddetto reato, oltre a tutelare la tranquillità pubblica per i potenziali riflessi sull’ordine pubblico, realizza anche un’offesa alla quiete privata). Cass., sez. I, 4 maggio 2016 - 28 giugno 2016, n. 26801, CED 267112 Non è configurabile il reato di molestia o disturbo alle persone previsto dall’art. 660 c.p. allorché vi sia reciprocità o ritorsione delle molestie, in quanto in tal caso non ricorre la condotta tipica descritta dalla norma, e cioè la sua connotazione “per petulanza o altro biasimevole motivo”, cui è subordinata l’illiceità penale del fatto. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata per un nuovo giudizio sull’eventuale rapporto di reciprocità tra le condotte poste in essere dall’imputata e le vessazioni da questa subite ad opera della presunta persona offesa). Cass., sez. I, 23 febbraio 2016 - 1 giugno 2016, n. 23262, CED 267221 — Giurisprudenza contrastante (v., nel volume, sub art. 660, § 4) 684 Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale. GIURISPRUDENZA 1 Diritto di cronaca. 1 – Diritto di cronaca. La causa di giustificazione dell’esercizio del diritto di cronaca non opera in riferimento al reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, dovendosi ritenere che, in relazione a tale ipotesi, il legislatore ha valutato preminente l’interesse alla non divulgazione dei dati processuali, specie se riferiti a persone minori di età, rispetto all’utilità sociale dell’informazione. Cass., sez. I, 15 aprile 2016 - 6 luglio 2016, n. 27986, CED 267054 699 Porto abusivo d’armi. GIURISPRUDENZA 1975, n. 110 (§ 9). 1 Rapporto con i reati previsti dalle leggi 2 ottobre 1967, n. 895, 14 ottobre 1974, n. 497 e 18 maggio 1 – Rapporto con i reati previsti dalle leggi 2 ottobre 1967, n. 895, 14 ottobre 1974, n. 497 e 18 maggio 1975, n. 110. Il porto in luogo pubblico di una bomboletta contenente “spray” urticante a base di “oleoresin capsicum”, principio estratto dalle piante di peperoncino, integra gli estremi della contravven- zione di porto abusivo di armi di cui all’art. 699 c.p., e non, invece, del delitto previsto dall’art. 4 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, e succ. modif., trattandosi di oggetto non ricompreso nè tra le armi da guerra o tipo guerra, nè tra le armi comuni da sparo. Cass., sez. I, 7 gennaio 2016 - 11 aprile 2016, n. 14807, CED 267284 707 Possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli. GIURISPRUDENZA 1 Concorso di persone nel reato (§ 4). 1 – Concorso di persone nel reato. Nel reato di possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimal- delli, la particolare qualificazione del soggetto attivo per precedenti condanne per reati commessi per motivi di lucro, o per contrav71 Art. 707 - par. 1 CODICE PENALE venzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio, non impedisce di ravvisare la responsabilità a titolo concorsuale di soggetti che non si trovino in tali condizioni personali o che non siano colti in possesso di oggetti atti allo scasso, purchè abbiano consapevolezza della particolare qualità di condannato del concor- rente e del fatto che questi detiene gli indicati oggetti, di cui possono servirsi direttamente o indirettamente, aiutando l’altro a farne uso. Cass., sez. II, 3 febbraio 2016 - 20 aprile 2016, n. 16354, CED 266517 721 Elementi essenziali del giuoco d’azzardo. Case da giuoco. GIURISPRUDENZA 1 Giuochi d’azzardo: nozione (§ 2). 1 – Giuochi d’azzardo: nozione. Ai fini dell’accertamento del reato di esercizio di giuochi d’azzardo è necessaria la prova dell’effettiva esistenza di mezzi atti ad esercitarlo, dell’effettivo svolgimento di un gioco e, qualora si tratti di apparecchi automatici da gioco di natura aleatoria, dell’effettivo utilizzo dell’apparecchio per fini di lucro, non essendo sufficiente, in tale ultimo caso, accertare che lo stesso sia potenzialmente utilizzabile per l’esercizio del gioco d’azzardo. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto viziata la motivazione della sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 718 c.p. in relazione alla prova del fine di lucro, che era stato, invece, desunto dal ritardo con cui l’imputata aveva consentito l’ingresso della polizia all’interno del locale da lei gestito, dalla utilizzabilità delle postazioni che riproducevano il gioco del poker per effettuare delle scommesse collegate a vincite in denaro tramite un sito internet e dalla circostanza che durante l’istruttoria dibattimentale la difesa non avesse formulato domande sul tema). Cass., sez. III, 2 marzo 2016 - 16 giugno 2016, n. 25032, CED 267193 727 Abbandono di animali. GIURISPRUDENZA 1 La giurisprudenza sul nuovo testo della disposizione: a) fattispecie di cui al secondo comma: aa) elemento oggettivo (§ 1, d, db); b) rapporti con altri reati (§ 1, e). 1 – La giurisprudenza sul nuovo testo della disposizione: a) fattispecie di cui al secondo comma: aa) elemento oggettivo. L’utilizzo di collare elettronico, che produce scosse o altri impulsi elettrici trasmessi al cane tramite comando a distanza, integra la contravvenzione di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, poichè concretizza una forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso tale da incidere sensibilmente sull’integrità psicofisica dell’animale. (In applicazione del principio, la Corte ha proceduto a riqualificare come violazione dell’art. 727, comma 2, c.p. il fatto originariamente contestato ai sensi dell’art. 544-ter c.p., configurabile nella diversa ipotesi di abuso del collare coercitivo di tipo elettrico “antiabbaio”). Cass., sez. III, 11 febbraio 2016 - 25 maggio 2016, n. 21932, CED 267345 b) rapporti con altri reati. Non integra il reato di maltrattamento di animali, bensì quello di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze, previsto dall’art. 727, comma 2, c.p., la detenzione di volatili in condizioni di privazione di cibo, acqua e luce. (Fattispecie relativa alla custodia di uccelli in sacchetti di stoffa, appesi per ore ad un bastone ed a contatto con i loro escrementi). Cass., sez. VI, 22 marzo 2016 - 28 aprile 2016, n. 17677, CED 267313 734 Distruzione o deturpamento di bellezze naturali. GIURISPRUDENZA 1 Consumazione (§ 4). 1 – Consumazione. Il reato di distruzione o alterazione delle bellezze naturali, previsto dall’art. 734 c.p., ha natura permanente, ma la permanenza cessa, nell’ipotesi di costruzione o demolizione abusiva in luoghi 72 soggetti alla speciale protezione dell’autorità, all’epoca di ultimazione dell’attività edilizia o del sequestro che la inibisce. Cass., sez. III, 17 marzo 2016 - 26 maggio 2016, n. 21977, CED 267348 APPENDICE LEGISLATIVA ARMI Legge 2 ottobre 1967, n. 895. — Disposizioni per il controllo delle armi. 2 GIURISPRUDENZA 1 Omessa denuncia di trasferimento. 1 – Omessa denuncia di trasferimento. In tema di reati concernenti le armi, anche dopo le modifiche introdotte all’art. 38 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (t.u.l.p.s.) dal d.lg. 26 ottobre 2010, n. 204, l’omessa comunicazione del trasferimento di un’arma già denunciata all’autorità di pubblica sicurezza da una località all’altra del territorio dello Stato integra il reato contravvenzionale di cui agli artt. 58 r.d. 6 maggio 1940, n. 635, e 221 t.u.l.p.s. e non l’ipotesi delittuosa prevista dagli artt. 2 e 7 della l. 2 ottobre 1967, n. 895. Cass., sez. I, 23 settembre 2015 - 30 maggio 2016, n. 22730, CED 267218 4 GIURISPRUDENZA 1 Nozione di porto d’arma (§ 2) 2 Casistica (§ 2). 1 – Nozione di porto d’arma. In tema di porto d’arma in luogo pubblico, sebbene ai fini della consumazione del reato non sia richiesto che il soggetto agente tenga l’arma sulla sua persona, è necessario che questi possa acquisirne facilmente la disponibilità materiale per farne un uso immediato. (Fattispecie in cui è stata esclusa la sussistenza del reato nel caso di trasporto di una pistola nel cofano motore dell’autovettura, all’interno del vano batteria) Cass., sez. VI, 1 dicembre 2015 - 8 febbraio 2016, n. 4970, CED 266171 2 – Casistica Il porto in luogo pubblico di una bomboletta contenente “spray” urticante a base di “oleoresin capsicum”, principio estrat- to dalle piante di peperoncino, integra gli estremi della contravvenzione di porto abusivo di armi di cui all’art. 699 c.p.., e non, invece, delitto previsto dall’art. 4 della l. 2 ottobre 1967, n. 895, e su modif., trattandosi di oggetto non ricompreso né tra le armi da guerra o tipo guerra, né tra le armi comuni da sparo. Cass., sez. I, 7 gennaio 2016 - 11 aprile 2016, CED 267284, n. 14807 L’autorizzazione al porto di fucile rilasciata per l’esercizio della caccia rende legittimo il porto di detta arma, anche se esso è attuato per esercitare, illecitamente, l’attività venatoria in periodo di divieto generale, ferma restando la sanzionabilità dell’eventuale abuso accertato nei confronti del titolare, che può essere colpito da provvedimenti sospensivi o ablativi dell’autorizzazione. Cass., sez. III, 20 gennaio 2016 - 11 aprile 2016, n. 14749, CED 266391 Legge 22 maggio 1975, n. 152. — Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico. 6 GIURISPRUDENZA 1Ambito di applicazione (§ 1). 1 – Ambito di applicazione. La misura di sicurezza patrimoniale della confisca è imposta per tutti i reati concernenti le armi ed è obbligatoria anche in caso di archiviazione del procedimento, ove non venga ritenuta l’insussistenza del fatto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittima- mente confiscate dal G.i.p., con il decreto di archiviazione, le armi e munizioni in sequestro, detenute da persone rimaste diverse dall’indagato rimaste ignote). Cass., sez. I, 12 aprile 2016 - 17 maggio 2016, n. 20508, CED 266894 73 L. 22 maggio 1975, n. 152 APPENDICE LEGISLATIVA CARTE DI CREDITO E PAGAMENTO Decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231. — Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione. 55 Sanzioni penali. 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque contravviene alle disposizioni contenute nel Titolo II, Capo I, concernenti l’obbligo di identificazione, è punito con la multa da 2.600 a 13.000 euro. 2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato l’esecutore dell’operazione che omette di indicare le generalità del soggetto per conto del quale eventualmente esegue l’operazione o le indica false è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa da 500 a 5.000 euro. 3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, l’esecutore dell’operazione che non fornisce informazioni sullo scopo e sulla natura prevista dal rapporto continuativo o dalla prestazione professionale o le fornisce false è punito con l’arresto da sei mesi a tre anni e con l’ammenda da 5.000 a 50.000 euro. 4. Chi, essendovi tenuto, omette di effettuare la registrazione di cui all’articolo 36, ovvero la effettua in modo tardivo o incompleto è punito con la multa da 2.600 a 13.000 euro. 5. Chi, essendovi tenuto, omette di effettuare la comunicazione di cui all’articolo 52, comma 2, è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa da 100 a 1.000 euro. 6. Qualora gli obblighi di identificazione e registrazione siano assolti avvalendosi di mezzi fraudolenti, idonei ad ostacolare l’individuazione del soggetto che ha effettuato l’operazione, la sanzione di cui ai commi 1, 2 e 4 è raddoppiata. 