01 Marzo 2008 Tiziana Platzer 2058, l’altra Torino Lo schermo è disturbato, poi l’immagine va in chiaro e si distingue nitidamente la Mole, ma quello che appare è sorprendente. Piantati lì, a sovrastare il Museo del Cinema, via Po, a fare ombra su piazza Vittorio, due enormi monoliti di roccia. Due Ufo, due giganteschi dischi volanti? Più o meno, e l’arrivo degli extraterrestri è previsto a breve, potrebbe essere fra qualche mese secondo la profezia fantascientifica del cortometraggio «Afterville. The Experiment», che ieri mattina è stato presentato al Massimo, evento di punta della rassegna «Afterville» dedicata alla «città del futuro» e nata parallelamente al Congresso Mondiale dell’Unione Internazionale Architetti, appuntamento mondiale in città da fine giugno ai primi di luglio. La prima volta in 60 anni. Per questo la Fondazione Ordine Architetti di Torino sta mettendo un impegno di notevole forza nel creare iniziative che comunichino possibili o utopiche trasformazioni urbane. E l’idea del girare un corto di fantascienza a Torino, genere che non ha mai toccato la città, o quasi, è di notevole impatto. Non ci si aspetti di essere posti davanti a una metropoli stravolta, né migliore né peggiore di quella attuale, né nera né marcia alla Bladerunner, semplicemente lo sviluppo di un soggetto narrativo che da oggi trasporta al 2058: con il contributo dello scrittore di fantascienza e cyberpunk Bruce Sterling, curatore del Piemonte Share Festival. E’ uno dei protagonisti della pellicola, che ha alla regia il duo milanese Fabio Resinaro e Fabio Guaglione e nel gruppo produttivo quattro giovani professionisti torinesi, Michele Bortolami, Tommaso Delmastro, Fabrizio Accatino e Massimo Teghille. Con la collaborazione di Film Commission e del Museo del Cinema. «La parte della città che prediligo è il Borgo Medievale, perché il luogo più futurista, fra 200 anni sarà sempre uguale» dice lo scrittore, in sala fra gli spettatori di quello che è stato un primo «zapping virtuale» tra i canali televisivi del mondo di Afterville, poiché l’anteprima nazionale sarà, sempre al Massimo, il 16 aprile. E il resto della città? «Non più riconoscibile fra 50 anni, viviamo la crisi della sostenibilità. Stiamo lì a discutere sulle eredità architettoniche del quindicesimo, sedicesimo secolo, ma il problema sono le realizzazioni del ventesimo secolo, e Torino sta dimostrando di aver capito che è lì che bisogna intervenire». Lui non lo vuole dire, ma pare stia pensando di ambientare proprio sotto la Mole un nuovo romanzo. «E’ un luogo dove la gente pensa al futuro, lo sente, e questo mi piace moltissimo», e veste per un momento il ruolo di Adam Vurias, il suo personaggio scienziato di cui è autore: quando i due monoliti non identificati penetrano nel centro storico, la città, anziché essere presa dal panico, comincia a costruirci sopra, attorno. Cinema, centri commerciali, e la gente è come impazzita, subisce un’influenza strana. Soprattutto quando Vurias, ma intanto passano trent’anni dall’atteraggio roccioso, riesce a captare «il messaggio delle rocce», astronavi da cui non sono mai scesi esseri viventi: sono i portatori del countdown. Data 29 febbraio 2058: la fine del mondo? «Noi scrittori di fantascienza siamo profeti catastrofici...» e la chiude lì Sterling, figurarsi se svela un finale che velocemente fa girare la pellicola su un unico pensiero: come ci si inchioda alle ultime ore annunciate all’umanità? 1 di 1