7. Qualora i soggetti di cui all’articolo 11, commi 1, lettera h), e 3, lettere c) e d), omettano di eseguire la comunicazione prevista dall’articolo 36, comma 4, o la eseguano tardivamente o in maniera incompleta, si applica la sanzione di cui al comma 4. 8. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi, essendovi tenuto, viola i divieti di comunicazione di cui agli articoli 46, comma 1, e 48, comma 4, è punito con l’arresto da sei mesi a un anno o con l’ammenda da 5.000 a 50.000 euro. 9. Chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi. 9-bis. Per le violazioni delle disposizioni di cui all’articolo 131-ter del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché per le gravi e reiterate violazioni delle disposizioni di cui ai commi 1 e 4 del presente articolo è ordinata, nei confronti degli agenti in attività finanziaria che prestano servizi di pagamento attraverso il servizio di rimessa di denaro di cui all’articolo 1, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, la confisca degli strumenti che sono serviti a commettere il reato. In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al comma 9 è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto (1)(2). 74 D.lg. 30 aprile 1992, n. 285 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 9-ter. Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al comma 9-bis nel corso delle operazioni di polizia giudiziaria, sono affidati dall’Autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta (2). (1) (2) Periodo aggiunto dall’art. 6 d.lg. 29 ottobre 2016, n. 202. Comma aggiunto dall’art. 27 comma 1 lett. r) d.lg. 3 agosto 2010, n. 141, come sostituito dall’art. 18 comma 1 d.lg. 19 settembre 2012, n. 169 (G.U. del 2 ottobre 2012, n. 230). GIURISPRUDENZA 1 Rapporti con il reato di cui all’art. 640-ter c.p. (§ 8). 1 – Rapporti con il reato di cui all’art. 640-ter c.p. Integra il reato di indebita utilizzazione di carte di credito di cui all’art. 55, comma 9, d.lg. 21 novembre 2007, n. 231 e non quello di frode informatica di cui all’art. 640-ter c.p., il reiterato prelievo di denaro contante presso lo sportello bancomat di un istituto bancario mediante utilizzazione di un supporto magnetico clonato, in quanto il ripetuto ritiro di somme per mezzo di una carta bancomat illecitamente duplicata configura l’utilizzo indebito di uno strumento di prelievo sanzionato dal predetto art. 55. Cass., sez. VI, 4 novembre 2015 - 14 gennaio 2016, n. 1333, CED 266233 PROSTITUZIONE Legge 20 febbraio 1958, n. 75. — Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui. 3 GIURISPRUDENZA 1 In genere 2 Favoreggiamento (§ 8) 3 Sfruttamento (§ 9). 1 – In genere. L’art. 3 della l. 20 febbraio 1958, n. 75, non configura una sola fattispecie criminosa a manifestazioni plurime, ma prevede più reati, strutturalmente autonomi, che possono tra loro concorrere Cass., sez. III, 11 giugno 2015 - 7 luglio 2016, n. 28196 , CED 267050 2 – Favoreggiamento. Integra il reato di favoreggiamento la condotta di colui che accompagna, abitualmente e dietro compenso, alcune prostitute sul luogo del meretricio, al di fuori di un’attività lecita da questi precedentemente esercitata (ad esempio attività di tassista), trattandosi di condotta che trova la sua causa esclusivamente nell’accordo intercorso con le prostitute, nella consapevolezza di agevolarne l’attività e le condizioni lavorative Cass., sez. III, 28 gennaio 2016 - 7 luglio 2016, n. 28212 , CED 267052 Integra il reato di favoreggiamento della prostituzione, previsto dall’art. 3, n. 8, l. n. 75 del 1958, la condotta di colui che concede in comodato d’uso ad una prostituta un immobile nella propria disponibilità, nella consapevolezza che la beneficiaria vi eserciterà la prostituzione, in quanto la gratuità del contratto sottintende la preminente finalità di agevolare l’esercizio della prostituzione altrui e ne costituisce diretto ausilio. Cass., sez. III, 3 dicembre 2015 - 1 aprile 2016, n. 13229, CED 266572 3 – Sfruttamento. Il delitto di sfruttamento della prostituzione si consuma nel luogo in cui il soggetto attivo concretamente si avvantaggi dell’attività compiuta dalla vittima, non in quello nel quale quest’ultima si sia prostituita. (Fattispecie relativa a conflitto negativo di competenza). Cass., sez. I, 8 gennaio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 7972, CED 266214 In tema di reati contro la moralità pubblica ed il buon costume, il delitto di sfruttamento della prostituzione, consistendo in qualsiasi consapevole e volontaria partecipazione, anche occasionale, ai guadagni che una persona si procura con il commercio del proprio corpo, può concorrere con quello di favoreggiamento del meretricio, in ragione della diversità dell’elemento materiale, di quello psicologico e del bene giuridico protetto Cass., sez. III, 9 dicembre 2015 - 12 aprile 2016, n. 15069, CED 266630 Non integra il reato di sfruttamento della prostituzione la condotta di colui che offre ad un terzo, in cambio di denaro, l’opportunità di avere rapporti sessuali con una donna, non prostituta che, consenziente al rapporto sessuale, sia, tuttavia, inconsapevole della richiesta di denaro quale corrispettivo delle sue prestazioni. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’atto sessuale diventa atto di prostituzione solo quando il soggetto che fornisce la prestazione assegna alla dazione del proprio corpo una funzione strumentale alla percezione di un’utilità che, anche se corrisposta ad un terzo, richiede l’accordo o, quantomeno, la consapevolezza del fornitore della prestazione). Cass., sez. III, 11 giugno 2015 - 7 luglio 2016, n. 28196, CED 267049 REATI STRADALI Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. — Nuovo codice della strada. 9-ter Divieto di gareggiare in velocità con veicoli a motore. GIURISPRUDENZA 1 Morte come conseguenza del fatto (§ 2). 75 D.lg. 30 aprile 1992, n. 285 1 – Morte come conseguenza del fatto. Il delitto di cui all’art. 9-ter, comma 2, cod. strada, che punisce la violazione del divieto di gareggiare in velocità cui consegua la morte di una o più persone, non costituisce una circostanza aggravante della fattispecie prevista dal comma 1 del citato art. 9-ter ma una fattispecie autonoma di reato nella quale l’evento morte è elemento costitutivo dell’illecito penale. Cass., sez. IV, 14 gennaio 2016 - 21 aprile 2016, n. 16610, CED 266960 In tema di circolazione stradale, il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale non può ritenersi assorbito in quello di partecipazione ad una gara automobilistica non autorizzata cui consegua la morte di una o più APPENDICE LEGISLATIVA persone di cui all’art. 9-ter, comma 2 cod. strada, in tutti i casi in cui risulti che la morte sia conseguenza diretta ed immediata di un’infrazione diversa ed ulteriore rispetto alla violazione del divieto di gareggiare in velocità. (Fattispecie relativa ad una gara non autorizzata nel corso della quale una delle auto, omettendo di rallentare all’ingresso in galleria, aveva tamponato una vettura estranea alla competizione, cagionando il decesso di uno dei passeggeri, in cui la Corte, in applicazione del suddetto principio, riqualificato il reato di cui all’art. 9-ter, comma 2 cod. strada in quello di cui al comma primo del medesimo articolo, ha ritenuto configurabile il concorso con il reato di omicidio colposo di cui all’art. 589 comma 4, c.p.). Cass., sez. IV, 14 gennaio 2016 - 21 aprile 2016, n. 16610, CED 266961 186 Guida sotto l’influenza dell’alcool GIURISPRUDENZA 1Rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcoli metrici (§ 3) 2 Revoca della patente (§ 4) 3 Sospensione della patente (§ 4) 4 Lavoro di pubblica utilità (§ 5) 5 Particolare tenuità del fatto (§ 8) 6 Profili processuali (§ 9). 1 – Rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcoli metrici. Integra il reato di cui all’art. 186, comma 7, C.d.S. (rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici), la condotta di colui che, pur essendosi sottoposto alla prima prova del relativo test, rifiuti di eseguire la seconda, in quanto, ai fini del perfezionamento della fattispecie criminosa in questione, è sufficiente che il soggetto rifiuti di completare l’iter degli accertamenti previsti, i quali constano di due prove da effettuarsi a breve distanza l’una dall’altra. Cass., sez. VI, 8 marzo 2016 - 18 aprile 2016, n. 15967, CED 266994 2 – Revoca della patente. In tema di revoca della patente per il reato di guida in stato di ebbrezza, ai fini della realizzazione della condizione di “recidiva nel biennio”, rileva la data di passaggio in giudicato della sentenza relativa al fatto-reato precedente a quello per cui si procede, e non la data di commissione dello stesso. Cass., sez. IV, 19 maggio 2016 - 23 giugno 2016, n. 26168, CED 267377 3 – Sospensione della patente. È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2-bis cod. strada, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., nella parte in cui non estende ai reati di cui all’art. 186, comma 2 cod. strada, nel caso di patteggiamento, la riduzione fino ad un terzo della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, prevista esclusivamente per il caso di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, atteso che non appare irragionevole la scelta del legislatore di limitare l’estensione di detta riduzione di pena, essendo essa volta ad incentivare il ricorso al rito alternativo, esigenza maggiormente ravvisabile in presenza di reati quali l’omicidio colposo rispetto alla guida in stato di ebbrezza Cass., sez. IV, 27 ottobre 2015 - 2 febbraio 2016, n. 4321 , CED 265941 In tema di guida in stato di ebbrezza, l’appartenenza del veicolo a persona estranea non può qualificarsi quale circostanza aggravante del reato, atteso che tale evenienza non determina alcun effetto sul piano penalistico della fattispecie, ma assume rilievo esclusivamente rispetto alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida ovvero alla esclusione della confisca del mezzo, avente anche essa natura di sanzione amministrativa accessoria. (La Corte, in applicazione del suddetto principio, ha rigettato il ricorso dell’imputato avverso la sentenza di condanna che applicava il raddoppio della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida sebbene fosse stata contestata, quale circostanza aggravante, l’appartenenza a 76 terzi del veicolo). Cass. sez. IV, 23 marzo 2016 - 21 aprile 2016, n. 16647 , CED 266525 La diminuzione fino ad un terzo della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, prevista dall’art. 222, comma 2-bis, cod. strada, deve ritenersi limitata alla sola ipotesi di patteggiamento per il reato di omicidio colposo commesso in violazione della disciplina sulla circolazione stradale e non anche a quello di lesioni colpose. (La Suprema Corte, in motivazione, ha chiarito che tale interpretazione è conforme alla ratio legis della riforma introdotta con la l. 21 febbraio 2006 n. 102, con la quale il legislatore, avendo elevato in modo significativo la durata della sanzione accessoria in relazione al reato di omicidio colposo, ha inteso limitare a tale ipotesi soltanto la diminuzione in esame). Cass., sez. IV, 22 marzo 201 - 8 aprile 2016, n. 14504, CED 266468 4 – Lavoro di pubblica utilità. In tema di guida in stato di ebbrezza, l’estinzione del reato a seguito del positivo espletamento del lavoro di pubblica utilità, presupponendo l’avvenuto accertamento del fatto, non impedisce al giudice di valutarlo in un successivo processo quale precedente specifico ai fini del giudizio circa la “recidiva nel biennio”, prevista dall’art. 186, comma 2, lett. c) cod. strada. Cass., sez. IV, 7 gennaio 2016 - 18 gennaio 2016, n. 1864, CED 265583 5 – Particolare tenuità del fatto. La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p., in quanto configurabile - in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma - ad ogni fattispecie criminosa, è configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile, con il giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di punibilità all’interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati, anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un illecito amministrativo. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n. 13681, CED 266589 La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p., applicabile ad ogni fattispecie criminosa, è compatibile con il reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcoolimetrico, previsto dall’art. 186, comma 7, cod. strada, posto che, accertata la situazione pericolosa e dunque l’offesa, resta pur sempre uno spazio per apprezzare in concreto, alla stregua della manifestazione del reato, ed al solo fine della valutazione della gravità dell’illecito, quale sia lo sfondo fattuale in cui la condotta si iscrive e quale sia, in conseguenza, il possibile impatto pregiudi- D.lg. 8 giugno 2001, n. 231 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO zievole per il bene tutelato. Cass., S.U., 25 febbraio 2016 - 6 aprile 2016, n. 13682, CED 266595 6 – Profili processuali. Ai fini della configurabilità del reato di guida in stato di ebbrezza, qualora lo scontrino dell’alcoltest, oltre a riportare l’indicazione del tasso alcolemico, contenga la dicitura “volume insufficiente”, è necessario accertare, attraverso una compiuta verifica delle modalità di funzionamento della macchina, se l’insufficienza del volume abbia o meno inficiato il risultato del test espresso dai parametri numerici. Cass., sez. IV, 19 febbraio 2016 - 7 giugno 2016, n. 23520, CED 266948 186-bis Guida sotto l’influenza dell’alcool per conducenti di età inferiore a ventuno anni, per i neo-patentati e per chi esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone o di cose. GIURISPRUDENZA 1 In genere. 1 – In genere. In tema di guida in stato di ebbrezza, la disposizione di cui all’art. 186-bis comma 3 cod. strada - che prevede un aumento di pena nel caso in cui le condotte di cui all’art.186, comma 2, lettere a), b) e c) siano poste in essere da conducenti di età inferiore a ventuno anni, da neo-patentati o da chi esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone o di cose - non delinea una autonoma fattispecie incriminatrice rispetto a quella di cui al medesimo art. 186, sicché ad essa è riferibile l’aggravante dell’ora notturna prevista dall’art. 186, comma 2-sexies cod. strada Cass., sez. IV, 16 dicembre 2015 - 8 marzo 2016, n. 9592, CED 266384 187 Guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti GIURISPRUDENZA 1 In genere (§ 1). 1 – In genere. In caso di concorso tra i reati di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti da cui sia derivato un incidente stradale e l’omicidio colposo, trovano simultanea applicazione le fattispecie sanzionatorie previste dagli artt. 187, comma 1-bis, e 222 cod. strada che prevedono la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, attesa la clausola di salvezza che chiude l’art. 187, comma 1-bis, cod. strada. Cass., sez. IV, 19 novembre 2015 - 19 gennaio 2016, n. 1880, CED 265430 189 Comportamento in caso di incidente. GIURISPRUDENZA 1 In genere. 1 – In genere. In tema di circolazione stradale, il reato di mancata prestazione dell’assistenza occorrente in caso di incidente, di cui all’art. 189, comma 7, C.d.s., implica una condotta ulteriore e diversa rispetto a quella del reato di fuga, previsto dal comma 6 del predetto art. 189, non essendo sufficiente la consapevolezza che dall’incidente possano essere derivate conseguenze per le persone, occorrendo invece che un tale pericolo appaia essersi concretizzato, almeno sotto il profilo del dolo eventuale, in effettive lesioni dell’integrità fisica. Cass., sez. IV, 15 marzo 2016 - 1 giugno 2016, n. 23177, CED 266969 RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. — Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300. 8 Autonomia delle responsabilità dell’ente. GIURISPRUDENZA 1 In genere (§ 1). 1 – In genere. In tema di responsabilità da reato degli enti, nella ipotesi di mancata identificazione dell’autore del reato presupposto, può essere affermata la responsabilità dell’ente, ai sensi dell’art. 8 d.lg. n. 231 del 2001, solo quando sia, comunque, individuabile a quale categoria, tra quelle indicate, agli artt. 6 e 7 del medesimo decreto, appartenga l’autore del fatto, e sia, altresì, possibile escludere che questi abbia agito nel suo esclusivo interesse. Cass., sez. VI, 10 novembre 2015 - 7 luglio 2016, n. 28299, CED 267048 17 Riparazione delle conseguenze del reato. GIURISPRUDENZA 1 In genere. 77 D.lg. 8 giugno 2001, n. 231 1 – In genere. In tema di responsabilità da reato degli enti, il risarcimento del danno cui si riferisce l’art. 17, lett. a), d.lg. 8 giugno 2001, n. 231, ai fini della revoca delle misure cautelari interdittive, presuppone l’effettivo versamento agli enti danneggiati delle somme dovute a tale titolo, determinate attraverso preventivi contatti tra le parti contrapposte, ovvero l’attuazione di condotte che garantiscano la presa materiale di tali somme su iniziativa del danneggiato, senza la necessità di una ulteriore collaborazione per la traditio dell’ente. APPENDICE LEGISLATIVA (Nella specie la Corte ha escluso che tale requisito sia integrato dalla costituzione di un trust, dalla previsione in bilancio di un fondo di accantonamento, per importi unilateralmente determinati dalla società senza alcun contatto con gli enti pubblici danneggiati dalle attività di corruzione, e dalla successiva comunicazione di tali adempimenti agli enti medesimi, trattandosi di un meccanismo che posticipa il risarcimento del danno all’esito del giudizio penale. Cass., sez. II, 9 febbraio 2016,- 17 marzo 2016, n. 11209, CED 266427 19 Confisca. GIURISPRUDENZA 1 Nozione di profitto (§ 2). 1 – Nozione di profitto. In tema di responsabilità da reato degli enti collettivi, il profitto del reato oggetto della confisca di cui all’art. 19 del d.lg. n. 231 del 2001 si identifica con il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto, ma, nel caso in cui questo venga consumato nell’ambito di un rapporto sinallagmatico, non può essere ricompresa nel profitto anche l’utilità eventualmente conseguita dal danneggiato in ragione dell’esecuzione da parte dell’ente delle prestazioni che il contratto gli impone. Cass., sez. VI, 22 aprile 2016 - 31 maggio 2016, n. 23013, CED 267065 In tema di responsabilità da reato degli enti, ai fini della confisca prevista dall’art. 19 del D.Lgs. n. 231 del 2001, secondo cui nei confronti dell’ente è disposta la confisca del prezzo o del profitto del reato salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato, deve aversi riguardo, quanto alla possibilità di restituzione, non alla esistenza di una generica garanzia patrimoniale prestata nell’interesse dell’ente responsabile a vantaggio del danneggiato, ma alla possibilità di distaccare concretamente una porzione specificamente individuata - del patrimonio dell’ente, spettante come tale al danneggiato. (Fattispecie in cui la Corte, in relazione al reato di malversazione ai danni dello Stato, ha escluso che, ai fini della confisca di valore, dovesse essere sottratta dall’entità del profitto, costituito dall’importo erogato e distratto, la somma corrispondente alla polizza fideiussoria costituita in favore dell’ente erogante). Cass., sez. VI, 9 febbraio 2016 - 25 marzo 2016, n. 12653, CED 267206 22 Prescrizione. GIURISPRUDENZA 1 Questioni di legittimità costituzionale 2 Dies a quo. 1 – Questioni di legittimità costituzionale. È manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 d.lg. n.231del 2001, per asserito contrasto con gli artt.3, 24, comma secondo, e 111 Cost., in relazione alla presunta irragionevolezza della disciplina della prescrizione prevista per gli illeciti commessi dall’ente-imputato rispetto a quella prevista per gli imputati-persone fisiche, atteso che la diversa natura dell’illecito che determina la responsabilità dell’ente, e l’impossibilità di ricondurre integralmente il sistema di responsabilità ex delicto di cui al d.lg. n. 231 2001 nell’ambito e nella categoria dell’illecito penale, giustificano il regime derogatorio 25-quinquies (1) della disciplina della prescrizione. Cass., sez. VI, 10 novembre 2015 - 7 luglio 2016, n. 28299, CED 267047 2 – Dies a quo. In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, qualora il reato presupposto sia quello di corruzione e alla promessa faccia seguito la dazione, è a tale ultimo momento che deve farsi riferimento ai fini del calcolo della prescrizione dell’illecito amministrativo, trattandosi del momento in cui si verifica la consumazione del reato. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442, CED 266359 Delitti contro la personalità individuale. 1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dalla sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per i delitti di cui agli articoli 600, 601, 602 e 603-bis, (2) la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote; b) per i delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, e 600-quinquies, la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote (3); c) per i delitti di cui agli articoli 600-bis, secondo comma, 600-ter, terzo e quarto comma, e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, nonché per il delitto di cui all’articolo 609-undecies la sanzione pecuniaria da duecento a settecento quote (4). 2. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1, lettere a) e b), si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno. 3. Se l’ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati indicati nel comma 1, si applica la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività ai sensi dell’articolo 16, comma 3. (1) 78 Articolo inserito dall’art. 5 l. 11 agosto 2003, n. 228. D.lg. 8 giugno 2001, n. 231 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO (2) (3) Le parole « , 602 e 603-bis, » sono state sostituite alle parole « e 602, » dall’art. 6 l. 29 ottobre 2016, n. 199. Lettera così modificata dall’art. 10 l. 6 febbraio 2006, n. 38. (4) Lettera così modificata dapprima dall’art. 10 l. n. 38 del 2006, cit., e successivamente dall’art. 31 d.lg. 4 marzo 2014, n. 39, che ha inserito le parole « nonché per il delitto di cui all’articolo 609-undecies ». 28 Trasformazione dell’ente. GIURISPRUDENZA 1 Questioni di legittimità costituzionale. 1 – Questioni di legittimità costituzionale. In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in relazione all’art. 76 Cost., degli artt. da 28 a 33 del d.lg. 8 giugno 2001, n. 231 — che prevedono, in caso di trasformazione o fusione dell’ente, la responsabilità del nuovo soggetto per i reati commessi anteriormente - atteso che tali disposizioni, in quanto volte ad evitare che le operazioni di trasformazione dell’ente si risolvano in agevoli modalità di elusione della responsabilità, risultano coerenti con i criteri direttivi della delega tra cui vi è quello di prevedere sanzioni amministrative effettive, proporzionate e dissuasive. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442, CED 266361 29 Fusione dell’ente. GIURISPRUDENZA 1 Questioni di legittimità costituzionale. 1 – Questioni di legittimità costituzionale. V. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442, CED 266361, riportata supra, sub art. 28. 30 Scissione dell’ente. GIURISPRUDENZA 1 Questioni di legittimità costituzionale. 1 – Questioni di legittimità costituzionale V. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442, CED 266361, riportata supra, sub art. 28. 31 Determinazione delle sanzioni nel caso di fusione o scissione. GIURISPRUDENZA 1 Questioni di legittimità costituzionale. 1 – Questioni di legittimità costituzionale. V. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442, CED 266361, riportata supra, sub art. 28. 32 Rilevanza della fusione o della scissione ai fini della reiterazione. GIURISPRUDENZA 1 Questioni di legittimità costituzionale. 1 – Questioni di legittimità costituzionale. V. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442, CED 266361, riportata supra, sub art. 28. 33 Cessione di azienda. GIURISPRUDENZA 1 Questioni di legittimità costituzionale. 1 – Questioni di legittimità costituzionale. V. Cass., sez. VI, 12 febbraio 2016 - 17 marzo 2016, n. 11442, CED 266361, riportata supra, sub art. 28. 79 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 APPENDICE LEGISLATIVA STUPEFACENTI D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. — Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza. 73 (Legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 14, comma 1). Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope (1). [1. Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000] (2). [1-bis. Con le medesime pene di cui al comma 1 è punito chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene: a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del consiglio dei ministri - Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale (3); b) medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezione A, che eccedono il quantitativo prescritto. In questa ultima ipotesi, le pene suddette sono diminuite da un terzo alla metà] (4). [2. Chiunque, essendo munito dell’autorizzazione di cui all’articolo 17, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nelle tabelle I e II di cui all’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a ventidue anni e con la multa da euro 26.000 a euro 300.000] (5). [2-bis. Le pene di cui al comma 2 si applicano anche nel caso di illecita produzione o commercializzazione delle sostanze chimiche di base e dei precursori di cui alle categorie 1, 2 e 3 dell’allegato I al presente testo unico, utilizzabili nella produzione clandestina delle sostanze stupefacenti o psicotrope previste nelle tabelle di cui all’articolo 14] (6). [3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione] (7). [4. Quando le condotte di cui al comma 1 riguardano i medicinali ricompresi nella tabella II, sezioni A, B, C e D, limitatamente a quelli indicati nel numero 3-bis) della lettera e) del comma 1 dell’articolo 14 (8) e non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 17, si applicano le pene ivi stabilite, diminuite da un terzo alla metà] (9). 5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329 (10). 5-bis. Nell’ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, su richiesta dell’imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste. Con la sentenza il giudice incarica l’Ufficio locale di esecuzione penale esterna di verificare l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. L’Ufficio riferisce periodicamente al giudice. In deroga a quanto disposto dal citato articolo 54 80 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 del decreto legislativo n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata. Esso può essere disposto anche nelle strutture private autorizzate ai sensi dell’articolo 116, previo consenso delle stesse. In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in deroga a quanto previsto dal citato articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, il giudice che procede, o quello dell’esecuzione, con le formalità di cui all’articolo 666 del codice di procedura penale, tenuto conto dell’entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena con conseguente ripristino di quella sostituita. Avverso tale provvedimento di revoca è ammesso ricorso per cassazione, che non ha effetto sospensivo. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di due volte (11). 5-ter. La disposizione di cui al comma 5-bis si applica anche nell’ipotesi di reato diverso da quelli di cui al comma 5, commesso, per una sola volta, da persona tossicodipendente o da assuntore abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope e in relazione alla propria condizione di dipendenza o di assuntore abituale, per il quale il giudice infligga una pena non superiore ad un anno di detenzione, salvo che si tratti di reato previsto dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale o di reato contro la persona (12). 6. Se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro, la pena è aumentata. 7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti (13). 7-bis. Nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, è ordinata la confisca delle cose che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, fatta eccezione per il delitto di cui al comma 5, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto (14). (1) Rubrica sostituita, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. a) d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito dalla l. 21 febbraio 2006, n. 49. Successivamente C cost. 25 febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit., precisando che la disciplina dei reati sugli stupefacenti contenuta nel d.P.R. n. 309 del 1990, nella versione precedente alla novella del 2006, torni ad applicarsi, non essendosi validamente verificato l’effetto abrogativo. Per cui, una volta dichiarata l’illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate rivive l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 nel testo anteriore alle modifiche che prevede un trattamento sanzionatorio più mite, rispetto a quello caducato, per gli illeciti concernenti le c.d. “droghe leggere” – puniti con la pena della reclusione da due a sei anni e della multa, anziché con la pena della reclusione da sei a venti anni e della multa –, mentre stabilisce sanzioni più severe per i reati concernenti le c.d. “droghe pesanti” – puniti con la pena della reclusione da otto a venti anni, anziché con quella da sei a venti anni –. Il testo della rubrica era il seguente: « Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope ». (2) Comma sostituito, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. b) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1. Successivamente C cost. 25 febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit. Il testo del comma 1, come modificato a seguito di referendum popolare, per cui v. nota 1 sub art. 72, ripristinato per effetto di C cost. 25 febbraio 2014, n. 32, è il seguente: « 1. Chiunque senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede o riceve a qualsiasi titolo, distribuisce, commercia, acquista, trasporta, esporta, importa, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo o comunque illecitamente detiene, fuori dalle ipotesi previste dagli articoli 75, sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall’articolo 14, è punito con la reclusione da otto a venti anni e con la multa da lire cinquanta milioni a lire cinquecento milioni ». (3) V. d.m. 11 aprile 2006 (G.U. del 24 aprile 2006, n. 95), che ha fissato i limiti massimi di cui alla lettera a). Tali limiti erano stati modificati dal d.m. 4 agosto 2006 (G.U. del 17 novembre 2006, n. 268), successivamente annullato da TAR Lazio, sez. III-quater, 21 marzo 2007, n. 2487. (4) Comma inserito in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. c) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1. Successivamente C cost. 25 febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit. (5) Comma modificato, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. d) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1. Successivamente C cost. 25 febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit. Il testo del comma 2, ripristinato per effetto di C cost. 25 febbraio 2014, n. 32, è il seguente: « 2. Chiunque, essendo munito dell’autorizzazione di cui all’articolo 17, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nel comma 1, è punito con la reclusione da otto a ventidue anni e con la multa da lire cinquanta milioni a lire seicento milioni ». (6) Comma dapprima inserito, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. e) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1, e successivamente abrogato dall’art. 1 comma 1 lett. b) d.lg. 24 marzo 2011, n. 50. (7) Comma sostituito, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. f) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1. Successivamente C cost. 25 febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit. Il testo del comma 3, ripristinato per effetto di C cost. 25 febbraio 2014, n. 32, è il seguente: 81 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 APPENDICE LEGISLATIVA « 3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione ». (8) Le parole da « , C » a « dell’articolo 14 » sono state sostituite alle parole « e C, di cui all’articolo 14 » dall’art. 10 comma 1 lett. s) l. 15 marzo 2010, n. 38. (9) Comma sostituito, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. f) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1. Successivamente C cost. 25 febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit. Il testo del comma 4, ripristinato per effetto di C cost. 25 febbraio 2014, n. 32, è il seguente: « 4. Se taluno dei fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 riguarda sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV previste dall’articolo 14, si applicano la reclusione da due e sei anni e la multa da lire dieci milioni a lire centocinquanta milioni ». (10) Comma da ultimo così sostituito dall’art. 1 comma 24-ter lett. a) d.l. 20 marzo 2014, n. 36, conv., con modif., in l. 16 maggio 2014, n. 79, in sede di conversione. Il testo del comma, come sostituito dall’art. 2 comma 1 lett. a) d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, conv., con modif., in l. 21 febbraio 2014, n. 10, era il seguente: « 5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000 ». Precedentemente il comma era stato sostituito, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. f) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1, con la seguente formulazione: « 5. Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000 ». Peraltro C cost. 25 febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit. Il testo originario del comma era il seguente: « 5. Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall’articolo 14, ovvero le pene della reclusione da sei mesi a quattro anno e della multa da lire due milioni a lire venti milioni se si tratta di sostanze di cui alle tabelle II e IV ». (11) Comma dapprima inserito, in sede di conversione, dall’art. 4-bis comma 1 lett. g) d.l. n. 272 del 2005, citato nella nota 1. Successivamente C cost. 25 febbraio 2014, n. 32 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272, cit. Infine l’art. 1 comma 24-ter lett. b) d.l. n. 36, cit., in sede di conversione, ha nuovamente disposto l’inserimento del presente comma. (12) Comma aggiunto dall’art. 3 d.l. 1° luglio 2013, n. 78, conv., con modif., in l. 9 agosto 2013, n. 94, come modificato in sede di conversione. Il comma, come introdotto nel testo originario del d.l. n. 78, cit., era così formulato: « 5-ter. La disposizione di cui al comma 5-bis si applica anche nell’ipotesi di altri reati commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, salvo che si tratti di quelli previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale ». (13) Si riportano qui di seguito gli artt. 71 e 72 l. 22 dicembre 1975, n. 685, nel testo antecedente alla relativa sostituzione operata rispettivamente dagli artt. 14 e 15, l. 26 giugno 1990, n. 162: « Art. 71. (Attività illecite). — Chiunque, senza autorizzazione, produce, fabbrica, estrae, offre, pone in vendita, distribuisce, acquista, cede o riceve a qualsiasi titolo, procura ad altri, trasporta, importa, esporta passa in transito o illecitamente detiene, fuori delle ipotesi previste dagli artt. 72 e 80, sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui alle Tabb. I e III, previste dall’art. 12, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni e con la multa da lire 3 milioni a lire 100 milioni. — Chiunque, essendo munito dell’autorizzazione di cui all’art. 15, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nel precedente comma, è punito con la reclusione da quattro a diciotto anni e con la multa da lire 10 milioni a lire 100 milioni. — Le stesse pene si applicano a chiunque fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione. — Se taluno dei fatti previsti dai precedenti commi riguarda sostanze stupefacenti o psicotrope classificate nelle Tabb. II e IV, di cui all’art. 12, si applicano la reclusione da due a sei anni e la multa da lire 2 milioni a lire 50 milioni ». « Art. 72. (Altre attività illecite). — Chiunque, fuori dalle ipotesi previste dall’art. 80, senza autorizzazione o comunque illecitamente, detiene, trasporta, offre, acquista, pone in vendita, vende, distribuisce o cede, a qualsiasi titolo, anche gratuito, modiche quantità di sostanze stupefacenti o psicotrope classificate nelle Tabb. I e III, previste dall’art. 12, per uso personale non terapeutico di terzi, è unito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire 100.000 a lire 8 milioni. — Se taluno dei fatti previsti dal primo comma riguarda modiche quantità di sostanze stupefacenti o psicotrope classificate nelle Tabb. II e IV, previste dall’art. 12, si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da lire 100.000 a lire 6 milioni ». (14) Comma aggiunto dall’art. 4 comma 1 lett. a) d.lg. 29 ottobre 2016, n. 202. GIURISPRUDENZA 1 Natura della sostanza (§ 2) 2 Coltivazione(§ 3 b) 3 Fatto di lieve entità (§ 7) intertemporale (§ 8) 5 Attenuante del ravvedimento operoso (§ 10) 6 Profili processuali (§ 15). 1 – Natura della sostanza In tema di stupefacenti, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, pur potendosi prescindere dall’accertamento dell’entità del principio attivo presente nella sostanza oggetto di contestazione, è necessario dimostrare che questa abbia in concreto effetto drogante ovvero sia in grado di produrre alterazioni psico-fisiche. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza di condanna in quanto fondata esclusivamente sull’accertamento della tipologia di stupefacente e del dato ponderale lordo). Cass., sez. IV 27 ottobre 2015 - 2 febbraio 2016, n. 4324, CED 265976 2 – Coltivazione Deve escludersi la sussistenza del reato di coltivazione non autorizzata di piante da cui sono ricavabili sostanze stupefacenti qualora il giudice accerti l’inoffensività in concreto della condotta, per essere questa di tale minima entità da rendere sostanzialmente irrilevante l’aumento di disponibilità di droga e non prospettabile 82 4 Diritto alcun pericolo di ulteriore diffusione di essa. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso il reato per la coltivazione di due piante di canapa indiana e la detenzione di 20 foglie della medesima pianta, in presenza di una produzione che, pur raggiungendo la soglia drogante, era “assolutamente minima”.) Cass., sez. VI, 10 novembre 2015 - 9 febbraio 2016, n. 5254, CED 265641 Ai fini della configurabilità della condotta di coltivazione di piante stupefacenti, non è sufficiente l’accertamento della loro conformità al tipo botanico previsto e della loro attitudine futura a giungere a maturazione e produrre sostanza stupefacente, dovendosi invece verificare l’offensività in concreto della condotta, intesa come prova della effettiva ed attuale capacità a produrre un effetto drogante rilevabile nell’immediatezza. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato con rinvio la pronuncia di merito, constatata la mancata verifica della quantità di principio attivo ricavabile da nove piantine di “cannabis indica” non giunte a maturazione). Cass., sez. VI, 21 ottobre 2015 - 21 gennaio 2016, n. 2618, CED 265640 La punibilità per la coltivazione non autorizzata di piante da cui ADDENDA DI AGGIORNAMENTO sono estraibili sostanze stupefacenti va esclusa soltanto se il giudice ne accerti l’inoffensività “in concreto”, ovvero quando la condotta sia così trascurabile da rendere sostanzialmente irrilevante l’aumento di disponibilità della droga e non prospettabile alcun pericolo di ulteriore diffusione di essa. (In motivazione la Corte ha precisato che non è sufficiente considerare il solo dato quantitativo di principio attivo ricavabile dalle singole piante, dovendosi valutare anche l’estensione e il livello di strutturazione della coltivazione, al fine di verificare se da essa possa derivare o meno una produzione potenzialmente idonea ad incrementare il mercato). Cass., sez. IV, 19 gennaio 2016 - 29 gennaio 2016, n. 3787, CED 265740 Ai fini della configurabilità del reato di coltivazione di piante stupefacenti, non è sufficiente l’accertamento della loro conformità al tipo botanico vietato, dovendosi invece accertare l’offensività in concreto della condotta, intesa come effettiva ed attuale capacità della sostanza ricavata o ricavabile a produrre un effetto drogante e come concreto pericolo di aumento di disponibilità dello stupefacente e di ulteriore diffusione dello stesso. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato senza rinvio la pronuncia di condanna relativa alla coltivazione di una pianta di cannabis indica, da cui sono risultati ricavabili gr. 0,345 di principio attivo). Cass., sez. VI, 17 febbraio 2016 - 26 febbraio 2016, n. 8058, CED 266168 Ai fini della punibilità della coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività della condotta consiste nella sua idoneità a produrre la sostanza per il consumo, sicché non rileva la quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, ma la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente, cosicché l’offensività deve essere esclusa soltanto quando la sostanza ricavabile risulti priva della capacità ad esercitare, anche in misura minima, effetto psicotropo. Cass., sez. III, 23 febbraio 2016,- 9 giugno 2016, n. 23881, CED 267382 Ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività della condotta non è esclusa dal mancato compimento del processo di maturazione dei vegetali, neppure quando risulti l’assenza di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, se gli arbusti sono prevedibilmente in grado di rendere, all’esito di un fisiologico sviluppo, quantità significative di prodotto dotato di effetti droganti, in quanto il “coltivare” è attività che si riferisce all’intero ciclo evolutivo dell’organismo biologico. (Fattispecie in tema di coltivazione cd. domestica di nove piantine di marijuana che avevano già prodotto 60 mg di sostanza, pari a poco più di due dosi singole, ed in cui la S.C. ha precisato che la quantità di produzione potenziale avrebbe potuto essere di non modesta entità, a nulla rilevando la dedotta circostanza della destinazione della sostanza ad uso personale terapeutico). Cass., sez. VI, 10 febbraio 2016 - 11 marzo 2016, n. 10169, CED 266513 Ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività della condotta non è esclusa dal mancato compimento del processo di maturazione dei vegetali, neppure quando risulti l’assenza di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, se gli arbusti sono prevedibilmente in grado di rendere, all’esito di un fisiologico sviluppo, quantità significative di prodotto dotato di effetti droganti, in quanto il “coltivare” è attività che si riferisce all’intero ciclo evolutivo dell’organismo biologico. (In applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione pronunciata in una fattispecie relativa a coltivazione di piante di marijuana in fase di iniziale fioritura e dunque prive di principio attivo). Cass., sez. VI, 10 maggio 2016 - 16 giugno 2016, n. 25057, CED 266974 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 L’art. 131-bis c.p. ed il principio di inoffensività in concreto operano su piani distinti, presupponendo, il primo, un reato perfezionato in tutti i suoi elementi, compresa l’offensività, benché di consistenza talmente minima da ritenersi “irrilevante” ai fini della punibilità, ed attenendo, il secondo, al caso in cui l’offesa manchi del tutto, escludendo la tipicità normativa e la stessa sussistenza del reato. (Fattispecie in tema di coltivazione di piante stupefacenti). Cass., sez. VI, 10 novembre 2015 - 9 febbraio 2016, n. 5254, CED 265642 3 – Fatto di lieve entità, In tema di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, la qualificazione del fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, d. P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non è in contrasto con il diniego delle circostanze attenuanti generiche. Cass., sez. III, 17 novembre 2015 - 1 febbraio 2016, n. 4071, CED 265712 Non viola il principio del divieto di reformatio in pejus previsto dall’art. 597, comma 3, c.p.p.la sentenza di secondo grado che, nell’ipotesi di successione di legge più favorevole, nel riformare la pronuncia di primo grado - impugnata dal solo imputato — che aveva determinato la pena partendo dal minimo edittale, abbia ridotto la pena in termini assoluti, pur non attestandosi allo stesso punto della forbice edittale da cui si era mosso il giudice di primo grado. (Fattispecie in tema di cessione di sostanze stupefacenti di lieve entità nella quale la Corte, nel rigettare il ricorso dell’imputato, ha ritenuto corretta la rimodulazione della pena operata dalla Corte d’appello in base alla nuova fattispecie, più favorevole, introdotta dal D.L. n. 36 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 79 del 2014, nonostante non avesse preso come riferimento il nuovo più favorevole minimo edittale). Cass., sez. III, 3 dicembre 2015 - 1 aprile 2016, n. 13223, CED 266767 In tema di stupefacenti, la reviviscenza per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 del trattamento sanzionatorio differenziato originariamente previsto per le diverse tipologie di droghe, non incide sulla legalità della pena comminata per un’unica condotta di illecita detenzione promiscua di droghe, pesanti e leggere, nella riconosciuta ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5. (In motivazione, la S.C. ha evidenziato che, in questo caso, il condannato ha tratto beneficio dall’assenza, all’epoca del fatto, di un regime edittale autonomo per la detenzione di sostanze di tipo leggero rispetto alla concorrente detenzione di sostanze di tipo pesante ed evitato, così, l’aggravio sanzionatorio a norma degli artt. 71 ss. c.p.) Cass., sez. I, 4 novembre 2015 - 12 gennaio 2016, n. 885, CED 265719 Ai fini del riconoscimento dell’ipotesi lieve prevista dall’art. 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, quando ricorre la contestuale detenzione spazio-temporale di sostanze stupefacenti di diversa natura, deve effettuarsi un’unica, complessiva valutazione della condotta illecita. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso il riconoscimento dell’ipotesi lieve con riferimento alla condotta di detenzione di droga "pesante", unitamente ad una rilevante quantità di droga leggera). Cass. sez. IV, 25 maggio 2016 - 8 luglio 2016, n. 28561, CED 267438 4 – Diritto intertemporale. La sopravvenienza normativa che incida sul trattamento sanzionatorio di un reato, intervenuta in sede di legittimità, impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata per la rimodulazione del trattamento sanzionatorio, anche qualora in concreto la pena inflitta risulti compresa all’interno della nuova forbice edittale, in quanto la commisurazione in concreto della pena è operazione condizionata dalla pena prevista in astratto, talché la valutazione giudiziale può cambiare per effetto del mutamento dei limiti edittali previsti dalla legge. (Fattispecie in tema di stupefa83 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 centi). Cass., sez. II, 18 novembre 2015 - 21 gennaio 2016, n. 2702, CED 265822 In tema di stupefacenti, il giudice di appello o di rinvio che procede alla rideterminazione della pena in applicazione della disciplina più favorevole determinatasi per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, con riferimento al trattamento sanzionatorio originariamente previsto dall’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 per le cosiddette “droghe leggere”, deve tenere conto dei parametri di cui all’art. 133 c.p. e rivalutarli in relazione ai nuovi limiti edittali, con il solo limite costituito dal divieto di sovvertire il giudizio di disvalore espresso dal precedente giudice. (In motivazione la Corte di cassazione ha escluso che, in sede di rideterminazione, il giudice debba seguire un criterio proporzionale di tipo aritmetico correlato alla pena calcolata prima della declaratoria di incostituzionalità). Cass., sez. VI, 9 febbraio 2016 - 22 febbraio 2016, n. 6850, CED 266105 È inammissibile l’istanza rivolta al giudice dell’esecuzione per la rideterminazione della pena illegale, derivante da dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, quando quest’ultimo, al momento della pronuncia su tale istanza, è stato interamente eseguito e il condannato ha già scontato la pena, poiché in tal caso si sono prodotti effetti irreversibili, con la conseguenza che l’eventuale rideterminazione finalizzata a future richieste risarcitorie per ingiusta detenzione è questione che deve essere risolta dal giudice competente a conoscere di tale richiesta, anche in via incidentale. (Fattispecie relativa alla dichiarazione di incostituzionalità della disciplina sugli stupefacenti ad opera della n. 32del 2014 Corte cost.). Cass., sez. V, 12 gennaio 2016 - 13 aprile 2016, n. 15362, CED 266564 In tema di stupefacenti, il giudice dell’esecuzione che procede alla rideterminazione della pena in applicazione della disciplina più favorevole determinatasi per le c.d. “droghe leggere” per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 32del 2014, non può revocare la sanzione accessoria del ritiro della patente di guida inflitta ai sensi dell’art. 85 d.P.R. 309 del 1990, disposizione attualmente in vigore nella sua originaria formulazione, né può modificare la suddetta sanzione accessoria qualora nella sentenza di condanna il giudice della cognizione abbia adeguatamente motivato il proprio convincimento in ordine alla specie e alla durata della sanzione accessoria e questa sia, in relazione alla pena principale rideterminata, conforme al parametro legale. Cass., sez. I, 10 febbraio 2016 - 24 giugno 2016, n. 26557, CED 267254 In materia di stupefacenti, al giudice dell’esecuzione, investito di richiesta di riqualificazione della condotta in termini di indicazione della quantità e qualità della sostanza detenuta illecitamente e di coeva richiesta di rideterminazione della pena - perché asseritamente illegale, in conseguenza della pronuncia n. 32/14 della Corte costituzionale - non è attribuito alcun potere di rivisitazione del reato così come ritenuto nella sentenza definitiva, né gli è consentito accertare l’esatta qualità dello stupefacente detenuto dal condannato, se non nei ristretti limiti previsti dall’art. 666, comma 5, c.p.p., che permette al giudice dell’esecuzione di richiedere documenti e/o informazioni necessarie ai soli fini della decisione di questioni proprie della fase esecutiva. (Fattispecie di patteggiamento, nella quale la Corte ha precisato che i poteri di interpretazione del giudicato e di esame degli atti essenziali a tale scopo sono riconosciuti al giudice dell’esecuzione nella sola ipotesi di istanza di revoca della sentenza per dedotta sopravvenuta abolizione del reato). Cass., sez. III, 18 marzo 2015 - 7 marzo 2016, n. 9220, CED 266447 Per i delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, l’aumento di pena calcolato a titolo di continuazione per i reatisatellite in relazione alle così dette “droghe leggere” deve essere 84 APPENDICE LEGISLATIVA oggetto di specifica rivalutazione da parte dei giudici del merito, alla luce della più favorevole cornice edittale applicabile per tali violazioni, a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, che ha dichiarato la incostituzionalità degli artt. 4-bis e 4-vicies ter della l. 21 febbraio 2006, n. 49 - che ha convertito il d.l. 30 dicembre 2005, n. 272 - e ha determinato, in merito, la reviviscenza della più favorevole disciplina anteriormente vigente. Cass., S.U., 26 febbraio 2015 - 28 maggio 2015, n. 22471, Sebbar, CED 263717 È illegale la pena determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione che si sia basato, per le droghe cosiddette “leggere”, sui limiti edittali dell’art. 73 d.P.R. 309/1990 come modificato dalla legge n. 49 del 2006, in vigore al momento del fatto, ma dichiarato successivamente incostituzionale con sentenza n. 32 del 2014, anche nel caso in cui la pena concretamente inflitta sia compresa entro i limiti edittali previsti dall’originaria formulazione del medesimo articolo, prima della novella del 2006, rivissuto per effetto della stessa sentenza di incostituzionalità. Cass., S.U., 26 febbraio 2015 - 28 luglio 2015, n. 33040, Jazouli, CED 264205 Nella sentenza di patteggiamento l’illegalità sopraggiunta della pena - concordata sulla base dei parametri edittali dettati per le cosiddette “droghe leggere” dall’art. 73 d.P.R. 309/1990 come modificato dalla legge n. 49 del 2006, in vigore al momento del fatto ma dichiarato successivamente incostituzionale con la sentenza n. 32 del 2014 - determina la nullità dell’accordo e la Corte di cassazione deve annullare senza rinvio la sentenza basata su tale accordo. Cass., S.U., 26 febbraio 2015 - 28 luglio 2015, n. 33040, Jazouli, CED 264206 5 – Attenuante del ravvedimento operoso. In tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, ai fini della applicazione dell’attenuante del ravvedimento operoso di cui all’art. 73, comma settimo, d.P.R. n. 309 del 1990, è necessario che i dati forniti siano nuovi, oggettivamente utili e costituiscano tutte le conoscenze a disposizione del dichiarante. Cass., sez. VI, 24 marzo 2016 - 18 aprile 2016, n. 15977, CED 266998 6 – Profili processuali. In caso di concorso di persone nel reato, ai fini della sussistenza della giurisdizione penale dello Stato italiano e per la punibilità di tutti i concorrenti, è sufficiente che nel territorio dello Stato sia stata posta in essere una qualsiasi attività di partecipazione da parte di uno qualsiasi dei concorrenti. (Fattispecie in tema di tentata importazione in Italia di sostanze stupefacenti, sequestrate in Croazia durante le operazioni di trasporto, in cui l’ordine di acquisto era stato effettuato da soggetto che si trovava in Italia, e che avrebbe dovuto ricevere lo stupefacente a Milano). Cass., sez. III, 18 febbraio 2016 - 21 marzo 2016, n. 11664, CED 266320 Ai fini della determinazione della competenza per territorio, occorre fare riferimento al luogo di compimento della prima delle condotte addebitate e, laddove tale luogo non sia identificato o identificabile, la competenza deve essere individuata facendo richiamo ai criteri suppletivi stabiliti dall’art. 9 c.p.p.(Nella fattispecie, relativa alla cessione di droga, essendo l’accordo criminoso per l’acquisto avvenuto per telefono e non potendosi individuare il luogo di realizzazione della condotta, la Corte ha ritenuto legittimo il ricorso ai criteri di cui all’art. 9 c.p.p.). Cass., sez. IV, 3 marzo 2016 - 14 giugno 2016, n. 24719, CED 267227 Le perquisizioni che la polizia giudiziaria, nel caso di sospetto di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, è legittimata a compiere in forza del disposto dell’art. 103 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non presuppongono necessariamente la commissione di un reato, ma possono essere effettuate sulla base di notizie confidenzialmente apprese, senza obbligo di avvertire la persona sottoposta a controllo del diritto all’assistenza di un difensore; in ogni caso, ADDENDA DI AGGIORNAMENTO anche se effettuate illegittimamente, non rendono illegittimo l’eventuale sequestro dello stupefacente e delle altre cose pertinenti al reato rinvenute all’esito della perquisizione. Cass., sez. III, 17 febbraio 2016 - 10 maggio 2016, n. 19365, CED 266580 Ai fini dell’adozione della misura cautelare del sequestro preventivo delle cose “pertinenti al reato” finalizzato ad evitare la protrazione del reato, non è necessario accertare, a differenza di quanto richiesto per il sequestro ai fini di confisca, l’esistenza di un collegamento strutturale fra il bene da sequestrare e il reato commesso, in quanto la “pertinenza” richiesta dal primo comma dell’art. 321 c.p.p. comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa. (In applicazione del principio, la Corte ha rigettato il ricorso avverso sequestro preventivo, a fini impeditivi, di vettura abitualmente adoperata per attività di cessione di stupefacente). Cass., sez. III, 17 novembre 2015 - 4 marzo 2016, n. 9149, CED 266454 In tema di esigenze cautelari, l’art. 274, lett. c), c.p.p., nel testo introdotto dalla l. 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale, per cui è onere del giudice motivare sulle ragioni per cui ritiene sussistenti entrambi i presupposti per l’applicazione od il mantenimento di una misura. (Nella fattispecie, nei confronti dell’imputato è stata riconosciuta non solo la concretezza, ma anche l’attualità del pericolo di reiterazione del reato di spaccio di stupefacenti alla luce del quantitativo non minimale della droga acquistata e venduta, nonchè del suo stato di tossicodipendenza e della conseguente continua necessità di garantirsi - stante l’assenza di fonti di reddito lecite - il denaro necessario per il fabbisogno personale anche mediante cessioni a terzi). Cass., sez. III, 17 febbraio 2016 - 31 marzo 2016, n. 12921, CED 266425 Ai fini dell’individuazione dell’esigenza cautelare costituita dal pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, di cui all’art. 274, lett. c), c.p.p., come modificato dalla l. n. 47del 2015, la pericolosità sociale dell’indagato è desunta congiuntamente dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla sua personalità. (Nella fattispecie, la Corte ha affermato che costituisce concreto e specifico elemento fattuale, idoneo a comprovare il pericolo di recidivanza, la circostanza che l’autore del fatto abbia dotato l’autovettura utilizzata per il trasporto di stupefacente di una telecamera che consente il monitoraggio dell’ambiente esterno,benché momentaneamente disattivata). Cass., sez. III, 2 dicembre 2015 - 14 gennaio 2016, n. 1166, CED 266177 In tema di misure cautelari coercitive personali, il requisito dell’attualità del pericolo di recidiva, introdotto all’art. 274 c.p.p.. D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 dalla l. n. 47 del 2015 assume rilevanza, con riferimento al tempo trascorso dal fatto contestato ed alle peculiarità della vicenda cautelare, non solo al momento della adozione della misura, ma, altresì, ai fini della valutazione della permanenza dell’adeguatezza della misura applicata. (Fattispecie relativa ad importazione di ingente quantità di sostanza stupefacente, nella quale la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di rigetto dell’istanza di sostituzione della misura custodiale, in cui si era osservato che la particolare consistenza della attualità del pericolo di recidiva, che aveva giustificato l’applicazione della custodia in carcere, non era venuta meno nonostante il tempo trascorso, stante la rilevantissima gravità dei reati commessi e la mancata prospettazione, da parte della difesa, di elementi concreti di segno contrario). Cass., sez. III, 18 dicembre 2015 - 18 aprile 2016, n. 15925, CED 266829 L’esclusione dai benefici penitenziari operata dall’art. 4-bis della l. n. 354 del 1975, non riguarda l’ipotesi di condanna per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope costituita per commettere fatti di lieve entità, in quanto per effetto del richiamo, effettuato dall’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990, all’art. 416 c.p.- da intendersi non limitato al solo regime sanzionatorio - si applica la stessa disciplina stabilita per quest’ultima fattispecie. Cass., sez. I, 28 gennaio 2016 - 22 febbraio 2016, n. 6830, CED 266240 Il giudice dell’esecuzione, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2012, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, comma 4, c.p., nella parte in cui vietava di valutare prevalente la circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sulla recidiva di cui all’art. 99, comma 4, c.p., può affermare la prevalenza dell’attenuante anche compiendo attività di accertamento, sempre che tale valutazione non sia stata esclusa dal giudice della cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali; tuttavia, nel rideterminare la pena, deve attenersi ai limiti derivanti dai principi in materia di successione di leggi penali nel tempo, che inibiscono l’applicazione di norme più favorevoli eventualmente medio tempore approvate dal legislatore. Cass. S.U., 29 maggio 2014 - 14 ottobre 2014, n. 42858, Gatto, CED 260698 Ai fini della determinazione della competenza per territorio in ordine al delitto di importazione nel territorio dello Stato di sostanze stupefacenti mediante nave, si deve avere riguardo – trattandosi di reato di carattere istantaneo – al momento della consumazione che coincide con il luogo di primo attracco della nave, a nulla rilevando la successiva condotta di sdoganamento, trattandosi di una vicenda amministrativa che, a seconda delle modalità criminose prescelte, può seguire o meno il momento consumativo. Cass., sez. IV, 3 maggio 2016 - 17 giugno 2016, n. 25247, CED 267520) 74 (Legge 26 giugno 1990, n. 162, artt. 14, comma 1, e 38, comma 2). Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope. 1. Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall’articolo 70, commi 4, 6 e 10, escluse le operazioni relative alle sostanze di cui alla categoria III dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005, ovvero dall’articolo 73 (1), chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l’associazione è punito per ciò solo con la reclusione non inferiore a venti anni. 2. Chi partecipa all’associazione è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni. 3. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più o se tra i partecipanti vi sono persone dedite all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope. 4. Se l’associazione è armata la pena, nei casi indicati dai commi 1 e 3, non può essere inferiore a ventiquattro anni di reclusione e, nel caso previsto dal comma 2, a dodici anni di reclusione. L’asso85 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 APPENDICE LEGISLATIVA ciazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito. 5. La pena è aumentata se ricorre la circostanza di cui alla lettera e) del comma 1 dell’articolo 80. 6. Se l’associazione è costituita per commettere i fatti descritti dal comma 5 dell’articolo 73, si applicano il primo e il secondo comma dell’articolo 416 del codice penale. 7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all’associazione risorse decisive per la commissione dei delitti. 7-bis. Nei confronti del condannato è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e dei beni che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto (2). 8. Quando in leggi e decreti è richiamato il reato previsto dall’articolo 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, abrogato dall’articolo 38, comma 1, della legge 26 giugno 1990, n. 162, il richiamo si intende riferito al presente articolo. (1) Le parole « dall’articolo 70, commi 4, 6 e 10, escluse le operazioni relative alle sostanze di cui alla categoria III dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005, ovvero dall’articolo 73 » sono state sostituite alle parole « dall’articolo 73 » dall’art. 1 comma 1 lett. c) d.lg. 24 marzo 2011, n. 50. (2) Comma aggiunto dall’art. 4 comma 1 lett. b) d.lg. 29 ottobre 2016, n. 202. GIURISPRUDENZA processuali (§ 8). 1 Concetto di associazione(§ 1) 2 Associazione finalizzata a fatti di lieve entità (§ 7) 3 Profili 1 – Concetto di associazione. Per la configurabilità di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti non è necessaria l’esistenza di una struttura di tipo verticistico, ma è sufficiente un minimo sostrato organizzativo, anche “orizzontale”, purché strumentale alla realizzazione di uno scopo che si proietta oltre la consumazione dei singoli reati-fine Cass., sez. III, 6 novembre 2015 - 8 marzo 2016, n. 9457, CED 266286 Ai fini della configurabilità del delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti è sufficiente l’esistenza tra i singoli partecipi di una durevole comunanza di scopo, costituito dall’interesse ad immettere sostanza stupefacente sul mercato del consumo, non essendo di ostacolo alla costituzione del rapporto associativo la diversità degli scopi personali e degli utili che i singoli partecipi, fornitori ed acquirenti si propongono di ottenere dallo svolgimento della complessiva attività criminale. Cass., sez. IV, 16 dicembre 2015 - 3 febbraio 2016, n. 4497, CED 265945 L’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti sussiste anche quando sia rilevabile un vincolo durevole che accomuna il fornitore di droga e gli spacciatori acquirenti che in via continuativa la ricevono per immetterla nel mercato del consumo, non essendo di ostacolo per la costituzione del vincolo associativo e la realizzazione del fine comune, la diversità degli scopi personali e degli interessi economici perseguiti dai singoli partecipi, sempre che si accerti che le condotte siano poste in essere con la consapevolezza dell’esistenza di risorse dell’organizzazione su cui contare, e con la coscienza e volontà di far parte del sodalizio e di contribuire, con la propria azione, al suo mantenimento). Cass., sez. II, 10 febbraio 2016 - 14 marzo 2016, n. 10468, CED 266405 Integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità a fornire le sostanze di cui il sodalizio fa traffico, tale da determinare un durevole, ancorché non esclusivo, rapporto tra fornitore e spacciatori al minuto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi l’ordinanza del tribunale del riesame che, ai fini della prova dell’inserimento organico nell’associazione in qualità di fornitore dell’indagato, aveva valorizzato la quantità e la 86 periodicità dei rapporti, ancorché non esclusivi, e la regolare cadenza degli acquisti in conseguenza dei quali gli acquirenti potevano contare su una fonte di approvvigionamento ed i fornitori su una linea di smercio fondamentale per i propri guadagni). Cass., sez. VI, 29 ottobre 2015 - 8 gennaio 2016, n. 566, CED 265764 Integra il delitto di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti la condotta del soggetto acquirente di droga che, in presenza di un vincolo durevole che lo accomuni con il fornitore, riceve in via continuativa la droga da immettere nel mercato del consumo secondo regole predeterminate relative alle modalità di fornitura e di pagamento della sostanza stupefacente. Cass., sez. VI, 29 ottobre 2015 - 8 gennaio 2016, n. 564, CED 265763 In tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, anche il coinvolgimento in un solo reato-fine può integrare l’elemento oggettivo della partecipazione, laddove le connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi dell’organizzazione per commettere il fatto, ne riveli, secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico in funzione delle dinamiche operative e della crescita criminale dell’associazione. (Conf. sent. n. 1346 2016,, non mass.). Cass., sez. VI, 4 novembre 2015 - 14 gennaio 2016, n. 1343, CED 265890 L’elemento che caratterizza l’associazione di tipo mafioso rispetto all’associazione dedita al narcotraffico, in presenza del quale può configurarsi il concorso tra i due delitti, è costituito non tanto dal fine di commettere altri reati, quanto dal profilo programmatico dell’utilizzo del metodo, che, nell’associazione di cui all’art. 416 — bis c.p., ha una portata non limitata al traffico di sostanze stupefacenti, ma si proietta sull’imposizione di una sfera di dominio in cui si inseriscono la commissione di delitti, l’acquisizione della gestione di attività economiche, di concessioni, appalti e servizi pubblici, l’impedimento o l’ostacolo al libero esercizio di voto, il procacciamento del voto in consultazioni elettorali Cass., sez. VI, 29 ottobre 2015 - 8 gennaio 2016, n. 563, CED 265762 Ai fini della configurabilità dell’aggravante della transnazionalità, prevista dall’art. 4 della legge n. 146 del 2006, è necessario che alla consumazione del reato transnazionale contribuisca consapevolmente un gruppo criminale organizzato, che sussiste in presenza D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 ADDENDA DI AGGIORNAMENTO della stabilità dei rapporti fra gli adepti, di una organizzazione seppur minimale, della non occasionalità o estemporaneità della stessa, e della finalizzazione alla realizzazione anche di un solo reato e al conseguimento di un vantaggio finanziario o comunque materiale. (Fattispecie in tema di traffico internazionale di stupefacenti in cui la S.C. ha riconosciuto l’aggravante nel fatto che il trasporto aereo della droga dal Sudamerica era stabilmente pianificato dallo stesso gruppo di soggetti in contatto costante con l’imputato, i quali avevano il compito di farla transitare, prima dell’arrivo in Italia, presso Paesi terzi al fine di vanificare le attività investigative. Cass., sez. III, 19 aprile 2016 - 9 giugno 2016, n. 23896, CED 267440 2 – Associazione finalizzata a fatti di lieve entità. La fattispecie associativa prevista dall’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990 è configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali ed operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art.73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990. (In motivazione, la Corte ha escluso la sussistenza dell’associazione minore valorizzando la concreta capacità operativa, il numero delle condotte, la diversa tipologia di sostanze trattate ed il quantitativo delle cessioni). Cass., sez. VI, 19 gennaio 2016 - 24 marzo 2016, n. 12537, CED 267267 In materia di stupefacenti, in caso di condanna per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità di cui all’ art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non può essere disposta la confisca di beni ai sensi dell’art. 12-sexies, comma 1, della l. 7 agosto 1992, n. 356, potendo il giudice solo disporre la confisca ex art. 240 c.p. qualora si tratti di beni ritenuti profitto o prodotto del reato. Cass., sez. III, 11 giugno 2015 - 6 luglio 2016, n. 27770, CED 267226 3 – Profili processuali. In tema di competenza per territorio, l’art. 51, comma 3-bis, c.p.p. prevede, limitatamente ai reati in esso contemplati, una deroga assoluta ed esclusiva agli ordinari criteri di determinazione della competenza sicché, in caso di concorso tra il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e altri reati in materia di stupefacenti, consumati in distretti diversi, é competente il giudice del luogo di consumazione del reato associativo Cass., sez. IV, 9 dicembre 2015 - 3 febbraio 2016, n. 4484, CED 265944 La violazione del principio di correlazione tra l’accusa e l’accertamento contenuto in sentenza si verifica solo quando il fatto accertato si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale tale da recare un reale pregiudizio dei diritti della difesa. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso il difetto di correlazione tra l’accusa all’imputato di aver svolto la propria attività criminale all’interno di una più ristretta associazione affiliata e la condanna, che ne aveva riconosciuto l’inserimento all’interno della più ampia associazione dominante da cui dipendeva l’intero traffico di stupefacenti). Cass., sez. IV, 16 dicembre 2015 - 3 febbraio 2016, n. 4497, CED 265946 In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione a condotte risalenti nel tempo, l’affievolimento delle esigenze cautelari, confacente a superare la presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere, deve risultare da specifici elementi di fatto idonei a dimostrare lo scioglimento del gruppo ovvero il recesso individuale e il ravvedimento del soggetto sottoposto alla misura. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto che il lungo periodo di detenzione sofferto senza suscitare rilievi comportamentali ovvero la partecipazione all’opera di rieducazione non costituiscono, in assenza di un aliquid novi, un serio ed unico sintomo di un mutamento dello stile di vita dell’interessato). Cass., sez. III, 17 dicembre 2015 - 7 giugno 2016, n. 23367, CED 267341 In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione a condotte risalenti nel tempo, la sussistenza delle esigenze cautelari deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualità, in quanto per tale fattispecie associativa risulta inapplicabile la regola di esperienza, elaborata per le associazioni di tipo mafioso,la tendenziale stabilità del sodalizio, in difetto di elementi contrari attestanti il recesso individuale o lo scioglimento del gruppo. Cass., sez. VI, 2 dicembre 2015 - 15 gennaio 2016, n. 1406, CED 265917 In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione a condotte risalenti nel tempo, la sussistenza delle esigenze cautelari deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualità; ciò in quanto per tale fattispecie associativa, qualificata unicamente dai reati fine, non può essere applicata la regola di esperienza valida per le associazioni di tipo mafioso,la tendenziale stabilità del sodalizio, in difetto di elementi contrari attestanti il recesso individuale o lo scioglimento del gruppo. Cass., sez. III, 19 gennaio 2016 - 26 aprile 2016, n. 17110, CED 267160 In tema di associazione a delinquere finalizzata al commercio di sostante stupefacenti, la prova dell’appartenenza al sodalizio criminoso può essere data anche per mezzo dell’accertamento dell’assistenza legale approntata a favore dell’intraneo e dall’aiuto economico assicurato ai suoi familiari da parte dei componenti, una volta che costui sia tratto in arresto. (Nella fattispecie, la Corte ha valutato corretta la qualifica di partecipe all’associazione, desunta dall’aiuto legale ed economico ricevuto dal capo della stessa, una volta tratto in arresto mentre si trovava in trasferta - inviato dall’organizzazione - per l’approvvigionamento di un quantitativo rilevante di droga). Cass., sez. III, 26 novembre 2015 - 2 maggio 2016, n. 18137, CED 266937 80 (Legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 18, comma 1). Aggravanti specifiche. GIURISPRUDENZA 1 Concetto di ingente quantità (§ 4) Aggravante prevista dal comma 1 lett. g) (§ 5). 1 – Concetto di ingente quantità. In tema di stupefacenti, la modifica del sistema tabellare realizzata per effetto del d.l. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni nella l. 16 maggio 2014, n. 79, impone una nuova verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della circostanza aggravante della ingente quantità, in considerazione dell’accresciuto tasso di modulazione normativa, difficilmente compatibile con un’interpretazione tendenzialmente solo arit- 2 Aggravante prevista dal comma 1, lett. b) (§ 7) 3 metica di tale aggravante. Cass., sez. III, 27 maggio 2015 - 18 gennaio 2016, n. 1609, CED 265810 In tema di stupefacenti, per effetto della espressa reintroduzione della nozione di quantità massima detenibile, ai sensi dell’art. 75, comma 1-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, come modificato dalla l. 16 maggio 2014, n. 79, di conversione, con modificazioni, del d.l. 20 marzo 2014, n. 36, al fine di verificare la sussistenza della circostanza aggravante della ingente quantità, di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, mantengono validità i criteri basati sul 87 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile. Cass., sez. VI, 17 novembre 2015 - 8 gennaio 2016, n. 543, CED 265756 In tema di stupefacenti, la circostanza aggravante dell’ingente quantità, di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, può essere riconosciuta solo qualora si accerti, ai sensi dell’art. 59, comma 2, c.p., la colpevolezza del soggetto attivo anche in relazione alla predetta circostanza, dimostrando che la stessa sia da lui conosciuta, ovvero ignorata per colpa o ritenuta inesistente per errore dovuto a colpa. (Fattispecie di reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, nella quale la Corte ha annullato con rinvio, limitatamente alla suddetta circostanza aggravante, la condanna di imputato per l’inconsapevolezza di questi della quantità di stupefacente in arrivo dal paese di produzione). Cass., sez. III, 24 febbraio 2016 - 26 maggio 2016, n. 21968, CED 267076 In tema di traffico di stupefacenti, la circostanza aggravante della “ingente quantità”, prevista dall’art. 80, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ha natura oggettiva, sicché si comunica anche agli altri compartecipi del reato, ancorché sconosciuta o ignorata per colpa, ai sensi dell’art. 59, comma 2, c.p.. Cass., sez. VI, 24 novembre 2015 - 29 gennaio 2016, n. 3908, CED 266062 88 APPENDICE LEGISLATIVA 2 – Aggravante prevista dal comma 1, lett. b). In tema di stupefacenti, la circostanza aggravante prevista dall’art. 80, comma 2, lett. b), d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 opera, per il principio di dinamicità delle fonti del diritto ed in base all’interpretazione letterale della norma, un rinvio formale a tutte le ipotesi richiamate dall’art. 112, comma 1, n. 4, c.p., che non è limitato soltanto alla condotta di colui che abbia “determinato a commettere il reato un minore di anni diciotto”, ma si estende alle ulteriori ipotesi successivamente introdotte di “essersi comunque avvalso degli stessi” o di aver con questi “partecipato nella commissione di un delitto”. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta l’aggravante nella condotta di un soggetto che si era avvalso di un minore per la custodia dello stupefacente da cedere al dettaglio). Cass., sez. VI, 1 dicembre 2015 - 8 febbraio 2016, n. 4967, CED 266170 3 – Aggravante prevista dal comma 1 lett. g). Per la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 80, comma 1, lett. g), d.P.R.. 9 ottobre 1990, n. 309, è necessaria l’effettiva offerta o cessione della sostanza stupefacente all’interno o in prossimità dei luoghi indicati dalla norma, dovendosi escludere che essa possa riferirsi ad una condotta di mera detenzione Cass., sez. IV, 19 gennaio 2016 - 29 gennaio 2016, n. 3786, CED 265739 Percorsi Giuffrè Per mantenerti aggiornato e scoprire nuovi contenuti clicca www.percorsi.giuffre.it 024195634 ISBN 978-88-14-21324-3 9 788814 213243 Edizione gratuita fuori commercio - Copia fuori campo applicazione IVA ed esente da documento di trasporto